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Medicusnaturceminìster, etinlerpres, quidquid mediietur etfaciat, si naturai non obtemperat natura non imperai. Baglivi. Praxis. med. Scienlia et potentia humana in idem coincidunt, quia ignoratio causce dutituit effectum, natura enim non nisi parendo vincitur, et quod in contemplaUene instar caum est id in operatione instar regulce est. Bacon. Nov. Org. ai, LIBRO SECONDO PARTE PATOLOGICA OVVERO FILOSOFIA DELLA VITA MORBOSA. ",r •' r. ■ VOL. II. (dell'opera.) LIMA:—1861. n n COI TIPI DI ATJREUO ALF ARO y Ca. Strada di Baquijano 11 e 16.. à* 3 7(< ' w mi A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR, PRESIDENTE DEL CONSIGLLO DEI MINISTRI DEL REGNO D'ITALIA Eccellentissimo Signor Conte. Quando l'opinione publica vi proclama il primo uomo di stato d'Italia,quando la fiducia delRe e del- la Nazione vi affidano l'indirizzo de suoi destini in questa epoca rnaravigliosa creata in gran parte dal vostro genio, quando il vostro nome é fatto simbolo di nazionale concordia, e del giusto, santo, e glorio- so proposito della indipendenza, unione, liberta, e, prosperità* dell'Italia, il vostro nome é tanto grande che sembrerò forse un'atto temerario quel- lo eli un medico Italiano lontano ed oscuro che osa intitolarvi il volume che publica, e del vostro nome fregiarlo. Pure se nelle attuali ammirabili circostanze é un dovere e un bisogno di chiunque ha l'onore di essere Italiano, nutrire sentimenti di gratitu- dine ed ammirazione verso un merito grande e nazionale, ed altamente manifestarli; mi lusingo che ne verro discolpato; e che voi in grazia di questi sentimenti, e di altri motivi che ho'per farlo vorrete accettare con benigno animo anzi colla soddisfazione del sapiente e del patriota la dedica che ve ne faccio. L'opera che ho l'onore di intitolarvi rinchiude il pensiero di una iniziativa scientifica che per essere utile ed efficace alla scienza ed all'umanità ha bi- sogno del concorso di molti uomini e di molti stiuli, ha bisogno di quell'associazione concorde e potente a cui può dar la forza che basti il doppio interesse della scienza e della patria, quando quella si chiama la scienza della vita, e questa patria si chiama Italia; ha bisogno di essere nazionale per gli studi avvenire come lo é già per gli studi che presenta. Ciò essendo, non era egli giusto ed opportuno che io ve la dedicassi per invocare nel vostro nome la cooperazione della nostra medica Italia? Ch'io dimostrassi che gli Italiani in qualunque parte del mondo siano collocati e dis- persi, formano una sola famiglia, hanno una sola opinione, un solo volere, una sola anima, ^ quando concordi rispettano i principali campioni del patrio risorgimento ? Non era giusto che offrissi come tributo di ammirazione e di omaggio questo lavoro della mia mente, a chi colla mente ha giovato cotanto alla nostra cara, gloriosa, e già misera Italia? Che un'opera d'iniziativa scientifica io ponessi sotto gli auspici dell'uomo dall'inizia- tiva politica nazionale? Non dubito adunque, Ecc: mo sig. Conte, che vi compiacerete accettarla come tenue però sincera prova della mia calda ammirazione e profondo ris- petto per voi, del mio affetto alla patria, e alla gloria della Medicina Italiana, mentre ho l'onore di sottoscrivermi. Di Vostra Eccellenza devotissimo servitore. GIOVANNI COPKLLO. AI MEDICI ITALIANI. MIEI EGREGI COLEGHI CONNAZIONALI. Nessuno certamente maravigliérà che a voi diriga ed intitoli la parte più difficile ed importanti' della Nuova Zoonomia, la filosofia della vita morbosa, perché ne ho molte ragioni e tutto forti e giustissime. E prima é la gratitudine per l'accoglienza benevola che faceste al mio libro che le basi rinchiude e la parte fisiologica de miei medici studi, perché solleciti m'inviaste parole di applauso ed'incoraggiamento, e nuovo Anteo io ricevetti un vigor nuovo da voi. Sembra inoltre che sia giusto intitolarvi un'opera che per varj titoli appartiene alla Medicina Italiana; se infatti io mi sono ingegnato di riordinare, la scienza del metodo per fondare sopra essa quella dei morbi, mi studiai di completare un lavoro intorno a cui sebbene si adoperassero poi senza esaurirlo, medici sommi di altre nazioni, fu per altro iniziato dal nostro Baglivi. Se ho ripreso gli studi della scuola ippocratica, ed ho osato giustificarne la sintesi con darle l'appoggio di nuove idee e dei splendidi materiali della medicina moderna, avrò seguito l'esempio degli antichi Italiani che primi in Europa in mezzo al dominio delle scuole galeniche ed arabiche ebbero un' istintiva fiducia nel vitalismo ippocratico; e quello dei gloriosi loro successori che gli furono fedeli nella pratica anche in mezzo delle teorie mecaniche o dinamiche in cui pure ebbero tanta parte; e quello finalmente de miei contemporanei, che cominciarono a emanciparsene invocando il nome del gran vecchio di Coo. Che se lo stesso Ippocrate attinse alle scuole d'Italia(come alcuni credono) il principio sintetico dell'attività vitale, ho ragione di riguardare il vitalismo come eredità nazionale, forse perché confacente al genio, all' istintiva filosofia, ed alla mentalità della nostra stirpe. Come é noli' ordine providcnziale del progresso della scienza che l'errore stesso giova, e conduce alla scoperta del vero, ed apre -6— nuovi cammini, e scopre nuovo orizzonte al sapere, quando l'uomo non si arresta siili' errore con cieca fiducia e superba, e languc in ozio infingardo: ma si agita e ripensa, e studia e diffida, e confronta di nuovo, e di nuovo interroga la natura, cosi éavvennuto chele fallaci dottrine introdotte in Italia dalla Scozia e dalla Germania alla fine dello scorso secolo fossero occasione die fra noi pili forse che altrove si studiasse e si perfezionasse la patologia, che si preparas- sero delle vedute e delle riforme pratiche le quali evidentemente accennano alla sintesi autocratica. S'io dunque mediante la dottrina dei rapporti organici avrò tentato un definitivo divorzio fra i nuovi fatti eie dottrine automatiche, se gli avrò dimostrati in perfetto accordo col vitalismo ippocratico, avrò in certo modo completato gli studi della patologia Italiana dando loro la parte razionale di cui per avventura mancano; e avrò forse per nuovo cammino condotto a quella sintesi ippocratica cui pure sembrano oggi diriggersi gli studi e le speranze dell' attuale medica Italia. Se finalmente io mi sono proposto di stringere in nuova alleanza fisiologia e patologia razionali, la filosofia e la medicina, perché cosi la Zooromia, o la filosofia della vita e della medicina formasse una nuova catedra chiavo e centro del medico insegnamento, e dove si forma nei giovani un sicuro criterio teorico-pratico, ove si fanno convergere tutte le conoscenze mediche per formare i prhu'ipj che lo accompagnano poi nei dettagli dell'arte; forse non feci che eseguire il nobile voto per non dire il disegno del Tommasini, del Palloni, e del Bufalini. Ne qui si arrestano le ragioni che ho per intitolarvi la mia Patologia razionale che come vedrete ha alcuni propositi molto im- portanti per la nostra scienza, che sono molto difficili, e che inmen- samente superiori alle poche mie forze, pure io spero si possano conseguire eolla vostra concorde e potente coopcrazione.Perché un' uomo solo inspirato da una idea grande e feconda ben può indi- care un nuovo cammino da aprirsi a una scienza, e i vuoti da, riem- pire, e le riforme da operare, ma la sua iniziativa non basta senza il concorso di molti uomini e di molti studi, quando l'impresa e troppo vasta e troppo difficile, e sopratutto quando prende di mira la sua parte sperimentale. Uno di questi propositi é quello di sostituire all'arido, sterile, e vano stadio ^ della patologia generale, l'istituzione universitaria della zoonomia, considerata come la filosofia della medicina e della vita, come teoria della vita sana e morbosa,come maestra del metodo conveniente alla scienza organica ed di' arte medica, come legisla- trice e centro di tutto il medico sapere, giudice dei fatti come delle dottrine, e guida agli alunni come ai medici adulti tanto nel campo dell'esperienza clinica e della natura, come nel caos della medica erudizione dei fatti dei principj e delle opinioni. Poco im- porta che la, dottrina vitalista dei rapporti orgapid venga o corretta —7- o smentita, ó confermata dal progresso della scienza, sempre pure mi sembra utile che la catedra di zoonomia sia il campo della vera discussione scientifica d'ogni dottrina fisio-patologica o pratica, è centro di tutte le mediche conoscenze e delle pratiche applicazioni prende rido per base la scienza del metodo. Un' altro proposito che si collega intimamente colla istituzione della scuola zoonomica, é la formazione di una critica nosografica resa neccessaria per 1' anarchia delle dottrine pratiche, e il pregio inmenso di buona ed ecclettica erudizione clinica; critica di cui appena la pochezza del mio ingegno e la vastità del mio lavoro mi hanno permesso di presentare un saggio. Un altro pure che si collega con essa é il piano di una gran verifica- zione sperimentale, per confermare o smentire i fatti o le opinioni dubbie anzi tutti i materiali nosografie)', al lume di severa esperienza e di ancor più severa filosofia. 1 quali propositi conducono necessa- riamente al conseguimento di un' altro che é il più importante di tutti, che é quellodi formare un codice nosogràficò che contenga il vero eccletismo della medicina pratica, e riunite e depurate col mi- gliore ordine e metodo le vere ricchezze dell'osservazione antica e moderna; codice che potrebbe sempre arricchirsi ma noli cambiarsi, che sarebbe un'antemurale contro le vanità teoriche e le mode terapeutiche, rifugio dei medici conscensiosi ed avuto ai nVediocrl ingegni e perciò di sicuro vantaggio all'umanità in grande, e final- mente il decoro dell'arte rapresentando ciò che ha di serio, di vero, di utile, di costante, di applicabile, di superiore e quasi stratóero, all' instabilità delle opinioni e al dominio dei sistemi. Questi propositi sono del certo o mi sembrano grandemente im- portanti per la scienza medica e per l'umanità, e corrispondono pei' la loro grandezza tanto all'imperfezione attuale della wiedicitìà pra- tica.come allo stato di progrèsso e perfezionamento a cui pervennero o sono incaniinate le altre scienze mediche e naturali, ed a Cui merita di pervenire la scienza clinica scopo supremo, termine, applicazione di tutte le mediche conoscenze. Però sono di quelli che sebbene esi- gano l'iniziativa di un solo odi pochi perl'unitàdel disegno,richieg- gono il concorso perseverante d'i molti, senza di che rirnareb'bero forse allo stato di splendide ma sterili ùtopie,perché solamente una vasta e concorde associazione di preclari ingegni guidati dallo stesso metodo e diretti al medesimo scopo, può abbracciare l'estenzione in- mensa di tanti oggetti, può impiegare tutti i mezzi d'investigazione, può osservare e studiare i fatti da tutti i lati e in tutti i loro rapporti, può variare e moltiplicare gli sperimenti, può vincere tutte le dif- ficoltà che presenta la scienza, può sostenere un' instituz'ione per- manente, e dare autorità ai suoi lavori nell'universale e creare n'ha fede scientifica di cui pei- avventura abbisognano la scienza e T'artè attualmente. -8— Ciò posto ed ammesso che il poco che ho fatto appari iene alla medicina Italiana, e se farà alcun bene sarà coll'indicare il molto che resta a fare in medicina ; ammesso che gli studi che addita sono sommamente utili alla scienza ed all'umanità, ma insieme pieni di difficoltà, e che a superarle, e a collocare una volta la nostra nobile, e se forse la più difficile, eziandio la più stu- diata delle discipline a quel grado d'ordine e di perfezione cui tardi o tosto é chiamata, che ne renda completi e sicuri i fatti, semplici, veri,fecondi i principi, facile sicuro efficace l'esercizio dell'arte, a con- seguire dico cosi magnifici risultati, é richiesta l'associazione di molti e preclari ingegni come la riunione di molti ruscelli per for- mare il maestoso e potente Amazona, qual meraviglia ch'io mi diriga con preferenza a voi, miei egregi colleghi e conna- zionali, per invocarla in nome della nostra nobile patria, e della nostr'arte divina; e la speri facile concorde efficace! Sarebbe egli possibile che un disegno ch'io credo utile e forse neccessario al progresso della scienza medica, io lo reputassi troppo grande o trop - pò difficile pel genio italiano? ch'io dubitassi del vostro entusiasmo per quanto si presenta nobile, scientifico, utile, grande? 0 della vostra unione per conseguirlo in questa epoca di portentosa con- cordia civile? Ch'io dubitassi che la gloriosa penisola che diede al mondo la scuola di Crotone e di Salerno ,la clinica di Padova, e l'ateneo di Bologna,vacillerebbe a piantare un giorno nel suo fecondo terreno il piccolo germe della scuola zoonomica, perché coltivato ivi da più forti ingegni, e sviluppato in pianta robusta dia nuovi e più uber- tosi frutti alla scienza ed all'arte, e aggiunga nuovo splendore alla medicina italiana? Ch'io dubitassi che là dove sorsero le gloriose accademie del Cimento e dei Lincei, primi e splendidi modelli delle società scientifiche e sperimentali, dove si diede nuova vita alle scienze fisiche provando e riprovando, non nasca prima che altrove chiamata dai bisogni della scienza clinica e della filosofia medica una società nosografica, non più c?i Firenze ó di Roma ma di tutta Italia per creare un codice clinico veramente classico ed uni- versale ? Che importa che il molto che resta a fare in medicina sia somma- mente difficile? non l'erano forse ancora l'Anatomia, laFisiologìa, la Istoria naturale, la Micrografia, la Giurisprudenza medica, l'Anato- mia patologica, che ebbero sua cuna nel nostro classico suolo? Ma che parlo di scienze mediche? qual é la scienza o l'instituzione, o l'arte che più onori l'umana natura o per la grandezza dei propositi o per quella degli ostacoli, o per quella dei risultati, che non abbia ricevuto dall'Italia l'iniziativa e l'impulso?Volerebbe oggi il pensiero umano sul filo elettrico colla stessa rapidità del pensiero senza il trovato del nostro Volta? Senza di lui e senza Galvani dove sarebbe oggi la Chimica? Non é forse l'Italia che anche oggi colle sue lego-i —9— governa il mondo che un giorno ha dominato con le armi? Non il é centro della civiltà cristiana? Non é dessa che diede all'uomo colla bussola il dominio dei mari? Che scoperse il nuovo mondo? che spinse le conquiste della scienza perfino nel firmamento? Non é la terra dove in mezzo alle tenebre dell'universale bar- barie sorse spontanea e potente la luce divina delle lettere, delle sci- enze e delle arti? Non é la terra che per sapere e per genio, per leg- gi, per commerci, per arti, per richezze, per ordini civili, per armi, per eccellenza di uomini e di cose, fu tre volte la cuna della civiltà, e maestra del grondo? Qual nazione contrasta all'Italiail primato nelle scienze morali, filosofiche, ed economiche, come nelle tìsiche, mediche, e naturali? Chi non sa che questo primato lo conservò sempre, anche perduta l'indipendenza e lapotenzapolitica, e che sempre viva man- tenne con gelosa cura la sacra fiamma del genio e della scienza, quasi per vendicarsi dell'ingiustizia della fortuna, e mostrarsi inme- ritevole della tutela e dell'oppressione straniera? Sia pur dunque sterminato l'orizzonte che la medicina moderna pre- senta al nostro sguardo, e sia lungo e scabroso il cammino, e lontana la meta; siano pur molte e pur grandi le lacune e le imperfezioni che discopra nellaMedicina pratica una critica imparziale solo avida del vero e del meglio; sia pure una conseguenza di questo mio tentativo la neccessità di molto fare e molto rifare: non fia che ce ne sgomen- tiamo noi figli d'Italia, noi concittadini di Colombo e di Galileo, i quali sappiamo che se per operare grandi cose e durevoli é richiesta somma prudenza unita a somma audacia, e grande entusiasmo unito a grande perseveranza, queste sono appunto le doti della nos- tra stirpe: che consapevoli di quanto le scienze mediche e naturali sono debitrici ai lavori inmortali dei nostri antenati, comprendiamo gli oblighi che ei vengono imposti da un tanto retaggio; e sappiamo che un lungo passato di sapienza e di gloria é mallevadore a noi e ai nostri figli d'un' avvenire di progresso, e di perfezionamento. Egli é per ciò ch'io confido che accetterete il mio libro come principio di nuovi e liberi studi, e queste mie parole come testimo- nio publico della gratitudine, dell' affetto, della stima, e della fiducia del vostro collega connazionale. Giovanni Copello. Lima, 21 giugno 1861. 2 DELLA NUOVA ZOOMA OVVERO DOTTRINA DEI RAPPORTI ORGANICI DI ©totmnni Copello. LIBRO SECOIDO* PARTE PATOLOGICA OVVERO FILOSOFIA DELLA VITA MORBOSA Oportet prcedieia singvlo acEigere, d sapùnti- am ad mediamovi tsransferrt : medimi enim PhUotophm est Beo aqualis IPPOCRATE. INTRODUZIONE OVVERO PIANO RAGIONATO DELLA PARTE PATOLOGICA DELLA NUOVA KOONOMIA § 1. —Convenienza di premekre il piano ragionato delta parte patologica. Coloro che avranno letto la Introduzione e la parte fisiolo- gica di quest'opera aspetteranno forse con curiosità ansiosa di vedere in qual modo io tratti la scienza dei morbi, la parte certo più oscura e difficile, più studiata e pure più imperfetta del sapere umano, la parte che quasi costituisce tutta la medici- na considerata come scienza e come arte. Saranno ansiosi di vedere in che modo io tratti la Patologia evitando di formare un trattato di Patologia Speciale, come pure di presentare un ( * ) La maggiore importanza pratica della Patologia, e il consiglio altresì di dotti corrispondenti ed amici m'indusse a stampare ora il t8 libro, e lasciare per l'ultimo il saggio filosofico i Principj. 12 PIANO RAGIONATO. . . nuovo saggio di Patologia generale col proposito colle divi- sioni e col metodo adottato finora nelle scuole mediche; itiiclje modo io intendo trattare la parte filosofica e speculativa della Patologia dopo avere censurato le idee ed il metodo domi- nante, qual dottrina della vita morbosa io presenti dopo aver distrutti i fondamenti delle vigenti teorie; e finalmente dopo aver presentato una teoria della vita normale, in che modo io la faccia servire di base, di guida, di mezzo per comprendere il magistero della vita morbosa, cosi che sia trovato il vincolo che riunisce queste due scienze della vita; saranno curiosi divedere m che modo io provi confermata l'autocrazia vitale clic sostengo in fisiologia, e se dopo avere audacemente collocato la Nuova Zoonomiaia un posto cosi onorevole della storia medica, come erede dei principii e dei metodo della scuola Greca, come risol- va le difficoltà che furono opposte da sommi uomini allo stesso Ippocrate, a Stahl, a Sydenaro, a Bordeu, a Cullen; e come possa provare l'autocrazia conservatrice della vita nel disordine nello scompiglio e fra le stesse rovine dello stato morboso. Coloro poi -che non conoscono le mie idee, ne lo scopo che mi sono prefisso, ne il metodo che ho adoperato per conseguirlo, al leggere appena il titolo di questo libro, e scorrere l'indice ana- litico delle materie saranno tentati forse a respingerlo per dif- ferenti ragioni. I giovani alunni delle mediche discipline, i professori di Patologia generale, chiamati a studiare o a trat- tare le generalità della Patologia col metodo adottado nelle scuole mediche, troveranno che questo modo di trattare la Pato- logia non é quello in uso; che manca delle solite divisioni in Nosologia, Etiologia, Semeiotica, e Terapeutica generali, e che gli studi e le questioni di cui si occupa il mio libro non sembrano a proposito per i giovani alunni ai quali conviene insegnare la superiìcie non il fondo della Patologia, e il linguaggio e le cogni- zioni elementari che debbono accompagnarli tanto nel campo dell;erudizione che in quello dell' osservazione medica, Coloro poi che studiano o insegnano la Patologia speciale o Nosografia rftedipa,o i medici positivisti che credono chela Medicina consiste solameqte nei fatti dell'osservazione clinica, che non credono all' impeno delle idee .quando forse ne sopportano il giogo senza a»vvedersene:, ch€ pensano che la filosofia medica non entra per nulla nella formazione e nella realtà dei fatti clinici, vedranno cortamente con diffidenza e forse con fastidio un libro che non é un trattato di Nosografia, un libro che s'intitola Filosofia della vita morbosa, e lo giudicheranno o inutile alla Pratica della medicina, o anche funesto alla medesima avvezzi a vedere la DELLA PARTE PATOLOGICA 13 parte teorica e speculativa della medicina, nociva e funesta perché diretta a travolgere,negare,distrnggere la parte positiva, applicabi- le, e sperimentalo. Basta, diranno, di teorie, di rivoluzioni, di filoso- fia, e di metafisica: quello che abbisogniamo sono i fatti, e l'osserva- zione pratica per ottenerli. Con più rigore forse mi respinge- ranno i medici tcoristi,e forse ripeteranno il dettocene si attribuisce adOmar rispetto alla famosa biblioteca d'Alessandria: se tutti ques- ti, libri contengono alcun diedi più della nostra professione di fede, ei son falsi, e se la stessa cosa'contengono ei sono inutili. Tutti finalmente che sentono o la grandezza, o la importanza o le diffi- coltà inmense della mia impresa diffideranno del risultato (e in ciò hanno ragione) perché al mio buon volere ed al mio ardimento e forse ai bisogni dell'epoca nostra, non sono eguali le forze della mia mente. Giudico adunque neccessario premettere il piano ragionato della parte patologica di quest'opera perché si vegga da quali idee io fossi diretto, quale é lo scopo che mi sono prefisso, e quali sono i risultati pratici che spero conseguire per rendere utili questi miei Studi alla, medicina considerata come scienza della vita, e come arte di conservarla. Debbo per altro avvertire previamente che la natura e l'oggetto di questo discorso mi obliga a presentare una serie di proposizioni delle quali non posso dar le prove in questo luogo, sia perché me lo vieta la natura d'un discorso pre- liminare, sia per non ripetermi inutilmente, sia perché l'opera stessa le svolge, e non ci vuol meno, sia finalmente perché questa ancorché fosse rapida dimostrazione, sarebbe forse un'ostacolo a seguir facilmente il filo delle mie idee, e a veder con prontezza l'unità del mio diseguo. § 2.— IH tutte le parti della medicina la più difiicile, oscura, im- perfetta é la medicina pratica. Ho accenato altrove (1) e mi sarebbe facile dimostrarlo ampia- mente, che ai mirabili avanzamenti, e alla condizione quasi com- pleta delle scienze mediche sperimentali, Anatomia, Fisiologia, Storia Naturale, Patologia (nosografia,) Materia medica, non cor- risponde un proporzionato avanzamento ne della medica teoria (si noti bene la coincidenza) ne della medicina clinica; che a mal- grado delle conoscenze preparate da tanti studi e da tanti 3ecoli, a malgrado di tanto progresso pur nello studio delle malattie, la pratica della medicina é tuttavia estremamente difficile ed imper- fetta, versa sempre in un'assoluta e vasta discordia di opinioni e di sistemi terapeutici, é tuttavia il campo di prove diverse sovente (1) Introduzione § Ti-'.W. 14 PIANO RAGIONATO. pericolose, assurde, e arbitrarie. Per esserne convinti basta vedere la discordia nello dottrine mediche, nel modo di classificare le malattie e determinarne le reali differenze, nel modo d inter- pretarne la natura, l'attività delle potenze nocive e la salutifera dei rimedi, nel diverso valore dato ai criteri diagnostici; basta riflettere alla influenza che l'imperfezione non solo della Pato- gena ma della Nolologia e della Nosografia medesima esercita nella pratica medica, perché la rende discorde, vacillante, ineficace, basta vedere che dei cultori dell'arte di curare, una gran parte segue un cieco e grossolano empirismo, altri si lasciano gui- dare da mal fondate teorie, e pochi guidati più tosto dal proprio genio e da studio profondo che dalla perfezione dell'arte sono 1 fedeli alla natura e ad un giudizioso eccletismo; basta sentire le inmense difficoltà del diagnostico, quelle di applicare ài letto dell'ammalato le regole terapeutiche, e i stessi risultati dell' eru- dizione e dell'esperienza. Eppure la medicina pratica, non solo é la più importante (perche é quella che direttamente intende a restituir la salute) ma ad essa convergono o debbono convergere tutte le scienze mediche per lenderla più facile, più chiara, più efficace, più vantaggiosa. § 3.__L'anarchia, le difficoltà, e Vimperfezione nella medicina pra- tica derivano dall'imperfezione della medica teoria, vale a dire di una buona, e valida patologia. L'anarchia negli iusegnamenti clinici, le difficoltà nell'esercizio dell'arte, e l'imperfezione o nelle conoscenze patologiche o nel modo di usarle, non derivano affatto dalla mancanza di buoni materiali empirici, perché invero vi sono osservazioni preziose e verità cliniche che traversarono k secoli evinsero l'urto di contrari sistemi, ma bensi provengono da ciò che la Patologia ossia la filo- sofia dei morbi, o per le difficoltà grandissime inerenti al soggetto, o pel metodo fallace adoperato dai medici, non pervenne ilnora alla dignità e alla solidità di una valida teoria, perché se fosse altrimenti, se una robusta dottrina avesse con metodo veramente sperimentale, come nelle altre fisiche discipline, stabilito principj semplici, chiari, sicuri, inespugnabili per verificazione sperimen- tale o per forza di ragionamento,avrebbe tale evidenza, tale forza, tale autorità da comandare uniformità di metodo e di principj a tutti i cultori dell'arte medica. E'vero che alla imperfezione della medicina pratica ha una colpa grandissima l'oscurità e la natura medesima del soggetto; pero queste difficoltà non sono un' ostacolo insormontabile, come col furono in altri rami del sapere umano: e se una valida patologia esistesse sarebbe segno che questo ostacolo già sarebbe superato. DELLA PARTE PATOLOGICA. 15 § 4.— L'imperfezione della Patologia moderna sta nel metodo e nei principj. Che la moderna scienza dei morbi sia imperfetta é facile riconoscerlo gettando uno sguardo sul modo con cui é trattata, vale a dire esaminando il metodo con cui vengono formati, classi- ficati ed interpretati i fatti della patologia, e sull'origine e vali- dità dei principj che presiedono alla coordinazione e interpreta- zione dei fatti, ed applicazione loro alla pratica della medicina. Quanto al metodo, l'antica e mantenuta divisione della patologia in generale e speciale, e di quella poi in Etiologia, Semeiottica, Nosologia, Anatomia Patologica e Terapeutica, prova abbastanza che i Patologi al formarla hanno avuto in vista non la natura dell'umano intelletto, non i bisogni deliamente e dell'arte, ma un'oggetto puramente metodico e scolastico. Essi non si avvide- ro che davano alla Patologia speciale o generale uno scopo vago e quasi non definito, perché riguardarono la patologia speciale una provincia del medico sapere isolata dall' altra; ne pensarono ad applicarle la filosofia dei fatti; e perché suddividendo la Patolo- logia generale (che pur si riguardava la parte filosofica) in Semei- otica, Etiologia, Nosologia, e Terapentica, spezzavano in brani il fatto clinico in luogo di formarlo per mezzo di una buona sintesi nosografica, e riducevano la patologia a occuparsi di semifatti, e di astrazioni, in luogo di appoggiarsi a dei fatti completi, e risolvere con metodo induttivo i più belli, difficili, e interes- santi problemi della scienza. Quanto al valore dei principj o delle dottrine patologiche sulla natura e differenze essenziali delle malattie vedremo che o si riducono agli aridi dettami della scuola metodica, o alle tenebre ed alle congetture della scuola chimica, allontanatesi poi entrambe le due principali scuole di Patologia dal principio teorico-pratico dell'autocrazia ippocratica; quale dando soverchia importanza ai sintomi, quale alle cause, quale alle alterazioni anatomiche, quale all'effetto dei rimedi, quale po- nendo in dubbio il valor pratico di tutti i criteri diagnostici, quale esagerando una condizione morbosa: o la debolezza o l'irritazione o la flogosi, o la dissoluzione degli umori, e subordinando a ta- lento alle medesime una folla di forme morbose, quale interpretan- do l'azione delle potenze nocive e delle salutifere in un modo automatico, quale interpretandola in un modo meccanico o chimi- co, quale proponendo un metodo variamente specifico, quale un metodo generico ristretto e violento, tutto aspettando dall'arte nulla dalle forze della vita. La stessa Nosografia o la storia delle singole malattie si risente pure dello stato razionale della 16 PLANO RAGIONATO. scienza, o per la mancanza di quella parte della filosofia medica che intende a costituire i fatti, o per quella influenza che le dottrine della vita buone o cattive hanno mai sempre nel mesco- larsi enell'alterarei fatti nell'atto che intervengono per interpre- targli. La Patologia moderna adunque tanto ne suoi principj, quanto nel suo metodo, tanto nella parte nosografica come nella filosofica é fuori della buona via: essa nella parte nosografica non ebbe il grande scopo di cercar l'unità del fatto clinico, e trovarla mediante la sintesi dei criteri diagnostici; quindi in luogo di pos- sedete tante diagnosi complete, tanti tipi clinici veramente distinti quante può presentarne l'osservazione diretta dalla filosofia dei fatti, ha un'esercito di forme morbose distinte da un' analisi indis- creta, o forme generiche che amalgamano insieme morbi diversi, e fatti dimezzati e bastardi, perché o mancano di qualche ele- mento diagnostico, o della parte nosologica o patogenica. Essa ha fatto lo stesso nelle Patologie generali e nello dotrinc medi- che, e se pure ha presentato principj patogenici sulla natura e dif- ferenze delle malattie, non gli ha ottenuti col metodo induttivo e partendo dai fatti clinici ben completi, ma da idee arbitrario di fisiologia e col metodo a priori dell'iudovinamento. I principj di Nosologia e di Terapeutica come non provennero dalla induzione di fatti leggittimi, non sono veri principj cioè le vere relazioni dei fatti, sono, come vedremo, chimere, e tendono ad amalgamare e confondere cose differentissime, ed allontanano dai dettami e dallo spirito della Pratica antica, inspirati come sono dal prin- cipio biologico della passività della vita. § 5.— Questa imperfezione non si rimedia trattandola patologia col metodo seguito finora. Ammesso come un fatto innegabile l'attuale imperfezione della Patologia, ammesso che sifatta imperfezione influisce sinistramente a rendere difficile confusa Vacillante discorde, e perciò inetìcace o funesto e screditato piùo meno e temuto l'esercizio dell'arte; ammesso dunque che di tutte le parti della medicina, la pratica é la parte la più importante, la più difficile, e la più imperfetta; che appunto é la più imperfetta perché le manca la guida di una valida patologia, di una robusta dottrina, ammesso che la patologia che deve guidarla é appunto imperfetta vacillante discorde sia per la fallacia de suoi principj, come per quella del metodo filosofico adoperato a formargli; viene messo in vista quello che deve farsi nello stato attuale della scienza medica, lo scopo che devo propormi che é quello: di tentare una riforma nel metodo come nei principj della Patologia. Di nessun vantaggio sarebbe dun- DELLA PARTE PATOLOGICA. 17 que occuparsi della Patologia collo scopo e col metodo finora seguito. Ed infatti uomini eminenti come il Borsieri, i due Frank il 'Valeix. il Copcland, gli autori della Enciclopedia Inglese, Craigic, Giacomini, Andrai, Bouillaud, Grisolle, Gintrac,Rostan, Hufeland ed altri, hanno trattato la Nosografia; però sebbene le loro Opere siano repertori di molto merito,non lasciano di avere i vuoti che additai più sopra. Uomini altresì eminenti come Hart- man, Fanzago, Sprcngel, Chomcl, Puccinotti, Gintrac, Bnfalini, Williams ed altri hanno trattato la Patologia generale; pure non credo che i risultati e il vantaggio pratico di queste opere cor- risponda alle fatiche enormi che eostarono, né all'ingegno non comune degli uomini che le dettarono. Confesso che non ho la forza ne la volontà di seguirgli, ne emulargli in qu "sta antica via. Quindi e che il mio libro non sarà un trattato di Nosogra- fia, ne di Patologia generale, uppuirto perché mi propongo sod- disfare a ben diversi bisogni scientifici dell'epoca nostra. Già 1' indicai (1) e gioverà ripeterlo: nello stato attuale della scienza medica non manchiamo affatto di buoni materiali empirici, ma bensì di una sana e valida filosofia che gli utilizzi, che gli coordi- ni, che gli fecondi, che gli rettifichi, ne formi dei fatti com- pleti, e conosca quelli che tali non sono; e migliori quindi ed estenda il campo medesimo dell'osservazione. Abbisogniamo classificar questi fatti non di un modo superficiale come i sinto- matici, ne di un modo arbitrario e ipotetico come i sistematici di tutte le scuole, ma di un modo diagnostico ed induttivo, prenden- do di mira i caratteri veramente importanti ed essenziali delle malattie, o quelli delle condizioni patologiche, e proponendoci la Nosologia diagnostica. Per rendere razionale hi terapeutica, e perciò ferma e sicura nei suoi tentativi e nelle tenebre della pra- tica, feconda nelle suo risorse, prudente ed ardita insieme nei suoi cimenti, abbisogniamo di una buona patogenia che ci dis- copra l'origine, la genesi, la formazione, la natura e gli elementi diversi delle malattie, il magistero in una paiola e la teoria della vita morbosa. Ma perché questa patogenia sia sicura ne suoi principj ed utile ne suoi precetti, deve esser diretta da buon metodo, deve essera induttiva,deve essere fondata e guiduta dai'/atti, e non partire da arbitrarie teorie sulle condizioni generali delta vita. Abbiamo molte e preziose conoscenze di anatomia, e fisiologia,ma perché queste siano applicabili alla teoria dei morbi, uopo é che con metodo veramente filosofico già ci siamo elevati alla fisiolo- gia razionale, alla teoria della vita normale. Finalmente se (1) Introduzione § 50-52. o O 18 PIANO RAGIONATO. hanno alcun valore le esposte considerazioni sulla storia della medicina, siili' importanza della scuola green, e sullo spirito automatico dei due moderni insegnamenti il dinamismo e il chi- mismo, é un'altro bisogno dell'epoca nostra far ritorno alla sintesi ed al metodo della scuola autocratica. Ali pare evidente ch'io non soddisfarei ai bisogni scientifici dell'epoca nostra, né seguitando il metodo adoperato finora, né presentando un nuovo trattato di Patologia generale o di Nosografia,colle divisioni accettate dalle scuole e collo scopo vago, mal definito e insignificante assegnato ad esse, né commentando o seguitando le dottrine patologiche che conviene anzi riformare e abandonare. Ciò che v' òdi più difficile informe oscuro importante nella scienza medica sono dunque la pratica stessa e la teoria medica. A queste due parti cosi strettamente legate e di mutua influenza e dipendenza deve rivolgersi l'attenzione e lo studio dei medici contemporanei e futuri; queste due parti si deve riformare e perfezionare, né lo spirito umano dee fermarsi fino a che non abbia formato il razio- nale edilizio della medicina che corrisponda al numero e impor- tanza dei materiali che possiede, e alla grandezza e importanza dell'arte a cui deve servire. Per quanto la mia impresa sia dif- ficile e temeraria, perché superiore del certo alle forze della mia mente, deve dunque avere duo compiti, quello di distruggere e quello di edificare, criticare, segnalare ciò che sembra erroneo, proporre o indicare ciò che mi sembra da addottarsi come vero, utile, ed applicabile. § 6.—Del metodo filosofico che conviene alla medicina, ossia dell1 arte di formare i fatti e i principj [sez. 1*1. Ammessa la imperfezione della Patologia, ammessa la neccessità di riformarla e perfezionarla tanto nel suo metodo come ne suoi principj, d'uopo é convenire previamente che il traviamento e la fallacia de suoi principj e delle sue dottrine, e perfino l'imperfe- zione dei fatti nosografici son dovuti al traviamento ed alla fal- lacia del metodo filosofico con cui fu trattata. Certameute che il soggetto della Patologia é delicato oscuro e difficile, ma fosse anche stato facile, il metodo con cui fu trattata era cattivo, e non poteva dar che cattivi o meschini risultati. Se v' é una cosa che possa diminuire le difficoltà del soggetto, e moltiplicar la forza e l'efficacia della nostra inente, é senza dubbio l'eccellenza del me- todo filosofico nella scoperta del vero, e nell'acquisto delle cono- scenze, cosi come la forza degli strumenti arriva a dominare la durezza del diamante, e il telescopio può avvicinarci ad oggetti prodigiosamente lontani, o il microscopio può farci conoscere oggetti minimi a cui la semplice vista non arriva, o l'applica- DELLA PARTE PATOLOGICA. 19 zione delle machine o del vapore può centoplicare le forze mus- colari di molti uomini. Ora se é innegabile l'importanza del metodo filosofico, se l'imperfezione dell'attuale patologia é dovu- ta (come si vedrà) all'imperfezione del metodo con cui ì'ù studiata, sembra neccessario che previamente e nella prima sezione io mi occupi dell a scienza del metodo, o logica medica, vale a dire del metodo filosofico conveniente alla medicina come scienza e come arte, cioè del modo di formare i fatti e i principj. E questa pre- via trattazione é della maggionc neccessità ed importanza per varieragioni.ini?. luogo é d'uopo convenire che a malgrado i nobili sforzi di Baglivi e di Zimmermann e dei moderni che ne seguitaron le tracce, malgrado che ci abbiano tramandato gli eccellenti preccetii sull'osservazione e sull'esperienza, la scienza del metodo vale a dire la logica applicata alle cose me- diche non é ancora ne perfetta ne completa, e non solo non é stato finora applicato il vero metodo sperimentale di Bacone e di Galileo alla Patologia, ma nemmeno insegnato finora. Sembra che questi uomini altronde grandi abbiano temuto di perdersi nel laberinto dell'idealismo, e per rimaner fedeli alla natura si siano contentati dei fatti o degli asiomi medi, e troppo vaghi dell'ana- lisi non sentissero i vantaggi della sintesi, e perciò la conveni- enza di elevarsi alla classificazione ed interpretazione in grande scala dei fatti completi e sintetici 2 ?. Applicare la filosofia alle cose mediche, discutere i più ardui problemi e le più ardite con- troversie relative all'osservazione ed alla teoria ha un'intrinseca ed universale importanza, ancorché la Nuova Zoonomia (consi- derata come dottrina biologica) fosse erronea, cioè quantunque io non me ne servissi bene nella mia applicazione alla medicina; già perché le cose che dirò intorno ai fatti e ai principj non hanno solamente valore per la medicina, ma altresì per tutte le scienze naturali, e perché se fondate sulla natura e sul vero, verrà chi le applicherà bene, quantunque io ine ne fossi servito male. 3 ?. Se per giovare al progresso della scienza e dell'arte, se per soddis- fare ai bisogni scientifici dell'epoca nostra d'uopo é criticar i fatti e i principj, i materiali empirici e i razionali, e scegliere ciò che vi é di buono di vero e di utile, e rigettare ciò che v' é d'in- completo d'erroneo e d'inutile, é d'uopo altresì dare un'appog- gio alla critica, e quest'appoggio non può essere che la filosofia applicata alle cose mediche. 4 ?. Se con lo stesso proposito con- viene tentare la ricostruzione della scienza, non solo ó necessario premetere la riforma del metodo, perché é lo strumento per ottenerla, ma conviene prendere per guida in quest'impresa i principj della filosofia;quaudo questi siano dimostrati veri, o con- 20 PIANO RAGIONATO. formi alla natura della nostra mente, e ai bisogni dell'arte. Non recherà pertanto meraviglia se tutta la Nuova Zoonomia non sia altra cosa che un corollario, un'applicazione delle idee sviluppate nella, la Sezione che tratta della logica medica, e si fondi in una parola sulla scienza del metodo. In questa la Sessione pertanto chiamerò l'attenzione dei medici sull'importanza, sullo scopo, e sui mezzi del vero metodo che conviene allo coso mediche e diretto a ottenere i fatti compioti della nosografia e i principj esatti e fecondi della nosologia o della patogenia, mostrerò che il vero metodo si fonda sullo leggi della mente e sullo scopo ed uso della scienza e dell'arte; quali sono i fatti e quali sono i principj di cui conviene occuparsi alla Patologia, e come ciò conduce a dividere la scienzain nosografia, nosologia, e patogenia; come l'idea che ci formiamo del morbo non é semplice ina composta,cho egli consta delle cause prossime come condizioni occulte dei fatto clinico, e dei fenomeni esterni che stante i rapporti con esse ne sono i criteri diagnostici per disco- prirle; che perciò il vero metodo conveniente alla formazione dei tipi clinici èia sintesi o lo studio di questi rapporti empirici, non l'analisi solo utile nei fatti composti di unità cliniche differenti. Mostrerò che il nosografo che fa la storia generale d'un morbo speciale, é obbligato ad astrarre i caratteri di esso costanti dagli eventuali e proprj o dell'individuo o dello complicazioni o della costituzione dominante con cui un tipo clinico suole osservarsi misto e alterato. Tratterò dell'osservazione medica che é la sorgente di tutte le nostre conoscenze, per darne la teoria, per di- mostrare che ella non ó l'intuizione e studio dei fenomeni, ma studio e sintesi dei rapporti primi ed empirici de fenomeni; non è vedere ma saper vedere, ma pensare, d'onde si comprenderà che cosa è lo spirito di osservazione, gli ostacoli e le condizioni alla buona osservazione; e le cause dei nostri errori in cose di fatto, che cosa é l'esperienza in medicina,qualel'oggetto,le difficoltà,le condi- zioni dell'esperimentazione; quale l'oggetto, i vantaggi, le fallacie della statistica medica; a quale condizione e con che forma può esse- re utile,e come in tutto ha l'iniziativa il ragionamento sperimenta- le che ha in vista i rapporti di causazione e di connessione. Mostre- rò che non basta osservar bene e ben formare i fatti,ma convicn co- ordinargli, d'onde la importanza dell'erudizione, dell' eccletismo empirico, della critica nosografica, e come finalmente può dar valore agli aforismi pratici e fatti collaterali studiargli in rappor- to colle unità empiriche cui sono connessi. Insomma essendo mio principio fondamentale ài filosofia medica partire dai fatti per poi classificargli, e finalmente interpretargli; doveva, io nella DELLA PARTE PATOLOGICA. 21 scienza del metodo dar le norme onde ottenere i fatti completi e individui, i tipi veri della nosografia, perciò proporro i principj normali della nosografia razionale. Ciò rispetto ai fatti: rispetto ai principj che sono le relazioni dei fatti, che in patologia offrono i due aspetti della nosologia e della patogenia, secondo che si tratta o di classificare bene i fat- ti, o conoscerne le cause generali e le leggi, sembra che i medici hanno deviato dall' ùnico cammino che conduce alla scoperta del vero o formando false analogie per tener dietro a caratteri insi- gnificanti dei fatti e di fatti bastardi,o prendendo le mosse da prin- cipj a priori, stranieri ai fatti, o da sistemi biologici per addattar poi loro i materiali della nosografia e i precetti delta pratica. Ad evitare quésto doppio pericolo delle false analogie, e dei principj stranieri imposti ai fatti, dimostrerò come convenga prendere per base delle coordinazioni scientifiche non i fatti collaterali ma fat- ti individui formati colla scorta della patosintesi, e come questo metodo conduca alla nosologia diagnostica ed alla patogenia in- duttiva. Che sebbene questa parte della scienza sia quasi nuova, o sia la più difficile e l'ultimo passo che fa la mente del medico^ filo- sofo, e la più importante perché dà ragione dei tentativi dell'arte; pure é possibile, diminuendo gli ostacoli ed aumentando gli aiuti, cioè ragionando sopra fatti veramente analogici, ed escludendo i semi-fatti o pseudo-fatti ed invocando sopra essi la luce della vera biologia. Da queste idee derivano i principi della critica delle dottrine per poter giudicare tutti i sistemi o fisiologici o pa- tologici o terapeutici, passati e futuri. E finirò toccando del meto- do e del genio scientifico, della filosofia del linguaggio, e della eer- tezza in medicina come risultato dell'applicazione feconda del ve- ro metodo alla scienza. In somma spiegherò in questa sezione fon- damentale l'arte di formare i fatti come i principi, il segreto dell' esperienza e quello della teoria, indicherò le cause dei nostri erro- ri e i mezzi di prevenirli, e di rettificare tanto i fatti dell'osser- vazione come i principj del medico ragionamento. > ■ § 7.—Li Patologia deve Verroneità dei suoi fatti e dei suoi princi- pj a guelfo del metodo adoperato a formargli [sex. '■*] Se la scionza del metodo da me escogitata é fondata sul vero e sulla natura, ne derivano conseguenze le più luminose e feconde alla nostra scienza ed alla nostra arte; la prima delle quali for- se la più grave di tutte si é che il metodo con cui é stata finora trattata la patologia é sbagliato, e che a questa causa é dovuta tanto l'imperfezione de suoi materiali empirici, come 1 erroneità de suoi principj teorici. Questa veduta mi obliga ad un' esame retrospettivo della patologia, e ad esaminare il modo con cui fu 22 PIANO RAGIONATO. studiata e insegnata, per dimostrare che all' erroneo metodo della scienza son dovute le sue imperfezioni, e perciò alla riforma del suo metodo é legata per me la certezza del suo perfezionamento. Dimostrerò pertanto nella 2* sezione non essere filosofica l'antica divisione della scienza in generalo e speciale, ne essere stati ben d' accordo i patologi sullo scopo da assegnarsi alle sue parti, co- me la patologia speciale rimanesse imperfetta per la mancata filo- sofia dei fatti, e perciò l'influenza non buona dei metodi nosologici, e dei sistemi biologici. Mostrerò come la patologia generale, che rappresenta la parte filosofica della medicina, per mancanza di me- todo e vanità di scopo abbia dato vani studi ed inutili risultati; che le parti in cui fu divisa; Etiologia, Semeiotica, Nosologia sis- temàtica, ó sintomàtica, Terapeutica, Anatomia, Chimica, Micros- copia e Fisiologia patològica, né sono scienze distinte ed autonome, né servono allo scopo dell'arte salutare che é di conoscer beno le malattie per bene e razionalmente curarle, né rendono facile l'acquisto di utili e complete conoscenze, né facile e sicuro l'eser- cizio dell'arte, né'servono alla formazione dei fatti né a quella dei principj, sono anzi un' ostacolo inmenso per tutti questi risultati. Che come studio elementare non é neccesaria, che non é stata fi nora, né può essere la vera filosofia della vita morbosa e della me- dicina. E per convalidare le mie riflessioni passerò in rapida re- vista le opere più lodate di patologia generale, perché si veda come né l'altezza dell' ingegno, né la vastità del sapere bastano quando si prende un falso cammino e che conduce lungi dalla me- ta additata dalle leggi della nostramente, e dallo scopo dell'arte, cioè additata dalla natura. (1) § 8.—La scienza dei morbi deve dividersi in nosografia, nosologia, e patogenia. La patologia razionale secondo i principj normali del metodo da me esposti, ha un principio che ne é in certo modo la base, la espressione, la chiave, e l'applicazione: ed è la divisione della scienza in nosografia [descrizione o storia delle malattie], nosolo- gia [classificazione loro], patogenia [interpretazione o teoria delle malattie]. Essa corrisponde colle leggi e coi bisogni della nostra mente e della nostra arte, perché ciascuna parte ha uno scopo dis- tinto [o laformazione,o la coordinazione, o la interpretazione dei fatti] perché la mente osserva appunto quest' ordine per conosce- [1] Questa trattazione mi conduce a proporre la scuola Zoonoraica coinè la chia-- de dell'insegnamento patologico, e perciò a toccar di un piano universitario distu- ev medici nel quale saranno esposte alcune idee che confido non essere affatto iu- degne dell' attenzione dei medici, e dei governi. DELLA PARTE PATOLOGICA. 23 re e studiare le cose naturali (partire cioè dai fatti dell' osserva- zione, poi procedere a studiarne i rapporti e fissarne i principj ana- logici', e finalmente investigarne le cause generali, la natura e le leggi), e perché senza quest' ordine, e il concorso di queste tre parti laTcieuza non é completa, e ha quasi la certezza di essere erronea. E dico che questa divisione corrisponde ai bisogni dell' arte per- ché il medico chiamato a curare i morbi ha bisogno di previamen- te conoscerli e distinguerli, e perciò di poter riferire a certi tipi della scienza clinica tutte le sparse conoscenze sui sintomi sulle cau.e salii esiti sulle azioni terapeutiche, come il nosografo ha d'uopo di riferire a certi tipi clinici gli elementi sudetti se vuole formarli. Formati i fattiparticolari o dal nosografo che gli descrive o dal clinico che gli riconosce; la classificazione diventa una secon- da necessità dell'arte sia per la realtà dei rapporti fra fatto e fatto sia perché i limiti della mente obbligano il pratico a ridurre a poche le sue conoscenze e le regole diagnostiche e terapeutiche. Classificati i fatti e stabiliti i principj analogici, il medico conos- ce le regole diagnostiche e terapeutiche comuni a certi gruppi di fatti, ma non ne comprende ancora la ragione ed il mecanismo. Per 'rendere adunque razionale la terapeutica, ha d'uopo che la patoo-enia gli discopra l'origine, la formazione, la natura, il ma- o-isteTo dei niorbi. compito difficile, sublime però fecondo, e che so- Famente può aver luogo coi riuniti sforzi della esatta nosografia e della buona biologia. E in queste tre parti della patologia la scienza é studio di rap- porti, però nella nosografia è sintesi de rapporti primi ed empirici dei singoli fatti, nella nosologia é formazione di fatti generali o principj mediante la sintesi do rapporti analogici; nella patogenia é formazione di principi etiogenici mediante lo studio delle cause generali e delle leggi della vita. Mirabile circolo nel quale la mente parte dai fatti per conoscere, è ritorna ai fatti per agire! Processo veramente naturale in cui la mente associa i fenòmeni per formare i fatti completi della nosografia, e questi fatti com- pleti per formare i principj della nosologia, eie due scienze della vita per formare le leggi della patogenia! Ordine che non si po- trebbe cangiare ne invertire senza il pericolo V- di partire da principi patologici e nosologici stranieri ai fatti, a priori [come fecero i sistematici] o 2" di partire da fatti mal' osservati, incom- pleti [come fecero i sintomatici]! La patologia razionale non si propone già dunque di studiare soltanto (lasciando senza filosofia la patologia speciale) ciò che i morbi hanno di generale e di astratto, e non si divide già m tan- te parti quanti sono gli attributi, le parti del morbo, ma in quelle 24 PIANO RAGIONATO. soltanto che corrispondono agli scopi che l'arte e la mente si propongono nel conoscere le malattie. Perciò la patologia razio- nale tanto preside alla nosografia (o formazione dei fatti) come alla nosologia e patogenia (o formazione diprincipj diagnostici te- rapeutici e patogeneci. In tal guisa ciascuna divisione della scien- za non si aggira già sopra fatti incompleti e collaterali,e collo sco- po di occuparsi di generalità insignificanti, ma si occupa di fatti completi e di rapporti veramente essenziali. Perché infatti la no- sografia razionale insegna l'arte di formare i tipi o falli clinici, e la nosografia effctiva è questa stessa formazione in armonia colla filosofia dei fatti e collosservazione da essa diretta. Cosi la nosologia diagnostica ò coordinazione di fatti completi consiste appunto non nel coordinare o forme generiche o alterazioni idea- li e teoriche, ma fatti clinici completi e reali. Cosi finalmente la patogenia induttiva sarà tale appunto perché fondata sopra fatti ben formati dalla osservazione nosografica e ben' ordinati dalla nosologia diagnostica. § 9.'—Il primo passo della- scienza dei morbi é la Nosografia razio- nale ;debbono quindi determinarsi i caratteri su cui deve fondarsi la diagnosi clinica, [sez. 3?.'| Emancipato dalle divizioni scolastiche della patologia, adottata quella che più corrisponde alla natura della nostra mente, o ai bisogni dell'arte, dichiarato il metodo filosofico che conviene se- guire per ottenere i fatti e i principj della scienza, indicato il distinto oggtto che hanno le tre parti della patologia, e come dalla nosografia si procede alla nosologia ed alla patogenia, per- ché l'uomo piima acquista le cognizioni semplici ed empiriche che le composte e le razionali, prima si arichisce dei fatti, poi gli clas- sifica, poi gl'interpreta; conviene trattare direttamente quella partedella teoria medica da cui dipende la formazione dei fatti vale a dire la Nosografia o la diagnosi clinica. Come l'Igiene si propone di conservar la salute 0 prevenire le malattie, cosi la me- dicina pratica si propone di curarle. Per curarle il medico pra- tico ha bisogno di conoscere le malattie cioè di quali e quanti modi può disordinarsi l'economia vivente, odi quali e quanti mo- di può nei singoli casi riordinasi; quindi é che la scienza 6 utile al medico a misura ohe può presentargli il massimo numero di storie esatto di monografie complete, e il medico non può essere abile ed efficace se non è capace di riconoscerle al letto dell'ammalato per applicarci; consigli della propria e dell'altrui esperienza. Per curare le malattie con efficacia e sicurezza il medico prati-co ha bisogno, d'averne due cognizioni distinte, l'ima puramente clinica e sperimentale, che chiamerò diagnosi clinica e nosografica, l'ai- DELLA PARTE PATOLOGICA. 25 tra razionale, che chiamerò diagnosi patogenica. Per mezzo della diagnosi clinica distingue una febbre biliosa da una febbre gialla, una polmonia sincera da una biliosa, o da una tisi, una diatesi gottosa da un reumatismo. Però non conosce ancora la genesi, la formazione, la natura di queste cosi diverse malattie e processi morbosi, la sua terapeutica é tuttavia ciecamente empirica, vale a dire adopera i mezzi che in simili casi giovarono senza saperne il perché, fino a che mediante la diagnosi patogenica non ne conos- ca la natura. La diagnosi patogenica é di molta importanza per- ché sola può rendere razionale la terapeutica; però di molto mag- giore importanza si 6 la diagnosi clinica, perché se le tenebre del soggetto rendono impossibile la patogenesi di molte malattie, la diagnosi clinica é possibile in tutte, e se la terapeutica empirica è umile é per altro preziosa e neccessaria, e finalmente perché la diagnosi clinica o la formazione del fatto clinico è il primo pas- so, la base stessa della Nosologia e della Patogenia, perché senza perfetta Nosografia, senza valide osservazioni, la teoria medica non può essere clic un romanzo. Pure la nosografia o la formazione dei fatti non è possibile senza l'opera della filosofia medica, vale a dire senza i principj del- la Nosografia razionale. La storia delle singole malattie provie- ne certamente dall'osservazione dei sintomi, delle cause, dell'anda- mento, degli esiti, dei mezzi terapeutici convenienti a combatterle; però questa storia non è un'arida descrizione ma una storia saga- ce appunto perché osservare non é vedere ma saper vedere; e so vi é un legame una relazione neccessaria fra gli elementi del fat- to clinico, appartiene all'induzione clinica rintracciarla e rag- leri 1S luglio il carriere d'Europa recala l'infausto annunzio di un'inmensn. sventar» all'Italia. Il genio straordinario che avea iniziato e quasi compito la grande impresa del risorgimento d'Italia con miracolo di pru- denza, d'audacia, ed'energia indomabile; l'uomo di gran mente e di gran cuore che avea realizzato il voto magnanimo dei nos- tri grandi Dante e Macchiavelli; che avea stretto in allean- za indissolubile la monarchia e la libertà, l'illustre Casa di Savoia e l'Italia,1 e inaugurato alla Patria una era nuova di libertà d'indipendenza e di gloria, il Sommo CAVOUR avea spirato la sua grande anima in Torino il 6 giugno. Che in mezzo al lutto universale e profondo della mia Patria, e di tutto il mondo civile mi sia permesso offrire un tributo di lagrim« sulla tomba del gran Patriota e Statista Italiano!...... 4 26 PIANO RAGIONATO. giungerla mediante il confronto e la vera sintesi di questi ele- menti. Ed ecco che si presenta una folla di bellissimi problemi a risolvere per determinare la unità e validità di un fatto clini- co, la bontà e verità di una diagnosi. Che cosa é, in che consiste la malattia? E'riposta in un'insieme di sintomi come pensano alcu- ni patologi? 0 in una più riposta alterazione dei fluidi e dei solidi come pensano altri? Qual'é il valore diagnostico dei sin- tomi? Sono essi un dato fallace o sicuro? E'veramente un fatto che le medesime forme morbose possono appartenere a malattie differenti? Qual é il valore diagnostico delle cause? E egli vero realmente che le medesime cause occasionali possono produrre malattie assai diverse? Qual'é il valore diagnostico dell'anato- mia patologica? E quello degli effetti o salutari o nocivi dei re- medi? § 10.—Importanza pratica delle condizioni patologiche, e del solo criterio diagnostico la Patosintesi. L'esame di questi problemi mi condurrà alla dottrina vera- mente pratica delle condizioni patologiche le cause prossime de- gli antichi patologi, e al criterio clinico per riconoscerle e deter- minarle che chiamerò pato-sintesi, vale a dire il concorso e la cor- rispondenza di tutti i dati diagnostici, cause, sintomi, effetti dei morbi, effetti dei rimedi. Vedremo che tanto l'azione delle poten- ze nocive come la natura dei sintomi, e degli esiti, come gli effetti dei rimedi, che presi isolatamente e disgiunti da quelle relazioni nelle quali ce le presenta la natura e l'osservazione, non dicono assolutamente nulla, presi nel loro insieme e nelle loro mutue relazioni, hanno un valore diagnostico inmenso e veramente pa- tognomonico; che le condizioni patologiche cosi stabilite per mezzo dell'induzione clinica di questi dati diagnostici, hanno una realtà pratica riconoscibile sempre per via d'osservazione e verifi- cazione sperimentale, benché le alterazioni o de fluidi o de so- lidi che vi corrispondono non siano riconoscibili sempre o per mezzo dell'anatomia patologica e coll'industria della chimica or- ganica. Di questo modo si avranno le norme per conoscere le complicazioni e le successioni o trasmutazioni, e per determinare i caratteri costanti, i segni diagnostici essenziali perché fedeli compagni delle condizioni patologiche, e cosi le differenze acci- dentali dovute alla sede dei morbi, al temperamento, alle influen- za ecologiche, o ad altre circostanze individuali. In questa guisa oserò stabilire (forse pel primo) i principj normali della nosografia razionale, della filosofia medica appli- cata al fatto clinico, che ridotti a minimi termini si risolvono DELLA PARTE PATOLOGICA. 27 nella distinzione della diagnosi clinica dalla diagnosi patogenica, nelle condizioni patologiche considerate come lo scopo della dia- gnosi clinica, e nell'uso sintetico dei criteri diagnostici conside- rati come il mezzo per ottenerla. La patologia razionale ha bi- sogno di fatti per formare i principi; né ella potrebbe creare ed improvisare i fatti, perch'essi son l'opera di lunga paziente ri- petuta osservazione, ma ella può mediante la nosografia razio- nale influire sulla bontà loro, perche può diriggere la stessa os- servazione medica e perciò influisce a formargli. § 11.—Dalla Nosografia razionale deriva la Critica nosografica neccessaria per Ver udizione dei fatti clinici, (sez 4'*) Stabiliti i principj di nosografia razionale essi serviranno di guida al medico che fa la storia generale di un morbo come al pratico che e'ehiamato a conoscerlo ed a curarlo. E serviranno di base per giudicare i materiali nosografia, che sono la nostra ri- chezza la nostra guida, e l'erudizione dei fatti la più preziosa per l'arte. Il pratico chiamato a curare, il nosografo a descrive- re, il patologo a ragionare sulle malattie, non poti ebbe dare un passo innanzi senza una ricca e scelta erudizione di fatti clinici. E corrono anzi il pericolo di farne cattiva applicazione, giacché i fatti della medicina pratica non sono già decifrati chiari e precisi, ma molti di essi sono dubj, oscuri, controversi, incompleti forse tanto vaghi come le dottrine teoriche. Se dunque l'erudizione dei fatti è neccessai ia in medicina, lo è molto di più la critica nosografica che insegna il modo di conoscerli e di sceglier- gli e di sapere perché gli uni sono buoni ed altri sono erronei e in- completi, appartengano ad osservatori oscuri o classici, antichi o moderni. E la neccessità ed opportunità della critica nosografica non solo é giustificata dalla discordia e anarchia degli insegnamenti clinici, dal progresso stesso della scienza, ma dal riflettere che la massa enorme di fatti clinici che possediamo nacque in mezzo al dominio di scuole mediche differenti per metodi nosologia e sis- temi biologici, e appartiene ad uomini di diverso genio e situa- zione scientifica. Dimostrata dunque la neccessità e l'importanza della critica nosografica dimostrerò eziandio che come sarebbe vana incerta capricciosa quella critica nosografica che si fondasse sopra un metodo nosologico ed un sistema biologico qualunque, od una osservazione scarsa unilatere; altretanto sarà autore- vole e sicura quando riposi sopra i principj normali della noso- grafia razionale ossia sulla filosofia dei fatti. Perchè colla scor- ta di questa mi fia dato mostrare che i migliori modelli di no- mografia diagnostica son dovuti al metodo da me escogitato; 28 riANO RAGIONATO. e che i fatti o dubj o erronei o incompleti derivano dalle ca- gioni dei nostii errori sperimentali in nosografia, o relativi allo condizioni patologiche o relativi ai criteri diagnostici. Egli è in questo modo che si potrà riconoscere fra i materiali empirici della nosografia, quelli che meritano la nostra fiducia, e quali so- no i vuoti che conviene riempire per completare e migliorare alcune sue parti. Presenterò dunque un saggio di critica nosografica che se ò imperfetto perche é affatto nuovo in medicina (come è nuova la nosografia razionale) ha'per altro grande importanza ed offre grandi vantaggi ls Perché inspira ai medici il dovere di giudi- care i fatti dell'erudizione clinica. 2° Perché gli distoglie dalla tentazione di giudicarli colle false norme o di metodi nosologici, o di sistemi medici, o colla mera autorità dei nomi. 3" Perché invoca un'autorità straniera a qualunque sistema medico cioè la filosofia dei fatti. 4° Perchè conduce ad una verificazione spe- rimentale dei fatti dubj o incompleti. 5° Perché inspira la idea di un codice nosografico universale che forse manca alla medicina. § 12—Il secondo passo della scienza dei morbi é la nosologia che per essere leggiitima ed efficace deve essere diagnos- tica, (sez 5*). Sarebbe già un mirabile perfezionamento che la medicina possedesse completa ed esatta la descrizione, la storia, la noso- grafia, la diagnosi clinica delle malattie. Pure non basterebbe, sia perché a misura che cresce il numero delle nostre cono- scenze sperimentali si fa più urgente il bisogno di distribuirle con un certo ordine nella nostra mente, sia perché realmente esistono nei fatti particolari, come di tutte le cose naturali, cosi pure della patologia caratteri affatto particolari, ed altri che sono generali più o meno e comuni a molti, per cuPformano gruppi particolari e distinti, sia perché è una neccessità della mente ri- durre a poche le regole diagnostiche e terapeutiche che sono realinent e verificabili con uno esatto studio e confronto dei fatti speciali. E una prova che il medico dopo di aver tro- vato e formato i fatti, ha bisogno di classificarli, egli è il fatto che non v'é quasi un'opera di medicina pratica vale a dire di Nosografia, che non segua un'ordine nosologico ancorché sia l'anatomico o l'alfabetico. Come il Botanico ed il Zoologo non potrebbe ritenere isolati nella mente gli oggetti della storia natu- rale, ma ha d'uopo di collocargli in certi gruppi, a seconda di certi loro rapporti, con maggior ragioue il patologo ha bisogno di formar certi gruppi delle malattie perché a ciascuno corris- BELLA PARTE PATOLOGICA. 29 pondono certe regole generali per la diagnosi e per la cura: cosi le regole che appartengono ad una flemmassia sono comuni a tutte, cosi lo regole relative ad un'affezione periodica sono comu- ni a tutte le altre. Ammessa pertanto la importanza ed anzi la neccessità della Nosologia, rimane alla filosofia medica il de- terminare su quali principj si deve fondare perché sia vera utile ed efficace. Esaminando i saggi di Nosologia che da Sauvages fino a noi si sono proposti troviamo che o presentano delle clas- sificazioni sintomatiche se i patologi presero per guida i caratteri forniti dalle apparenze morbose o dai sintomi, o delle classifica- zioni sistematiche se presero per guida i caratteri desunti dalle cause prossime fatte consistere in inmaginarie alterazioni dei solidi o dei fluidi. Entrambe le due scuole sembrano fuori del buon sentiero perché per una parte i sintomi e le forme morbose sono effetti e contrasegni dei morbi non i morbi stessi; e se han- no un valor diagnostico lo hanno appunto in quanto é trovata la connessione loro con le condizioni patologiche. Rispetto poi alle cause prossime debbono certamente esiggere l'attenzione del patologo e del clinico perché ad esse si riferiscono tanto l'azione delle cause nocive, come la natura dei sintomi come l'attività dei rimedi, Però non debbono essere imposte alle forme morbose da una arbitraria fisiologia, ma debbono risulta- re da un'induzione clinica e nosografica. Pertanto se la Nosolo- gia può e deve classificare fatti clinici completi uopo è che clas- sifichi delle diagnosi esatte sulle basi di un'esatta e completa nosografia. Allora la Nosologia potrà dirsi diagnostica perché in luogo di occuparsi o di fatti incompleti o di alterazioni sup- poste e chimeriche, si occuperà di fatti individui e verificabili dall'osservazione o diagnosi clinica. E perché la Nosologia sia diagnostica devo appunto occuparsi di classificare le malattie per i caratteri loro i più costanti essenziali e importanti che sono le condizioni patologiche, però esse risulteranno dall'induzione clinica dei loro elementi nosografia vale adire dalla patosintesi, non saranno entità teoriche che derivano dalla fisiologia esclu- sivamente. Dimostrerò dunque nella 5* sezione la vanità dello classificazioni o sintomatiche o metodiche o anatomiche o sistema- tiche, perché si vegga che la sola Nosologia diagnostica è auto- revole come quella che classifica dei fatti completi, e si fonda sulla Nosografia, che non prende per guida i soli sintomi, le 6ole cause, le sole alterazioni anatomiche, o gli effetti dei rime- di, ma l'unione di tutti questi dati in quanto concorrono a for- mare un fatto clinico individuo, perché convergono alla sua cau- sa prossima. 30 PIANO RAGIONATO. § 13— Lo stato della Nosologia sistematica prova che i patologi hanno deviato dalla realtà sperimentale ed hanno riem- piuto di chimere la patologia e la pratica, (sez. 6^). Ma non basta aver indicato i buoni principj su cui deve fon- darsi una Nosologia diagnostica pratica e sperimentale, non bas- ta avere spiegato il senso delle condizioni patologiche e del cri- terio clinico per riconoscerle, la pato^intesi. Il campo della pato- logia e della pratica si trova ingombro di molte astrazioni, di molte chimere, e non solo di fatti incompleti e bastardi, ma di idee e di concetti ancor più falsi erronei e bastardi forse'che i fatti; idee che esercitano un'irresistibile dominio sulle nienti e un' influenza grande sulla pratica, e mal si potrebbero in essa intro- durre nuove idee di nosologia sperimentale e di patogenia indut- tiva se prima con critica conscienziosa, non avessimo esaminalo le dottrine patologiche, e trovatele erronee, non avessimo con ma- no inesorabile pulito questa stalla d'Augia. Coerente adunque alle idee tracciate nella scienza del metodo, e quasi corollario delle cose dette sulla nosologia diagnostica, consacro la 6* sezio- ne per dimostrare che la Nosologia sistematica dei moderni, o quella che tratta delle differenze essenziali delle malattie, presen- ta due lati: quello dei solidisti e dinamisti e quello degli umo- risti ó chimisti, che tanto una scuola corno l'altra presenta come fatti una serie di principj e di chimere che come provennero da un falso metodo, cosi non hanno realtà sperimentale, guidano ad erronei precetti di terapeutica, e sono in lotta con la pratica universale. § 14—Classificazione diagnostica che propongo che ha per base le condizioni patologiche riconosciute per mezzo della pa- tosìntesi. (sez 7*) Dopo avere dimostrato i principi su cui deve fondarsi la No- sologia per farla diagnostica e sperimentale, dopo aver provato la vanità delle nosologie o sintomatiche o metodiche o sistema- tiche che da essi deviarono, posso e devo proporne una fondata appunto sugli esposti principj. Dico debbo e posso perché sebbe- ne non dissimulo a me stesso le gravi difficoltà per formare una esatta e buona classificazione delle malattie umane, pure dessa é necessaria per la Nosografia come per la Patogenia e per la Te- rapeutica; e perciò entra necessariamente nel piano della Zoouo- mia, e perché io condizioni patologiche che ne sono la base posso- no determinarsi per mezzo della patosintesi cioè in modo prati- co, e indipendentemente da qualunque dottrina a priori. Partorì- DELLA PARTE PATOLOGICA. 31 do da questa base propongo cinque grandi serie di morbi for- manti diciotto classi che sembrano comprendere le differenze veramente essenziali e terapeutiche delle umane malattie. La prima serie che può chiamarsi delle Etiopatiche perché dipenden- ti dall'inmediata presenza delle cause ocasionali comprende, l9 Le Ipostenie o m. costituite da privazione o insufficienza degli agen- ti fisiologici. 2° UKteropatie (irritazione Italiana) o m. costituite dalla presenza di agenti inaffini, inomogenei, irritanti di un mo- do o chimico o meccanico o vitale. La seconda serie chiamo delle Riparatrici perché sembra consistere in una tendenza ripa- ratrice di certi processi; e comprende. 4? Le Plastoadìnamie o m. costituite da impotenza assimilatrice o riparatrice delle for- ze plastiche. 59 Le Emormesi o m. costituite da congestione at- tiva venosa. 6° Le Idiopiressie o le febbri idiopatiche costituite da processo riparatore dei liquidi, 7° Le Flemmasie o m. costitu- te dal processo flogistico riparatore dei solidi. Là terza sevie chiamo delle Discrasie perché costituite da un'alterazione o pri- maria o secondaria degli umori o degli atti assimilativi e com- prende. 8° Le Ipomorfie perché costituite da un abituale e gra- duata insufficienza di materiali organici. 9'- Le Ipermorfie per- ché costituite e formate da graduato e abituale eccesso di mate- riali organici. 10 Le Etero-morfie perché costituite dalla pre- senza di principj irritanti e inaflìni introdotti nel sangue. 11. Le Idiomorfie perché costituite da ignota ed oscura aberra- zione delle forze plastiche. La quarta serie delle malattie ner- vose perché costituite da un'aberrazione degli atti del sistema nervoso, comprende. 12 Le Nevrastenie ossia m. da morbosa atti- vità dei poteri senzienti e motori. 13 Le Nevra-adinamie o m. da morbosa impotenza e torpore dei poteri senzienti e motori. 14 Le Periodesi o m. costituite dall'oscuro stato dell'innervazio- ne che diciamo condizione periodica. 15 Le Idiosimpatiche o m. dipendenti da funzione fisiologica disordinata o da una malattia di un'organo consenziente. 10 Le Concatenate o m. da ripetizio- ne, associazione, e imitazione morbosa. 17 Idio-nevrosì o m. da oscuro e specifico disordine dell'innervazione. La quinta serie finalmente comprende la classe 18 delle malattie organiche od Amorfie vale a dire i vizi di forma e di struttura nei quali man' ca il vitale conflitto delle forze organiche. Mostrerò che in tutte le forme morbose o malattie che pre- senta la Nosografia si trova qualcuna delle condizioni patolo- giche corrispondenti a queste classi; e che ogni classe o viene formata da identità di natura delle condizioni patologiche, co- me p. e. l'emormesi, la periodesi; o da analogia di leggi come 32 PIANO RAGIONATO. le eteropatie le fiogosi ecc. Mostrerò che in tutto le malattie- che appartengono ad una data classe non solo non mancano mai i segni diagnostici della condizion Patologica che a tutte è co- mune, ma sono anche i più importanti ed essenziali, benché tal- volta delicati e fuggevoli, perché guidano alla diagnosi ed alla cura. E finalmente dimostrerò che a ciascuna classe corrispon- dono altresì certi caratteri patogenici, vale adire che le malattie di una data classe vengono formate e prodotte per la violazio- ne avvenuta negli organi, di certe leggi fisiologiche solamente- La nosologia diagnostica che propongo ha dunque il vantag- gio non solo di classificare le condizioni patologiche per il so- lo veramente autorevole criterio clinico, la patosintesi, ma di offrire in ogni classe o analogia, o identità di regole diagnos- tiche é terapeutiche; e quindi guidare con sicurezza alla ricerca delle leggi patologiche relative. Poco importa che nella pratica medica non si trovino isolate alcune condizioni morbose, ma for- manti le complicazioni o le successioni, perché questi principj di classificazione guidano appunto a conoscer le regole diagnos- tiche e terapeutiche relative ad ogniuna nelle une come nelle altre. § 15.—Il terzo passo della scienza dei morbi e lo studio patogenica delle malattie per render più sicura, più feconda, più ra- zionale la terapeutica. La condizione della patologia e della pratica mi sembra che sarebbe già notabilmente cangiata se dopo di avere riformati e completati i materiali della nosografia o i fatti clinici, si arrivasse a classificargli per quei rapporti e per quei caratteri che hanno una suprema importanza diagnostica e terapeutica. Già si avreb- be un quadro per un trattato completo di nosografia medica e chirurgica risultato e fine di studi clinici, e principio e base dei patogenici: si avrebbe un quadro dove collocare al loro posto tanti fatti e tanti principj che stanno sparsi, isolati, sconnessi e infecondi o nelle generalità della patologia, o nei repertorii di medicina pratica e di materia medica; si avrebbe il vantaggio di vedere il campo della patologia e della pratica sgombro e sbarrazzato o di osservazioni incomplete o di erronee teorie, e di possedere già la filosofia dei fatti quasi faro nel presente caos, ed autrice di si belli e pratici risultati. E quando pure fosse vietato alla scienza dei morbi la diagnosi patogenica o la teoria della vita morbosa, e fosse condannata a rimanere nei limiti dell'em- pirismo, quest'empirismo sarebbe pure rispettabile perchè ap- poggiato al metodo severamente sperimentale, e che presente- DELLA PARTE PATOLOGICA. 33 rebbe le vere differenze cliniche e terapeutiche dello stato morboso. Eppure questi due nobili passi, Nosografia e Nosologia non bastano ancora né ai destini della scienza, né ai bisogni dello spirito umano. Il quale non si contenta di possedere la storia esatta delle malattie, ma aspira a conoscerne la teoria, vale a dire penetrarne il segreto mecanismo per conoscere la ragione delle loro differenze cliniche e terapeutiche, e comprendere il modo con che le cause nocive operano a produrle e i rimedi a sanarle. Questa conoscenza questa che io intitolo diagnosi patoge- nica é assai diffìcile é vero, alcune volte impossibile, altre non neccessaria, però sempre utile quando può ottenersi, e che rende più sicura più lucida più feconda la pratica appunto perché la rende razionale, e che sola solleva la medicina alla dignità di scienza completa, perché applica e stringe in nuova alleanza le conoscenze della Fisiologia e della Patologia per trovare e ap- plicare le leggi della vita normale e della vita morbosa. E sia una prova che la Patogenia é un bisogno dello spirito umano che in tutti tempi da Ippocrate fino a noi tutte le scuole medi- che ne hanno proposto o adottato alcuna benché inmaginata a priori, non dedotta mai dai fatti stessi colla severità del me- todo induttivo. La mente nostra non si contenta di distinguere una fiemassia da una febbre continua o periodica, ma ama sape- re altresì qual' è la natura del processo flogistico, delle febbri continue, e delle periodiche; perché allora non sa solamente perché l'esperienza universale ne ha formati certi gruppi noso- logia, ma conosce altresì perché certe cause le producono, per- che certi sintomi le accompagnano, e vi si uniscono certe alte- razioni dei liquidi e dei solidi, e perchè certi aiuti dell'arte vi corrispondono. § 16.— Con guai metodo si può tentare la diagnosi patogenica vale a dire le teoria della vita morbosa, [sez 8.] Ma non basta riconoscere l'importanza della Patogenia, é d'uopo determinare da quali principj conviene partire, con qual metodo progredire perché non sia più un'insieme di ipotesi e di chimere come è stata finora, perché trattata finalmente col me- todo sperimentale possa meritare il nome di patogenia induttiva. Già avremo visto nella sezione 6* che tutte le dottrine patoge- niche antiche e moderne sulla natura e differenze essenziali del- le malattie nacquero dal metodo d'indovinamento, eda pochi prin- cipi stabiliti a priori sulle cause, le leggi, le condizioni fisio- logiche della vita; che si é dunque partiti dalla Fisiologia in luo- 84 PIANO RAGIONATO. go di partire dalla Nosografia, per adattare poi alle idee pato- logiche cosi stabilite i materiali sparsi e sovente incompleti ed erronei dell'osservazione clinica. Non nego per altro la impor- tanza anzi la ìiéccesità della Fisiologia razionale per l'oggetto di formare la Patogenia induttiva, perché invero è evidente che non Si può conoscere di che modo una machina si disordina, se pre- viamente non si conoscono i modi per cui è ordinata, di che mo- do operano le potenze nocive a sconcertarla, e a produrre piutos- to Una che un'altra maniera di disordine vitale senza conoscere previamente le condizioni e le leggi che furono offese dalle pò-1 tehzè nocive, ed osservando lo quali il disordine morboso non sarebbe àvennuto. Le malattie hanno certamente origine da cer- te Cause nocive, e queste sono appunto nocive in quanto sono offensive delle leggi della vita normale. E'dunque evidente che Si dee cercare la genesi, la formazione, la natura delle malattie studiando queste in relazione colle speciali cagioni nocive che 10 produssero; e si dee studiare l'azione di queste cagioni nocive in relazione colle leggi della vita normale elio vennero per esse Offése e violate. Ha dunque una grande importanza patogenica Io studiò della Fisiologia razionale che faccia conoscere previa- mente la teoria della vita normale: e que'patologi stessi che con- fessano l'importanza somma della Patogenia e il bisogno che èssa ha della fisiologia, ammettono del pari che l'imperfezione e ìe tenebre della fisiologia rendono vacillante e difficile l'opera della Patogenia. (1) § 17—La Fisiologia razionale deve accompagnare non precedere lo studio dei fatti clìi ici, deve non formare le differenze essenziali, ma applicarsi alle classi nósologiche farmate, dalla pato'sintesi. Debbo a questo luogo far sentire la differenza fra il modo con cui si sonò serviti finora i patologi della Fisiologia razionale per la interpretazione dello stato morboso, e quello con cui me ne [1] Scrìve il Bufaiini—"il qual metodo [quello che dalla Tisiologia si debba far "procedete la, Patologia] sarebbe giustissimo 'ed utilissimo quando la Fisiologia ci "disvelasse ogni più riposto magistero della vita, cosi che agevole poi fosse argM- "re ©gnj m'odo possibile dello sconcertarsi di essa. Ma la Fisiologia non compl'en- "de che la storia dei fenomeni della salute e niente ci fa aperto delle loro cagioni: sap- piamo per essa quale si « l'operaie dei nostri organi sani, ma non conosciamo le "occulte fòrze che a cosi operare li sospingono." Questi nobili pensieri equivalgono al dire 1 ° ohe l'attuale fisiologia é piutosto stenta di fenomeni che teoria delle cagio- ni, forze e condizioni vitali. 2 ° Che solamente essendo teorica e ragionale, può là Fisiologia gridare alla vera Patogenia. La Nuova Zoonoinia ha tentato ap- piano feóda'ftiwl'è feì ent medicorum ratiocinia. Raglivi § 23—Definizione e importanza grande del metodo filosofico o sperimentale. La medicina considerata come scienza è l'insieme di tutte le nostre conoscenze intorno la vita normale e morbosa; conside- rata come arte consiste nell'uso di esse conoscenze per conservar la salute e curare le malattie. Non v'é dubbio che l'arte sarà di tanto più facile, più sicura, più efficace, più autorevole, e più benemerita dell'umanità che saranno numerose, estese, solide, com- plete le conoscenze che essa richiede e che impiega. E vicever- sa l'arte sarà di tanto più difficile, incerta, sterile, ristretta, pericolosa e funesta, che sarà diretta da cognizioni o scarse o incomplete od erronee e chimeriche. Non v'é dubbio altresì che la mente nostra arriva all'acquisto delle cognizioni complete ed efficaci osservando un certo ordine, e viceversa fa tesoro di co- gnizioni false incomplete ed erronee quando devia da quest'or- dine stesso che ci viene imposto dalla natura e dai bisogni del nostro intelletto. Quest'ordine che deve seguire la mente per la scopèrta del vero, per l'acquisto, e l'uso delle conoscenze di un « DEL METODO 51 ramo qualunque delle scienze naturali si chiama metodo filo- sofico (ed anche sperimentale, perché ha per base l'esperienza e l'osservazione dei fatti esterni). Il metodo filosofico é dunque una specie di codice che la mente impone a se stessa, é una se- rie di norme che si propone seguire per l'acquisto e Tapplicazio- "ne delle nostre conoscenze, quasi come gli istrumenti materiali sono impiegati per rendere facili le arti mecaniche, o gli istru- menti ottici servono a rendere facili e sicure le osservazioni as- tronomiche. Ora perché gli istrumenti che servono alle arti me- caniche, e cosi i canochiali che servono alle osservazioni astro- nomiche debbono essere costrutti secondo le più vere leggi della fisica e della mecanica perché possano dare i più belli i più si- curi i più efficaci risultati in luogo di erronei, scarsi, o sterili, cosi le leggi del Metodo o le norme che deve seguire la mente per la scoperta del vero debbono essere in armonia alle leggi dell'umano intelletto se vogliamo che siano vere esse stesse, e che producano dei buoni e fecondi risultati. Ora se dalla bontà del metodo filosofico dipende la scoperta della verità, e lo sviluppo della vera scienza, e se da un metodo erroneo deriva l'origine d'infiniti errori, di sforzi intellettuali infecondi e di risultati bastardi, ed applicazioni o inutili o no- cive, é manifesta l'importanza grande del metodo filosofico non solo in medicina ma in tutti i rami delle scienze naturali, e delle arti. Per altra parte se i precetti e le norme del metodo filoso- fico debbono essere in armonia colle leggi inmortali dell'umano inteletto si comprende il perché quando il gran Bacone da Ve- rulamio tento'stabilire i principj del metodo sperimentale disse francamente ch'era d'uopo cominciar per rifare perfino lo stesso intelletto umano ovvero rimontare alle leggi che presiedono agli at- ti intellettuali, formare dunque la teoria della vita psicologica. La importanza del metodo filosofico fu sentita dagli antichi nel- la stessa infanzia dell'arte come Io prova l'essersi divisi in due sette dei dogmatici e degli empirici: gli uni che prendevano per guida certi principj astratti desunti principalmente dalla filoso- fia dominante, gli altri che invocavano il testimonio e la guida dell'osservazione e dell'esperienza. Ed é convenuto ora general- mente dai medici pensatori come può leggersi nelle opere di Ba- glivi, Zimmermann, Abercombrie, Boulliaud, Bufalini ecc. che quanto ha la medicina di utile di vero e di buono, lo deve all'im- piego del metodo sperimentale, e quanto ha d'inutile e di erroneo lo deve al falso metodo adoperato in medicina sia nel'osservare e formare i fatti, sia nel coordinarli od interpretarli, ovvero for- mare i principj o le relazioni dei fatti. 52 LA SCIENZA § 24— Il vero metodo sperimentale fu raramente e sempre di uri modo parziale applicalo alle cose mediche—Cenno della scuola empirica—Danno inmenso che dall''imperfezione del metodo derivò alla medicina. Chiamo metodo sperimentale e filosofico, atto alla scoperta del vero, quello che fu insegnato da Bacone e applicato da Ga- lileo, metodo conveniente alle scienze mediche come a tutte le altre scienze naturali; che ha per base l'osservazione e l'espe- rienza, e che conduce ai principj sintetici della scienza, e ha per guida le leggi dell'umano intelletto. Ora affermo che questo me- todo che riunisco con nuova alleanza l'esperienza e il ragionamen- to, la teoria e la pratica, che formai fatti e i principj, raramente é stato applicato alle cose mediche e se lo fii, sempre lo é stato di un modo parziale e incompleto, vale a dire alcune parti del metodo non tutto il metodo, ad alcune parti non a tutte le parti della medicina. Esattamente può dirsi rispetto alla medicina ciò che l'inmortal Bacone di^se rispetto alle scienze in generale: Qui tractaverunt scientias, dice egli, aut empirici aut dogmatici fver unt. Empirici formice more, congerunt tantum et utnntur, rationahs aranearum more telas ex se covficiunt.. Apis vero ratio media est, que mate ri a. m ex fiorii)ns horti et agri eiici! sed tamen pro- pria facilitale verfit et digerii: itogie ex harum facultutum, ex- perimentalis scilicet et rationab'.; arclinre et sanctiore fa\ìere, quod adhuc factum non est , bene spera ni uni est. (1) E veramen- te basta scorrere la storia della medicina per riconoscere che i dogmatici che rappresentano i sistematici di tutte le Scuole, non dedussero g'ài principi loro di fisiologia e patologia dalla osser- vazione ripetuta, estesa, e paziente, e dal ravvicinamento dei fat- ti, ma bensì introdussero ole idee della filosofia dominante, o anche le superstizioni del loro secolo, e le applicarono allo stu- dio della vjta e all'arte di curare, e preposero ai fatti i principj generali, con moto lo affitto arbitrario, in luogo di dedurgli da essi colle regole del metodo speri montale. Ed egli é pur sorpren- dente che in questo falso cammino si mettessero i mecanici, i chi- mici, i dinamisti, i chimisti, e tutti i teoristi moderni, cioè dopo che il genio di Bacone e di Galileo avea tracciato il metodo speri- mentale a tutte lo scienze naturali, e quando Sydenam e Ballivi aveano avviato fli nuovo i medici sulle tracce dell'osservazioae ipocratica, e più tardi Morgagni avea fondato l'Anatomia pato- logica. Però non sorprende se avendo lavorato non sopra i fatti (1) Nov. Org. Lil). III. af. 93. DEL METODO. 65 osservati e studiati ma sopra le loro idee a priori arbitrariamen- te proposte e applicate, come gli aragni qui telas ex se conficiunt, i risultati dei loro studi fossero vani, e pieni di ipotesi e di chi- mere, di priucipj scolastici vani, arbitrarj, inutili o iuaplicabili alla pratica, stranieri ai fatti. Benché Ippocrate sia a giusto ti- tolo il capo della scuola dogmatica non solo perché applicò la filosofia del suo tempo alla medicina, ma perché altresì associò il leggittimo ragionamento alla osservazione clinica, pure fu il fon- datore della buona osservazione, e perciò del vero metodo spe- rimentale. E gli empirici che vennero dopo, e che fastiditi delle vanità scolastiche della scuola dogmatica tentarono ricondurre Inscienza sulle vie dell'osservazione e dell'esperienza, non fece- ro altro che seguitarne le tracce. Essi proclamarono il gran prin- cipio che la leggitima sorgente delle nostre cognizioni é l'espe- rienza non le idee o principj a priori, insegnarono che sono parti di essa e mezzi insieme, l'osservazione accidentale, l'esperimento a bello studio intrapreso, e l'analogia dei fatti simili, quando si tratti dello studio di fatti nuovi; che non basta la osservazione propria, ma è d'uopo valersi dell'altrui, e quindi essere un'aiuto potente l'erudizione, ovvero la storia raccolta da molti e dili- genti osservatori. Che la malattia consiste in un complesso di sintomi in un corpo, in un dato tempo e modo, e che ogni sua qualità e circostanza vuol'essere ripetutamente osservata per fissare le dovute distinzioni e definizioni. Quanto alle cause essi rigettarono lo studio delle cause prossime temendo d'inciam- pare nelle ipotesi e nelle chimere dei dogmatici, e si restrinsero all'epilogismo vale adire al ragionare sulle cause occasionali che cadono sotto i sensi, e più le studiavano come contrasegni dia- gnostici di certa malattia che come dati per le indicazioni- tera- peutiche. Dal che apparisce quanto buon senso, quanta filosofia fosse già nei primi tempi della medicina, nei quali consacrati gli antichi più a pensare che a leggere, più a studiar la natura che i libri, additarono la neccessità di stabilire il metodo prima di trattare la scienza, e se proposero come suoi fondamenti, l'osser- vazione, lo sperimento, l'erudizione, l'analogia, e il ragionamento ristretto ai puri fatti, era quanto potea proporsi di buono nell'ori- gine stessa della patologia, nell'ignoranza dell'anatomia, della fi- siologia, e di tutte le scienze fisiche e naturali; era l'unico mezzo permesso dallo stato della scienza di applicare all'arte inmedia- tamente le poche nozioni acquistate, perché i medici spinti dal- l'urgenza di agire doveano come le formiche riunire i materiali e servirsene. Pure è d;uopo confessare che questo metodo degli Empirici era 54 LA SCIENZA incompleto come quello che assai poco accordava alla parte teo- rica o razionale; e che poco fu applicato alla medicina, e non venne perfezionato, che anzi o degenerò in un dogmatismo tras- cendentale, o fu convertito in un grossolano empirismo dai più. tardi suoi settatori i quali bandirono, come osserva Zimmerman l'erudizione, l'Anatomia la Fisiologia e la Filosofia che è Pani- ma dalla medicina. Oramai i soli Nosografi o scrittori di medi- cina pratica sono quelli che più sembrano essere stati fedeli alle leggi del metodo, perché ad essi appartiene quanto la me- dicina ha di più solido, di più utile, di più pratico e spermienta- le. Pure non mi sarà difficile dimostrare nel saggio di critica no- sografica, esistere un caos, un'imperfezione considerabile in ques- ta parte tanto positiva e tanto fondamentale della scienza, ed essere appunto dovuta all'inosservanza del vero metodo speri- mentale. Pertanto quel metodo che facesse l'ufficio dell'ape, che elaborasse i materiali dell'esperienza e dell'osservazione, e gli convertisse in principj della induzione teorica, che associasse la osservazione al ragionamento; che formasse per una parte i fatti, poi gli coordinasse, e gli interpretasse, che in una parola determinasse i più veri fatti e i più veri principj della scienza, questo metodo sicuro, luminoso, completo, quale fu augurato e proposto da Galileo e da Bacone, non fu applicato ancora alla Patologia di un modo generale e completo. Da sifatta imperfezione del metodo derivarono alla scienza ed all'arte medica queste conseguenze non certo utili al suo perfezio- namento. 1° Che i buoni materiali empirici dei varj suoi rami son piutosto dovuti al genio istintivo e non comune de suoi cultori e all'imitazione sagace di questi classici scrutatori della natura che non all' adempimento severo dei precetti del metodo ben for- mulati, chiari e generalmente consentiti. Il che lascia sempre mol- to di vago e d'incerto nella scienza, rende difficile la critica e la scelta, e ci espone al pericolo di essere dominati dall' autorità dei nomi più che da quella del vero, e sopratutto restringe il numero dei materiali perfètti, e da origine all' ingombro di fatti o erro- nei o incompleti. 2" Che tanto perja critica dei fatti come per quella delle dottrine la nostra mente ha mancato e manca di nor- me sicure filosofiche e independenti dai sistemi biologici: il che lasciò aperto l'adito all'uso non buono di respingere o addottare fatti e principj secondo che erano in armonia coi principj biolo- gici applicati alla medicina. 3° Che la nostra mente che ha d'uo- po di fatti e di principi, non potendo formar principj buoni ed essatti ha dato di mano agli erronei, quindi dispute e sforzi erculei per conciliare i principj'.coi fatti e sprecato quel tempo e quell' DEL METODO 55 ingegno che meglio avrebbero fruttato se diretti a migliore sco- po e da miglior metodo. 4" Che la perpetua vicenda dei sistemi medici e l'impossibilità di conciliarli coi fatti ha screditata la teoria, e resa sospetta la stessa filosofia medica da cui pure deve venire il remedio a tanto disordine. Quindi una folla di errori, di pregiudizi, e di abiti scientifici funesti; proclamato che 'mudi fatti, la nuda esperienza souo tutta la scienza e tutta l'arte, come se non abbisognassero della filosofia dei fatti, proclamato come inutile e temerario lo studio delle cause e quello dei fatti genera- li, come quello che sorpassa la portata dei sensi. Presa dunque la Chimica,la Fisica, e l'Anatomia (specialmente microscopica) come le sole guide per lo studio della vita normale e morbosa. 59 Che disperando di ricavare dai fatti della scienza organica i principj- capaci a coordinarli e ad interpretarli e perciò a servire alla pratica, si ebbe ricorso a principj desunti dalle scienze fisiche, cioè scienze e principj stranieri alla biologia, abissus abissum in- vocat. 6" Che divisa la scienza dei morbi in generale e speciale e dato ad entrambe un falso metodo ed un vano scopo, si é supposta la nosografia independente dalla filosofia medica, mentre non lo é ne lo può essere; quindi la nosografia gioco di vari metodi noso- logia e terapeutici, priva di norme sicure per la formazione di ti- pi clinici e la diagnosi pratica delle malattie, per la determinazio- ne dei dati diagnostici e quella delle cause prossime. 79 Che ri- guardando la patologia generale come l'organo filosofico della medicina, e nel tempo stesso dandole un vano scopo ed un metodo erroneo, due inmensi danni ne sono derivati alla scienza ed al- l'arte; che i molti punti e i veri siudi che costituiscono la patolo- gia filosofica non furono trattati ne sul campo della nosografia ne sul campo della patologia generale; quindi la patologia razionale che abbraccia la formazione, la classi [icazionc e la interpretazione dei fatti, può riguardarsi nascente. Che perduto di vista questo triplice compito e proposto a se stessa lo studio delle generalità e dei fatti collaterali, la patologia generale ha distrutto in luogo di edificare,ha rotto i rapporti dei fatti, ha presentato e presenta alle nienti dei giovani un' intnenso e spaventevole cumulo di frantumi e di astrazioni, dei semi-principj e delle false analogie e costituisce una scienza pesante cui il pratico ha bisogno di di- simparare a misura che si avanza nello studio della natura mor- bosa. 8° Cosi lo studio e l'esercizio della medicina è più difficile ingrato e sterile di quello che sarebbe se diretto da metodo mi- gliore, come le antiche strade sono più erte tortuose lunghe fati- cose delle moderne strade di ferro; e cosi eziandio minore é la fiducia che inspira. 56 LA SCIENZA § 25. — Cagioni di questo fenomeno. 1° Il non essersi detcrmina- to chiaramente l'oggetto della teoria e i bisogni delVarie', ciò che ho intrapreso nella Introduzione. Ella è una triste riflessione, che mentre le altre scienze natu- rali debbono il loro rapido e solido progresso all'applicazione del metodo sperimentale, la medicina clic pure é una scienza di osser- vazione non è stata, trattata mai ex professo, e di un modo genera- le e completo col metodo che pure solo sembra dovesse convenirle. " e come che questo metodo non pochi seguitassero nelle loro "particolari ricerche, non però con tale universalità lo applicaro- " no alla patologia che una dottrina generale dei morbi, con ques- " to metodo trattata reggesse pure una qualche volta le scuole di "medicina [1]." Eppure questa riflessione è capace a riempirci di allegrezza e di speranza perche se i vuoti e le imperfezioni che purtroppo avvertiamo nella parte empirica e nella parte raziona- le della medicina siamo convinti che derivano dalla mancata ap- plicazione del metodo sperimentale, ci rimane la fiducia e quasi la certezza che trattata la medicina con quello stesso metodo filosofi- co che fu applicato con tanto vantaggio alle altre scienze naturali, perverrà come queste a quel grado di perfezionamento sicurezza e dignità a cui esse pervennero. Intanto gioverà investigare le cau- se di questo fenomeno, e perché a malgrado di essersi i medici co- si di buon'ora occupati del metodo e averne dato i precetti e i mo- delli, a malgrado che la medicina sia una scienza di osservazione, e sia la natura coerente e costante nelle suo leggi vitali come lo è nella sue leggi fisiche; a malgrado gli insegnamento di Bacone e di Galileo, e nella stessa Patologia quelli di Sidenam, di Baglivi, di Zimmerman, di-Cabanis, di Cullen, pure il metodo .sperimenta- le non venisse generalmente applicato alle cose della medicina, e questa nobile arte, come avverte il Bufalini, sempre fosse la ulti- ma a ricevere la spinta dell' ingegno umano. Mi sembra dunque che le cause di questo fenomeno singolare nella storia del sapere umano si possano ridurre a tre: 1° lì non essersi determinato dai medici chiaramente, l'oggetto della teo- ria, ei veri bisogni dell' arte. 2° Né le leggi e la teoria dell'in- telletto umano. 3° Eia indole e le difficoltà inmense del soggetto. Infatti l'antica contesa fra i dogmatici e gli empirici prova che gli uni reputavano neccessari ai bisogni dell'arte i principj generali ed astratti; gli asiomi generali e apoditici desunti dal- la Fisolofia, le idee generali sul meccanismo della vita co- ti) Rufalini Fonciament. di Pat. anal. cap. 2. DEL METODO. 57 munquo desunte da scienze distinte ed estraneo alla vita stessa; e che gli altri reputavano neccessario non meno che sufficiente l'at- tenersi ai soli risultati dell' osservazione e dell' esperienza; senza elevarsi pure con essi ai principj generali di Fisiologia e di Pato- logia. E sebbene proclamasse Baglivi che l'arte medica ha biso- gno di due classi di cognizioni, di due distinte operazioni della niente l'osservazione e il ragionamento ratio et còservatio; pure é rimasto indeciso il senso e screditato il vocabolo di teoria non solo presso i medici volgari ma presso uomini eminenti forse stan- chi dell'abuso e degli errori del ragionamento, ed avidi di posse- dere dei fatti positivi e applicabili anzi che delle idee chimeriche, e pericolose. Ed anche i patologi che proclamarono l'insuffi- cienza della osservazione empirica, la neccessità e l'importanza della teoria, non definirono chiaramente quale fosse il suo scopo, quali le sue parti, quali i fondamenti,quali i suoi limiti, quali i suoi rapporti coli' esperienza, e in qual modo servisse ai bisogni del medico pratico. Ora se il fissare chiaramente lo scopo influisce co- tanto sulla scelta dei mezzi valevoli a conseguirlo, credo di aver dato un passo importante e neccessario per la restaurazione della scienza medica nel suo metodo e nei suoi principj, nell'avere pre- viamente (1) stabilito che la medicina considerata come scienza ò il deposito di tutte le nostre conoscenze relative alla vita, con- siderata come arte consiste nel P uso di esse conoscenze; che come scienza si compone di fatti e di principj, gli uni dovuti all'osserva- zione dei fenomeni, la storia dei fatti particolari, gli altri alla coor- dinazione ed all' interpretazione dei fatti stessi; che la sola osser- vazione il solo empirismo non bastano né ai bisogni della scienza organica né a quelli dell'arte medica, che nemmeno basta per en- trambi l'eccletismo dei fatti e delle opinioni, e che senza la parte razionale la medicina non è scienza ed è un'arte vacillante e in- completa; che essendo l'oggetto della teoria la coordinazione dei fatti e la scoperta delle cause, sono sue parti veramente naturali la Nosologia diagnostica che classifica i fatti clinici, la Patogenia induttiva che gli interpreta ossia che indaga l'origine, la formazio- ne, la natura dei morbi e dei processi morbosi; la Fisiologia razio- nalrcìiQ coordina i fatti fisiologici, che discopre le leggi e i fattori della vita normale e conduce a conoscere quelle della vita morbo- sa, o aiuta la Patogenia; che come è possibile l'osservazione cosi é possibile la teoria considerata come coordinazione dei fatti e sco- perta delle cause, se è possibile allontanare tutti gli ostacoli che l'hanno resa difficile ed imperfetta; e che se nell'attuale stato del. (1) V. Int. alla Nuova Zoonomiu 8 58 LA SCIENZA la scienza siamo più tosto ricchi di fatti e poveri di principj, è un bisogno vero dell'epoca nostra studiare ed applicare il vero me- tedo per utilizzare i fatti, per sollevarci ai veri principj di Noso- logia, Patogenia, e Fisiologia, che diano alla Medicina il carattere di scienza; e porre gli studi patologici che possediamo in armonia coll'esperiehza universale, in armonia coi principj e col metodo della scuola Ippocratica. §26.—2° 11 non essersi determinato chiaramente i bisogni della mente cioè le leggi e la teoria del processo intellettuale, ciò che ho tentato in parte nella Fisiologia razionale. Molto opportunamente avverte il Bouillaud che dire vaga- mente che le scienze in generale sono il prodotto dell7 intelligenza illuminata, dai sensi, è un luogo comune, un'asioma che tutti sanno, però esporre di un modo preciso come procede l'intelletto umano nelV acquisto delle varie conoscenze che abbraccia, é un problema molto più complicato e difficile a risolversi di quello che sembra a prima vista, e per conseguirlo sarebbe d'uopo far un'analisi previamente di queste conoscenze cosi diverse, e degli agenti intullcttuali la cui cooperazione domandano. Perché infatti le parole intendimento, intelligenza sono troppo complesse, e comprendono rrvólte facoltà elementari e fondamen- tali affatto distinte fra loro da loro rapporti, benché somiglianti per certi caratteri generali come la percezione, la memoria, il giudizio. [1] Dopo le vedute certamente grandi della scuola empirica, do- po i precetti di Bacone e di Galileo, tutti siamo d'accordo che 1' osservazione e l'esperienza sono le sorgenti delle nostre cono- sccenzenelìo studio della natura,e tutti conveniamo che non fingen- dum aut exeogitandum quid naturafaciat sed invenitndum (Bacone) ; e che per iscoprire le leggi della natura e le cause dei fenomeni, è d'uopo prendere per guida e per base l'osservazione e la storia dei fenomeni, stessi. Conveniamo che la mente non si contenta d'os- servare i fenonjeni, ma gli confronta e ne studia i rapporti, gli dispone in un dato ordine e ne indaga i principj e le leggi. '"E "siccome i fatti della medicina non vanno soli e per se stessi coor- "dinandosi in un dato ordine, e costruendo un'edilìzio medico re- golare, come si viddero in altro tempo elevarsi case e città al ma- gico suono della lira d'Anfione" (2) cosi è evidente che appartie- ne all'opera del ragionamento la coordinazione dei fatti, la elabo- razione dei principj, la formazione insomma delle sparse cogni- zioni empiriche in un corpo compatto ed unito di scienza. In altri (1) Rouillaud filosofia medica Parte 2a cap. I. (2) Bouillaud ivi. DEL METODO 59 termini tutti siamo convinti che l'osservazione e il ragionamento sono i due cardini della scienza, le due sorgenti di tutte le nostre idee o empiriche o razionali, dei fatti speciali e dei principj gene- rali, di tutte insomma le nostre conoscenze. Pure non tutti i filo- sofi sono egualmente d'accordo, come lo prova la diversità dei sistemi, sul modo con che si formano le nostre idee, sulle leggi atti e condizioni del processo intellettuale. E questa divergenza in quest'astrusa materia, tanto grave che a buon diritto fu chiamata scienza delle scienze nasce forse dall'imperfezione con cui si è formata finora la storia e la teoria dei fatti interni o dell' umano pensiero. E'vero quindi pur troppo ci.e per conoscere il me- todo che deve seguire la mente sia per formare i fatti o acquistare le conoscenze empiriche, o per formare i principj, cioè trovare le re- lazioni dei fatti od acquistare le conoscenze razionali é neccessario per servirmi delle espressioni dell ìmmortal Bacone rifar la scien- za dell'intelletto umano vale a dire conoscere la storia e la teoria del processo intclletualc. La logica o l'arte di ragionale o il me- todo filosofico di conoscere il vero nelle cose naturali sta alla Fi- siologia dell'umano intelletto come l'Igiene sta alla Fisiologia del corpo vivente. Forse la Fisiologia-dell'essere morale come quella del corpo fisico presenta dei preziosi materiali tanto per la storia come per la teoria senza possedere una coordinazione filosofica, una vera sintesi che ne formi un completo sistema. Forse ancora da questa mancanza nasce la imperfezione e il non complemento del metodo filosofico, e la difficoltà d'applicarlo, e perciò la rara e incompleta sua applicazione alle cose mediche; per essere tutta- via empiriche le sue regole. Egli è per questo che per separarmi dall'arido sentiero dell'em- pirismo, per dare una base filosofica alle leggi del metodo, osai tentare la storia e la teoria dell'umano intelletto, perché da ques- ta fisiologia del pensiero ne derivassero come conseguenze e corollari indispensabili i precetti del metodo filosofico. Il per- ché nel tracciare le regole che sono neccessarie alla mente tanto per formare i fatti che i principj, tanto per ottenere nozioni esat- te e feconde, come evitare le false e pericolose, non farò che svi- luppare ed applicare le poche vedute che la natura dell'opera mi permetteva d'abozzare e quasi indicare nell'Introduzione e nella Fisiologia razionale (§ 67. 68); e che mi riservo di sviluppare a mio modo nel Saggio I Principj. Forse non sarà invano che io avrò ridotta tutta la filosofia in questa sintesi—La scienza umana è studio di rapporti, perché i rapporti sono la condizio- ne d'ogni esistenza, e perciò il fatto e la legge la più generale della natura. 60 LA SCIENZA § 27— che oggi è affatto inutile un trattato di logica medica, per- ché tutti i trattati di logica insegnano l'arte di pensar bene, e non mancano opere che insegnano l'arte di osservare e di ragionare in medicina. 2° Che è sbagliato lo scopo dato dame al metodo filoso- fico, perché i fatti non si formano ma si osservano, e i principj non si formano ma si trovano. Devo dunque giustificare il titolo di questa sezione tanto più che sopra la scienza del metodo riposa per me interamente la Patologia, e sopra essa si fondano le mie speranze della sua riforma e perfezionamento. Per rispondere alla prima dirò che sebbene io non creda perfetta questa parte della Filosofia, neaiscita ancora dai termini dell'empirismo, pure non è ne potrebbe esser mio scopo trattarla espressamente sia perché esi- ge troppo volume, sia perché riguarda le scienze in generale. Io non credo che in un'opera di filosofia medica (com'è la zoonomia) convenga trattare della logica ingenerale, ma della logica appli- cata alle cose mediche, cioè addattata all'indole dei fatti e dei prin- cipj che formano l'oggetto della nostra scienza, e conducenti allo scopo dell'arte salutare che è quello di bene conosere le malattie per. saperle curare e prevenirle. E vero chetili dall'infanzia della me- dicina specialmente da Baglivi fino a noi i medici si sono occu- pati del metodo filosofico applicato alle cose mediche; ciò prova la fiducia che hanno avuto sulla sua influenza nella scoperta del ve ro, e nel progresso della scienza, ma non è una ragione per crede- re perfetto quanto e stato insegnato fin qui, e non meritevole, di nuovo studio e non suscettibile di perfezionamento. Che se mi é dato rinvenire tanto nella parte nosografica come nella parte teo- rica della medicina dei vuoti e degl'errori gravissimi; se posso at- tribuir gli uni e gli altri a violazione di quei principj del metodo che a me sembra opportuno stabilire, due conseguenze ne derivano che giustificano il mio proposito: l'una é che i veri principj del metodi non furono insegnati o noi furono tutti e bene, e l'altra è che non furono presentati in sufficiente Juce, tale da non essere perduti di vista, né formarono un corpo di dottrina filosofica tanto solido da resistere agli errori di scuole diverse, e di dare la vera e so- la direzione che richiede il genio delle cose mediche. E dunque dimostrata la opportunità di occuparmi ora espressamente della scienza del metodo. Per rispondere alla 2° dirò che il definire la scienza del metodo 9 66 LA SCIENZA l'arte di formare i fatti e i principi della medicina ha il vantaggio di determinare il vero scopo della scienza, e il modo con cui é possi- bile conseguirlo. Se due sono i cardini della scienza l'osservazione e il ragionamento, i fatti e i principj; il metodo fisolofico non può es- sere esatto e completo se non si propone di conseguire gli uni e gli altri. Se la scienza del metodo si definisse l'arte di osservare e di ragionare s'indicherebbe vagamente le due funzioni della men- te ma non il risultato completo e rispettivo di queste funzioni Questo risultato essendo appunto i fatti e i principj che sono le due parti inseparabili della scienza, il dire che la scienza del me- todo è l'arte di formare gli uni egli altri, equivale altresì all'in- dicare che il modo di ottenerli consiste nell'uso della sintesi, o ap- plicata ai fatti particolari o ai fatti generali. Ora se osservare be- ne equivale al trovare i rapporti veri e naturali fra i fenomeni con cui si forma l'unità di un fatto individuo, è esatto il dire che os- servare equivale al formare i fatti mediante la sintesi dei loro ele- menti. Se il ragionar bene sui fatti o formare i principj equivale al trovare le relazioni o di analogia o di causzione fra i fatti particolari, è esatto il dire che il ragionare sui fatti equivale al formare i principj mediante l'analogia e l'induzione che sono la sin- tesi razionale. § 29 Tre corollari derivano da questi principj di filosofia medi- ca, la divisione della patologia in nosografia nosologia e patogenia. Da questa semplice e nitida nozione dei fatti e dei principj in me- dicina derivano tre corollari importanti; il 1? dei quali é la divisione della Patologia in Nosografia Nosologia e Patogenia. Un fatto cli- nico qualunque siasi non è un fenomeno semplice ed isolato, ma un complesso di fenomeni insieme connessi perchè è manifestato da cer- ti sintomi, prodotto da certe cagioni, avente certo corso, certi esiti, e certe relazioni con dati rimedi. Osservare e descrivere questi fe- nomeni nelle mutue loro relazioni equivale al fissare i caratteri che costituiscono un fatto clinico e lo distinguono da tutti gli altri. V'é dunque una parte della scienza, la Nosografia, che si propone la descrizione e la storia delle singole malattie; e per ottenerla si oc- cupa dei rapporti con cui sono naturalmente connessi gli elementi del fatto clinico particolare: cause, sintomi, effetti del morbo, effet- ti dei rimedi. Se é vero che non possiamo conoscer bene un'oggetto se non studiandolo nelle sue connessioni o relazioni [1] egli è certo che la Nosografia non potrà darci dei quadri cavati dalla natura se non (1) Buf. fond. di pa. cap. 2 ? , Costa op. e, DEL METODO 67 presentandoci i fenomeni collocati al loro posto, o in quelle con- nessioni in cui ce le presenta la esperienza, con quelle particolarità e quei colori che hanno nelle singole malattie. Malfatti clinici cosi formati dalla sintesi empirica hanno fra loro dei rapporti di somiglianza e di analogìa che invitano a coordinarli in gruppi dis- tinti; e questa coordinazione é quasi neccessaria alla mente che ri- duce a poche le molte conoscenze dei fatti speciali,ed é tanto più ur- gente quanto é più vasto il deposito dei materiali empirici. V'é dunque un'altra parte della scienza che si occupa delle malattie con nuovo e distinto proposito: essa studia non gli elementi dei fatti in quelle relazioni che costituiscno dei fatti individui ma ifatti stes- si cosi formati (e perciò prende per base la Nosografia) col pro- posito di trovare i veri principj analogici per cui costituiscono gruppi di fatti veramente distinti. I fatti clinici si rassomigliano fra di loro tanto per caratteri insignificanti come per caratteri di suprema importanza, perciò la Nosologia ha un ufficio veramen- te grande se si propone di evitare le vane analogie e trovare i principj di vera ed utile classificazione, e fissare i veri principj analogici. V è dunque una differenza inmensa fra la Nosologia com'io la intendo e la Patologia generale. L'una prende per base dei fatti clinici esatti già belli e formati dalla Nosografia: l'altra prende per base alcun elemento del fatto clinico,o i sintomi, o le cau- se, o il corso, o l'esito, o la cura; e lo studia in generale e in astrat- to. L'una si propone trovare i veri principj diagnostici e terapeu- tici comuni a certe serie di fatti, l'altra forma dei vari elementi del fatto altretante vanissime scienze la Etiologia, la Semeióttica l'Ana- tomia patologica, la Terapeutica; l'una per trovare le vere analogie si serve della sintesi che compone, l'altra si sei ve dell'analisi e dell'astrazione che scompongono per tener dietro alle false e vane analogie. I fatti clinici formati dalla sintesi empirica non hanno solo rapporti e perciò principj analogici ma rapporti di causazione cioè principj etiogenici, studio di grande importanza sia perché in medicina come in fisica accade che poche sono le cause gene- rali di molti e svariati effetti sia perché la cognizione perfetta del- le cause influisce sulla cognizione dei mezzi e delle regole dell'arte; perché "quod in comtemplatione instar cause est id in operatione instar regule est" V'é dunque una parte della scienza la Patogenia che si occupa delle malattie con nuovo e distinto proposito, quello di conoscerne la genesi e la natura, cioè i rapporti etiogenici, per render facile feconda e razionale la terapeutica. E se la Patoge- nia può e deve essere induttiva, può e deve occuparsi dei rappor- ti etiologici, non suppone arbitrariamente cagioni e nature dei morbi come fecero le dottrine sistematiche, ma studia le malattie 68 LA SCIENZA clinicamente note in rapporto alle cagioni morbose, e questo stu- dia in relazione alle leggi della vita organica. § 30. Se i soli fatti e i soli principj non costituiscono una scienza completa, ma gli uni in armonia cogli altri, la patologia non ha il carattere (ti scienza completa, né rende razicniale l'arte, senza un perfetto accordo delle sue parti. Gli oggetti e i fenomeni della natura sono così concatenati fra loro, che la scienza che é lo studio di questi oggetti, e di questi fenomeni, e sopratutto dei loro rapporti, non è completa, se non consta di fatti e di principj, gli uni in armonia cogli altri; di fat- ti individui formati dall'osservazione o sintesi empirica dei loro elementi o fenomeni: di principj formati dal ragionamento che studia i rapporti analògici ed etiogenici dei fatti completi. Una scienza che solo possiede fatti sebbene essatti, non è completa se non ha principj, cioè se non coordina questi fatti, e non ne fissa le cause generali e le leggi, perché manca a due supremi bisogni della mente che sono, di ridurre a poche le sue conoscenze trovan- do i generali che esistono nella natura delle cose, e di scoprire le poche cause generali dei molti e svariati effetti: e in tale stato mal si presta ad essere la guida dell'arte perché "quod in con- templatione instar cause est, id in operatione instar regule est." Ma se i principj di uria scienza non sono l'emanazione dei fatti, se vengono stabiliti a priori, e col metodo dell'indovinamento, essi non sono più le relazioni dei fatti ne analogiche ne etiogeniche; a rigore parlando non sono principj, e distruggono la scienza in luogo di completarla e perfezionarla; perché i principj dedotti dai fatti sempre si trovano veri ravvicinandoli ai fatti da cui emersero. ed.allargano il campo della scienza applicandoli ad altri fatti realmente analoghi, mentre che i principj arbitrari non solo non si verificano Confrontandoli coi veri fatti, ma conducono spesso a supporre dei fatti non veri e ad imbastardire la stessa osservazio- ne: e in egual modo la scienza mal si presta a diriggerc l'arte se possiede principj che non sono in armonia coi fatti. Ciò essendo vero egli é evidente che la Patologia non merita il nome ne ha il carattere di scienza completa se fra le sue tre parti non v'e un perfetto accordo. Supponendo infatti che la nosografia sia perfetta e possieda quel numero di tipi clinici che può fornire la più diligente osservazione tanto al nosografo come al clinico, ciò non basta, perché ha bisogno di coordinar questi fatti e conoscere i caratteri diagnostici e terapeutici speciali a certe serie di essi; ne l'uno ne l'altro sortono dai limiti di una terapeutica empirica fino a che la patogenia non ha indagato e scoperto la natura dei DEL METODO 69 sìngoli morbi. Supponendo poiché lanosologia sia errata perché confuse malattìe che vogliono essere distinte, e distinte malattie che vogliono essere confuse, il pratico p mancherà di principj o ne avrà dei falsi nella diagnosi e nella cura, e sarà perfino alterata la nosografia. Supponendo che sia errata la patogenia, e attribui- to ai morbi una natura che non hanno, la terapeutica sarà ra- zionale, ma fondata sopra un falso sistema biologico, non sopra i risultati dell'esperienza. Cosi la nosografia e la pratica senza la rispettiva parte razionale converte la medicina in un mero em- pirismo, in cui i medici formice more congerunt et utuntur La nosologia e patogenia sistematiche [o la sola teoria congiunta alla nosologia, imperfetta perché ne riceve la sinistra influenza) con- vertono l'arte in un dogmatismo capriccioso in cui i medici ara- nearum more telas ex se conficiunt. La sola patologia che presenta fatti ben esservati e individui (nosografia) che gli classifica bene (nosologia diagnostica) che gl'interpreta bene (patogenia indutti- va) é una scienza completa che soddisfa pienamente ai bisogni della mente e dell' arte, é l'ape che succhia dai fatti la sostanza dei principj, che converte le nozioni della teoria nelle règole della pratica. § 31—(3.) E sintetico l'ordine con cui procede la mente nella sco- perta del vero, e per la formazione delle scienze natu- rali— Esame d' un idea fondamentale del Zimmermann. Il S° corollario é.che é sintetico l'ordine con cui procede la men- te nella scoperta del vero e nella formazione delle scienze natura; li. Se la scienza non è altro che studio dei rapporti,, se la forma- zione dei fatti non è altra cosa che la sintesi empirica dei fenome- ni o degli elementi dei fatti individui operata dalla mente con l'aiuto dei sensi ;ei fatti non sono idee semplici ma idee complesse, se la formazione dei principj non é altra cosa che la scoperta dei rapporti analogici ed etiogenici fra fatti e fatti , se questa fornnv zione e questa scoperta non ó l'opera dei sensi ma dell'intelletto e del ragionamento, è evidente che il primo passo del nostro spi- rito nel cammino scientifico consiste nell'osservazione e nella for- mazione dei fatti, che il secondo passo consiste nel confronto dei fatti osservati ó nell'osservazione dei rapporti analogici o nel fis- sare i principj di classificazione; che il terzo passo consiste nello studio dei rapporti etiogenici per fissare i principj d'interpretazio- ne. L'ordine pertanto che deve seguire la mente nelle scienze na- turali e sperimentali è di cominciare dai fatti per procedere alla coordinazione e alla interpretazione dei fatti stessi, per poi appli- care i stabiliti principj ai dettagli dell'arte cioè ai fatti singoli da 70 LA SCIENZA cui emersero. Senza questa base empirica esatta e previa i princi- pj razionali sarebbero inesatti, arbitrari stranieri ed imposti ai fat- ti. La parte più difficile ed oscura della scienza è la scoperta dei rapporti etiogenici, e appunto perché quest'impresa é più oscura e difficile, uopo è che ad operarla concorra un maggior numero di mezzi e di aiuti; sembra adunque naturale che formati i fatti la mente passi all'opera di coordinarli, per trovare più facilmen- te i rapporti etiogenici, giacché ha per base e per guida non fatti divergenti ma fatti realmente analoghi. Applicando queste idee alla Patologia sembra dunque potersi stabilire che il primo passo di questa scienza esser debba la Nosografia [o l'osservazione clini- ca diretta dai principj di Nosografia razionale] che studia i rap- porti dei fenomeni o degli elementi dei singoli fatti; che il secon- do passo esser debba la Nosologia che studia i rapporti di analogia reale fra i fatti clinici; che il terzo passo esser debba la patogenia che studia in grande [cioè nei fatti generali e comuni] i rapporti di causazione fra le potenze nocive e le malattie prodotte per cono- scerne la natura facendo concorrere a uno scopo tanto difficile i fatti della vita morbosa e le leggi della vita normale. Non posso a questo luogo astenermi dall'esaminare un'idea fondamentale del celebre Zimmermann. "Noi arriviamo, dice egli, "alle nostre cognizioni per via dei sensi e dell'intelletto. Fra l'in- "mensa faraggine di obbietti che si presentano sulla grande scena "del mondo, tanti ne abbracciano i sensi quanti più possono ab- bracciarne, e poi ne tramandano la impressione alla memoria. "Ora io dico materia bruta a questa raccolta d'idee sensibili e "semplici. L'intelletto paragona, dispone, ed accoppia queste sem- plici idee, riconosce i loro rapporti, e ne forma delle ideeeompos- "te; da queste deduce principj e conseguenze; le quali o proven- gono naturalmente da altri principj semplici e certi, o veramente "si deducono da molti principj fra loro confusi parte certi e parte in- certi con l'aiuto delle riunite facoltà dell'intelletto"(op. cit.) Con- vengo perfettamente che tutte le nostre conoscenze le aquistiamo per mezzo dei sensi e dell'intelletto, però mi pare inesatto il dire che i sensi abbracciano quanti obbietti più possono di quelli che loro si presentano, e ne trasmettono direttamente l'impressione alla memoria senza l'intervento e l'iniziativa dell'intelletto. E ne- go altresì che esista nella nostra mente una raccolta d'idee sensibili e semplici. I nostri sensi ricevono le impressioni degli esterni oggetti, e le trasmettono al comune sensorio,ma senza l'at- tenzione o la previa iniziativa dell'intelletto nemmeno saressimo capaci di avvertire le impressioni le più semplici ed elementari. >E tanto ciò è vero che osservatori diversi vedono più o meno, e DEL METODO. 71 anche diversamente nei medesimi oggetti, e che un pittore intelli- gente vede molte maraviglie in un quadro di Rafaello che un uomo volgare non vede. Però queste impressioni dei sensi non sono an- cora idee senza un'altra operazione attiva ed elaboratrice dell'in- telletto che diciamo percezione. E'semplice l'idea del color giallo o del numero uno, pero non è possibile che entrasse nella nostra mente se non associata o ad alcun corpo che la possedeva o ad al- cuna individualità. E parlando di scienze naturali é permesso di dire che le nostre idee sono sensibili perché si referiscono ad og- getti sensibili, però non mi sembra esatto chiamarle semplici, perché se tutte le idee risultano da un insieme di impressioni, e se qualunque idea per semplice che apparisca si connette sempre ad altre, risulta che le idee sono sempre più o meno composte, e che l'intelletto interviene attivamente in questa composizione delle idee. E per non sortire dall'esempio citato, la febbre terzana é certamente un'idea composta dei vari elementi clinici, cause, sin- tomi effetti del morbo, effetti dei rimedi: però cos'è che si stampa nella nostra memoria, ciò che v'imprimono i sensi o ciò che v(im- prime l'intelletto? Secondo Zimmermann tutte le idee semplici che sono gli elementi clinici della terzana, si stampano direttamente nella memoria senza ordine, senza concatenazione; secondo me la mente non stampa nella memoria l'idea composta della terzana pri- ma di aver colto i vari elementi e le idee semplici di cui si compone- Dunque la formazione delle idee composte non ésolo l'opera del- la mente che ragiona, ma della mente che osserva: i sensi non fe- cero che presentarle i materiali; l'intelletto è che se ne serve per formarne dei fatti completi od idee composte. E nemmeno é esatto dire che l'intelletto paragona dispone accopia queste semplici idee ma solamente che riconosce i loro rapporti. Infatti nel coordina- re le cause, i sintomi, i gli esiti, i rimedi della terzana, non dispon- go le idee semplici che l'osservazione me ne dettò, ma riconosco i rappporti che hanno fra loro questi elementi clinici; se facessi altrimenti, se le idee semplici che appartengono ad una febbre continua o periodica oad una flemassia le disponessi o le accop- piassi a capriccio, o se accopiassi gli elementi clinici della terza- na in un'ordine diverso dal naturale, formerei un mostro una chi- mera che non ha esistenza reale. Adunque l'atto del paragonare non corrisponde alla formazione dei singoli fatti o delle idee com- poste; ma bensì alla formazione dei principj che è altra cosa: op- pure se il paragone ha luogo egli é fra gli elementi dei fatti, e col fine di farne la sintesi empirica. Confesso che non posso comprendere quanto afferma Zimmer- mann intorno ai principj in medicina. Ammesso che ciò che egli 72 LA SCIENZA intende per idoe composte sono i fatti clinici costituiti dai fe- nomeni elementari ossia le idee semplici, comprendo che l'intellet- to da queste [le composte] deduce principj e conseguenze. Per- ché se i principj sono le relazioni dei fatti stessi, ó naturale che dallo studio e confronto dei fatti gli discopra per via d'indu- zione, però appunto porche i principj sono le relazioni dei fatti non comprendo come possa avvenire che i principj dedotti dai fatti possono provenire' da altri principj, perché ciò equiva- rebbe al dire che i principj possono derivarsi dai principj, ossia lo relazioni dei fatti desumersi dalle relazioni dei fatti, idea manifestamente assurda. Che se l'autore volle significare che alcuni principj si desumono dai, fatti, ed altri dai cosi detti assiomi o piincipj a priori delle scuole, allora suppone natu- rale nell'ordine logico delle nostre idee ciò appunto che devo evitarsi, vale a dire elementi ideali diversi da quelli che esige la esperienza e lo studio induttivo dei fatti. Nemmeno comprendo che di questi principj alcuni siano certi ed altri incerti, a meno che l'autore non intenda parlare dei principj ipotetici meschiati ai prin-. cipj sperimentali, perchè se si tratterà dei principj veri vale a di- re delle naturali relazioni dei fatti, questi principj saranno eter- namente certi perché sempre saranno verificabili dall'osservazio- ne e dall'esperienza. Che se Zimmermann intese che la medicina come la morale, la politica, e l'arte militare ha principj incerti perché non sono inflessibili ed invariabili come le matematiche eia fisica, ma v'é una folla di circostanze che ne modificano l'applica- zione; mi sembra che esprimesse questo vero con una frase non giusta, perché in questo caso piutosto può dirsi che i principj del- la medicina sono relativi e condizionali non assoluti e inflessibili senza lasciar d'esser certi perché verificandosi le medesime circos- tanze sempre dalle identiche cause ne prevengono e vi corrispon- dono identici effetti. Finalmente non saprei convenire che la for- mazione dei priucipj si ottenga coll'aiuto delle riunite facoltà dell'intelletto; perché appartiene all'intelletto la sensazione la per- cezione o formazione delle idee, e l'impressione loro nella memoria, atti neccessari a costituire i fatti particolari, e appartiene al con- fronto dei fatti formati, al giudizio dei loro rapporti, alla concate- nazione dei giudizj, in una parola al ragionamento solo la for- mazione dei principj. § 32—Della formazione dèi fai ti clini ci pel nosografo e pel pratico. Idea generale del fatto clinico—coìidiziene morbósa rico- noscibile pei dati diagnostici. La malattia o ciò ch'io dico fatto clinico considerato in gene- DEL METODO 73 rale é un'insieme di fenomeni morbosi [sintomi] nato da eerte cir- costanze contrarie alle leggi e all'ordine della vita normale [cau- se nocive) insieme di fenomeni che si collega a certe occulte o manifeste alterazioni dei solidi o dei fluidi (cause prossime) che ha certo corso e terminazione o favorevole o funesta, e sulla quale influiscono certi mezzi dell'arte o circostanze clic chiamiamo ri- medi. Ecco dunque che l'idea generale della malattia è assai com- plessa perché comprende quella delle cause remote che l'eccitaro- no, quella dei sintomi che la manifestano, quella delle cause pros- sime che la costituiscono, quella degli esiti che ne dettano il pro- gnostico, quella dei rimedi che ne dettano il piano di cura. Questi elementi sono inmancabili e parti indivisibili di qualunque fatto clinico perché non v'é un solo esempio di malattia che non consti di cause, sintomi, esito e relazioni terapeutiche. Anzi i speciali rappor- ti coi quali sono collegati questi elementi ci danno il criterio cer- to per conoscere una malattia data, e distinguerla da ogni altra del quadro nosologico. Considerando ora gli oggetti che com- pongono il fatto clinico, troviamo che nella malattia v'é una par- te visibile e sperimentale, quali sono i sintomi, le cause, gli esiti, e l'influenza dei rimedi che possono anche chiamarsi dati, elemen- ti, e criteri diagnostici perché ci servono di guida per conoscere la natura e la sede dei morbi; e v'é una parte invisibile ed induttiva, che sono' le condizioni morbose interne, chiamate altrimenti o cau- se prossime o condizioni patologiche a cui si connettono i dati diagnostici se questi sono che ci guidano a riconoscerle. Ecco dunque nel fatto clinico fenomeni esterni e visibili, e cagioni in- terne invisibili; condizioni morbose, e dati diagnostici. Ben so che questi principi di fìsolofia medica e patologica me- ritano di essere sviluppati, discussi, dimostrati perche sono contro- versi, perché ivi é tutta la patologia e tutta la pratica e lo farò iu breve cioè nella 3''- sezione, però doveva io indicarli per dimos- trare le ragioni del metodo che deve seguire il nosografo per descrivere un fatto clinico, ed il metodo che deve seguire il mèdi- co pratico per trovarlo al letto dell'ammalato. Mi si permetta dun- que di ammetterli provisoriamente come certi, e fondamentali: per- ché ammessi io dico che l'ufficio del nosografo che forma una sto- ria esatta e generale d'una malattia (p. e. il vaiuolo, la polmonia, la pustula maligna) consiste nel trovare le relazioni dei dati diag- nostici e delle condizioni morbose nelle singole malattie in modo da distinguerle da ogni altra del quadro nosologico: e cosi il me- dico pratico che forma un'essatta diagnosi al letto dell'ammalato, trova le relazioni dei dati diagnostici colle condizioni morbose: o trova i tipi osservati già e descritti. Tanto il nosografo come il 10 74 LA SCIEXZA pratico formano dunque un fatto clinico, però con diverso scopo e con diversi mezzi. Il nosografo si giova della propria e della esperienza universale per dare una storia generale di un fatto particolare, cioè astrazion fatta dalle specialità individuali, e con tali caratteri da potersi trovar sempre in tutti i casi, quindi studia e determina le cause remote, i sintomi patognomonici, l'anda- mento, l'esito, le alterazioni anatomiche, gli effetti dei rimedi; e presenta altretanti fatti completi che servir possono di tipo e di guida al medico pratico. 11 pratico é costretto a formare il fatto clinico con minori dati, perché egli ignora sovente le cause pre- gresse; nei fenomini morbosi deve vedere ciò che appartiene al malato, alle complicazioni possibili, e ad oscure influenze etiologi- che, e ciò che appartiene alla malattia. Il corso, l'esito, le altera- zioni anatomiche, il metodo curativo che formano tanta parte d'una monografia, lungi dall'illuminarlo sono l'incognita del pro- blema. Dunque la formazione del fatto clinico pel nosografo con- siste in una storia esatta generale d'una malattia, o nella forma- zione d'un tipo; la formazione del fatto clinico pel pratico consis- te nella diognosi o ricognizione o discernimento di un tipo des- critto in ogni caso particolare. § 33.—Se é innegabile il rapporto fra i dati diagnostici e le con- dizioni morbose, la sintesi é il metodo che forma il fatto clinico tanto pel pratico come pel nosografo. Nella 3P sezione dove tratterò del valore diagnostico delle cau- serei sintomi,degli effetti dei morbi,e degli effetti de rimedi, dimos- trerò che se questi dati clinici non hanno validità diagnostica presi in astratto e staccati dai mutui loro rapporti; ne hanno un' iumensa e sicura se presi vengano nelle particolarità e nelle rela- zioni in cui stanno con le condizioni morbose: cosi come le lettere: Dante esprimono un nome inmortale se collocate in quest'ordine, e non esprimono nulla o altra cosa, se collocate in ordine diffe- rente; dimostrerò dunque che la patosintesi ossia la presa la con- templazione empirica dei veri rapporti degli elementi d'un fatto clinico costituisce il sovrano criterio tanto della nosografia e del- la storia come della diagnosi clinica d'una malattia. Qui mi sia permesso di addurre come prova di questa fondamentale verità la realtà del metodo vero e migliore che sogliono adoperare i no- sografi per formare la storia, ei clinici per formare la diagnosi pratica di una malattia, E dico che questo metodo è la sintesi, ovvero la composizione di un fatto individuo, mediante l'unione de suoi veri elementi e la esatta osservazione e studio dei loro rapporti. Una malattia, una terzana p. e. il vaiolilo, è un'insieme DEL METODO, 75 di fenomeni e perciò di dati od elementi diagnostici; [date cause, dati sintomi, dati effetti del morbo, dati effetti dei rimedi. Se il nosografo invece di dare il vero quadro semeiotico del vaiuolo e della terzana ed indicare i segni earateristici e costanti dell'una e dell'altra, la descrive con termini vaghi e generali o tralascia quelle particolarità che danno l'impronta del morbo, egli è infe- dele e la sua monografia non pùo servir di guida perché non va d' accordo colla natura e colla esperienza. Se il nosografo in luo- go di assegnare le vere cause dell'una malattia e dell'altra, le tra- lascia e adduce cause non vere, la sua monografia è infedele. Se il nosografo attribuisce a ciascuna malattia effetti non veri, dovuti forse a malattie complicate, la sua monografia è infedele. Se il no- sografo attribuisce alle due malattie relazioni terapeutiche per cer- ti rimedi che non hanno realmente, la sua monografia é infedele. Le cause esterne delle malattie non solo formano una parte essen- ziale della loro storia ma sono di gran luce diagnostica quando questa storia è completa, quando si conoscono le circostanze nelle quali operarono, e i modi nei quali nuoquero, e in relazione alle malattie che produssero. 1 sintomi hanno un valore diagnostico iumenso non già considerati in quelle particolarità individuali det- te dai patologi accidentali, ma in quelle atte a svelare le cause prossime e che perciò sono costanti compagne delle medesime e de- gli altri dati diagnostici. Lo stesso si dica dell'anatomia patologica [colle eccezioni che avvertirò altrove] e del metodo curativo. Per- tanto afferrare i fenomeni o gli elementi del fatto clinico in quelle particolarità e in quelle relazioni in cui ce le presenta la natura e la osservazione, e in cui sono fra loro connessi ed atti cosi a manifes- tare e rappresentare una malattia distinta o la sua causa prossima, farne il daguerotipo esatto e fedele, ecco la natura e l'ufficio del- la sintesi empirica, come io la intendo, da cui si deriva una verità che dimostrerò altrove: che esatta e completa nosografia e dia- gnosi clinica sono sinomini. § 34.—Dell'analisi e della sintesi in Patologia; senza la sintesi dei fatti individui e semplici non è possibile l'analisi dei fat- ti composti. Definita la natura della sintesi empirica o del metodo sintetico, indicata già la sovrana importanza di questo metodo in Patologia giacché per me incumbe ad esso la formazione del fatto clinico tan- to pel nosografo che ne fa la storia come pel clinico che ne fa la diagnosi, mi resta di dare una dimostrazione di questa gravissima verità studiando l'ordine che segue il nosografo come il cli- nico per arrivare al suo intento , e provando che vi pervi- 76 LA SCIENZA ene con perfezione se segue questo metodo sintetico, ed erra e produce o suppone fatti erronei e incompleti se ne devia. Pero prima d'inoltrarmi in questo doppio esame fecondo certamente di utili vedute e di regole tanto pel clinico come pel nosografo, giova discutere ed esaminare a fondo quale sia e debba essere l'uso della analisi e della sintesi in patologia, perché i filosofi non son ben d'accordo finora su queste idee fondamentali del metodo, e giova dissipare i dubj; e se non potrei fissare ciò che la sintesi e l'ana- lisi deve essere in filosofia, giova determinare almeno ciò che pa- nie deve essere in medicina. Quest'esame é tanto più neccessario per me che l'Illustre Bufalini ha propugnato l'importanza del me- todo analitico come l'unico conducente alla scoperta del vero nelle cose mediche dov'io propongo la sovrana importanza del metodo sintetico. A me pare che i filosofi hanno errato nel determinare la natura e l'ufficio della sintesi e dell'analisi nelle scienze naturali perché hanno errato nel determinare l'oggetto di queste medesime scienze alle quali queste due operazioni dell'intelletto servir debbono co- me mezzi conducenti a uno scopo determinato. Infatti dice il Ga- luppi "una serie di raziocinj su di un'oggetto determinato costitui- sce una scienza od un trattato scientifico. Il modo diverso con "cui si procede dallo spirito in questa serie di raziocini si chiama "metodo [1] E il Bufalini accetta per la patologia questa doppia proposiziono quasi colle stesse parole (2) Pure non mi par diffi- cile dimostrare la fallacia di queste due asserzioni, perché qualun- que oggetto del sapere umano consta di fatti e di raziocinj sui fatti; e sarebbe certamente una scienza aerea quella che si limi- tasse ad essere una mera serie di raziocina. E presto se ne avvide lo stesso Bufalini perché aggiunse—I fatti sono senza dubbio il "primo fondamento dell'umano sapere-e poi—'In due ordini ri- "partisconsi i fatti contemplabili da chiunque intende alla disa- mina del creato, fatti cioè interni o intrinseci o del principio pen- sante, fatti esterni o appartenenti ai subbiati che sono fuori di "quello. Ora tanto il mondo morale conio il mondo materiale presenta al filosofo fatti da conoscere ed investigare, e Io spirito umano in quest'atto di mera osservazione non procede per certo con una se- rie di raziocinj: dunque é erronea la dihniziono dataci della natura del metodo. Ma v'é di più: tanto i fatti interni come gli esterni hanno vari modi di connessione, o di analogia, o di successione, o di causazione: la mente umana ha un grande interesse a studiar- ti] Galnppi Elementi di Filosofia Logica Pqra cnp. 7 (2) Instituzroni di Pat. Analit. Part. la. DEL METODO. 77 ne le relazioni perché in questa guisa gli conosce bene, e intende le ragioni del posto che occupano nell'ordine del creato. Come steri- le e dimezzato sarebbe lo studio dei singoli ordigni e ruote on- de si compone un'orologio senza lo studio dei rapporti che han- no essi con la machina totale, cosi sterile e dimezzato sarebbe lo studio dei singoli fatti senza studiarne i rapporti e i principj. Egli é perciò adunque che la mente non si contenta d'investigare e trovare i fatti, ma gli confronta, gli classifica, ne indaga le con- nessioni, le cagioni, la concatenazione. Dunque se la scienza ha una serie di raziocinj, questa non è lo scopo ma il mezzo onde scoprire i rapporti dei fatti o i principj di una data scienza. Dunque il me- todo non è il diverso modo con cui procede lo spirito in questa se- rie diraciozinj, ma il cammino che la mente deve seguire [in ar- monia coi suoi bisogni e colle sue leggi] per trovare i fatti e le rei lazioni dei fatti di una scienza qualunque, Fissati questi due su- premi bisogni della mente e della scienza: fatti e principj, bisogna- va definire cosa sono i fatti in patologia, e quale 6 il metodo per conseguirli. Mi duole avvertire che il nostro profondo Bufalini ha perduto di vista questa fondamentale ricerca, senza di cui non si sa che oggetto aver possa l'analisi e la sintesi in patologia. Dimostrato ora che il fatto clinico non è un'idea semplice ma complessa, perohé si compone di vari elementi o fenomeni inse- parabili, le cause, i sintomi, gli esiti, i rapporti terapeutici; è age- vole comprendere che la natura della sintesi empirica consiste nei trovare i rapporti veri di questi elementi pei quali viene a costi- tuirsi la unità e individualità d'un fatto clinico. Il celebre esem- pio con cui il Condillac vuol dare un'idea dell'analisi serve mira- bilmente a determinare l'oggetto e la natura della sintesi. E'vero"la 'vista instantanea d'una vasta campagna ce ne darebbe una idea "confusa: per ben comprenderla noi dobbiamo portare succesiva- gliente lo sguardo d'oggetto in oggetto prima sui più cospiqui, "quindi sugli intermedi. ...ma tale scomposizione facciamo solo "perché un'istante non ci basta a studiare i diversi oggetti: scom- "poniamo per indi ricomporre di,nuovo, ed allorché le nostre cognb "zioni sono acquistate non sono più successive ma hanno nel nos- "tro spirito lo stesso ordine simultaneo che di fuori—Analizza- le non é dunque, dice Condiìlac, altra cosa che osservare con or- "dine successivo lequalità d'un'oggetto affine di dar loro nello spi- "rito nostro l'ordine simultaneo nel quale esistono." Noi non avres- simo un'idea esatta dell'indicata campagna se non osservando i veri e mutui rapporti degli oggetti che comprende: questa osser- vazione è successiva perché la mente non pùo attendere a molte cose diverse se non a poco a poco e succesivamente, però non si 78 LA SCIENZA può dire con esattezza che scomponiamo un'oggetto quando atten- diamo alle sue parti, giacché non ne formeressimo una vera idea se non abbracciandone in una sintesi empirica tutti i suoi oggetti e tutti i suoi rapporti. Questo distinto attendere dello spirito alle di- verse parti di un tutto per vederne i rapporti; e formarsi poi un'idea completa di questo tutto, non mi sembra che meriti il nome d ana- lisi ma sintesi empirica; perché il risultato é di conoscerci rappor- ti primi od empirici di questo tutto. Forse il Condillac ebbe una falsa idea della sintesi confondendola sintesi empirica che non é possibile senza la previa e divisa osservazione dei rapporti era- pirici, colla sintesi razionale che é la definizione delle cose. Ed infatti l'illustre P. Costa confutando il Condillac sostenne essere la sintesi il metodo col quale acquista la mente le cognizioni, e l'analisi che la precede (che pùo chiamarsi attenzione successiva) non altro essere che un metodo di verificazione. Ed io dico che merita il nome di sintetico, e che anzi non vi é vera sintesi senzu questa previa attenzione (neccessariamente divisa e successiva) o studio dei rapporti empirici di un tutto unito e di un'idea com- posta. La vera analisi per me non é Io studio successivo dello parti di un tutto indiviso o delle idee semplici elementari d'un'idea composta, ma la investigazione e Separazione di cose distinte che sono fortuitamente non neccessariamente connesse e confuse. Cosi un chimico che indaga mediante i suoi reattivi i componenti di un corpo organico o minerale, e in quali proporzioni vi esis- tono, si dice con proprietà che ne forma l'analisi. Egli trova quindi che vi è ferro, carbonio, manganese, arsenico ecc: senza neccessità di formar la sintesi del totale composto. Egli scopre l'esistenza distinta di questi corpi a misura che può esser certo per l'insieme dei caratteri relativi a ciascuno, di questa esisten- za medesima. Quindi mediante i reattivi cerca e trova questi ca- ratteri e forma la sintesi del ferro, carbonio, manganese ecc. Sen- za questa sintesi previa dei corpi semplici rispettivi non potrebbe formare l'analisi di un composto qualunque. Dunque anche il chimico che scompone un corpo per analizzarne gli elementi forma altretante sintesi quanti sono gli elementi che trova; per- chè ogni corpo è un'insieme indiviso di certe proprietà e di certi caratteri. Ed è a dolere che questa intrinseca differenza fra l'a- nalisi dei fatti individui, elementi di un composto qualunque, e la sintesi degli elementi indivisibili di un fatto individuo, sia sfug- gita all'acuta mente del Costa e del Bufalini: forse essa ha un'uti- le applicazione, e importanza grandissima in Patologia, perché Ja formazione di un fatto clinico non ammette che il processo DEL METODO 79 sintetico, giacché si tratta di studiare nei loro veri rapporti i fenomeni o gli elementi inseparabili d'un fatto individuo, e cosi l'analisi non ha luogo che per le malattie complicate o composte [coesistenza non di fenomeni ma di fatti clinici individui e distinti] la quale analisi per essere possibile suppone appunto la previa sintesi empirica delle singole malattie; ed ha luogo altresì per determinare ciò che appartiene a una malattia in tutti i casi, e ciò che appartiene al malato. Un nosografo ha diritto di dire: questa è una terzana, perché ha formato la sintesi di date cause, di dati sintomi, dati effetti, e dati rapporti terapeutici; ha dirit- to di dire, essa e complicata con fisconia epatica con gastricis- mo ecc. perché alla patosintesi della intermittente si mescola quella delia fisconia epatica e del gastricismo. § 3o L'ordine che. deve tenere il pratico nel formare la diagnosi clinica di una maialila prova la natura e Vimportanza della sintesi empirica—che cosa è il metodo di elimina- zione. Dissi altrove/^ 9.) che'il medico ha due diagnosi o conoscenze diver- se di una malattia: una diagnosi clinica ove si tratta di accertare l'esistenza di una malattia data in modo di distinguerla da ogni altra del quadro nosologico, una diagnosi patogenica ove si tratta di determinare la natura, la sede, il genio, la genesi d'una malattia; l'una che appartiene al clinico che osserva e al nosografo che des- crive i fatti clinici: l'altra che appartiene al patologo che ne stu- dia ex-professo l'intima natura. Le molte ripetute diligenti osser- vazioni sono quelle che hanno prodotto i veri tipi della Nosogra- fia, i fatti clinici modelli. Questi tipi questi fatti clinici individui e completi sono quelli che servono poi di guida al medico pratico per riferire ad essi un caso qualunque della pratica medica cioè formare una diagnosi clinica. Cosi come il conoscere la storia di tutti i corpi semplici o composti, le loro proprietà e fenomeni e caratteri e relazioni, serve di fondamento al chimico che poi si propone di analizzare un amalgama d'ignote sostanze; la cono- scenza dei materiali nosografici serve di fondamento e di guida al medico pratico per distinguere in un caso nuovo la malattia vera di che si tratta. Come il chimico non oserebbe accertare l'esistenza del ferro fondandosi sopra un solo carattere, à meno che non fos- se specifico, ma cercherebbe il concorso di molti che costituisce la sintesi di questo corpo; cosi il medico non oserebbe fondarsi sopra un solo carattere, [a meno che non fosse specifico e patogno- monico] ma invocherebbe il concorso la patosintesi di tutti i dati diagnostici che danuo la certezza dell'unità del fatto clinico. Ques- 80 LA SCIENZA te riflessioni manifestano il distinto scopo del nosografo che for- ma la storia dei morbi od i tipi clinici, e del pratico che se ne sel- ve al letto dell' ammalato; e come la sintesi empirica che é la com- prensione dei rapporti veri di tutti i fenomeni o elementi di un- tutto individuo forma il vero metodo per l'uno e per l'altro. Formare una diagnosi clinica si riduce quasi a trovare la iden- tità fra una malattia che si tratta di riconoscere per curarla, e un quadro monografico che già appartiene alla scienza clinica. Vedia- mo con qual'ordine procede la mente del medico per trovare questa identità. La prima voce della natura che soffre, il primo grido di alarme, la prima guida per la diagnosi sono i sintomi fra i qua- li d'ordinario alcuno prevale. Si tratti p. e. d'uno stato febbrile acuto (della febbre gialla) riconociuta la febbre dal polso, dal calore accresciuto, dalla sete dalla cefalea ecc. costituisce essa un dato vago insufficiente appunto perche é un carattere ge- nerale e comune a malattie essenzialmente diverse: carattere che l'abuso dell' astrazione separò da tutti i morbi febbrili e ne fece la febbre. Perché questo dato abbia una luce diagnos- tica fa d'uopo che la mente retroceda, che operi in modo op- posto all' astrazione, che cerchi i rapporti della febbre colle circostanze da cui la separò per trovarne la significazione nei casi particolari. Comtemplando la sola febbre il clinico non sa- prebbe se si tratta piutosto d'una sinoca o d'una gastrica, o d'una febbre gialla, od'una tifoidea,d'una intermittenteo d'una flemmas- sia.Per sapere cosa significa discende da queste generalità, studia le particolarità e le relazioni de vari fenomeni febbrili per paragonar- li colle particolarità e relazioni (simultaneo o successive) che for- mano i vari tipi clinici, e trovatane la somiglianza con alcuno di essi è sicuro di una buona diagnosi. Comincia per eliminare tutte le flemmassie perché trova che non si tratta di nessuna flogosi lo- cale giacché ne mancano i sintomi. Escluso questo sospetto e dubi- tando se può appartenere alla classe delle intermitenti confronta lo stato attuale con un tipo di f. periodica, e trova che si tratta di Una febbre continua. La f. gialla in principio quasi si confonde con Una f. biliosa o tifoidea, pure il clinico prende luce dai sinto- mi precursori, prende luce da certi segni patognomici che riuniti gli danno una fisionomia propria, se ciò non basta prende luce dalla epidemia dominante e dalle cause pregresse; se ciò non bas- ta prende luce dal tempo, o dal corso della febbre, ossia dall' ordino con cui si succedono i fenomeni, dalla cessazion della feb- bre, dall' itterizia, dal vomito di materia negra, dalla sopresion della urina, dallo scorbuto, dal singhiozzo e dal sub-delirio, e dal- la mortai prostrazione. Ed ecco che il clinico a misura che ac- DLL METODO. SI cresco i dati e completa la sua osservazione e invoca gli indizi de- sunti dai sintomi, dall'andamento, dalle cause e dagli effetti, com- pleta e rende sicura la sua diagnosi. Cosi il clinico interoga uno ad uno tutti i sintomi, e trova col metodo di eliminazione che tanto per le sue particolarità conio per il posto che occupa rispet- to agli altri non può appartenere che alla f. gialla. Se non é appie- no soddisfattogli quest'insieme di dati scmeioiici invocala luce del- lo cause pregresse e collo stesso metodo di eliminazione associa al caso che osserva quelle che gli corrispondono. Cosi la sua con- vinzione aumenta a misura che aumenta il numero e la colloca- zione dei dati clinici; in quel modo che aumenta la convinzione del giudiee sulla colpabilità di un reo a misura che cresce il nu- mero degli indizi, i quali scusa valore quasi se isolati deboli e [lo- chi, hanno un valore irresistibile quando sono molti e che con- corrono a. dimostrate la medesima cosa. Ma il medico è chiamato a formare la diagnosi spesso a principio, e a prevenire i passi fa- tali del morbo: quindi deve con pochi dati, i sintomi soli sovente, poche volte i sintomi e le cause pregresse, perché il corso, gli esiti, le alterazioni anatomiche e il metodo curativo sono l'inco- gnita del problema che discopre; formare una retta diagnosi coi pochi dati suddetti. Come un pittore sagace dal vedere una parte d'un classico quadro già sa le parti che gii si nascondono; egli é un fatto che il medico pratico su questi due dati fonda la sua diagno- si che poi via via confermano gli altri dati, il corso, le succesio- ni, gli effètti dei rimedi; è un fatto che per prender luce dai sinto- mi ne studia le particolarità e l'ordine loro simultaneo o successi- vo, o le mutue loro relazioni; che per prender luce dalle cause no- cive le studia in relazione alle circostanze in cui operarono ed agli effetti prodotti; é un fatto che per eliminare quelle diagnosi che potrebbero confondersi colla vera e ingannarlo, ei confronta l'at- tuale patosintesi con i tipi clinici i più somiglianti. Dunque è certo che i sintomi e lo cause nocive hanno una relazione reale e costante colle malattie, che anzi tutti i dati clinici ne sono elemen- ti diagnostici, o che il formarne la vera sintesi equivale all' aver- ne la diagnosi clinica. Quest' è l'ordine che segue il medico pratico per formare una diagnosi, o formare un fatto clinico analogo e riferibile ad alcun tipo della nosografia, per profittare co-i di quei precetti prognos- tici e terapeutici che l'esperienza generale accumulò e circoscris- se intorno a ciascuno. In quest' ordine o metodo si osservano questi fatti intellettuali: 1" la facoltà' che ha la mente di astrar- re le idee semplici dami'" idea composta e isolare gli elementi di un fatto dal fatto stesso, serve evidentemente di ostacolo per 11 49 Già parlai dello spirito d'osservazione e dell'attenzione qualità interamente subiettive, e da cui pure dipende a cose pari [cioè data eguale perfezione dei sensi e degli strumenti] vedere molto o poco bene o male, tutto o parte.e cièche è nel fatto e nel- la natura e ciò che è nella mente dell'osservatore. E rispetto alla lentezza e pazienza ncll'osservare, è una condizione che suppone una successione degli atti intellettuali, come ha luogo in chi pen- sa in chi studia le relazioni degli oggetti e dei fenomeni, quindi con ragione può definirsi che osservare é pensare 5.° 6.° 7.° Già parlaii dell'importanza somma dell'erudizione. E rispetto all' osservazione segace delle minime circostanze dirò che queste ulti- me hanno un'importanza inmensa quando la mente ha saputo tro- vare le relazioni loro colle cause che si cercano; quindi piccoli tratti e fuggevoli, quasi inoservati sono indizi di morte per un' osservatore come Morgagni; quindi un'uomo di mondo da un gesto da un detto conosce il carattere di uno sconosciuto. Queste circostanze cosi fuggevoli lasciano di esser minimo se si trovano accompagnare costantemente certe condizioni morbose. Un'osser- vatore sagace notarà subito queste minime cose perché ne cono- sce snbito la importanza e le connessioni,mentre un'osservatore su- perficiale non le vede o non ne sente lo significazione, e se questi per far la scimia ad un grande osservatore nota le cose minime e le particolarità di un fatto lo fa senza scopo, senza sagacità,e no- ta sovente cose insignificanti. Quanto alla circospezione di metter- ci in guardia contro le illusioni e veder tutto nella vera sua luce, essa prova che l'osservazione é un'atto subbiettivo cioè iniziato e diretto dalla mente solamente aiutata dai sensi: 8.° La natura è costante e coerente a se stessa tanto nello sue leggi organiche come nelle sue leggi fìsiche, ovvero le stesse cause nelle stesse cir- costanze producono sempre i medesimi effetti. Su questo princi- pio che non é apoditico ma che emana dalla esperienza, è riposta tutta l'importanza dell'erudizione medica come guida ed appoggio dell'osservazione, e quella altresì del consiglio datooi da Zimmer- DEL METODO UT mann che un'osservazione perché sia autorevole deve essere ripe- tuta e perciò da nuove, e molte,e variate osservazioni confermata. Appunto perché i fatti della medicina sono delicati o complicati, appunto perché i caratteri e i rapporti dei fenomeni sono finissimi ed oscuri, appunto perché inchiudono vario specie di rapporti, appunto perché l'osservare é difficile, e dipende da molte condizio- ni,e può la mente prendere abbaglio ed essere illusa o per la infe- deltà, dei sensi, o per la fretta dell'osservare, o per la prevenzione di trovar dovunque un' ipotosi favorita o per quella di non trova- re nei fatti se non ciò solo che vi fu trovato da altri; e tutte le altre cause dei nostri errori sperimentali, perciò appunto é nec- cessario che le osservazioni siano ripetute, e variate, perché ab" biano l'autorità di cosa giudicata. La ripetizione delle osservazio- ni é condizione tanto essenziale che é sinonimo di esperienza; e si dice che un medico ha esperienza, se ha l'abitudine d'osservar be- ne, elio ha l'esperienza di una cosa,se l'ha ripetutamente osservata. E'dunque la ripetizione un' arma a due tagli che perfeziona l'os - servatore e l'osservazione. 9. ° Preziosa 6 l'avvertenza di Zim- mermann che vi sia fedeltà nell'osservazione quantunque eia condis- ca a mille dubj. Che importa che venga smentita un'antica teoria o rispettata perché antica e sostenuta da nomi illustri, o accetta- ta dall'umana indolenza? Che importa che cada un'opinione favo- rita dall'autorità e dall'abitudine? Che importa che sia posta in dubbio un'osservazione inesatta incompleta erronea e che pure ha preso un posto nella scienza? La voce della verità, la voce della natura si deve sentire e anteporre alla voce dell' opinione, e una perfetta osservazione è una corte d'appello rispetto ai giudi- zi in prima istanza d'una osservazione previa perché opìnionum comenta delet dies nature iudicia coìi firma110. ° D'accordo colle idee di Bacone o di Gregory propone Zimmermann "che le buone os- "servazioni non è neccessario che siano sempre rare, e che un me- ndico che fondi la cura delle più comuni malattie sopra buone os- servazioni fa per la società assai più d'un altro che tenga conto "di sole osservazioni rare"—Il consiglio non sarà certo sprezzato da coloro che credono inesaurito il campo dell'osservazione e del- la scienza, e che sanno che perfezionata la teoria medica, deve questa influire a perfezionare l'osservazione, è a vedere nei fatti clinici i più comuni, cose che la mente non ha visto finora perché diretta da idee differenti ed erronee. 11" 129 E'del pari un consi- glio sapiente che "le buone osservazioni non si debbono nemmeno 'tramischiare coi racioziuj, perchè noi dobbiamo tranquillamente "ascoltare quello che dice la natura, rimarcare con ordine tutto "ciò che ella diGe, por mente ai fatti che possono all'uopo servir© 118 LA SCIENZA '•di principj ai nostri raziocinj, ma dobbiamo guardarci dall'avan- "zare un giudizio prima d'aver bene ascoltata la natura"—Il che equivale al dire che non dobbiamo mescolare ai fatti le idee nostre che le siano per avventura straniere, che non dobbiamo formare induzioni prima di aver bene osservato le relazioni dei fenomeni, di cui esse induzioni sono la leggittima conseguenza. § 47.—L'oggetto e il risultato dell'osservazione in tutte le scienze mediche é la scoperta dei rapporti di causazione e di connessione dei fenomeni—corollarj. Dimostrato che l'osservazione non é che la sintesi empirica dei rapporti primi dei fenomeni, che lo spirito di osservazione non é che il senso intellettuale di questi rapporti; segnalati gli ostacoli e le condizioni alla buona osservazione che confermano il princi- pio che osservare é pensare;rimane a dimostrare che l'oggetto stes- so dell'osservazione dei fatti particolari, che i rapporti primi ed empirici dei fenomeni pei quali viene a formarsi l'unità dei fatti individui si risolvono in rapporti di causazione e di connessione. Questi dico rapporti primi ed empirici dei fenomeni per distinguer- li dai rapporti secondi e razionali dei fatti; perchè quelli costituis- cono l'unità dei fatti particolari, mentre i rapporti razionali dei fatti costituiscono i fatti generali cioè i principi analogici ed etio- genici dei fatti; i rapporti primi esiggono la osservazione e la sin- tesi empirica dei fatti singoli per riferire ad un tipo i veri feno- meni od elementi; i rapporti secondi o razionali esiggono il con- fronto e l'interpretazione dei fatti individui e completi per for- mare i principj che gli abbracciano e gli comprendono, cioè clas- sificargli in dati gruppi,e determinarne le cause generali e le leg- gi. A coloro che pensano (e sono molti medici e non medici) che teorizzare e ragionare in medicina é qualche cosa che si allonta- na mille miglia dai fatti, che osservare e descrivere in medicina é qualche cosa che si allontana mille miglia dal ragionamento, é qnalche cosa che viene ristretto e comandato esclusivamente dai sensi, devo provare ora che nella più umile e severa osservazione, e storia dei fatti particolari vi entra sempre più teoria e più ra- gionamento di quel che si crede perché v' entra la ricerca dei rap- porti di causazione, e di connessione, gli uni che attingono o gui- dano ai principj etiologici, gli altri che attingono e guidano ai principj analogici. Infatti la malattia é un' insieme di fenomeni dei quali alcuni sono collegati fra loro per un rapporto di causazione ó di causa e di effetto, altri lo sono per un rapporto di connessione ovvero di coesistenza. E' un fenomeno della febbre intermittente il venir DEL METODO. 119 prodotta dalla mal' aria o dall' umido-freddo, e questo rapporto fra la mal'aria e l'intermittente é un rapporto di causazione, per- ché senza questa causa ocasionale non v' e' detta febbre, e alla causa ocasionale succedette l'effetto morboso. E' un fenomeno del- la febbre intermittente il potersi togliere colla corteccia perua- na, e il rapporto fra questo divino rimedio e la cessasion della febbre e' un rapporto di causazione, perché senza il rimedio non v' e' la cessazione del morbo, e all' amministrazione del rimedio é succeduta la sanazione della febbre. Però l'insieme o simulta- neo o successivo dei sintomi febrili non può dirsi costituito dai rapporti di causazione, ma di connessione; perché nessuno dirà che il periodo del freddo sia causa del periodo del calore, e ques- to del sudore, e questo lo sia dello stato apiretico; o che il dolor di capo o la sete sieno causa del calòr febbrile, e della frequenza e forza del polso o questi causa di quelli. \fenomeni morbosi o i sintomi per altro non hanno solamente fra loro rapporti di connessione in virtù dei quali costituiscono le cosi dette forme morbose, ma hanno rapporti colle alterazioni interne che dicia- mo cause prossime; e questi rapporti sono insieme di causazione e di connessione: di causazione perché senza condizioni patologi- che non vf sarebbero forme morbose; ne queste possono togliersi o modificarsi senza togliersi o modificarsi le cause prossime; di connessione perché il rapporto é ilunediato non di successione. Ecco dunque che il nosografo e l'osservatore il più severamen- te empirico di un fatto particolare studiai rapporti etiologici dei fenomeni in tre guise. 1" Delle cause ocasionali rispetto alle ma- lattie prodotte. 29 Delle condizioni interne o patologiche rispet- to alle forme morbose. 39 Dell' esito delle malattie rispetto al metodo curativo o circostanze terapeutiche o nocive. Ecco dun- que che la patologia speciale o nosografica offre tre serie di os- servazioni e di fatti che versano su rapporti di causazione e di connessione: di causazione i fatti dell' etiologia e della terapeu- tica, di connessione e di causazione i fatti della semeiottica e dell' anatomia patologica. Vi sono due scienze mediche che si danno la mano, l'anatomia che studia la forma, ei rapporti dei componenti e degli ordigni dell' organismo; la fisiologia che ne studia gli atti e le funzioni, e gli studia in relazione delle potenze e delle cause che mettono in giuoco i nostri organi. L'anatomia che fa la descrizione e la sto- ria dei nostri organi si occupa soltanto dei rapporti di connessio- ne fra i componenti organici, molecole, tessuti, sistemi, organi, ap- parechj, d'onde risultano le varie unità anatomiche. La fisiologia che fa la descrizione e la storia degli atti vitali o delle nostre 120 LA SCIENZA funzioni si occcupa evidentemente dei rapporti di causazione fra i fenomeni fisiologici e lo circostanze o potenze che gli produco- no e gli favoriscono; d'onde ne risulta l'unità non meno dei sin- goli atti vitali come la loro manifestazione normale e mutua nor- male influenza. Come tutte le osservazioni e tutti gli esperimen- ti della patologia sono diretti a trovare certi rapporti di causa- fciohe fra le cause e i rimedi e i sintomi di date malattie, cosi tut- te le osservazioni e sperimenti della fisiologia sono diretti a tro- vare i rapporti di causazione fra i fenomeni fisiologici, e le forze o cause o circostanze che gli producono. Dall' esposto principio derivano alcuni corollarj e verità ini' portanti. I9 Se lo scopo e il risultato dell' osservazione medica "è la scoperta dei rapporti di causazione e di connessione dei fe- "nomeni, l'osservazione è un' atto essenzialmente intellettuale e "subbiettivo" perché non l'occhio ma la mente é quella che cerca e che trova questi rapporti, è quella che si pone in guardia con- tro le fallacie dei sensi e le prevenzioni teoriche, é quella che nel concorso di varie cagioni cerca e trova le vere, che nel con- corso di varie ed accidentali connessioni trova le reali cioè le ca- rateristiche e le costanti. 29 Se questo principio é vero, la des- crizione e la storia di un morbo è una diagnosi clinica" Arale a dire un giudizio del modo con cui sono collegati certi fenomeni a certe cagioni, tome sono connessi certi caratteri a certi fatti in- dividui; é dunque vero che la palo-sintesi é un criterio diagnos- tico di capitale importanza, perché rappresenta i rapporti veri di causazione e di connessione di certi dati diagnostici con certe cause prossime. 3° Se questo principio é vero la "osservazione "è la base della scienza e dell' arte" sia perché ci fa conoscerci fatti speciali base d'ogni teoria generale, sia perché ci svela le condizioni per cui i fenomeni esistono e si connettono, sia per- ché tsvelandoci i rapporti di causazione ci fa conoscere i biso- gni della natura e le regole per agire sulla medesima, perché ,,quod in contemplationee instar cause est,id in operatione instar re- "gule est. 49 Appunto perché questo principio é vero, l'osserva- "zione è difficile e piena d'ostacoli, ed esige il genio o spirito "d'osservazione ed una folla di precauzioni" perché quando mol- te Cause diverse possono aver parte a produrre un dato effètto, e quando tm fatto può avere caratteri costanti ed altri acciden- tali e insignificanti, egli è la sagacità del genio, egli è il ragio- namento sperimentale che può trovare quali sono le cause reali dei fenomeni, e ,i caratteri che hanno una connessione costante coi fatti. 5. ° Appunto perché questo principio é vero,la esperi- mentazione interroga la natura per conoscere le cause dei fenó- DEL METODO. 121 meni, e l'esperienza é sinonimo di osservazion ripetuta, perché la sola estesa, molteplice, ripetuta, variata osservazione può deter- minare i veri e costanti rapporti di causazione e di connessione dei fenomeni. § 48. Cosa deve intendersi per esperienza in medichia-L'espe- rienza è il -complemento dell' osservazione e perche-mu- tua influenza dell' osservazione e dell' esperienza. Le co3e dette ci aprono il cammino a definire cosa é esperienza in medicinale differisce dall' osservazione, se ne é invece una forma e il complemento, che cosa o considerata come esperimen- tazione. Egli é certamente strano che i medici filosofi non siano ancora d'accordo su ciò che deve intendersi per esperienza. In- fatti Zimmermann che la definisce sinonimo di sperimentazione dichiara poi "che l'esperienza in medicina è quoll' abilità acquis- "tata a forza di mature osservazioni, e di ben istituiti esperimen- "tì mediante la quale arrivasi a preservare gli uomini dalle ma- lattie, a conoscerle formate che siano, a mitigarle e guarirle" Cosi l'esperienza é per Zimmermann non già la sola sperimentazione, ma tutta la stessa medicina teorica e pratica. "L'esperienza e la es- "perimentazione, dice Gintrac, sono due cose distinte, la prima "é il prodotto di una lunga osservazione, di saggi molto ripetuti "e di induzioni formulate con molta maturità" Nel Dizionario classico di medicina si viglia rda l'esperienza sinonimo di es- perimento o esperimentazione — I filosofi da Bacone fino a noi ammettono una differenza nota- bile fra l'osservazione e l'esperienza. Infatti dice Zimmermann, "i matematici, i usici, i medici, i moralisti chiamano esperienza o "esperimento il risultamene dei tentativi che imprendono sopra "gli effetti o le cause del mondo fisico o morale. Un' esperimento "é differente da una semplice osservazione perché per osserva- cene s'intende l'acquisita cognizione di una cosa che si presenta "da se stessa, mentre all' opposto per fare uno sperimento biso- Cna prendere di mira una data cosa, e in conseguenza conviene "cercarla. Un medico che abbada al corso naturale duina malat- "tia fa dunque delle osservazioni, ed un medico che in una ma- lattia soministra un rimedio, e ne sta in atenzione degli effetti "fa uno sperimento. Il medico osservatore ascoltala natura, e ies- "perimentatore l'interroga— E l'autore anonimo dell'art, osservazione dice "1 osservazione no- ta i fenomeni che si palesano senza vermi sforzo e ne torma il quadro dagherotipo: l'esperienza ne penetra lo parti più recori- "dite ed intime e sdegna la fisionomia loro; l'osservazione studia 16 122 LA SCIENZA "le leggi, la relazione, e l'azione degli elementi, l'altra ne inves- "tiga la natura e la composizione; l'ima tranquilla e pacata ri- "frusta ed attende, l'altra attiva ed ardita scuote, intorbida, dis- "trugge l'oggetto di sue tendenze. L'osservazione di semplice "andamento, e priva di scopo positivo nota fedelmente quanto le "si presenta tanto i fatti semplissimi cornei complicati oltremo- "do, mentre l'esperienza orgogliosa e sistematica non si arresta "spesso che intorno ai fatti i più strani, né raccoglie che quelli "che si accordano con certa teoria preconcetta e determinata. "L'osservazione priva dell' esperienza lasciò gli antichi all' os- "curo delle vere cause, l'esperienza priva dell' osservazione invola "spesso ai moderni la. conoscenza dei fatti, il loro ordine, la loro "figliazione, .e solo dal loro felice accoppiamento risulta allescien- "ze naturali quel profitto massimo di cui sono pure suscettive. (1) L'importanza somma di questo argomento che é la base e la sorgente di tutto il nostro sapere, e tanta parte della scienza del metodo m'impone l'obligo di esaminare tanto la dottrina di Zim- mermann, come l'accennato confronto. 1. ° Se è vero che la sci- ènza medica consta di fatti e di principj, che esige l'osservazio- ne e il ragionamento, che esige le cognizioni nostre e quelle che ci fornisce l'erudizione, non sembra vero che colla sola abilità acquistata a forza di mature osservazioni e di ben' instituiti espe- rimenti, si ottengono i tre fini dell' arte salutare, Dunque l'es- perienza non deve avere un senso tanto esteso, e solamente é si- nonimo di esperimento od esperimentazione che é il complemen- to come vedremo dell' osservazione. 2.° Convengo anch'io coi "matematici, i fisici, i medici, i moralisti di chiamare esperienza "o esperimento il risultamento dei tentativi che imprendono so- "pragli effetti o le cause del mondo fisico o morale" però aggiungo che questo interrogar la natura delle cose non ha altro scopo che determinare i rapporti etiologici dei fenomeni, e per conseguen- za completare la osservazione, la descrizione, la storia dei fatti. Un chimico osserva una polvere bianca pesante, sospetta essere calomelano però non ne é sicuro, sa che l'ammoniaca lo conver- tirebbe in nero, fa l'esperimento e il sospetto diventa certezza. Dunque la osservazione incompleta suggerisce lo sperimento, questo completa l'osservazione, (anzi è un altra forma d'osserva- zione), perché scopre le qualità i caratteri che solamente lo spe- rimento poteva svelare. Dunque la osservazione é incompleta nel- le co.se naturali senza l'esperimento, e l'una insieme coli' altro for- mano la storia completa dei fatti perché determinano i rapporti di causazione e di connessione dei fenomeni. 3.° Ve' senza [l.v] Dizionario classico di medicina Tom. 32. p. 481. DEL METODO. 123 dubbio una differenza fra l'osservazione e l'esperimento e conven- go che nella prima l'uomo ascolta la natura e nell' altro l'interro- ga; convengo che il medico che bada al corso naturale di una malattia fa delle osservazioni, e che un medico che somministra un rimedio e staili attenzione de suoi effetti fa un' esperimento. Pe- rò dico che un' osservazione fortuita é veramente feconda quan- do conduce agli sperimenti, perché conduce a scoprire i rapporti etiologici dei fenomeni; che il medico che osserva soltanto il cor- so naturale di una malattia, ne presenta un' osservazione unila- tere ed incompleta e solamente arriva a completarla interrogando le cause ocàsionali, interrogando l'anatomia patologica, interro- gando gli effetti dei rimedi. Dunque l'esperienza o l'esperimen- to é il complemento dell' osservazione perchè discopre tutte le relazioni dei fenomeni, anzi le più importanti che sono quelle di causa e di effetto. Esaminata la dottrina di Zimmermann occupiamoci ora del confronto indicato nel Dizionario classico. 1.° E' dare un' idea inesatta della osservazione dire diesi occupa della mera superficie delle cose, e ne dà l'inmagine daguerotipa. Supponia- mo che si discopra un metallo nuovo come si è scoperto il plati- no, il nikel: sarà certamente l'osservazione di alcuni caratteri pro- pri dei metalli, che farà dire: questa sostanza è un metallo, e pure é diverso dai conosciuti. Perché la scienza abbia un' idea comple- ta di questo nuovo corpo, e ne formi la storia naturale non basta che ne dia la inmagine daguereotipa, che noti i fenomeni che pri- mi feriscono i sensi, colore, consistenza, odore, sapore, peso ecc. essa lo studia in tutte le sue relazioni, coi gas, c<•gli acidi, cogli alcali, col fuoco, ecc. e mediante le osservazioni che fa coi mol- ti esperimenti, ne trova tanti caratteri da distinguerlo da tutti i corpi e metalli dell' universo. L'osservazione di questo corpo sa- rebbe dunque incompleta senza l'esperimento, perchè sarebbe in- completa la storia di esso corpo, e perciò la sintesi de suoi carat- teri e de suoi fenomeni. 2.° E' falso che l'esperienza penetra le parti più recondite dei fatti e ne sdegna la fisionomia; fu la fisio- nomia di alcuni caratteri propri dei metalli che dettò gli speri- menti propri a far distinguere il nickel dall' argento, il platino dall'oro; fu la fisionomia che condusse a sperimentare tutte le specie delle ehinechine, e a sperimentar la corteccia in malattie che sono periodiche senza esser febbrili, e senza la guida della fi- sionomia l'esperienza non avrebbe occasione, ne guida, ne scopo di penetrare nelle parti recondite dei fatti. 3. ° Non comprendo come se la osservazione si occupa della superficie daghereotipa delle cose, studia pure le leggi, la relazione e l'azione degli eie- 124 LA SCIENZA menti; ciò non fanno nemmeno l'osservazione e l'esperienza riunite insieme, perché lo studio in grande delle leggi, delle relazioni, delle azioni degli elementi appartiene alla teoria, vale a direnila mente ohe astrae, che confronta, che induce, che deduce, che ragiona. 4. ° Comprendo che l'osservazione ascoltala natura e l'esperien- za la interroga ma non comprendo come attiva ed ardita la espe- rienza scuote, intorbida, distrugge l'oggetto di sue tendenze; perché se lo sperimentatore intorbida distrugge l'oggetto di sue ri- cerche, fa dei tentativi cicchi, perde il filo delle sue ricerche, e non ottiene dalla natura le risposte che desidera. 59 Chi può dire che l'osservazione é priva di scopo positivo, quando nota fedel- mente quanto lesi presenta, tanto ì fatti semplissimi come i com- plicati? Essa nota appunto con fedeltà quanto se lo presenta per- ché ha uno scopo positivo che è quello di vedere tutte le parti di un'oggetto nelle vere genuine e naturali loro relazioni. Sen- za questo scopo non sarebbe osservazione ma una stupida e ste- rile intuizione. 69 Guai alle scienze se fosse vero che l'esperien- za orgogliosa e sistematica non si arresta spesso che ai fatti i più strani, né raccoglie quelli che si accordano con certa teoria pre- concepita! L'esperienza perché abbia la sua ragione di essere, deve essere preceduta dall' osservazione, dettata dall' osserva- zione, il complemento dell' osservazione; essa ó utile non perché s'occupa dei fatti strani, ma anzi dei fatti comuni, perché su ques- ti si fonda la scienza e l'arte, essa non raccoglie i fatti ma gli cimenta; e non é che spesso si arresta a quelli che si accordano con certa teoria preconcetta, ma é sempre suggerita dal proposi- to di trovare un rapporto etiologico. 7" Dire che gli antichi ric- chi nell' osservazione furono privi di esperienza equivale al dire che non ci tramandarono un solo fatto completo in fisica, in mo- rale, in medicina, in istoria naturale. 8° Supporre che presso i moderni esistano i frutti dell' esperienza senza previa osserva- zione di quei fatti stessi a cui si riferiscono, é supporre l'impossibi- le.—Pertanto l'esperienza nel senso di esperimento é il risultato dei tentativi dell' uomo per conoscere le relazioni delle cause e degli effetti, é dunque preceduta, inspirata, diretta dall' osserva- zione e forma il complemento dei fatti osservati perché ne svela le cause e la natura. Ciò che ho esposto non solo chiarisce l'oggetto distinto, ma altresì la mutua influenza dell' osservazione e dell' esperienza e spiega ciò che avverte il Gintrac, che in \9 luogo si deve conos- cere la marcia dei fenomeni tali come si presentano naturalmen- te, e di qui la neccessità che la sperimentazione sia preceduta dall' osservazione. E tutti gli sperimenti vengono suggeriti alla DEL METODO. 125 mente da una previa osservazione la quale mette in sospetto so- pra l'esistenza di una data causa o d'un dato rapporto ecologi- co. Si sospetta per la previa osservazione di certi fenomeni che Paria sia pesante; si fanno esperimenti, si ripetono, e questa qua- lità ipotetica che si chiama gravità viene riconosciuta come cau- sa dei relativi fenomeni, e dimostrata come un fatto sperimenta- le. Si narra che in questo modo venisse scoperta l'efficacia feb- brifuga della corteccia peruana nel distretto di Loja: alcuni febbricitanti sitibondi non avendo altra acqua alla mano che quel- la amara e corotta di un piccolo pantano vicino alle loro case, ne bevettero con avidità, e con sorpresa dei vicini sanarono co- me per incanto. Questa osservazione invitò naturalmente a speri- mentare l'acqua stessa in altri infermi di febbre, e fu osservato che tutti sanavano. Certi del fatto cominciarono i poveri contadini a osserva^ che in quel piccolo pantano erano inmersi molti pez- zi di corteccie e dì rami d'una pianta ignota, e ad essa riferiro- no tanto l'amarezza dell' acqua come la efficacia medicinale. Per accertarsene presero gli stessi rami e corteccie ne fecero una de- cozione satura e ne fecero esperimento in altri infermi di febbre con la stessa efficacia. Allora indagarono, osservarono, descris. sero la pianta preziosa che fu appunto una delle famose cincho- ne dal nome della Contessa che ne propagò l'uso, e cosi fu trova- ta e stabilita la relazion terapeutica della divina corteccia eolle intermittenti dall' osservazione e dallo esperimento. Da quest' esempio risulta l9 che senza previa osservazione non avreb- be avuto luogo l'esperimento. 29 Ohe lo scopo e il risultato di questo esperimento fu di scoprire un rapporto etiologico. 39 E di completare la storia delle intermittenti e malattie analoghe. 4? E di aprire un nuovo campo a nuove osservazioni e a nuovi esperimenti diretti tutti a scoprire rapporti nuovi o delle malat- tie o dei rimedi. § 49. Oggetto, difficoltà, importanza, condizioni della esperimen- tazione medica. Dopo le cose finora discorse riesce facile determinare il vero oggetto, le difficoltà, l'importanza, le condizioni dell' esperimen- tazione medica. Tanto in fisiologia come in patologia essa non ha altro oggetto che quello di scoprire e determinare le proprie- tà vitali di dati organi, o le cause di dati fenomeni, o le attività igieniche di dato potenze; o l'efficacia nociva o terapeutica di al- tre in date forme e condizioni della vita morbosa; il che equiva- le a dire che si propone determinare con precisione i rapporti 126 LA SCIENZA ^ ? etiologici dei fenomeni o i rapporti di causa e di effetto. E dun- que evidente l'inmensa importanza della sperimentazione me- dica, perché i rapporti etiologici costituiscono la parte più vita- le dei fatti, quella elicgli completa, quella che gli interpreta, quel- la che dirige l'arte. Il nosografo o il clinico che ignora le cause ocasionale di un morbo, è privo di un criterio diagnostico del morbo stesso; e come patologo gli manca la guida per conoscer- ne la patogenia e la natura: se ignora la causa prossima duna data forma morbosa, è al buio di tutto come clinico e come pato- logo, se ignora i mezzi terapeutici di un dato morbo non ne ha la storia completa ne la teoria. Però se la scoperta dei rapporti etiologici é della maggiore importanza, é piena altresì di gravi difficoltà e di pericoli, perché i fenomeni della vita sono talmente complessi, talmente conca- tenati e mutuamente influenti e dipendenti, perché sempre gli effet- ti sono connessi al concorso di varie cagioni, che é facile il peri- colo di attribuire ad una causa un' effetto che proviene da un' al- tra molto diversa. E di qui nasce appunto la neccesità e l'importan- za dell' esperimentazione la quale può co suoi cimenti trovare questi rapporti di causa e di effetto che la semplice osservazione trovar non potrebbe, perché appunto puó'e deve studiar tanto un fe- nomeno da trovar la relazione enologica che ricerca, La scienza clinica sospetta che i sintomi tifoidei non sono l'effetto di flogo- si cerebrale o vascolare, ma bensì di una contaminazione diretta del sangue; lo sospetta perché non trova una relazione flogistica fra le cause del tifo, e i sintomi, corso, esiti, bisogni terapeutici di questo morbo, ma bensì una relazione eteropatica putrida e dis- solvente; lo sospetta perché non trova una relazione etiologica fra le alterazioni anatomiche trovate nel ceivello, nei vasi, negli intestini, e i fenomeni e i pericoli e l'andamento e l'esito di questa febbre. Ed è guidata da questo sospetto che cimenta ne- gli animali la iniezione di materie putride nelle vene e si accer- ta della sua etiologia e patogenia, producendo un tifo artificiale. Esaminiamo ora brevemente le condizioni che propone l'ili. Chomel per la espcrimentazione clinica, e troveremo che tutte tendono ad isolare il fenomeno che si stuoia, per trovare la re- lazione terapeutica che si ricerca. "Il medico che fa una esperi- "mentazione deve conoscere il rimedio di cui vuole apprezzare "gli effetti, l'individuo sul quale si fa lo sperimento, e la malattia ''contro la quale il rimedio é cimentato." E'certamente assurdo, inmorale, ed anche inutile alla scienza sperimentare un rimedio segreto, non lo é sperimentare un rimedio nuovo; perché, siano quoni o cattivi gli effetti di un rimedio segreto, la scienza non DEL METODO. 127 avrà stabilito una relazione terapeutica fino a che non saprà la natura e i componenti del rimedio impiegato: rispetto poi a un ri- medio nuovo, é già un vantaggio che sia conosciuto, ed é poi na- turale che l'analogia delle sue qualità o chimiche o botaniche sia la guida che sempre ha condotto e condurrà i medici a sperimentar- lo. Cosi l'analogia botanica ha guidato a provare nelle intermit- tenti tutte le ehinechine, la qualità amara ha guidato a sperimen- tare la salicina e una infinità di sostanze amare; cosi le qualità chimiche del cloroformo l'hanno suggerito per succedere all'etere come amnestetico. Perciò se é inmorale e da doversi proibire dai governi l'impiego dei rimedi segreti, proficuo al ciarlatanismo, inutile alla scienza, doppiamente pericoloso al genere umano, deve permettersi il prudente uso de rimedi nuovi, sia perché giustifica- to dall'analogia, sia perché mezzo di dilatare i confini della scien- za e dell'arte. Non è meno sensata la seconda condizione, quella cioè di co- coscere l'individuo, perché come saviamente avverte il Chomel può aver luogo inganno seduzione, o per frode e soperchiala, o anche per esagerazione che nasce da inmaginazione sfrenata o da idiosincrasia. Questa avvertenza tende a imprimere una gius- ta censura sulli esperimenti o fisiologici, o etiologici o tossico- logi o terapeutici che si fanno sui bruti e sull' uomo sano, o a dir meglio sulle induzioni che da simili esperimenti si ricavano; per- ché se gli effetti delle esterne potenze sono relativi alle situazio ni organiche, a queste deve mirarsi come a stella polare per l'a- nalogia e l'induzione sperimentale. Non v1 e' dubbio che la condi- zione più importante é conoscere la malattia contro la quale il rimedio é cimentato, perché se questa diagnosi non e esatta e si- cura non si saprà mai con certezza a quale malattia hanno corris- posto i buoni o cattivi effetti di un rimedio impiegato. Se il Cho- mel non avesse esaminato attentamente i 22 casi di febbre perio- dica mandati alla sua clinica dall' ufficio centrale di ammissione con il proposito di sperimentare i decantati effetti antiperiodici dell llex acquaticum, se non avesse riconoscinto che 7 erano cosi insignificanti che non ebbero che un solo accesso. 4 presentaro- no degli accessi decrescenti, 8 sotto la sembianza di intermit- tenza non erano altra cosa che flemmassie gastro-enteriche; e finalmente che soli 3 casi -'presentarono la febbre intermittente "essenziale con tutta la sua intensità nei tre o quattro accessi che "seguirono l'ammissione alla clinica" Se in questi soli tre casi non avesse [come ha fatto] sperimentato l'ilex acquaticum con ni- un buon' effetto in qualsivoglia dose, laddove il chinino sorti il suo effetto ordinario; se avesse sperimentato il rimedio orbito e 128 LA SCIENZA ( indistintamente in tutti, avrebbe conchiuso dall' aparente buon esito che il nuovo rimedio sana 18 sopra 22, mentre un buon dia- gnostico conduce a conchiudere che ne sanava nessuno. 1 ero chi non sente la difficoltà di soddisfare a questa condizione, chi non sa, chi non sente tutte le difficoltà del diagnostico? Che va- lore avvranno le induzioni dagli esperimenti d'un rimedio in una malattia complicata? 0 in una malattia come il colera-morbus che ha stadi e momenti di diverso carattere? 0 in una forma mor- bosa che sebbene abbia lo stesso nome ed analoghe l'esterne sem- bianze di altre, pure ha differente natura come l'asma,la dissenteria la epilessia, il singulto, la vertigine, e molte altre? Che induzioni sicure si possono ricavare da esperimenti in cui un rimedio é am- ministrato insieme ad un' altro che ne può distruggere o modifi- care l'azione? 0 è combinato con altre influenze lente oscure però potenti come è la dieta, il riposo, e sopra tutto l'azione conserva- trice delle forze organiche che curano o aiutano la cura di un'in- finità di malattie? Perché adunque gli sperimenti possano porre in chiaro una data relazione terapeutica, é d'uopo previamente co- noscere la diagnosi clinica del morbo che si combatte; e per for- mare questa diagnosi é d'uopo avere la previa guida della filoso- fia medica, e senza di questa la esperimentazione é cieca, e i ri- sultati qualunque siano sono inconcludenti. Pertanto non solo la la ragione ha l'iniziativa dell' esperimentazione clinica in quanto si propone scoprire una relazione terapeutica fra un dato rime- dio e data condizione morbosa, ma deve essere diretta essa stessa da ottima filosofia se vuol diffendersi da molte illusioni e da mol- te cause d'errore, se vuole che le sue ricerche e le sue prove ab- biano un' utile scopo, e il risultato di sicure e nitide conduzioni. § 50.— Oggetto, vantaggi, fallacie della statistica medica. L'ordine del presente discorso mi conduce a toccare della sta- tistica medica, destinata dai moderni a rapresentare in cifre, i ri- sultati dell'osservazione e dell'esperimento ,e acuì da molti sì volle dare tale importanza da costituirla quasi il criterio in- fallibile, il giudice, l'arbitro della stessa medica osservazione, per- ché in ogni controversia ojetiologica o terapeutica si apella da mol- ti ai numeri come ad una prova matematica, perdendo di vista il sa- piente avviso del nostro grande Morgagni—non numerande sed perpendende sunt observationes—L'oggetto della statistica medi- ca é di mettere in chiaro per via di numeri, o molte osservazioni riunite e sommate, una data verità una data relazione o etiologica o semeiotica o terapeutica. Cosi per mezzo della statistica si di- mostra l'influenza dell'età, del Besso, del clima, di certe abitadin DEL METODO. 129 latita 0 a renderla più o meno pericolosa e mortale appure a da- re certo risultato, 0 longevità o mortalità o suicidio o mania; per mezzo dei quadri statistici si dimostra la maggiore o minore cos- tanza con cui eerti sintomi accompagnano un morbo, o accompa- gandolo presagiscono buono o cattivo esito, finalmente per mezzo della statistica si vuol provare la influenza del metodo curativo in date malattie; perché é evidente che un metodo di cura sarà mi- gliore di ogni altro, se date simili circostanze ne cura un maggior numero. L'oggetto adunque della statistica é di mettere in chia- ro per mezzo dell'enumerazione dei fatti, e l'indicazione dei loro elementi, cause, sintomi, esiti, rimedi, certi rapporti etiologici dei fatti stessi: essa ha dunque due aspetti diversi l'enumerazione e disposizione dei fatti, e le induzioni statistiche. In questi ultimi tempi si é detto troppo bene e troppo male del- la statistica medica: per una parte dovevano riflettere i suoi nemi- ci che il principio filosofico a cui essa deve tutta la sua importan- za e quel principio stesso che é condizione delia buona osservazio- ne, e d' ogni induzione sperimentale, vale a dire che un' ossserva- zione perché sia valida, perché meriti fede, 'perché abbia diritto di suggerire induzioni sicure, deve essere molte volto fatta e ripe tuta. Un quadro statistico che presenta 150 casi di polmonia, non é che la polmonia osservata 150 volte. Anche il clinico che dice: questo fenomeno si osserva quasi sempre,questo rimedio nel massi- mo numero di casi riesce, questo sintonia ordinariamente é morta- le "allude a un certo computo numerico senza saperlo o senza di- chiararlo. Però è innegabile il vantaggio di sostituire ad.un' enu- merazione vaga ad un computo indeterminato, i risultati esatti e chiari della statistica che sono quelli dell'esperienza; e certamen- te obliga a maggior convinzione il vedere che con un metodo si ottiene il 10 di mortalità in 100 casi di polmonia, e con altro si ottiene il 25 o30, che 1' annunziare semplicemente che un metodo riesce più che l'altro; ed è quasi un rappresentare certi fatti ge- nerali e costanti, certe leggi della natura, fissando i risultati sta- tistici in grande della longevità, mortalità connesse a date cause. e dell'utilità relativa di dati metodi. Pertanto se i dati su cui si fondami quadro statistico sono buoni, o se sono il prodotto di esatta e sagace osservazione, i risultati statistici avranno il van- taggio di mostrare con evidenza una data relazione etiologica o semeiotica o terapeutica, e di dar quasi alle verità mediche 1' evi- denza e la sicurezza delle verità matematiche. , Ma se la statistica è utile non é però neccessaria[come criterio di certezza in medicina] come ha preteso Louis e isuoi più caldi se- guaci. Dai quali non doveva dimenticarsi che se la medicina pos- 17 130 LA SCIENZA siede un numero considerevole di fatti e di osservazioni in fisio- logia, e patologia, non lo deve alla statistica, trovato affatto mo- derno e nascente; che nello stesso modo conio la mente forma un tipo clinico od una monografia senza statistica e solamente con molte e ripetute osservazioni di casi particolari, e con giudiziosi confronti, cosi ha potuto senza statistica stabilire 1' utilità p. e. del salasso nella congestione flogistica, del tartaro emetico uella polmonia e nel reum itismo, o T influenza del miasma palustre a produrre le intermittenti e quella della chinachina a combatterle. Né può dire importanza alla statistica medica il triste sofisma che un fatto solo non prova nulla. Un fatto solo bone osservato e com- pleto ha una bontà assoluta ed intrinseca, perché un mjllione di osservazioni lo conferma non lo smentisce, perché é base e sola base della esperienza e della statistica, giacché se i fatti od unità di cui si compone un quadro statistico hanno un valor positivo, l'- hanno pure tanto l'enumerazione loro come le induzioui ecologi- che, méntre che scie unità di cui si compone un quadro statistico sono fatti incompleti e bastardi, vani sono i numeri, vano le con- clusioni, e come diceva spiritosamente il Bouillaud essi rapresen- tano una riunione di zeri. Dirò anzi che un solo fatto ben' osser- vato può dirci la convinzione e la certezza di un rapporto ecolo- gico, mentre un numero inmenso di fatti o incompleti o dubj non ci detta induzioni sicure. Un solo caso di congestion polmonare curato con coraggioso salasso ci da la certezza del suo rapporto colla salvezza.deli'infermo,mai risultati statistici del salasso stes- so in molti casi di polmonia, o di tifo,o d' enterite ecc. non c'inspi- rano eguai fiducia perché abbiam ragione di dubitare o dell' esat- tezza del diagnostico o dell'oportuuiti di sua amministrazione nei singoli cosi. Dirò di più che vi sono dei fatti tanto certi, tanto evidenti che sarebbe vano e quasi ridicolo invocar la statistica per dimostrarli. Chi infatti pensarebbe in statistica per accertar- si se il tartaro emetico produce il vomito, se il vainolo e la peste sono contagiosi, se la vaccina preserva dal vainolo? Il criterio nu- merico sembra dunque piutosto invocabile nelle cose controverse e dubbie che nelle verità sperimentali e certe. Niuno dubita della sovrana efficacia del salasso nella polmonia acuta; però se v' é chi propone un'altro metodo che lo supplisca, p. e. il tartaro emetico proposto da Rasori, invoca la statistica per provare che un meto- do ottiene migliori risultati che l'altro; se v' e'chi propone salas- si abominanti, chi gli propone moderati, chi associati ai purganti o agli opiati, invoca la statistica per provare che il suo metodo me- rita la preferenza. Adunque la buona osservazione può far senza della statistica, e può darci fatti e certezza di fatti; mentre la sta- DEL METODO. 131 Ustica non può far senza della buona osservazione, e senza questa solida base sono vani i suoi numeri e le sue induzioni. La statis- tica non è neccessaria ma solamente utile, e non lo è nemmeno sempre ma nelle cose dubbio e controverse. La statistica sia che serva a scoprire verità etiologiche semeio- tiche o terapeutiche ha neccessariamente due parti: i dati speri- mentali e le induzioni etiologiche. La statistica non sarebbe di alcun vantaggio se non avesse lo scopo di dettare certe induzio- ni o siili' influenza di certa causa o circostanza a dare un certo ri- sultato, o della connessione di certi caratteri a una malattia de- terminata, o dell'influenza salutare di un dato rimedio in una da- ta malattia. La statistica sarebbe nociva se potesse ingannarci, os- sia indurci ad attribuire un' effetto ad una causa diversa della causa reale. Ora dico che essa può ingannarci o pel modo con cui maneggia i dati sperimentali, o pel modo con cui maneggiai' in- duzione, o col fondarsi su dei fatti incompleti e mal osservati co- me fossero buoni, o supponendoli buoni, o cavandone erronee e capricciose conscguenze;può ingannai ci coll'ingiusto prestigio del rigor matematico e della potenza del numero. E non deve dissi- mularsi che la statistica invece di es.-cre ministra della Filosofia medica e dell'esperienza, pretende spesso comandar ad entrambe dispoticamente, e mira a sostituire l'autorità del numero all'auto- rità dell'osservazione, la quantità alla qualità dei fatti. Può dirsi che essa é il principio incondizionato del suffragio universale ris- petto alla ragione politica della leggo elettorale, che come uno conta i voti l'altra gli pesa, cosi la statistica conta i fatti, e la Fi- losofia medica gli forma e gii verifica prima di numerarli. Dite ■a un clinico sistematico che il suo quadro statistico suppone esatte diagnosi, e casi realmente simili di natura e di grado [quod crat dimostra ndum]; elicgli effètti che attribuisce al suo metodo hanno avuto concause o che egli non ha av. crtito o?di (ni eia difficile de- terminar l'importanza: egli prescinde da ogni aclarazione, tronca ogni controversia, e invoca, i risultati statistici non solo ma gli attribuisco alle idee teoriche da cui furono inspirati—Pure vi sono dei risultati statistici che non ammettono dubbio di sorta: tale età tal sesso, tal località tale stagione,favorisce o si connette colFcrup, colla tisi, colla scrofola ecc: e vi sono altri che danno luogo a controversia, ossia 1' interpretazione sui rapporti di causa e di effètto, quando un'effetto può dipendere od è connesso a varie ca- gioni. Uopo é dunque tener gli occhi aperti sulle due sorgenti di fallacie statistiche, i dati spi rimentali e le induzioni etiologiche o interpretazioni dei fatti. E dissi che la statistica può ingannare coli'ingiusto prestigio, del rigor matematico e della potenza del 132 LA SCIENZA numero.quando vedo l'esagerata importanza accordatale da uomi- ni eminenti come Louis, Chomel, Rasori. Tommassini, quando leggo in Chomel "Les hommes qui ont veillì dans la science ont une ,'autorité qui tient en grande partie au vomire dcs faits qù'ilsont "observé----la consideration et la eonfiance publique s'attachent "speciellement aux medecinsqui parùvcr.us a la maturité de 1' age "et chargés du service des hopiteaux, ont eté on position de obser- "ver un plus grand nombre des faits, et d'aquerir une plus grande "esperience" [lJ|Su quest'ingiusto prestigio é fondato il pregiudi- zio degli uomini superficiali che credono solamente alle risultanze delle osservazioni fatte in grande scala, in gran numero, nei gran- di ospedali, nelle grandi cliniche, nelle grandi capitali. Eppure il gran Zimmermann aveva avvertito che altra é la fiducia che suole avere la vecchiaia, altra é quella che merita; che il medico non acquista le vera esperienza di una cosa perché l'osservi molte volte, ma perché l'osservi bene, il che é sovente in ragiono inver- sa del osservar molto o molte cose, perché uno osserva meno quan- to più vede; che più vale l'esperienza di una vecchiaia che ha os- servato e perciò studiato poche cose, che quella di una vecchiaia che ha veduto moltissime,e le ha studiate poco o alla sfuggita. Co- si é noto che in una piccola isola della Grecia ha osservato meglio e molto più il gran Padre della medicina, che molti professori e medici riuniti di grandi ospedali e città popolose. % 51—Dubj se la statistica può avere un'utile applicazione in me- dicina. Le cose dette conducono al problema: può la statìstica avere un'utile applicazione alla medicina? Esporrò francamente i miei dubj sia per determinare il valor vero di questo criterio, sia per pensare ai modi, condizioni, e cautele osservando le quali essa può averne alcuno. I9 La statistica può avere tre applicazioni secondo che si pro- pone dimostrare o l'influenza di certa cagione a produrre data malattia, o le connessioni semeiottiche e prognostiche di certi fe- nomeni con dati morbi o coi loro esiti, o l'influenza salutare d'un rimedio o di un metodo sopra un morbo determinato. Ora egli é evidente che pei fatti certi, sicuri, sperimentali, tanto relativi ai rapporti etiologici come semeiotiei come terapeutici, il criterio numerico non è neccessario, e cosi il Ramazzini ha potuto senza ciìì're determinare le malattie degli artefici, Prospero Alpino ha potuto senza ciffre indicare i segni prognostici delle malattie e della morte; e quanto sappiamo delle relazioni terapeutiche, e [1] Chomel. op. oit, Cap. XIX * DEL METODO. 183 quanto ci hanno tramandato i clinici d'ogni età, ci pervenne senza aiuto di ciffre e di calcoli. La statistica è dunque costituita giu- dice dei casi dubj e controversi in etiologia, semeiotica e terapeu- tica. Ciò posto io domando: può la statistica risolvergli e rischia- rargli senza l'aiuto della Filosofia.? Con la enorme massa e quan- tità, non con la qualità dei fatti? Ciò è quello che suppongono e sostengono i fautori della statisti- ca, e ciò é quello che io nego. Si tratti p. e. di provare qoh ciffre V influenza di certe cause predisponenti od occasionali a produrre le febbri intermittenti o la tifoidea o la tisi: che valore avranno i risultati statistici se il diagnostico fu errato, o se posso dubitar che fu errato? Si tratti di provare con ciffre l'influenza di un ri- medio sopral'esito di una malattia, che valore avranno i risultati statistici se il diagnosticoJii errato o posso dubitar che fu errato? Se il Chomel non avesse preso le maggiori precauzioni quelle cioè di fare una buona diagnosi, avrebbe dichiarato intermittenti 22 in luogo di 3, utile l'ilex aquaticum in 19 casi sopra 22. A che servono adunque migliaia e migliaia di risultati statistici fondati sopra dati erronei, sopra osservazioni incomplete e mal fatte? A che servirebbe un quadro statistico diretto a provare l'efficacia di un rimedio nell'oftalmia, nella risipola, nell'epilessia, nella dissen- teria, quando per mancanza di Filosofia clinica in chi la formò s'ignora a quale malattia reale corrisponde? Dirò di più; un clini- co o nosografo che dopo aver formato la storia esatta di una, malattia, erra poi giudicando o delle relazioni etiologiche o se- meiotiche o terapeutiche mi fornisce almeno i mezzi di rettificare il suo errore' però il medico statista che solamente mi fornisce nomi di morbi e ciffre di casi e di risultati, non m; da questo van* faggio e devo credere alla sua parola. Devo credere che erano 200 casi di cholera morbus, o di polmO' nia acuta o d'oftalmia comune o di dissenteria ecc. però s'io dubito della sua abilità diagnostica o desroi principj di filosofia medica, s'io dubito che ha confusa casi d'indigestione con il C. morbus; la polmonia vera con la biliosa o reumatica, l'oftalmia comune colla sifilitica o scrofolosa ecc. svanisce tutto il merito delle suo ciffre statistiche. Dunque è certo che i risultati statistici sono vani sen- za filosofia clinica, ed é certo pure che la forma sinnotica inerente alla statistica non permette conoscere se vi fu esattezza nei dati sperimentali. Singolare e stupenda pretesa! La statistica non ha valore che quello che le dà la filosofia clinica del medico che Y impiega, dà minor luce per la sua forma sinnotica, ha quinci meno efficacia che 1' esperienza ordinaria, eppure essendo un' is- trumento cosi imperfetto a condizionale é chiamato & decidere i 134 LA SCIENZA casi dubj oscuri e controversi.! 2? Un' altra applicazione della statistica fu all' etiologia ed alla storia dei morbi: cosi si conosce se gli aneurismi del cuore per ipertrofia -ono più o meno frequenti che quelli per atrofia; se i morbi addominali sono più frequenti che i morbi toracici; cosi Louis spogliando un registro di 120 casi di tisi polmonare, ha tro- vato che dopo i 15 anni quamlo vi sriìna e più vale la qualità che la quantità dei fatti, che questa vale moltis- simo alla condizione unica di stabilire dnpprima fatti veri e com- pleti, poi enumerargli, e prima abbracciarne tutti gli elementi, poi confrontargli e cavarne delle conseguenze. Se un fatto solo ben osservato e sicuro può dettare e detta sicure e feconde indu- zioni, molti fatti egualmente veri e completi ben ordinati e com- posti saranno atti a dettare induzioni sicure anche pei fotti dubj e controversi che sono appunto i casi difficili pei quali é invoca- to il criterio numerico. E già il mio celebre maestro G. Tomma- sini che fu quasi il fondatore della statistica medica [1] ha in par- tì indicato quello cho la filosofia deve fare per renderla utile ed applicabile. Egli ha fatto alcuni rilievi molto importanti; distin- ze quei casi cosi leggeri che potendo curarsi spontaneamente, ni- uu merito danno a un metodo curativo qualunque, e quelli cosi gravi e disperati, che non presentando al medico di buona fede grado alcuno di curabilità, non possono incolparsi dell' esito dis- graziato, e circoscrisse i casi degni di confronti e di esperimenti statistici a quelli che sebbene gì avi possono sentire la benefi- ca influenza di un dato trattamento. Nobile e filosofica distinzione per certo dei casi concludenti ed inconcludenti, che se fos- se stata addottati in Francia, non si sarebbero visti risul- tati statistici cosi stravaganti. E rispetto all'esito propose la distinzione dei casi prontamente guariti, di quelli a lenta lunga e difficile guarigione, e finalmente i casi di morte, nei quali per altro coerente alle proprie idee volle distinti quelli cui la sezione dei cadaveri manifestasse già insanabili quando cominciò il trat- (1) Della neccessità di sottoporre ad una statistica i fatti i più importanti del- la medicina pratica. 138 LA SCIENZA tamento, dagli altri in cui può supporli o contrarietà o insufficien- za di cura. Sebbene il Tommasini volle che fossero presenti alla mente del melico statistico tutti gli clementi che decidono della cu- rabilità dei morbi e del merito della cura, pure è un fatto che il modello di statistica dieci presentò [1] non offre che la distin- zione indicata. Distinzione utile se si tratta di porre in chiaro la bontà di un metodo curativo generale, o 1' abilità di un pro- fessore in un numero grande di malati; però insufficiente per por- tare un giudizio esatto sopra uno sperimento terapeutico, perchè questa forma sinnottica e complessiva non permette il confronto dei varj' elementi del fatto clinico, né dissipa i dubj che sono gius- ti e possibili nella niente di qualunque medico filosofo. Per risolvere questo difficile problema, per servirmi della sta- tistica non a fissare la quantità ma la qualità dei fatti, e seguire il precetto di Morgagni che consiste in pesare i fatti prima di numerargli e, convertire la statistica in una forma analitica di complessiva e sinnottica che era perfino nelle mani del mio gran maestro, forma che permette il confronto dei varj elementi del fatto in ogni caso particolare, io fin dal 1842 proposi un model- lo che venne publicato nel Ballettino delle scienze mediche di Bologna (febr,) di cui abozzo l'idea, privo essendo da molti anni di quel libro. Curubiìit;.' tii ulta ma. lattia. Metodo curativo adoperato Malattia;-suoi ' Malato; età , caratteri diag- ! sesso, costitu- noetici, sua in- ' zione;o?ri, 21 162 LA SCIENZA § 63. Conclusione—Dello scopo, dei mezzi, « dei limiti del ra- gionamento sperimentale in Medicina. Dopo avere mostrato cosa sono i fatti in medicina, c'qiiale 6 l'ordine che deve tenere la niente a formargli, sono manifeste le condizioni e quasi le leggi dello verità sperimentali, e quali sono le cause dei nostri errori di osservazione e le regole per riconos- cerli; è messo in chiaro chela formazione dei fatti non è come dicono oggettiva, non é l'opera dei sensi, ma appartiene all' ini- ziativa del ragionamento sperinumtale; e si comprende quale ne é lo scpo, quali i mezzi, quali i confini. La natura non ci pre- senta mai isolato un fenomeno ma connesso con altri, e queste con- nessioni costituiscono appunto l'unità dei fatti completi. Queste connessioni da cui risulta l'unità o sintesi empirica del fatto sono i rapporti primi dei fenomeni i quali o sono di coesistenza, o di causazione. L'anatomico od il naturalista fino a che si occupa del- le forme e dei rapporti anatomici dei pezzi organici non fa che studiare i rapporti di coesistenza o di connessione; e quando non contento di questi fatti speciali si eleva al confronto dei varj tes- suti od organi od individui, e classifica i pezzi organici o gli og- getti della storia naturale allora si occupa dei rapporti analogici, ed entra noli' anatomia generale, e nelle classificazioni naturali. Il fisiologo fino a che si occupa dei distinti atti della vita norma- le per formare la storia delle funzioni studia i rapporti primi ed empirici dei fenomeni che le costituiscono, e quando elevandosi da questa sfera confronta i fatti osservati per classificargli e per indagarne le riposte cagioni comuni alle vario serie di fatti, allo- ra si occupa dei rapporti analogici ed etiogenici, e si eleva alla fisiologia razionalo. Il patologo fino a che si occupa dei singoli fatti che costituiscono le varie forme della vita morbosa e studia i rapporti primi ed empirici dei fenomeni che costituiscono l'unità d'ogni morbo speciale dirige il ragionamento a formare i tipi cli- nici della nosografia, o a trovargli al letto dell' ammalato. Ma quando confronta i fatti singoli cosi formati, quando gli coordi- na e gli classifica, quando gli interpreta e ne indaga la genesi e la natura, o quando interpreta il modo di agire delle potenze no- cive o delle terapeutiche, allora dirigo il ragionamento a occu- parsi dcfl irapporti [analogici e patogenici e si eleva alla nosologia ed alla patogenia induttiva. Ecco dunque manifesto lo scopo ed i limiti del ragionamento sperimentale: lo. formazione dei fatti, me diante lo studio dei rapporti primi ed empirici dei fenomeni che ne formano l'unità, siano essi di connessione o di causazione. I mezzi per ottenere fatti individui e completi sono dunque la filosofia che ci prefige lo scopo, e ci fa distinguere un fatto da un DEL METODO. 103 altro, senza di che occorre il pericolo di riferire gli elementi o fe- nomeni a unità diverse; e l'osservazione esatta e ripetuta per rife- rire a. queste unità empiriche i veri loro fenomeni e scoprirne le vere relazioni o di connessione o di causazione; e cosi mediante 1'anah'si dei fatti composti, e la sìntesi dei fatti individui deter- minare 'ciò che appartiene ai fatti e ciò che a circostanze even- tuali. Che se il ragionamento empirico tanto si vale dell' osser- vazione fortuita conio dello sperimento sempre 6 col proposito di scoprire e determinare i rapporti veri di causazione dei fenome- ni, e perciò evitare le induzioni erronee, e formare le unità vere e naturali dei fatti, non le false e chimeriche che nascono da im- perfetta osservazione e da imperfetta induzione. Ciò costituisce anche i limiti del ragionamento empirico, perché quando la men- te confronta i fatti singoli formati dall' osservazione e induzione sperimentale, o gli coordina in varj gruppi a norma dei più veri loro rapporti analogici, e quando ne studiale causegenerali e le leggi generali in grande, o i rapporti etiogenici dei fatti, allora tra- scénde i limiti dell' esperienza, sebbene la prenda per base, e si eleva alla regione intellettuale della teoria. § 64. Della formazione dei principj—Definizione, e divisione loro in analogici ed etiogenici—Importanza grande del- la coordinazione dei fatti clinici—Se convenga coordi- nare ifenomeni o elementi dei fatti o ifatti completi. Dimostrai che in medicina come nelle scienze sperimentali il fatto costituisce una certa unità perché si compone di elementi o fenomeni diversi, o legati con rapporti di connessione o con quel- li di causazione; e che é della più grande importanza il trava- mento di questa unità, come lo studio dei rapporti di questi^ feno- meni che ad essa conduce perché essi la formano. Non v' e' un solo fenomeno in natura che sia isolato, né possiamo conoscer bene un' oggetto od un fenomeno che nelle sue vere relazioni con altri: dunque questi rapporti primi od empirici sono le condizio- ni dell' esistenza dei singoli fatti speciali, e perciò la sintesi em- pirica che forma queste unità coli' osservazione di quei rappor- ti, é quella che ci dà un' idea e conoscenza esatta dei singoli fat- ti speciali. Però questi fatti particolari [o queste unità empiriche) non so- no isolatine staccati: ed essi sono appunto in certi modi connessi e concatenati fra loro, perché egli é in questo modo che esistono, e perche questi modi di rapporto sono la condizione essenziale del posto cho occupano, e dell'ordine prestabilito a ciascuna parte della creazione. Queste connessioni, questi punti di contatto, ques- 164' LA SCIENZA ti fili generali che annodano in certo modo i fatti particolari, che costituiscono i caratteri distintivi e le leggi supreme di un ramo qualunque della storia naturale, e sono fatti generali e co- muni a certi gruppi di fatti speciali, meritano di chiamarsi prin- cipj. E perciò come il fatto è per la nostra mente la sintesi dei rapporti primi dei fenomeni, cosi i principi sono le sintesi dei rapporti secondi o razionali dei fatti, o come disse La-place: "i principj sono le relazioni generali dei fenomeni" Ed ambe le idee sono ammissibili perché come le relazioni speciali dei feno- meni costituiscono i fatti particolari, cosi le loro relazioni generali costituiscono i principj. E cosi la sintesi empirica che forma i fatti é lavoro della mehte aiutata dai sensi; laddove la sintesi razionale che forma i principj sebbene abbia per base l'esperienza (vedi § 70) è però lavoro esclusivo della mente, perché ad essa sola appartiene l'appreziazione dei caratteri con cui vuoisi coor- dinare i fatti, e con cui fissare in grande i rapporti di causazio- ne cioè interpretare i fatti medesimi. Ciò tanto é vero che i fatti stessi si prestano a coordinazioni e interpretazioni differentissi- me secondo le idee che diriggono i diversi filosofi. Fra fatto e fatto esistono rapporti di somiglianza o di analogia che possono riguardarsi come fatti generali e comuni, e la mente ha interesse di determinarli, cioè per mezzo loro coordinare e classificare i fatti, perché ha bisogno di ridurre a poche e gene- rali le conoscenze e le regole dei particolari, con cui abbracciare con facilità ed efficacia una parte della storia naturale; e perché altresì questa coordinazione gli serve di guida per lo studio in grande dei rapporti di causazione o delle leggi della natura. Per- ché come l'osservatore che fa la sintesi empirica dei fatti specia- li, studia attentamente i caratteri e le connessioni degli oggetti e dei fenomeni per rimontarsi alle qualità ed alle forze che sono le cause del fatto speciale, cosi il filosofo dai rapporti analogici dei fatti individui si rimonta a studiare le cause e leggi generali che gli governano. Anche l'osservatore si occupa dei rapporti di cau- sazione dei fenomeni, e si può dire che non ha bene formato un fotto se non ha fissato i rapporti etiologici di certi fenomeni che sono generati da altri. Però l'osservatore studia questi rapporti nei fattiparticolari, contentandosi di fissare la realtà lóro senza studiarli in grande e in generale in tutti i fatti analoghi. Ciò ap- partiene propriamente al filosofo il quale non contento di cono- scere la realtà dei rapporti etiologici, gli studia in generale e in astratto per fissare la natura delle cause generali di certe serio di fenomeni, e rimontarsi quindi à certe leggi suprème chegover nano una data parte della storia naturale; può dunque dirsi Che DEL METODO. 165 egli studia i rapporti etiogenici dei fenomeni méntre' l'efig&Vififc- ne fissa appena i rapporti etiologici. I principj pertanto che sono ilsubbietto della sintesi ragionale dei fatti sono di due ordini: i principj analogici Ossia i rapporti di analogia dei fatti completi, studiando i quali la mente coordina, e classifica i fatti e né forma i gruppi naturali cohdticenti alla teoria; i principj etiogenici ossia i rapporti generali di causa ed effetto dèi fatti cónrplcti studiando i quali la mente interpreta ì fatti e ne stabilisce le eause eie leggi generali, è perciò-H mecanismo è la teoria delle còse-naturali» Posta questa definizio- ne é divisione dò principj, é naturai eh' io ne tratti dopo essermi occupato della filosofia dei fatti; ed ora giova studiarli in rappof* to colle cose mediche e specialmente la Patologia» Ora perché si teda la importanza dei principj e délk, parte ra- zionale e teorica dèlia medicina si rifletta ua^istante che le. sempli- ce nosografia o formazione dèi tipi clinici hon basterebbe ai biso- gni della scienza, né a quelli della mente* né a quelli dell'arte. L% malattie sono insiemi di fenomeni od elementi diversi, e questi ele- menti che concorrono a formarle, a manifestarle, a distinguerle so- no i.sintomi, le cause, l'andamento, gli esiti* gli effetti dei rimedj* Queste singole malattie si assomigliano ad altre 0 per analogia delle eause, o per quella dei sintomi, 0 per quella degli esiti, o pe* quella del metodo curativo, o per tutti insieme questi caràtteri. Il medico il più fedele all'osservazione non potrebbe astenersi dal vedere un l'appòrto fra una fèbbre biliosa ed una flemmassie qua- lunque; perché Ve' un sintonia cernimela febbre continua; o Ve* drebbe una relazione fra il reumatismo * i geloni, il tetano, la dis- senteria, la cangrèna, la pleurite, perché il freddo è la causa t^onitì;- ne di malattie cosi differenti; o troverebbe analoghe Y asfissia^ il col. morbus,le f.perniciose perché acute, e la clorosi, la tisi, Ut scrofola, certe nevrosi perché croniche e lente malattie-; o final- mente vedrebbe un' analogia di natura fra le forme morbose che o il solo tartaro emetico può curare, o il Solo salasso, o le sole appli- cazioni fredde; o troverebbe una relazione fra il modo di agire del freddo, d' un' ossificazione, d' una acuta flogosi, e della segate cor- nuta, perché da tutte queste circostanze può provenir la gangren*. Non é il medico ma bensì la natura che stabilisce una relazione fra tutte le malattie infiammatorle.tutte le iutermittenti; il medico tìdu fa che trovarla ed ha interesse a trovarla perché applica ad una vasta Serie di fatti dissimili pel caratteri subalterni e insiguifìfcm- ti le. medesime regole diagnostiche e terapeutiche. É1 dunque un bisógno dello spirito umano, un bisogno dell* scienza e dell' arte classificare e coordinare i fatti eliaici fìdjw 16f> LA SCIENZA averli formati, appunto perché hanno dei caratteri per cui si asso- migliano, e per cui differiscono, e per cui formano dei gruppi natu- rali e distinti di fatti. La scienza e la mente hanno bisogno di trovare le relazioni dei fatti appunto perché queste relazioni esis- tono e sono in certo modo fatti generali; 1' arte ha d' uopo di tro- varle, perché ha d' uopo di ridurre a poche le sue regole diagnos- tiche e terapeutiche, e applicarle ai corrispondenti gruppi di fatti. Provano questo vero tutte le coordinazioni dei fatti, tutti i princi- pj e modelli di nosologia che comparvero da Ippocrate fino a noi per quanto imperfetti e da erroneo metodo prodotti. Per altro se le relazioni dei fatti sono una guida, sono altresì una causa d' illu- sione e d'ingannoje non basta che la inente cerchi le relazioni dei fatti, ma sappia trovar le migliori, le vere, quelle che più sodisfan- no ai bisogni della mente e dell' arte: e di qui il bisogno di una solida filosofia che presieda alla migliore classificazione dei fatti. Dimostrato che non basta formare i fatti ma é d'uopo coordinar- gli e classificargli in gruppi a seconda delle loro relazioni di ana- logia, conviene esaminare due questioni gravissime, se cioè convie- ne coordinare e classificare i fatti completi o i fenomeni ed ele- menti dei fatti, e se conviene ciasrificaie i morbi afferrandone un solo lato un solo elemento o carattere, o afferrando Y insieme e la corrispondenza di tutti. Questioni gravissime le quali se fossero sta- te risolute ai tempi di Gaubio e di Sauvages avrebbero dato forse per risultato una nosologia diagnostica in luogo della patologia generale e della nosologia sintomatica e sistematica. L' una clic studia in generale e in astratto non le malattie ma la malattia, an- zi i suoi stessi elementi le cause, i sintomi, gli esiti, le azioni dei rimedj; metodo barbaro che non si occupa di fatti completi ma di fatti collaterali, che spezza Y unità del fatto clinico per fare dei suoi frantumi altretante scienze! L' altra che prende per guida o le cause prossime supposte, e astrazion fatta dalle forme morbose, o queste astrazion fatta dalle vere cause prossime! Sembra infatti conforme alla ragione e al buon senso come alle vere leggi del metodo che la mente del medico formi prima tanti fatti o tipi cli- nici singolari e distinti quanti ne presenta 1' osservazione clinica; e gli formi per mezzo della sintesi dei loro dati diagnostici; e che una volta formati questi individui, per lo studio o sintesi clinica dei loro elementi, che sono appunto i sintomi, le cause, gli esiti, e la cura, sembra pure ragionevole coordinargli e classificargli per l'analogia appunto di questo insieme di caratteri o patosintesi. In altri termini: dopo la nosografia (o sintesi empirica dei fatti speciali e completi) sembra naturale la nosologia; o classificare quei fatti per ciò che hanno di comune, o formare certi gruppi no- DEL MliTODO 167 sologiciche sono altretantc sintesi di fatti generali. Pure i medici non hanno inteso cosi la Filosofia della scienza clinica, ed hanno gettato un' analisi assurda nel fatto clinico per classificare e studiare in generale e in astratto le cause, i sintomi, le alterazioni anatomiche, gli effetti dei rimedj, tutte cose che non hanno valore se non se collocate al loro posto nei singoli casi e nei singoli gruppi naturali, e cosi hanno classificato e studiato in generale non i fatti clinici, ma i fenomeni e gli elementi o parti dei fatti, troncando appunto quelle mutue relazioni da cui ricevono tutto il valore che aver possono come mezzi diagnostici. Chi non troverebbe assurdo che il chimico trattasse in generale del peso specifico, del colore, sapore, elasticità, duttilità ecc. di tutti i ca- ratteri e qualità dei corpi, quando appunto hanno essi una vera importanza se studiati in relazione al ferro, al'piombo, mangane- se, antimonio ecc. perché servono a distinguergli da tutti gli altri oggetti della natura,e perciò a fargli conoscere per quel che sono Se studiati in relazione coi singoli corpi? Eppure i patologi hanno trat- tato in questa guisa la scienza dei morbi; e studiando staccati i fatti collaterali o gli elementi dei fatti; non solo sprezzando ma rompendo i preziosi rapporti d'onde risultala unità del fatto clinico, base della nosologia diagnostica, hanno prodotto due o tre vane forme di scienza. Hanno prodotto la patologia generale che tratta in generale e in astratto della malattia.edi tutti i suoi at- tributi, parti, ed clementi; imponendo a se stessi e agli alunni un' inutile e pedantesca fatica e senza scopo pratico, perché senza vero rapporto colla nosografia medica, ed arte clinica; hanno pro- dotto o nosologie fondate sulle cause prossime delle malattie sta- bilite a priorie teoricamente e non colla guida dei criteri diagnos- tici, oppure nosologie fondate sulle apparenze semeiotiche e gene-* riche senza vera diagnosi dello cause prossime relative. § 65—Oggetto e importanza grande dell' analogia. Il solo criterio della patosintesi può salvarci dal pericolo delle false ana- logie. Stabilito come una verità e come una regola fondamentale che la scienza non deve occuparsi di classificare e coordinare gli elo- menti dei fatti ma i fatti completi,.rimane stabilito altresì ls Che deve sopprimersi dallo studio della Medicina la Patologia genera- le come quella che si occupa di astrazioni e di elementi isolati o generici, e studia il fatto clinico nello sue parti, nelle sue frazioni artificialmente staccate. 29 Che il 2° passo dello spirito umano nello studio dei morbi deve essere la Nosologia, o la coordinazio- ne e classificazione dei fatti clinici veramente completi e individui Ì68 LA&CIENZA e perciò deve escludersi la nosologia unilatere o falsa dei sistema'! liei e dei sintomatici. Ora la classificazione dei fatti clinici non é altra cosa che la dis* posizione dei fatti stessi in dati gruppi secondo che sono analoghi © identici per certi caratteri, sebbene differiscano per certi altri. Ciò che costituisce la differenza fra la coordinazione nosografica e la nosologica si é che la prima si fa con casi simili di una inalati ila sola, ,le la seconda si fa con fatti simili per natura [caratteri essenziali] poro diversi di sede, forma, corso ecc. (caratteri subab terni] Cosi le malattie infiamatorie benché diverse per sede, per for* ma e per andamento formano una classe distinta di morbi, perché tutte hanno eerti caratteri simili analoghi comuni, i caratteri della infiammazione, la quale diventa cosi un fatto generale,un principio comune a tutti i fatti di questo gruppo nosologico. Adunque la classificazione dei fatti simili é fondata sui rapporti di samigliam «a od analogia che esistono fra i varj fatti della soienxa, o che la unente discerné col confronto dei fatti stessi vale a dire col rilie» vo di ciò ohe hanno di slmile e di ciò che hanno di diverso. L'importanza dell' analogia ó tanto grande in medicina che non dee fa? meraviglia che essa entrasse nel tripode dell' antico empirismo. Per mezzo dell' analogia noi olassifichjamo tanto le malattie umane conie gli oggetti della storia naturale, come i mai tarlali dell'anatomia ei fatti della fisiologia» per mezzo dell1 una' logia ci serviamo dell' erudizione e curiamo un morbo nel modo eon cui fu curato altro slmile da altri o da noi; per essa nrgomem tiamo simili effetti o proprietà medicinali in analoghe speeje della stessa famiglia naturale, o 1; efficacia di un rimedio provata in una malattia, la proviamo in tutte quelle d» genio analogo. Por essa oi serviamo delle cognizioni che già possediamo intorno ai morbi o rimedi noti per conoscere la natura di morbi o rimedi nuovi, a posi dilatiamo il campo della scienza o dell' arte. La nostra mento WQtt s'inganna pel credere che analoghi effetti sono governati da analoghe cagioni, perché questo non è un principio a priori ma è dettato dall' esperienza di quanto accade nelle cose naturali. Egli é per mezzo dell' analogia dei caratteri e degli effetti, ohe il gran Franklin riconobbe V identità del fulmine © del fluidi* ellettrjco, Se camino un corpo per oonoseore oqs'ó' non faccio che paragonai?! lo eoi 44pi degli oggetti Pftt«'*'eU che ho nella mente. Se mi preuca* tft i om»fttfc#*i generali del metalli, già ve lo rifor-ifico/gonaa sapere aneowae fla piutosto yam*,piatubo? o platino ; a misura ohe seppia i oa*»afctei>i oho appai'&enf o#q al tipo platino, ho Ja eon vi aliena che ó questo e non altro corpo 4eUa natura- Ed ecco V anelùf ia dai caratteri mi guida * oonowera P idoutiU di natara di un corpo sconosciuto. Come dall' analogia di effetti si argomenta analogia DEL METODO, 169 di cagioni, cosi viceversa: e due popoli di eguale cultnra.rcligione, educazione, carattere, richezza ,industria, ecc. e posti in simili cir- costanze produranno analoghe azioni in guerra, od opere della pace,e due uomini simili per carattere,per istudj,per genicpel grado di-cultura, non solamente s'intendono subito, ma posti nelle stesse circostanze produrebbero analoghe opere nelle scienze e nelle arti. Ma appunto perché le vere analogie conducono alla scoperta del vero, a induzioni sicure, a scoprire fatti generali anzi le stesso cause generali di molti fenomeni particolari, le false analogie con- ducono all' errore, conducono a principj falsi e cause ipotetiche, guidano a trasportare ad una serie di fatti le idee die corrispondo- no a fatti interamente diversi. "Tutti.i giudizj (dice Zimmermann) "fondati sull' analogia non valgono uno zero, quando non sono "dedotti in conseguenza di un'attenta osservazione delle somi "glianze, e quindi avviene che in certi casi fra loro differentissimi "si aspetta invano un simile effetto" Le false analogie nascono da: imcomplete osservazioni, e dal supporre eguali o simili due sintesi empiriche che sono diverse, e che se si somigliano in certe cose differiscono in molte altre. Cosi per certi caratteri un' osservato- re superficiale confonderebbe 1' oro col platino, 1' argento col ni- k-el, però la sintesi completa dei rispettivi caratteri fa evitare ques- ta confusione. E pervenire alla patologia, il pericolo delle false aaalogie nasce appunto dalle relazioni di somiglianza che sono fra i varj elementi dei fatti clinici per cui un' ossa-vatore superficiale che non badi al fatto completo ma ai varj elementi dei fatti, é ten- tato di stabilire analogie false ed effimere. Cosi troverebbe un' analogia fra una febbre intermittente ed una biliosa ed una pol- monia perciò che queste tre malattie hanno comune la febbre: tro- verebbe un' analogia fra 1' idrofobia e le perniciose perché en- trquice sono malattie acuto; e fra la clorosi,la tisi, la scrofola per- ché sono lente; o fra la dissenteria ed il tetano reumatico perché entrambe possono venir prodotte da freddo; e fra l'amaurosi e la polmonia perché in entrambe può giovare il tartaro emetico. Ad evitare adunque il pericolo dei giudizj erronei che nascono dalle false analogie e' d' uopo in patologia non paragonare già fra loro gli elementi staccati dei fatti, mai fatti stessi individui e com- pleti; ed è perciò evidente che serve di grande anzi di unico aiuto- la pato-sintesi siccome quella che riunisce tutti gli elementi del fatto, clinico, e mirando a) foco ed al centro di questi elementi, guida alla condizione patologica che é il centro 1' anima la causa dei fatti clinici. Che importa che una emicrania periodica sani- gli a una cefalea da indigestione, o da encefalite? E che sia dissi- mile da una congestione oftalmica ó da una terzana? Guidato ii 22 ITO LA SCIENZA medico dalla patosintesi trova che tanto le cause nocive come i fe- nomeni della intermittenza, tanto gli effetti del morbo sull' orga- nismo, come quello della corteccia peruana sulle condizioni perio- diche concorrono a formare dell' emicrania, dell' emormosi oftal- mica, delle febbri periodiche, delle perniciose una stessa famiglia di morbi governata dalla stessa condizione patologica la Periode- si; colla patosintesi trova che la cefalalgia da indigestione come si connette ad altre cause nocive, ad altri sintomi collaterali, ad al- tri effetti e pericoli, e all'efficacia di altri rimedj. cosi riconosce una condizione patologica afflitto distinta.Dalle cose dette emergono al- cuni corollari importanti: 1? Che come nella fisica e nella chimica si può evitare le false analogie,e la confusione di cose dissimili me- diante la previa sintesi completa dei caratteri dei corpi, cosi in patologia si possono evitare le false analogie, e perciò le false ed erronee classificazioni dei morbi, e i falsi giudizj sulla loro natura, astenendosi dal contemplare un solo lato un solo elemento dei fatti, ma bensì ravvicinando fra loro i fatti completi con la sintesi di tutti i loro elementi. 2.° Se la Nosografia é unilatere ed in- completa.se non é diagnostica, se non arriva a trovar la causa pros- sima 1' anima il centro del fatto clinico, la nosologica classifica- zione prenderà per base caratteri insignificanti, o le forme morbose prese in astratto/o condizioni morbose ipotetiche; sarà quindi sin- tomatica o sistematica non diagnostica. 3? Se tanto la Nosografia come la Nosologia debbono occuparsi non di una sola parte del fatto, ma del fatto completo preso nell' insieme de suoi elementi, é vana vanissima la distinzione dei patologi della Nosologia (classi- ficazione dello forme morbose; e della Patologia (classificazione delle diverse nature dei morbi). 49 Se l'anima del fatto clinico é la causa prossima, palesata dalla pato-sintesi de suoi dati diagnos- tici, chiaro è che la sola Nosologia diagnostica che classifica i mor- bi per l'analogia o identità delle cau^e prossime avrà principj dia- gnostici e terapeutici comuni ai varj gruppi che forma. § 6G—Dei principj analogici applicati alla Nosografia edalla Nosologia,—differenza fra i principj aìialogici veri e gli unilateri. Chiamo principi analogici i rapporti d'identità [1] o di somi- glianza vera di fatti altronde diversi per caratteri subalterni e insignificanti. Anche la nosografia ha i suoi principi analogici per- ché nella coordinazione nosografica di mille casi di vaiuolo, o di [1] Nel corso dell' opera segnalerò allr attenzioue dei patologi una differenza no- tabile fra identità di natura ^analogia dileggi morbose. Cosi i morbi da periodesi e da congestione attiva hanno identità di.natura, i morbi da flogosi, da irritazione da processo febbrile hanno analogia di leggi morbose. DEL METODO. 171 podagra o di tisi, il nosografo cerca non i caratteri eventuali e in- costanti,ma quelli che sempre accompagnano la malattia, non quel- li che appartengono alle complicazioni, all' individuo, a influen- ze etiologiche eventuali, ma clic sempre'spettano al morbo stesso; (lo stesso esattamente deve dirsi rispetto al medico che cerca nel- la pratica i tipi della Nosografia). Nella Nosografia i caratteri analogici veri del morbo sono i costituti del morbo stesso; gli in- significanti sono le differenze eventuali. La applicazione dò prin- cipi analogici alla nosografia dà per resultato le storie generali o monografie o tipi clinici. Ora questi tipi clinici si rassomigliano fra di loro (e perciò formano dei gruppi diversi) o per caratteri importanti alla diagnosi ed al le cura o per caratteri subalterni e insignificanti. Sono caratteri importanti alla diagnosi ed alla cura quelli relativi alla causa prossima del morbo, e sono caratteri su- balterni i relativi alla sede, al tipo, al grado ecc. di essi. Cosi un dolore periodico ha un' analogia vera con una febbre periodica, perché accenna ad una condizione comune curabile con mezzi comu- ni, ma una cefalea periodica ha una analogia falsa con una cafalea flogistica, perché ciascuna appartiene a due tipi clinici differenti e curabili con distinti rimedj. Cosi tutte le flemmassie costituiscono un gruppo speciale di morbi perché hanno una condizione comune la flogosi,sebbene presentino forme cotanto diverse: una polmonia, una dissenteria, «n tetano, una risipola, un'angina, un'enterite ecc. Ora questa flogosi causa prossima comune a monografie diffe- renti per fonna, per sede, per andamento, per esito, differenti per ispecialità etiologiche, anatomiche e, terapeutiche; questa flogosi io dico é un principio analogico, un fatto generale che risulta da molti fatti particolari e diversi. Pertanto i veri principj analogici applicati alla nosologia sono i caratteri deliacausa prossima perché importano veri principj dia- gnostici e terapeutici. L'applicazione dunque de veri principi ana- logici alla Nosologia dà per risultato certi fatti generali: flogosi, periodesi, emormesi, ecc; generali, perché comuni a certi gruppi di morbi, e aventi certe regole diagnostiche e terapeutiche generali egualmente ai gruppi stessi. Che se il patologo invece di prender di mira i caratteri essen- ziali di un morbo [quelli della condizione patologica risultanti dal- la sintesi di tutti i dati diagnosticijprendedi mira icaiatteri subal- terni (la sede p. e; il corso, il tipo, il grado ecc.) forma divisioni insignificanti (malattie esterne, interne,acutc,croniche ecc.) V 'e' dunque quest'importante differenza fra i veri principj analogici e i principj unilateri, che gli uni hanno por oggetto l'anima stessa di molti fatti diversi,o la condizione patologica coi suoi caratteri dia- 172 LA SCIENZA gnostici e terapentici.gli altri hanno per oggetto caratteri secom- darj quasi insignificanti. Gli uni guidano a formare gruppi naturali di fatti clinici veramente simili di natura e perciò di regole prati- che, gli altri guidano a confondere fatti diversi,e che pure si rasso- migliano in un lato insignificante :gii uni hanno per base la patosin- tesi, e per iscopo le cause prossime cioè tutto il fatto, g!laltrihan-< no per base un' elemento solo del fatto astrazion fatta da tutti gli altri. In una parola gli uni guidano all'edilizio veramente nuovo della Nosologia diagnostica che ha le cause prossime per oggetto e la patosintesi per guida.cioé le differenze reali non le apparenti del- le.malattic umane, gli altri guidano all' etiologia generale, alla se- meiotica e nosologia sintomatica, all' anatomia patologica, alla materia medica, o terapia generale: vere semiscienze perché non si occupano di fatti completim;a di elementi staccati dei fatti o di fatti collaterali'il cui valore é legato e relativo ai fatti completi e in- dividui. § 67. Da questo metodo derivano due risultati stupendi: la No- sologia diagnostica, e la Patogenia induttiva. La coordinazione dei fatti sarebbe erronea sbagliata unilatere, se in luogo di classificare fatti completi e individui, classificasse elementi de fatti o fatti collaterali; se in luogo di mirare alle condizioni, e caratteri essenziali del fatto, mirasse ai caratteri se- condarj e insignificanti: sarebbe quasi puerile, se avesse per og- getto una disposizione simmetrica delle nostre conoscenze empi- riche, e non di fornire all' arte certe norme diagnostiche e tera- peutiche. Il metodo da me proposto che consiste nel formare dap- prima il fatto clinico per mezzo della patosintesi de suoi dati dia- gnostici, e l'induzione sperimentale della sua condizion patologica (diagnosi clinica) per poi classificare i tipi o fatti cliuici per l'analogia di queste ^pato-sintesi, sinonimo della condizion pato- logica rispettiva, mi sembra condurre a due nuovi e stupendi ri- sultati: la Nosologia diagnostica e la Patogenia induttiva. Infat- ti avendo per guida i veri principj analogici io pongo nello stes- so gruppo nosologico le febbri perniciose, le intermittenti sem- plici, le forme dolorose o convulsive, o congestive, purché abbino per base la condizione periodica. Ed osservo che nel farlo io sta- bilisco veri principj diagnostici e terapeutici comuni a tutti i sommi generi del morbo stesso, perché infatti in mezzo alla va- rietà delle forme è generale e comune la patosintesi della periode- si, cioè provenienza da certe cause speciali, segni caratteristici della condizione periodica, certi effetti del morbo, certa efficacia di rimedi specifici. Al contrario avendo' per guida i fatti, collato- rali. o principj analogici unilateri ed incompleti, colloeo nello atea- DEL METODO. 173 so gruppo nosologico o febbri, o profluvj o nevrosi, una folla di malattie essenzialmente diverse per cause, per diagnosi, e per metodo curativo, clic quindi non hanno né aver possono comuni gli stessi principi diagnostici e terapeutici. La quale Nosologia diagnostica se potesse conseguirsi [e solo mi par possibile cogli esposti principj4 tre .grandi vantaggi ne ridonderebbero alia sci- enza ed all' arte. 1° Di ottenere uno dei principali scopi della filosofia naturale che consiste nel riferire a poche e generali ca- gioni una varietà e numero grande di fenomeni e di efletti. Co- ordinarci morbi prendendo per'base le condizioni patologiche. e cosi classificarlo per analogia od identità di esse equivale al trovare le vere cause inmediate di svariatiss.ime forme ed effetti. equivale al fissare i veri principj e relazioni dei fatti, al fissare fatti generali e comuni a certa serie di fatti particolari. 2° Di as- segnare a ciascun gruppo nosologico quei veri e naturali iprincipi o precetti relativi alla diagnosi ed alla cura, atti a guidare il pratico nell' esercizio dell' arte, e quindi non solo ridirne a po- che le nostre conoscenze, ma a poche (però vere e naturali) le re- gole dell' arte. Una malattia non è solamente un. fatto ma un giudizio ossia una. diagnosi; e l'avere già una serie di diagnosi belle esatte, e altresì ordinate in gruppi naturali o per identità di natura o analogia di leggi, f equivarebbe all' aver fondato le leggi del razionale empirismo: anche quando la patogenesi non fosse possibile. 3- Una malattia insorge perché certe leggi pre- siedono alla sua formazione; quindi un morbo differisce da un' al- tro, perchè differiscono queste leggi patogeniche. Ora è evidente che tutti i sommi generi che formano un gruppo nosologico come hanno analogia di condizion patologica cosi pur 1' hanno di leg- gi patogeniche. Ma se la patogenia dei morbi é un bisogno della mente e dell' arte, se per ottenerla di un modo induttivo è d'uo- po che non venga imposta da una teoria, ma risulti dai materia- li dell'osservazione clinica; se ogni gruppo naturale di morbi ha speciali leggi patogeniche, é manifesto che la nosologia .diagnos- tica conduce a scoprire la patogenia dei singoli gruppi, distoglie dall' impiegare i tipi clinici di un gruppo all' interpretazione pa- togenica di un' altro, ed esige appunto d'interrogare i soli fatti Clinici la cui interpretazione patogenica s'intraprende. In altre parole fgtiida alla patogenia finduttiva come dimostrare in breve. § 68. Dell' ; interpretazione dei fatti, o dei principj etiogenici— Scopo, ^vantaggi, difficoltà, metodo della patogenia in- duttiva. La* formazione dei fatti clinici é certamente un mezzo sicuro e ntifetìffiftarib per lo scopo di mia coordinazione nosologica dei fatti 174 LA SCIENZA stessi o scoperta de fatti generali o principj analogici. Però questa coordinazione nosologica non é lo scopo supremo dell' os- servazione e del ragionamento, dell'arte e della teoria; perché vi è uno scopo ancor [più elevato nella scienza e nell' arte a cui conduce come mezzo la coordinazione suddetta. Questo scopo an- cor più elevato é la interpretazione patogenica dei fatti 'clinici che é un bisogno della niente perché lo é dell' arte. Se é vero che quod in contempi atione instar cause est, id in operaiione instar regule est. e che non si può ubbidire e'imitar la natura se non dopo aver- la compresa, sarà manifesto che la sola diagnosi clinica o la so- la sintesi empirica non basta ai bisogni della mente e dell' arte, ma che é dmopo spinger lo sguardo dell' intelletto nell' intimo magistero della vita morbosa fin dove i fatti danno adito all' in- duzione; e interrogar la natura fin dove é permesso sperare che essa ci risponda per mezzo dei fatti. Non basta il sapere (e la storia della medicina é là per provarlo) che la flogosi è la causa prossima di una polmonia o d'una oftalmia, che suole nei varj ca- si esser prodotta da certe cause, palesata da certi sintomi, segui- ta da certi effetti, e frenata da certi mezzi; ma la neccessità di conoscere a fondo la natura della flogosi che tutti i giorni curia- mo, ci spinge ad investigare perché tali cause la producono, e tali sintomi ed effètti le corrispondono, perché presenta certe differen- ze cliniche e terapeutiche, perché produce certi effetti e certi esi- ti, perché si risolve con certi mezzi di relativa efficacia. L'osser- vazione clinica ci guida dunque a scoprire per mezzo dei dati diagnostici l'esistenza di certe condizioni morbose, flogistica, pe- riodica, scorbutica, irritativa ecc. ma non guida a comprendere la ^natura e la genesi della flogosi stessa, né come le cause mor- bose operino a produrla, e i rimedi a combatterla. Questa cono- scenza (che io dico diagnosi patogenica) se pur si ottiene egli é per mezzo di un processo intellettuale più lungo, più complicato, più diffìcile, che ha per base come vedremo un più esteso nume- ro di dati, e di fatti, di confronti, e di raziocinj, e non si fa cer- tamente al letto dell' ammalato. Senza questa diagnosi patoge- nica la terapeutica si riduce ad un empirismo servile, ad un' imi- tazione cieca di ciò che operarono gli altri medici: mediante la diagnosi patogenica conosciamo le leggi della vita morbosa, la ragione del giovare e del nuocere o delle potenze morbose o delle terapeutiche; entriamo nelle vedute stesse della natura, e possia- mo inventar nuovi mezzi per soccorrerla ed ubbidirla. Non voglio dire però che la diagnosi patogenica sia sempre possibile, fche anzi nello stato attuale della scienza non 1' é an- cora per molti morbi, e la medicina che ha la sacra missione di DEL METODO. 175 essere arte deve "attenersi al mero empirismo, quando non può raggiungere l'empirismo razionale. Però dico che é un bisogno istintivo dell'Giorno, come lo provano gli sforzi della patogenia da Ippocrate fino a noi per interpretare la natura, la genesi, la formazione dei varj stati morbosi; e dico che è di sommo van- taggio alla scienza ed all' arte quando essa può essere stabilita. E dico altresi che questa parte nobilissima del medico sapere è piena di difficoltà e di ostacoli, e che se vi é alcuna speranza di dissipare le ttenebre che l'avviluppano, e di raggiungere il filo che ci conduca nel labirinto patologico, essa é riposta quasi del tutto nella bontà del metodo filosofico come quello che può con- durci a formare i fatti veri della fisiologia e della patologia, a coordinargli e farne emergerei veri principj, a ravvicinare final- mente i principj delle due scienze per la interpretnzione della vi- ta morbosa. Pur troppo la patogenia fino ad ora é stata vana nei suoi risultati, ed erronea nei suoi principi, perché ipotetica nel suo metodo. Dai quattro umori d' Ippocrate fino al misto organico del Bufalini essa ha preso le mosse dalla Fisiologia razionale ipoteti- ca ed a priori, non mai fu induttiva emergendo dai fatti veri e dai principj veri della Patologia, studiati poi e ravvicinati colle leggi vere della vita normale. Qual meraviglia poi che fosse sterile ed erronea trattata col falso metodo dell' indovinamento? Appun- to perché la Patogenia [o l'interpretazione della natura dei mor- bi] é la parte più oscura più difficile e trascendentale del medi- co sapere, é neccessario che lo spirito umano per diminuire gli ostacoli concentri i suoi studi a una sola serie di fatti, a un solo fatto generale, e faccia convergere un maggior numero di mezzi e di aiuti per conseguirlo a guisa di abile architetto che dispone machine di straordinaria potenza per opere straordinarie ed osta- coli straordinarj, il tunnel sotto il Tamigi, p. e; il passaggio sot- teraneo delle alpi: perché solamente l'associazione di grandi sfor- zi può ottenere un grande risultato. Ecco le norme che la scienza del metodo suggerisco per rende- re la patogenia induttiva, e 'sicuri abbastanza e degni di questo nome i principj etiogenici che stabilisce. lp Prendere le mosse dai tipi clinici formati dalla patosintesi per evitare il pericolo di avere per base e per guida dei semi-fatti, dei fatti bastardi, o dei fatti collaterali, inetti a qualunque utile ed etìicare coor- dinazione, a qualunque utile ed efficace interpretazione. 2. ° Coordinale i tipi clinici in dati gruppi, e perché aventi identità di natura o analogia di leggi patologiche, prendendo di mira le cause prossime a cui condusse la patosintesi dei dati diagnostici; ciò equivale a stabilire i fatti generali aventi comuni principj e 176 LA SCIENZA precetti diagnostici, e terapeutici. 3° Studiare a parte la Patoge- nesi d'ogni gruppo nosologico, perché se vi é identità di.natura o analogia di leggi nei sommi generi che lo compongono, egli 6 forza ammettere che le stesse leggi patologiche presiedono alla sua formazione. Ciò impedisce la confusione e toglie dal pren- der luce dai fatti che per essere estranei non possono darne. 4? Ciò disposto é d'uopo partire da tre assiomi sperimentali. A. che non v' e' malattia spontanea, ina che sempre é mossa da certe cause nocive. P. chele cause nocive in tanto produssero la ma- lattia che violarono certe e speciali leggi della vita normale. C. che produssero piutosto una. malattia che un' altra in quanto violarono certe e speciali leggi della vita normale. 59 Ciò pos- to è neccessario che la fisiologia razionale abbia determinato previamente quelle condizioni e leggi generali della vita norma- le, osservando le quali ne risulta la salute e la vita, l'armonia delle parti e delle funzioni; violando le quali ne risulta il disorr dine delle une e delle altre. 6P Colla face di questa scienza il pa- tologo rischiara allora i fatti di quel gruppo nosologico la cui patogenia va studiando; interroga le cause nocive, ed esamina in quali circostanze della vita operarono; trova che sebbene diver- se in apparenza, sono analoghe perché agirono nel medesimo mo- do, e violarono le medesime condizioni e leggi della vita norma,- le. 7° Allora comprende perché dato lo stesso modo di agire deh ie cause nocive, sempre ha luogo il medesimo effetto, o certa rea- zione della vita moibosa; comprende quale é lo scopo della natu- ra nella sua reazione innormale,egli che conosce qual é il suo sco- po nel suo funzionamento fisiologico. Ecco come la fisiologia aiuta e rischiara la patologia però non le impone le sue idee. 8° Ma il patologo non si contenta di prender luce dall' etiologia e dalla fisiologia, non si contenta di prenderlo dalla natura dei sin- tomi, che sono gli stessi atti dello stato morboso, ma studiala natura, concatenazione e successione di quelli atti stessi, studia i processi morbosi, studia gli effetti che produce il morbo nelle parti che attacca, studia i modi di spontanea soluzione, studia le condizioni inerenti ad una felice o funesta soluzione del morbo, studia l'influenza che vi ha il metodo curativo considerato nel- la qualità, nel grado, e nell' oportunità dei mezzi impiegati; e dall' insieme di questi dati etiologici, scmeiottici, prognostici, e, terapeutici, desume i criteri per convalidare il giudizio patogeni- co sulla condizione morbosa che imprend-e a. studiare. Questo giudizio che hai fatti clinici certi per base, la coordina- zione loro per guida, che ha la lupe della fisiologia razionale, cl^Q si appoggia sul confronto di tutti i dati diagnostici, cause, sinto- DEL METODO. 177 mi, effetti del morbo, effetti di rimedi, ben merita il nome di Pa- togenia induttiva. § 69. Quali sono i fatti e quali sono i priccipj analogici ed etiologenici della fisiologia in virtù dell' esposta dottrina. Come in patologia i fatti sono insiemi di fenomeni che con- corrono a palesarne l'individualità, la sede, la natura; cosi in fi- siologia i fatti sono i fenomeni più o meno complessi della vita normale; e come quelli si connettono a certe cause interne (le condizioni patologiche) cosi questi si connettono a certe cause interne della vita normale; che sono le forze vitali regola- te dalle leggi di rapporto organico. E dico che i fenome- ni vitali sono complessi perché niun' azione come niun' organo è isolato, e vive anzi ed agisce con altri e perché agiscono altri; e non potrebbe farsi la storia esatta di una sola funzione, senza studiarla in tutte le sue relazioni colle altre e col tutto organico. E come in patologia le osservazioni della terapeutica hanno un valore relativo alle condizioni patologiche, cosi in fisiologia i precetti e le osservazioni dell' Igiene hanno un valore relativo allo varie situazioni fisiologiche. Ma la fisiologia non é solamente una storia delle forme e del- le azioni organiche; ma deve avere i suoi principj analogici per classificare i fatti; e i suoi principj etio-genici per interpretargb. La N. Zoonomia ha classificato quattro forme dell' esistenza or- ganica perché fra le une e le altre v' e' una differenza profonda perla natura dei fattori vitali, perle leggi di relazione vitale, per l'unità organica che ne risulta, e la specialità de precetti igie- nici, delle cause nocive, e della reazione morbosa; ha classificato i tessuti organici, i poteri vitali, e le funzioni prendendo per gui- da il principio dell' unità, e l'analogia dei poteri, dei fenomeni, e dei risultati. Stabiliti questi principi aualogici, e cosi classifi- cati questi fatti della fisiologia, la N. Zoonomia ha tentato la in- terpretazione etiogenica dei fatti stessi ricercando le cause ge- nerali tanto delle forme come dei fenomeni della vita normale, e perciò dei precetti che ci fornisce l'Igiene. Ha escluso l'influen- za a produrgli delle forze chimiche,fisiche, ^psichiche, ha ricono- sciuto l'esistenza generale e comune di4tre generali poteri la sen- sibilità, la mobilità, la forza plastica come quella di tre genera- li fenomeni senso, moto, e formazione; perché 1' ha trovata sem- pre in tutte le forme, in tutti gli atti della vita. Però non gli è bastato nemmeno questo gran principio etiogenico; perché ha osservato che l'esercizio di queste tre forze della vita non è for- tuito ma é regolato da certe leggi che sono relative e molteplici, 23 178 LA SCIENZA. però condizione della vita normale, perché se osservatene risulta la salute, se violate ne risulta la malattia; e quest' altro princi- pio etiogenico ha chiamato leggi di rapporto vitale perché confer- mate dai fatti dell'Igiene e dell' Etiologia. § 70. Itre rami del metodo guidano all' empirismo razionale, ed alla vera sintesi scientifica fisio'-palologica—Rispos- ta a un' obbiezione al mio concetto dei principj e del metodo. Per le cose dette in questa sessione si vede che la scienza del metodo applicato alle cose modiche [e specialmente intendo la patologia] ha tre scopi distinti, e perciò tre parti diverse, la for- mazione, la coordinazione, e l'interpretazione dei faiti: l'una che appartiene alla sintesi empirica dei fenomeni e ne studiai va {'por- ti primi ed empirici per formare i fatti, l'altra che appartiene alla sintesi clé principj o fatti generali, e studia i rapporti analo- gici dei fatti particolari; l'altra finalmente che appartiene alla sintesi delle cause generali e studia i rapporti etiogenici dei fatti stessi. E sebbene sembri che all' uno corrisponde l'osservazione, all' altro l'analogia, all' altro l'induzione, e che perciò l'uno ap- partenga all' ordine obbiettivo delle nostre idee, gli altri duo all' ordine subbiettivo, che l'uno rappresenti la parte storica della scienza, li altri due la parte razionale teorica e speculativa, tale pure non é il mio intendimento,né lo spirito di questi principj nor- mali. Perché io penso che il nostro intelletto [e parlo sempre di scienze sperimentali coni' é la medicina, e non di scienze specula- tive] ha l'iniziativa tanto dell'osservare, come del classificare, co- me dell' interpretare, tantoché ho dimostato che osservare e pen- sare; perché avvisai che ninno potesse dubitare dell'indole razio- nale degli' altri due processi, la classificazione, e la interpreta- zione dei fatti; benché io pensi che ivi puro è condizione essenzia- le d'occuparsi dei fatti, e che tanto il coordinare come l'inter- pretare non sia una mera speculazione di idee a priori. Il meto- do ha dunque tre parti e tre processi distinti perché ha tre dis- tinti scopi, e ha precisamente quest' ordine di successione perché il conseguimento di uno scopo, è condizione al conseguimento de- gli altri due. E ha tre distinti scopi perché tali sono i bisogni e gli intenti della mente e dell' arte. La mente come l'arte ha bisogno di ridurre a poche le sue co- noscenze, a poche le regole di agire sulla natura, ha bisogno di conoscere le cause generali dei fenomeni infiniti che osserva, per conoscere il modo di dominarle. Per ottenere quest' intento ha bisogno di coordinare i fatti, confrontargli, disporgli per istndia- DEL METODO. 179 re i caratteri veri che guidano a formarne dei gruppi veramente distinti, cioè per trovare i fatti generali o principj analogici; e non potrebbe procedere alla coordinazione di fatti veri e individui senza 1' applicazione di certi principj normali per conseguirei' uni- tà dei fatti particolari e fondamentali della scienza. 0 io inmensa- mente m' inganno, o pare a me che i principj normali del metodo che ho forse pel primo proposti conducono a questi due grandi e nobili risultati. I- All' empirismo razionale dei singoli fatti. 2" Alla vera sintesi lìsio-patologica di tutta la scienza. Mi gioverò di un' esempio per farmi intendere: applicando i miei principi ci no- sografia diagnostica, e servendomi della patosintesi io tenterò di togliere dal caos delle febbri un certo numero d'individui che chia- merò le f. continue. Studiando questo gruppo nosologico, e inter- pretandone la natura, troverò che la patogenia delle medesime é riposta in un' idiopatica ulterazion degli umori, e- perciò in un pro- cesso riparato!* dei medesimi. Questa dottrina patogenica se vera, procede tanto dai fatti veri ed analoghi della nosografia come dai principj della Fisiologia razionale, se vera va d' accordo coi ri- sultati ì più certi dell' esperienza, se vera dirige la.terapeutica d' ogni caso particolare; ed è applicabile alla diagnosi ed alla cura di tutti i fatti veramente analoghi; è 1' anima di un gruppo vero della nosologia. Ecco dunque una parte tanto nobile della pato- logia come sono le febbri continue avere già fatti completi e indi- vidui e principj analogici e patogenici,cioé fatti e principj, l'osser- vazione d' accordo colla teoria, possedere un razionale empirismo anche quando tutte le altre parti dell' edirizio patologico fossero ancora inaccessibili alla nosologia diagnostica, ed alla pato- genia induttiva. Supponiamo ora che tutti i gruppi nosologia ottengano se non da me, dal progresso della scienza lo stesso perfezionamento; che sia esatta la loro formazione nosografica, e coordinazione nosolo- gica, che la stessa fisiologia razionale che ha potuto, rischiarar bene un gruppo nosologico, po^sa rischiarar bene del pari tutti gli altri/che si possa conoscere la bontà delle rispettive patogenie induttive, non solo per la leggitimità dei fatti posti a base ma peli' accordo loro colla pratica universale; egli é evidente che la somma di queste nozioni patologiche formerà di tutta la scienza patolo- gica un corpo solo di dottrina veramente solido e sperimentale, pratico insieme e razionale. Anzi poiché le nozioni fondamentali della fisiologia razionale quelle saranno che avranno condotto a questi principi di patogenia induttiva; egli é naturale altresì che servendosi la patologia e la fisiologia di mutuo appoggio si possa dire essersi giunti alla vera unità della scienza organica 180 LA SCIENZA chela medicina abbia finalmente il suo vero organo scientifico, e sia giunta alla dignità di scienza. Dimostrato che cosa sono i principj in medicina, e quale é il metodo che osserva la mente per formarli e conseguirli,devo e pos- to occuparmi di una gravissima obbiezione che mi verrà mossa da varie parti: non é vero, mi si dirà, che i principj sono le relazioni dei fatti, né che la mente procede con quest' ordine rigoroso di far prima i fatti, poi coordinargli, poi interpretarne le cause gene- rali e le leggi. "I fatti senza la idea sono un nulla; l'idea non vie- "ne dopo i fatti, ma precede e dà valore ai fatti, come lo prova il "sistema di Copernico, la gravitazione di Galileo e di Newton, la "circolazione del sangue (Louis Peisse op. c.)La ragione dei parti- colari giace dentro gli universali i quali stanno nel nostro intel- letto non come un' insieme di sensazioni trasformate, ma in quali- "tà di principj assolutici nozioni originarie che scaturiscono dall "essenza della mente......Non é da un cumulo di fatti che il gran "Vecchio di Coo trasse il principio dell' attività vitale, .senza 1' ''iniziativa della mente la scienza non sorge né si coordina, e an- "che la semplice posizione di un problema é già una premessa lo- "gica. .il dubbio stesso è già un' auguro di scienza. .1' ideale ó 1' "origine delle scienze e delle più grandi scopertc[Gio. Franceschi Risi. Ippoc.] Dopo le cose detto in quest' opera non è difficile rispondere a questi gravi argomenti senza sortire dallo spirito della Filosofia razionale Italiana. E' vero; la mente che ha l' iniziativa nell' os- servazione e nello studio dei rapporti primi ed empirici dei feno- meni [§ 43-47); che l' ha nel diriggere gli sperimenti, e fissare i rapporti etiologici (48-53); che 1' ha nella coordinazione nosogra- fica destinata a formare i tipi clinici [_§ 36-10 §54-62), 1' ha molto più nell' induzione teorica ossia nello studio dei rapporti secondi, o analogici o etiogenici dei fatti individui [§ 63-69]. Egli é in questo senso che può dirsi cho 1' idea precede i fatti. Ma che cosa è questa idea che precede, che dirige 1' esame dei fatti, e dà valore e collocazione ai fatti? E' forse indipendente dall' esperienza, e scaturita spontaneamente e soltanto dal fondo subbiettivo della nostra mente? La storia delle più grandi scoperte e verità genera- li ci prova elici' uomo e solamente 1' uomo di genio [e vedremo al § 73 quello che ciò importa] non per inspirazione o riflession sub- biettiva, ma sempre da pochi fatti o da uno ricavò un' idea etio- logica o leggo o principio; e che poi studiando questa idea u\ rela- zione con fatti molti ed analoghi, venne a generalizzarla e trovar- ne la realtà e solidità, e darle quindi il carattere di fatto generale o principio. Fu un' osservazione fortuita clic inspirò alla mente DEL METODO. 181 di Galileo e di Newton il sospetto della generale attrazione, fu lo studiosi questa ideainTelazione di fatti molti ed analoghi che con- verti il sospetto in certezza ed in una generale dottrina. Furono pochi fatti che inspirarono a Francklin il sospetto cho P ellettrì- cità comune sia la cagiono dei fulmini e. dello tempeste, ed é con- frontando i fenomeni dell' ellettricità atmosferica e della fisica, cioè confrontando 1' idea coi fatti analoghi che ne ottenne la cer- tezza e la dottrina. Non é da un cumulo di fatti che il Vecchio di Coo desunse il principio dell' autocrazia vitale, forse fu da pochi, ma nei quali il rapporto etiologico era esattamente colto. Egli è ravvicinando questo principio con tutti i fatti della fisiologia e della patologia, che la sua scuola ha potuto o potrà farne una com- pleta e solida dottrina. Egli é per ciò cho Francesco Bacone opi- na che "tale é 1' andamento di tuttii rami dell' umano sapere di- fendenti dall' esperienza e dall' osservazione che laddove dai pri- "mi fatti si ricavano alcuni principj, servono poi essi a vicenda al "ritrovamento di altri fatti" Egli é dunque in questo senso che 1' idea feconda e dà valore ai fatti;senza che sia però meno vero che 1' idea provenne in origine dai fatti in forma di sospetto, e fu sanzio- nata e convertita dallo studio dei fatti in forma di principio e di completa dottrina. Non sembra dunque esatto il dire che la ragione dei particolari sta negli universali, e che questi più che nei fatti particolari stan- no nella mente dell' uomo come principj assoluti e nozioni origi- narie. Piutosto sembra conforme al vero che nei fatti particolari esistono eziandio gli universali, che non altro sono che i rapporti di analogia e di causazione che legano questi fatti, perché il legar- li é condizione dell' ordine e dell' armonia del creato, esser quindi inerente all' umano intelletto la maravigliosa facoltà (negata ai bruti) di cogliere e riconoscere questi rapporti, ed il fine a cui ser- vono, e trovare perciò le leggi della creazione. Ciò tanto è vero che solamente é dato al genio poter riconoscere e studiare certi supremi rapporti,ed elevarli a principj, e scoprire le leggi fonda- mentali che governano la natura o fisica od organica o morale, ed entrando in certo modo nelle vedute del SOMMO CREATORE mostrarsi simile a LUI. Ciò tanto é vero che anche all'uomo di genio é dato dai cieli sollevare un solo lembo del gran velo che cuopre le arcane leggi della natura, e clic lo stesso spirito umano nello spazio e nel tempo é chiamato a questa totale maravigliosa scoper- ta, e a faro questa sintesi inmensa del sapere e della creazione. Ecco perché mi é d' uopo dissentire da due profondi ingegni, Gio- vanni Franceschi, e Benedetto Monti: Se 1' attitudine che ha la nostra mente di cogliere i rapporti delle cose e di capire l'ordine 182 LA SCIENZA dell' universo fosse un' insieme di nozioni originarie indipendenti dall' esperienza, la catena che unisce Y uomo alla natura, e gli at- ti diversi del processo intellettuale, catena prestabilita condizione del suo essere, sarebbe infranta (1) E ammesso che fra la ragione del mondo delle realità, e la ragione dell' nomo sia prestabilita tale corrispondenza, che 1' uomo può leggi ternamente indurre da queste (le originarie] a quelle, ne verrebbe che 1' uomo potrebbe cavare dal fondo della sua mente la teoria del meato prescinden- do dall' esperienza, ciò che é smentito dalla storia delle scienze. L'esempio dunque delle grandi verità generali e scoperte scien- tifiche e principj razionali prova 1° Che per essere scoperti e sta- biliti vi fùd' uopo di uomini di genio, che é la potenza della mente applicata ai rapporti di analogia e di causazione, come il tatto o spirito di osservazione è la forza della mente applicata ai rappor- ti primi ed empirici. 2" Che il genio li derivò da pochi fatti in forma di sospetto, ma da fatti ben formati e completi non dubj e imperfetti: dunque i fatti completi e individui sono la base della teoria e dei principj, e il primo passo della scienza, 39 Che il ge- nio gli ravvicinò ai fatti analoghi per poterli generalizzare cioè trovare nel multiplo de fatti speciali: dunque il concorso di molti fatti e lo studio (lei rapporti analogici é il secondo passo della scienza. 4° Che il genio una volta sicuro de principj generali potè estendere il campo dell' osservazione e della teoria, e dar ragione di tutti i fatti subordinati. E' dunque vero che ì principi sono le relazioni dei fatti, presta- bilite condizioni degli esseri, come è prestabilita noli' uomo la fa- coltà di conoscerle e di fissarle; ed é vero che se la mente as- pira a formare i principj, e conoscere le relazioni dei fatti, procede col formare dapprima i fatti, poi coordinargli, e poi interpretarli. §.71—Differenza fra le ipotesi neccessarie e le inamissibili in medicina. "Quando s' ignora la causa di un dato effetto si ricorre alle "ipotesi, cioè si suppone che la causa sia una certa cosa. La prima 'condizione delle ipotesi é che esse non siano in se stesse impossibi- ''li, cioè contradittorie, oche i fatti osservati non le contradicano '"La seconda é che spieghino i fenomeni. Se manca la prima con- dizione le ipotesi son certamente false, e non possono ammetter- ':si, se manca la seconda non sono ipotesi perché il fine delle ipo- tesi é appunto quello di spiegare alcuni dati effetti" [2] Nelle opere mediche sono screditate cotanto le ipotesi che son rese si- ti] Lib. L§. 64-fiS. (2) Galuppi Logica m'ita. DEL METODO. 183 nonimo di supposizioni false, giova quindi esaminar quando le i- potesi sono vere, neccessarie, e si confondono collo'induzioni; e quando sono false,inutili, e inconcludenti. Alcuni per ostentazione di severa Filosofia screditano col nome di ipotesi qualunque nos- tro giudizio intorno alla natura delle cose, e all' esistenza delle cause. Cosi Brown lasciò scritto'' investigano causa rum hec venena- "tus philosophie anguis cum cura fugienda" e questo celebre detto fu ripetuto con servii leggerezza senza riflettere, che se Brown al- ludeva a quelle cause la cui ricerca è inutile od impossibile alla scienza od ali' arte, alludeva allo falsi ipotesi che non sono detta- te né confermate dai fatti; e se alludeva alle vere e leggittime cau- se dei fenomeni quelle diesi discoprono dall' intelletto per via del confronto e dell' induzione, stabiliva un paradosso enorme, perché la ricerca delle cause vere lungi dall' essere il serpe che avvelena la Filosofia, è anzi il suo scopo, la sua essenza, la sua missione e la sua efficacia per l'arte, perché quod in conteraplatione instar cause est, id in operai ione'-instar regule est. Il gran Newton ha sup- posto tanto nei gravi come nelle masso celesti una forza di attra- zione, perché lo ha inferito dai fenomeni della gravità e dell' universale attrazione. I chimici hanno supposto che gli acidi han- no affinità [per gli alcali e viceversa, e che corti corpi hanno più affinità per un corpo che per un altro. I medici ed i fisiologi hanno supposto che le cause dei fenomeni fisiologici sono certe for- ze che chiamarono vitali, e che le cause di certi fenomeni mor- bosi sono certe cause interne che chiamano condizioni patologi- che. Ora tanto la forza di attrazione come le affinità chimiche, tanto le forze fisiologiche come le condizioni morbose sono altre- tante ipotesi o supposizioni se si vuol subbiettive, perché nessu- no ha veduto mai ne può dimostrare in modo empirico la esis- tenza o la natura di questo cause occulte. Eppure queste ipotesi sono una neccessità della mente la quale ha l'istinto di cercarci rapporti delle cose anzi i rapporti dei fenomeni'colle cause che gli governano: queste ipotesi hanno l'onore ed il titolo di principj scientifici perche emergono dall' osservazione dei fatti, servono a spiegare i fatti stessi,ed allargono il campo della scienza perché sono applicabili a tutti i fatti analoghi. Queste ipotesi adunque che sono le vere dei filosofi, non sono a parlare con proprietà supposizioni od ipotesi ma giudizi induttivi: e assai opportuna- mente avverte Laplace [1 j "che il metodo che più sicuramente "può guidarci alla ricerca del vero consiste in rimontarci per in- duzione dai fenomeni alle leggi e da queste alle forze." [1] Essai Philosopliique sur les probabilités. 184 LA SCIENZA Che se Newton oltrepassando questo limite avesse voluto im- maginare altresì la causa, il mecanismo, l'essenza, l'origine della forza di attrazione cosi come fece il .Malebranche coi suoi spiriti vitali ed i suoi canaletti per ispiegare il processo della vita in- tellettuale; e se i chimici avessero voluto investigare la causa, il mecanismo l'essenza delle affinità chimiche, avrebbero formato deli le chimere ricercando l'essenza di queste cause finali perché pri- vi finora di dati per sifatta ricerca. Cosi "in medicina può dirsi ipotesi vera o induzione l'esistenza di tre generali poteri senso- movilità e forza plastica, perché é dimostrato non dall' anato- mia e dalla chimica, ma dai fenomeni fisiologici del senso del mo- to e delle formazioni correlativi; però sarebbe un' ipotesi falsa, e chimerica, perche mancano i dati a dimostrarlo, o che i fenome- ni del senso e del moto provengano dai poteri assimilativi, o cho gli atti assimilativi provengano dai poteri sensienti e motori di- rettamente; o che tutte le forze della vita siano il prodotto delle generali efficacie della materia e degli imponderabili; oppure che siano una proprietà unica, egualmente diffusa, e meramente passiva e motrice. Cosi é un principio induttivo o ipotesi vera la periodesi, a cui corrispondono speciali cause, sintomi, esiti,fieffi- cada di rimedi, sebbene l'anatomia eia chimica nulla discoprano nei solidi o nei fluidi, e sarebbe un' ipotesi vaga e falsa se la periodesi si facesse consistere in un' angioite, o in un disordine ter- mo-elettrico quando mancano finora i mezzi per dimostrarlo. § 72. Prir,e-ipj normali della critica delle dottrine fisiologiche, nosologichc, patogeniche, e terapeutiche. Le idee or ora esposte sul modo di formare i fatti medici, di coordinargli, e d'interpretargli non solo costituiscono i principj coi quali può fondarsi una dottrina solida della vita sana e mor- bosa, ma altresì rappresentano gli stessi principj normali della critica delle dottrine fisiologiche, nosologiche. patogeniche, e te- rapeutiche che si presentino sul medico orizzonte. Una dottrina medica che offre un sistema di Biologia può essere buona o no secondo che furono o no osservate le seguenti condizioni 1" Che i fatti o fisiologici o patologici siano esatti e completi, e abbas- tanza certi e numerosi, e ben' ordinati da poterne ricavare prin- cipj sicuri e generali. 2" Che i principi di Biologia non siano al- tra cosa che i fatti generali che le leggi della vita normale, ossia le condizioni dell' esistenza organica generali e comuni a tutti gli atti vitali. 3P Che i principj fisiologici stabiliti sieno le rela- zioni analogiche ed criogeniche dei fatti stessi, perciò derivino dal fondo stesso dei fatti fisiologici e non contensrnno elementi. DEL METODO. 185 stranieri, gratuite ipotesi, idee e giudizi mutuati a'"' scienze es- tranee alla vita. ■■■■>. Una dottrina Nosologica che stabilisca le differenze dèlie ma- lattie può essere vera o falsa seecfndo che furono osservate o no queste condizioni. 1" Che il fatto clinico sia veramente completo formato e individuo, sia mediante la sintesi empirica de suoi da- ti diagnostici, sia mediante la diagnosi clinica e della causa pros- sima. Questo accordo dei dati diagnostici e della condizion patologica costituisce l'unità del fatto clinico e la sua idoneità a classificarlo. 2° Che si riguardi la condizion patologica come l'anima del fatto clinico perché ad essa convergono'cause, sintomi, esiti, rimedi, e ne sono quindi'dati'diagiiostici;;quindi incompleto se la diagnosi clinica é affidata a uri solo dato diagnostico non all' accordo di tutti, incompleto : od'- erroneo se la diagnosi acchiude un' ipotesi, e non è comandata dalla patosintesi. 3" Che si prenda per ba^e della classificazione gli attributi ei caratteri i più impor- tanti ed essenziali del fatto clinico che sono appufrtè!.quelli dello condizioni patologiche. Si evitino-adunque le false analogie ed i chimerici ravvicinamenti che.nascono dal prendere per base un solo elemento del fatto cioè isoli sintomi, o lo sole cause, o lo sole alterazioni anatomiche, o i soli effetti dei rimedi; ovvero condizioni morbose inmaginarie imposte ai fatti clinici da teo- rie a'priori, senza corrispondente sintesi empirica:"'1 '"' Una dottrina che stabilisca là Patogenia e la natura /dello ma- lattie umane deve presentare queste condizioni. I-Che abbia per base la nosografia eia nosologia diagnostica. Una nosografia unilatere ed a frantumi si presta a sostenere una pntogenia qua- lunque. 2" Che non prendale mosso dalla fisiologia razionale, ma bensì 'dalla patologia ravvicinata e illuminata dalla fisiologia; Perché con quel metodo si stabilisco a priori i-modi con cui l'or- ganismo si conserva normale, e a priori pure i modi con cui si di- sordina: col metodo fda me propostosi prendono per base i fatti già distinti,'e s'indaga poi per violazione di'quali leggi organi- che hanno luogo . 3° Che la fisiologia razionale che abbia pre- sa per guida posteriore non sia macchiata di dottrine chimi- che o meccaniche o psichiche vale a dire di idee, di giudizi e di ipotesi estranee alla natura e alto spirito dei fatti e delle leggi organiche, ma costrutta nella sola sfera dei fatti vitali abbia per oggetto di determinare le vere leggi e condizioni fondamentali dell'economia vivente.■■'4(?' Che lo scopo delle ricerche patogeni- che non sia già quello* della sterile curiosità di conoscere le cau- se finali, ma bensì quello di servire all' arto facendola razionale, lì 186 LA SCIENZA e conoscendo il mecanismo della vita morbosa, render facile Si- cura razionale la terapeutica. Una dottrina che stabilisca certi principj di Terapeutica non ó veramente un corpo di dottrina, ma emana da due fonti^diverse: o consiste in una mera interpretazione dei fatti o delle attività dei rimedi, e allora é il corollario di una patogenia (serva d'esempio il Giacomi ni); o consiste nell' esposizione dei fatti, come sono i libri di materia medica più o meno ecclettici, e allora rap- presentano una serie di fatti collaterali. Nel 1° caso la validità di queste interpretazioni terapeutiche è relativa e subordinata a quella delle dottrino mediche, di cui cono un corollario^ nel 2" caso la validità di questi fatti collaterali essondo relativa all' unità dei fatti clinici, non assoluta; i fatti stessi della materia me- dica non hanno valore senza essere riferiti ai modelli della noso- grafia e nosologia diagnostica. Lo stesse norme servono per lo altre semi-scienze etiologia ge- nerale, semeiottica, anatomia patologica che versano su dei fat- ti collaterali, e di un valor relativo all' unità dei fatti clinici. § 73. Del metodo e del genio scientifico—Se uno può stare sen- za l'altro, e se entrambi sono neccessari alla formazione e verificazione dei principj teorici. V é un' obbiezione suprema che verrà fatta senza dubbio a quella parte della scienza del metodo che riguarda la formazio- ne dei principj. Tanto i principi analogici come gli etiogenici so- no l'opera del genio scientifico; e questa luce divina sempre con- cessa a pochi non abbisogna di regole né per formare i principj teorici o riconoscerne la verità, che anzi o le sdegna o le crea. E questa obbiezione gravissima non manca di autorità e di ragio- ni. E già il gran Zimmermann aveva detto "l'attenta osserva- "ziono delle cose e degli avvenimenti particolari non basta per J'una scienza, ma é neccessaria l'arte di cavarne delle nozioni "universali e conformi alla vera natura delle cose. Il genio me- "na appunto a quest'arte" E cosi scrive l'ili. Gintrac "se molte ''induzioni e le conseguenze che da esse derivano si ravvicinano e si ''conbinano possono dedursi dati sempre più generali. In questa ''concezione .più estesa ed elevata si apprezzano nuove relazioni, ''sì fondano prineipj, e si stabilisce una dottrina. Ma per elevar- ci a questa altezza non'basta il buon senso, la rettitudine del ''giudizio, né l'inmaginazione; é d'uopo un colpo di vista rapido ''e sicuro, una viva penetrazione, gran forza di attenzione e di ri- messione, .in una parola genio*, il quale non e* il patrimonio che -"di pochi, giacché riassume qualità che non rimpiazzano i procedi- DEL METODO 187 "menti della logica. Dà la regola ma non la riceve, sparge la lu- "ce la dove le intelligenze volgari non trovano che confusione ed "oscurità.. .il genio è la facoltà d'inventare, è l'attitudine per "produrre nuove bellezze nel dominio delle arti, e scoprir nuove "verità in quello delle scienze; se trova relazioni che passarono ''inosservate, ne segue le tracce e le rischiara, se erige una pro- "posizione in legge o forinola una teoria non la compone che di "materiali solidi uniti coi lacci i più naturali. Il suo metodo é sem- plice come la natura di cui è la. sublime espressione" La. conseguenza che suole cavarsi da queste idee é che il genio non ha bisogno di regole né di principj normali. Pure esaminan- do attentamente le parole di questi due medici filosofi, ei mutui rapporti del metodo e del genio scientifico, penso che il difficile problema deve risolversi in questa formo la. Che l'uno non può sta- re senza l'altro, ed entrambi sono neccessari ali a formazione o verifi- cazione dei principj teorici. Per confessione di Zimmermann non basta per urna scienza l'osservazione dei fatti particolari ina é neccessaria l'arte di cavarne delle nozioni universali, conformi alla natura delle cose, che sono appunto i principj analogici ed ctioo-enici. Ora quest' arte non è altro 'che il metodo vale a dire una ferie di prìncipi normali che ha per base la natura della nos- tra mente, e lo scopo della scienza, e dell' arte. Senza dubbio che non un' ingegno volgare ma bensì il genio conduce a quest' arte, perché solamente il genio che instintivamente si eleva a quelle no- zioni universali prende da se la via che gli addita la natura del- la mente e lo scopo della scienza; cioè crea o a meglio dire segue il metodo die può più sicuramente condurre al suo scopo cosi come il genio sublime che si propose il tunnel sotto il Tamigi, la collocazione della corda ellettrica sull' atlantico, il traforo delle alpi, inventa altresì i modi che possono aiutarlo in questi inten- ti difficili. Anche per cogliere i rapporti primi dei fatti si richiede genio; ma questo genio si chiama tatto pratico e spirito di osservazio- ne. Nessuno dirà che osservatori come Ippocrate, Sydeman, Bor- sieri, Hufeland non seguissero un metodo, si dirà piutosto che per fare una buona diagnosi o lasciarci un' ottima monografia od un principio nosologico tracciarono a se stessi quel metodo che me- glio poteva condnrvi. Il genio scientifico non é il tatto pratico, perché questo si occupa deì rapporti empirici dei fenomeni e quel- lo si occupa dei rapporti teorici (analogici ed etiogenici); non è nemmeno ciò che si dice l'ingeguo, il buon sensoria rettitudine del giudizio e l'inmaginazione, perché queste qualità della men- te sono bensì neccessarie per aprezzare i prodotti del genio e 188 LA SCIEXZA. comprenderli, ma sono incapaci a elevarsi a nozioni sempre più generali, a vedere nuove relazioni, a stabilire 'principj, a creare una dottrina "Un'uomo di buon senso, dice Zimmermann, ravvi-' "sa la dipendenza delle ideo quando esse gli vengono presentate, "un; uomo di genio le trova da se stesso. Un' uomo d'ingegno ar- riva lentamente r,'comprendere quello che il genio comprendo colla maggiore prontezza; l'ingegno applicato alle scienze è sem- pre più o meno imperfetto o nel suo metodo o nelle sue combi- nazioni; il genio é perfetto ed efficace, e crea il metodo e la sci- enza come Bacone, Galileo, Newton, Gioberti, e scopre un mon- do come Colombo. 11 genio scientifico, si eleva all'altezza delle nozioni univer- sali perché sa proporne a se stesso il suo scopo ei mezzi che vi conducono; ciò che si chiama colpo'di vista rapido e sicuro, vi- va penetrazione, gran forza di attenzione e di riflessione altro non é che un senso intellettuale potente dei rapporti analogici ed etiogenicb:degJi oggetti che studia. Il genio scientifico è di po- chi.non già perché .riassume .qualità che non rimpiazzano ì pyi:oce-. dimoiti-della fobica-imi perché esige come sagaeeinente ha notato il gran Zimmermann, il concorso' di due poteri della mente che di raro si trovano uniti in un grado eminente, inmaginazione e giu- dizio. Il perché egli dice: "la inmaginazione presa in tutta la sua "forza, e io spirito considerato in tutta la sua grandezza costir: "tuiscono il genio. s Anche secondo Gintrac il genio'dà la.regola ma non la riceve ed il suo'motòdo é semplice come.la natura di cui è la sublime es- pressionejperché egli traccia a se stesso il cammino che lo può con: durre alla scoperta del vero, ed ai principj che cerca. Però il ge- nio trova il vero più facilmente fperché inventa e segue il. me- todo dettato dalla stessa natura per ritrovarlo. Invano gli antichi sospettavano 1' esistenza di un' ignoto" continente, invano convali- davano il sospetto alcune conoscenze astronomiche e geografiche; invano stimolavano a ricercarlo le scoperte marittime dei Porto- ghesi: la inmaginazione era sterile..... Bisognava che un genio po- tente combinasse questi dati, cosi vaghi, che vi ragionasse, e ne fa- cesse emergere chiaro, deciso, robusto il concetto. Non la inma- ginazione dunque ma questa stupenda dialettica scoperse il nuovo mondo.; Anche.i Portoghesi colle carte del grande Italiano lo in- maginarono e perfino ,lo ricercarono; però ai primi ostacoli e pe- ricoli retrocessero. Ma Colombo'-già lo aveva scoperto nella sua gran mente quando povero e quasi ignoto mirava con -diaprezafl-il trionfo Ideile armi spagnuole.in Granata; e lambitesi che avea fbr- initio.il suo .genio gli diede efficacia. a\sedurre la grande Isabella, DEL METODO 189 a vincere la resistenza dell' ignoranza e dell' invidia, a inspirar fede né suoi compagni della pericolosa gloria. Però 1' uomo stra- ordinario die avea trovato 1' idea od il fine, trovò pure i mezzi conducenti al suo fine, e scelse con una sagacità che oggi stesso am- mirano i nautici la miglior direzione, si valse delle recenti scoperte della bussola e dell' astrolabio senza di cui forse rimaneva sterile il suo grande concetto o il suo portentoso ardimento. Grande inma- ginazione e grande giudizio ecco dunque le condizioni e gli attri- buti del ■■gonio il quale trova relazioni e perciò forma idee che una mente volgare non trova e non forma; che segue o inventa il cam- mino elio detta la natura per trovare il vero, per formare una sin- tesi o per verificarla. Afferma Zimmermann esservi tre specie di genio la 1* che do- manda più. immaginazione che intendimento, e costituisce il genio dei poeti e dei pittori; la 2a. che esige più intendimento che in- maginazione e forma il genio dei fisici e dei matematici 3a. final. nu nte quella che esige in pari grado inmaginazione e intendimen. to, e fa il genio del politico, del capitano, del medico. Ora se ó giusta la sua riflessione che sebbene Leibnits, Newton, Colbert, Turenna furono veri genj come Omero, Milton, e Gesner; che Tu- renna non avrebbe scoperto la fisica celeste, né Newton guada- gnato battaglie, né Colbert composto 1' Illiade, ne Leibnits avreb- ■ be scritto il paradiso perduto o la morte di Abele, io ardirei ag- giungere che non basta questa proporzione di immaginazione e di spirito che forma queste tre specie di genio, ma é d' uopo aver sor - tifo un' istintiva tendenza por certi oggetti speciali. Concluderò con una riflessione decisiva: tanto'la poesia come le altre arti del bello esigono genio e un genio libero e creatore che sembra impaziente di metodo e di freno; eppure 1' estetica ha le sue leggi, cioè i principj normali del metodo che conviene seguire per raggiungere il bollo nella poesia e nelle arti. Le scienze fisiche e matematiche esigono in chi lo coltiva genio, e un genio speciale: oppure.'il genio di Galileo, e di Newton, di Eulero, e di Cassini non avrebbero potuto dar un passo senza la guida dei principj nor- mali del metodo, proprio di queste scienze. Cosi la politica, la morale, la guerra esigono un genio speciale, pure tutte hanno i suoi principj normali del metodo cho dee seguire la mente per for- mare cerei principj e farne Y applicazione. Dunque anche la medi- cina esigtì né suoi cultori genio per t'ormare i suoi principj e per verificargli, però egualmente esige un' ordine un metodo tanto per formargli come por riconoscergli ed applicargli. Dunque né il meto- do solo basterebbe senza genio, né il genio senza metodo. 190 LA SCIENZA § 71—Della ± iìosofia del linguaggio tecnico in medicina; e di quali riforme é suscettibile la nomenclatura dei fatti e dei principj. II linguaggio tecnico è 1' organo e lo strumento anzi il riflesso della scienza perché serve a rappresentare le nostre idee siano re- lative ai fatti o ai principj della medesima. Ciò vuol dire che una scienza perfeziona il proprio linguaggio a misura che perfeziona se stessa, e non cho perfeziona se stesssa in quanto migliora il pro- prio linguaggio corno erroneamente sostennero Condillac, Caba- nis. e Piorry. All'attuale anarchia, indecisione, e imperfezione del- la scienza, tanfo nei fatti quando nelle ideo corrisponde l'anar- chia, Y indecisione, e imperfezione del linguaggio; però questa si- tuazione é 1' effetto non la causa dell' imperfezione della scienza. Questa riflessione avrebbe certamente distolto 1' ili. Piorry dall' inmane e vanissimo lavoro di riformare e trasformare tutta la no- menclatura medica. Pache i difetti del linguaggio non sono quel- li avvertiti da lui, né si rimediano col vestire in nuovi grecismi o fatti incompleti o idee erronee rappresentativo dello stato medesi- mo della scienza. Che importa infatti chele antiche parole di ti- sis, di lupus, di cancro, di eholcra-morbus, di vr.riole non corris- pondano bene pei- la loro etimologia al morbo che rappresentano? Quando tutti i medici dell' universo intendono per cancro un tipo clinico determinato, quando distinguono un colera-morbus da ogni altro vomito o diarca biliosa, quando intendono per colera-morbus dell'India un tipo distinto affatto dal colera sporadico, poco impor- ta che fosse inesatto il nonio imposto, e sia smentito dallo studio del morbo stesso, E' un' aitare di convenzione se tutti sanno di che si tratta, quando si pronunzia la parola colera morbus asiatico poco importa elio non meriti il nome di un flusso biliare. La vera imper- fezione (riformabile) del linguaggio si attiene all' imperfezione del- la scienza.e si può riassumere in queste.1- Che i nomi dei fatti clinici rappresentino un fatto incompleto, una forma morbosa senza dia- gnosi, un' astrazione uniiatere.Cosi isterismo, convulsioni, dissente- ria, singhiozzo, tosse, cefalalgia, oftalmia rappresentano coso che si riferiscono a fatti clinici differenti; e quando avrete cangiato Car- dialgia con il gastralgia per indicare il dolor di stomaco, poco avre- te avanzato, perché questa gastralgia prosa in astratto, può appar- tenere a malattie differenti: 2" Che certe voci che hanno rappre- sentato corte idee siano adoperate a rappresentareidee nuove. Co- si stimolo, irritazione, diatesi, l'orza in mezzo secolo hanno rappre- sentato idee differentissime nelle diverse scuole mediche, il che conduce manifestamente ad una vera confusione babelica. 3? Che certi nuovi grecismi rappresentino o fatti o concetti erronei p. e. DEL METODO 191 angiocinesi, iperemia, nevroccncsi, atassia, crotopatia. Piorry ha detto riformiamo il linguaggio e avremo riformato la scienza; io dico invece riformiamo la scienza o avremo riformato il suo linguaggio tecnico. Ed ceco le riformo che mi sombrano utili e possibili. 1" Nosografia o tipi clinici: lti-metiiaino i nomi ricevuti e riconosciuti dall'universale, non dividiamo con nuovi grecismi le diverse nazioni, le diverse scuole, lo diverse epoche, porósi pro- fittiamo degli avanzamenti della scienza clinica, o non ci conten- tiamo di un nome che indichi una parte dei fatto, ma che indican- do il fatto compioto, ci fornisca i veri 'modelli della nosografia diagnostica. Cosi se oftalmia è una astrazione unilatere, oftalmia scrofolosa, sifilitica, reumatica rappresentino tipi o fatti clinici e quasi la marcia dell' esperienza che gli ha formati. Piorry ha tra- dotto in greco le anomalie di situazione, di forma, di aumento, di- minuzione, volume, restringimento, dilatazione induramento eoe. Però ut quid perditio hecl quando tutti questi sono attributi di morbi e tipi clinici differenti? 2- Li Nosologia ofatti generali: Vi sono dei concetti cho rappresentano dei fatti generali p. e. la flo- gosi, la periodicità, la sifillide, la emormesi ec*\ e questi ben pos- sono ammettersi perché sono il prodotto dell' induzione pratica; ve ne sono altri che rappresentano o vedute laterali dei fatti, o in- terpretazioni patogeniche erronee come ipostenia, diatesi, mali- gnità, nevrocenesi, plastollia, atassia, iperemia ecc, o queste fra- si a senso dubbioso o servite a sistemi diversi o si debbono soppri- mere o convenir previamente sul loro valore, e fare presso a poco come i Governi che determinano il valore dello monete in corso. Però per sopprimere queste frasi o limitarne il senso, o' d7 uopo distruggere le idee che vi corrispondono, e questo si fu colla criti- ca patologica delle dottrine. 3" A idee nuovo é giusto che corris- pondano parole nuove, però non sempre é utile che queste siano vestite in greco; ciò forse éun ostacolo per farle addottarc, e per comprendere facilmente l'idea nuova, lo mi sono studiato di evi- tare nuovi grecismi, e confido di essere stato compreso più facil- mente che Piorry. 8 75—Della certezza in medicina come risultalo dell' applicazióne del vero metodo alle cose mediche. Eoli é in questo secolo in cui ogni fede clinica fu scossa per P anarchia delle opinioni, P audacia de sistemi, e l'abuso dell' idea- lismo medico, in cui dottrine nosografiche e patologiche, la scienza e Y arto offrono il campo della più vasta discordia, el'inmagine del caos, egli é in questa epoca, io dico, in cui la cortezza e perciò la utilità della medicina è posta in dubbio dagli uni e diffesa dagli 192 LA SCIENZA altri. Questa controversia ha una certa base perché questa anar- chia e questo discredito sono un fatto certo; ha una grande impor- tanza perché P influenza sociale e la dignità della medicina sono proporzionato alla cautezza de suoi principi e delle sue regole o alla opinione che hanno i medici ehi società di questa certezza mede- sima. Conviene dunque esaminare gli argomenti coi quali tanto il volgo e i semi-dotti, come i medici sapienti pongono in dubbio la certezza dei fatti, dei principj, dei metodi, dei precetti dell' arte medica, non già solo per difenderne il decoro o l'importanza socia- le, ma perché si vegga che la scienza del metodo e la. dottrina dèi rapporti organici possono fornirci le armi per rispondere ai sofis- mi ed esagerazioni maligne degli uni e alle sublimi vedute degli al- tri, ponno fornirci i criteri onde riconoscere ciò che v' e' di certo in medicina, e le regole con cui dare ai fatti ai principi della scienza ed arte nostra quella solidità che la ponga al livello del- le scienze più sicure, e gli diano il prezioso prestigio,,della'certezza. Si adducono come prove dell' incertezza dell' arte medica. 1 ° L'ignorare spesso le cause dei morbi. 2° Le differenze indivi- duali che tanto modificano l'azione delle potenze nocivo e delle salutifere, e l'aspetto semeiottico dei morbi. 3° L'ignorare il modo con cui agiscono i mezzi dell' arto. -1° L'incertezza dei principj scientifici, e la successione e vanità dei sistemi' medici. 5 ° Il dubbio se l'efficacia curativa dipende più dal caso, dalla na- tura, o dall' arte, quando la statistica dà analoghi risultati di me- todi differenti. 6° Finalmente la natura stessa della medicina che non si presta a principj certi e inflessibili, o in cui è somma- mente difficile fissarci rapporti dello cause e degli effetti. Esaminiamole. 1 ° E' vero il clinico ignora spesso le cause delle malattie che cura, ma ciò non nuoce alla verità della sua diagnosi perché é tale la verità e l'importanza dèlie relazioni, che i sintomi e il corso del morbo bastano a fargli conoscere il tipo clinico, di cui il nosografo ha eziandio descritto le cause. Egli é in forza di queste relazioni ohe egli è sieuro della sua- diagnosi, che presagisce l'esito, e le alterazioni anatomiche, e che fissa un piano di cura giustificato dall' esperienza altrui.e.dalla propria e dalla induzione sperimentale. 2° E'vero eziandio che P età, il sesso, il temperamento e moli' altre circostanze della vita, cam- biano il modo di essere e di sentire e perciò rendono relativa l'a- zione delle cause nocive, la manifestazone dei morbi, e l'efficacia dei rimedi. Ciò vuol dire che l'artd medica ha• leggi e regole re- lative e condizionali non assolute e inflessibili; ma nòli già inde- cise ed incerte; vuol dire che verificandosi quel' concorso di cau- se da cui dipende un dato effetto o morboso, o terapeutico.' scim DEL METODO. 193 pre ha ed avrà luogo, e che il medico deve appunto determinar quest'insieme di circostanze sia quando forma il tipo clinico come nosografo, come quando lo cerca in pratica come medico. Cosi l'e- sistenza del morbo fatta certa dall' insieme dei dati diagnostici svela il rapporto dello cause pregresse, sebbene queste fossero in- nocue ad altri individuinosi l'insieme dei sintomi patogenici e costanti del morbo, fissato dalla coordinazion nosografica tradi- sco lavora causa prossima sebbene la forma morbosa sia masche- rata dall' influenza dell' individuo; cosi finalmente se il modico deve addattare i mezzi dell' arte non solo alla malattia ma al ma- lato, non ha soltanto la guida dell' esperienza nosografica, ma quella dell' affinità e intolleranza terapeutica: non é dunque tanto sprovisto di vedute e di mezzi per agire con sicurezza se in pra- tica lo accompagna la filosofia dell' arte. 3 ° E' vero che ignoria- mo il come agiscano i rimedi lino a che una patogenia robusta non discopra i misteri della vita morbosa; però quest' ignoranza non pregiudica alla certezza dell' arte; basta che sappiamo le re- lazioni empiriche dei rimedi con certe condizioni morbose bai de- finite, per esser certi della loro convenienza e dei loro effetti be- nefici. Nemmeno i fisici e i 'chimici conoscono il come della ge- nerale attrazione e delle chimiche affinità; eppure basta loro co- noscere queste relazioni o meccaniche o chimiche dei corpi, per calcolarne esattamente i fenomeni e i risultati. 4° Nessuno può negare che la differenza dei metodi o dei sis- temi é l'effètto e la causa insieme dell' incertezza dell' arte; e to- glie alla medicina il nobile prestigio della cortezza. Pure la me- dicina considerata come scienza presenta né varj suoi rami, ana- tomia, fisiologia, patologia ecc; una massa enorme di fatti certi e verità incontrastabili da non invidiare alcuna altra scienza spe- rimentale. Come patologia e come arte clinica non può negarsi che da Ippocrate fino a noi fu il campo dove si presentarono e dove lottarono l'osservazione severa co suoi fatti e co suoi precet- ti, e l'opinione coi suoi sistemi e colle suo chimere, non può ue- garsi che i risultati dell' esperienza son piutosto dovuti al genio che alla filosofia medica o ad un corpo di precetti normali, o che forse a ciò é dovuto l'imperfezione della pratica, e l'ingerenza dei sistemi e dei metodi erronei in medicina. Però è certo ezian- dio, se deve credersi alla storia dell' arte, e al testimonio di Bhoerhave, di Baglivi, di Baker, di Lordat, di Zimmermann, di Hufeland, di Gintrac che vi é pure una massa grande di fatti cli- nici e di principj o verità pratiche ammessi da tutte le età e da tutte le scuole. Spingendo attento lo sguardo in questa massa di fatti e di principj troveremo ivi osservate le leggi del metodo 191 LA SCIENZA nell' osservazione e nell' induzione. Cosi gli uomini di genio che conoscono i prodotti del genio, e le ricchezze del passato, am- mettono che molto resta a fare senza negare la positiva certezza di quel che é fatto, e senza lasciarsi sbigottire dalla vanità dei sistemi; e sarà appunto la filosofia medica dove attingano la lu- ce e la forza per questo ecclottismo dei fatti e dei principj. Che se non contenti dei modelli del genio pratico e scientifico, appli- cheremo [ed è questo ornai il compito nostro] i principi norma- li del metodo a tutti i fatti o principj o dubi o incompleti o col- laterali della scienza, estenderemo questa certezza a tutto il cor- po della patologia e della pratica. Anzi egli é in questa guisa, cioè procedendo con quest' ordine di formar prima e bene i fatti. poi bene coordinarli, e interpretarli quanto lo permette lo scopo della scienza, e lo esige il bisogno dell' arte, che renderemo im- possibile la comparsa di nuovi sistemi, dando cosi alla medicina il carattere di una scienza sperimentale che si arrichisce e si per- feziona ma non si cambia. 5 ° I medici superficiali crederanno difficile attribuire i risul- tati curativi piutosto alla natura, che al caso, che all' arte, ma i medici pensatori i quali convengono con Tommasini e con Gintrac che delle malattie sottoposte agli sperimenti terapeutici non con- cludono in favore o in contro di un metodo o merito qualunque, né i casi leggeri insignificanti, né i gravissimi ed insanabili, e che solo nei casi gravi però sanabili è dove splende la efficacia dell' arte; che questa si connobbe sempre e si può conoscere senza statistica; la quale serve a confermarla, ma se fatta con le proposte cautele cioè diretta dalla filosofia medica; [§50. 51. 52] essi dico giudicheranno facilmente ciò che si debba al caso, ciò che alla natura, e cièche all' arte; e rigetteranno il triste sofis- ma che la statistica dà identici risultati di metodi differenti nel- la stessa serie di morbi. 6" L'ultima obbiezione non viene dal volgo maligno, o dai se- midotti ma da due medici filosofi Zimmermann e Abercombrie. Già in parte vi ho risposto (L. P § 48.) dimostrando che se il su- bietto dell' arte medica importa principj relativi e condizionali non assoluti e inflessibili, ciò nulla toglie alla loro certezza. Esa- miniamo ora le idee del ili. Gio. Abercombrie il quale attribui- sce alla natura del soggetto, e all' irremediabile difficoltà di fis- sare i rapporti di causazione, l'incertezza della medicina. Dichia- rato che la scienza è lo studio delle relazioni delle cose, che l'arte deve fondarsi .'sulla scienza, o sull' esatta conoseenza di queste re- lazioni costanti e uniformi, tocca dei principj che guidano a di- videre le scienze in quelle che sono certe e quelle che sono iucer- DEL METODO. 195 te. "La certezza di una scienza, dice, dipende dalla facilità ed "esatezza con cui scopriamo le vere relazioni delle cose, e ripor- "tiamo gli effetti alle loro cause e viceversa (1). Afferma che nel- le scienze puramente fisiche noi possiamo raggiungere la più grande certezza perché possiamo assicurarci delle mutue relazioni dei corpi mediante l'osservazione e l'esperimento. Che ciò non può essere nelle scienze morali ed organiche in virtù di due prin- cipali ostacoli e sorgenti d'incertezza. Il l9 consiste nella diffi- coltà di fissare le vere relazioni fra causa ed effetto, perché non abbiamo altro oppoggio che l'occasionale osservazione [e non la comprova dell'.esperimento]; dato insufficiente perché le visibili connessioni in cui i fenomeni si presentano a noi, sono spesso di- verse dalle vere loro relazioni. Dal che deriva la neccessità di pro- cedere a giuste conclusioni assai lentamente e dopo una lunga serie di occasionali osservazioni, e intanto siamo ivi obbligati di andare innanzi senza formare induzioni che meritino la nostra fiducia. La 2 p sorgente d'incertezza consiste nel fatto che an- che dopo di esserci assicurati delle vere relazioni delle cose noi possiamo esser delusi dei risultati quando procediamo alla pro- va. Ciò nasce dall' interposizione di altre cause capaci di modi- ficare o controarestare la tendenze supposte. Cosi taluno infamo di una data malattia sana con uno speciale rimedio che non gio- va ad altri, il quale o sana con un soccorso affatto diverso o per l'opera sola della natura. Uno sana p. e. per mezzodì sostanze diuretiche le quali in altro caso apparentemente analogo, non fan- no alcun benefizio, perche i loro effetti sono controarestati da certe cause che non cadono sotto il suo esame. Mi é assai grato trovarmi d'accordo in certe fondamen- tali vedute con un'uomo sommo come é Abercombrie, pure non tacerò i motivi per cui dissento da lui in un punto cosi im- portante. Avvertirò previamente che la nozione generale che egli offre della scienza mi sembra imcompleta, perché la restringe allo studio dei rapporti di causazione, mentre lo é d'ogni modo di re- lazione, e specialmente eziandio dei rappoiti di connessione, stu- dio che facilita la scoperta stessa dei rapporti etiologici. Egli é vero che le connessioni visibili in cui si presentano a noi i feno- meni sono spesso diverse dalle vere loro relazioni; e cosi p. e. una malattia che si presenta alterata da una complicazione o dal par- ticolare modo di essere dell' individuo, o da influenze ecologiche accidentali, non presenta le sue vere naturali e genuine relazioni. Però ciò significa che la filosofia medica deve prender \t sue cau- [1] On the Inkllettuals powers. 196 LA SCIEN'ZA. telo per distinguere ciò che appartiene al morbo, e ciò che a cir- costanze eventuali capaci di mascherarlo, ma non già che queste cautele siano impossibili, e che questa confusione sia inevitabile. Queste cautele consistono nella diligente e sagace osservazione fatta in grande scala, e nella coordinazione nosografica insegnate entrambe dalla scienza del metodo. Ed é appunto la patosintesi che comprende eziandio i rapporti di connessione dei fenomeui, che aiuta potentemente a conoscere questa differenza perché ver- sa appunto sui caratteri diagnostici costanti. Nemmeno esiste la 2P sorgente d'incertezza, o se esiste sarà tolta per l'efficace as- sistenza della filosofia medica. Se noi siamo assicurati della dia- gnosi di un' intermittente o di una polmonia, siamo sicuri dei risultati quando procediamo alla prova, e che in un caso corris- ponde bene il chinino, nell' altro il salasso e il tartaro emetico. Ma se l'abbiamo equivocata con una remittente continua, se sfug- gi al nostro esame una grave complicazione o gastrica o tìsconi- ca, se reputammo una polmonia acuta un' asma, una tisi, un' em- piema ecc. certo allora saremo delusi dei risultati procedendo al- la prova. Sembra dunque provato cho l'arte medica ha delle speciali dif- ficoltà, e maggiori forse di qualunque altra scienza od arte, che esige una grande e straordinaria sagacita, un colpo d'occhio, un ge- nio analogo a quello che richiede la morale, l'arte del governo, e della guerra, appunto perché ha principj condizionali. Però non è provato die essa offra né suoi fatti, né suoi principi, né suoi metodi, né suoi precetti un' insanabile e desolante incertezza. Questa invece sembra connessa più allo staio della scienza e all' imperfezione della filosofia medica che alla natura stessa della scienza organica. Perché là dove offre studio di relazioni organi- che e la vera sintesi dei fatti o dei principi, ivi offre le vere e sole richezze della scienza e dell' arte, ivi le basi della sua certezza; e viceversa là dove un falso metodo tronca le relazioni dei feno- meni e dei fatti, si occupa di fatti e di principj bastardi e unila- teri, delle false analogie, e delle cause ipotetiche, ivi pone le basi di una funesta incertezza. Mi compiaccio dunque in pensare dieso la scienza del metodo é fondata sul vero, e può rendere più facile e più sicura la forma- zione dei tipi clinici, e la diagnosi pratica mediante il dimostra- to valore dei criteri, diagnostici, più sicura e più pratica sarà la coordinazion nosologica e l'interpretazion patogenica dei tipi stes- si; l'arte medica avrà maggior certezza né suoi fatti, né suoi principj. e nelle sue regole, o quella almeno che le concilii la fede de suoi cultori e il rispetto del mondo. DEL METODO 197 § 76. Conclusione. La riforma della medicina, insegnamento, fatti e principj deve cominciare da quella dei metodo — La scienza del metodo é la base di tutta la scienza e della presente opera—Risultati e vantaggi della sua appli- cazione. Fino dall' infanzia della medicina il metodo filosofico fu ri- guardato quale un' oggetto di somma importanza [§ 24.] come quello che è l'artefice delle nostre conoscenze, che può guidarci ad applicarle con frutto, e a vincere le innumerevoli difficoltà del- la Destra arto divina. Pure i suoi principj normali furono piutos- to osservati per l'impulso del genio e per gli esempi dei più illus- tri campioni della medicina classica, né mai applicati a tutte le parti, e a tutti gli oggetti della scienza medica, e sempre indicati vagamente qua e là dai maestri dell' arte, ma non mai insegnati ed esposti in un corpo di completa e fondamentale dottrina. For- se a ciò è dovuto che la nostra scienza progredisse cosi poco e lentamente, e non ricevesse nemmeno l'impulso che la Riforma fi- losofica di Bacone e di Galileo esercitò su tutte le scienze speri- mentali; perchè sebbene il nostro Baglivi e poi Zimmermann ten- tassero di applicare questa nobile filosofia alla medicina, il mo- do di farlo fu por altro incompleto, e cosi i loro nobili sforzi^ non. impedirono la comparsa e la vicenda dei sistemi biologici! più erronei, e l'anarchia della patologia e della pratica di questi due secoli benché fecondi di molte ed utili conoscenze nelle altre par- ti della medicina. Egli é in questo secolo in cui i medici maravi- gliati e quasi sdegnati di vedere la medicina cosi addietro del- le altre scienze sperimentali, si avvidero che per riformarla ab imis fundamentis, ed elevarne un solido e maestoso edifizio, era d'uopo trovarne o formarne la base filosofica, e portare il pensiero all' eccellenza del metodo; e cosi il Tommasini, il Bufalini, il Puc- cinotti in Italia, Abercombrie in Inghilterra, Cabanis, Buchez, Alard, Bouillaud in Francia si occuparono con nuovo impegno della filosofia medica. Pure nemmeno fra la mani di questi uomi- ni onorandi la scienza del metodo diventò un corpo di dottrina compatta, i cui principj influissero sulle parti più vitali della sci- enza e dell' arte medica: e forse a ciò è dovuto la sterilità com- pleta dei loro sforzi e l'enorme distanza fra le speranze e i risul- tati. Tutti d'accordo condannano il metodo che io dissi d'indo- vinamento, e il procedere dai principia priori e da ipotesi e da meri assiomi apoditici nella disamina delle cose naturali, tutti con- sigliano di partire dai fatti, e lodano il metodo sperimentale o col nome di analitico o di positivo, fatto consistere nello studio dei fenomeni, nel riportare alle prime e genuine testimonianze dei 198 LA SCIENZA. sensi tutte le nostre idee; e nel derivare dai fatti tutte le nostre induzioni, le nostre elaborazioni mentali, insomma i nostri prin- cipj teorici. Ma se la importanza e bontà di una pianta deve argo- mentarsi da quella dei frutti, é permesso asserire che il metodo filosofico quale fu proposto, studiato, ed applicato dai moderni,o non era quello che convenisse alle condizioni speciali della scien- za medica, o non ne fu cavato il partito che prometteva. Ed in- fatti qual' é l'influenza che ha esercitato o sul modo di dividere e studiare le scienze mediche, o sul modo di stabilire la unità e realtà dei fatti, o sulla loro coordinazione e interpretazione? Non é forse in presenza di questo metodo analitico e positivo, che si conserva lo studio delia patologia generale col piano che fu trac- ciato da Galeno e da Gaubio? Che si studia in generale e in as- tratto non solo la malattia ma i suoi attributi, cause, sintomi, ef- fetti del morbo, effetti dèi rimedi, formando cosi della patologia quattro o cinque scienze vane perché studio di vane astrazioni? A dispetto delle idee di Alard sui tipi morbosi e sulle cause pros- sime; delle vedute di Fanzago e di Tommasini sulle condizioni patologiche, di quelle del Bufalini sulle crotopatie e sulla paiosin- tesi, idee che sembrano coincidere col magnifico concetto del mor bo che ci lasciò Bhoerhave, non versa forse la patologia specia- le nella medesima confusione babelica, dove sintomatici, anato- mici, sistematici, lottano senza intendersi? V e' forse ancora in- Europa un saggio di nosografia razionale che ci guidi a trovare o mettere un' ordine in questo caos? Non apparvero forse le dot- trine degli elementi morbosi di Andrai, Forget, Bouchut, "Wil- lians, Bufalini, Celle, De Renzi che assimilano il morbo a un chi- mico composto, e impongono al patologo un' analisi impossibile? Lo stesso Bufalini non ha forse spezzato l'unità del fatto clinico nella crotopatia e nella cinopatia? Non ha forse stabilito a priori e partendo da idee fisiogeniche la natura e le differenze dello sta- to morboso? V é forse un solo modello di classificazione che ab- bia per base l'unità del fatto clinico, la scoperta delle cause pros- sime, e il valor pratico dei criterj diagnostici? Vi é un solo sag- gio un solo esempio di patogenia che non proceda da principj a priori, che si fondi e derivi dallo studio dei fatti clinici, e possa dirsi induttiva?. Dunque il metodo filosofico insegnato dai moderni non era quel- lo che toccasse le condizioni veramente vitali della nostra scienza che fosse atto a risolverne i più difficili e fondamentali problemi, a fissar le vere basi della scienza e dell' arte, e a dare un nuovo e fecondo indirizzo ai suoi studj. E perché riusci manchevole ed in- fecondo? Perché fu imcompleto, perchè la scienza del metodo fu DEL ME10D0. 199 piutosto un trattato di logica generale, che di logica applicata all' indole delle cose mediche; fu piutosto un' insieme di vaghi precet- ti e di luoghi comuni, che un corpo di solida concatenata e com- patta dottrina. Edi vero si raccomandava lo studio dei fatti e dell' osservazione, ponendo in discredito i vani idealismi, ma sen- za definire che cosa fosse il fatto in patologia, che cosa fosse il me- canismo per cosi dire dell' osservazione, quali fossero le vere e se- rie condizioni compiendo le quali 1' osservazione riesce 1' artefice delle più vere e solide conoscenze, senza fissare i diritti leggitimi i vantaggi edi limiti del medico ragionamento, e indicare le vere cause dei nostri errori tanto dal lato dell' esperienza come da quel- lo della teoria. Si lodava il metodo analitico senza fissar bene di quale analisi e di quale sintesi fossero suscettibili i fatti organici; si parlava variamente dell' astrazione, ma senza fissar bene quan- do quest' opera della mente dà utili e quando inutili risultati sia per formare i fatti come per formare i principj; si parlava dell'es- perimentazione, della erudizione, della statistica, ma senza fissare i principj della critica, e stabilire i criteri, pei quali hanno questi oggetti un vero valore. Insomma si riguardava il metodo filosofico come la sorgente del nostro sapere epperció come il fondamento della medicina, eppure non si prestava tutta l'opera perché questo fondamento fosse solido e completo abbastanza, e addatto alla na- tura dell' edifizio che dovea sostenere. Pensai dunque che s' era una suprema neccesità della medicina moderna rifare per cosi dire la scienza, insegnamento, fatti, e prin- cipj pur giovandosi dei materiali che 1' esperienza ed il sapere dei secoli aveano accomulato, era pur d' uopo rifare il metodo filosofi- co per conseguirlo. .Che a tale intento bisognava consultare la na- tura e le leggi della mento, e i bisogni e gli scopi lcggittimi e pra- tici della scienza e dell' arte, per determinarne le basi, i mezzi, lo scopo, i limiti, le parti, le applicazioni: cioè si dovea determinare i veri ed utili scopi del nostro intelletto nello studio della natura vivente per trovare eziandio i mezzi conducenti a conseguirli. Pen- sai che questi mezzi tanto pel clinico come pel patologo non con- sistono nel trovare il vero, come vagamente suol dirsi, ma nel for- mare i fatti completi della scienza organica, nel coordinarli, e tro- varne le relazioni vere e i principj; e finalmente nell' interpretar- li, ossia investigar la natura e le leggi delle cause, generali che gli governano; o in altre parole consistono nel possedere fatti completi e individui e principj analogici ed etiogenici. Fermo nell' idea che la scienza è studio di rapporti pensai che i mezzi condu- centi ad ottenere questi tre scopi, la formazione.la coordinazione e P interpretazione dei fatti, sono tre maniere di sintesi, l'una empi- 200 LA SCIENZA rica o P osservazione che si occupa dei rapporti primi dei fenome- ni, d' onde risulta 1' unità dei singoli fatti, 1' altra razionale che coordina i fatti individui, d' onde risulta 1' unità dei principj ana- logici, 1' altra razionale pure che gli interpreta o scopre in gran- dei rapporti etiogenici generali dei fenomeni. Applicando queste idee alla patologia era condotto a dividerla in tre parti perché ciascuna ha uno scopo speciale: la nosografia che forma i tipi cli- nici, la nosologia che ne cerca le differenze essenziali e fissa i prin- cipj diagnostici e terapeutici che appartengono ai singoli gruppi, e la patogenia che studia la genesi e la natura dei singoli gruppi nosologici, cioè delle cause intime e generali che gli governano. In tal guisa io mi trovai condotto a tracciare la filosofia dei fatti e la filosofia dei principj. Trattando la prima io dovea definire che cosa è il fatto in pato- logia, cho consiste in una corta unità composta dall' insieme di certi fenomeni od clementi, che la sintesi è il mezzo logico per for- marla e solamente convenire l' analisi pei fatti composti; che pre- sentandoci la natura i fatti clinici misti ad eventuali influenze, so- lo una vasta osservazione può stabilire i caratteri cho per essere costanti appartengono al fatto e formano il tipo clinico. Dovea dunque dialetticamente occuparmi dell' osservazione, dell' esperi- mentazione, dell' erudizione, della statistica, della coordinazione nosografica, dei principj di nosografia razionale, e della critica no- sografica, dei critcrj relativi all'eccletismo dei fatti, alle conclusio- ni etiologiche, agli aforismi pratici, ai fatti collaterali, Cosi dimos- trato che il fatto clinico importa un giudizio e la comprensione di certi rapporti etiologici, tentai frisare i confini del ragionamento sperimentale che appartiene al no-ogmfo ed al Cinico, e il compi- to che appartiene al patologo che prendendo i fate per base e per guida procede a classificarli e ad interpretarli per rendere razio- nale la pratica. Cosi stabilita la filosofia dei fatti come passo previo o fonda- mentale, indicate le nonno per formare 1'unità del fatto clinico, dovea occuparmi della filosofia dei principi. Dovea dimostrare che la coordinazione dei fatti individui e perciò la classificazione noso- logica non era richiesta da vana pompa scientifica ma dalla nec- cessità pratica di dare à certi gruppi di fatti i corrispondenti prin- cipi o precetti per guidarci utilmente nel diffìcile e intricato eserci- zio dell'arte, per la diagnosi e per la cura. E cosi dimostrai cho se 1' analogia dei caratteri e dei rapporti ci conduce a fissare i principj di classificazione, la filosofia medica deve farci discernere le vere dalle false analogie; e cosi che la patosintesi, quel criterio che io riguardava come l'organo della diagnosi clinica e nosogra- DEL METODO. 201 fica, è altresì il mezzo per evitare le false analogie, fondare la ve- ra nosologia diagnostica. Cosi dovea occuparmi della interpreta- zione dei fatti, patogenia per la scienza dei morbi, non solo per dimostrare che è richiesta dal bisogno che ha la mente del medico di un* empirismo razionale, ma per fissare il metodo che le appar- tiene. Questo metodo, nuovo in medicina,consiste nel partire dai fatti clinici ben coordinati per rischiararli colla Fisiologia razio- nale, ossia servirsi di questa peristudiare ogni gruppo della noso- logia diagnostica, e cosi assodare le due scienze della vita, per iscoprireil segreto mecanismo della vita morbosa. Questo sviluppo mi guidava a occuparmi dei principj della critica delle dottrine, delle ipotesi, della filosofia del linguaggio, dell' origine sperimen- tale dei principj, del genio ne suoi rapporti coi principj e col me- todo; e finalmente della certezza in medicina corno risultato della scienza del metodo applicato alle cose mediche. Spero dunque chei medici pensatori riconosceranno che se io mi occupai previamente, e con preferenza, e con minuziosa discussione della scienza del metodo, e con l'idea di abbracciarne tutti i punti i più importanti, e di farne una compatta ed unita dottrina, ed una speciale applicazione alla patologia e alla pratica, fui mosso piu- tosto da prudenza die da audacia, perché la scienza del metodo come panni di averla escogitata, é la fonte d' ogni utile riforma nella scienza e nell'arte, è dessa che può dare un nuovo e fecondo indirizzo agli studj. E di vero si consideri che la buona o cattiva direzione che si dà all' insegnamento medico, tanto nei libri come nelle scuole, tanto quella che propongo come quella che combatto, dipende dal modo come sono risoluti i problemi quivi trattati, e perciò dai principj normali ivi stabiliti; si consideri che tutte le controversie teoriche e pratiche, tutti i nuovi fatti o dottrine od opinioni sogliono appellarsi aliadecisione dell'osservazione, dell' esperimento, della statistica, dell' erudizione, dell' autorità, del ragionamesato,dei metodi nosologici, dei sistemi biologici; e che tutti questi criteri, debbono sottomettersi al crogiuolo della Filo- sofia dei faettit e dei principj perché meritinola nostra fiducia. Si consideri che la patologia ha più importanza sociale debile altre scienze mediche le quali se sono ausiliarie e basi della medicina, questa é la medicina stessa;die essa é più vasta eziandio, più dif- ficile, più oscura, più imperfetta, e lo é per l'influenza dei metodi e 4ei sistemi e per mancanza di buona filosofia mediea. Finalmente si 'Consideri che dai principj normali qui esposti come in germe si svolge tutta la seieMza patologica nelle vere -sue forme [o distil- li modi di studiare i fatti] di nomografia razionale, 4i Ti-osologia diagnostica, e di patogenia induttiva. 26 202 LA SCIENZA Pure questa sezione avrà delle gravi ed involuti tarie lacune perché in cosi nuova e grave materia è difficile veder tutto e be- ne. Parlerò dunque delle involuntarie. D' intento non ho toccato certi punti e controversie d' ideolo- gia: non toccai la distinzione moderna dei fatti interni ed esterni e degli elementi obiettivi e subiettivi delle nostre idee; perché se per fatti interni s' intende le operazioni della nostra mente non esistono fatti esterni, perché senza l'iniziativa dell' intelletto, non vi é osservazione, né idee cosi dette obbiettive. Altronde se per elementi-subiettivi s' intende il processo mentale con cui si sco- prono i rapporti dei fenomeni e dei fatti sperimentali, o di identi- tà e di diversità, o di coesistenza, o di successione, o di causazione, é assurdo e pericoloso alla buona filosofia tanto chiamargli obbiet- tivi come subiettivi; nell' un caso perché conduce a credere che la mente vi mette del proprio a capricicio senza la guida dei fatti e della natura trascendendo i rapporti delle cose o lo scopo della scienza, nell' altro caso perché conduce a credere che la mente sia passiva nell' osservazione, e che vi sono delle idee obbiettive co- mandate dall' impressione esterna e indipendenti dall1 iniziativa mentale. Riguardando adunque sperimentale l'origine dei principj, evitai i consigli della filosofia speculativa la quale crede possibile partire dagli universali o elementi soggettivi delle nostre idee. Più utile e più pratica cosa reputai invece definire i fatti medici individui, e i fatti collaterali perché sono veramente la materia la base lo scopo di tutta la scienza. Non trattai dell'analisi e del- la sintesi [considerata come il modo di acquistare le idee] nella maniera con cui i logici no parlarono in generale, cioè in rappor- to tanto alle scienze fìsiche come alle speculative; ma baisi di quella analisi e di quella sintesi che fosso propria delle cose medi- che, che conducesse a formare 1' unità dei fatti medici e stabilir le attinenze lorod' identità e analogia e diversità tanto neccessarie per la coordinazione dei fatti, lo non toccai in generale dell' as- trazione acuì dobbiamo le idee generali con proposito di vilipen- derla, e proclamarla causa perenne di errore; che anzi dimostrava essere la stessa formazione dei tipi clinici un'astrazione, la for- mazione dei principj nosologie! un' astrazione, la formazione de principj etiogenici un' astrazione; tutta la scienza un' insieme di astrazioni: però che dipendeva dall'uso che facciamo dell'astrazio- ne, dallo scopo che si propone la mente nell' astrarre, o il risulta- to vano di fatti collaterali, o principi! unilateri, o false analogie o cause chimeriche; o il risultato fecondo di fatti completi e indivi- dui, di principj veri e utilmente applicabili a certe serie di fatti per la diagnosi e per la cura. DEL METODO. 203 Io non ricercai di clic modo il ragionar silogistico e 1' uso degli assiomi apoditici servisse alle scienze sperimentali, perche 1' uno accompagna la mente tanto nell' osservazione che nella teoria, pe- rò non formale?- se né i fatti né i principj. E quanto agii assiomi apoditici, sebbene verità evidenti, neccessarie, sono anche esse na- te dall' esperienza, e sebbene utili artiiizj per la scoperta del vero, non bastano di per se soli come bene 1' avverti il Bufalini a creare le scienze sperimentali. Del pari ammisi 1' uso di certe ipotesi co- me una neccessità della mente in corti casi che corno eonduccnti alla conoscenza delle cause finali. I risultati, corollari, e vantaggi della scienza del metodo -alla medicina scientifica e pratica saranno 1° che la scienza del meto- do sia il tronco comune da cui partono i varj rami di tutta la Pa- tologia, perché é quella che può sola ncostrurre la scienza e dimg- gereY arte determinando i veri e leggitimi scopi, i veri e conve- nienti mezzi: che quindi la mia opera non sia che uno sviluppo di queste idee. 29 Questi rami sono la nosografia, la nosologia, e la patogenia perché a ciascuna corrisponde uno scopo speciale, o la formazione, o la coordinazione, o 1' interpretazione dei fatti, tre scopi neccessari alla mente per la conoscenza dei singoli fatti, e e all' arte per la diagnosi e cura dei singoli tipi clinici. 8° Ques- ta divisione della scienza non importa lo studio separato degli e- lementi del fatto clinico, perché tanto la nosografia come la noso- logia come la patogenia richiede lo studio sintetico di tutti gli elementi diagnostici. 4? Importa bensì di sopprimere la patologia generale, la etiologia generale, semeiottica e nosologia generale, anatomia patologica, e materia medica: semi-scienze_ perché si oc- cupano di fatti collaterali, perché non istudiano i veri rapporti analogici dei fatti ma quelli dei loro elementi. 5" Importa la nec- cessità di determinare la filosofia dei fatti, quindi le condizioni della nosografia diagnostica, quindi i principj normali della criti- ca nosografica, quindi la neccessità di riferire alle unità_cliniche il multiplo dei fatti collaterali oggetto sovente di confusione ed infeconda richezza. o° Importa la necessità di coordinare ì tipi clinici prendendo di mirai caratteri veramente essenziali,e perciò procedere ai principj della nolologia diagnostica, nosologia e- gualmente lontana dalle coordinazioni false incomplete superficia- li dei sintomatici e desìi anatomici, come dalle arbitrane nsio-ge- niche ed a priori dei sistematici. 7? Importa un' ordine severamen- te logico e sperimentale,di procedere cioè dapprima a formare ì fatti, poi coordinare ravvicinare fatti completi per poter finalmen- te interpretar questi fatti e trovare i rapporti etiogenici. 8 Impor- ta la interpretazione patogenica dei morbi che inerita il nome d 201 LA SCIENZA induttiva perché si fonda sui fatti clinici e veramente simili e ve- ramente completi, e riceve luce ma non la legge dalla Fisiologia razionale. 9° Importa dunque la esclusione delle dottrine fisio-ge- niche ed a priori per la interpretazione della vita morbosa;impor- ta finalmente certi principj normali per la critica delle dottrine mediche. Tale é il cammino che la scienza del metodo apre ai miei lavori e a quelli de miei colleghi che vorranno accompagnarmi. Se egli sia il vero richiesto dai bisogni della nostra mento e da quelli della nostra arte divina, lo giudicheranno i medici pensatori ormai stan- chi delle vanità o sterili o funeste della patologia generale e dei sistemi medici ;che osservano la confusione babelica pur nelle dot- trine pratiche, e profanato dai nuovi sistemi e dai nuovi metodi lo stesso santuario delia esperienza clinica; lo giudicheranno coloro che con nuovo proposito e con nuovo metodo porranno mano all' impresa, della nosografia diagnostica, coloro che compiranno la storia e la teoria delle malattie più oscure e più difficili e più scar- se oggi di dati, coloro che ne ^raccoglieranno i nobili frutti ossia quelli. Che questo tempo chiameranno antico. (Dante) Alcune definizioni relative al Secondo Libro. Presento riunite alcune definizioni che riguardano la parte patolo- gica della N. Z. che ne rappresentano le idee fondamentali, e ne sono per cosi dire il linguaggio e la chiave. Xon basta che 1' opera stessa sia la base, la sorgente, e la dimostrazione delle idee che certe frasi rappresentano; il lettore ha bisogno di conoscerne previamente il va- lore ed il senso per potermi intendere fàcilmente e senza equivoci e seguitarmi;tanto più che se alcune mie espresioni sono nuove come le idee, ho dovuto anche serrirmi a significare idee nuove o mie, di frasi usate da altri, e nel linguaggio della scienza a rappresentare idee ben diverse dalle mie. Patologia..............-| Scienza o studio delle malattie. Patologia razionale---( Filosofia della vita morbosa, o la filosofia '( medica applicata allo studio delle malattie. Quella parte della Filosofia medica che go- v r • i I verna i fatti speciali o la patologia speciale, agrafia razionalo... \ 0 ]a gtoria e ^ descrizionel dei si* golfniorbi'; 1 e hi diagnosi clinica e nosografica. Nosografia e Patologia speciale,sono sinonimi. Monografia, tipo clinico completo,sono sinonimi. Malattia, morbo,tipo cli- nico, fatto clinico indi- viduo, sono sinonimi... Diagnosi clinica e noso- grafica ;sonosinonimi.. Causa prossima, Condì zion patologica; sono si nonimi............. Pato-siutesi DEL METODO 205 f E'quindi diversa dalla nosologia che classifi- j ca i morbi e non é una mera descrizione delle I forme esterne ma la storia e descrizione com- ] pietà ed esatta delle singole malattie coi ris- j pettivi dati o elementi,cause, sintomi, effetti | del morbo, effetti dei rimedi colla diagnosi (; pratica della causa prossima rispettiva. Non é la storia di un caso o fatto clinico isolato, ma é la storia generale di una ma- lattia speciale che risulta da una osservazio- ne estesa di molti casi speciali;che presenta ! perciò i caratteri generali e costanti del mor- bo, e prescinde dalle differenze individuali j ed accidentali dei singoli casi,ed é quindi ilvi- [ saltato della coordinazione nosografica. C E' un' insieme di fenomeni'esprimenti di- 1 sordine o nelle azioni o nelle parti organiche nato da cause nocive o circostanze contra- | rie alle leggi della vita normale, con effetti \ proporzionati al grado alla sede dell' avve- nuta violazione, fenomeni connessi a cambia- menti profondi ed intimi dei solidi e dei flui- di ed ai quali corrisponde 1' efficacia di certi mezzi terapeutici. Cognizione pratica di una malattia cosi perfetta da discernerla e distinguerla da o- gni altra-Non mero discernimento delle for- me o delle varietà, ma cognizione pratica delia esistenza di una causa prossima, che solo si acquista colla osservazione e colla sin- tesi empirica dei criterj diagnostici; però senza che ne spieghi o interpreti il magiste- ro ciò che appartiene alla patogenia o dia- gnosi patogenica. \ Quella alterazione qualunque o dei solidi - j o dei fluidi riconoscibile ono dall' anatomia -j patologica, o qualsiasi circostanza che é la | causa inmediata dei sintomi e forme morbo- [ se, e tolta la quale la malattia viene tolta. i.( L'insieme, il concorso, la corrispondenza I la mutua connessione degli elementi, o feno- j meni clinici, o dati diagnostici, sintomi, cau- j se, effetti del morbo, effetti dei rimedi, feno- | meni mutuamente connessi perché legati ad { una condizion patologica determinata, 206 LA SCIENZA. | Sono le causo i sintomi, gli effetti del mor- ! bo, gli effetti dei rimedj; perché sono le par- Fenomeni del morbo,. ! ti integranti dal fatto individuo, e sono dati Elementi clinici , dati. ! diagnostici di questo fatto stesso e della cau- clinici,dati e criterjdia- j sa prossima che ne é I' anima, atteso i rap- gnostici'sonosinonimi., porti empirici che ha ciascuno colla causa. j prossima. Sono dunque criteri, diagnostici, [ etiologici,scmeiottici anatomici e terapeutici | Tutti i cangiamenti che produce la malat- Sintomi, Segni rapporti j tia nelle azioni nelle forme enei prodotti or- semeiotici;sono sinoni--| ganici, quindi i sintomi sono effetti e contra- mi.................. | segni della malattia^ sono segni perchéhan- [ no un rapporto costante colla causaprossima. f Un' insieme di sintomi tanto presi nel Io- Forma morbosa....... ! ro ordine simultaneo come nel loro ordine | consecutivo, come nelle qualità e caratteri \ dei sintomi stessi. Sintomi formali o noso- j Sono quelli che indicauo la sede, il grado logici................ ( V estenzione della malattia, il tipo. Sintomi causali o pato- f Sono quelli che indicano la natura, il gè- genici............... ( nio, il carattere terapeutico della malattia. ™,. , . i E' lo studio empirico delle cause morbose Ittiologia.............- , , . . r,- .-N ° ( e remote (nei singoli morbi). Etioo-enia f ^' lo stucao teorico dello cause prossime ° ' ' ' ' ( delle malattie [di una data serie nosologica] f Eia connessione che scopre la osservazio- Rapporto etiologico.... | ne fra le cause nocive e le malattie prodot- i1 te, perciò lo studio dei rapporti etiologici é | proprio della nosografia. f E' la connessione che scopre il ragiona- I mento fra la natura delle cause nocive e quel- Rapporto etiogenico... -! la delle malattie prodotte; perciò lo studio | dei rapporti etiogenici é proprio della pato- { genia. n « i ~™ „ „ ,, ;,- „ ( Tutte le potenze o circostanze capaci di Cause morbose o nocive ) . . l . . ', . • . < produrre la malattia,in quanto sono relativa- 80110 s,noniml.......... ( mentecontrarie alle leggi della vita normale. [ S'intendono le sole potenze ocasional^ per- I che le predisposizioni che atteggiano \\ Cor- | pò a risentirne 1' azione sono condizioni fi- Cause remote.........{ Biologiche innocue senza la presenza (Jj quel- la, e le occasionali sono appunto nocive per- ché relativamente contrarie alle condizioni fi- siologiche della vita. Processo morboso.. Malattie composte e. processi morbosi.... Complicazioni........ Malattie secondarie... Successioni morbose,.. conversioni, metastasi. Nosologia razionale... F-L METODO 207 E' la concatenazione neccessaria di atti morbosi differenti e consecutivi. Sono sinonimi perché si compongono di un' insieme consecutivo di atti morbosi differen- ti. Coesistenza eventuale di più malattie o si- mili o dissimili nello steso individuo. Se dipendenti da un'attuale malattia d' un' organo differente. Sinonimi. Se consecutive ad una malat- tia diversa o analoga che già passò. Quella parte della Filosofia medica che pre- siede alla migliore classificazione dei fatti clinici. Coordinazione nosogra fica................. Coordinazione nosologi ca.................. I i Ordinamento e ravvicinamento di molti casi simili di una data monografia, con 1' og- getto di trovarne i caratteri comuni e perciò costanti di un tipo clinico, astrazion fatta dai caratteri accidentali,atti dunque a fondare la storia generale di una malattia speciale. Ordinamento e ravvicinamento di molti tipi o fatti simili per causa prossima, e dissi- mili per forma morbosa, sede,grado ecc. con l'oggetto di formare un fatto generale, un principio comune a molte forme diverse, e classificare i morbi per le loro comunanze e differenze essenziali. Quella maniera di classificazione dei mor- bi che non prende per base le mere appa- renze sintomatiche astrazion fatta dalle cau- , se prossime, o queste immaginate a priori; Nosologia diagnostica. 1 ma ]e condizionipatologiche quali risultano dall' induzione pratica dai criteri diagnosti- ci o dalla patosintesi, perció-fatti completi, e diagnosi pratiche belle e fatte. Quella parte della Filosofia medica che . presiede alla interpretazione dei morbi e Patogenia razionale... 1 delle eause generali dei morbi e insegne il modo di formare la patogenia induttiva. Quella parte della patologia razionale che versa sulla» interpretazione dei morbi; cioè indaga la origine, la formazione, la natura, il mecanismo della vita morbosa; ossia studia i il modo con che le cause nocive operano a [ produrle e i rimedi a vincerle o modificarle Patogenia induttiva diagnosi patogenica sono sinonimi...... i 208 LA SCIENZA « . -, , . -,„ fiI f L' arte di formare i fatti e i principj della Scienza del metodo filo scienza ed arte medi inarm<£ia collo leg- sofia medica sono sino- . d „ ' coi big j reali del_ nimi................'■ V • i n> i. [ la scienza e dell' arte. th ,, . ,. , ( Una certa unità risultante da un'insieme latto in mediana com- \ -.. r . , , . . ... „rt_ „ar,riri> , , • t -t - di fenomeni elementari o riuniti per rappor- pleto e individuo...... i.-j- • v •„ * r (ti di connessione o di causazione. ( Un' osservazione che riguarda un solo la- Fatto collaterale......4 to o fenomeno e elemento di un fatto indivi- ( duo. -r, ,. . . , . ( Le connessioni dei fenomeni d' onde alla e pp p i pi j nostra mente risulta 1' unità del fatto indivi- ........... ( duo. f L'intuito, la comprensione, lo studio dei Osservazione e sintesi } rapporti primi dei fenomeni di connessione e empirica—sono sinoni--] di causazione d' onde risulta l'unità del fiu- mi .................. | to individuo formato per la comprensione de [ suoi veri elementi. Principj in medicina.. ( Le relazioni di analogia o di causazione dei rapporto secondo o ra- -l fatti individui e completi. zionali sono sinonimi.. ( f Le relazioni vere essenziali costanti dei Principj analogici.....J ^ti complete perciò le analogie dei carat- rJ ° ] ten ì pm costanti dei fatti, i relativi alle con- { dizioni patologiche. Principj etiogenici.... j . Kapporti etiogenici di svariati fenomeni rJ [ rispetto alle loro cause 'generali e comuni Critica nosografica.... •{ O giudizio sulla validità dei fatti in patologia C 0 giudizio sulla validità dei principj ana- Critica patologica......-j logici o etiogenici ossia delle dottrine in pa- ( tologia. f E lo studio dei rapporti secondi dei feno- Sintesi razionale, ragio- | meni o la formazione dei principj analogici namento, induzione,'teo--{ ed etiogenici nei quali consiste la teoria dei- ria sono sinonimi......J la vita organica a rendere razionale 1' arte [ medica. LIBRO SECONDO. PARTE PATOLOGICA DELLA NUOVA ZOONOMIA. SEZIONE SECONDA, DELL' INSEGNAMENTO BELLA PATOLOGIA E CRITICA DEL MODO CON CHE E STATA TRATTATA FINORA LA SCIENZA DEI MORBI. Jfar/cmis medicina curiosa et nimiafuit in ina- nibus, sfitj'CMi et aiuterà in conlemplandis, cotiien- t-tìidi-Kjuejpcturorum ìiomiitum opcribus, lusciosa al- que ìubcs in investigamiis tir.turce.d murborum ef- JeeriLitx. (jiennolrcm quid mirimi quod antiquis ad- irne co/iibit.a jinibus, nil certipro?iunciure vakut de cousuiuinata, morborum fattoria, nec non de indien- lionibus, ranediis, ei prawptis cuilibtt illorumncc- ecssariix; sed magis marjisque eonfiindalur. deereseat, et (['i.ar.i he reati llaglivi. Prax. .Ued. L. 1. Cap. XI. § 77. Cos' é.patologia, e quali conoscenze comprende—In quante pi irti fu divisa: questa divisione é assurda e contraria alle leggi del metodo. Determinati i principj del metodo, é possibile e quasi facile determinare altresì se Ir. scienza dei morbi fu studiata finora con buono o cattivo metodo, e quando e come ne fu deviata, e come si possa incaminarla di nuovo sul retto sentiero. Kiccrca questa di sommo momento, perché se un buon metodo può influire a da- re buoni risultati in una scienza, e viceversa un cattivo, critica- re il metodo adoperato in patologia equivale a sanzionare o dis- truggere inmensi volumi, anzi tutti i lavori di tanti secoli e di tan- ti uomini, tutti i materiali o sperimentali o teorici della nostra scienza; equivale al discernere nei materiali stessi ciò che v' e' di 210 DELL' INSEGNAMENTO utile e di efficace, di vero e di positivo, e rigettare ciò che vi é di assurdo, di inutile e di pernicioso; equivale al deviare la mente dei medici da uno scopo vano finora cercato, da un falso metodo finora seguito, per diriggerla verso uno scopo più utile, verso un' ordine più naturale, supposto che la patologia non venisse stu- diata finora secondo i veri principj del metodo sperimentale. La patologia é Inscienza dei morbi, é lo studio della vita in istato morboso; comprende dunque la nosografia medica e chi- vurgica, la patologia cosi detta generale, l'anatomia patologica, la materia medica. E' tanto estesa dunque, ed ha poi cosi stretti vincoli coli' anatomia, colla fisiologia e coli' igiene, e abbisogna pure dei lumi ^ella psicologia, della fisica, e della chimica, che con ragione e riguardata sinonimo di Medicina, Attesa l'esten- zione immensa della patologia, era naturale, anzi neccessario che il suo studio venisse diviso in varie parti: però la divisione che fu fatta dagli antichi, cioè nell' infanzia dello spirito umano, e quan- do male si conoscevano le leggi della mente e i bisogni dell' arte, che fu seguita in appresso o per la forza dell' autorità o dell' abi- tudine, e forse per la difficolta di riformarla, questa divisione di- co é essa logica? K' essa conforme ai principj di quel metodo sperimentale che insegnò Bacone, e applicarono Galileo e New- ton alle scienze naturali? Può essere indifferente per la scoperta del vero, e per l'incremento della scienza una divisione capric- ciosa ed assurda, od una divisione naturale della scienza patolo- gica che cioè sia conforme alle leggi della mento e ai bisogni dell' arte? La patologia fu. divisa in speciale che forma la storia delle sin- gole malattie, e in generale che tratta di ciò che hanno di gene- rale e,comune. La patologia speciale fu suddivisa in nosografia medica e chirurgica, malattie delle donne, dei bambini, dejrii arte- fici ecc. La patologia generale fu divisa in nosologia che si occu- pa delle differenze reali o apparenti delle malattie, in etiologia che tratta delle loro cause, in semeiotica che tratta dei loro se- gni, in anatomia patologica che tratta delle alterazioni che lascia- no, in materia medica e terapeutica che tratta dei mezzi curativi, e tutto ciò in generale e in astratto:e come se ciò non bastasse ancora a produrre il caos nella scienza, fu pur divisa in elà- mica patologica se si occupa delle alterazioni del chimismo orga- nico e fisiologia patologica, che inette a confronto le azioni nor- mali colle innormali delle malattie, che fu detta studio della funzionalità pervertita, che sta all'anatomia patologica come la fisiologia normale sta all' anatomia fisiologica. La divisione della patologia in varie parti é cosa di grande e DELLA PATOLOGIA 211 fondamentale importanza, perché equivale al supporre che cias- cun ramo deve avere uno scopo, un campo,' un metodo, un risul- tato distinto: quindi se la divisione separa cose che debbono stu- diarsi insieme, o amalgama cose che vogliono studiarsi sepa- ratamente; se lo scopo di questa ripartizione é frivolo, e non ac- cresce né perfeziona le nostre conoscenze, questa divisione in- sterilisce i nostri studi, stanca gl'intelletti, perché loro dà uno sco- po inutile, e loro toglie gli aiuti naturali cioè le relazioni delle co- noscenze affini. Ora io non vacillo in affermare (sebbene ciò sem- bri una temerità) che l'attuale divisione della patologia é assur- da ed erronea, che non fu inspirata da un' idea scientifica o da un piano filosofico ben calcolato, ma dal bisogno di dividere co- munque il materiale troppo vasto della scienza, e cosi servire all' insegnamento della medicina; che ha formato alcune specialità utili, ed altre inutili, sterili ed anche nocive al progresso del me- dico sapere, che ha sostituito lo studio delle astrazioni o degli elementi dei fatti a quello dei fatti completi, e ha completamen- te perduto divista il proposito del metodo sperimentale che con- siste nel formare dei fatti individui e completi, nel coordinargli secondo i veri loro rapporti, nell' interpretargli o investigarne le eause per dare cosi all' arte le norme le più utili, razionali, e sicure. § 78. Ipatologi non sono nemmeno d'accordo fra loro sul mo- do di dividere la'patologia, né sull' oggetto da assegnar- si alle sue parti. Una prova preliminare che le divisioni della patologia non provennero da alcuna idea scientifica grande e sicura, e dalla se- verità del metodo sperimentale, ma da un' idea vaga, e che nemmeno i patologi sentirono tutta la importanza di una divisione filosofica, si rileva dal vedere come i patologi, [e parlo altronde di uomini dottissimi ed eminenti] non vanno nemmeno di accordo né fra loro né con se stessi sul modo di dividere la patologia, e sul vero e preciso oggetto da assegnarsi alle sue parti. Infatti secondo "Hartmann la patologia si divide in generale e speciale, "espone la generale la natura, i generi principali, ed ."i rapporti principali dei morbi___ed é quella parte della, teo- "rica che somministrandone la razionale conoscenza indaga gene- ralmente la loro natura, l'origine, gli effetti: forma perciò la vera "filosofia della vita in istato morboso-E si divide in nosologiage- "nerale, etiologia e sintomatologia. Esamina la patologia speciale "le singole malattie, ciascuna sotto l'appetto nel quale apparisce, ''disponendo lo medesime per classe genere e specie a costituire 212 dell' insegnamento "quel sistema clic nosologico si appella." Ed ecco la patologia spe- ciale che esser deve la descrizione istoriai delle singole malattie, confondersi con la nosologia che é la parte principale della pa- tologia generale, Altronde chiunque al veder definita la patolo- gia generale come la filosofia della vita morbosa, crede che real- mente la patologia generale o come é trattata da lui o da altri, indaga delle malattie l'origine ;la natura gli effetti in guisa di poter guidare utilmente nei dettagli della patologia e della pratica; pure rimane deluso perché non é finora che studio di generalità, e d'astrazioni inette a formare i veri fatti e i principj della scien- za e ad applicargli nella pratica. Anche secondo il Rochoux (1) la patologia ,che per la sua vas- "tità fii divisa in interna, esterna, dei bambini, delle donne, degli "artefici ecc. merita di essere divisa in generale e speciale; e co- "me la speciale abbraccia lo studio- delle cause dei sintomi e dei "rimedi, dovrebbe suddividersi in etiologia, nosografia [sinonimo "di semciottica] ed in terapeutica—Ma e perché merita di esser divisa in generale e speciale? Con quale scopo pratico tratteremo della malattia o delle malattie in generale? Percìié'.suddivideremo questa in etiologia, someiottica ecc; e con quale scopo pratico stac- cheremo e stuelleremo ciascun elemento in generale e in astratto? Queste domande ninno ha fatto finora, e ninno vi ha risposto. Cho- mel divide egli pure la patologia in generale che studia le malat- tie in astratto e in ciò che aver possono di comune, e in descrittiva che si occupa delle malattie particolari. Però lascio giudici i me- dici pensatori so la patologia generale che secondo lui "resumé "ai elle memo les plus humblcs elements, et la plus haute philoso- "phic de la medecine" trattata da lui colle solite generalità sul- le cause, sui sintomi, sull'^andamento, esiti, rimedi delle malattie se risolve dico un solo problema di patologia, se rischiara la pa- togenia di un solo morbo, se fornisce di più che una semplice no- menclatura. Secondo il Bufalini la patologia dovrebbe abbrac- ciare la trattazione di tutto le cose pertinenti allo stato' morboso. "Ma i medici avendo distinto la storia particolare delle malattie "dalle cose loro generali e comuni, la consuetudine ha poi ristret- "to la patologia alla trattazione di queste lasciata la prima per "subWe'tto della terapeutica. Quindi ora per noi patologia suona. "come discorso delle comunanze delle malattie—E seguendo l'an- tico cammino la divide ''in nosologia, semeiottica, ed etiologia; "la nosologia divide in due parti, l'una che cerca e determinai "caratteri esteriori delle specie e dei generi, l'altra che a stabili- ti] Dizion. classico di medicina. DELLA PATOLOGIA 213 "re la natura di questi intende" Cosi anche questo profondo pa- tologo inciampa nello stesso scoglio dell' Hartmann, perche da una parte dà alla nosologia un' ufficio puramente storico e des- crittivo, fa appartenere la patologia speciale alla terapeutica, e quasi staccando Pedologia e la semeiottica restringe la filosofia dei morbi a una parte sola della nosologia. Quest' anarchia pur nel limitare della scienza, quest' imbarazzo dei patologi pur nel determinare l'oggetto e le parti della scienza dei morbi, prova due cose. 1" Le mutue e neccessarie relazioni fra la parte filosofica e la sperimentale della medicina. 29 Che la divisione della patologia nata nell' infanzia dello spirito umano, mantenuta dall' autorità e dall' abitudine, e forse dallo scopo del- l' insegnamento elementare, non é buona, e non corrisponde ai bisogni della mente e dell' arte. Tutti sembrano convenire che vi deve essere una patologia speciale che tratta la storia delle sin- gole malattie; e se 1' Hartmann e il Bufalini vogliono che essa abbia un' ordinamento nosologico, egli é per l'innegabile necces- sità di coordinare i fatti o le nostre conoscenze, e ridurle a pochi gruppi e con un dato ordine. Però l'ordinamento nosologico non é già essenziale per la patologia speciale o nosografia, é un mezzo di cui si serve la mente per. dare un' ordine alle conoscenze che gli ha fornito lo studio dei casi particolari; si possono avere e si hanno delle eccellenti •monografie, delle diagnosi cliniche per- fette sènza un minimo cenno o guida nosologica. L'ordinamento nosologico vien dopo [fosse anche anatomico od alfabetico] ed appartiene alla mente che ragiona sopra i rapporti delle cose non alla mente che osserva e descrive i fenomeni; ed é uno strumento razionale sia perché conduce alle idee generali, sia perché dà buoni o insignificanti risultati secondo il modo di vedere e valutare i rapporti delle cose. § 79. Della Patologia speciale o nosografica—Sue divisioni, suoi pregi—Sue imperfezioni dovute a quelle del metodo ' filosofico-- Avendo stabilito nella scienza del metodo [29] quella divisio- ne della patologia che mi sembra la sola naturale, cioè che mj sembra corrispondere colla natura della nostra mente, e allo sco- po dell' arte; già abbiamo una base sicura non solo per dare un nuovo indirizzo agli studj patologici, e subordinare i materiali scientifici della medicina ad un nuovo e migliore disegno, ma al- tresì per criticare quelle divisioni della scienza che essendo erro- nee danno agli studi uno scopo vano, e perciò o sterili o cattivi ri- sultati, e quindi servono di ostacolo al progresso e perfeziona- 214 DELL rNSEGNAMENTO mento della nostra difficile e nobile scienza. Distruggere ed edi- ficare, ecco il consiglio e l'esempio che ci dà un gran filosofo Italiano, il Gioberti; ecco il debito che incumbe a chi imprende una riforma radicale in una scienza: ed io mi vergognerei di cri- ticare e respingere le divisioni della patologia ammesse nelle scuole, e seguita dai stessi moderni campioni del medico sapere se quella che propongo in nosografia, nosologia, e patogenia non mi sembrasse più filosofica e naturale, e conducente ad eccellenza di studi e di risultati. Sopprimere la patologia generale, introdurre una critica minuziosa e profonda né materiali stessi della patolo- gia speciale, screditare i trattati speciali di scmeiottica, di mate- ria medica, di chimica, di anatomia, di fisiologia patologica, sono propositi cosi nuovi, cosi strani, e per cosi dire revoluzionarj che a prima giunta saranno respinti e derisi, e attribuiti piutosto a un' amore del paradosso, e alla smania di far chiazzo, che a sin- cera passione del vero: e scommetto che due terzi de miei lettori salteranno questa sezione, riguardandola come un' attentato sa- crilego contro la maestà delle scuole cioè l'autorità del passato. Prego dunque i miei lettori a riflettere che il metodo di studiare la patologia, é un' aiuto potente se buono, é un' ostacolo gravis- simo'se cattivo: quindi occuparmene era non solo prudenza ma neccessità, e se vie audacia nelle mie conclusioni la responsabilità appartiene intera agli inflessibili principj del metodo. Comin- ciamo dunque dalla patologia speciale che é la parte più ricca, più solida, e più utile della scienza. La medicina pratica presenta due lati diversi, quello di scienza e quello di arte.' come scienza comprende tutte le osservazioni, tutti i dati che formano la storia delle singole malattie, come ar- te comprende l'uso e l'applicazione di esse conoscenze per ben discernerle in pratica e ben curarle. Il campo della patologia é tanto vasto, e lo studio pratico dei morbi é cosi difficile e pieno di gettagli che per rendere più esatto e più efficace l'esercizio dell' arte, la praticai divisa in due parti, la medicina che cura a pre- ferenza coi farmaci, e la chirurgia che cura a preferenza colla mano. Per servire adunque all' arte o medica o chirurgica la pa- tologia fu divisa in due parti, l'ima che si occupa delle malattie esterne o chirurgiche, ,1'altra che tratta delle interne o mediche. Distinzione assurda perché la massima parte delle malattie chi- rurgiche sono interne, e si curano colle vedute e i rimedi della medicina, e cosi pure molte delle malattie mediche sono anche esterne, o si curano colla mano. Distinzione assurda, rispetto alla scienza perché He une e le altre sono affezioni del corpo vivente, e non sono già meccaniche le une e vitali la altre ma tutte sono DELLA PATOLOGIA 215 . regolate dalle stesse leggi della vita morbosa, e quindi sottomes- se agli stessi principj della scienza patologica. Distinzione utilis- sima rispetto all' arte perché limitando gli studi pratici dei me- dici e dei chirurghi tende a perfezionargli. E non solo fu utile all' arte questa divisione, ma quella altresì della patologia degli occhi, degli orecchi, dei denti, delle ossa, della inente, della pelle, dei bambini, delle donne, dei vecchi, porcile a misura che un pato- logo limita il campo de suoi studi pratici ed ivi si addestra, me- glio coltiva questa parte e più perfeziona se stesso. Pure ques- ta divisione della patologia é più apparente che reale, è più distribuzione che differenza di lavoro, giacché in tutte queste par- ti sempre si tratta della descrizione e della storia delle malattie speciali, sempre si conviene lo stesso metodo sintetico di far con- correre i dati clinici, sintomi cause, effetti dei morbi, effetti dei rimedi per formarne la diagnosi, e riconoscerle da tutte le altre. Per altro osserverò con Chomel "che lo studio particolare di un "gruppo di malattie non ha profittato alla scienza che in tanto "che coloro che vi si sono consacrati hanno posseduto delle co- "noscenze profonde negli altri rami della patologia; gli organi "nelle loro affezioni non si isolano, perciò non possono isolarsi "le malattie nel loro studio. Per le quali riflessioni é permesso conchiudere che se giova all' arte la di vision del lavoro e perciò la distinzione della medicina e della chirurgia, nuoce alla scienza questa divisione delle malat- tie in mediche e chirurgiche, ovvero che lo studio di una.classe di morbi non solo non può Isolarsi dallo studio delle altre, ma riceve anzi una luce dallo studio dello altre che non darebbe lo studio isolato di un solo ramo della patologia. Dunque la divisio- ne della patologia in medica e chirurgica scientificamente parlan- do é assurda e nociva. La patologia speciale non é certamente perfetta quale deve e può essere, e quale sarà un giorno, però cosi coni' e' é tuttavia cen- to volte più perfetta, più completa, più utile alla medicina che la patologia generale. La causa di questa singolare differenza con- siste in ciò che il suo scopo e assai meglio definito e i buoni ma- teriali della nosografia furono ottenuti con quell' ordine che é det- tato dai principj del metodo. Infatti lo scopo della buona noso- grafia, sia che venisse trattata nelle monografie, o nelle opere più o meno estese delia-medicina clinica, o patologia chirurgica, quel- lo fu sempre di presentare la descrizione, la storia, il diagnos- tico clinico delle singole malattie in modo da potale distinguere da tutte'le altre; e perciò il metodo adoperato dalla buona noso- grafia fu certamente il sintetico che consiste nel far concorrere tut- 216 DELL' INSEGNAMENTO ti gli elementi clinici cause, sintomi, effetti de morbi, effetti dei rimedj come dati per riconoscerle. Ma non potrei dissimulare a questo luogo due cose: l'una cho la nosografia offre delle vaste lacune, imperfezioni, e incertezze, come lo prova la differenza profonda negli insegnamenti clinici' di autori altronde stimati antichi e moderni; l'altra che questo stato d'incertezza d'imperfezione e di discordia frai pratici deri- va dalla differenza e perciò fallacia dei metodi filosofici, ossia del- la filosofia dei fatti. Questa filosofia che é la scienza del metodo, fu seguita per istinto di un genio potente da Ippocrate, e dagli uo- mini di tutte le età e nazioni che lo imitarono nei modo di osser- varla natura: cosi come i principj dell' estetica furono seguiti per la sola potenza del genio da Omero, Virgilio, Dante Rafael- Io. Michelangelo, Paisiello nella poesia e nelle arti. E a questa filosofia e a questa scuola dobbiamo i più veri e preziosi modelli della nosografia diagnostica. Però i principj del metodo non fu- rono formulati finora e ordinati in un corpo di scienza, sebbene dopo la riforma di Bacone ne prendesse l'iniziativa il Baglivi, e poi Zimmermann e pochi altri (§76). Da questo vuoto in cosa tanto fondamentale ne derivò una differenza di metodi nel modo di vedere in pratica e trattare la patologia speciale da cui emerse l'anarchia e la discordia degli insegnamenti clinici. Ed infatti i patologi che circoscrissero il fatto clinico all' insie- me dei sintomi senza procedere fino alla diagnosi della condizion patologica, si occuparono delle apparenze in luogo delle realtà, ci diedero dei fatti incompleti, e confusero spesso in una forma mor- bosa vaga e generica morbi diversi, e ritennero quali vere dif- ferenze cliniche delle insignificanti differenze di forma. Questa é l'influenza che ha esercitato il metodo dei sintomatici. Altri patologi non fecero caso dei rapporti che hanno i sintomi fra di loro e colle alterazioni interne o dei solidi o dei liquidi, ma a dirittura investigarono a quali poche e generali nature potesse- ro ridursi le svariatissime forme che presenta la clinica; e pen- sando che queste solamente potessero determinarsi, fissando, a priori i modi con cui possono alterarsi le condizioni stesse della vita normale, cosi a priori, e colla sola guida della fisiologia ra- zionale determinarono le differenze essenziali e le nature delle malattie. Questa é l'influenza che il metodo dei sistematici eser- citò sulla storia dei morbi, d'onde le diatesi dinamiche, le dege- nerazioni putride, plastollie ecc. Altri patologi sedotti da false analogie, e contemplando il fat- to clinico non nell' insieme de suoi caratteri e de suoi eriterj dia- gnostici, ma da un solo lato, riguardarono una condizione morbo- DELLA PATOLOGIA. 217 sa come base comune di molte forme che hanno diversa natura. Di qui il metodo noso-patogenico che attribuisce le febbri conti- nue alla gastro-enterite, tutte quasi le forme morboso all' irrita- zione o alla flogosi. Altri patologi finalmente rigettano il criterio delle cause, e dei sintomi, ed anche delle azioni terapeutiche come criterj incerti e fallaci, e solamente confidano nel testimonio della anatomia patologica, e della chimica organica, ammettendo che le cause interne delle malattie non sono altro che alterazioni del- la forma o della miscela organica, e che l'opera della osservazio- ne clinica consiste nel trovare le relazioni semeiotiche di queste alterazioni colle forme morbose. Questa é l'influenza che il me- todo anatomico ha esercitato sulla nosografia. Appena accenno queste cose per dimostrare che la nosografia medica non é un' insieme di tipi clinici stabiliti definitivamente, e di un color solo in tutte le opere di medicina pratica, ma nei quali invece si avverte una differenza profouda tanto nei criterj diagnostici, come nell' ordine nosologico, come nell' interpreta- zione patogenica, come nei precetti tsrapeutici, secondo i diversi metodi non cui fu trattata. Ma la materia é troppo grave perché possa toccarsi di volo; ed io la tratterò espressamente nel saggio di critica nosografica. Solamente qui mi cale conchirdere che le im- perfezioni e le lacune non solo, ma la confusione babelica delle cose nosografiche deriva dall' influenza del metodo filosofico, e che solamente applicando i principj normali di esso alla osserva- zione clinica, si può dare un nuovo e migliore indirizzo alla no- sografia cioè alla formazione dei tipi clinici. § 80. Della Patologia generale—Sua originerei applicazione all' insegnamento elementare-—Lefii assegnato un vano scopo ed un metodo erroneo. Se per patologia generale s'intende lo studio speculativo ed as- tratto delle malattie può dirsi che Ippocrate e sopratutto Galeno ne furono i fondatori, ed ebbero imitatori o seguaci i medici di tutte le età e di tutte le scuole. Se per patologia generale s'inten- de la forma metodica che ottenne questo studio, lo scopo, il meto- do e le divisioni che le furono assegnate,l'applicaziono che ne fu fat- ta all'insegnamento medico clementare.puó dirsi allora che Gaubio ne fu il fondatore, egli che le diede il nome di patologia genera- le, ed ebbe seguaci in tutte le università uomini di grande inge- gno, Sprengel, Caldani, Hartmann, Dalla decima, Brandis, Fanza- go, Hildebrand, Chomel, Bufalini, Willians, Puccinotti, Dubois d' Amiens, Bouchut, De Renzi, Gintrac, ecc. Forse un' idea di Galeno o erronea, o male intesa, diede alla 28 218 DELL' INSEGNAMENTO patologia generale un vano scopo, un falso metodo, e vanità di rb sul tati; perché si credette neccessario studiar la malattia in as- tratto prima di studiar le malattie in particolare: Primum dicere opertet quid morbum apellamus, secundo vero quot sint universi primi et simplices morbi et veduti aliorum elementa, deiceps vero tertio quot sint hi qui ex eorum compositione proveniunt [1] 0 for- se Gaubio prese le mosse da queste due idee. I9 II proposito di servire all' insegnamento elementare delle cose mediche e pre- sentareagli alunni il linguaggio, e le generalità della scienza, perché come nelle singole malattie si parla di cause, di sintomi, di sede, di corso, di esiti, di prognostico, d'indicazioni terapeuti- Che e di rimedi, cosi se ne trattasse in generale perché le cose dette fossero applicabili a tutti i casi della pratica. 2° Le malattie han- no caratteri speciali che sono l'oggetto della patologia speciale o della storia dei singoli casi; ed hanno dei caratteri generali e comuni o a tutte le malattie o a certi gruppi di esse, quindi lo studio speculativo di questi caratteri generali e comuni appartie- ne alla patologia generale. Il fatto é che da Gaubio fino a noi la patologia generale ha questi scopi e caratteri in tutte le uni- versità dove si insegna e in tutte le opere che possediamo. lp Lo scopo precipuo della patologia generale é quello di servire all' insegnamento elementare delle cose patologiche indicando agli alunni la nomenclatura, le definizioni, e le distinzioni, gli oggetti, Pestenzione, le divisioni, e gli aiuti della scienza dei morbi; e per questo é più diretta a chi comincia che a chi finisce la carriera medica. Se si eccettua la sublime patologia del Bufalini, e alcune parti di quella del De-Renzi che per la profondità dei problemi e l'audacia sublime degli studi sono di competenza di medici adul- ti, il massimo numero di patologie, é un manuale di generali- tà adattato a chi prelude al corsi di nosografia 0 di clinica me- dica. 2° La patologia generale studia in generale e in astratto più- tosto la malattia che le malattie, e cosi pure in generale e in as- tratto studia tutti gli elementi e attributi dello stato morboso, le cause, i sintomi, la sede, il corso, gli esiti, e successioni, le al- terazioni anatomiche, le indicazioni terapeutiche, la convalescen- za, le metastasi, le crisi, la morte, le differenze nosologiche ecc: disputando sopra definizioni e sollevando questioni, e controver- sie, e formando divisioni e distinzioni vanissime come vedremo, pe- rò che sono il corollario di questa forma metodica. 3° In luogo di dividere la patologia secondo i varj scopi coi quali la mente deve studiare i morbi, divide la scienza in tante parti quanti so- no gli elementi che formano il fatto clinico, le cause d'onde 1' [l] Galeno de Diff. morb. L.l.C. 1. DELLA PATOLOGIA 219 etiologia generale, i sintomi e le forme morbose, d'onde la seme- iottica e nosologia generale, le alterazioni anatomiche d'onde la anatomia patologica, gli effetti dei rimedi d'onde la materia me- dica e la terapeutica generale. 4° E questi oggetti che sono fatti collaterali e perciò di un valor relativo alle unità empiriche, gli studia in generale e in astratto come fossero fatti individui e completi, e forma cosi altretante scienze vanissime dentro della stessa scienza, e impone un' odioso e inutile peso alle giovani menti. Ora sebbene questa forma scolastica della patologia filosofica sia intrinsecamente erronea perché é vano lo scopo e sempre tran- sitorio e insignificante; fallacissimo il metodo, assurde le divi- sioni, e sterile anzi impossibile l'applicazione alla scienza orga- nica ed all' arte medica, pure viene proclamata come la vera fi- losofia della vita morbosa. Infatti dice Chomel "la patologia "generale che ha per oggetto le malattie considerate di una mar "niera astratta, le abbraccia tutte nello stesso quadro, le studia "nei loro caratteri generali, nelle cause che le producono, nello "sviluppo successione concatenazione dei fenomeni osseivati du- rante la vita, o delle lesioni constatate dopo morte, nelle condb "zioni che modificano la loro marcia, o fanno prevedere i cam- "biamenti che offriranno nel loro corso. .. .essa comprende ciò "che v' ha di più semplice e di più elevato nella scienza, da una "parte la definizione dei termini, e la descrizione dei fenomeni "delle malattie, dall' altra parte la discussione di tutte le questio- "ni fondamentali, e l'esposizione dei principj generali che debbo- "no guidare il medico nell' esercizio dell' arte.... la patologia ^generale riassume per conseguenza i più umili elementi, e la più "alta filosofia della medicina." E 1' Hartmann dichiara che "La "patologia generale é quella parte di teorica medica che sommi- "nistraudo la razionale conoscenza dei morbi indaga generalmen- "te la lor natura, l'origine, gli effetti: forma perciò la vera filoso- "fia della vita in istato morboso." ''La vera patologia, dice Williams, o i sani principj di medici- "na, é l'insieme dei risultati dell' esperienza sulla vita morbosa "con la conoscenza della struttura e funzioni appartenenti alla vita "normale. Essa é il solo legame che connette le scienze prepara- "torie e la medicina pratica; senza di essa esse sono disiecta mem- "bra, con essa formano un bene unito corpo di scienza; giovine "tuttavia é vero., e che manca di molte cose per l'arte, però già "utile a molte altre e che solamente abbisogna di sviluppo e del "continuato aiuto de suoi principali membri anatomia, fisiologia, ''osservazione clinica, per diventare una perfetta ed efficace diref- 220 DELL' INSEGNAMENTO "trice della pratica [1]—La patologia generale, dice De Renzi, ha "lo scopo di proporre la soluzione dei problemi più ardui della "medicina, di chiamare questa innanzi al tribunale della ragione, "d'invitare l'empirismo pratico a riordinare i fatti col soccorso "della logica.....la patologia generale come ogni altra scienza "fisica essenzialmente ha la sua ragione nella verità dei principj "e nella verità dei fatti, perché ha lo scopo di raccogliere in una "sintesi naturale i fatti morbosi osservati per formarne la dottri- "na del morbo o dei morbi (2). Chiunque vegga questa magnifica definizione della patologia generale in bocca di uomini sicuramente eminenti crederà che questa forma metodica di medico sapere e di medico insegnamento costituisce la vera filosofia della vita morbosa, che può e deve cos- tituirla; e che le opere che intorno ad essa rispettivamente dettaro- no formano il modello della patologia razionale. Eppure non mi sa- rà difficile dimostrare che essi e' indicarono piutosto ciò che deve essere che ciò che essa é, e può essere realmente collo scopo e col metodo che le venne assegnato. Questa specie di programma, quest' idea cosi bella che ce ne presentano indica il bisogno sem- pre più sentito ed urgente di sortire dalle angustie e dalle miserie del gretto empirismo, di rischiarare i fatti col lume della ragione e della teoria, di elevarci al razionale ordinamento delle cose medi- che. Accettiamo dunque il felice augurio, applaudiamo al voto con- corde dei medici pensatori come indizio di un bisogno scientifi- co moderno e forse pegno e principio di progresso e perfeziona- mento: però guardiamoci bene dal credere che lo scopo ed il me- todo addottato dalle scuole possono condurre a cosi magnifici risultati. Si tenga pure per temerario il mio proposito, pure io non dubito di affermare e dimostrare. 1- Che alla patologia genera- le fu assegnato un vano scopo ed un' erroneo metodo: uno scopo vano tanto per la scienza organica come per la pratica della me- dicina; un' erroneo metodo perché studia in astratto e isolati gli elementi dei fatti,e forma tre o quattro scienze di una sola. 2" Che cosi coni' é trattata dai migliori patologi non costituisce ne può costituire la filosofia della vita morbosa. § 81—Dello scopo e del metodo della patologia generale comparati collo scopo e col metodo della patologia razionale e zoonomica. Dalle cose or ora esposte si rileva assai facilmente che la pato- logia filosofica delle scuole é generale ma non razionale e zoono- (1) On the need of principles in medicine. (a) Discorso preliminare alle sue lezioni di p. generale. DELLA PATOLOGIA. 221 mica, perché P una e P altra hanno scopo e metodo interamente diversi. La P. generale si propone di studiare le generalità della scienza e ciò che hanno i morbi di generale e comune. Per la pa- tologia razionale ciò non é un fine ma un mezzo. Il suo fine é quel- lo di formare i fatti o tipi clinici, di classificargli, d'interpretar- gli indagandone le generali cause o nature. La patologia genera- le non divide la scienza a seconda dei veri scopi che ha la mente, la scienza el' arte, ma a seconda dei varj lati o parti che presenta il fatto elinico. Quindi la patologia razionale divide la scienza se- condo che si propone o di formare i tipi clinici, o di classificargli, o d'interpretargli, però senza abbandonare il metodo sintetico sia nella formazione dei fatti che in quella dei principj. La patologia generale invece non solo non ha gli scopi di quella, e che sono in- spirati dalla scienza del metodo,ma dimentica che i sintomi, le cau- se, gli esiti, i rimedi di una malattia sono fatti collaterali e incom- pleti, sono brani e framenti dei fatti individui e che non hanno valore alcuno se non in rapporto alle unità empiriche a cui appar- tengono: debbono dunque la loro importanza alla loro collocazio- ne. La patologia razionalo rispetta adunque questi rapporti essa che adopera il metodo sintetico, ed unificatore o dei fatti o dei principj. La patologia generale non solamente non gli ris- petta ma l'orma di ciascun' elemento del fatto clinico una scien- za particolare trattando in generale delle cause, dei sintomi, delle alterazioni anatomiche e delle azioni terapeutiche; però una scien- za che quasi non ha scopo. Tanto la patologia generale come la razionale adoperano 1' analisi e 1' astrazione, però con un proposito inmensamente diver- so. La patologia razionale astrae da una moltitudine di casi simi- li i caratteri generali e comuni per formare i tipi clinici, astrae da una varietà grande di forme nosologiche i caratteri generali e comuni di cause 'prossime o analoghe o identiche per formare i principj analogici o i gruppi nosologia, però sempre adoperando la sintesi o nella formazione dei fatti o dei principj. La patologia generale invece astrae ciascun elemento del fatto clinico, lo dislo- ca, lo isola per istudiarlo separatamente, per formare di una mol- titudine di queste menbra disgiunte una speciale scienza che chia- ma etiologia, semeiottica ecc. Quindi la patologia razionale prima formai fatti, poi gli classifica^ poi gli interpreta; la patologia ge- nerale non sa nemmeno clic cosa sia formazione dei-fatti essa che gli distrugge senza saperlo; essa non confronta fatti con fatti per classificargli secondo i rapporti loro d' identità e diversità, ma confronta elementi con elementi, per classificargli del pari, e ciò astrazion fatta dai rapporti che hanno colle unità empiriche. Quan- 222 DELL' INSEGNAMENTO to alla patogenia od interpretazione dei fatti la patologia raziona* le ha un retto scopo come ha buon metodo: la patologia generale o manca di scopo perché ha in vista P insegnamento elementare, o manca di mezzi perché non ha fra la mani che fatti collaterali e incompleti; e mancando del vero metodo si a ventura ad indovina-- re: donde tutte le ipotesi e i sogni dei sistematici. Insomma la pa- tologia razionale è generale se si vuole perché tratta in generale della malattia e delle malattie e dei singoli elementi di essa. Però noi fa cosi vagamente pel solo e vano scopo di trattare in generale e in astratto le cose patologiche, o ciò che i morbi hanno di gene- rale e comune, ma collo scopo pratico di formare, classificare, in^ terpretare i fatti clinici. Il proposito di sopprimere le patologia generale é tanto nuovo, tanto strano, tanto contrario alle idee ricevute, all' esempio ed all' autorità delle scuole, che per farlo accettare dai medici pensa- tori non basta indicare le differenze fra la patologia generale e la razionale; ma conviene colla sana logica alla mano dimostrare quanto é vano lo scopo ed assurdo il metodo e le divisioni dell' una: e quanto nuovi utili naturali fecondi lo scopo ed il metodo della patologia razionale. E sopratutto conviene fornire un mo- dello di essa che a queste promesse e speranze corrisponda. Il lettore mi permetterà dunque che insista su questa dimostrazio- ne, § 82—2/0 scopo ed il metodo della patologia generale sono vani ed erronei tanto per la scienza organica coinè per la pratica della medicina, La patologia generale ha uno scopo vano giacché essa non si propone la formazione, la coordinazione, e la interpretazione dei fatti che sono i veri propositi della scienza e dell'arte; ma in queb la vece si propone o 1' insegnamento elementare, le generalità ed il linguaggio della patologia,o lo studio generale ed astratto deb la malattia o degli elementi di essa. Non si propone la formazio* ne dei fatti perché gli mancala guida della scienza del metodo, non si propone la classificazione dei fatti completi, perchè senza di quella le manca la base della nosografia, non si propone la interpretazione patogenica dei fatti, non solo perché manca di quelle due basi, ma perchéavendo in vista l'insegnamento elemen- tare ha uno scopo diverso e la patogenia gli sembra troppo difficile per chi comincia gli studj medici. La patologia generale ha uno scopo vano perché come insegnamento elementare non è utile né neccessaria [come dimostrerò in breve] perché perde di vista i ve' ri bisogni dell' arte, e perché riguardarne ciò che é soltanto un bELLA PATOLOGIA; 223 mezzo. Infatti lo studio generale ed astratto delle malattie non é e non deve essere un fine ma un mezzo per i fini reali della scienza e dell'arte. Anche per formare i tipi clinici,che sono P oggetto della patologia descrittiva e speciale, la mente studia le malattie in modo generale ed astratto perché appunto forma i tipi clinici collWmr- gli da una moltitudine di casi particolari e in gran parte diversi. Però il nosografo studia ciò che mille casi di vaiuolo hanno di ge- nerale e comune, perché ciò conduce a formare l'unità empirica od il tipo clinico. Qual' é, quale deve essere il fine della patologia fi- losofica, domanderò io a Chomel? Certamente sarà quello di ben discernere e distinguere le malattie umane, e conoscerne a fondo la natura, le cause, e le differenze per bene e razionalmente curar1 le; perché é un vero bisogno della mente ridurre a poche le conos1 cenze multiple della scienza e le regole dell' arte. Ora il notaro ciò che o tutte o alcune malattie hanno di generale e comnne sa- rebbe un'occupazione vana e puerile se non conducesse a meglio co- noscerle e meglio curarle. Le malattie si rassomigliano per carat- teri essenziali come per altri insignificanti, e tanto gli uni come gli altri sono più o meno generali e comuni, e formano certi grup- pi o serie di fatti: con la differenza che gli uni sono di reale impor- tanza, altri sono artificiali vani e insignificanti. Il patologo non classifica perché sia un bisogno della mente e dell' arte il genera- lizzare, ma generalizza perché ha bisogno di trovare fatti genera- li e comuni, le cause generali e comuni a una varietà grande di ef- fetti particolari. Perciò generaPzzare non é un fine ma un mezzo, perché conduce a fissare certi principj diagnostici e terapeutici comuni a certe serie di fatti, e alla interpretazione dei fatti, scopo supremo della scienza e dell' arte. La patologia generale non si propone la cooidiuazione dei fatti completi, ma bensì lo studio di ciò che i morbi hanno di generale; dunque perde di vista il vero scopo della coordinazione che é la formazione de principj, essa manca di base perché manca di nosografia, quindi é che confonde i fatti collaterali coi fatti completi, i caratteri essenziali dei morbi coi caratteri insignificanti. Essa manca eziandio di scopo praticD- razionalc qual' é la scoperta delle cause o 1' interpretazione dei fatti: ha dunque una nosologia vana e unilatere, e niuna patogenia, o alcuna ipotetica ed arbitraria. Se lo scopo della patologia generale é vano; il metodo [come tutto si lega in filosofia!] é completamente erroneo, e va d' accor- do colla vanità dello scopo. I sintomi, lo cause, P andamento, gli esiti, le alterazioni anatomiche, gli effetti dei rimedi sono in cer- to modo gli elementi istorici di una malattia; P insieme loro for1 ma la sua storia e il suo tipo, e un morbo differisce da un'altro o 224 DELL' INSEGNAMENTO si assomiglia per alcuno o per P insieme di questi elementi. Ora studiare in generale e separatamente i sintomi, le cause, le altera- zioni anatomiche, e le azioni terapeutiche, equivale all' occuparsi dei fatti collaterali [il cui valore é relativo alle unità empiriche] ossia degli elementi singoli dei fatti non dei fatti completi, equi- vale a formare delle vanissimo generalità, o sui sintomi o cause o effetti dei rimedi che poi si riferiscono a fatti clinici essenzial- mente e profondamente diversi, equivale dunque a formare di una sola scienza quattro o cinque scienze vane, e senza scopo certo e serio. Ravvicinare e connettere gli elementi clinici di un fatto tale é il segreto della vera nosografia, o Parte di formare i fatti clinici da Ippocrate fino a noi. Ravvicinare e connetterei fatti veri e completi, per trovarne le vere non le apparenti diffe-, renze, tale é il segreto della vera classificaziono nosologica e l'ar- te di formare i principj diagnostici e terapeutici relativi a una data serie di morbi. Ora, incredibile a dirsi! Ciò ohe fu. considerato una regola infallibile per la formazione di un solo tipo clinico,fù riget- tato per la formazione de principj patologici! Ciò che sarebbe sta- to considerato una enormità per la scienza di formare i fatti, fu tenuto per regola per la scienza di formare i principj! La nosografia raccoglie gli elementi veri del fatto col mezzo della sintesi, la patologia generale non solo non raccoglie i fatti simili [però com- pleti e individui] col proposito di formare i principj, ma spezzali fatto stesso per isolare i singoli elementi, e studiargli in generale e in astratto, troncando quelle relazioni, quelle attinenze, quella collocazione che dà agli elementi stessi tutto il valore che hanno per la diagnosi clinica e patogenica. Possiamo dunque conchiude- re che con questo metodo e con questo scopo la patologia generale non può servire alla scienza organica perché non forma i fatti, perché non classificai fatti veri, anzi forma classificazioni assurde, vane, insignificanti; perché nonintorpreta i fatti. Non può servire all' arte medica perché non conduce a formare i tipi clinici, né tro- vare i veri principj diagnostici e terapeutici proprj dò gruppi na- turali delle malattie, e finalmente perchè manca di patogenia. § 83—Il piano della patologia generale guida a formare tre o quattro scienze vane di una sola—Vanità della nosolo- gia che procede dalla patologia generale. I patologi non divisero la filosofìa dei morbi in varie parti corrispondenti ai scopi diversi della mento e dell' arte (per ottene- re i quali però il patologo adopera fatti completi) bensì la divise- ro in varie parti corrispondenti ai varj elementi o parti o lati del fatto clinico indivisibile. Quindi essi divisero la filosofia patologi- ca in nosologia generale, semeiotica, etiologia e terapeutica, fa- DELLA PATOLOGIA 225 cendone altretante e separate scienze, mentre nessuna lo é ne lo può essere maneggiando fatti incompleti e collaterali, e mentre nessuna liane può avere uno scopo scientifico e pratico. Il Bufa- lini seguitando larutina delle scuole dice—"Delle differenze del- "le malattie tratta la prima, [nosologia] discorre sui loro sintomi 'la seconda (semciottica); e intorno alle cagioni versa la terza(etio- "logia) Manifestamente la nosologia é la più importante e base "delle altre due/perché occorre stabilire a quante affezioni primi- "tive soggiaccia la nostra machina, prima di cercare i loro effetti "e le loro cagioni" (1) Ecco un' errore di metodo e di dottrina (inspirato dal pensiero di Galeno pocanzi accennato) che si con- nette all' idea di poter fissare a priori le differenze dello stato morboso astrazion fatta dallo studio nosogralico delle cause e dei sintomi che ne sono le parti, gli elementi ed i criterj diagnostici. Cosi il Bufalini per aver accettate come buone certe idee erronee stabilite dalla falsa filosofia delle scuole non solo ha diviso male la patologia e dato alle sue parti uno scopo vano.ma diede altresì una direzione falsa e servile a tutti gli studj patologici metten- dosi in contradizione con alcuni suoi stessi pensieri pieni di veri- tà e di filosofia. Infatti é facile riconoscere l9 Esser falso che la nosologia sia più importante della semeiotica e dell' etiologia, che anzi la differenza reale delle malattie umane deve risultare dallo studio sintetico e nosografico delle cause e dei sintomi, al- trimenti sarebbe una classificazione di chimere non di morbi os- servati e osservabili 2" Esser falso che la nosologia presenta due forme: una che si occupa delle forme e della fisionomia, l'altra cho si occupa delle cause prossime dei morbi. Che cosa e', che cosa deve essere la nosologia? Classificazio- ne di nomi o di sintomi, o di cause prossime inmaginate a capric- cio: o di malattie costituite da un' insieme di fenomeni a cui cor- rispondono date cause, dato corso, dati esiti, e rimedi? Se é un vero che le apparenze semeiottiche sono eternamente legate alle condizioni patologiche, e che analoghe forme morbose (prese in astratto)possono a differenti cause prossime appartenere, egli é una assurdità di metodo e di dottrina classificare queste apparenze astrazione fatta dalle condizioni patologiche a cui si collegano: as- Burda quindi ogni nosologia sintomatica. Se é vero poi che le cau- se prossime o condizioni patologiche,© affezioni primitive del Bu- falini perché non siano enti di ragione inmaginati a priori, perché siano induzioni cliniche hanno bisogno di essere dedotte (come dimostrerò pienamente in appresso) dallo studio sintetico delle cause, dei sintomi, dell'anatomia patologica, e della terapeutica; [l) Fond. di pat. anal. 1.° cap. 29 226 dell' insegnamento ella é una assurdità di metodo e di dottrina classificare queste a- fezioni primitive astrazion fatta dalle cause che le producono e dai sintomi che le manifestano, e perciò assurdo il proposito della no- sologia sistemdica; e assurdo il dire "che conviene stabilire a ''quante affezioni primitive soggiaccia la nostra macchina, prima "di cercarne i loro effetti e le loro cagioni." Ciò é precisamente quello che hanno fatto i sistematici di tutti i tempi, ciò é quello che il Bufalini rimprovera loro nello stesso capitolo, e ciò che si oppone a' sani principj del metodo induttivo che insegna esatta- mente il contrario perché insegna di prendere per guida i sinto- mi, le cause, gli effetti delle malattie e dei rimedi per determina- re P esistenza e la natura corrisponderne delle affezioni primitive o condizioni patologiche. Una nosologia pertanto o sintomatica o sistematica non sarebbe nosologia, vale a dire classificazione di fatti completi; e cosi come manca di base, di aiuti, e di metodo, e di un retto scopo, cosi manca di buoni risultati, perché ci die- de e ci darà sempre classificazioni di nomi e di apparenze, di as- trazioni e di ipotesi, non di cose reali riconoscibili mediaute la cli- nica osservazione. Se tanto deve dirsi della nosologia generale del Bufalini che diremo di quella delle scuole, indicata p. e. dall' Hartmann, dal Chomel, o dal Bouchut, che prendendo per guida o le cause, o la sede, o P origine, o il tipo, o il corso, o P esito, o il pericolo delle malattie,le divide in epideiniche,sporadiche,congenite ed acquisite, locali ed universali, acute croniche, intermittenti continue, beni- gne maligne ecc.? Forse che a queste differenze metodiche corris- pondono le differenze reali e diagnostiche delle malattie? Forse che queste distinzioni scolastiche aiutano il medico a meglio co- noscerle, e meglio e razionalmente curarle? Ciò che esse valgono lo vedremo nella 5a. sezione. § 84—Vanità della sintomatologia o semel ottica che procede dal- la patologia generale. Chi vuol vedere la vanità é la confusione babelica della pato- logia generale uopo é che porti il pensiero al suo trattato dei sin- tomi. I patologa antichi riguardavano i sintomi [e lo indica P e- timologia] effetti insieme e contrasegni della malattia, perciò la sintomatologia sinonimo di semeiottica; e i sintomi, questa voce della natura che soffre, vennero riguardati il più potente aiuto della diagnosi. Sopragiunsero le cavillazoni scolastiche di Fer- nelio il quale disse—omne sintonia signum esse, non tamem omne signum sintonia—Fu allora che cominciò la distinzione fra sinto- mo e segno, e la semeiottica divenne sinonimo di arte diagnosti- ca, e comprese tanto i dati diagnostici che fornisce P osservazio* DELLA PATOLOGIA 227 ne dei sintomi come quella delle cause,come quella degli effetti te- rapeutici perché tutti questi dati sono segni che la fanno conos- cere. Fu detta una verità grande però che isolata,annullava tutta la importanza diagnostica dei sintomi. Fu detto "il sintonia é scm- "plicemente una sensazione che non diventa segno(o dato diagnosti- "co) che per una operazione particolare dello spirito. L'uno appar- tiene per conseguenza al giudizio l'altro ai sensi. Il sintonia é "apreziabile da tutti, ma il solo medico scopro i segni nei sintomi. (1) I patologi non hanno pensato che lo stesso dovea dirsi esatta- mente delle cause,del corso,degli esiti e rimedi delle malattie, i quali sono segni o dati diagnostici pel medico e non lo sono pel volgo, lo sono per la mente dell' uomo che osserva non per P occhio dell'uomo che vede. Domanderò io a Chomel che cosa diventano i sintomi spogliati della loro significazioue semeiottica? Una cosa morta ed inutile: dunque questa distinzione di sintonia e segno pgl medico é illogica ed assurda. Pure questa distinzione é adot- tata tuttavia; e Chomel dopo averci promesso (però senza poi compiere ;la parola) che "nous verrons plus loin de quelle manie- "re on parvient a convertir les simptomes en signes—dopo ave- re spogliato i sintomi della loro efficacia diagnostica passa a divi- dergli, classificargli, definirgli, e descrivergli! Il Bufalini a dispetto del suo grande ingegno é caduto in con- tradizioni anche pili gravi per la sua cieca deferenza all' autorità e falso metodo delle scuole. Dopo aver detto cho tutto ciò che si connette coli' essere e mutazioni delle crotopatie [cause prossi- me] può valere come segno a manifestarle, quindi essere segni ò dati diagnostici le cause, i sintomi, gli effetti dei mezzi di cura, ecc. dice "che più comunemente a subbietto della semeiottica si "assume la sola considerazione dei fenomeni del corpo infermo"— Ed egli che diffida cotanto del valore diagnostico dei sintomi [2] tratta poi la semeiottica come sinonimo della sintomatologia (3) Nella sua opera é vero.i sintomi non figurano come cosa morta e inanimata (quali pezzi di un museo anatomico) quali figurano nel- le generali patologie di Chomel, di Hartmann ecc. però è facile di riconoscere, che per animare questa parte artificiale della patolo- gia il Bufalini ha dovuto trattar tutt' insieme però d'un modo in- tricato e confuso la nosologia e la patogenia; cosa che se manifes- ta la fecondità del suo ingegno, e P inmensità della sua dottrina, tradisce per altro la imperfezione del metodo. I sintomi sonoi fenomeni dello stato morboso, effetti insieme e contrasegni della malattia perché studiati nel loro insieme e nel- le loro parlicolarità corrispondono a cause prossime particolari. £1] Chomel pat. gener. (2) Fond. di Pat. an. [3] Istitut. dil'at. anal. 228 DELL' INSEGNAMENTO Se quindi i sintomi sono contrasegni di certe cause prossime, vo- gliono essere studiati in relazione con esse; studiargli quindi in generale e in astratto, cioè troncando i rapporti che hanno colle speciali malattie,éun'assurdità di metodo e di dottrina che condu- ce a formare una scienza vana ed inutile,e spogliare i sintomi del- la loro validità diagnostica rompondo i sudetti rapporti tanto preziosi per la diagnosi. Poco giova al pratico sapere che il dolo- re può essere acuto od ottuso.continuo o periodico: quello che im- porta che sappia é a quali malattie si connette quando é acuto od ottuso, o continuo o periodico. La patologia generale o si occupa di determinare il valore dia- gnostico dei sintomi, o tratta di classificargli, od interpretargli. Nel 1- caso appartiene alla sola patologia razionale [essa che ha per base i principj del metodo applicabili alla nosografia] la vera dottrina dei sintomi, vale a dire determinare se i sintomi sono sempre segni diagnostici, e a quali condizioni lo sono, e se reggo- no le divisioni ammesse dalle scuole; Nel 2° caso succederà lo stesso che della nosologia sintomatica, perché classificare le ap- parenze morbose astrazion fatta dalla condizion patologica non solo é un'errore di metodo, ma conduce a false analogie e a coor- dinazioni di apparenze fallaci, non di fatti completi e di cose rea- li. Che vantaggio porta alla scienza clinica dividere la sintoma- tologia generale, secondo P ordine anatomico per sapere i sintomi che appartengono al sistema gastrico, al circolatorio, al nervoso? Poco monta sapere che il vomito, la fame, la gastralgia spettano all' apparato gastrico; quello che giova sapere si é a quali malat- tie appartengono, ed allora con quali specialità e connessioni di sintomi si presentano per esser segni di ognuna. Che vantaggio porta alla scienza e alla pratica decomporre tutta la patologia descrittiva, per istudiare un sintoma p. e. il polso, il dolore, la febbre in tutte le sue possibili variazioni? non é egli lo stesso che affaticare inutilmente la mente per insegnare le cose in ordine diverso dal naturale? Se é vero che i fatti collaterali si riferiscono ai fatti individui, é egli più consono all' ordine naturale, al biso- gno della mente e dell' arte diagnostica; sapere i cambiamenti che offre il sembiante, il polso, P urina, il sangue, il dolore in tutte le malattie umane; o non piutosto quali sono i sintomi dalla riu- nione dei quali risulta la diagnosi sicura di un tipo clinico deter- minato? Il dolore, la debolezza muscolare, la febbre presi in as- tratto sono sintomi che appartengono a molte malattie differenti, però in astratto non esistono in pratica ma in relazione con date malattie e perciò con date particolarità e connessioni proprie del- le malattie che accompagnano. Dunque studiati i sintomi come DELLA PATOLOGIA 229 mezzi diagnostici hanno tanti lati e tante differenzo quanto sono le differenze reali dei morbi a cui corrispondono. Dunque appar- tiene alla nosografia dare a queste differnze importanti di ciascun sintonia la collocazione che hanno in ciascuna malattia, perché questa collocazione costituisce tutto il loro valore diagnostico. Nel 3" caso finalmente in cui cioè la patologia generale imprenda ia interpretazione dei sintomi [come ne diede l'esempio il Bufali- ni] essa fa un'opera veramente tamerariae insufficiente. Temeraria perché non si occupa della patogenia dei fatti completi e nello studio dei quali perciò la mente prende luce da tutti i suoi molti e veri elementi, ina si occupa di fatti incompleti, di effetti che as- trattamente considerati appartengono a cause o malattie diffe- renti. Insufficiente perché quando il patologo ha spiegato a se stesso il meccanismo della tosse, del singhiozzo, della diarrea e del vomito, nulla ha rischiarato che riguardi la vera diagnosi, perché potendo la diarrea il vomito la tosse o il singulto appartenere a malattie differenti, il più importante che é l'interpretazione delle cause prossime resta a sapersi ancora, e l'interpretazione dei sin- tomi é quasi insignificante. E' dunque manifesto che la patologia generale fa in tal caso con vano scopo, con cattivo metodo e man- canza di aiuti, ciò che appartiene alla patologia razionale; essa che interpreta non i fatti collaterali ma i fatti individui e perciò non i sintomi ma le condizioni patologiche, essa che adopera il me- todo sintetico che compone non l'analitico che distrugge; essa che invoca per lo scopo patogenico la luce della fisiologia razio- nale. E' dunque manifesta la vanità della sintomatologia generale. 1" perché come classificazione di apparenze morbose si confonde colla nosologia sintomatica, sterile coordinazione di apparenze fallacie di frazioni de fatti clinici. 2° Perché come guida diagnos- tica la semiologia non può essere generale se non abbraccia tutte le differenze di un sintoma, ed allora é sinonimo della nosogra- fia. 3° Perché cóme interpretazione dei fenomeni morbosi o si confonde colla semplice nosografia, o colla patogenia, ma senza lo scopo, il metodo, gli aiuti, il risultato di entrambe. § 85. Vanità dell' etiologia generale, che non ha valore noso- grafico né patogenico. Lo studio delle cause morbose ha un' importanza inmensa in patologia. E3se fanno parte del fatto clinico perché lo produco- no; se lo producono il nosografo deve studiarle per completare la storia de singoli morbi, il clinico deve studiarle perché sono un dato diagnostico; il patologo che aspira a conoscere la natura ia- 230 DELL' INSEGNAMENTO tima e la patogenia dei morbi, per sapere come può combatter- gli, deve investigare altresì i modi coi quali operarono, e perché produssero piutosto certi effetti che altri. Ora eh' il crederebbe? Le cause morbose studiate in generale e in astratto come lo fu- rono dall' etiologia generale, non hanno valore alcuno, né per la nosografia, né per la patogeni^ dei morbi, né per la formazione dei tipi clinici, né per quella dò principj patologici. Infatti la pa- tologia generale suole dividere lo studio delle cause in due par- ti: l'una che tratta delle cause interne o predisposizioni ai mor- bi che nascono dalle vr.rie situazioni organiche, età, sesso, tempe- ramento, idiosincrasia, clima, abitudine, ecc. l'altra che tratta del- le cause esterne od ocasionali che danno la spinta al morbo com- binandosi con una predisposizione a sentirle, e sono tutte le azioni igieniche cibi, bevande, esercizio, patemi, luce, calore ecc. o le as- solutamente nocive, azioni fisico-chimiche, contagi, veleni. Cosi (primo errore di metodo) l'etiologia non tratta delle cause prossi- me, né dei loro rapporti colle cause remote, e le lascia come su- bietto della nosologia! Ora qualunque medico imparziale legga i migliori trattati di etiologia generale comprenderà di leggeri che ben possono servi- re ad un trattato di Igiene empirica, ma non mai alla patologia speciale o alla patogenia delle malattie umane. Infatti perché lo studio delle cause morbose abbia un valore diagnostico e noso- grafico, uopo è che si osservi in quali circostanze della vita una potenza morbosa produsse costantemente certi effetti morbiferi o per dirlo in modo scientifico uopo é che si studino praticamente tanto in relazione alle situazioni organiche ed alle leggi fisiolo- giche quanto in relazione alle malattie prodotte. Troppo essendo noto che la stessa potenza nociva, una lesione mecanica, un cibo indigesto, un violento esercizio, il freddo, un veleno produce in diverse circostanze della vita e in diversi modi di sua operazione, morbi essenzialmente diversi. Ciò come si vede é materia della patologia descrittiva e nosografica non mai della patologia filo- sofica sia generale, sia zoonomica. E sé la etiologia dirà per par- lare in generale e storicamente degli effetti del freddo: in tali circostanze produce asfissia, in tali altre una polmonia, in altre una dissenteria, in altre una febbre reumatica, in altre la can- grena delle estremità, non farà che presentare in una forma ar- tificiale degli elementi nosografia, e fatti collaterali che si rife- riscono a fatti differentissimi. Ma come si vede la etiologia sembra avere uno scopo teorico e patogenico, ed essere destinata a servire all' interpretazione dei fatti; perché non solo espone i varj effetti delle cause nocive e DELLA PATOLOGIA. 231 stabilisce le condizioni che rendono attuose le esterne potenze, ma indaga i modi con cui operano sull' umano organismo, e produco- no dati effetti morbiferi. Questo scopo patogenico la etiologia generale non può conseguirlo. 1° Perché, come vedremo a suo luogo, non sono le sole predisposizioni morbose le condizioni all' efficacia dell' esterne potenze; vi sono le leggi fisiologiche di rap- porto organico che i patologi non hanno escogitato finora né discoperto. Pure le predisposizioni delle scuole spiegheranno per- ché un' organo si ammali a preferenza di un' altro, perché una potenza a me nociva, ad altri è indifferente: ma solo lo studio del- le cause nocive in relaziono colle leggi fisiologiche potrà spiega- re ^perché a certe cause corrispondano sempre dati effetti e pro- cessi morbosi e non altri: ciò che forma il punto il più importan- te della patogenia. E' appena un primo passo quello che si da nel cammino della patogenia il principio delle scuole che senza il concorso e il rapporto delle cause predisponenti e delle occa- sionali non vi é malattia. Rimane a sapersi ancora (e ciò é il più diffìcile ed importante per la vera patogenia) perché essendovi questo rapporto e questo concorso la malattia si sviluppa, e si ma- nifesta piutosto una malattia che un' altra. 2° Non può conseguirlo perchè studiando in generale e in as- tratto l'azione delle esterne potenze prescinde dal principio della relatività a cui debbono la loro efficacia, prescinde dalla contem- plazione delle leggi fisiologiche, rompe i rapporti che hanno le cause esterne colle condizioni vitali che ne determinano gli effet- ti, e suppone quindi in esse un' assoluta inmutabile maniera di agire, mentre P hanno condizionata, e relativa non già solo alle predisposizioni individuali, ma alle leggi fisiologiche. Cosi i di- namisti interpretano vanamente gli effetti cosi varj del freddo per la sua proprietà deprimente, i chimisti per la sua attività fisi- co-chimica. 3P Non può conseguirlo perché la patologia generale manca di nosografia diagnostica. Ed infatti P indicare cosi vagamente cer- ti effetti apparenti delle cause nocive non é indicare di un modo certo e incontrastabile i loro effetti reali. Dire p. e. che il freddo produce una pleurisia é accennare un fatto certo essatto e com- pleto; dire che produce diarrea o dissenteria o nevralgia non é riferirsi ad un fatto compiuto. 4° Non può conseguirlo perché manca di nosologia diagnostica. Le malattie che sono praticamente analoghe od identiche per cer- ti caratteri diagnostici e terapeutici, debbono' esserlo ancora pa- togenicamente, vale a dire che le stesse cause che debbono presie- dere alla formazione di un,gruppo nosologico non sono quelle che 232 DELL' INSEGNAMENTO presiedono alla formazione di un'altro. Ora se é vero che le es terne potenzo hanno effetti diversi in circostanze diverse della vita, applicare le conoscenze dell' etiologia generale alla pato- genia equivale ad amalgamare fatti differentissimi. Se il patologo si propone studiare l'azione delle potenze noeive per uno scopo patogenico, o per conoscere la natura e la formazione delle ma- lattie, non dee studiare vagamente ed in genere l'azione delle cau- se morbose, ma in rapporto a malattie ben determinate [per evi- tar di ragionar di chimere o di fatti incompleti] e di malattie analoghe od identiche (per evitare di ragionare sopra fatti dissi- mili supponendoli simili. 5J Non pui conseguirlo finalmente porche manca di fisiologia razionale. Interpretare il modo di agire delle potenze nocive, e perciò la natura degli effetti o dei processi morbosi é sicuramen- te la parte la più importante come la più difficile del medico sa- pere. Il più volgare buon senso insegna che essendo un7 impresa difficile é d'uopo diminuire gli ostacoli, ed aumentare gli aiuti e le forze, e proporzionarle alla difficoltà dell' intento; eppure (eh' il crederebbe?) i patologi hanno fatto il rovescio. Cause ed effetti si legano di un modo tanto neccessario, che non si può stabilire la natura e le differenze della malattia (nosologia) senza lo stu- dio nosografico e teorico delle cause [etiologia e patogenia]. I patologi invece hanno proceduto alla nosologia senza lo studio si- multaneo dell' etiologia e della patogenia. Dopo questa separa- zione procedettero a interpretare il modo d'agire delle cause mor- bose non solo astrazion fatta dallo studio profondo dei morbi pro- dotti, ma senza l'aiuto e il concorso della fisiologia razionale che poteva guidargli con sicurezza in mezzo a tante tenebre. Quin- di é che applicarono servilmente le dottrine mediche dominanti all' interpretazione dei fatti etiologici, stirachiando i fatti e le con- clusioni, dando per certo quello che era da dimostrarsi. Cosi una indigestione o la presenza di un'agente straniero é riguar- data una malattia ri'irritazione e di stimolo dagli uni, e malat- tia mecanica dagli altri; ma é facile rilevare che questa interpre- tazione non nasce dal fondo stesso dei fatti che s'interpretano, ma gli vien applicata dà sistemi il cui valore é disputato e con- troverso. Che se la etiologia generale ha un vantaggio, quello si é di presentare tanti lati coiitradittorii, che pare fatta a pro- posito per israentire tutti i sistemi medici. Conchiudiamo:é una solenne temerità interpretare le azioni mor- bose senza l'aiuto dei tipi clinici, e della fisiologia razionale. La etiologia generale non possiede i primi né gli forma perché gli mauca la scienza del metodo, non applicala fisiologia razionale DELLA PATOLOGIA. 233 perché non conosce il metodo di crearla,e perché ciò sorte dal pia- no di studiare le cose mediche in generale; quindi applica siste- mi medici erronei. Conseguenze di questi vani conati patogenici sono. 1° Che la nosologia si é fatta senza etiologia. " Che la pa- togenia si é fatta sulla baso di fatti clinici incompleti e median- te una fisiologia ipotetica ed a-priori. 39 Che la etiologia consi- derata come esposizione di fatti, é un repertorio di fatti staccati collaterali, e d' inliniti framenti delle unità nosografiche, sterili contradittorj e senza, valore diagnostico. 4° Che P etiologia ge- nerale come interpretazione di fatti é vana, superficiale, temeraria, inetta a rischiarare per se la patogenia di ne.-sun gruppo nosolo- gico, pur mendicando la falsa luce de sistemi medici. 5" Che P etio- logia generale si occupa delle cause predisponenti ed occasionali e non delle prossime che pure son P asse della nosografia, della nosologia, della patogenia, e della terapeutica, (i9 Se lo studio delle cause morbose, e dei problemi relativi alle cause é della più grande importanza, la sola patologia razionale e zoonomica può utilmente risolverli per la nosografia e por la patogenia dei mor- bi; essa che ha per guida la scienza del metodo e per iscopo la formazione dei tipi clinici, e il ravvicinamento loro per classifi- cargli ed interpretargli eoi concorso della fisiologia razionale. § SG—Dell' anatomia patologica, e microscopica, della chimica organica, e della fisiologia pedologica. Sono esse oltre- Unite scienze distinte ed autonome'! possono tener luogo della patogenia] Egli é notabile che alcune fra le moderne patologie oltre alle divisioni indicate propongono eziandio o come parti della scienza o come metodi di investigazione, la anatomia patologica, e la mi- croscopica, la chimica organica, e la fisiologia patologica, perché come queste scienze hanno per oggetto di scoprire la natura, le cause, il mecanismo intimo dello stato morboso, l'occuparsene pro- va che già si sente il bisogno di sortire dalle vaghe astrazioni del- le scuole, e di elevarci alla vera teoria della vita morbosa, alla Pa- togenia. Resta, però a vedere se ciascuna di queste scienze (che pu- re ha il prestigio di possedere me zzi sperimeli tali più autorevoli per molti del ragionamento patogenico) ha una vera autonomia scienti- fica., e se può tenere il luogo della vera patogenia induttiva. Chi considera le grandi difficoltà del diagnostico, e che P ana- tomia completa in certo modo la storia dei morbi indagando la se- de e la natura delle alterazioni superstiti, sentirà la grande impor- tanza della scienza del Benivieni e del Morgagni. Pure e' d' uopo riconoscere che dessa fu esagerata quando fu detto che tutti i pro- 30 2;U- dell' insegnamento pressi della patologia son dovuti o legati a quelli dell' anatomia patologica, quando fu ritenuta una scienza autonoma e distinta, quando le alterazioni superstiti furono riguardate come la causa prossima dei morbi trascorsi, e prese per base della nosologia, ed avute quale ultimo termine del nostro sapere, si reputò P anatomia patologica sinonimo della patogenia. Ora se é vero ciò che con Morgagni confessano tutti i medici pensatori che la validità dia- gnostica dell' anatomia patologica dipende dall' essere studiata in relazione alle forme morbose é evidente che essa non é già una scienza distinta, ma fa parte della nosografia, quella che fa la sto- ria generale e la diagnosi pratica delle malattie speciali. Se non vi fosse un rapporto costante fra le qualità e P insigne dei sintpmi osservati e le alterazioni morbose, lo studio di queste alterazioni sarebbe inutile per la diagnosi, dunque la scienza non può studia- re le alterazioni cadaveriche astrazion fatta dalle forme morbose. Meno ancora può classificarle, perché queste alterazioni non so- riio tutto il fatto clinico, ma una parte sola, e la parte ultima, e P effetto anzi della funzione morbosa, e sovente P effetto generico e comune di morbi che presi nel loro insieme sono realmente diversi, comesi vede dell' idrope, dell' induramento, della cangrena, dell' emoraggia, che sono prodotti comuni di morbi diversi. Questa pre- tesa scienza se autonoma si occuperebbe dunque di fatti collatera- li non di fatti completi, e darebbe come ha dato una falsa base alla nosologia. Finalmente farò notare eh' essa può e deve servire alla patogenia però che non é tutta la patogenia. Essa scopre p. e. gli effetti dell'infiammazione ma non può scoprire la genesi,il mecanis- mo intimo, la natura del processo flogistico che pùo rilevarsi non solo dal concorso di tutti i dati diagnostici, ma da! concorso di tut- ti i dati patogenici, ossia dal concorso di tutti i fatti analoghi, an- zi dal concorso delle due scienze della vita. Le stesse riflessioni sono applicabili all' anatomia microscopica la quale se può giovare alla patogenia [come alla biologia] egli é insieme agli altri mezzi patogenici, e associando i dati microscopici alla sintesi di tutti gli altri dati patogenici, é se può nuocere egli é coli' abuso dell' analisi, collo studio astratto e isolato degli og- getti naturali, e col credasi sinonimo di patogenia, perché scopre ed esa^eia i rudimenti dei tessuti e gli elementi dei liquidi. Forse esse spiegano come il vantaggio pratico non corrisponde ai pazien- ti lavori dei moderni micrograti, e perché con la prodigiosa poten- za dei sensi non si può giungere dove deve penetrare l'acume del ragionamento patogenico. [1] 1 Sono degno di studio le bellissima riflessioni che fa Louis Peissc su quost' inipor tante materia. DELLA PATOLOGIA 235 Le idee suddette non sono applicabili alla chimica organica: è dirò perché. La malattia altera la crasi dei liquidi e le proporzio- ni degli elementi organici cosi come altera, la forma dei solidi. La chimica chiamata a occuparsi di questo alterazioni molecolari in due modi serve alla patologia 1" o riconosce i cambiamenti avennu- ti negli umori nelle sìngole malattie e che vi hanno un rapporto diagnostico, e serve allora alla, diagnosi pratica, alla nosografia. 2" 0 attribuisce la genesi, la formazione, la natura dei morbi alle proporzioni diverse degli elementi chimici, e serve allora alla dia- gnosi patogenica. alla patogenia. Nel l9 caso la chimica aiuta il medico nella diagnosi pratica e durante la vita |ciò che non può fare P anatomia] e cosi dall'analisi del sangue, dell'urina ecc. può trovYirc connessioni diagnostiche preziose specialmente pei casi du- bj. Ma in tal caso è evidente che la chimica non ha un' autonomia scientifica, e che è un mero accessorio ed ausiliario della nosografia. E anche qui rimane a. sapere A. Se sempre sia neccessario il testi- monio della chimica per la diagnosi pratica o solo sia eventual- mente utile, o se basti nel massimo numero di casi la patosintesi. B Se giovi occuparsi dell' analisi chimica nei morbi di dubbia dia- gnosi o nei casi a diagnosi certa. Perchè so fosse vero che morbi differenti per cause,per sintomi, per esiti, per cura imprimono ana- loghi cangiamenti chimici, negli umori e viceversa, di qual vantag- gio sarebbe la chimica? É dunque evidente che la nosografia .dia- gnostica deve diriggere e comandare alla chimica non questa a quella. Nel 2" caso in cui non .paga la chimica di riconoscerci cambiamenti relativi ai morbi vuole eziandio interpretarli, diven- ta allora una scienza patogenica, un sistema medico, una scienza antonoma è vero, ma si verifica il detto di Stimi "che la medicina "non ha. serva migliore della chimica e madrigna peggiore" perché impone le sue idee iisiogeniche alla nosologia ed alla patogenia. Infatti in questo caso la chimica organica parto dal falso princi- pio di riguardare cause delle malattie i cambiamenti molecolari che ne sono invece gli effetti, e di stabilire a priori tanto le diffe- renze essenziale dei morbi come il magistero intimo dei medesimi cioè la nosologia e la patogenia. Gintrac augura alla medicina che anche la chimica organica ab- bia il suo Morgagni; io mosso da queste riflessioni dico che dal lato nosografico non ne ha forse un gran bisogno; e che dal lato patogenico l'ebbe già nel Pr. Bufalini. Pure né 1' inmensa dottrina di questo uomo sommo.nè i pazienti e nobili lavori che in tutta Eu- ropa fece sorgere la sua potente iniziativa possono reggere alla cri- tica del vitalismo, come lo provano gli scritti di Giacomini e di Ra- nieri Bellini, e forse quanto dirò io stesso nel 3° volume. 23G DELL INSEGNAMENTO Reeeiitcmenie i Francesi o mossi forse dal bisogno di possedere la teoria e patogenia dei morbi, o vista l'insufficienza dell' anato- mia e della chimica che comtemplano la parte morta del morbo, hanno proposto una nuova scienza che ne studiasse la parto viva, chechiamarono Fisiologia patologica, scienza che sta all' anatomia morbosa come la Fisiologia sta all' anatomia normale (1) Gucriin la definisco scienza della funzionalità pervertita. i Esaminerò rapidamente P idea che ne ha dato P illustre Gintrap per dimostrare che (lessa non ha uno scopo ben definito, ma ne fa diversi, e tutti vaghi, e si confonde o colla nosografia, o colla pa- togenia senza puro avere i fini, il metodo e i risultati dell' una o dell' altra. I "La fisiologia patologica, dice Gintrac, si occupa dell' influfnza "che esercitano sull' organismo le cause morbose, esamina iwloro "modo di agire, sopra che organi . tessuti, o liquidi hanno ffatto "impressione, che cambiamenti inmediati produce, e lo modifi- "cazioni secondarie e generali cho ne dipendono" Chi non vede che in tutto questo è sinonimo di patogenia? Ed essendolo vaio a dire studiando il mecanismo della vita morbosa, merita il nome di fisiologia che suona e sempre suonerà studio delia vita normale! Ed essendolo può studiare P azione delle cause morbose in astiat- to e non in relazione alle note leggi della vita normale?—"La fi- siologia patologica studia l'ordine con cui appariscono i fenome- "ni fisiologici alterati dallo stato morboso,o il nuovo esercizio del- "le funzioni effetto della lesiono vitale e materiale degli organi "procurando dar a conoscere il mecanismo secondo il quale si ve- trificano questi atti"—Chi non vede che in tutta questa nuova scien- za è la nosografia per una parte, e per P altra é la patogenia? I Francesi ben possono credere a loro talento che i fenomeni mor- bosi sono fenomeni fisiologici pervertiti; però questi fenomeni per- vertiti appartengono allo studio della patologia e non della fisiolo- gia, perché nascono in virtù di circostanze diverse da quelle che reggono la vita normale, hanno fenomeni e leggi «bverse affatto dalla fisiologiche. Le due scienze ben possono mutuamente aiutar- si illuminarsi, ma non confondersi. E già passò il tempo in cui lo stato morboso si ritmica essere il fisiologico esagerato. Si vuole chela fisiologia patologica interpreti il mecanismo dei morbifero con quale ordine, con quali aiuti,con quale scopo.entro quali limiti? E senza di ciò può dirsi scienza autonoma e distinta?—"La fisiolo- gia patologica osserva le relazioni, lo connivenze, le simpatie che ''suscita il sufrimento fra gli organi, le sinnergie e le reazioni (lche dinotano la mutua loro dipendenza e connessione, seguita la 1 Bcgin de la Phisiologie patologique 182S. DELLA PATOLOGIA. 237 '•natura né suoi sforzi conservatori—........Chi non vede che in tutto questo é sinonimo della osservazion nosografica fin tanto che osserva, e della patogenia quando interpreta ciò che ha osservato? "La fisiologia patologica interpreta le lesioni anatomiche verifican- "do P ordine in cui ebbero luogo, e distinguendo le primitive dal- "le secondarie, e procura seguire il loro sviluppo per rimontare ^'alle condizioni prime dell' evoluzione organica innormale, alla [sede essenziale e primitiva del morbo"Convengo con Gintrac con )bstein, con Andrai, Vogcl, e Crouveillier "che l'anatomia pato- ^igica scienza di fatti terminati reclama come indispensabile P juto della Fisiologia patologica scienza di fatti in azione"...... pelò chi non vede che in questo senso Fisiologia patologica cjipa- togfenia sono unum et idem? che in tal caso fu introdotto un nome nuoVo e vano per creare confusione nello studio della scienza? V V un rapporto intimo fra la fisiologia e la patologia, ma non quellb cho suppostelo i moderni, che suppone il concetto ambiguo della fisiologia patologica. Lo stato morboso non é un grado né una forma del fisiologico, ma insorge perle violate leggi del fisio- logico;.né la patogenia si occupa dello stato fisiologico nei morbi, ma del mecanismo dei morbi, cioè di fenomeni nuovi e affatto dis- tinti dai fisiologici; né giunge a scoprirlo col solo interpretare le le- sioni anatomiche e rimontare alle condizioni prime dell' evoluzione organica innormale, ma coWinsieme di lutti i criterj patogenici. '•Una delle attribuzioni più importanti della fisiologia patologi- ca é di verificare il grado di vitalità degli organi infermi, della ''loro suscettibilità o resistenza agli agenti deleterj, e qual' ó la "classe di alterazione delle proprietà organiche e vitali......da "questa apreziazione risultano certamente in terapeutica le più "sgravi ed utili conseguenze per le indicazioni che dettano"........ Tutto questo non é che la patogenia senza che pure abbia uno sco- po chiaro e preciso,ed un metodo ben dichiarato,sicuro,e come deve averli per ine la patogenia.perchò sia una scienza autonomae sia atta a svelare il mecanismo della vita morbosa, e chiamarsi induttiva. E perché si vegga quanto sia incerto, oscuro, insufficiente lo scopo ed il metodo di questa pretesa scienza, e diversi poi dallo sco- po e dal metodo della patogenia [come deve essere] prendiamo un' esempio, L'illustre Gintrac trattando delPinfiamazione in generale, parla delle causo, dei sintomi, dell' andamento, delle terminazioni, delle varietà di essa, poi dell'anatomia, chimica, microscopia rela- tive alla flogosi; poi la fisiologia patologica, quindi il diagnostico, il prognostico e finalmente la terapeutica. Ora forse che la fisiolo- gia patologica é affatto sinonimo della patogenia, o di quella sinte- si teorica della flogosi che riunisce e rischiara tutti i dati suddetti 238 dell' INSEGNAMENTO per condurre alla terapeutica razionale della medesima? Vedia- molo. Io volentieri concedo al Pr. Gintrac tutto quello che es- pone, tutto quello che vuole; concedo che i due elementi sovrani della flogosi siano l'irritazione nervosa e la vascolare; che la con- gestione capillare [sede della flogosi] ha luogo tanto per la contra- zione come per la dilatazione attiva dei vasi suddetti, che in essi succede la stasi del sangue, che il sistema nervoso influisce sullo sviluppo della flogosi, concedo le trasudazioni e secrezioni che han- no luogo nei tessuti infiammati, che la flogosi altera la crasi del sangue, concedo la diatesi infiammatoria, che i rapporti anatomici, sono i veicoli della sua diffusione; che é processo comune a tutti gli animali e vegetali date certe causo infiammanti. Però domando a Gintrac, questa é la patogenia della inliamazione? Ma allfrra perché le cause che espone la produssero, e che rapporto hanno col- la irritazione nervosa, e colla iperemia attiva? Verché é attira la congestione dei vasi? perché risiede nei capillari? Perché ha luogo la stasi? Perché altera la crasi del sangue, e P altera di un modo diverso dello scorbuto o della sifillide o del tifo? Perché ha luogo la diatesi infiammatoria, e le metastasi idiopatiche? Perché si mani- festa con certi sintomi, perché\i\\\\\\ dato corso neccessario? perché offre varietà cosi notabili dovute a quelle del tessuto, delle cause ecc.? Perché ha certe terminazioni, perché lascia certe alterazioni cadaveriche? Perché é insanabile in certi casi, perché si può vin- cere in altri? Perché a risolverla corrispondono certi mezzi e non altri? Perché \ì corrispondono in diversi momenti e forme del pro- cesso flogistico? Perché certo grado della flogosi e delle forze or- ganiche é neccessario a risolverla? D' onde un' infinità di mezzi antiflogistici relativi? d' onde il vantaggio dei risolventi, evacuali- ti,epispastici ecc.? Che rapporto fra la sua fisiologia patologica eia terapeutica? Se questi problemi non si risolvono può egli conos- cersi la teoria e la natura della flogosi? E può risolverli la fisiolo- gia patologica? Che differenza adunque e sopratutto che distanza fra la fisiologia patologica e la patogenia! Dalle cose dette possiamo conchiudere che l'anatomia patologica e microscopica non hanno vera autonomia scientifica e sono ausilia- rie soltanto o della nosogralia o della patogenia. Che la chimica organica o é ausiliaria della nosografia,o so vuol' essere una scienza patogenica. ed autonoma diventa un sistema erroneo fondato su principj a priori. Che finalmente la fisiologia patologica non ha uno scopo né un metodo ben definito, e se ha alcuni propositi del- la patogenia, non ne ha né il metodo, né il compito né i risultati. DELLA PATOLOGIA. 239 § 87—Dei principi di terapeutica quali vengono trattati nelle opere di pedologia generale. Non v' e' forse in medicina un' espressione e un concetto che più sveli P imperfezione del metodo e della filosofia medica, come l'es- pressione e il concetto di terapeutica. "La terapeutica o terapia, dice Gintrac, é la parte dell' arte medica che ha per oggetto il "trattamento, e per fine la cura delle malattie. La terapeutica,dice "Bouchut é P arte di curare le malattie.....ed é lo scopo ed ilfi- "ne di tutte le mediche conoscenze"—Ed ecco che la terapeutica é sinonimo di medicina e sopratutto di nosografia, perché non si può aver P arte di curare le singole malattie senza previamente conoscerle. Dunque non è una parte dell' arte medica, ma è la stessa arto medica ed il fine e P applicazione della scienza medica. E il Bufalini che poi ha trattato la terapeutica come parte della patologia generale, P avea riguardata anteriormente corno sinoni- mo di nosografia perché disse che la storia particolare delle malat- tie fu lasciata per subbietto della terapeutica (1) Egli quindi definisce la terapeutica [quella che fa parte della patologia generale] "lo "studio delle attinenze delle malattie umane cogli agenti valevoli "d' operare allo scopo d' impedirne la generazione, o di mitigarle ''o di dileguarle dopo che sono insorte" [2J E il De Renzi la defi- nisce "la scienza dei mezzi d'ogni maniera che possono avere tale "azione sull'uomo infermo da ricondurlo alla sanità o almeno da "lenirne le sofferenze"(3) Ed ecco che la terapeutica non é più sino- nimo di arte medica ma di scienza medica, anzi nemmeno scienza delle malattie nei varj loro rapporti, ma é scienza dei soli mezzi conducenti a sanarle o mitigarle o prevenirle, vale a dire la scien- za dei rimedj. Come tale infatti essa é trattata in due campi di- versi, nelle opeve di patologia generale e in quelle di Farmacolo- gia o materia malica. Giova dunque seguire questo proteo in ques- ti due campi per dimostrare che non é, che non può essere né scien- za né arte autonoma e distinta. I trattatisti di patologia generale hanno trattato la terapeutica di un modo ben differente: alcuni come Gaubio,Sprcngel,Hartmann, Puccinotti, Bufalini, (nella sua prima opera) non ne hanno nemme- no parlato. Chomel sotto questo capo parlò dell' osservazione e dell' esperienza, dell' esperimcntazione e della statistica, poi delle indicazioni, e dei mezzi terapeutici in generale. Gintrac parlò del- la forza medicatrice della natura, dei metodi terapeutici, delle in- dicazioni, dei mezzi curativi e delle medicazioni diverse in genera- le. Bufalini parlò del subbietto, scopo, e divisione della terapeuti- (1) Foudamenti di patologia analitica. (2) Instit. di patologia analitica V. IV. [3) Patologia generale 240 < DELL' INSEGNAMENTO ca, delle azioni generali degli agenti esteriori, della cura proiillat- tica, della cura diretta e indiretta nelle malattie umane, poi della cura diretta dello malattie in particolare, della cura indiretta delle malattie in particolare, delle indicazioni e controindicazioni dello sottrazioni sanguigne. De Renzi parlò delle indicazioni e dei meto- di terapeutici, dei mezzi curativi e loro azioni, della scienza dei farmaci per P applicazione terapeutica. Questa differenza nel mo- do di trattare questa pretesa scienza dei rimedi indica già che essa non ha una base filosofica sicura, una guida logica severa che ne determini con chiarezza lo scopo, i mezzi, i risultati. Chomel, Gintrac, Bouchut, De Renzi ammettono la forza medica- trice della natura, e certo oportunamente no parlane), già perché questa arcana forza è un mezzo potente terapeutico, già perché i rimedi stessi sono conducenti alla cura dei morbi in quanto sono in armonia coi bisogni terapeutici della natura. Però chi non ve- de che questo principio scientifico che abbraccia tutti quasi i det- tagli della scienza e dell' arte, non può venir enunziato cosi va- gamente in due pagine, ma appartiene alla filosofia della vita, e vuol' essere estratto da tutta insieme la fisiologia e patologia razio- nale? Chi non vede che le azioni dei rimedi hanno un valore e significazione diversa secondo che é ammessa o negata, circoscritta o indeterminata l'autocrazia della vita? Chomel, Gintrac, Bouchut, De Renzi parlano dello indicazioni in generale: quanto essi dicono intorno alle medesime si riduce al dire che la diagnosi esatta di una malattia in un' individuo ben conosciuto, suggerisce al clinico i mezzi convenienti a curarlo. Ma questa conoscenza é di ben po- ca importanza, perché ciò che importa sapere non e che la cono- scenza del malato e della malattia (diagnosi) indicano i mezzi di cu- ra; ma bensì che a tali tipi clinici o a tali gruppi nosologia" corris- pondono certo indicazioni terapeutiche; il che appartiene o alla no- sografia o alla nosologia; perché questaé la conoscenza che ci gui- da utilmente, e si traduce in precetti pratici vantaggiosi. I suddetti scrittori parlano de varj metodi terapeutici, attivo, as- pettante, naturale, perturbatore, empirico, razionale, etiologico, sintomatico. Eccellenti distinzioni prese in astratto, e viste alla superficie, ma pedantesche ed inutili nel fondo; perché chi non ve- de che l'applicazione di ciascun metodo e varia é relativa, e per- ciò la loro trattazione si risolve in un trattato di nosografia? Tutti finalmente parlano dell' azione dei rimedi in generale, os- sia del modo con cui operano sull' umano organismo per ricompor- re la perduta armonia, quindi la divisione di azioni eccitanti, debi- litanti, toniche, sedanti, controstimolanti, rivulsive ecc. Ora o ques- te azioni terapeutiche equivalgono a relazioni fra certi rimedi e DELLA PATOLOGIA 211 certe malattie accertate dall' esperienza, o equivalgono a giudizj sul modo preciso di agire dei rimedi sul corpo organico sano ed infermo. Nel l9 caso tutto il valore delle conoscenze empiriche é dovuto all' esattezza della nosografia e nosologia: e già il profondo Bufalini avea giustamente avvertito—"Le molte difficoltà del gius- "to sperimentare hanno lasciato la scienza delle v^rtu dei rimedi "non solo in un' inevitabile confusione e incertezza, ma ripiena per "anche di non dimostrate sentenze, e fallibile quindi troppo spesso "ai bisogni dell' arte salutare. Ella é questa per mio avviso la par- ate che nelle mediche discipline ha maggiore bisogno di una fon- "damentale restaurazione, ed é ben evidente che essa non poteva "sperar giammai di elevarsi ad un' ordine di verità fino a che le "entità morbose contro lo quali dovevano essere ricercate le virtù "degli agenti terapeutici, non erano ben distinte e definite, cioè fi~ "no a che non era stabilita una giusta nosologia" (1)— Nel 2° caso i giudizj sul modo di agire dei rimedi non hanno già un fondamen- to sperimentale, ma una teoria qualsiasi della vita presa a guida della patologia: sono dunque giudizj ipotetici ed a priori. Concludiamo; Le generalità che qui vengono esposte sulle azio- ni generali dei rimedj sono insufficienti e incomplete per la scien- za e per Parte. Perla scienza, giacché essendo le azioni terapeuti- che relative alle entità patologiche, uopo é che prima la nosografia e la nosologia le formi: per la scienza, giacché le azioni terapeuti- che non potendo venir conosciute senza conoscer previamente il magistero della vita sana e morbosa, la terapeutica come scienza é corollario e parte della patogenia. non é scienza separata e indi- pendente. Per l'arte, giacché essendo le azioni terapeutiche rela- tive alle varie unità empiriche, vogliono essere studiate e applicate o in relaziono ai fatti clinici o ai gruppi nosologia, non mai in ge- nerale e in astratto come si propone la terapia generale. § 88—Dei princi})'/ di Terapeutica quali sono trattati nelle opere di materia medica e farmacologia, E' certamente di grande importanza P efficacia dì un rimedio o di un metodo a vincere o diminuire una malattia.e come mezzo dia- gnostico e come precetto terapeutico stante i rapporti che esistono fra gli stati morbosi e i mezzi capaci di togliergli o diminuirgli. Se dunque il metodo curativo forma parte d' ogni fatto clinico spe- ciale, non potrebbe studiarsi in generale e in astratto, ma in rela- zione agli altri elementi di una monografìa. Ora se una serie noso- logica comprende molte malattie o d' analoga o d'identica natu- ra, e se i mezzi terapeutici hanno una reale relazione colle condi- zioni patologiche, é naturale altresì chéi precetti terapeutici di una [1]' Instit. di Pat. anal. Voi. IV. 212 DELL' INSEGNAMENTO serie siano principj terapeutici esatti. Dunque i principj terapeuti-^ ci veramente tali non hanno esattezza se non sono induttivi,e se non si fondano sulla nosologia diagnostica. La patogenia induttiva deb le varie classi nosologiche spiega il mecanismo dello stato morbo- so, dunque altresì il modo con cui i rimedj corrispondono a cer- te condizioni patologiche, dunque i■precetti terapeutici non solo debbono attenersi alla analogia nosologica, ma alla induzione pa- togenica. In tutti i casi i precetti terapeutici sono un corollario della patologia razionale e non formano una scienza distinta come hanno preteso alcuni, fra i quali il nostro celebre Gìacomini. E la sua famosa formacologia che rappresenta la dottrina del controsti- molo é là per dimostrare che la terapeutica o i principj generali del metodo curativo* e la materia medica o i principj relativi al modo di agire delle potenze terapeutiche, non sono altro che corollari e conseguenze della patogenia. La materia medica [o formacologia] ha due parti diverse, P una istorica e sperimentale, P altra interpretativa e teorica; la prima tratta la storia naturale, la composizione chimica dei farmaci, le varie preparazioni, ei caratteri tìsici e chimici, descrive i varj effet- ti che producono nei bruti, e nell'uomo sano,e nei varj modi di loro applicazione, e finalmente indica le forme morbose, nelle quali fu- rono usati utilmente. La seconda dagli effetti osservati nei brutij nel sano, e nelle malattie o vinte o inasprite argomenta il modo d' agire generale costante dei farmaci sull'economia vivente. Ora la parte storica ha quattro lati diversi; 1- La storia naturale dei farmaci, caratteri fisici, chimici ecc. 2° Effetti sui bruti. 39 Effetti sull' uomo in istato normale. 4° Effetti nelle malattie o relazioni loro terapeutiche. Gli agenti medicinali considerati o come agenti morbosi o come agenti terapeutici appartengono alla nosografia, e fino a che le unità patologiche non sono formate non si saprà mai nemmeno empiricamente che malattia produce il tartaro emetico quando nuoce e a quale corrisponde quando giova. Dunque le re- lazioni empiriche dei rimedj sono subordinate alla nosografia. La parte teorica o interpretativa della formacologia ha due lati diver- si: o studia ed interpreta le azioni dei farmaci come potenze mor- bose o come potenze terapeutiche. Nei due lati essa é evidentemen- te un corollario di qualunque patogenia o dottrina della vita mor- bosa, perché giudica che i farmaci agiscono sull'economia vivente operando su quelle forze o qualità dell'organismo che ha riguardate previamente condizioni dell'esistenza organica. E in prova di ciò la parte storica della materia medica si ó arrichita ma non cam- biata, e solamente svela la mancanza della filosofia dei fatti colla sua faraggine di fatti dubj contradittorj e superficiali. Però la DELLA PATOLOGIA. 243 parte razionale o interpretativa ha cambiato sempre secondo i di- versi sistemi medici, e cosi ciò che era tonico per gli uni divenne irritante per altri, o controstimolante ecc. Dunque la scienza dei farmaci non é scienza completa ed autono- ma perché é scienza di fatti collaterali, fatti che appartengono alla nosografia se si tratta di sapere quali effetti morbosi producono nelle varie circostanze della vita, e nei varj modi di loro applica- zione; o come potenze nocive o come rimedj di dati morbi. Fatti che appartengono alla patogenia se si tratta di sapere qual'é il ve- ro modo di agire dei farmaci, perché conoscendo il magistero del- la vita normale e morbosa, si comprende il modo con culle poten- ze arrivano a turbarlo o a ricomporlo. E a provar maggiormente la vanita di questa semi-scienza, e la verità delle cose dette get- tiamo uno sguardo sul modo cdn cui furono classificati i rimedj. Si é trattata la materia medica in un modo affatto eguale alla no- sologia: i sintomatici hanno classificato i rimedj per certi effetti visibili e costanti, e certi sintomi che producono nello stato fisiolo- gico, quindi divi-i in emetici, purganti, diuretici, einoiagoghi, nar- cotici, anodini, antispasmodici ecc. I sistematici hanno voluto pe- netrar più addentro e determinar il loro preciso modo di alterare i solidi i fluidi e le forze vitali in generale, egli hanno chiamati tonici, o stimolanti, o controstimolanti, o alteranti, o ricomponenti. I soli empirico-razionali si sono contentati di notare le relazioni fra certi mezzi di cura e certe malattie essenziali, quindi gli hanno chiamati antiflogistici, antiperiodici, antelmintici, antisifillitici, an- tipsorici, antiscorbutici ecc. I medici pensatori e positivi osserveranno tre punti. I9 Che tanto i classificatori dei farmaci,sintomatici cornei sistematici am- mettono come generale, astratta, assoluta, inmutabile certa effica- cia dei rimedj, mentre tutta la patologia, é là per provare essere invece relativa molteplice e condizionale. 2° Che i soli empirico- razionali ammettono la relatività dei rimedj a certi tipi dellr. noso- logia diagnostica. 3' Che data questa relatività ogni altra classi- ficazione de rimedj é impossibile od imperfetta. Concludiamo pertanto, la materia medica come storia naturale dei farmaci può formare un corpo di scienza; però come storia dell' efficacia relativa dei rimedi o come interpretazione del loro modo di agire ella é per se una semi-scienza perché non può offrire che fatti collaterali e condizionali. Fissare le relazioni terapeutiche ap- partiene ali' osservazione clinica guidata dalla filosofìa dei fatti; investigare le vere azioni dei rimedi appartiene alla patogenia o teoria della vita morbosa. Dunque ben può la farmacologia presen- tare come certa la storia dei farmaci, o indicar come dubbia la sto- 244 DELL' INSEGNAMENTO ria e la teoria delle loro relazioni terapeutiche perché P una ap« partiene alla nosografia P altra alla patogenia. § 89. La patologia generale considerala come studio elementare del linguaggio, delle generalità, e come guida della medi- cina clinica. Torno alla patologia generale indicandola come il delenda Carta- go dell' epoca nostra, perché se questa parto del medico insegna- mento é riguardata come il vero organo della patologia filosofica, come la vera sorgente del criterio teorico-pratico, come la chia- ve della scienza e dell' arte, eppure non lo é, né lo può ossero perché é vano il suo scopo ed erroneo il suo metodo, conviene dir- lo altamente per abbandonare un falso cammino, per risparmiare agli alunni noiosi e sterili studi, per cercare un cammino più co- modo più diretto più sicuro, e addottare una forma di filosofia pa- tologica che essendo più consentanea ai bisogni della mente e della pratica, ci renda facile, sicuro, fecondo l'acquisto della scien- za e l'esercizio dell' arte. Prevedo la obbiezione: questa patologia razionale che propone- te, o non esiste finora o non é addattata a chi comincia la carriera medica: quel criterio teorico-pratico che voi con essa desiderate formare, nessuna catedra può darlo o insegnarlo ma P insieme di tutte, e specialmonto lo studio dei classici, la meditazione, e l'es- perienza; la patologia generale cho volete sopprimere "ancorché "fosse inutile a colui che sa, sarebbe neccessaria a colui che impa- "ra, perché come studio elementare insegna la nomenclatura, ciò "che le malattie hanno di generale e comune, le abbraccia tutte "nello stesso quadro, le studia nei loro caratteri generali, nelle "cause che le producono, nel loro sviluppo, successioni, esiti___ "come studio elementare insegna come in un quadro rinchiuso "il cammino che deve percorrere, segnala gli oggetti che dovran- no chiamar l'attenzione delio studente, gli scogli che dovrà evi- rare, e il cammino che dovrà seguirsi nello studio delle malat- tie in particolare, e finalmente ravvicinando le une alle altre "conduce a rischiarar la storia di ciascuna dii esse... . la patologia "generale riassume i più umili elementi e la più alta filosofia del- "la medicina (1). ' La patologia generale ha dunque due diversi aspetti; ha quello di insegnamento elementare delle generalità, del linguaggio, e di certe norme cliniche; ed ha quello di' filosofia patologica. Come studio elementare e guida agli studi medicié ammessa in tutte [1] Chomel Patologi» genejaie.' . DELLA PATOLOGIA. 245 le università e riguardata di transitorio vantaggio al medico in- segnamento. Come filosofia dei morbi é riguardata come la palestra del medico ragionamelito.come la guida razionale di chi intrapren- de lo studio della medicina, come la fonte principale di quel cri- terio teorico-pratico che accompagnerà poi il medico durante l'intera sua vita. A rispondervi dunque e a giustificare il mio disegno, mi restano ad esaminare questi tre punti. I9 Come studio delle generalità e del linguaggio é essa neccessaria all' insegnamento elementare, e di utileguida alla medicina pratica? 29 Come forma di patologia filosofica, é essa o no un' utile guida razionale a chi studia la pa- tologia e la pratica, oppure la patologia razionale che propongo deve preferirsi come guid-a migliore? 39 La patologia generale colla forma, lo scopo, il metodo da me indicato, é stata finora la vera filosofia della vita morbosa; o può esserlo? A prima vista sembra utile anzi neccessario che chi imprende lo studio della patologia e della pratica conosca previamente il linguaggio della scienza perché tanto nei libri di nosografia co- me nelle scuole cliniche, si parla di diagnosi, di prognosi, di cau- se morbose, di sintomi, di complicazioni, d' andamento, esiti delle malattie, crisi, metastasi, alterazioni anatomiche, indicazioni e me- todi terapeutici ecc. Però questo linguaggio non rappresenta so- lo le frasi dì cui suole servirsi la nosografia, ma le idee e lo stato della filosofia medica applicata alla nosografia. E la patologia generale non espone già questo linguaggio medico [come fareb- be un dizionario] ma ne presenta la base ideale e gli argomenti per giustificarlo. Pertanto se questa filosofia medica artefice del linguaggio é imperfetta, poco giova conoscere in via elementare il modo con cui esprime le sue idee. E per non parlar che dei sin- tomi, la definizione, la distinzione loro da segno e fenomeno, le divisioni loro in attivi, passivi, sinpatici, idiopatici ecc, l'ordine anatomo- funzionale proposto per raccoglierli e classificarli ecc. non sono l'espressione di una particolare filosofia medica o d' un modo speciale di vedere e di studiare le cose mediche? Or bene se il linguaggio é il riflesso della filosofia patologica, anche quella che propongo avrà lo stesso compito e lo stesso van- taggio, colla differenza che rappresentala migliori idee supposto chela mia patologia razionale fosse migliore di quella. E meglio giova alla scienza riformare la filosofia medica e con essa il lin- guaggio medico che riprodur l'antico e insegnarlo come la espres- sione di una filosofia perfetta e invariabdle. Nemmeno io trovo che sia utile o neccessario all' insegnamento elementare lo studio delle generalità*, e quindi insegaare ciò chele 246 DELL' INSEGNAMENTO malattie hanno di generale e comune, i loro caratteri generali, in- somma lo studio astratto della malattia o degli attributi di essa, senza gli scopi della patologia razionale. E di vero la patologia ge- nerale ci diede una definizione un concetto cosi generico della ma» lattia da essere applicabile a tutti i casi. Galeno disse: che é quel- la condizione del corpo per cui si ledono le funzioni; Willians dis- se: che consiste nel disordine delle parti e delle azioni organiche. Or. bene che relazione e che influenza può avere questo concetto metafisico colla pratica della medicina? Nessuno porrà in dubbio la sua verità ed universalità, pure egli servirà a far distinguere lo stato morboso dal fisiologico, ma non potrà servir di base né per fare la diagnosi pratica, e la storia completa delle singole malat- tie, né per classificarle, né per interpretarle. Il generalizzare di- retto dalla filosofia medica serve a distinguere e classificare, il ge- neralizzare per generalizzare serve a confondere cose differentissi- me e prendere le false analogie per i principj verj delle cose, e dis- giungere cose unite dalla natnra e dalla vera filosofia sperimenta- le. Partite dal carattere generale disordine della struttura e delle funzioni e avrete le vane divisioni delle malattie organiche e dina- miche, e le dispute relative interminabili. Partite da un caratte- re astratto, da un sintoma generico e comune a molte malattie , (p. e. il dolore )e metterete in un fascio un cancro, un reumatismo, unu emicrania periodica, un calcolo renale, una polmonia! Dunque non é vero che la patologia generale abbraccia tutte le malattie nello stesso quadro, perciò che studia la malattia in astratto. Appunto perché ne studia vagamente i caratteri generali, però senza lo sco- po ed il metodo di formare,classificare, e interpretare i fatti clinici, é inetta a indicare il cammino che dovrà seguirsi nello studio delle malattie in particolare, é inetta a ravvicinar le une alle altre, e ris- chiarar la storia di ciascuna di esse. Alla patologia generale fu dato eziandio il compito di accom- pagnare l'alunno e guidarlo in certi dettagli della medicina prati- ca. Cosi p. e. non solo tratta dei sintomi in generale, e divisione loro, e del modo di raccoglierli e classificarli, ma tratta di certi mezzi di esplorazione dei sintomi, dell' ascoltazione, delle sonde ecc; non solo parla della diagnosi ma delle norme che ci debbono diriggere per effettuarla; non solo indica le alterazioni anatomi- che che lasciano le malattie, ma le precauzioni che conviene pren- dere per riconoscerle in pratica, come si deve far l'autopsia ecc; non soìo parla delle indicazioni e dei metodi curativi in genera- le, ma delle cautele che il medico deve osservare per apprezzare le virtù dei rimedi. E non può negarsi che in questo aspetto sia varamente utile; ma é innegabile altresì che allora costituisce pivi' DELLA PATOLOGIA 247 tosto un manuale di norme che il maestro di clinica presenta ai suoi aluuui, e che può trattarsi espressamente e separato dalla co- si detta patologia generale. E ce ne diedero un bel saggio due illustri medici della dotta Germania. Hufeland nePsuo aureo com- pendio di medicina pratica, ed Hildenbrand nel suo manuale di clinica medica o principj di clinica interna. A questo luogo non posso però astenermi dal notare che se un manuale sifatto deve essere il frutto non solo della esperienza ma della filosofia medica, la patologia razionale, essa che tratta a fondo dello scopo e dei mezzi della diagnosi clinica e patogenica, del valore e delle con- dizioni dei criterj diagnostici, essa che versa sulla filosofia dei fat- tile dei principj, essa é chiamata a dettare queste norme, e le ren- derà sicure, facili, ed efficaci. § 90. Come insegnamento elementare teorico-piratico essa non é neccessaria, anzi é nociva: mentre la patologia raziona- le può render facile e sicuro l'acquisto della scienza e l'e- sercizio dell' arte. 9 Esaminato il l9 punto e dimostrato che sono insignificanti i pro- positi dati alla patologia generale per l'insegnamento elementa- re del linguaggio, delle generalità, e delle norme cliniche; e che anche quivi ha il primato la patologia razionale, giova esaminar l'altro punto: se, cioè, come fior ma di patologia filosofica é dessa un' utile guida razionale a chi studia la patologia e la pratica, oppure se la patologia razionale deve preferirsi come guida migliore. A ques- to fine giova esaminare di quali idee elementari di patologia ha d'uopo chi s'inoltra nello studio e nella pratica della medicina, per vedere se quelle che può fornirgli la patologia generale sono atte a guidarlo. Dopo avere insegnato al giovine alunno le scienze fisiche e la storia naturale, la fisiologia e la anatomia co- me quelle parti dei sapere che gli mostrano il campo della sua scienza e della sua arte, e le condizioni speciali di esistenza che appartengono all' organismo e alla vita, ei viene introdotto allo studio-della patologia speciale che presenta alla sua mente tutti i materiali e le conoscenze della osservazione; e all' esercizio dell' arte clinica, che gì' insegna il modo di riconoscere in pratica ques^ ti materiali, di far uso di queste conoscenze, anzi aumentarle, ret- tificarle, perfezionarle: in una parola viene introdotto allo stu- dio della patologia come scienza e della patologia come arte. Ciò forma l'essenziale perché l'igiene, la medicina legale, Posta tricia, la matèria medica sono, come si vede, rami accessorj. Ora il campo della patologia diesi apre al giovine alunno non é già un corpo di dottrina ben ordinata, e di regole ben definite, 248 DELL' INSEGNAMENTO non é un' insieme di tipi clinici esatti, frutto di ben diretta osser- vazione, e di principj chiari e sicuri, frutto di severo ragionamen- to, e nel quale insieme trovi facilmente i mutui rapporti dei fatti e dei principj, della teoria o della pratica. Ma costituisce piutosto un vasto caos, un' amalgama di buono e d'imperfetto, di verità e di errori, di fatti e di principj, di precetti e di opinioni discor- danti. I materiali nosografia che sono il lavoro di osservatori di- versi per gemo pratico, per epoca, per mezzi d'investigazione, per influenza di dottrine patologiche, e di metodi nosologici non be- ne giustificati dalla ragione e dall' esperienza, questi materiali dico sono discordanti, sia pel modo di descrivere i singoli morbi e presentarne la diagnosi clinica, sia pel diverso modo di classifi- cargli, sia pel vario modo di determinarne la natura e le indica- zioni terapeutiche. Oltre a ciò il giovine alunno incontra una fol- la di dottrine generali, di idee metafìsiche, di opinioni e sistemi nosologici e terapeutici che gli imbarazzano il cammino mentre pure pretendono di guidarlo, perché sono discordanti e contra- dittorj, perché si mescolano ai suor studi pratici, e mirano ezian- dio a diriggerli, perché incapace ancora a giudicargli é costret- to a riceverne la influenza. E sono discordanti perché hanno uà concetto diverso della malattia, perché danno un diverso valore diagnostico alle cause, ai sintomi, all' anatomia patologica, al cri- terio terapeutico, perché presentano coordinazioni diverse degli stati morbosi, e diversa interpretazione o delle azioni nocive o delle terapeutiche. Intanto egli é quasi inbarazzato delle cogni- zioni che ottenne nell' anatomia, fisiologia, ed igiene, perché non trova alcun rapporto e concatenazione scientifica fra queste scien- ze e quella della vita morbosa. In questo stato d' oscurità, d'im- potenza, e di incertezza capaci di Confondere la mente la più ga- gliarda, il giovine se superficiale si perde nelle vanità di alcuna teoria generale, se forte, con tenaci studi e inauditi sforsi arriva a formarsi un sano criterio, se di poco animo od impaziente, di- singannato presto di quanto gli parea di sapere, disprezzala scien- za, es'inmerge nel più triviale e grossolano empirismo. Ora qual' é la parte del medico sapere e del medico insegna- mento che può con mano sicura introdurre ed accompagnare il giovine alunno nel campo della patologia e dèlia pratica? E in- segnargli a legger chiaro, e a trovare il vero nei libri della scien- za e nel libro della natura? E insegnargli a ben' osservare, e pen- sare egli stesso, e a ben giudicare ciò che osservarono e pensarono gli altri? Gli eredi di Gaubio o gli istitutori delle scuole dicono che questa parte e la patologia generale, che essa sola può gui- darlo nei dettagli della patologia speciale, e della pratica medica, DELLA PATOLOGIA 249 che essa l'aiuta a giudicar bene i fatti come le dottrine generali, che é il punto dove convergono e sono applicate ed utilizzate lo nozioni fornite da tutte le scienze mediche, Pannello che lega la fisiologia e la clinica, io dico invece, e lo proverò apellandonri ai più lodati modelli della patologia generale, che questi intenti e questi risultati appartengono alla patologia zoonomica e razio- nale, non alla patologia generale la quale non potrebbe giam- mai conseguirli perché ha uno scopo ed un metodo affatto diffe- renti e sopra tutto vani ed erronei. Se per idee elementari s'intende certi principj normali che en- trano nelle minime ramificazioni dell' albero scientifico, oli* in- fluiscono bene o male sulla direzione dei nostri studi e sui mezzi dell' arte, dirò allora che questi principj sono il subbietto della pa- tologia razionalo e zoonomica, non mai della patologia generale; perché quella non questa insegua Parte di formare i fatti e i prin- cipj, l'arte di osservare e di ragionare, la filosofìa dei fatti e del- le dottrine; quindi gli fornisce le norme per giudicare i materiali nosografia e lo teorie patologiche, le norme per bene coordina- re i fatti e per bene interpretargli. Che il mio lettore richiami al pensiero le differenze fra gli sco- pi ed il metodo della patologia zoonomica, e della patologia gene- rale [§ 81) e giudicherà facilmente quale delle due può meglio guidare il rgiovine alunno, e introdurlo nei caos della erudizione nosografica, e nelle difficoltà e nelle tenebre dell' osservazione clinica. Troverà che i punti culminanti della patologia zoonomi- ca entrano in tutte le ramificazioni della scienza e dell'arte, e cos- tituiscono altretanti problemi di filosofia medica la cui soluzione influisce decisivamente sulla direzione dei nostri studi e sull' ap- plicazione dei nostri mezzi; e troverà altresì che i punti culminan- ti della patologia generale non solo sono sterili ed incompleti pei bisogni della mente e dell' arte, e di ninna applicazione alla teo- ria e alla pratica, ma servono d'imbarazzo e di ostacolo per con- seguire i fini dell' arte salutare che é di conoscere bene ì morbi per bene e'razionalmente prevenirli e curarli. L'alunno che s'innoltra nello studio della nosografia e della pratica ha d'uopo di saper giu- dicare itmodelli dell' altrui osservazione, che gli debbono servir di guida e d' aiuto se buoni, e di ostacolo e d'inganno se imperfet- ti; ha d'uopo di conoscer bene Parte di osservare egli stesso. Per questi due intenti la patologia zoonomica gli insegna nella scien- za del metodo la filosofia dei fatti; gì' insegna lo scopo, i mezzi, le condizioni della medica osservazione. Senza la critica nosografi- ca o gli manca se diffida di tutto, l'aiuto dell' erudizione clinica, indispensabile in una scienza tanto vasta e tanto difficile; o gli é 250 dell' insegnamento inutile e pericolosa se non sa sceglierne, conciliarne, e interpretar- ne i risultati. Senza Parte di osservare, né può vedere le cose nel loro più veri rapporti, né scoprire le cause dei fenomeni, né veri- ficare in pratica i più veri modelli dell'altrui osservazione; e se quest' arte si apprende in presenza della natura e dei fatti, e me- diante l'esercizio dei sensi, esige altresì l'iniziativa dell' intellet- to e la guida sicura dei principj normali del metodo. Ora nessuna patologia generale tratta espressamente la scienza del metodo; e risolve i gravi problemi che propone, né svolge i su- oi principj normali; altrimento diverso sarebbe il disegno, Por- dine, lo scopo, il risultato della patologia filosofica nei libri e nel- le scuole. Nessuna patologia generale tratta la filosofìa dei fatti e la critica nosografica cho ne é il corollario, né presenta le basi per istabilirla, e non .-!. conosce alcun criterio per giudicare i fat- ti, né alcun argine per contenere l'irruzione dei sistemi nosologi- ci e dei metodi terapeutici, che l'autorità dei nomi, e la verificazio- ne sperimentale sempre tarda e sempre incompleta fino a che é sprovista dilla filosofia medica. Il giovine alunno che s'inoltra nel gran campo della clinica os- servazione ha bisogno di riferire i fatti che osserva a certi tipi già conosciuti, ha bisogno di connettere certi effetti molteplici a cer- te cause comuni, ha bisogno di avere certe regole o principj di diagnosi e di cura comuni a certe serie di fatti, ha bisogno di sapere se i tipi clinici che trova nei codici nosografia sono vera- mente simili o dissimili, o se veramente i gruppi che la scienza ne ha fatto meritano di avere i principj o precetti diagnostici e terapeutici che le vennero assegnati, ha bisogno in una parola di clasrificarc. E veramente la patologia generale non manca di no- sologia, ed aspira a determinare le comunanze e le differenze del- le malattie. Ma quali sono però le suo classificazioni? I carat- teri che prende di mira sono talmente insignificanti che le divi- sioni che forma sono erronee sterili ed inutili alla pratica. Per- ché o mirando alle apparenze sintomatiche si occupa delle differen- ze apparenti, e propone le sterili divisioni dei morbi: universali, locali, endemici, sporadici, epidemici, umorali, solidali, acuti, cronici, dinamici, organici; o gli divide secondo prevale un sin- tonia in febbrili, nervose, profluvi, ritenzioni, esantemi ecce schie- ra malattie differentissime per cause, per genio, per esiti, per cu- ra sotto una stessa bandiera perché sono analoghe o nella forma sintomatica, e nell' andamento, o nell' esito. O si occupa delle differenze reali ed intrinseche ed allora stabilisce a priori la na- tura e la patogenia dei morbi, e gli divide in stenici, ed astenici, plastolici, putridi ecc. secondo il previo concetto delle condizio- DELLA PATOLOGIA. 251 ni 'fisiologiche. Il giovine alunno che invece di avere per guida una coordinazione di fatti clinici esatti, dei tipi veri della nosolo- gia diagnostica, ha in mente ima classificazione indigesta di nomi, di apparenze, e di chimere, senza i veri ed applicabili principi cor- relativi diagnostici e terapeutici, come può decifrare i codici no- sografia che legge, come applicare con sicurezza, i principj di pra- tica, come classificare le osservazioni che imprende? E come man- cando della scienza del metodo che gP insegna, tanto a formare i fatti come i principi, può dare un giudizio sicuro delle dottrine pa- tologiche, che gli presentano classificazioni tante e cosi diverse? Ora chi non vede che la patologia zoonomica può sola e con sicu- rezza guidarlo, come quella che gli offre i precetti e i modelli del- la nosologia diagnostica, e che gli dà i principj normali per la cri- tica delle dottrini- nosologiche e patogeniche? Perché il giovine alunno trovi nei codici nosografia enei cam- po dell' osservazione clinica i fatti completi,1 tipi clinici, lenii ita pa- tologiche é d'uopo che egli abbia fede nei criterii diagnostici, os- sia nei rapporti che hanno i sintomi, lo cause, gli esiti, l'efficacia dei rimedi, fra di lóro e perciò colle condizioni morbose a aii si collegano, uopo é in una parola che egli abbia fede nel metodo sin- tetico considerato come mezzo, e nelle cause prossime considerate come scopo della diagnosi. Questi rapporti sono il segreto della diagnosi clinica, e perciò il fondamento della nosografia. Ora la patologia-generale che infrange questi rapporti, che studia sepa- rati, in generale e in astratto gli elementi e gli attributi delio sta- to morboso, cause, sintomi, effetti dei morbi, effetti dei rimedi, che di ciascuno di questi elementi forma una speciale 'scienza, che an- zi niega l'efficacia diagnostica di questi dati, che non cerca né tro- va le condizioni per le quali esse sono dati diagnostici; che studi- andoli separati gli spoglia della loro validità diagnostica; la pa- tologia generale io dico, distrugge il vero fondamento della no- sografia e della clinica; perché o disprezza o respinge il metodo sintetico, il vero metodo formatore dei tipi clinici, il vero organo della diagnosi. E poi si dirà chela patologia generale come stu- dio elementare introduce e accompagna lo studente nei dettagli della nosografia e della pratica! Quando egli é costretto di disa- prendere tutto quello che gli ha insegnato, e addottale un meto- do opposto se vuole comporre dei fatti veri, e formare una sola diagnosi, una sola monografìa! Il giovine alunno tanto quando interroga i codici' nosografia come quando applica al letto di li' ammalato i consigli dell' espe- rienza non si contenta d'imitare ed ubbidire, servilmente come una machina, ma ama di conoscere la ragione dei pn cetti che appli- 252 DELL' INSEGNAMENTO ca, e per dominare la natura ha d'uopo di conoscerne i bisogni, o perciò investigare il magistero intimo della vita morbosa, per la ragione che "quo l in coiitsmplatioìi'i instrir cnuce est id iu operaiione "instar reja'a?, est." (1) Questo studio gli é della più grande im- portanza sia perché gli fornisce i mezzi di criticare le vedute o ve- re o false con cui furono proposti certi mezzi terapeutici, sia per- ché gli fornisce il modo d'inventare e applicare mezzi nuovi, e perché gli dà coraggio e fermezza, e lo rischiara nei casi dubj ed oscuri. Ore se la naturala formazione la patogenia dei morbi é importante cotanto, non vi é dubbio che la base e la guida di ques- to studio é la dottrina delle cause morbose perché queste sono res- ponsabili degli effetti e proporzionate e relative alla natura dei morbi. Ma se si considera che l'azione delle cause nocive é relati- va non solo a certe disposizioni organiche, ma a certe leggi di rap- porto vitale, e a certi effetti morbosi o tipi clinici determinati, si trova che il contemplare in generale e in astratto le cause nocive rende impossibile stabilire la patogenia dei varj gruppi nosologi- ci, e quindi che la patologia generale sembra essere stata in- ventata per impedire la creazione della vera patogenia induttiva. L'etiologia generale non guida alla feconda patogenia dei ve- ri gruppi di morbi ed é appunto sterile ed inutile perché é gene- rale, perché spezza i rapporti sintetici dei fatti, perché l'aziono delle potenze nocive è estudiata vagamente a in astratto, non in relazione alle supreme leggi della vita normale, e alle varie cir- costanze della vita e al modo con cui vengono applicati, non in relazione ai fatti clinici completi che ne rsultano. Da ciò provie- ne che la patogenia che è la teoria della vita niorbos i. che é la gui- da del patologo e del pratico,come quella che gli addita la natura, il modo di formarsi e perciò di essere e di risolversi delle malattie, che interpreta il modo con cui operano le cause nocive a produr- re i morbi e i rimedi a sanarle, che spiega e suggerisce le regole della terapeutica, la patogenia dico non s'insegna in nessuna pa- tologia generale. La sola opera del Bufalini presenta un saggio veramente ardito e profondo di patogenia; però seguitando il me- todo dei sistematici antichi non prese già per guida un' intero sis- tema di fisiologia razionale, ma bensì una veduta del suo chimis- mo organico, dottrina ipotetica ed a priori che esclude appunto il concorso e annulla l'importanza della fisiologia razionale nel- la interpretazione della vita morbosa. 1 moderni cominciando da Morgagni e da Begin si sono contentati della sola anatomia, e del- la fisiologia patologica, insufficienti come ho dimostrato e ben di- verse dalla vera patogenia. Ora ciò che noti fece, né aspira a fare, [1] Baeon. Nov. Org. DELLA PATOLOGIA. 253 né può fare la patologia generale, é uno dei principali oggetti del- la patologia zoonomica. § 91—La patologia generale colla forma lo scopo il metodo indica- ti non é stata finora la vera filosofia della vita morbosa. Caub'o, Sprengel. Le cose che ho detto sarebbero invano, se esistesse un solo mo- dello di patologia generale che fosse una vera ed utile filosofia del- la vita morbosa. E' dunque per me una neccessità dialettica P esa- minarlo, e risolvere il 39 punto passando in revista i più lodati mo- delli della medesima, E non già per porre in dubbio il sapere ed il genio degli uomini eminenti che ad essa consacrarono i loro nobili studj, né per respingere una gran.massa di conoscenze, di vedute, e di verità che pur contengono, ma piutosto por censurarne la forma, lo scopo, il metodo, e dimostrare, prendendo le mosse dà miei prin- cipj, che se non ebbero il risultato che a so stessi proposero, ciò non si deve a mancanza d' ingegno o di dottrina, ma all' erroneità del cammino intrapreso, e alla fallacia della filosofia che fu presa per guida. La mia critica sarà dunque rapida perché unilatere, libera perché conscicnziosa, e se infondata, avrà almeno per iscusa la spe- ranza di giovare al perfezionamento della medicina. Se per patologia filosofica, filosofia dei morbi o della vita morbo- sa s' intende il trattare in generc.de delle cose patologiche, cioè in modo diverso dalla patologia descrittiva e speciale; applicarvi una sottile metafisica per defiirrne i punti precipui, e farne certe divi- sioni e suddivisioni artificiali, e sudare perché le definizioni siano generali abbastanza da comprendere tutti i particolari, e le divi- sioni siano atte ad abbracciare e classificare comunque tutto il ma- teriale della scienza; se s' intende trasportare alla scienza dei mor- bi alcuni principj o della filosofia, o delle scienze fisiche, o della fi- siologia per ricercare se prima si altera la materia o la forza, se i morbi sono prima materiali o dinamici, e viceversa, umorali o so- lidali ecc. confesso allora che tutte le^ opere di patologia generale hanno sifatta filosofia, e mi dò per vinto. Però se per patologia fi- losofica, 0 filosofia dei morbi o della vita morbosa s'intende appli- care alle cose mediche il vero metodo sperimentale che ha per base le leggi della nostra mente e i bisogni veri della scienza e dell'arte, e ha per iscopo scientifico e pratico insieme quello di formare i fat- ti, di coordinarli, e investigarne la natura e le leggi; che tratta in generale delle cose patologiche, non per generalizzare, ma per ot- tenere questi tre scopi della teoria e della pratica; che si propone classificare i morbi ma dopo averne formato dei fatti individui; che mira a conoscerne la patogenia e la natura, ma partendo dai fatti e dalle idee che derivano dalla stessa scienza della vita sana e mor- 254 dell' insegnamento bosa, non dà principj ipotetici ed a priori, e stranieri alla scienza organica; allora io non vacillo in affermare che nessuna patologia generale rinchiude o rappresenta siff.itta filosofia dei morbi. Che questa forma di patologia filosofica, sia la vera, e la sola ti- file ed efficace perché in armonia coi bisogni della scienza e dell' arte, é ciò che non voglio esaminar a questo luogo, sia perché ^i di- mostrarlo é diretta la scienza del metodo, anzi tutta la presente opera, e perché é cosa che vedranno i medici pensatori piutosto dà miei fatti che dà miei detti. Dirò piutosto che questa forma da me definita Filosofia della medicina e della vita, colle parti da ine esco- gitate e delineate nel mio piano, non si trova in alcuna opera di patologia gencrale,come si vedrà facilmente nella rapida revista che ne andrò facendo. Dirò anzi di più cho se le più recenti opere di patologia generale in alcuni punti accennano al mio piano, eppure in altri molti se ne dipartono, e tutte poi lasciano delle capitali la- cune che parve a me potersi e doversi riempire, è ciò una gran pro- va che non contengono quella forma di patologia filosofica e quel completo disegno da me augurato alla scienza. Infatti il Chomel, il Gintrac, il Bufalini, appena trattano qua e là alcuni punti di ciò che a me parve costituire la scienza del metodo. Nessuno presentai principj normali della nosograjìa razionale; e se il Bufalini propose il ben concetto della patosintesi, fu piutosto per farne la base della nosologia che della nosografia, se primo trattò del valore dei crite- rj diagnostici, fu piutosto per indebolirlo che pei fondarlo. Non reca quindi sorpresa se la scienza non possiede ancora modello al- cuno di critica nosografica quando é imperfetta cotanto e quasi na- scente la filosofia dei fatti. La sola patologia del Bufalini presenta un saggio di critica patologica; e nemmeno esteso a. tutte le dottrine mediche vigenti, come fece in opera polemica il Broussais, ma ris- tretta a confutare la sola dottrina del controstimolo, e non già pren- dendo le armi nel terreno imparziale della filosofia medica, come io mi propongo di fare, ma in un' altro sistema medico, il chimismo, tanto ipotetico e privo di base sperimentale come il dinamismo. Tommasini, Fanzago Bufalini furono i primi che scontenti delle vaghe classificazioni delle scuole, diedero alla nosologia il compito di fissare le differenze essenziali dei morbi, Bufalini anzi fu il primo che parlasse dei criterj atti a diriggerci in questa diffìcile impresa. Il loro esempio fu seguito in forme diverse dal Puecinotti, dal Gia- comino dal Willians, dal Gintrac e dal Bouchut; pero il mio lettore vedrà facilmente se prendendo le mosse o dal metodo fisiogenico, o dall'anatomico,© dal sintomatico si pervenisse o si potesse pervenire a quella nosologia diagnostica che per me e fondata sull'esatta e filo- sofica nosografia. Del resto le patologie generali accettano e ripro- DELLA PATOLOGIA. 255 ducono le classificazioni proposte o metodiche, o sintomatiche, o anatomiche, o sistematiche, non le discutono. La sola patologia che presenta un saggi» ardito e profondo di patogenia è quella dei Bufalini nella quale se ha il torto di aver adottato un metodo er- roneo, prendendo le mosse dal chimismo come teoria patogenica, e lo svantaggio d' aver ottenuto un vano risultato, ha per altro'il merito ci' aver indicato un supremo bisogno della, scienza e dell'ar- te, bisogno che tentai soddisfare nel mio saggio di patogenia in- duttiva. Finalmente i più recenti scrittori di "patologia Tommasi- ni, Bufalini, Puccinotti,Gintrac, Franceschi, De Renzi hanno senti- to P importanza e il bisogno di associare le due scienze della vita fisiologia e patologia, però se coll'intento, col metodo, e col risulta- to di ottenere la vera patogenia induttiva, lo vedremo in breve. Pertanto a dimostrare la verità delle cose cho accenno, conviene cercare se nei.più lodati modelli di patologia generale esistono le tre vere parti della patologia filosofica,nosografia,nosologia,e patogenia e i principj del metodo che guidano a conseguirle: esse che forma- no della patologia una scienza completa della vita morbosa, e una guida sicura dell' arte medica. La patologia di Gaubio vien riguardata come il primo esempio di questa forma di publico insegnamento, e fino ai nostri giorni, di- ce Bufalini nella bella apreziazione che ne dà, si ebbe nelle scuole co- me il più perfetto modello di patologica dottrina; sebbene lo abbia precorso con tanta gloria il suo gran maestro, Boerhaave le cui Istituzioni prese come dottrina fisio-patogenica sono la più vasta sintesi e il più grandioso modello di medicina ecclettica, e conside- rate come forma di publico insegnamento.sono una sintesi eziandio di ciò che costituisce la storia e la teoria della vita sana e morbosa, perché abbraccia la fisiologia, la igiene, la patologia, la semeiotti- ca. e la terapeutica. Forse il gusto per V analisi e per V astrazione che caratterizza lo spirilo filosofico dello scorso secolo, può spiegarci il disegno e la forma che diede Gaubio al suo lavoro, e perché fosse preferito nel- le scuole, tanto nella forma come nel fondo al magnifico dise- gno dell'Ippoerate Olandese. Egli infatti separò la trattazione del- la patologia da quella della fisiologia e dell' igiene; e la patologia divise in quattro parti, perché a parte trattò della natura e diffe- renze delle malattie o la nosologia fisio-patogenica; a parte delle cause nocive o la etiologia, a parte dei sintomi in generale; a parte finalmente delle differenze metodiche dei morbi secondo P origine, la sede, il corso, il grado, l'indole, l'esito [1] Egli é vero ad esempio del suo maestro volle unire la teoria della vitalità a quel- la delle forze chimiche e mecaniche, "ma non però egli considerò le (1] Inst. Path. medie. 256 DELL'* INSEGNAMENTO "relazioni reciproche di queste tre forze nella machina animale, g "gli effetti promossi dal contemporaneo loro agire; bensì ad una "ad una le esaminò,e gli effetti di ciascuna separatamente discorse co- "si che dell'uomo fece [per cosi dire] tre esseri distinti, uno vitale, me- "acnico l'altro, e chimico il terzo. Perché distinte tutte le parti del "nostro organismo in due generi, continenti e contenute, prese in- "nanzi tutto a considerare i vizi delle contenenti, e questi rigtiar- "dó prima come solidi semplicemente forniti delle proprietà eomu- "ni alla materia, poi dotati della forza vitale" [1] Qual maraviglia dunque se con questo falso metodo poi risultasse che "tutta la pa- tologia di Gaubio non sia che una sottile artificiosa ordinazione "di vizi o turbamenti della nostra macchina non già osservati e ve- rificati, ma inmaginati a fantasìa, e solamente possibili?" [1. e] Ed é notabile che lo stesso Bufalini il più caldo maestro del metodo analitico rimprovera a Gaubio d' aver separato le alterazioni dei solidi da quelle dei liquidi, quando gli uni e gli altri formano un tutto indivisibile; e cosi P aver considerato disgiuntamente le alte- razioni delle attività vitali, chimiche, e mecaniche. E' dunque evi- dente chela patologia di Gaubio non solo non presenta fatti com- pleti o principj esatti, né il metodo per ottener gli uni e gli altri e procedere dai fatti per poi coordinargli ed interpretargli, ma in- segna il metodo opposto che impedisce dal formare i fatti, e che prende le mosso da idee fìsiogeniche non dai fatti dell' esperienza. La patologia di Sprengel contiene certamente alcune idee giuste e profonde che sarebbero state utili alla scienza se egli P avesse trattata con uno scopo veramente filosofico, non con quello di stu- diare la malattia in generale e in astratto. Invano cerchiamo nella sua nosologia generale la classificazione delle malattie umane che prenda per base P essenza e natura loro non le qualità o caratteri loro accidentali. Data una definizione vaga della malattia sulle tracce di Gaubio, definizione nella quale non si comprende come elemento diagnostico né i sintomi che la manifestano, né le cause che la produssero, imprende Sprengel a'stabilirei generi, le specie, le varietà non delle malattie ma della malattia vale a dire di ima cosa metafisica ed astratta, e prende per guida caratteri insignifi- canti, che come vedremo in appresso non importano reali e tera- peutiche differenze dello stato morboso. E partendo dalla sede dei morbi tratta delle malattie universali e locali, delle esterne ed in- terne, delle idiopatiche e delle simpatiche; e partendo dal corso e successione dei fenomeni le divide in acute e croniche, continue e periodiche, e partendo dalla influenza delle cause le divide in in- terne ed esterne, sporadiche, endemiche epidemiche, ereditarie con- ti] Bufoliai Pdfid. eap. 9. DELLA PATOLOGIA -•"_ genite, e partendo dall' indole loro divide i morbi in semplici, composti, complicati, benigni, maligni. Dirigendo quindi le sue ve- dute ai solidi ed ai fluidi separatamente, stabilisce due sommi gene- ri delle malattie dinamiche, la debolezza e Piperstenia nel senso browniauo, e riferisce alle malattie dei fluidi, i vizi del sangue per copia, per mancanza, per soverchio, ritardato, e inverso movimento, o per alterata mistione, i vizi degli altri umori o con moto esube- rante dei liquidi segregati, metastasi, nutrizione morbosa, adesioni inormali, o con aumento di sostanza o con degenerazione, o i vizi di altri umori, bile, calcoli biliosi, urinar)', sudore. Qui finisce il suo quadro nosologico il quale, come ben si vede, oltre il capitale difetto di prendere per guida caratteri insiguifioanti, od anche idee sistematiche, quello ha pure di lasciare delle grandi lacune, E di ciò si avvide lo stesso Sprengel che riferì all' etiologia gli av- velenamenti, le malattie contagiose, alcune ritenzioni, i vermi, le ferite, le fratture, le dilatazioni dei vasi, le rotture, lussazioni, prò- cidenze, ernie; e riferi poi alla sintomatologia tutti i sintomi e le forme morbose astrazion fatta dalle malattie a cui sono conuesse. Avendo dimostrato nel decorso di quest' opera che i caratteri pre- si per guida dal patologo Tedesco sono insignificanti, mi sarà per- messo conchiudere che nella sua patologia non troviamo principj veri di nosologia, giacché ivi nou sono classificati e coordinati i fatti clinici completi ma astrazioni e brani di fatti, non istabilite le differenze reali dei morbi, ma differenze apparenti e insignifi- canti, perché non é presa di mira la condizion patologica che forma il centro e l'anima del fatto clinico, Nemmeno troviamo i prin- cipi di patogenia, se si eeeetuano alcune vedute di Brown relative alle malattie dinamiche, le quali pure non hanno, come dimos- trerò in appresso, alcuna realtà sperimentale. § 82. Continua—Hartmann, Chomel. La patologia dell' Hartmann tracciata quasi sullo stesso piano di quella di Sprengel suggerisce le stesse riflessioni, perché anch' essa studia la malattia in astratto, anch' essa manca di veri principj di nosologia e patogenia, e di veri materiali nosografia da cui essi debbono derivarsi. Fonda egli la divisione della patologia genera- le in nosologia, etiologia, e semeiottica,non sui principj del metodo, ma sulla definizione della patologia---"che é quella parte della "teoria medica, che somministrando la razionale conoscenza dei "morbi indaga in generale ia lor natura, la origine, gli effetti' co- me se potesse aversi una razionale conoscenza dei morbi studiandoli iu generale soltanto, come se potesse determinarsene la natura sen- za studiarne insieme l'origine e gli effetti! Definita però la malattia 258 dell' insegnamento non come un fatto clicico ma come un concetto patogenico, forma una generale divisione delle malattie in orgauiche e dinamiche, e queste poi divide in plastiche ed animali. Divisione controversa co- me vedremo, e'sterile poi in pratica, perché non esprime le vere differenze diagnostiche e terapeutiche, non quindi differenze di na- tura ma di sede e di forma. Perché tanto nelle plastiche come nelle animali o si tratta di eccesso difetto o disordine nelle une di movi- mento,nelle altre di formazione. Che so l'Hartmann fonda queste i- dee nosologiche su certi principj patogenici, questi non sono già de- dotti dai fatti clinici in modo induttivo ma sono'l'applicazione del- le idee fisiologiche di Brown. Trattata in questo modo la no- sologia generale che non dà altra classificazione, e interpretazio- ne patogenica che quella delle due diatesi, l'autore s'inoltra nella sintomatologia, sinonimo di semiologia. Però egli distingue la sin- tomatologia [quella parte che esamina a primo aspetto i sintomi se- paratamente presi] da quella che passa a considerarli in un sol tutto raccolti e costituenti la nosografia generale. Per altro se é vero ciò che egli stesso confessa che i sintomi separatamente pre- si scorta infida divengono all' investigazione dei morbi, la sinto- matologia, vale a dire Pesame vago isolato astratto che egli im- prende dei singoli sintomi, non serve né per la diagnosi clinica né per la patogenica. E se il valore diagnostico dei sintomi deri- va dalla pato-sintesi o riunione loro, e dallo studiargli in relazio- ne colle condizioni patologiche, questo studio sintetico non appar- tiene già alla nosografia generale ma bensì alla nosografia spe- ciale dei sommi generi, e dei tipi clinici. Dal che si vede che la sua nosografia generale che si occupa delle forme morbose, né suoi rapporti di sede e di tempo però in generale e in astratto, é studio metodico di astrazioni come la sintomatologia perché priva della patosintesi che dà ai sintomi ed alle forme morbose il loro va- lore diagnostico. E certamente un gran principio di filosofia medica che le ma- lattie nascono dal concorso di certe disposizioni organiche, e di certe potenze nocive occasionali. Però se tanto le cause predis- ponenti come le occasionali debbono servire come dati diagnostici, uopo é sapere 1° A'quali fatti clinici corrispondono. 2- Perché vi corrispondono. Ora se la etiologia deve servire alla diagnosi ed alla patogenia, non deve essere generale ed astratta ma deve stu- diare le predisposizioni e le potenze nocive in relazione a morbi determinati, ed alle leggi della vita normale,. deve avere dunque le due guide dei fatti clinici e della fisiologia razionale. Trattata in generale dall' Hartmann non rischiara la patogenia di alcun morbo particolare e conduce alla dicotomia di Brown, perché non DELLA PATOLOGIA 259 ha altre idee fisiologiche che quelle dell' eccitamento. Sebbene tracciata sopra un piano diverso la patologia di Chomel non é diversa nel suo fondo e né suoi risultati, perché diretta a studiare in generale e in astratto lo cause, i sintomi, la durata, il corso, esiti, le successioni, le alterazioni anatomiche, tutti insom- ma gli elementi che sogliamo studiare in concreto in ogni malat- tia particolare, indica gli oggetti che ne formano la storia, e tras- cura di formarne la teoria ossia la classificazione e la patogenia. Quindi é che non fornisce i principj della nosografia da cui risulta- no le condizioni d'ogni stato morboso; non quelli della nosologia da cui risultano ordinate le malattie non per somiglianza di caratte- ri secondarj ma per quella bensì della loro condizion patologica o natura; non finalmente quelli della patogenia che utilizzi le conoscenze dell' etiologia, e conduca a fissare le differenze reali e la natura dei morbi, e la ragione disveli dei precetti gene- rali di terapeutica. Infatti egli stabilisce le differenze dei morbi dedotte appena dalle cause esterne che le producono, e parla del- la classificazione nosologica non come una parte principale della filosofia medica, ma come di cosa staccata dalla patologia gene- rale, e non neccessaria, e che se ha alcun vantaggio, ha pure dei gravi inconvenienti. Cosi parla pure benché di volo della natura ed essenza delle malattie più per indicare che la patogenia ha avu- to finora due scuole principali i solidisti e gli umoristi, che per dimostrare che la patogenia dei morbi essenzialmente diversi é la meta del clinico e del patologo, la meta dell' etiologia, e delle re- gole diagnostiche e la guida delle terapeutiche. Quindi se egli tratta delle cause morbose egli é di un modo generale ed astratto senza che il parlare delle cause occasionali, predisponenti, e de- terminanti [che per me si confondono colle occasionali] serva a ris- chiarare la natura di una sola serie nosologica o di una sola ma- lattia. Egli tratta a lungo dei sintomi, e dei mezzi d'investigazio- ne diagnostica, e del prognostico, e delle alterazioni anatomiche; ma piutosto coli' oggetto di spiegare agli alunni il linguaggio e certi dettagli utili per chi é ammesso alla scuola clinica, che con quello di fondare i fatti o principj della patologia. La sola parte che presenta alcuni tratti di vera filosofìa medica é quella dove si occupa della terapeutica: perche ivi tocca della osservazione, dell' esperimentazione, e della statistica, delle indicazioni in gene- rale e dei mezzi terapeutici; però la povertà e l'indecisione di ques- ti tratti é proporzionata all' assoluta mancanza di principj nosolo- gici e patogenici. § 93. Continua— Williams, e Bufalini. Diretta a determinare la natura e gli elementi delle malattie la 2G0 dell' insegnamento patologia di Carlo Williams sembra a prima vista la più a propo- sito per costituire la vera filosofia dei morbi. Pure é tanta la in- fluenza del metodo filosofico che mancandone essa, e avendo anch' essa lo scopo di tutte le altre che é quello di studiare in generale e in astratto lo stato morboso, non diede i frutti che [forse il suo autore se ne era proposto. Definita la malattia "la cambiata con- "diziono o proporzione nella funzione o struttura in una o più par- "ti del corpo;" l'autore tratta ingenerale delle cause adottando la stessa dottrina degli altri patologi. Quindi tratta la patogenia [o patologia propriamente detta] con quel metodo che é adopera- to dai chimici i quali prima determinano il numero ed i caratteri dei componenti di un corpo composto, per poi saperne gli elemen- ti, e trattar poi dei composti che ne risultano. Perciò distingue i primarj °d ultimi elementi delle malattie dagli elementi prossimi (cause prossime delle scuole) che sono le condizioni inmediate del- le forme morbose e sono un composto dei primi. Colloca fra i pri- marj elementi dei morbi la irritabilità, la tonicità, la sensibilità, il moto volontario, l'influenza simpatica dei nervi, la secrezione mor- bosa, i vizi dei costituenti del sangue dell' albume ed altri princi- pj animali disciolti nel sangue, olio, materie saline, aqua; cam- biamenti nel sangue per mezzo della respirazione, della escrezio- ne, della chilificazione e nutrizione, della presenza di materie stra- niere, e gli considera sotto i tre aspetti di eccesso, difetto, e per- vertimento, indicando i corrispondenti rimedi. E negli elementi prossimi colloca l'anemia, l'iperemia generale e locale, i risultati dell' iperemia o Pemmoraggia e Pidrope, la infiamazione, le malat- tie di struttura, atrofia, ipertrofia, nutrizione pervertita, rammol- limento, indurazioue, trasformazioni dei tessuti, depositi nei tes- suti, formazioni semplici, formazioni maligne, disordini nel mecca- nismo, indicando le forme, l'origine, e i rimedi che a tutte corris- pondono. Tocca in seguito della classificazione dei sintomi e delle forme morbose, ed in generale dei mezzi diagnostici, e dei dati pro- gnostici, e finalmente dei mezzi protìllatici ed igienici. Egli é facile riconoscere che il patologo Inglese ha proceduto in un' ordine affatto opposto a quello che era suggerito dai principj del metodo. Perché a norma di essi egli dovea procedere dai fatti clinici o dai varj tipj della patologia speciale per coordinargli no- sologicamente in certi gruppi a norma delle cause prossime ad essi comuni: allora erano trovate le relazioni dei sintomi e delle cause esterne e dell' alterazioni anatomiche con le condizioni pa- tologiche, materia della patologia e della terapeutica. Fissati i fat- ti della nosografia, e i gruppi della nosologia potea investigare se queste cause prossime si risolvono in quelli elementi ultimi da lui DELLA PATOLOGIA. 261 contemplati, e se veramente vi corrispondono le notate differenze di eccesso difetto e disordine; e i rimedj indicati a combatterle. Allora si sarebbe inoltrato nell' etiologia non in un modo genera- le ed astratto, ma in relazione ad ogni gruppo nosologico, e non solo si sarebbe trovato a contatto con i principi profilattici ed igie- nici,ma con quelli della Fisiologia razionale atti a fargli comprende- re tanto la ragione dei precetti igienici, come quella dei fenomeni morbosi e patogenici. Procedendo come egli lo ha fatto senza P ordine e senza lo scopo determinati dal metodo, ha cominciato dai principj patogenici invece di cominciare dai fatti nosografici, ha considerato quali elementi dello stato morboso non P insieme delle cause, dei sintomi, delle alterazioni anatomiche e degli effetti dei rimedi atto a formare il fatto clinico e la serie nosologica, ma le alterazioni metafisiche delle proprietà vitali, e dei componenti or- ganici, ha separato anzi lo studio di questi elementi ( i clinici ) da quei mutui rapporti che loro danno un valore diagnostico, e ha fi- nalmente studiato la patogenia indipendentemente da quella fi- siologia razionale che fissa per induzione le vere condizioni e leggi della vita, e partendo invece da una fisiologia ipotetica ed a priori quanto al metodo, e incompleta quanto allo scopo. Affermare che nemmeno la patologia del Bufalini contiene la ve- ra filosofìa della vita morbosa parrà sicuramente una enorme te- merità in Italia a cui egli diede due gravi e voluminose opere cer- to le migliori che esistano di patologia generale (1) e dove si ris- petta a ragione come un medico eminente, e che ha consacrato tut- ta la sua vita alla scienza dei morbi. Pure oserò dimostrarlo per- ché si veda che P acume dell' ingegno, la vastità del sapere, l'es- perienza clinica, lo stesso spirito filosofico, tutte insomma le doti che in lui formano uno dei primi luminari della medicina d'Italia e d' Europa non bastano a dare i risultati scientifici propor- zionati a queste doti medesime, quando deviando dai .principj fondamentali lei metodo filosofico si erra per un diverso cammino, e verso uno scopo che non é quello della scienza e dell' arte. I fondamenti di patologia analitica versano sopra la nosologia sistematica, supposta la divisione della patologia in nosologia che tratta delle differenze e della natura della malattie, in etiologia che tratta in generale delle loro cause; in semeiottica che tratta in ge- nerale deisintomi,e in terapeutica che tratta in generale dei princi- pj di cura. Le Instituzioni comprendono in una voluminosa opera tutte queste parti della patologia generale che ei non trattò nei Fon- damenti. Scopo dei Fondamenti sembra essere stato quello di ab- batere il dinamismo di Brown e di Tommasini, di sostituire la con- ci] Fondamenti e Instituzioni di patologia analitica. 262 DELL' INSEGNAMENTO templazione del misto organico a quella del moto vitale, e lo stu- dio dei processi e rimedj specifici all' arido e ristretto delle due diatesi. Egli cominciò per raccomandare P importanza del metodo analitico nello studio delle'cose patologiche; e sulla definizione (pa- togenica non pratica) che diede della malattia (conforme natural- mente a suoi principj fisiologici) fondò tanto la divisione nosologi- ca delle malattie in chimico-organiche e mecanico-organiche, co- me la dottrina patogenica intorno alla loro formazione e natura. Egli diede un saggio ardito e profondo di patogenia, forse il pri- mo che si conosce, e fu il primo che discutesse su quali principj si deve fondare la coordinazione nosologica delle malattie e ci guidas- se al concetto della patosintesi, criterio diagnostico d' ininenso va- lore e di cui egli stesso non senti tutta l'importanza, né fece le de- bite applicazioni. I risultati di questo profondo lavoro non furono certo proporzionati alla forza del suo ingegno e alla grandezza del suo proposito; perché egli distrusse veramente la dottrina delle due diatesi ma per sostituire alle astrazioni dei dinamisti astrazio- ni nuove [come dimostrerò a suo luogo] nelle quali appunto manca la sanzione dell' esperienza e della patosintesi. E la causa di si- fatti risultati é riposta appunto nell' aver fondato la patologia non sui principj del metodo filosofico, ma sopra alcune idee fisiologi- che stabilite a priori in onta dello stesso metodo. Infatti il Bufalini raccomandava il metodo analitico come il vero organo scientifico,piutosto inspirato dalla filosofia sensista di Loche e di Condillac che dai bisogni e condizioni scientifiche della sua epoca. Quando i materiali nosografici della medicina antica erano posti in dubbio da una metafisica temeraria, quando ai principj teorico-pratici di questa medicina classica si sostituivano principj nuovi ed opposti, e di cui pure si vedea ben tosto la fallacia; sem- bra che rimanendo dubj o mal difesi i fatti e i principj della scien- za si dovesse pensare al modo di formare gli uni egli altri. Questo modo non poteva essere l'analisi che decompone e separa, ma !a sin- tesi che forma e compone le unità empiriche e razionali, e perciò studia e abbraccia i rapporti veri da cui esse unità risultano. Per- tanto conveniva raccomandare piutosto il metodo sintetico diretto a formare i fatti e i principj della scienza, e prendendo per guida la patosintesi da lui stesso adombrata, era d'uopo determinare qua- li sono le condizioni che costituiscono i tipi clinici, che son la base della vera classificazione dei fatti medesimi, che esser debbono il vero scopo della diagnosi clinica e delle indagini patogeniche. In questo caso la divisione nosologica delle malattìe non P avrebbe fondata sopra un principio a priori, sopra un carattere metafisico [la loro natura o mecanica o chimica] ma sopra i fatti clinici costi- DELLA PATOLOGIA. 263 tuiti e completi, ma sopra le condizioni patologiche [riconosciute pel concorso di tutti i loro dati diagnostici. Allora le indagini pa- togeniche sul modo di loro formazione non avrebbero versato che sopra fatti o gruppi di fatti certi,positivi,osservati; e non sarebbero vaghe ipotesi e vani indovinamene. Allora la fisiologia razionale che il Bufalini riguardò come straniera, o come una debole e lonta- na speranza, P avrebbe invocata come un' aiuto per iscoprire il ma- gistero della vita morbosa. Nelle Instituzioni di patologia analitica che lo accompagnano nel- la sua celebre scuola clinica di Firenze, il Bufalini non cambiò pro- posito né disegno. Trattò é vero un pò più estesamente la logica medica, però senza determinare in quali parti veramente distinte vuoisi dividere la scienza, senza stabilire le condizioni che costitu- iscono il fatto clinico, e il valore diagnostico dei suoi elementi, senza dare la dottrina dell ' osservazione e dell ' esperienza ola filosofia dei fatti, senza indicare P oggetto, P importanza, i li- miti, P influenza pratica dei principj analogici ed etiogenici, che formano la vera teoria medica e la mente del pratico.Diedealtresi un prolegomeno un saggio di fisiologia generale ma esso non già per de- terminare le leggi eie condizioni veramente fondamentali della vita, ma piutosto per far conoscere il terreno su cui é costrutta la patolo- gia.E nemmeno il suo prolegomeno fisiologico é un terreno neutrale, ma è artificiosamente disposto per dare appoggio a tutte le pre- tenzioui, e speranze del chimismo organico. La sua nosologia non ri- produce nemmeno la divisione nosologica dei Fondamenti, ma bensì quella ancor più generale ed astratta dei morbi in crotopatie e ci- nopatie; quasi che fosse possibile in teoria ed in pratica separare V atto morboso dallo stato morboso, e quasi che ciascuna gran di- visione delle crotopatie e einopatie non comprendesse malattie dia- gnosticamente, patogenicamente, e terapeuticamente diverse. Fa- cile é dunque riconoscere che questa divisione assurda fu P opera del suo metodo analitico, e di un completo oblio del veramente pratico concetto della patosintesi. (1) L' illustre autore dopo aver ridotto a poche pagine la nosologia tratta in un volume inmenso la semeiottica generale accomulando ivi quanto la sua vasta erudizione, e la sua profonda esperienza clb nica potevano suggerirgli. La quale separata trattazione dei sin- tomi,oltre che inspirata dal falso metodo delle scuole si fonda in un principio per me erroneo "che i sintomi non sono i costanti e fede- li cantrasegni dello stato morboso" perché se il Bufalini avesse am- messo l'opposto principio,e serbato la dovuta fiducia alla patosintesi (1 Non mi fermo ad analizzare minutamente questi principj patologici del Bu- falini perché dovrò farlo in varj luoghi di quest'opera. 264 DELL' INSEGNAMENTO non avrebbe trattato a parte la Bemeiottica, la quale senza una buo- na nosografia filosofica, ed una nosologia diagnostica, diventa un caos inmenso giacché il valore diagnostico di tutti i sintomi cambia ed é relativo a malattie infinite di cui non si é determinato il nu- mero e la natura, Quindi é che questo trattato non ha solo l'incon- veniente di comprendere alcune parti di nosologia e di patogenia, ma altresì di rompere i rapporti nosografìci che danno ai sintomi ogni loro valore diagnostico, e di spaventare i cultori della scien- za clinica presentando loro difficoltà inmense, e un' inmenso lavo- ro e disociate le conoscenze cliniche dai loro naturali rapporti. Il Bufalini trattò P etiologia generale certamente col proposito di servire alla patogenia dei morbi [che altrimente sarebbe scienza vana e senza scopo]; riconoscere cioè diche modo le inflnenze mor- bose possono creare piutosto una malattia che un'altra; lascio però giudice qualunque medico pensatore se lo conseguisse o se potesse conseguirlo giammai studiando le cause morbose in generale e in astratto, o in una relazione vaga colle crotopatie da lui supposte e non colle vere e positive differenze dei morbi, e senza la guida del- la fisiologia razionale che dimostri quali leggi della vita furono violate dalle cause nocive, e quali reali malattie prodotte. Ana- loghe riflessioni suggerisce al pensiero quanto ha scritto intorno- ai principj generali di terapeutica. Perché i principj terapeutici siano veramente tali, uopo é che corrispondano a certe sene no- sologiche, e in tal caso non sono più generali. Questi precetti o possono essere empirici e dettati solamente dalP esperienza clinica, in questo caso formano parte della nosologia diagnostica, O sono razionali e spiegano il modo con cui i rimedi operano sull' econo- mia vivente, e convengono ' a preferenza in data condizione pa- tologica, e allora sono il corollario della patogenia induttiva. Concludiamo: se le due gravissime opere del Bufalini non rap- presentano la vera filosofia dei morbi, egli é perché non diede al- ia patologia lo scopo che gli vien prescritto dalla scienza del me- todo che consiste nel formare i fatti della nosografia e valersene poi come di materiali per la coordinazione nosologica e per l'in- terpretazione patogenica; ma si propose uno scopo vano e sterile, quello cioè di studiare in generale e in astratto non già solo il fat- to clinico ma gli clementi di esso; e sulle tracce degli altri pato- logi adoperò l'analisi che spezza l'unità del fatto clinico, per for- mare tre o quattro scienze vane, in luogo di usare la sintesi e con- seguire i tre oggetti della scienza, la formazione, la classificazione, e l'interpretazione dei fatti; e cosi in luogo di partire dai fatti pei' conseguire i principi, introdusse principj ipotetici nella scienza per la coordinazione e interpretazione dei fatti. DELLA PATOLOGIA 265 § 94. Continua—Puccinotti, Gintrac, Bouchut, De Renzi. Le cose dette interno a Gaubio, Sprengel, Hartmann, Chomel, Williams, e Bufalini permettono di fare un rapido cenno e porta- re un sicuro giudizio delle patologie più recenti per dimostrare che né la crescente ricchezza dei materiali scientifici, né l'altezza dell' ingegno, né la grandezza pur' anche di certe idee fisio-pato- logiche, può dare alla patologia uno scopo utile, e cavarne un' uti- le risultato, quando la niente per altissima che sia, devii dai prin- cipj normali del metodo. Alludo alla patologia del Puccinotti, del Gintrac, del Bouchut, e del De Renzi. Due idee sicuramente magnifiche prese a guida l'illustre Urbi- nate 1° La autocrazia della natura, nobile rettaggio della medicina classica, che come presiede agli atti della vita normale e della morbosa nell' intento della conservazione organica, impone al me- dico il dovere di studiarla, esplorarla, secondarla, imitarla: prin- cipio che primo proclamò in Italia in mezzo al dominio di due dot; trine automatiche, 2° Dalle cause nocive comincia la storia e la teoria dello stato morboso, e quindi il conoscere i rapporti delle cause nocive coli' economia può condurre a penetrare la natura dei morbi. Ma per dare autorità e consistenza alla sua sintesi bio- logica bisognava emanciparla dalle dottrine moderne che espri- mono una sintesi opposta; bisognava, per cosi dire incarnarla coi più preziosi materiali della fisiologia moderna, perché ne fosse un' espressione sperimentale anzi che uno splendido ricordo dell' idea- lismo Ippocratico. Cosi i rapporti etiologici poteano condurre alla patogeuia, ma alla condizione di essere note previamente le leggi fondamentali della vita normale, e che gli effetti che sono i fatti clinici potessero caratterizzarsi iu modo da conoscergli e da dis- tinguergli. É quindi facile avvertire la mancanza della vera fi- siologia razionale, base per comprendere e stabilire tanto l'auto- crazia come i rapporti etiologici della potenze nocive: e perciò come la sua patogenia mancasse della doppia guida dei fatti cli- nici e della fisiologia razionale. Egli é perciò che i morbi privi di principj nosografìci sono mere forinole, e si prestano alla sua classificazione nosologica e interpretazione patogenica, come si presteranno a qualunque altra. Non dirò di più intorno a questa patologia che mi toccherà a suo luogo discutere in varj suoi punti, però mi lice ora conchiudere: che se la scienza del metodo avesse tracciato al Puccinotti i veri e distinti scopi della mente e dell' arte nello studio della patologia, avrebbe risoluto previamente ì problemi relativi all' unità e leggittimità dei tipi clinici, avrebbe 34 266 DELL' INSEGNAMENTO nosografico) senza l'appoggio della patosintesi; e l'insufficienza lo- ro altresì (per lo scopo patogenico) senza l'appoggio delia fisiolo- gia razionale. Una grande opera di medicina ci ha presentato il Gintrac for- se la più notabile deli' epoca nostra per la vastità del disegno, e Pinmensità dei materiali che esige; e il doppio compito che ab- braccia, la teoria cioè e la pratica della medicina. E certamente se l'eccellenza del suo metodo fosse stata pari a quella del suo in- gegno forse l'opera del Gintrac sarebbe la più classica per la scien- za e per l'arte. Eppure egli trattò di alcune parti della scienza del metodo, dell' osservazione, esperimentazione, erudizione, statisti- ca ecc. ma non come per farne un corpo di dottrina, bensì come a dimostrare le basi dell' arte, e le sorgenti del medico sapere; tal- ché mancano ne'suoi prolegomeni quei principj normali che di- riggono la mento nelP acquisto delle mediche conocenze, che pre- siedono alla costruzione della scienza, ossia ai fatti e principj del- la medesima. Egli pure sulle tracce del Bufalini e del Puccinotti premise un saggio di Bionomia; però intese piutosto a dimostrare il terreno sul quale é basato l'edifizio patologico che segna- lare lo leggi e condizioni generali della vita normale col propo- sito di svelarci i misteri dell' etiologia e della patogenia. Quindi é che fra questo saggio e l'opera patologica non vi e alcuna con- nessione né lucifera né fruttifera, né alcuna influenza sulle divisio- ni della patologia, nessuna luce per la patogenia, per la diagnos- tica e per la terapeutica. Inspirato forse l'illustre medico di Bor- dò dall' idea di Galeno che prima deve definirsi cos' é malattia, [conoscerla in astratto] poi conoscere quali sono le malattie sem- plici quasi elementi delle composte; e finalmente conoscer quelle che dalla loro riunione risultano, egli addotto un metodo che di- vide, in tre parti la trattazione della patologia. 1° Patologia ge- nerale ossia generalità della scienza dei morbi. 2° Trattato delle malattie in generale. 3° Trattato di patologia speciale. In ques- te idee sta come in germe tutta l'opera: però queste idee giova ri- conoscerlo sono erronee; e l'autore non se ne diede conto abbas- tanza prima di svilupparle. Che cosa significa che la scienza medi- ca é un tessuto metodico di fatti giudiziosamente raccolti? E' for- se lo stesso una coordinazione nosografica di casi simili, o una co- ordinazione nosologica di fatti o tipi clinici? E questo tessuto metodico non suppone una trama intellettuale, una guida filoso- fica per la formazione e per la scelta dei fatti? Dunque non sono i fatti la nostra guida, ma la filosofia medica che ci aiuta a for- margli. Fatti, dice Gintrac, giudiziosamente raccolti......bene sta; visto l'insufficienza dei rapporti etiologici (per lo scopo clinico e DELLA PATOLOGIA. 267 però chi può guidare questo criterio nosografico se non la filoso- fia dei fatti? L'autore non trattò la bionomia come guida alla pa- togenia, ma perché gli parve colpevole l'indifferenza con cui si trattano le nozioni fondamentali d'ogni scienza fisiologica. Per- ché, dice egli, non dobbiamo rimontarci ad alcuna delle leggi che reggono la natura vivente? Rispondo francamente che no, se il farlo ha per oggetto di soddisfare una sterile curiosità; e se ciò non deve servirci a comprendere il magistero della vita morbosa. E aggiungo poi che in tal caso non solo dobbiamo rimontarci ad al- cuna delle leggi organiche, ma a tutte, e che llil tracciare un pic- "colo quadro dei fenomeni generali, degli atti essenziali, e delle "modificazioni principali organiche"(come egli propone) non vi con- duce; ma bensì la ricerca delle condizioni e leggi degli stessi fe- nomeni ed azioni organiche. All' autore parve conveniente pre- sentare alcune generalità sulla patologia e la terapeutica (pato- logia generale delle scuole) per fissare il valore del linguaggio tecnico; ma questa parte destinata al tirocinio delle scuole l'ob- bligava alle vanità della patologia generale, # a studiare in as- tratto la malattia, in astratto i diversi elementi che la costituisco- no senza toccare un solo dei problemi che la riguardano, voglio dire a quelli relativi alla formazione, coordinazione, interpretazio- ne dei fatti clinici. "Ilo procurato in seguito, dice l'egregio auto- "re, studiare di una maniera generale le differenti classi di ma- lattie in ciò che hanno di comune come lo fa l'anatomia genera- "le.. . .Però qual guida aver poteva il Gintrac per questa classi- ficazione, se non l'accompagnava né la filosofia dei fatti né quella dei principj? Una cefalalgia periodica ha qualche cosa di comu- ne con uua cefalalgia infiammatoria, o reumatica, o gastrica; il do- lore: pure a quali assurdità patologiche o pratiche ci condurebbe il classificarle in un gruppo medesimo? "L'ultima parte, dice Fau- tore, la più considerevole, e la più essenzialmente clinica coni- "prenderà le malattie in particolare, quelle degli apparati sensi- tivo esterno, encefalico, nervoso, locomotore ecc,-Peró, doman- do io. é egli possibile questa patologia speciale _senza la filosofia dei fatti, non toccata da lu< in nessun luogo? E sufficiente guida la sede anatomica, come sembra indicarlo? Ciò basti per ora per- ché questo medico eminente mi deve occupare altrove, bastando- mi ora l'aver dimostrato che la sua opera per insufficienzafdi metodo non ha né può avere la vera nosografia né la nosologia ne la patogenia che sono i veri scopi della scienza e dell' arte. Inspirato dall' idee di Andrai, e dall' esarpio delle scuole il Pr. Bouchut publico recentemente un' assai voluminosa opera di patologia generale che coincide tanto pel metodo come pei risul- 208 DELL' INSEGNAMENTO tati con alcuna delle opere finora discorse. Essa é divisa in tre parti: la 1* tratta della malattia in generale: ne dà una definizio- ne piutosto patogenica che pratica, poi parla in generale delle cau- se morbose predisponenti e determinanti, delle costituzioni medi- che, endemie, epidemie, infezione, contagio, specificità, diatesi, del modo d'agire delle cause morbose, divisione dei morbi (secondo le cause), costituzione della malattia e degli elementi morbosi, della sede, dei prodromi, dei sintomi, dell' andamento, della du- rata, della terminazione delle malattie, della convalescenza recidi- ve, complicazioni, prognostico, terapeutica in generale, della no- menclatura medica, della classificazione delle malattie. La 2* trat- ta delle malattie iti generale, e ne presenta dieci gruppi: della febbre, delle febbri, dell' infiammazione, dellecangrene, dell' Gino- raggie, dell' idropesie, dei flussi, delle pneumatosi, delle malat- tie organiche o abberazioni plastiche, delle nevrosi. La 3* final- mente é un saggio di semiologia generale. Dopo le cose finora discorse il mio lettore troverà facilmen- te che quest' opera non risolve alcun problema di patologia filosofi- ca cioè non presenta alcuna base per la formazione, coordinazio- ne, e interpretazione dei fatti, che sono i veri oggetti della scien- za e della pratica. Le generalità della la parte ammesse o nega- te non rischiarano la natura di alcun fatto speciale e gruppo no- sologico. I sommi generi proposti come serie nosologiche sono mere forme morbose, perciò fatti incompleti, e non modelli di no- sologia diagnostica. In essi anzi si trova la storia generale delle febbri, infiammazioni, cangrene, idropesie, nevrosi, vale a dire di fatti molteplici considerati come fatti individui, né ivi sono de- terminate le differenze cliniche e la relativa patogenia. Non vi é nemmeno un rapporto fra le idee premesso sulla divisione, ele- menti e classificazione delle malattie, e la coordinazione proposta, Peccato che un' uomo di cosi brillante ingegno e di vaste cognizio- ni abbia tentato un' eccletismo impossibile, e si sia rassegnato ad essere un semplice eco della facoltà di Parigi e della stampa me- dica in luogo di render conto a se stesso delJa base razionalo su cui vuoi' esser fondata la patologia! Questo falso metodo eh' io combatto ha nocciuto egualmente ad uno dei più nobili ingegni d' Italia, Salvatore De Renzi, perché la sua patologia generale sebbene ricca di una bella sintesi biologi- ca, di forti studi, e di scelta erudizione, non mi sembra pure atta a diventare Porgano della scienza e dell' arte, la vera filosofia della vita morbosa. E me ne duole, perché questo illustre concit- tadino di Vico, con alcune idee fondamentali che espose, se diret- to da diversi principj del metodo, avrebbe ben altrimente giova- DELLA PATOLOGIA. 269 to a quella scuola Ippocratica che entrambi con altri egregi inte- letti auguriamo all' Italia. Tre grandi idee presentava nella sua patologia il De Renzi nate da forti e liberi stuoli. le Diede una veduta veramente stupenda di ciò che si chiama fatto in patologia,veduta che io reputo capace ad esser la base di tutto Pedifizio patologico. Egli dice infatti "Osserva- la il sapientissimo Vico essere il vero ed il fatto la medesima cosa "presso gli antichi; iu quanto che il fatto ha la sua realtà nell'essere "e nel poter essere solo in quel modo e non altro; ma esso ha pure ''realtà nella ragione della sua esistenza [cause prossime e rapporti "etiologici nel mio linguaggio]e nei rapporti neccessarj degli elementi "che lo compongono [patosintesi degli elementi clinici o fenomeni o "parti del fatto individuo]. E questa ragione {condizion patologica) "e questi rapporti (criterj diagnostici) sono essenzialmente nel fat- "to non come forme sensibili, ma come sostanzialità intelligibili, [Egli éper ciò che la sola forma morbosa non é il fatto clinico,e che os- servare é pensare, e che una monografia o la formazione di unfatto clinico importa una diagnosi, importami giudizio.) 2° Ammise fra la patologia eia fisiologia un vincolo scientifico neccessario. 3e Am- mise P autocrazia della natura vivente tanto nella vita normale che nella vita morbosa. Causa pena e quasi maraviglia che ad onta di cosi magnifiche idee il De Renzi addottasse un metodo di trattare la patologia chele la- sciava senza appbcazione e senza risultati. Sedotto egli infatti dall' esempio delle scuole addotto piutosto il metodo analitico che dis- trugge che il sintetico che compone il fatto clinico, studiando a parie le differenze dei morbi [nella sua patogenia], i sintomi, i se- gni, il diagnostico, il prognostico, l'anatomia patologica o la sede, il corso delle malattie, la nosologia, P etiologia, la terapeutica, P igiene, e tutto ingenerale. Cosi distrutta l'unità del fatto clinico trattava in generale de suoi elementi col vano metodo e vano risul- tato delle scuole, non si occupava del valore diagnostico degli ele- menti medesimi, quindi restavano insoluti i problemi che costituis- cono la chiave di tutta la scienza. La sua patogenia non é, come suona, la interpretazione delle leggi, natura, cause, origine, forma- zione delle malattie presi per guida i veri gruppi nosologici (o fat- ti analoghi) e la face della fisiologia razionale, ma é piutosto una classificazione nosologica. La vera patogenia non é trattata dal De Renzi,ecosi le sue idee fisiologiche premesse alla patologia, e la sintesi autocratica non hanno veruna applicazione; sebbene questa sia la vera stella polare delia scienza e dell' arte, perché^ dobbia- mo trovarla [e la troveremo] dovunque, nelle cause, nei sintomi, nel corso, negli esiti, nelle relazioni terapeutiche, m tutti gli stati 270 DELL' INSEGNAMENTO morbosi; in fine come la chiave della fisiologia e dell' igiene, della patologia e della terapeutica. Inspirato egli dall' idea francese che la malattia non é un' essere ma un modo di essere del corpo vi- vente, seguitò un certo ordine fisiologico nel fare la storia generica della malattia. E quindi egli considerò la storia patologica come complemento della fisiologica, e descrisse le alterazioni del pro- cesso formativo, dell' integrità organica, dell' atto nutritivo, delle secrezioni, delle diatesi, dell' innervazione, sensibilità e contratti- lità nelle malattie. Nel quale metodo sono notabili due gravissimi inconvenienti. 1° Che studiando separatamente le alterazioni su- dette come fossero malattie individue quando non lo sono e appar- tengono a morbi diversi, sparisce la vera sintesi nosografica, spari- sce la vera patologia speciale, e la scienza dei morbi non é più stu- dio di unità patologiche a speciale patosintesi, ma quello di frantu- mi dei quali non si conoscono più i rapporti diagnostici e terapeu- tici; quindi studio de criterj diagnostici,studio delle cause prossime, e de rapporti etiologici e terapeutici affatto impossibile, la scienza e P arte un caos. 2? Che la fisiologia razionale deve illuminare la patogenia non per la nota sede del morbo, o la funzione disordinata, ma per la co- gnizione delle leggi fisiologiche che furono violate dalle cause nocive. Non esser vero dunque che la patologia sia un ramo della fisiologia, ma questa luce di quella; dunque la fisiologia studiata al suo modo é affatto sterile per la patologia. E' permesso dunque conchiudere che se il metodo seguito dall'illustre De Renzi rende impossibile la nosografia come quello che distrugge il fatto clinico, e prescinde dalle vere unità nosografiche, impossibile perciò la nosologia dia- gnostica; se la sua dottrina biologica non è applicata da lui alla patogenia; se nemmeno loé la sintesi Ippocratica, che è piutosto ri- guardata come una tradizione veneranda che un principio scientifico che emerge da tutti i fatti antichi e moderni della fisiologia e del- la patologia, nemmeno P opera che ci ha presentato può riguardar- si come la vera filosofìa della vita morbosa. § 95—La patologia generale non é e non può essere la vera filosofia della vita morbosa. Dalle cose dette emerge un'ultima riflessione. E'ora da più di cento anni che la patologia generale venne introdotta nelle scuole mediche come organo dell' insegnamento elementare, e della filoso- fia patologica; che fu trattata in modi diversi sebbene uniforman- dosi a certo generale disegno dà uomini eminenti; che fu P eco delle dottrine fisio-patogenichele più autorevoli: che asistette alla «comparsa e al succedersi dei più celebrati e discussi sistemi bio- DELLA PATOLOGIA. 271 logici, e ad uno straordinario sviluppo e incremento di tutte le scienze mediche; che da un piccolo volume che era in mano di Gau- bio diventò quasi una biblioteca in quella di Bouchut e di Bufalini. Orbene quali sono i risultati che ne derivarono all' insegnamento elementare? QuaP è P influenza che essa esercitò sull'andamento della teoria medica? E rispetto al primo lascio che altri giudichi se oggi sia più facile abbracciare colla niente gli infiniti dettagli, le in- numerabili generalità, e fatti colaterali e generici della patolo- gia, e possa pel suo mezzoTormarsi un sano criterio teorico-pratico. E rispetto al 2° deve notarsi che nulla ha influito sulla teoria me- dica. Infatti durante un' epoca cosi luminosa della nostra storia la teoria generale della vita ha subito molte e singolari trasformazio- ni e rivoluzioni.* all'eccletismo di Boerhaave e di Gaubio succedet- te il vitalismo di Bordeu, di Barthcz e di Cullen; ad esso il dina- mismo puritano di Brown e di Darwin; ad esso il dinanismo rifor- mato di Rasori, Tommasini, Broussais, ad esso tennero dietro P organicismo di Rostan, il chimismo di Bufalini, P anatomisino di Andrai; ed ora si presenta sull' orizzonte il vitalismo Ippocratico riformato: dottrine tutte che hanno influito sulla biologia, sulla no- sologia, sulla terapeutica. Or bene, se si eccettui il chimismo Bit- faliniano, tutte queste dottrine mediche, che buone o no rappresen- tano la filosofia della vita e della medicina, sono nate fuori della patologia generale, e in virtù di principj e di idee straniere al piano della medesima. Ed essa non solo non diede P impulso ad al- cuna dottrina biologica, ma nemmeno servi a prevenire questo suc- cedersi di sistemi diversi, o dar le norme almeno per giudicarli o per formarne uno che fosse fondato sul vero; e passivamente si li- mitò a riprodurli e ad accettarli. Ciò essendo vero e storico, che filosofia patologica è questa, domanderò io a Chomel, a William?, a De Renzi, che nulla ha influito finora né sui lavori biologici, né sui metodi nosologici e terapeutici? Dimostrato che la patologia ge- nerale non é stata e non é laverà filosofia della vita morbosa,giova dimostrare perché non può esserlo. La scienza é studio di rapporti, perché i rapporti essendo le con- dizioni di esistenza dei fenomeni e degli oggetti della natura, noi non possiamo avere idee né conocenze dei fenomeni e oggetti di una data scienza senza studiare e conoscere a fondo i loro veri rap- porti che sono condizioni del loro essere. La scienza ha varj rami secondo la natura dei fenomeni ed oggetti che comtempla, e dei rapporti loro che studia, e la sintesi scientifica a cui aspira. La nos- tra scienza che può definirsi scienza de rapporti organici, tanto nella sua parte fisiologica e igienica come nella sua parte patologica e terapeutica, si compone di fatti che sono il prodotto dell' osser- 272 DELL' INSEGNAMENTO vazione, unità sperimentali frutto della sintesi empirica o studio dei rapporti primi dei fenomeni: si compone dei principj che sono le relazioni dei fatti, opera dei ragionamento, unità razionali frut- to della sintesi 1 azionale o studio dei rapporti secondi analogici ed etiogenici dei fatti. Ora la fisiologia e la patologia hanno un' auto- nomia scientifica appunto e fino a che ciascuna studia, descrive, rac- coglie i fatti rispettivi ovvero studia i rapporti primi dei medesi- mi. Ma formano una sola scienza per quanto concerne l'interpretazio- ne dei fatti e delle leggi generali della vita, per i mutui rapporti che hanno i fatti delle duo scienze, e perché le cause morbose in tanto danno origine alle malattie che offendono le leggi della vita normale. Ciò posto la patologia filosofica non può essere una par- te isolata né del medico sapere né del medico insegnamento. Per- ché essa abbia la sua ragione di essere essa deve fondarsi sulla filo- sofia medica o sulla scienza del metodo quella che insegna a for- mare le basi e i materiali della scienza, che prendendo di mira le leggi della monte e i bisogni dell' arte imprende ed insegna a for- mare tanto quei fatti come quei principj che la mente ha bisogno di possedere e P arte di applicare. Essa deve [e lo può solamente mediante la filosofia dei fatti] presiedere alla formazione dei tipi clinici, alla storia dello stato morboso: e perciò alla critica dell'e- rudizione nosografica che ci serve di aiuto o d'inganno secondo che sono veraci o incompleti ed equivoci i materiali della medesima. Essa deve [e lo può solamente mediante la filosofia dei principj] presiedere alla, classificazione e interpretazione dei fatti clinici, cioè alla teoria dello stato morboso, e perciò alla critica delle dottrine mediche nosologiche e patogeniche che ci sono d' aiuto o di osta- colo secondo che sono o noia espressione dei fatti, e in armonia con essi, e le vere loro relazioni. La patologia filosofica non può trat- tare isolati questi oggetti,ma deve studiarne i rapporti o empirici o razionali secondo lo scopo di averne la storia o la teoria, e il me- todo sintetico deve essere P organo mentale per formare i fatti o i principj, o verificargli. Quindi cofne collo studio dei rapporti pri- mi no forma la sintesi empirica e getta le basi della nosografia, co- si collo studio de rapporti analogici studiai fatti veramente gene- rali che si risolvono in dati principj diagnostici e terapeutici. E co- me colla sintesi de casi analoghi forma i tipi clinici e colla sintesi de tipi clinici analoghi forma i principj nosologici; cosi colla sinte- si della patologia e della fisiologia razionale forma i principj etio- genici o la patogenia' che é la parte più difficile, importante, e tras- cendentale della scienza e dell' arte. Questi sono gli scopi distinti, queste sono le parti diverse, ques- to il metodo della vera patologia filosofica coi quali se poniamo a DELLA PATOLOGIA 273 riscontro gli scopi, le divisioni, il metodo della patologia generale, si vede subito perché questa non potrà essere giammai la vera fi- losofia della vita morbosa. E di vero essa non ha per base la scienza del metodo ma la scolastica e vaga idea di studiare nei fatti o ciò che hanno di particolare o ciò che hanno di generale e comune; essa non ha per iscopo la formazione, la classificazione, la interpretazione dei fatti individui, ma Io studio generale ed as- tratto di ciò che i fatti (non. formati né individui né completi) hanno di generale. Essa non ha tante parti quanti sono gli scopi a cui la scienza intende, e la natura dei rapporti che studia e del- le sintesi che forma, ma tante parti quanti sono gli attributi o parti o elementi o lati del fatto clinico. Essa non procede dap- prima a formare i fatti, poi a coordinargli,per finalmente interpre- targli, ma studia in generale e in astratto cioè isolati dai loro mutui rapporti cause, sintomi, effetti de morbi, effetti dei rimedi. Qual meraviglia pertanto se la patologia generale priva dello scopo come del metodo di avere i veri fatti e i veri principj della scienza,, condannata dallo scopo e dal metodo che le fu dato a oc- cuparsi di semifatti e di semiprincipj, sia una scienza vana di ge- neralità vaghe e sterili, di fatti collaterali, e non sia stata, né sia, né possa essere la vera 'filosofia della vita morbosa, cioè la gui- da del medico nel campo dell' osservazione e dell' erudizione, e l'interprete dei fenomeni e delle leggi patologiche? Se non ab- bia ottenuto, né potuto ottenere i tre grandi oggetti della filoso- fia medica: la formazione dei tipi clinici, la classificazione dia- gnostica dei medesimi, e la loro interpretazione patogenica medi- ante il concorso delle due scienze della vita? Se priva di fatti in- dividui non abbia conseguito, né possa conseguire i veri principj, se priva della fisiologia razionale o della teoria della vita norma- le, non abbia conseguito, né possa conseguire la patogenia o la teo- ria della vita morbosa a complemento della scienza biologica e a guida dell' arte medica? § 96. Delle dottrine fisio-paiogeniche e dei metodi nosologici con- • siderali come organi del medico insegnamento Quella filosofia della vita morbosa che cerchiamo invano nel- le patologie generali, la troviamo del certo o nelle dottrine iisio- patogeniche o nei metodi nosologici, e giusta abbastanza né suoi scopi se non nel metodo e nei risultati. Giova dunque esaminar brevemente quale ne é il proposito, la base, gli aiuti, il metodo, i .^vantaggi, i pericoli, e l'influenza sul medico insegnamento. Chiamo dottrine fisio-patogeniche le grandi e originali opere dei sistematici dirette a presentare la teoria della vita sana e morbo- 274 DELL' INSEGNAMENTO sa, e perciò le condizioni e le leggi generali della vita normale, le differenze delle malattie, e l'interpretazione della, loro natura. E chiamo metodi nosologici i modi con cui vengono stabilite le dif- ferenze e comunanze delle malattie. Le dottrine fìsio-patogeniche hanno per base ecrto generale concetto della vita, e per conse- guenze la nosologia e la terapeutica;*! metodi nosologici hanno per base certi principj di nosografia razionale; e per conseguenze prin- cipj nosologici e alcuna volta terapeutici. E non può negarsi che gli autori dei grandi sistemi medici, vitalisti, metodici, solidisti, umoristi, iatro-riiimici, iatro-mccanici, animisti, dinamisti, chimis- ti, ebbero in mira un grande e ìeggittmio scopo,perché tutti si pro- posero conoscere la natura intima, lo cause, lo leggi generali, il mecanismo, in una parola la teoria della vita normale e morbosa; ebbero perciò in vistai principali propositi della vera filosofia me- dica, perché si proposero la fisiologia e l'igiene razionale, la clas- sificazione dei morbi fondata sulle loro generali nature, l'inter- pretazione di essi e perciò del modo di agire delle cause nocive e dei rimedi, e finalmente la eonnessione.delle duo scienze della vita. E nemmeno può ''negarsi che per una cosi vasta sintesi cercarono mezzi molti e diversi, e spesso al di là del bisogno, perché non solo invocarono i fatti della fisiologia e della patologia, ma introdus- sero altresì nella scienza organica i fatti e le idee della chimica, della mecanica, della psicologia; e se vi furono gli unitaleri che stu- diarono la vita da un solo aspetto o chimico, o mecanico, o vitale ecc. vi furono gli ecclettici come Boerhaave che tentarono acco- gliere e conciliare tutto le idee e tutti i sistemi. Deve dirsi piu- tosto che il metodo adottato dai sistematici non fu cosi buono co- me leggittimo fu lo scopo e abbondanti gli aiuti,perché ordinaria- mente neglessero la filosofia dei fatti, la vera base della sintesi razionale, e perciò procedendo col metodo dell' indovinamento, non col paziente e sicuro dell' osservazione e dell' induzione, partiro- no da principj'a priori, spesso desunti da scienze straniere alla vi- ta stessa o anche da un fatto patologico però esagerandolo. Qual meraviglia se questi principj stranieri ai fatti, imposti ai fatti, e che non erano le relazioni dei fatti, erano poi smentiti dall'" osservazione, cioè se non ressero al confronto dei fatti? Qual me- raviglia se negletta la filosofia dei fatti le malattie rimase soven- te fatti anfibi, collaterali, generici, dubj, incompleti, servissero di facile applicazione a qualunque edifizio patologico? Che perduto di vista il valor pratico dò criterj diagnostici, e delle cause pros- sime, si classificassero non queste ma le supposte alterazioni di quelle condizioni fisiologiche che ogni sistema medico avea pres- tabilito? Sono dunque evidenti i pericoli di un sistema fisio-pato- DELLA PATOLOGIA 275 logico quando i principj o biologici o nosologici o terapeutici, che spesso si risolvono in precetti pratici, non sono veri, giusti, e in armonia coi fatti. Pure se è un dovere criticarli e riconoscerne la erroneità, non devono dissimularsi i loro vantaggi e i servizi che hanno reso al- la scienza; né alcuno avrebbe diritto di deridere i passati e i futu- ri tentativi di teoria medica. Ed invero sembra che meriti rispet- to la istintiva fiducia che da ventitré secoli ebbe lo spirito umano non solo di trovare la dottrina della vita, ma di cercarla col riu- nire i fatti delle due scienze, perché essa prova non una vana curiosità ma un vero bisogno scientifico, perché gli escogitati principj sempre furono di buona fede applicati alla pratica. Per vedere con rispetto e con gratitudine i varj saggi di teoria medi- dica uopo é riflettere alla natura, alle difficoltà, all' estensione inmensa del suo subbietto, la vita, i cui fenomeni sono cosi com- plessi e concatenati, ove è cosi difficile scoprire i rapporti etiolo- gici, ove é cosi facile stabilire false analogie con altri fenomeni e leggi della natura; uopo é riflettere che senza questi varj saggi di teoria i fatti della vita sana e morbosa non si sarebbero studiati in tanti e cosi diversi aspetti, né intraprese ricerche e studi che con- dussero alla scoperta di fatti nuovi' ed utili tanto per la patologia come per la terapeutica; uopo é riflettere che la stessa indole della teoria biologica e la sua innata pretensione di abbracciare nel suo compito tutti i fatti della teoria e della pratica, della fisiolo- gia e della patologia obbliga a confrontare i principj generali coi singoli fatti particolari, e perciò conduce sulla via di rettificar- gli, e intanto perfezionare la nostra mente e la nostra scienza; uo- po é riflettere che se la mente umana arriverà un giorno a sco- prire il magistero intimo della vita sana e morbosa, sarà con ques- ta vasta sintesi od associazione di studi cioè dei fatti e dei prin- cipj delle due scienze che costituisce lo scopo della teoria biologi- ca; uopo é riflettere finalmente che se la teoria ottenne finora vani risultati per aver adottato il falso metodo dell' indovina- mento, può conseguirli solidi e sicuri, quando adotti il vero me- todo dell' osservazione e dell' induzione ricordando che "non fin- "g end un ant exeogitandum quid natura faciat, seti iuveniendum". Dunque i varj saggi di teoria medica ebbero finora ed avranno eziandio per l'avvenire un' influenza benefica sul medico insegna- mento, perché obbligarono ed obbligheranno a studiare i fatti del- la vita in tutti i lati e in tutti i loro rapporti, ed obbligheranno eziandio a coltivare con maggior decisione i principj normali del metodo o la filosofia dei fatti e dei principj, dell' osservazione e del 276 DELL' INSEGNAMENTO l'induzione medica, unico termine di paragone dei sistemi falsi, ed unica sanzione dei veri. Lo stesse cose devono dirsi rispetto ai metodi nosologici non so- lo utili ma neccessari per coordinare i fatti della scienza clinica, e dare poche ma vere ed utili norme per la diagnosi e per la cu- ra. Che se questo bello e pratico risultato non si ottenne tuttavia o perché i sintomatici riguardassero l'essenza del fatto clinico la mera forma morbosa astrazione fatta dalla condizion patologica; o perché gli anatomici la riponessero nella alterazione superstite dei solidi e dei fluidi astrazion fatta dal previo processo morboso; o perche i sistematici l& riponessero nelle alterazioni rispettivamen- te escogitate astrazion fatta dai pratici rapporti di esse coi crite- rj diagnostici: questa non é una ragione per respingere lo scopo, ma per riformare il metodo della classificazione nosologica, e per- ciò per coltivare quella filosofia dei fatti quella nosografia razio- nale che può sicuramente condurre alla nosologia diagnostica. Dunque i varj saggi nosologici ebbero ed avranno una salutare influenza sul medico insegnamento, sia perché neccessari a coor- dinare i materiali della patologia speciale, sia perché obblighe- ranno a coltivare la nosologia razionale, unico termine di parago- ne dei metodi erronei e sanzione dei veri. § 97, Conclusione—La scuola zoonomica deve sostituirsi a quel- la, della patologia generale—Influenza che deve avere su- gli altri rami del medico insegnamento, e sul progresso della patologia Questa sessione sarebbe incompleta se dopo avere censurato il metodo con cui fu trattata la scienza dei morbi nelle varie sue parti e forme, dopo aver proposto di sopprimere la patologia ge- nerale, io non indicassi un metodo diverso, una forma migliore di patologia filosofica capace a dare un migliore indirizzo agli studi medici tanto nei libri come nel publico insegnamento. La critica che ho esposto ad ogni modo sarà utile, perché se é giusta e fondata i medici diffideranno dell' antico metodo, ne cercheranno uno migliore anche quando io non ne proponessi uno nuovo, o aves- sero ragione di respingere quello che io propongo, perché ripu- gna seguitare un cammino fallace, come il credere che la scienza medica non ne possa avere uno buono e sicuro. Però é per mia parte un dovere ed una neccessità il proporre un metodo nuovo sia perché é doppia la missione della filosofìa tanto la negativa del distruggere come la positiva dell' edificare, combattere l'er- rore e presentare il vero; sia perché non si apre un nuovo cam- mino un nuovo campo alla scienzai col direjche'nessuno lo vide, DELLA PATOLOGIA. 277 nessuno vi entrò, ma coli' entrarvi realmente e spaziarvi, sia per- ché il censurare il mal fatto impone l'obbligo di far meglio, sia fi- nalmente perché la mia critica non ha né potrebbe avere altra ba- se che un disegno filosofico che credo migliore. Facilmente mi verrà chiesto: l9 Qual forma di publico insegna- mento volete voi sostituire a quello della patologia generale? 2° In qual modo riformare utilmente le altre parti della patologia e del publico insegnamento?—Alla prima domanda ho già rispos- posto in parte al § 18 dell' Introduzioue,la dove ho proposto la ins- tituzione universitaria della catedra di Zoonomia, e in parte ris- ponde la presente opera che é appunto la materia della scuola pro- posta. Rimane ora che in modo rapido ed ordinato manifesti l'og- getto, il metodo, le parti, la collocazione, i vantaggi della scuola zoonomica, la possibilità, oportunità, e convenienza d'attuarla, e l'influenza che aver deve sui varj rami del medico sapere ed inse- gnamento: con questa dimostrazione avrò anche risposto alla 2a domanda. Convinto io che più si giova alla scienza col fare che col proporre di fare, più coi fatti che coi programmi, e che non sarebbì possibile introdurre una radicale riforma nei fatti, nei principj, e nell' insegnamento della medicina mediante delle aride indicazioni, ma essere invece indispensabile dar corpo al disegno ed. eseguirlo in tutte le sue parti e del modo per me migliore, pre- sentai in quest' opera la materia della scuola proposta o le Insti- tuzioni di medicina teorica e filosofica. La scuola zoonomica che propongo e che espongo suona e com- prende la filosofia della vita e della medicina, e con queste due pa- role sono espresso le sue parti, la sua base, il suo scopo, i suoi risultati. Che se la zoonomia si limitasse ad essere la mera filo- sofia medica senza la teoria della vita sana e morbosa, sarebbe un trattato di logica generale, nemmeno forse addattata alle condi- zioni della nostra scienza, e senza applicazione alla scienza bio- logica. Se fosse un nuovo sistema biologico solamente, senza la base filosofica, sarebbe un sistema medico come gli altri. Essendo filosofia della vita e della medicina significa che si propone come scopo la teoria della vita sana e morbosa; e come mezzo la base fi- losofica da cui partire e su cui fondarsi per conseguirla. Ecco la ragione di essere dei prolegomeni, della storia critica della me- dicina, e della scienza del metodo, nelle quali lo studioso conosce quali sono gli scopi ed i mezzi della scienza e dell' arte medica, il posto che occupano nelP albero enciclopedico, e le vere sorgen- ti del medico sapere come eziandio dei nostri errori, e le condi- zioni del nostro perfezionamento e dell' utile applicazione delle nostre conoscenze. Nella scienza del metodo che ha per base e per 278 DELL' INSEGNAMENTO guida le leggi della mente e i bisogni dell' arte lo studioso é chia- mato ad assistere alla costruzione della scienza stessa cioè i fatti e i principj che la riguardano. Ma la scienza del metodo sarebbe sterile di scopo e di risultato se non guidasse lo studioso alla teo- ria della vita sana e morbosa, alla formazione, alla coordinazione all' interpretazione dei fatti. Ecco perche la nuova zoonomia non separa la fisiologia dalla patologia razionale; ma essa non crede già che lo stato morboso sia un grado od una forma diversa dello stato fisiologico, ma crede che lo stato di malattia interviene quan- do le cause nocive abbiano violato alcuna delle leggi o condizioni fisiologiche della vita . Opina dunque che sia neccessario cono- scere, (e lo fa mediante lo studio dei fatti fisiologici, e col ris- contro dei patologici) il magistero della vita normale per conosce- re il modo con cui viene alterato, cioè il magistero della vita morbo- sa. Grande aiuto e grande ostacolo sono in medicina (come in o- gni scienza od arte) i fatti, perché se veri,completi. individuici dan- no una solida base per coordinargli ed interpretargli utilmente, se incompleti, se unilateri, se equivoci aprono un campo inmenso e fu- nesto alle false analogie, alle false interpretazioni ed ai principj erronei d' ogni maniera. Ma la vera la solida filosofia non si con- tenta di essere la teoria o la scienza dei principi, delle leggi e delle cause in medicina, ma abbraccia e comprende tanto i fatti come i principj, anzi si occupa previamente dei fatti perché sono la vera base dei principj. Simile alla divinità di cui dice S. Paolo "in ipso vivimus, movemur et sumus"' buona o cattiva essa s' insinua in tut- te le parti, ed informa tutte le opere o sperimentali o metafisiche o teoriche, o pratiche, della nostra come d' ogni altra scienza: ed é un grande errore che le opere pratiche buone o no siano indipen- denti da ciò che io chiamo filosofia dei fatti. Da ciò si vede pertanto che e perché la scuola zoonomica deve avere queste parti distinte. 1. ° Prolegomeni, e storia critica della Medicina. 2. ò Scienza del metodo. 3. ò Fisiologia razionale. 4. ° Igiene razionale. 5. ° Filosofia dei fatti clinici, o principj di noso- grafia. 6, ° Critica dei fatti o nosografica. 7. ° Critica delle dot- trine o patologica. 8. ° Principj della nosologia razionale. 9. ° Saggio di nosologia diagnostica. 10. ° Principj della patogenia ra- zionale.ll ° Saggi o"di patogenia induttiva^ di terapeutica razionali. Che la mia dottrina biologica sia ammissibile o no, che lo sia o no quel Vitalismo Ippocratico che con altri egregi Italiani ho ten- tato di restaurare, la scuola zoonomica che propongo, non corris- ponde meno ad un gran bisogno del medico insegnamento, né meno riempie un gran vuoto che separa i varj rami del medico .sapere. Il gioyine alunno infatti che già ha studiato le scienze mediche DELLA PATOLOGIA. 279 preparatorie, anatomia, storia naturale, fisiologia, ha d' uopo di ri- durre le acquistate conoscenze a principj, di trovare un vincolo, un passaggio, un'applicazione.di quelle scienze a quella della vita mor- bosa; e trovare razionale P igiene e la terapeutica. Introdotto a studiare la patologia come scienza e come arte, egli ha d' uopo di sapere osservare e pensare come di poter giudicare delle altrui osservazioni e dottrine che pretendono diriggerlo e accompagnar- lo. D'uopo ha dunque della scienza del metodo che gli insegni P arte di formare i fatti e i principj, d' uopo ha della filosofia dei fat- ti e dei principj che gli possa fornire un sano giudizio dell' erudi- zione nosografica e patogenica; d'uopo ha di principj nosologici per poter coordinare i fatti che osserva, e applicare con frutto i pre- cetti diagnostici e terapeutici; ha d' uopo di principj patogenici per sapere la ragione delle convenienze terapeutiche, e ha d' uopo della fisiologia razionale per conseguire questi principj patogenici. Ecco dunque la ragione di essere della scuola zoonomica la qua- le introduce dalle scuole mediche sperimentali e preparatorie allo studio della patologia come scienza e come arte, che annoda la fi- siologia razionale all' Igiene non meno che alla patologia raziona- le e alla terapeutica facendo si che queste due scienze della vita si servano di mutua luce ed appoggio e formino una sola t-cienza bio- logica. La quale sulla base incrollabile della filosofia dei fatti e dei principj dà le norme sicure e sperimentali per formare i veri fatti e i veri principj della scienza patologica, e per verificargli; e per riconoscere i tipi clinici e i principj analogici ed etiogenici o vera- ci o che si dipartono dalla realtà e dal vero, e che servono d'in- ganno e non d' aiuto al medico pratico. E' dunque la scuola zoo- nomica il vero punto in cui convergono tutte le conoscenze speri- mentali per formare i principj scientifici e direttivi dell' arte; é la vera anima e mente della medicina che illumina e feconda tanto la parte sperimentale come la razionale delhoscienza, il campo dove si forma un giusto e sano criterio, e si giudicano tanto i fatti come le dottrine e le opinioni, e si conciliano e si scelgono; o dove final- mente si mostrano le condizioni per la certezza dei nostri principj, e delle regole diagnostiche e terapeutiche. I principj normali che lo studioso attinge nella scuola zoonomi- ca'lo accompagnano tanto nelle lezioni di patologia speciale là do- ve studia i modelli della sintesi nosografica, quanto in quelle di cli- nica medica la dove é guidato a formare la diagnosi clinica, a ri- conoscere i tipi sudetti e a sentire il valore dei criterj diagnostici. Ed é quindi evidente che i principj della scuola zoonomica influis- cono di un modo decisivo e potente tanto sulle opere della noso- grafia come sulla direzione della scuola clinica, e che una volta in- 280 DELL' INSEGNAMENTO trodotta e riconosciuta questa filosofia della vita e della medicina, obliga P unae P altra ad uniformarvi il proprio linguaggio ed il proprio metodo sotto pena di vedere inesorabilmente respinti e de- risi o i semi fatti dell' una o le false regole, unilateri, sterili e in- significanti dell' altra; o i principi arbitrarj stranieri all' induzio- ne clinica e patogenica. Alla scuola zoonomica è dunque inerente la idea di un codice nosografico universale alla formazione del qua- le^presieda la filosofia dei. fatti nella critica nosografica, e nella verificazione clinica, Né meno grande né meno utile sarebbe la sua influenza sulle al- tre parti del medico sapere e del medico iusegnamento. Perché ri- tenuta laneccesità del partire dai fatti prima di formare i principj, impone P obbligo d'insegnar previamente e separatamente le scien- ze sperimentali, anatomia, fisiologia, storia naturale, nosografia, perché il giovine possieda, dello idee semplici, e conosca tutto il materiale della scienza prima di elevarsi a studiarne i rapporti, la concatenazione, e le leggi. Perché ritenuta la differenza dei fatti collaterali e dei fatti individui, e dei rapporti primi dei fenomeni e dei rapporti anologici ed etiogenici dei fatti, non istudierebbe la semeiottica, P etiologia, la anatomia patologica la materia medica che in relazione ai fatti speeiali o gruppi nosologici, non mai in as- tratto cioè rompendo i più \'Itali rapporti dei fatti. La scuola zoo- nomica dovrebbe dunque corrispondere all' epoca teorico-pratica della sua educazione medica; essa dovrebbe accompagnarlo nello studio dell' igiene per renderla razionale, nello studio della noso- grafia od altrui osservazione per saper discernere ciò che é buono e ciò che é incompleto ed erroneo, nello studio della pratica od os- servazione propria per conoscere la 'ragione del modo di osserva- re e formare i fatti, del modo di classificargli, e riferirgli a certi fatti generali o principj, del modo d'interpretargli e conoscerne la natura il mecanismo e le leggi; nello studio della materia medica per conoscere il valor relativo dei mezzi che impiega. Pare a me che la scuola zoonomica aver deve una decisa e salu- tare influenza sull' andamento e perfezione della medicina anche quando non costituisse una instituzione universitaria, perché il suo scopo e il suo metodo conducono 1° A fondare tutto il patrimonio della scienza cioè fatti e principj non su dottrine arbitrarie e mu- tabili, ma sulla scienza del metodo, base diversa e straniera ad ogni principio patologico di umorismo, solidismo, ecc; che perciò ha suf- ficiente autorità per giudicare tutti i sistemi, e sopravivere ezian- dio ai medesimi, 2.° A presentare la teoria della vita sana e mor- bosa facendo delle due scienze della vita una scienza unica però col metodo della sintesi e dell' induzione; e guidare all' interpretazio- DELLA PATOLOGIA. 2>>1 ne dei fatti igienici. 3. ° Conducono mediante la filosofia dei fatti alla critica nosografica, alla verificazione sperimentale, a nuovo e perfetto codice clinico universale, tesoro che può arricchirsi ma non cambiarsi, che abbia P autorità dell' osservazione e dell' erudizio- ne; equello dell'opera e Concorso d'un'illustre nazione. 4p Condu- cono alla nosologia diagnostica, e allo studio relativo e sintetico dei fatti collaterali: quindi lasciata, alla nosografia la collocazione pratica delle cause, dei sintomi, delle alterazioni anatomiche, degli effetti dei rimedi; lasciata alla patogenia la interpretazione del lo- ro modo d' agire e relazioni. 5" Guidano alla patogenia in- duttiva che mediante la sintesi delle due scienze e dei fatti vera- mente analoghi stabilisca la origine, la natura, le cause, il meca- nismo della vita morbosa, e perciò delle azioni capaci di governar- la.Gr E acercare nelle sparse osservazioni i tipi clinici i fatti genera- li e i loro caratteri diagnostici e terapeutici, a cercare nei gruppi o fatti composti le unità patologiche,a studiare dei tipi clinici o fatti generali la patogenia e la natura, o quello che é lo scopo supremo della scienza e dell' arte, la storia e la teoria dei singoli morbi o dei sommi generi. Insomma la patologia riceverebbe forse un'uti- le e nuova direzione; applicandosi a perfezionare le monografìe, e stabilire lo vere differenze dei morbi; a studiare i fatti generali i processi che sono comuni a molte forme diverse; determinandone la patogenia eia natura mediante l'associazione dei lumi della fisio- logia e della patologia. Ma se venisse applicata al publico insegnamento avrebbe questi particolari vantaggi. 1. c Soppressa la patologia generale vero repertorio di cognizioni vaghe, spezzate, o di questioni metafisi- che, la mente é condotta non a faticare la memoria ma ad esercita- re il giudizio, e ad afferrare quei principj normali che la accompa- gnano poi in tutti i dettagli della patologia e della pratica, dell'e- rudizione e dell'osservazione. 2. c II linguaggio della patologia, e certo generalità che sogliono far parte della patologia generale, ponno oportunamente insegnarsi nei prolegomeni della nosografia e della clinica. 3. ° Tanto la scuola di nosografia come la scuola clinica avrebbero uniformiti! di dottrine nosologiche e patogeniche; ed essendovi uniformità di principj sperimentali maggiore sarebbe la facilità nello studio, maggior la fede nella certezza dell' arte. 4. ° La fisiologia e la storia naturale s' insegnerebbero nella loro parte storica e sperimentale come scienze preparatore alla zoono- mia lasciando intatte le questioni che riguardano la teoria genera- le della vita, perché esigono altri dati ed altro metodo, cerne ten- dono ad altro scopo. 5.° La igiene publica e privata s'insegnereb- be in due aspetti la esposizione storica dei fatti o precetti igienici, 36 2*2 DELL' INSEGNAMENTO e la ragione scientifica e zoonomica dei medesimi. 6, ° La materia medica presenterebbe il lato sperimentale della'storia degli agenti terapeutici,.lasciando alia nosografia lo indicare la loro collocazio- ne pratica, e alla patogenia P interpretazione del loro modo di agi- re, quindi non pili stabilite le astratte generali assolute azioni dei rimedi. 7.° L' anatomia patologica s'insegnerebbe come corollario inseparabile della clinica medica e chirurgica. 8. ° La scuola zoo- nomica sarebbe come il centro di tutte lo scienze mediche, come la chiave di-tutto P edifizio scientifico; e tutte lo controversie o di fi- siologia razionale o di patologia o di igiene, o di pratica o di eru- dizione nosografica o patogenica sarebbero risolute coli' interven- to de suoi principj, ivi discussi giudicati i fatti,le opinioni, i princi- pj, e le dottrine mediche: sarebbe essa la vera anima e mente della medicina. La scuola zoonomica che propongo non e una scuola di metafisi- ca, essa non disputa se prima o separatamente si deve studiare la materia o la forza, la organizzazione o la vitalità, gli umori od i solidi ecc. essa é eminentemente pratica e sperimentale, tanto per la sua base elio sono i fatti, come per il suo metodo che é la sintesi empirica e razionale, come per il suo scopo qual' è la formazione, la coordinazione, la interpretazione dei fatti. E non mancheranno patologi ai quali piaccia (presto mio disegno, pure molti diranno: é egli possibile od oportuno attuarlo nello stato presente della scien. za? Mi ripeteranno le parole dell'illustro Palloni-"clie veramente "sgomenta P idea gigantesca di abbracciare colla mente tutto ciò liche costituisce la teoria e la pratica della medicina, tutto ciò che 'ne é stato scritto o pensato fino al giorno presente, di darne un ret- "to giudizio,di scoprirne i difetti e gli errori,e di porsi in grado di "rigettare il falso, di ritenere P utile ed il vero, e di crearne P uni- "co e perfetto sistema." E'vcro pur troppo che quest'impresa é gigantesca,ma é vero altre- sì che essa é neccessaria perché la medicina sia facile, sicura, efficace, ed utile all'umanità; perché si elevi alla dignità e allo splendore di scienza completa,perché abbia il rispetto e la fiducia che merita un' arte razionale, sicura,efficace. Dirò anzi che una scuola medica non é veramente tale, né può dare Un' utile indirizzo alle menti se non si propone o non compie le condizioni accennate dal medico Livorne- se. Confido adunque che i medici pensatori nei quali é più potente P autorità del vero che quella dei nomi, che consapevoli delle diffi- coltà ed imperfezioni della scienza e dell' arte, rispettano il passa- to senza crederlo perfetto ed immobile, e hanno fede nell' avveni- re, accoglieranno con benevolenza il mio desegno reputandolo de- gno se non del loro applauso, certamente della loro meditazione. DELLA PATOLOGIA. 2o3 Essi ben sanno che lo più grandi e nobili idee sebbene proposte o eseguite da un solo, furono per altro preparate e precorse dai la- vori di molti; e che sospette o derise dapprima come paradossi e u- topie, furono poi autorevoli quando studiate lasciarono d'esser nuo- ve e comandarono il rispetto ed il consenso dell' universale. Ri- fletteranno forse io spero che i più bei studj della medicina moder- na accennano e per cosi dire conducono non solo al Vitalismo Ip- pocratico da me proclamato, ina alla filosofia considerata come la base del medico edifizio, ma alla alleanza della fisiologia e della patologia; rifletteranno finalmente che se P incremento della scien- za accumulò molti e nobili materiali, se l'abuso dell' analisi e i fal- si metodi delle scuole gli. hanno separati e dispersi; innegabile é il bisogno della sintesi che gli compone, che gli coordina, e che gli in- terroga; che perciò la scuola zoonomica che propongo è veramente opportuna; che é questa insomma una novità non fortuita ma pro- dotta dal tempo e dall' andamento stesso della scienza. DHL' mEG.VDiB'TO niYERSITlHlfl. DELLA MEDICINA E DELLA CHIRURGIA APPENDICE ALLA SECONDA SEZIONE. '-Per fermo l'idea dell' ottimo insegnamento ttnivcr- '"'tifario non é ancora attuate, e converrà intra le altre "cose tornare alla distinzione cosi vera cerne profonda fra 'Tinsegnamentoprpfessio naie e quello c/te mira a un più "alto segno ilt scienza— Terenzio Damiani già Mjuiitro dell' Distruzione publica del Regno ti' Italia. § 08 Dignità somma dell' Università degli Sludi. Questa sezione mi ha condotto a toccare dell' insegnamento uni- versitario della Medicina e della Chirurgia, per porre la scuola proposta in armonia colle altre parli di cs.so, e per isviluppare le idee che in embrione appena esposi nell' introduzione (§ 18). D'al- tronde é questa una trattazione molto opportuna, giacché il Parla- mento Nazionale sarà chiamato in breve a occuparsi di una legge 28-1 DELL' INSEGNAMENTO che regoli il medico insegnamento in tutte le Università dell' Ita- lia: e già professori distinti discutono per la stampa questa grave materia; e cosi pure un eguale progetto di riforma é nelle mani del Congresso Pcruano. Grande, nobile, sublime instituzionc fu sicuramente l'Università degli Studi, foriera e compagna del moderno incivilimento, e con ragione ogni città cho la possiede ne va superba come d'una glo- ria, come di un vantaggio, come di un titolo al rispetto del mon- do. Perché costituisce una specie di santuario ove si rende cul- to al sapere, ove come in un tempio di Vesta si conserva vivala fiamma della scienza, ove s'insegna coli', efficacia della parola e dell'esempio a chi la cerca con ingenuo e giovanile pellegrinag- gio, ove si apprende e si perfeziona, dai maestri per la neccessi- tà e sublimità dell' insegnarla. Nobile e stupendo convegno dove s'incontra l'età virile e canuta che sa, e la giovanile che aspira a sapere, specie di anello che lega le generazioni scientifiche, per- che l'ima ama e rispetta chi le consegna il patrimonio della scien- za e l'addestra nei cimenti dell' arte, e l'altra ama e rispetta quel- la cheé chiamata a conservarla e ad arricchirla; nobile centro do- ve tutti i rami del sapere umano s'incontrano per mutuamente aiu- tarsi, centro dove s'insegnano tutte le scienze ed arti sociali le più sublimi, e dove si prova col fatto che sapere è potere. § 9''. Oggetto e vantaggio dell' Insegnamento Universitario. Il principale oggetto e vantaggio del Insegnamento Universi- tario censiste, non già nell' insegnare le singole scienze mediche nel moùo il più completo e profondo, ma in quello che conduca a formare abili medici e chirurghi, e non nel comunicar ai giovani tutte le conoscenze relative alla teoria e alla pratica della medici- na, ma nel modo di diriggere ìa loro intellettuale educazione, nell' insegnar loro a studiare gli oggetti di questa disciplina, nel ren- dere loro facile e sicuro l'acquisto della scienza e la pratica dell' arte. A prima vista sembra che tutte le materie che s'insegnano nelle Università potrebbe uno facilmente impararle per mezzo dei libri. Però non é cosi: j,vi sono delle scienze nelle quali non po- tressimo dare un passo innanzi senza vedere e toccare e speri- mentare, come la fìsica, la chimica, la storia naturale, l'anatomia, e la medicina pratica. Anche in quelle dove non fa d'uopo avere innanzi agli occhi oggetti sensibili com' e'la fisiologia, la pato- logia, la nosografia, la medicina legale ecc. egli é di un' immenso vantaggio che il maestro parli à giovani già preparati da cono- cenze preliminari, che si addatti alla loro intelligenza, che ad dot- ISELLA PATOLOGIA 285 ti il metodo più conveniente per guidarli dal poco che già sanno al molto elici debbono sapere, che dissipi i dubj e rimuova gli os- tacoli, che dimostri la concatenazione dei varj oggetti della sua scienza, e la mutua influenza di essa con altre; che spieghi l'ori- gine, il nesso, la solidità, e l'applicazione delle conoscenze che in- segna, che avvalori le sue lezioni con mille rilievi che non si tro- vano nei libri, che faccia entrare negli alunni coli' efficacia della parola e del metodo, l'amore alla scienza, l'ordine, la scienza stessa ben ordinata e ben digerita, e gli metta in grado insomma di studiar poi da se stessi, e vedere le cose col proprio criterio durante tutta la loro vita; perché la scienza e l'arte medica é cosi vasta e diffìcile che non si acquista intera e per opera dei maestri durante il tirocinio delle scuole, ma per istudio proprio durante la vita intera del medico. § 100. Iimportanza dell' ordinamento generale degli studi medi- ci, e del metodo nei singoli rami. Ora essendo certo che l'Insegnamento Universitario non dà la scienza ma insegna il modo di acquistarla e serve di guida alle menti; essendo certo che questo alimento intellettuale può assimi- larsi e giovare secondo i bisogni e le disposizioni di chi lo riceve; che vuol' essere coordinato allo scopo professionale, e presentato con quell' ordine, gradazione, successione, ed associazione neccessaria perché possa venir bene elaborato e convertito in buona sostan- za; essendo certo che se questo alimento intellettuale o trascende lo scopo a cui il giovine alunno deve usarlo, o non é addattato alla sua intellettuale capacità, cagiona quella confusione d' idee, quegli sforzi inutili ed impotenti, che ben può chiamarsi indiges- tione intellettuale, ne derivano due corollari importantissimi 1° Che l'ordinamento generale degli studi iredici debbo avere per iscopo supremo non la perfezione della scienza ma quello di fare degli eccellenti medici e chirurghi; e che deve avere appunto ta- le ordine, gradazione, associazione negli studi medici da conse- guire questo scopo professionale. 2° Che il maestro di ogni sin- golo ramo abbia sempre in vista questo scopo professionale e ponga tal'ordine nella trattazione delle materie del suo corso che a quel- lo scopo conduca con facilità ed efficacia. E' dunque importante e difficile il compito del legislatore chiamato a farerun piano generale di studi medici, sia perché in- fluisce a rendere facile, sicuro, ed efficace l'acquisto della scienza e la pratica delle due arti, sia perché influisce sullo stesso pro- gramma dei singoli rami o dei singoli maestri. 286 dell' insegnamento § 101. Distinzione profonda fra l'insegnamento professionale, e gli studi speciali e di perfezionamento. Il Legislatore deve previamente riflettere e stabilire che l'in- segnamento di una scienza medica qualunque ha e può avere due scopi diversi, e perciò due forme, o il perfezionamento delle singole scienze mediche, o l'insegnamento dell' arte medica e chi- rurgica—scopo dunque e forma o scientifica o professionale. Co- si può insegnarsi l'anatomia o la fisiologia in modo esteso e pro- fondo come compete a professori, e può studiarsi in modo elemen- tare come compete a studenti che abbisognano di aprirsi il cam- mino alla patologia ed alla pratica medica e chirurgica; e tale che lasci luogo e'tempo per l'acquisto delle altre scienze conducenti appunto a questo scopo. L'aver neglettola, distinzione di questi due scopi, e perciò di queste due forme di publico insegnamento é stato cagione della maggior confusione, e dell' aver complicato la machina universitaria con vero danno dell' insegnamento pro- fessionale. § 102. Perché certi studi non debbono essere obbligaiorj. Ammesso che il principale scopo degli studi universitari non é quello di formare dei professori o degli specialisti in alcun ramo particolare di scienza, ma bensì quello di formare degli eccellen- ti medici e chirurghi; ammesso che per ottenere questo scopo pro- fessionale dell' insegnamento si deve insegnare soltanto quelle materie che a questo fine conducano, e in quella forma elementare che renda facile sicuro efficace l'acquisto delle conoscenze e materie neccessarie a questo scopo; ammesso finalmente che una preferen- te attenzione ad alcuna scienza speciale, oppure uno studio pro- fondo e scientifico di tutte trascenderebbe lo scopo dell' insegna- mento professionale, e rendendo più lungo, difficile, inbarazzato lo studio, ne farebbe più difficile il conseguimento, ne conseguita." 1? Che delle scienze mediche e naturali devono insegnarsi quelle soltanto e in quella forma che conduca allo scopo professionale, e debbono essere strettamente obbligatorie. 2° Chele scienze di perfezionamento e di studio profondo e trascendentale se conviene insegnarle in alcuna Università pei culto del sapere, e per forma- re professori, e specialisti, non debbono essere obbligatorie, ma li- bere, perché il suo studio rapirebbe ai giovani un' attenzione ed un tempo che devono di preferenza agli studi richiesti dallo sco- po professionale. DELLA PATOLOGIA 287 § 103. Sludi preparatori, scienze ausiliarie, scienze mediche es- senziali jwr l'arie medica e chirurejica. Fissato lo scopo professionale dell' Insegnamento Universitario il Legislatore deve eziandio riflettere. 1° Che vi sono studi prepa- ratori di cui ha bisogno il giovine che imprendo questa nobile di- sciplina, come sono le belle lettere, la filosofia, la fisica, e la chi- mica. 2" Che vi sono scienze ausiliarie di maggiore o minore im- portanza come sono l'anatomia, la fisiologia, la storia naturale, la igiene, la medicina legale, la materia medica. 3° Che vi sono scienze mediche veramente essenziali per Parto come sono la pa- tologia, e la pratica medica e chirurgica, scienze non sapendo be- ne le quali.il tirocinio é vano,anche quando un' uomo riuscisse som- mo nelle altre scienze. 4° Che l'insegnamento dei singoli rami de- ve essere disposto in tale ordine, associazione, e successione, che renda facile agli alunni procedere dal facile ai difficile, dal sem- plice al composto, e impadronirsi bene delle parti più essenziali come sono la patologia e la pratica. 59 Che la distribuzione delle catedre sia comoda ed utile ai maestri ed agli alunni; ai maestri perché abbracciando materie affini, e che mutuamente si aiutano e si rischiarano, possano (isserò più efficaci nell' insegnare; ai discepoli perché più facile,più grato,più proficuo riesca lo studio di cose delle quali vedono i rapporti, l'influenza, e dipendenza mutua, b l'applicazione. G" Che lo scopo grande e per cosi dire il forte dell' instruzione universitaria sia la patologia e la pratica medica e chirurgica, come quella che é l'essenziale. Con ragione sono richiesti in ogni ben' ordinato ateneo come studi previi le belle lettere, la filosofìa, la fisica e la chimica, co- me quelli che addestrano la mente a pensare e a discorrere, che gli danno idee della natura inorganica e delle sue leggi, che poi gli faranno conoscere il fondo su! quale é collocata la vita organica e i mutui rapporti e le differenze dei varj oggetti della natura. L'a- natomia, la fisiologia, la storia naturalo, l'igiene, la patologia, la nosografia, la clinica medica e chirurgica, la materia medica, l'os- tetricia, la medicina legale, la polizia medica ecco Je scienze o essenziali a sapersi, o che servono di ausiliarie le une alle altre pello scopo definitivo di fare un medico e chirurgo completo. Non tutte però hanno la stessa importanza, e ciascuna deve occupa- re un luogo diverso nell'ordine dell' educazione scientifica. L'ana- tomia descrittiva è veramente la base e il principio dell' insegna- mento perché senza ..di essa, nulla quasi o poco si capisce della fi- siologia e dell' igiene, della patologia medica e chirurgica e dell' 288 DELL' INSEGNAMENTO ostetricia. Sembra che deve accompagnarla (ciò si vede nei mi- gliori piani di studi) la fisiologia, la botanica, la zoologia, e l'i- giene privata: perché giova studiar insieme le varie forme di or- ganismi e di funzioni, e studiar gli organi in relazione colle fun- zioni che gli son proprie, e colle condizioni igieniche del loro com- pimento. Ma la patologia e la clinica sono gli studi veramente essenziali, e sono quasi il tutto dell' educazione scientifica, ed il medico che non coltiverà poi gli studi subalterni, coltivarà la pa- tologia e la clinica tutta la sua vita, e senza esservi ben versato non sarà mai né^medico né chirurgo. Chiamo dunque studi su- balterni in importanza la fisiologia e l'igiene, la storia naturale, la materia medica, la medicina legale o la polizia medica; sia per- ché o sono auziliarie della patologia come la fisiologia, la storia naturale, l'igiene, e la materia medica, sia perché occorre di raro che un medico sia chiamato a occuparsi di giurisprudenza medica e di publica igiene. § 104. Con quale ordine, gradazione, e successione debbono inse- gnarsi e associarsi i diversi studi medici. Ciò posto, vale a dire ammessa la sovrana e preminente impor- tanza della patologia e della pratica, pare a me che il Legislato- re debba prescrivere. 1? Che i giovani fino dai primo giorno in cui cominciano il medico arringo, debbono essere ammessi, in qua- lità di uditori, alla pratica medica e chirurgica, sia perché é nec- cessario aver già idee formate al letto dell' ammalato per poter poi studiare la patologia come scienza, sia perché di lmon' ora con- vien' imparare a osservar la natura.sia perché l'esempio d'Ippocra- te e degli antichi che pure-furono i fondatori dell' arte,prova che si può osservar bene e studiar la natura morbosa senza previo e pro- fondo studio dell'anatomia e della fisiologia, ed infine perché stu- diando simultaneamente Panatomia e la fisiologia ne vedono in qualche modo l'uso e Papplicazione. Sembra dunque non logico né utile il sistema che chiama i giovani alla clinica medica e chi- rurgica al terzo o quarto anno del corso. 2°- Che i giovani appena impiegato un biennio noli' anato- mia, fisiologia, igiene, botanica e zoologia (e fisica, chimica e mineralogia quando non poterono entrare nel corso di filosofia) e conosciuti quindi gli oggetti su cui é fondata o versa la scienza e a cui si riferiscono le nostre idee; debbano essere ammessi allo stu- dio teorico e pratico della patologia. Il quale per essere vasto, dif- ficile, e di massima importanza sociale, vuol' essere diviso in cin- que rami. A. La patologia razionale, filosofica, o zoonomica che associa tutte le conoscenze mediche, e forma i principj che ci ac- DELLA PATOLOGIA 289 compaginino nella pratica. B. La nosografia medica, o storia delle malattie mediche. C. La clinica medica, o la diagnosi e cura delle medesime. D. La nosografia chirurgica, che descrive i morbi e metodi chirurgici. E. La clinica chirurgica e operazioni. Nel 2° biennio sembra che sia utile che il giovine studi insie- me queste cinque forme della patologia e della pratica sia cho voglia essere medico o chirurgo, o riunire le due lauree, perché una é la patologia, e i rapporti scientifici della patologia medica e chirurgica sono troppi e troppo intimi perché se ne possa sepa- rare lo studio. Cosi pure sembra che convenga Punito studio del- la materia medica, sia perché il giovine già vede l'uso delle sue conoscenze nella chimica e storia naturale, sia perché essa fa parte della patologia e della pratica. Sia dunque già alunno effettivo di clinica medica o chirurgica secondo la parte a cui si dedica [bastando per l'altra essere uditore], coli' assistere gP infermi affi- dati, tesserne la storia, osservarli in ore diverse, vigilare l'am- ministrazione dei rimedi, praticare la chirurgia minore, renderne conto diario al maestro, procedere all' autopsia, e in ogni modo farne l'epicrisi. Già possedendo cognizioni di anatomia, di fisiolo- gia, e di igiene, e perciò eziandio di etiologia, può avanzarsi allo studio teorico e pratico delle malattie; già é atto a studiare la pa- tologia razionale e zoonomica alla quale serve mirabilmente non solo lo studio previo del 1. ° biennio, ma il simultaneo della no- sografia e clinica medica e chirurgica [1], Perché la scuola zoo- nomica gP insegna Parte di formare i fatti e i principj, l'arte di os- servare e di ragionare, gli dà i principi di nosografia razionale e perciò le norme onde formare una retta diagnosi, e con che sce- gliere i materiali dell' erudizione clinica, gP insegna l'arte di clas- sificare i fatti, di ben fissare e ben applicare i principj diagnos- tici e terapeutici, e perciò quella di discernero i principi erronei, e finalmente come procedere e con quali aiuti dell' anatomia, della fisiologia razionale, e della nosografia per conoscere la formazio- ne e la natura delle malattie: insomma gP insegna il modo di for- mare i fatti, di classificargli, e d'interpretargli. Quindi é che men- tre essa illumina il simultano studio della nosografia e della clini- ca, queste due parti servono di appoggio al giovine mentre impa- ra quella che é la filosofia della vita e della medicina;e cosi ancora mentre la nosografia gli indica le differenze e i caratteri diagnos- ti] Se noi programma che io presentai nel 1857 alla Facoltà medica di Lima io la chiamai scuola di complemento e perfezionamento, lo f;ci per mera delicatezza giacché non mi pareva conveniente aver l'aria di voler sopprimere catedre esistenti e sovvertire l'ordine stabilito. Sperava non di meno che l'attuazione della mia «aiolà l'avrebbe indotta più tardi ad accettare la mia riforma. 2% dell' insegnamento tici delle malattie, la clinica gP insegna a studiargli al letto dell ammalato. Cosi la teoria e la pratica la scienza e l'arte si danno la mano, e se la guida fosse fallace questo ravvicinamento lo fa conoscere. Due anni di questi studi riuniti zoonomia, nosografia- clinica medica e chirurgica, e materia medica, che insomma sow no la patologia in tutte le sue vere forme, gli credo sufficienti a formare nei giovani il criterio teorico e pratico sufficiente per po- ter coltivar bene la scienza e l'arte per tutta la vita. 3. ° A completare l'educazione scientifica del medico e del chi- rurgo non resta che lo studio teorico-pratico dell' ostetricia, la medicina legale, e la polizia medica che può comodamente studia^ re [associate alle due cliniche] nel 5° ed ultimo anno. La macchina del medico insegnamento può dunque semplificarsi di molto secondo il piano che propongo, diminuendo le scuole, ed anche i maestri, presentando associati certi studi, sottraendo mol- ta materia inutile o intempestiva, e abbreviando il periodo dell' insegnamento. 1. ° Biennio—Anatomia, Fisiologia, Igiene privata, Storia na- turale^ Chimica,Mineralogia e Fisica,l'assistenza alle cliniche. 2. ° Biennio^Zoonomia, Nosografia medica, chirurgica, Clinica medica, chirurgica, Materia medica — 5. ° Anno—Clinica medica, chirurgica, Ostetricia, Medicina legale, Polizia medica.—LAUREA. 6. ° Anno-le due Cliniche per la doppia laurea. MATERIE CHE GIOVA RIUNIRE NELLE MANI DI UN SOLO MAESTRO- Scienze fìsiche...........-{ Fisica, Chimica, e Mineralogia Storia naturale.........\ Botanica, Zoologia, Anatomia coinpa- Biologia.................-J Anatomia, Fisiologia, Igiene privata. ,r i. . m ( Zoonomia, Storia aitica della me- Medicina Teorica........i -,.. „ „ Ar ' , ,. ( diana, e Morale medica, ,, i. . tì .. ( Nosografica medica, Clinica medica, Medicina Pratica........^ Anatomìa patologica. ni •. . • \ Nosografia chirurgica, Clinica chi- Llnrurgia..............j rurgica, Anatomia patologica. Ostetricia ecc___........■{ Ostetricia,Operazioni chirurgiche. Polizia Medica ecc.......-{ Medicina legale, Polizia medica- Farmacologia...........-{ Materia medica, e Farmacia! DELLA PATOLOGIA. 201 Con questo numero di maestri sembra anche potersi provvedere all' educazione scientifica dei farmacisti, i quali avendo un corso di Scienze Fisiche,Storia naturale.Materia medica e Farmacia, han- no quanto basta per riuscire idonei alla loro delicata e nobile pro- fessione. § 105—In qual modo la Legge può influire sui maestri per l'esecu zionc di questo piano di studi. La legge avrebbe già dato un passo grande per lo scopo pro- fessionale col dai e questo piano di studi medici perché avrebbe in- fluito sul metodo delle singole scuole. Infatti il maestro di fisica, chimica e mineralogia, e cosi quello di storia naturale, e l'altro di biologia, e l'altro di medicina legale e polizia medica sanno che non insegnano a professori o a chi vuol essere profondo e speciale nelle suddette inaterie.ma a giovani destinati ad essere medici e chirurghi o farmacisti, ed ai quali P acquisto delle dette scienze non é il fine ma un mezzo per procedere alle scienze veramente essenziali per la loro arte. Cosi il maestro di biologia comprende che non è chiama- to a insegnare tutta quanta é estesa e profonda o P anatomia o la fisiologia o P igiene, ma in guisa che le conoscenze di una aiutino quelle delle altre due egli rendano più facile e grato lo studio di cose di cui vede i mutui rapporti, 1' influenza e la dipendenza, faci- le il fiirsene un punto d'apoggio per inoltrarsi nel campo della pa- tologia e della pratica. Cosi finalmente lo stesso maestro di noso- grafia medica o chirurgica comprende che non é chiamato a dettare o ad esporre un diffuso e profondo trattato dell'una o deli' altra, ma i principj che guideranno utilmente i giovani nel campo dell' erudizione e dell'osservazione; e potranno formar loro un sano e giusto criterio nella teoria e nella pratica. La scelta dunque delle materie e soprattuto il metodo' graduato, sinnotico ed elementare saranno in certo modo inspirati dallo stesso piano di studj il quale gli addita lo scopo a cui deve essere intento. Però la legge può influire eziandio sull'eccellenza dell' esecuzione del suo piano di studi procurando P eccellenza dei maestri. Il pro- fessore che si vede elevato ad una catedra publica non dal favore ma dal giudizio giurato di una Facoltà medica, sia che gli siano ti- tolo le opere che ha dato alla scienza o gli esperimenti publici dei concorsi, ha g^à tale coscienza del proprio valere, tale prestigio nei giovani e nel publico da consacrar tuttala sua vita alla nobile mis- sione di apprendere e d' insegnare. Che un conveniente onorario e 292 DELL' INSEGNAMENTO le future franchigie d' ogni publico funzionario assicurino il suo pa- ne ed egli potrà dare tutta la sua opera a questo nobile ministero. Che la legge stabilisca professori supplenti sia per formare una car- riera nell' arte di insegnare, sia per impedire ciò che é di sommo danno le interruzioni e perdite di tempo negli studi. Non pre- tendo che la legge tolga loro certa latitudinc,ma se. obbligasse ogni nuovo maestro a presentare alla Facoltà il proprio programma che segnali il metodo eie materie, non farebbe che mantener vivo lo spi- rito del suo piano generale de studi medici. § 106—Risposta alle obbiezioni al mio piano—1? Della scuola zoono- mica come chiave dell' insegnamento medico. Prevedo una serie di obbiezioni e difficoltà che verranno opposte al mio programma, e giova esaminarle scrupulosamente—La prima delle quali é questa ''Proponete la scuola zoonomica come P ani- lina e la chiave dell' insegnamento medico. Ma ó forse provata la "bontà de vostri principj biologici e filosofici? Una delle due: ola "vostra scuola può sola infondere un criterio teorico-pratico, o lo "può la patologia generale: nel 1" caso non può attuarsi senza es- sere prima noto e approvato il vostro sistema; nel 2° caso resta "a sapere se la patologia generalo basta, e può armonizzarsi col "vostro programma; e in tal caso la scuola zoonomica non é più nec- cessaria." Il giovine chiamato ad abbracciare colla mente la teoria e la pratica della medicina, per essere utile ed efficace nella sua arte difficile ha bisogno d'impadronirsi delle scienze mediche che la cos- tituiscono, anatomia, fisiologia, igiene, storia naturale, la patologia e la medicina pratica, e materia medica, ma sopratutto ha bisogno di una guida razionale che gli insegni P arte di osservare e di ra- gionare in medicina, che gli insegni i mutui rapporti delle varie scienze e le facea servire di luco le une alle altre, che gli presenti nel migliore ordine tanto i fatti come i principj cho possono ac- compagnarlo sia nella lettura dei libri come nell'osservazione del- la natura. Qnesta guida razionale la incontra un pò dapertutto cioè in tutte le scuole mediche a cui assiste; perché il maestro di ciascuna ha un metodo di formare e presentare e coordinare i fatti; e si sforza di partire da certi principj normali, e di mostrare i rap- porti delle cose che insegna, e della sua scienza colle altre della medicina, i rapporti della teoria colla pratica. Resta a valere se questa guida razionale é buona, se é uniforme, se fondata sulle leggi della mente e sui bisogni dell' arte; e se é meglio cho questa sìa il compito di tutti i maestri o per se arbitraria e diversa, o lo sia di una scuola espressa che però influisce sul metodo e sui principj di tutte le altre. Ma stabilito che la medicina come scienza della vi- DELLA PATOLOGIA. 293 ta ed arte di conservarla é una scienza sola di cui i varj rami sono parti che mutuamente si connettono, influiscono e dipendono, stabi- lito che questa scienza com' ogni altra fisica e naturale, consta di fatti e di principj gli uni base degli altri, che chi tratta storica e descrittivamente uno dei rami della scienza biologica, anatomia, fi- siologia, storia naturale, igiene, patologia mal potrebbe escogitare i principj generali che solamente dal concorso di tutti i rami e del ra- gionamento biologico possono dedursi; dimostrato che la patologia generale che finora si riguardò P organo filosofico della scienza e dell' arte, per erroneità di metodo e vanità di scopo non consegui né può conseguire gli intenti suddetti, né essere filosofia della vita e della medicina, rimane dimostrata la ragione di essere della scuola zoonomica,e che se non esiste e non é attuata ancora, merita di esis- tere ed attuarsi. lo non pretendo che la scuola zoonomica che propongo possa so- la infondere nei giovani un sano criterio teorico-pratico questo cri- terio ce lo infondono i maestri di anatomia, fisiologia, igiene, e spe- cialmente di patologia, di nosografia, e di clinica, benché di un modo tortuoso, incompleto, discorde, imperfetto e più per l'efficacia che dà la bontà dei maestri che quello dei metodi; se ciò non fosse P insie- me delle scuole mediche non avrebbe dato mai né potrebbe dare un buon' alunno. Però i medici di buona fede giudicheranno se le ma- terie che ho affidato alla scuola zoonomica: scienza del metodo, fi- siologia e igiene razionale, nosografia razionale, e critica nosogra- fica, storia critica della medicina, nosologia diagnostica, critica pa- tologica, patogenia induttiva e terapeutica razionale, sono o no ef- ficaci e conducenti a formare nei giovani questo criterio teorico-pra- tico, e se lo sono più che la patologia generale colla sua nosologia sistematica, etiologia, semeiottica, ecc; se queste materie sono trat- tate tutte e con eguale ordine, continuazione, aiuti, e sviluppo nelle varie scuole mediche, fisiologia, patologia, nosografia medica, chi- rurgica, e clinica; e se possono esserlo; e se più convenga che lo sia- no in una catedra sola, o nelle singole scuole senza insieme e sen- za disegno; e se finalmente sia indifferente o della più grande im- portanza che una filosofia medica fondata sul vero e uniforme pre- sieda al metodo ed andamento di tutte le scuole mediche, o che cias- cuna e ciascun maestro ne abbia una speciale e diversa e spesso contradittoria. Il mio piano di studi non presenta solo la scuola zoonomica, ma eziandio. 1° La riunione di materie affini nelle mani di un solo maes- tro. 2" La distinzione dell' insegnamento professionale dal scienti- fico, e la forma elementare da darsi a quello. 39 Una maggior par- te data all' insegnamento clinico e P esclusione delle cliniche spe- 29-1 DELL' INSEONAMENTn ciali. Ancor quando non si addotti la scuola zoonomica, e ne tenga le veci la patologia generale, i vantaggi di questi tre punti restano, e rendono eseguibile il mio programma, e forse obbligando i maes- tri di nosografia e di clinica a riformare il loro metodo, ponno compensare gli imbarazzi che cagionala patologia generale, e for- mare quel criterio teorico-pratico desiderato più che il sistema an- tico eh' io combatto. § 107—E' utile e. possibile riunire nelle mani di un solo maestro la materia di due o tre catedre!. La 2* obbiezione è questa "il vostro piano riunisce nelle mani di un solo maestro molte, e diverse, e troppe materie, e due o tre ca- tedre; e sebbene ciò convenga all' economia dei piccoli atenei, nuo- ce alla perfezione della scienza e del publico insegnamento" Ris- pondo: chi presiede agli studj universitari sembra aver avuto due scopi, la bontà dell' insegnamento professionale, e il perfezionamen- to delle singole scienze. Ora io credo che la bontà dell' insegna- mento professionale debba essere il primo scopo della legge, e che non può ottenersi con quei mezzi con cui si ottiene il secondo. In due maniere infatti s'insegna o può insegnarsi una scienza; o in una forma facile, sinnotica, elementare addattata all' intelligenza elei giovani, o in una forma più profonda più elevata più minuzio- za addattata alla intelligenza dei provetti e dei professori. Bene sta che vi sia chi coltivi una scienza in questa forma ma none bene che in questa forma s' insegni ai giovani,- o perchè mancano di co- noscenze previe,o perché debbono dare una preferente attenzione ad altri studi che hanno pella cariera dei giovani una maggiore impor- tanza perché alcune scienze sono il mezzo non il fine. 1 'anatomia p. e. o la fisiologìa insegnate in modo esteso e profondo,esige un pro- fessor solo e sommo e alcuni anni di sviluppo. Ma è egli provato che convenga insegnarle in questo modo agli alunni della medicina e della chirurgia? E' certo che insegnate in questa guisa sarebbero un peso enorme se riunite in mano di un solo tanto pel maes- tro come pei discepoli. Ma é certo egualmente che questa forma trascendentale e profonda non conviene pel bisogno dell' inse- gnamento professionale, e che perciò la forma elementare che con- viene fa che la riunione di due scienze affini non sia di peso ai ma- estri, e sia di vantaggio agli alunni. Il maestro di anatomia che entrasse in questioni trascendentali si scorderebbe che lo ascoltano studenti e non professori; e credo che gioverebbe loro assai più in- segnando prima la struttura e i rapporti del polmone, poi il gioco fisiologico di quest' organo, e perciò i suoi rapporti coli' aria ester* na e col cuore, e perciò le condizioni igieniche alla sua funzione. Addottando questa forma elementare che é la sola che conviene all' DELLA PATOLOGIA. 295 insegnamento professionale, la riunione di materie affini, che cioè hanno fra loro rapporti intimi e naturali, non solo non é di peso ma di aiuto e quasi diletto pel maestro che insegna, come pel discepolo che lo accompagna. L' anatomico che descrive minuziosamente il cuore, i grandi vasi, e ne seguita le ramificazioni nelle varie regio- ni, stanca e fastidia; ma P anatomico che insieme insegna gli usi fisiologici del cuore e dei vasi e il mecanismo della circolazione, e spiega il perché dei rapporti nervosi, della disposizione delle val- vole, dei rapporti col polmone, della struttura delle arterie delle vene e dei capillari ecc. dà un'inneffabile diletto a se stesso ed agli altri, e rende deliziosa una scieuza che nausea ed attrista. Il natu- ralista sia che studj i due regni della natura vivente come fisiolo- gico o come anatomico, sia che ne classifichi le forme e faccia la storia dei viventi, trova nelle due scienze punti di contatto che lo aiutano in luogo di stancarlo. Che il maestro di nosografia lo sia anche di clinica (rispettivamente medica o chirurgica) é di un vero vantaggio all' insegnamento, di aiuto e non di peso purché addotti la forma indicata. Egli come nosografo non é chiamato a leggere meno ancora a dettare un accurato repertorio per emulare il merito di un Borseri, di un Frank, di un Copland, di un Valcix. di un Cooper, di un Monteggia, ma esporre le sue vedute nosologiche sul- le differenze essenziali delle malattie, fissare i principali tipi cli- nici, le forme e variazioni che occorrono nella pratica, i caratteri diagnostici che gli sono proprj, le vedute patogeniche e terapeuti- che più sensate, i materiali nosografìci da scegliersi e da evitarsi, Se pertanto vuol'essere utile,egli è sendo patologo ed avendo crite- rio pratico,e adoperando un metodo critico e sinnotico non prolisso e rigidamente descrittivo, che allora stancherebbe in luogo di guida- re utilmente i giovani a impossessarsi della patologia speciale. Ora a chi intende in questa guisa la nosografia non pesa riunita alla clinica nelle mani di un solo maestro, perché é quivi dove verifica e dove applica le dottrine pratiche che ha esposto dalla catedra. E questa unione giova agli alunni [l]che vedono l'accordo fra la teo- ria e la pratica, fra i principj di nosografia razionale, e P appli- cazione loro alla diagnosi e cura delle singole malattie: come nuo- cerebbe che i due maestri di nosografia e di clinica avessero diver- se vedute patologiche, nosologiche, e terapeutiche, ed uno gli par- (1) Il mio sommo e celebre maestro Pr. Giacomo Tommasini di Parma era maes- tro di clinica medica insieme e di patologia speciale^Tutti i giorni assisteva alla clinica e in giorni alterni insegnava la patologia speciale, o dava intraten'nnenti clini- ci nell' aula dell' ospitale. E' incredibile come un uomo che era insieme Protomedico e consultore di tutta la medica Italia, trovasse facile e rendesse gratissima ed utile Pnione di queste due scuole; e quanto utile fosse agli alunni questa continuazione e questa unione di materie affini in mano di un :olo maestro. 296 DELL' INSEGNAMENTO lasse dì morbi dei quali P altro non mai gli mostra esempi; perché ciò produrrebbe confusione e dubii e indecisione o sul valor teori- co o sul valor pratico delle cose che imparono; inconveniente leg- giero al provetto che già formò un criterio medico, ma gravissimo al alunno che lo sta formando. Pertanto se é vero che il coltivare una sola scienza divisa fino a certo punto dalle altre affini giova a perfezionarla, non é vero che cosi trattata giovi per insegnarla: e se perciò deve trattarsi in mo- do elementare e sinnotico non diffuso e analitico, é chiaro che trattare insieme materie affini, non é di vero peso al maestro, an- zi di aiuto.e di sommo vantaggio poi egli alunni|,sia perché studiano riunite cose che riunite si prestano mutua luce, sia perché evitano la confusione che può nascere dalla diversa filosofia e metodo de sin- goli maestri. Una ultima riflessione: so al maestro di anatomia gli date eziandio le scuole di fisiologia e d'igiene privata, egli sarà per forza breve, sinnottico, ordinato, e terrà un metodo elementare quale conviene alla natura e allo scopo dell' insegnamento scolas- tico e professionale. Se queste materie le aflidatc a tre distinti ma- estri di un biennio ciascuno, e ciascuno crede far meglio quanto più da alla sua scuola una forma grandiosa e scientifica con ricerche trascendentali e profonde, divisioni e suddivisioni, esperimenti mi- nuziosi,dispute di erudizione, ecc. più figura allora un gran profes- sore,più serve a uno scopo scientifico elevato,e più si allontana dallo scopo dell' insegnamento professionale, meno é utile ai giovani che restano come oppressi e imbarazzati da tanta materia e da tante questioni proprie più da professori che da discepoli, e delle quali non vedono una diretta e neccessaria applicazione a ciò che costitu- isce la loro cariera medica o chirurgica. Concludiamo: P attuale divisione delle materie e catedre naque forse da due principj veri in parte ma ad ogni modo male applicati: il principio che la divisione del lavoro e la specialità degli studi conduce a perfezionare le singole scienze. Il principio che un' Ate- neo deve essere un santuario del sapere, e dove si coltivano e dove s' insegnano il più possibilmente perfette le singole scienze. Ora se il V- principio é vero per le arti non lo é per le scienze, alle quali V assoziazione degli studi affini conviene sia per la formazione dei principj sintetici, sia per P efficacia dell' insegnamento sinnottico e professionale. Quanto al 2.° P instituzione universitaria può ave- ne due scopi cioè la perfezione delle scienze e P insegnamento pro- fessionale. Ma ai due scopi debbono corrispondere duo serie di mez- zi cioè due sistemi particolari e diversi: quindi la forma scientifica e sublime atta a formar professori è un peso soverchio agli alunni e fion soddisfa i veri bisogni dell' insegnamento professionale. DELLA PATOLOGIA. 29i g X08—E' utile e logico o no escludere da questo piano di studi me- dici molta materia, e le scuole cosi dette di perfeziona- mento"! Le cose dette mi guidano ad esaminare la 351 obbiezione— "Il vostro piano esclude le scuole cosi dette di perfezionamento "che sono l'orgoglio delle più ricche e completo università,fisiologia "sperimentale, anatomia microscopica, la metodologia, la storia "della medicina, Pocculistica,la clinica sifilitica, cutanea, delle ma- lattie mentali, l'anatomia delle regioni, l'anatomia patologica." A questa io rispondo che spesso il meglio é nemico del buono, e che prima di pensare alle scuole di perfezionamento il legislatore de- ve fissare le condizioni che deve avere ogni Ateneo modico per- ché qualunque medico dirò coli' illustre Mamiani, possa diventare perito quanto bisogna r>.ella professione a cui tende. Mi gioverà dun- que dimostrare 1. ° Che il piano da me proposto ha le condizio- ni di buon' insegnamento, sufficiente, efficace senza tante catedrc e cliniche speciali, e suddivisioni di materie. 2.° Che abbraccia molte materie comprese nelle catedre dette di lusso, però dispos- te e trattate con miglior' ordine. 3. ° Che il sistema utile per for- mar specialisti e professori, é nocivo per formar buoni medici e chirurghi, né può rendere spedito, facile, solido il medico e profes- sionale insegnamento. Ho detto che l'insegnamento universitario é utile anzi necces- sario alle menti non per le cose che insegna ma perché guida e indirizza a studiare e forma nei giovani uu retto criterio. Ciò pos- to riesce quasi evidente che se la moltiplicità delle materie non é presentata alla mente con buon' ordine e gradazione, serve piutos- to d'imbarazzo che dì solido alimento. La scienza ho detto al- trove é studio di rapporti o degli oggetti o dei fenomeni o defit- ti; e cosi quanto riesce grato facile efficace lo studio di una scien- za quando studiamo i rapporti naturali de suoi oggetti, altretan- to ingrato difficile sterile ci riesce quando guidati da un metodo artificiale e falso dobbiamo prescindere da questi rapporti mede- simi. Nel mio piano il maestro di anatomia, fisiologia ecc. non in- scena tutta la anatomia e fisiologia possibile, ma quella che é nec- cessaria per vedere i suoi rapporti colla fisiologia e colla patolo- gia; il resto lo apprenderà poi (se medico o se specialista) da se medesimo a misura de suoi bisogni; C03Ì si dica di tutte le altre. Nel mio piano lo studio della patologia e della pratica sovrasta agli altri, ed è questo appunto i'cssenziale studio del medico per tutta la sua vita: ora é giusto e buono che le scienze subalterne in importanza pratica e sociale, lo siano ancora nelP insegnameli- 298 DELL' INSEGNAMENTO to. Un giovine sarà tanto miglior medico e chirurgo quanto darà più attenzione alla patologia ed alla pratica, e meno alla fisiologia trascendentale, alla storia naturale, all' igiene metodica, alla ana- tomia microscopica, alla letteratura medica, alla medicina lega- le. Il mio piano ha il vantaggio di togliere ai giovani o rispar- miare molto peso inutile o nella sostanza o nel metodo, e render grato ciò che è o sembra diffìcile. Infatti un lungo corso di mi- neralogia é affatto stucchevole e pesante; e credo che si può es- sere eccellenti medici e chirurghi senza essere profondi fisici o chi- mici o mineralogi, o senza esserlo stati. Associato un corso ele- mentare di botanica e di zoologia è di grato e facile studio, ed age- vola lo studio dell' anatomia, e fisiologia umana. Associato un cor- so elementare di anatomia, fisiologia, ed igiene, é di grato e facile studio perché mostra i rapporti naturali dei fatti, sopprime il cor- so pesante dell' igiene metodica, ed apre il cammino all' etiologia. Colla scuola zoonomica si sopprime lo studio sterile e pesante della patologia generale, riducendo certe cose di essa a un piccolo manuale in maio del maestro di clinica; si vedono i rapporti del- la patologia e della pratica; la materia medica lasciando ad essa le dispute teoriche é mera storia naturale dei rimedi. Studiare unite le due cliniche non pesa né stanca anzi aiuta perché si stu- diano al tempo istesso due forme della stessa scienza o della pa- tologia. Ho detto che nel mio piano si trattano molte materie com- prese nelle catedre dette di lusso, però che si trattano con ordine migliore. Infatti la metodologia, o filosofia medica, o scienza del metodo si riguarda da alcuni come catedra di lusso e di perfezio- namento. Or bene ola metodologia è un trattato di logica gencra- le,un'insieme di principi vaghi ed astratti senza legame e senza ap- plicazione precisa alle cose mediche, e allora non so che reale vantaggio ne riporti la scienza e l'arte, e che complemento faccia agli studi medici di certi Atenei. 0 la scienza del metodo é la lo- gica applicata alle cose mediche, Parte di osservare e di ragiona- re in medicina, di formaue i fatti e i principj e verificargli, ò in- somma un' insieme di principj normali ben' ordinati; essa é allora la base e la chiave della scienza e dell' arte come sembrami d> di- mostrarlo colla presente opera: e allora nessun' insegnamento me- dico, nessun' Ateneo può mancarne; e il mio programma applicabile a tutti non ne manca del certo, perché su questa base riposa la scuo- la zoonomica. E non é un trattato isolato,ed aggiunto ad altri cor- si come per riempire un vuoto o darlo al professore che ha meno da fare,come so che si fa in certi Atenei,rna é dialetticamente con- nesso a tutta la fisiologia e patologia razionale, come quello che DELLA PATOLOGIA. 299 le da l'impulso e le serve di guida, e ne traccia il disegno, il me: todo, lo scopo, e l'applicazione. La storia della medicina s'inse- gna in alcuni Atenei, e si propone come catedra complementaria. Ora essa può insegnarsi in una forma diffusa cronologica e per cosi dir materiale, ed in una forma critica e sinnottica. Una sto- ria critica della medicina come può occupar poche pagine cosi può rapidamente trattarsi [e la compresi infatti e già ne diedi un saggio] nella scuola zoonomica chiamata a giudicare i sistemi e le scuole come i fatti e i principj della scienza: e questa forma é cento volte più utile di una storia dettagliata, cronologica, e minu- ziosa che venisse trattata espressamente in un lungo corso. Dirò anzi che la prima forma é strettamente neccessaria per mostra- re la origine e la concatenazione e la mutua influenza delle medi- che conoscenze e dei rami diversi del sapere sulla medicina, e per giudicare le dottrine mediche: la seconda giova più al letterato cho al medico che ben può studiarla poi da se stesso nei libri. Lo stesso si dica della morale medica che p'-ó brevemente trattarsi dal maestro di zoonomia (e lo proposi alla Facoltà medica di Lima nel 1857). E questa deve aver luogo in ogni ben' ordinato Ate- neo accioché il giovine conosca i doveri che assume rispetto alla scienza e rispetto alla società, e comprenda la dignità e l'impor- tanza del suo ministero. Rispetto all' anatomia microscopica e pa- tologica io credo che non possa giammai formare una catedra se- parata ed autonoma, ed essere obbligatoria per l'insegnamento professionale. L'anatomia s'insegna e può insegnarsi in varie for- me e con diversi scopi: anatomia descrittiva, generale, microsco- pica, patologica, e delle ragioni; ma in tutti i casi 6 accessorio di un' altra scienza. Come descrittiva é la base della fisiologia, co- me generale e microscopica o comparata, o serve alla fisiologia sperimentale e filosofica o serve alla patogenia dei morbi, l'ana- tomia delle regioni serve alla chirurgia. Or bene nel mio piano l'anatomia descrittiva s'insegna unita alla fisiologia, l'anatomia patologica s'insegna unita alla clinica medica e chirurgica,l'anato- mia delle regioni s'insegna dal maestro di chirurgia. Una anato- mia generale e microscopica ancella della biologia e della patoge- nia appartiene a corsi di vero perfezionamento scientifico, non neccessari all' educazione professionale. § 109. E' utile o nocivo e sopra tutto logico escludere da un buon piano di studi medici le cosi dette cliniche speciali? Rimane ora ad esaminare la questione se le cliniche speciali oculistica, cutanea, sifillitica, morbi mentali, siano utili e neccessa- rie, e se convenga obbligarvi i giovani a titolo di perfezionamen- to. La supposta utilità di tante cliniche è fondata sul principio 300 DELL' INSEGNAMENTO che la*divisione del lavoro conduce alla sua perfezione, e che chi coltivami solo ramo di scienza o di arte vi riesco meglio e meglio lo insegna. Questo principio ha una parìe di vero, però non é tutto vero, ed esaminandolo attentamente si vedrà che se ne fece una applicazione inconsiderata all'insegnamento, e che decipimnr specie recti. Dissi altrove die la divisione del lavoro utile al per- fezionamento delie arti, non lo era a quello delle scienze; perché siccome una scienza é studio di rapporti, la sua efficacia é fonda- ta non sulla divisione ma sulla associazione degli studi. E con molta ragione ha detto Chomel [1]: On doit reconnaitre que dans "aucun cas, l'etude particuliere ci' un groupe de maladies n' à eté "profìtable a la sciame qu? antant queceux qui se sont voués a ce "genie de travail ont possedè des amnaissances approfondies dans "Ics autres* branches de la pathologie. Les organes ne s'isolent "point dans leurs souffrances, et les maladies ne peuvent pas etre "isoleés dans lem- etude" Dal che risulta che se vi fosse un patologo cho imprendesse a studiare le malattie degli occhi, della mente, della pelle ecc. indi- pendentemente dallo studio della patologia razionale e della no- sografia universale sarebbe tanto insensato come colui che volesse trattar bene dell' architettura navale senza i principj generali della fisica e della meccanica. Deve dunque ammettersi come in- contrastabile che coloro che hanno coltivato con successo alcuna specialità, oculistica p. e. sifillografi.-» ecc. non P hanno studiata divisane isolatamente, ma hanno dovuto studiarla in relazione a tuttala scienza patologica; e che si sbaglierebbe a partito chi credesse poter insegnare e imparare queste cliniche speciali d' un modo isolato, e senza associarvi lo studio delle altre forme o par- ti della patologia. Queste specialità hanno, o suppongono, o debbo- no avere due parti, la parte nosografica che stabilisce le differen- ti formo e la natura delle malattie che studia, e la parte clinica che insegna il modo di conoscerle in pratica e addattarvi i mez- zi di cura. Or bone tanto l'una come l'altra hanno bisogno della patologia razionale senza di cui si corre il rischio che lo specia- lista formi un' esercito di malattie e differenze essenziali che con sono spesso che varietà insignificanti, e porti nelle inenti dei gio- vani un' inutile ricchezza di nomi, e una vera confusione d' idee. Anzi dirò che l'abuso dell'analisi é quasi una conseguenza natu- rale di chi studia una specialità qualunque; e che é tanto contra- rio al vero e al vantaggio della pratica ammettere una oftalmia sola come ammetterne G0 forme se per la forza dei migliori criterj fosse provato che non ne esistono che lo. E dirò finalmente che la [1] Patholog. gener- eh. I. DELLA PATOLOGIA 301 patogenia delle malattie speciali non può aver luogo senza l'uni- versa patologia, e che senza di quella patogenia, lo specialista ri- marebbe nei limiti di un macchinale empirismo. E' dunque certo che le specialità più ricevono dalla patologia filosofica e pratica di quello che le dr.nno, e che studiate sole o dal lato nosografico o dal lato clinico si rischia che trascorrano o in una nosologia er- ronea per abuso d' analisi, o in un macchinale empirismo per man- canza di filosofia medica e di studii patologici comparati. Ammesse queste condizioni della parte patologica, nessuno ne- gherà i vantaggi della parte clinica di una specialità qualunque, perché se un fatto ben studiato vale più che dieci studiati male, dieci fatti studiati bene valgono più che uno o due studiati bene egualmente; perciò é d'innegabile vantaggio tenere alla vista mol- ti modelli, esercitare i sensi e la mente nelle diagnosi le più de- licate e addestrarsi nei più difficili sperimenti della medicina e chirurgia. Su questa verità é fondato il consiglio di divide- re l'esercizio della medicina e della chirurgia, e l'opinione dei medici pensatori che il promiscuo esercizio di entrambe nuoce al rispettivo perfezionamento delle due arti. Forse da questo princi- pio deriva l'idea di studiare specialmente certi gruppi di malat- tie e farne l'oggetto di tante cliniche speciali, supponendo più at- to a conoscerle ed insegnarle chi le studia esclusivamente. Pure questo sistema non è cosi vero, né utile, né praticabile come sem- bra a primo aspetto. Che in vero già dimostrai che scientificamen- te parlando é assurda la pretensione e la pratica di studiare un ramo qualunque di patologia diviso dagli altri rami, o par- ti, o forme della scienza, e coltivarne la parte clinica senza l'influenza buona o no della parte nosografica. E professionalmen- te parlando non possono accettarsi né preferirsi come specialità cliniche neccessarie le indicate di sopra perché non le trovo gius- tificate né dalla scienza né dalla loro importanza sociale. Per quale ragione infatti scientifica o sociale l'oculistica, la patologia cutanea, sifilitica, dei morbi mentali formano cliniche speciali? 0 perché i morbi suddetti siano più frequenti opiù fatali, o di più difficile diagnosi, o perché esigono speciali e più diffìcili mezzi d'investigazione diagnostica, o specialità ed analogia di mezzi terapeutici? Ma se é bello il conservare il caro lume degli occhi più ideilo é ancora il salvar la vita; e la tisi che miete il quinto dei viventi, e le febbri continue, e le perniciose, e le flemmassie co- si frequenti e cosi spesso mortali dovrebbero con preferenza stu- diarsi più dei morbi degli occhi, della pelle, della mente, e dei ve- nerei. O forse il diagnostico delle suddette malattie ó più difficile ed esige mezzi speciali? Però e chi non sa che le cardiopatie, la 802 DELL' INSEGNAMENTO tisi incipiente, le flemmassie stesse, e le febbri, e le malattie ner-> vose, in generale le malattie interne sono di più difficile diagnosi che le malattie degli occhi,e della pelle? Chi non sa che in tutte ab- biamo per guida gli stessi criterj diagnostici, cause, sintomi, effetti dei morbi, effetti dei rimedi? Che in tutte non basta sapere la sede come nelle malattie degli occhi e della pelle, né la forma come nelle malattie mentali, né ia causa remota come nelle malattie si- fillitiche; ma che in tutte le malattie mediche e chirurgiche, es^ terne interne abbisogniamo conoscerne la causa prossima? Che perciò sono le cause prossime che ne dettano speciali e relativi mezzi di cura, non le divisioni suddette in morbi d' occhi, cu- tanei ecc. Ammessa la verità di questi argomenti si domanda: le suddette cliniche speciali sono neccessarie all' insegnamento professionale? E' utile che entrino in un buon piano di studi medici a titolo di perfezionamento? E' utile obbligare i giovani a studiarle? Rispon- do risolutamente che no, e mi compiaccio essere d' accordo coli' illustre Facoltà medica di Parigi. Ignoro le ragioni che ne ha dato; ecco intanto le mie: 1° Coltivare con ispecialità queste se- rie nosologiche é tacitamente supporre o che esse abbiano più im- portanza sociale per essere più frequenti e più gravi, o specialità e maggiori difficoltà di mezzi diagnostici e terapeutici; il che è fal- so e conduce a prestare minore importanza e minore studio alle altre malattie mediche e chirurgiche certamente più importanti e più difficili a conoscersi ed a curarsi. 2° Nella pratica medica e chirurgica sono sicuramente più rare le malattie degli occhi, della mente, della pelle,e le sifillitiohe.che le altre. Ora si comprende che un medico per convenienza propria o predilezione si consacri a una delle dette specialità, come eziandio ai parti,alle fratture, alle ernie ecc. ma non si comprende che la legge che rappresenta la tu- tela degli interessi sociali, obblighi ad essere specialista in cose cho sono meno gravi, e meno violento e frequenti,a scapito sicuramente di ciò che ha maggiore importanza sociale. 3° Se si vuole essere conseguenti al principio che a perfezionarsi nella pratica si deve stabilire molte cliniche speciali, si dovrà instituiie almeno trenta cliniche speciali; e allora?......4" Ma supponendo che non si vo- glia questa torre di Babele, e quest' esercito di maestri specialis- ti, e si voglia insistere nelle sole indicate, non é facile pure evi- tare una confusione babelica nel medico insegnamento. Infatti ogni clinico specialista o darà eziandio un corso di nosografia relativa o non lo darà. Se lo darà sarà d' uopo che i maestri di nosografia medica e chirurgica facciano un' amputazione ai loro corsi delle malattie cutanee, sifillitiche, degli occhi, ecc. ciò che DELLA PATOLOGIA 303 torna loro a danno scientifico, a disdoro, a ridicolo inceppa- mento. Se non lo darà sarà sommamente possibile e probabile che il maestro di nosografia medica e chirurgica insegni una cosa, e i maestri specialisti ne insegnino un' altra. E allora dov' è il profitto degli studi speciali? chi salva i giovani dai dubj e dall' indecisione? 5° Ma anche quando il maestro di nosografia non facesse amputa- zioni, e vi fosse armonia fra la nosografia e la clinica degli specia- listi, sarebbe vero pur sempre che i maestri di clinica medica e chi- rurgica dovrebbero sopprimere di studiare i morbi che si studiano nelle cliniche speciali, perchè il farlo é superfluo, e gli espone a indebiti confronti. Ora qual' é il maestro di medicina pratica e di chirurgia che non si sentisse avvilito ed offeso dal dover ('scindere dalle sue lezioni, parti cosi considerevoli della pratica medica e chirurgica? 6° Finalmente ogni maestro di clinica ha il suo modo di vedere in patologia, il suo modo di formar la diagnosi, di classi- ficar le malattie, e di curarle. Perciò se è già un vantaggio che chi insegna la nosografia medica insegni del pari la clinica, é un vero danno per P alunno P avere cinque o sei maestri di clinica, perché inetto ancora a giudicare la bontà dei metodi finisce por far nella sua mente una vera confusione in cui naufraga ogni sua fede. Per tutte queste ragioni adunque io considero come mia vera enormità P idea di obbligare i giovani a tante cliniche speciali. § 110—In guai modo si può addai lare in alcune Universil ài' in- segnamento'trascendentale di certe scienze senza che noe- eia al professionale. Queste riflessioni erano neccessarie per determinare lo'scopo, i mezzi, e le condizioni dell' insegnamento professionale, e indicare le materie che in luogo di perfezionarlo lo imbrogliano e lo con- fondono, e perciò i limiti, quos ultra, citra nescitconsistere rectum: però non tendono a sopprimere affatto certe scuole di perfeziona- mento scientifico. Perché ammesso che l'Università degli studj può e deve avere due scopi P insegnamanto professionale e il scientifi- co, P uno per far dei buoni medici e chirurghi. P altro per far dei maestri; ammesso che a coltivare certe scienze di un modo profon- do e sperimentale sono neccessari certi mezzi e comodi che un pri- vato non potrebbe aver mai; che il coltivare in modo profondo una scienza serve mirabilmente al maestro anche quando egli debba poi in modo sinnottico ed elementare insegnarla; clic se nuoce in- segnaila in forma scientifica pello scopo professionale, cosi nuoce Coltivarla e insegnarla in forma elementare per. lo scopo scientifi- co, ne conseguita che in alcune Università, antiche e primarie sedi del sapere Italiano, ricche di sapienti e di mezzi, potrebbero inse- 304 DELL' INSEGNAMENTO gnarsi da uomini speciali l'anatomia comparata, la chimica or- ganica, la anatomia microscopica applicata alla biologia ed alla patogenia, la fisiologia sperimentale, la tossicologia, le sudette cli- niche speciali, ed altre nuove di forse maggiore importanza, eia storia cronologica e critica insieme della medicina,e forse anche la estesa e profonda nosografia. Però queste scuole di un' insegnamen- to scientifico ed elevato siano libere e non obbligatorie e affatto disgiunte dal piano delle scuole professionali obbligatorie e indis- pensabili in qualunque ben' ordinato sebbene piccolo Ateneo. Per- ché se tutte&i volessero obbligatorie pei studenti di medicina e chi- rurgia, e la legge si proponesse ottenere i due scopi scientifico e professionale, probabilmente non ottcrebbe né P uno né l'altro. [1] § 111—Perché cinque anni, e sei per la doppia laurea bastano nel piano proposto— Cenno sull' esercizio simultaneo delle due arti. Concludo col rispondere all' ultima obbiezione 4. p "Il tempo "che proponete di cinque anni, e sei per le due lauree, é troppo po- "co. V é una ragone pratica che quasi mi assolve dall' esaminar questo punto: la Inghilterra, la Germania, la Francia ottengono dei buoni medici e chirurghi in quattro o cinque anni. Ora forse che la mente dell' Italiano é più tarda al comprendere, meno avida di sapere quando fu detto che "la pianta uomo cresce in Italia più "vigorosa che altrove?" Ciò mi fa credere che se sei,sette, e perfino otto anni furono creduti neccessari per fare un medico e chirurgo perfetto, egli é perché il piano degli studi medici era sbagliato; per- ché secondo io leggo in uno scritto dell' egregio Griffini nemme- no cogli otto anni di studi si ottiene la perfezione che si propone la legge. Questo risultato non mi sorprende, perché occupate il gio- vine in corsi molto diffusi di chimica, mineralogia, anatomia, e fi- siologia, poi la igiene metodica, poi la pesante patologia generale, poi lo introducete al 4. ° anno nelle cliniche medica e chirurgica e un corso prolisso di materia medica, ostetricia, e medicina legale, poi una folla di cliniche speciali,e divisa la nosografia dalla clinica. Qual meraviglia se un'insegnamento cosi complicato e discorde, su- periore all' attitudine degli alunni, generi confusione ed una indi- gestione intellettuale, e stenti a formarsi nei giovani il criterio teorico-pratico che pure é lo scopo dell' insegnamento universita- rio? Non mi par dunque esagerato affermare che più si ottiene in [1] Il Collegio Medico—Chirurgico di Napoli distinto dall'Università e con 21 catedre, forse é uno dei primi osempj dtl modo con cui àdeve distinguere la l'orina scientifica dalla professionale del publico insegnamento, e fa onore a questo gran centro dell' Italia meridionale. DELLA PATOLOGIA. 305 cinque anni col sistema che propongo che in dicci col sistema che combatto pegli ostacoli tolti di molta materia soppressa, peli' aiuto proposto degli studj associati, e della forma elementare, e polla maggior parte data alla patologia ed alla pratica. Vi sono altre considerazioni che debbono indurrò il legislatore a diminuire il tempo dol medico tirocinio 1" Se noi primi anni i giovani sono poco occupati, sono esposti ai pericoli delle giovanili dissipazioni, e alle conseguenze dell' ozio 2,J Se nei primi anni non vedono i rapporti dei loro studi colla pratica, applicazione, e nei consecutivi sono oppressi da troppa e troppo lunga ed astrusa ma- teria, sono tentati a stancarsi, e a lasciar la carriera intrapresa con danno proprio e quello delle loro famiglie. 8" Il possibile rispar- mio di un anno o due è ini' economia considerevole per le famiglie tanto pel lucro cessante come pel danno emergente, riflessione gravissima se si considera che comunemente né i nobili né i riechi (che piutosto si dedicano alle scienze legali od economiche) fre- quentano il tempio di Esculapio, ma é bensì la classe media piutos- to vicina alla povertà che alla ricchezza. 4P Questo vantaggio tor- na in protezione delia professione medica e perciò della società cui giova che i modici non iscarseggino mai, se évero clic la vita e la salute dei cittadini é la prima ricchezza dello stato. E giova qui toccare della doppia laurea che non solo 6 permes- sa ma proscritta in certi Atenei. S'io fossi legislatore obbligherei alla doppia laurea tutti i medici militari, navali,e dell'-1 condotte ru- rali o dei piccoli paesi, e non permetterei l'esercizio misto della me- dicina e della chirurgia nelle citcà gr.indi o mediocri. La prima misura é dettata dalla neccessità, quella che ci fa desiderare che anche i parochi abbiano alcuna idea dell' arte medica. La se- conda misura é dettata- dall'idea di avere medici o chirurghi più eminenti e perfetti, che non possono esserlo certamente quando esercitano insieme le duo arti. La legge può combattere cosi il mediocrismo e condurre all'eccellenza delle duo arti senza offen- dere il principio della liberta, perché chi sisentB chiamato più ad una ohe ad un' altra é libero di optare, o anche cercare dove eser* citare le due professioni. § 112—Delle prove academiche ed esami verbali e scritti—cenno sulle matricole. La legge dee volere che i giovani siano assidui alle scuole,e pro- fittino e si formino abili medici, e chirurghi, o farmacisti. Per otte- ner questi intenti impiega o può impiegare mezzi diretti o indiret- ti; ma èqui il luogo di dire col Filangeri: che quando la legge usa mezzi indiretti gli uomini vanno dirittamente, viceversa vanno 39 306 DELL' INSEGNAMENTO stortamente e a ritroso quando impiega mezzi diretti. I mezzi di- retti son le matricolo da firmarsi rigorosamente ogni mese, gli appelli, i castighi;! mozzi indiretti sono due, l'eccellenza dell' insc- o-n,imento,e gli esumi a fine doli'anno, lo sono decisamente contra- rio ai primi,perché mi pare che abbia qualche cosa d'umiliante e d' inutile questa catena di certificati che si chiama matricola. Perché se P insegnamento é buono, i giovani sono assidui senza bisogno dell' apollo e del certificato^ se é pedantesco e stucchevole, il maes- tro ha torto di lagnarsi se i giovani dormono, odi esigere che ven- gano a sentirlo; mi pare anzi bene chesi accorga che il suo inse- gnamento non é buono,o non ha ancor trovato l'arte di renderlo in- terressante. La mancanza di assiduità può venire da capriccio e da ingiusta antipatia dei giovani, oda prigrizia? Ebbene la legge pone nelle mani del maestro un mezzo molto potente: che egli sia l'esaminatore ed il giudice nato del profìtto degli alunni alla fine dell' anno academico. Questa idea é più che sufficiente per im- pegnare i giovani a studiare, a coltivare l'amicizia dei maestri ed entrare nelle loro idee e vedute, e perfino sofrirne alcuni difetti, perché già piti non sono ragazzi. Disaprovo quindi l'idea di far- gli esaminare da persone diverse dei maestri, e che perciò ignora- no il carattere, l'assiduità, e la condotta degli studenti. Che gli esa- mi siano rigorosi perché é questa la sola garanzia che ha la società verso i cultori di arti cosi delicate e difficili; che siano tutti publici per garanzia dei maestri, degli alunni, e della società; che siano parte scritti, perché taluno che per timidità può figurar ma- le dimostri quello cho è quando ha tempo di orizzontarsi. Disa- provo altamente l'uso addottato in qualche Ateneo di obbligare il giovine a stampare una tesi, quando ciò si fa in modo in cui può benissimo farsi aiutare da altri. Questa publicazione può essere ed è spesso una comedia in cui brilla un giovine mediocre col la- voro di un talento 'anoninio, comedia non degna di una corporazio- ne seria, solo perché la tesi può essere dubitata d'altri, e perciò non misura di ciò che il giovine vale. Vorrei invece che si ob- bligasse un laure indo a fare una tesi estratta a sorto, e a publicar- la però con le cautele atte a provare che egli ne é l'autore. Ques- ta publicazione obbligatoria sarebbe una misura reale del profit- to che ha fitto, ed uno stimolo potente a studiare durante tutto il corso, perché duraturo testimonio della sua fama o ignominia. Vorrei fossero gratuiti sia pel decoro del corpo che insegna ed esa- mina, sia pel comodo degli studenti,e per rispetto ad una professio- ne essenzialmente umanitaria com' é la medicina. Vorrei finalmen- te che non fossero ripetuti,perché non mi par logico obbligare i gio- vani agli esami generali a fine del corso sopra materie di cui già DELLA PATOLOGIA. 30Ì hanno dato le prove; perché gli obbliga ad uno studio violento, superficiale (e in cui gioca più la memoria che il giudizio) capace di confondere qualunque cervello; e ciò quando o le materie han- no un' importanza secondaria, o ad ogni modo già a tuo tempo hanno mostrato d'averle studiate. (1) § 113. Convenienza di abolire ogni tassa sui gradi academici e sull' esercizio delle due professioni. V é una cosa «richiesta non solo dalla libertà, estensione, effi- cacia del medico insegnamento, ma dalla giustizia e convenienza sociale, o dalla natura stessa dei doveri e dei servigi che la socie- tà esige e riceve dall'arte m-'dica; ed é l'insegnamento gratuito, accessibile ad ogni fortuna. 11 perché confido che ora che si apre all' Italia una nuova era di libertà e di giustizia, di prosperità e di progresso, e in cui il nuovo sviluppo dell' agricoltura, delle arti, del commercio, della marina, de lavori publici, della politica, delle armi, tende ad allontanare i giovani dall' austera e modesta carriera degli studi medici; e in cui un Governo libero, saggio, e patriota cercherà diffondere i benefizi dell' arte medica in ogni an- golo dello stato, i Legislatori della mia patria avranno presenti i forti motivi per proteggere quest' arte difficile e benemerita, e che la protezione cominci dal tirocinio universitario. Singolare conti-adizione! non gli uomini distinti per nascita o per fortuna amano passare i più ridenti anni della vita nelle sozzure di un teatro anatomico, negli ardui studi della filosofia naturale, e nelle tristi sale del dolore, e accorrere al soccorso dell' umanità languente fra i terrori e i pericoli di una epidemia con- tagiosa, o sui campi di battaglia, o nelle navi di^ guerra, o nei più inmondi quartieri di una città, o nei più solitarj e poveri abituri di un villaggio, fra i disagi delle intemperie e delle distanze, le (1) Questa misura é ancor più assurda ed ingiusta quando si passa ad esa- me un medico o chirurgo straniero per riconoscere la sua idoneità; perché é natu- rale che dopo molti anni sia principalmente ver-ato mila patologia e mila ] ratna che infiu dei conti é dove convieni'sapere sesia idoneo. Questa m>ura vessatoria e il pagamento di u.ia somma, sp-s-o considerevole, danno all'esame dillo straniero il ca- rattere di un'ostacolo e di un mezzo di protezione della profWs'one indigena che e contrario allo spirito cosmopolita d Ila nostra arte divina. Gmtoéche per pr. cauzio- ne s i esamini se chi porta un diploma ne é degno o gli appartiene realmente, imi non e ginstoche il vero medico sia indirettamente recinto, egli che sacerdote dell umanità e della scienza none straniero in alcuna parte d sia- no ministri dell' arte, esige l'abnegazione l'eroismo del soldato, morali!;! a tutta prova, disinteresse, carità, giustizia, circospezio- ne, dolcezza di modi, coltura; e che lo ore del cibo del sonno per- fino dello studio loro non appartengano. Ad essi chiede consiglio aiuto un popolo un governo fra i terrori di una peste: e l'esem- pio di Serse che chiede un medico alla piccola ma dotta Grecia, che supplica il gran Vecchio di Coo,si rinnova tutti i giorni in for- me diverse. Là un Napoleone che consulta questi figli del popolo sul crup, la un Congresso internazionale gli consulta sulle qua- rantene e sui rapporti sai«itnrj;altrovc un saggio Governo gli con- sulta sulle cause della malaria. Ad essi ricorre il legislatore e il magistrato o nelle gravi questioni di publica igiene e di giuris- prudenza modica; ad essi chiede affannosa tremante una madre lavila del figlio, e cosi una mesta famiglia se un fiero morbo mi- naccia il su > capo: e se Quel Grande che personifica P Italia unita, il valore e la lealtà sul trono, o l'Eroe che arrota ora in silenzio la maravigliosi spada che sguainò in Marsala,cadessero pericolosa- mente infermi, l'attenzione di tutta Italia, di tutta Europa pende- rebbe palpitante dal labbro dei medici, e ogniiiuo allora sentirebbe quanto il loro genio e sapere importa agli stessi destini di un popolo. Ebbene la società che tanto aspetta che tanto esige dalla pro- fessione medica, che co°a fa in suo vantaggio? Strane e tristi ineouseguenze! Essa impianta a grandi spese gli studi medici, ne affida l'insegnamento al solo merito, lo circonda di prestigio e di onore, stabilisco il rigore delle prove academiche perché il solo me- rito vesta le insegne di Esculapio: eppure esige una condizione che non é merito, e impone tasse universitarie sovente fortissime, peso ai più, esclusione dura al libero genio del povero, genio cho noi dà la legge, né la ricchezza, ma Dio! Essa esige che l'arte medica sia un ministero di carità e di virtù, una carriera di sacrifùj, una specie di sacerdozio; sempre la disprezza quando assume il enrat- DELLA PATOLOGIA 309 tcre di un'industria comune; eppure impone spesso la tariffa al suo esercizio come se lo fosse! Essa riguarda la salute publica co- me un' interesse altamente sociale, onora gli uomini che studiano la scienza della vita, e praticano l'arte di conservarla; pure men- tre tutti gP interessi sociali sono rappresentati nei consigli della nazione, la sola che non lo è é la medicina! [1] §11-1 Conclusione relativa all' Insegnamento Universitario. Riassumiamo: lo scopo supremo dell' Instituzione Universitaria é Piusegnamento professionale, un' altro ne é il perfezionamento scientifico. Il primo deve otte icrsi in tutti gli Atenei;il secondo in alcuni; il primo ò ordinato a formare buoni medici e chirurghi, il secondo dei professori ^ specialisti profondi in alcuna scienza. La forma che conviene all' insegnamento professionale é l'elementare e sinnottica, non la profonda e analitica. Il principio che deve presiedere alla distribuzione delle materie e all' ordine dell' in- segnarle, non é la. divisione ma l'associazione degli studi e mate- rie affini. Quindi minor numero di materie, ancor minore di maestri, escluse le varie cliniche speciali. La patologia eia prati- ca hanno la maggior parte driP insegir mento, le altre d'impor- tanza subalterna hanno un' area più ristretta. Destinata la scuola zoonomica a formare nei giovali' un criterio teorico come la me- dicina pratica 6 destinata a formar loro un criterio pratico. Cin- que anni, sei per la doppia laurea, di uno studio graduato, sempli- ce, unit'», esclusa molta materia pesante, libero di formalità, eoli' unica garanzia di c-ami severi e gratuiti, faranno, non il medico o chirurgo perfetto [che nessun' Ateneo credo pretende tanto] ma con bastante criterio teorico-pratico da coltivar bene la scienza e Parte, e studiar noi da se stesso e da se stesso perfezionarsi. Ecco le idee che sottopongo all' attenzione de miei colleglli, e di chi é chiamato a occuparsi di questa grave materia, felice se potrò contribuire anche iu piccola parte a quella riforma degli studi me- dici il cui bisognose cosi generalmente sentito. Taluno le tacci era forse di estranee a un libro di patologia: .a me basta che siano la conseguenza dialettica della mi « sintesi medica, che siano oppor- tune, che siano utili per quella influenza che ha l'insegnamento del- le scuole sull' educazione e sul metodo dell' intera vita del medico. (1) Questa idea che forse é la base di quella protezione permnnente clie un giorno avrà lamedic;na in tutti i paesi civili, P ha espressa l'egregio mio ami- co Dr. OóVardo Turclutti in una ^revema bella memoria che versa sopra akmu« ri- forane meditile JjJuwuil. UiM-vje£8., Settombre 1859. LIBRO SEC3\M>. PARTE PATOLOGICA DELLA NUOVA ZOONOMIA. SEZIONE TERZA, PRINCIPJ DELLA NOSOGRAFIA RAZIONALE CHE GUIDANO A FORMARE I FATTI CLINICI. 0 DELLO SCOPO E DEI MEZZI DELLA DIAGNOSI PRATICA DELLE MALATTIE. Quum morbus sii effectus a sua causa pendens ens est singulare abomni aliodistinctum, ideoque in sua propria singulari natura accurate cognoscendum ut curari queat, Boerhaave. Instit. Med. § 871. § 115. Introduzione: la medicina pratica ha. due aspetti distin- ti, la nosografia e l'arte clinica—I principj della nosogra- fia razionale governano l'ima e l'altra-motivi per isvilup- parli e convalidarli. La medicina pratica ha due aspetti e due compiti speciali, la no- sografia, e l'arte clinica, che sebbene inestricabilmente connessi, e mutuamente influenti e dipendenti, pure sono intrinsecamente di- versi. Perché la nosografia che costituisce la storia generale delle singole malattie è il prodotto dell' arte clinica, però non di un solo osservatore ma dell' osservazione generale, molteplice, ripe- tuta, completa, è la creazione di un tipo clinico estratto da una moltitudine dicasi particolari. L'arte clinica costituisce l'arte di conoscere e di curare le malattie, o di trovare questi tipi cli- nici al letto dell' ammalato per applicar loro le nozioni dell' espe- rienza o prognostiche o terapeutiche. Dunque la nosografia deri- va e dipende dall' arte clinica, maéil prodotto non di un pratico ma dei pratici; e cosi Parte clinica 6 guidata e diretta dalla noso- NOSOGRAFIA RAZIONALE 311 grana; ma non é l'opera della scienza bensì dell' individuo che ap* plica ai singoli casi le ricchezze della scienza. Tanto il pratico co- me il nosografo formano un tipo clinico, una diagnosi pratica del- le singole malattie, ma con dati e con mezzi ben differenti: perché il nosografo giovandosi dei lumi dell' universale esperienza può e deve determinare le cause che sempre occasionano un dato morbo, i sintomi caratteristici che l'accompagnano, l'andamento,gli esiti, gli effetti che il morbo produce, e finalmente i suoi rapporti tera- peutici con certi mezzi dell' arte,e ciò astrazion fatta dalle complica- zioni, dalle influenze fortuite etiologiche e individuali [§37-38]; e può perfino completare la storia coi risultati o positivi o negativi dell' anatomia, della chimica, e della micro-copia. Il pratico obbli- gato a. conoscere i morbi per l'urgenza di curarli, é costretto a for- mare la sua diagnosi, e trovare nei casi che osserva un dato tipo della nosografia con assai minori dati ed aiuti, perché sovente igno- ra le cause pregresse, e solo ha sott' occhio un' insieme di sintomi sovente mascherati da complicazioni, o dalle influenze individuali o etiologiche eventuali; se chiamato al principio del morbo, ha maggior efficacia per combatterlo ma non per conoscerlo, perché gli inanca la luce diagnostica che deriva dall' andamento e dai tentativi di cura; finalmente ei non può avere la luce dell' anato- mia patologica. Intanto egli é evidente che le relazioni diagnos- tiche, prognostiche e terapeutiche che la nosografia ha fissato per mezzo della molteplice e diligente osservazione clinica, sono d'- inmenso vantaggio al medico pratico, perché esse sole, in mezzo a tanta oscurità, e mancanza di dati e di aiuti, sono che gli rendo- no possibile la diagnosi, la prognosi, e la cura. Benché lo scopo ed i mezzi della nosografia e dell' arte clinica siano cosi diversi, pure l'una e l'altra é governata dagli stessi principj della nosografia razionale o filosofia dei fatti clinici. E di vero é un principio di nosografia razionale l'unità e individua- lità del fatto clinico costituita da una causa prossima di cui i dati diagnostici sono altretanti elementi. Questo principio tanto dirige il nosografo perché possa riferire ni singoli fatti i loro veri ele- menti, alle cause prossime i relativi fenomeni, quanto il pratico perché possa coli' osservaz'one e comprensione di questi, formare una diagnosi, ossia l'unità e la realtà di un tipo clinico. E un prin- cipio di nosografia razionale che la sintesi serve a formare i fat- ti individui, e l'analisi a separare gli elementi che loro sono stra- nieri, o serve pei fatti composti: .questo principio tanto giova al nosografo che mediante la coordinazione nosografica fissai carat- teri generali e proprj d'ogni tipo clinico, e serve pel pratico, per- ché in mezzo ai dati che osserva cerca sempre i caratteri di un 312 PRINCIPJ DELLA tipo nosografico. E' un principio di nosografia razionale che la causa prossima e lo scopo, e i dati clinici sono i mezzi della dia- gnosi pratica. Questo principio che si connette all'altro: esisterò una relazione costante ed empirica fra lo cause prossime e i dati diagnostici, dirige il nosografo che fi^sn le relazioni etiologiche, semeiottiche, prognostiehe, e terapeutiche a un dato tipo o condi- zione morbosa, e dirige il pratico che da poche relazioni ricono- sce il tipo clinico, ed è guidato a curarlo. E'un principio di noso- grafia razionale che pnò e deve ottenersi la diagnosi pratica di un morbo independentemente dalla diagnosi teorica e patogenica. Questo principioé vero tanto pel pratico come pel nosografo, pa'- ché questi colla guida delle cause, de: sintomi, degli esili, e della cura, fìssa i caratteri che appartengono p. e alla tisi tubercolare, all' ulcera sili II ittica, all' oftalmia scrofulosa; e il pratico colla gui- da di essi arriva alla stessa diagnosi pratica, senza che né il pia- tico né il nosografo sappiano alcuna cosa della natura della tisi, della scrofula, e della sifillide. E' un principio di nosografia ra- zionale che l'osservazione é studio dei rapporti dei fenomeni. Ques- to principio tanto serve al nosografo elio dee fissare i rapporti di causazione e di connessione dei fenomeni ai tipi clinici, come al pratico che con questa guida é chiamato a trovar questi tipi al let- to dell'ammalato. Da ciò risulta dunque evidente che stabilirò o sviluppare i principj della nosografia razionale non solo serve al nosografo chiamato a far la storia generale dei singoli morbi, ma eziandio al pratico chiamato a giudicare i materiali nosografie!, e a trovare i tipi clinici o far la diagnosi clinica dei morbi na sin- goli casi che presenta la pratica. Nella scienza del metodo esposi come in germe questi, ed altri principi normali; ma sebbene la neccessità d' esser breve, e di trattare tanti e cosi diversi oggetti in modo rapido ed ordinato, mi obbligasse a stabilir come certi alcuni punti che debbono ancor dimostrarsi, e dar per risoluti alcuni problemi che sono ancora a risolversi: io pure non dimenticava che appunto per essere, in ger- me mi correva l'obbligo di svilupparli, per essere supposti dovea mostrarne le prove e i fondamenti, per essere controversi dovea discuterli e risolversi, e che dipende dal risolverli piutosto in un senso che in un'altro, il dare una direzione diversa a tutta la scien- za dei morbi, e perciò al nosografo, al pratico, ed al patologo. Se si vuole tutta la nosografia razionale é rinchiusa in questa forinola ''conoscere bene le nydaliie per bene curarle: perché esprimo gli scopi e i mutui rapporti della patologia e della pratica, della scienza e dell' arte. Questa formola abbracciai punti principtili dell' arte medica; la diagnosi ossia qual conoscenza del morbo NOSOGRAFIA RAZIONALE 313 deve avere il medico per essere atto a curarlo; il morbo o il sub- bietto della diagnosi ossia i caratteri e cause e condizioni di esso che il medico dee conoscere per essere atto a curarlo; i dati o crite- ri diagnostici; ossia i mezzi di giungere a questa diagnosi o cono- scenza del morbo. Ma questa forinola (coi punti principali che abbraccia: diagnosi, conJizioni morbose, e crit:rj diagnostici) quanti problemi esprime e rinchiude pel medico pagatore! Che cosa é diagnosi o discernimento di una inalatila? E' la moia dis- tinzione, la mera conoscenza delle apparenze morbos" che si of- frono ai sensi, o quella delle alterazioni occulte che scopre l'intel- "etto per viad' induzione? Basta allo scopo dell'arte conoscere .'esistenza di un morbo o della causa prossima che lo mantiene, o vuoisene investigar l'e-senza, il mecanismo, e l'intima natnia? E se doppio é lo scopo della diagnosi, i mezzi saranno gli stessi o di- versi? Che cosa é malattia, che é il subbietto della diagnosi, che cosa é alterazione interna o condizion patologica, occulta ai sensi, cho ne costituisce la causa iumedinta o prossima? Deve ossa de- terminarsi per mezzo della fisiologia e della anatomia, o può co- noscersi praticamente colla sola, guida dei criterj diagnostici? E' dessa un composto costituito di clementi diversi, subbietto dell' analisi, o un' individuo a elementi neccessari subbietto della rin- tesi? Per quali criterj deve stabilirsi l'unità del fatto clinico? Lo cause, i sintomi, l'andamento, la durata, le successioni, gli esiti, l'efficacia dei rimali sono essi veramente criterj diagnostici? Ossia esiste fra essi e le condizioni patologiche un rapporto costante neccessario sperimentale? Basta al pratico ed al nosografo la co- noscenza empirica dei singoli morbi, o gli ó neccessaria altresì una coordinazione nosologica, ed una interpretazione patogenica.' Il mio lettore sentirà certamente tuttala gravità ed importan- za di questi problemi, e capirà altresì che il senso diverso nel qua- le o furono risoluti o possono risolversi, ha deci>o o può deci- dere di una direzione affiato diversa degli studi patologici e pra- tici. Questi punti di dottrina altri sono nuovi, a1 tri controvasi, devo dunque svilupparli discuterli convalidarli; sono essi quasi gli stessi oggetti di cui tratta la patologia generale però con un pro- posito affatto diverso; perché mentre questa tratta della malattia e degli attributi di essa in modo generale ed astratto, e conduce a distruggere l'unità del fatto clinico e il valor pratico dei crite- ri diagnostici; la nosografia razionale che ha appunto in vista questftrc oggetti, diagnosi pratica che ha per fine la formazione lei tipi clinici e la scoperta delle causo prossime, te cause pros- simo che sono lo scopo, i criterj diagnostici che sonori mezzi del- la diagnosi pratica; intende a formare l'unità dei tipi clinici e 314 PRINCIPJ DELLA dimos tiare il valore pratico dei dati diagnostici cause, sinto- mi, effetti del morbo, effetti di rimedi. E' dunque opportuno o neccessario eh' io sviluppi e completi questi principj di nosografia razionale che appena ho iniziato nella scienza del metodo,perché una volta convalidati questi principj normali abbia una guida sicura il nosografo chiamato a formare i tipi clinici riportando ai fatti individui i loro veri elementi, abbia una base sicura e inconcussa la critici dei tipi stessi; abbia un punto di partita sicuro la no- sologia diagnostica, e perciò la aitici delle dottrine mediche; abbia una base solida una mira certa la patogenia induttiva e la terapia razionale; e perché finalmente abbia una facile e-sicura gui- da il mèdico pratico per conoscer bene i morbi per bene e razio- nalmente curarli. 116. C.ie coi1 é stato intero, e che cosa deve intendersi per diagno- si. Eìs i é la conoscenza del morbo. Chi vuol vedere- lo stato u imperfezione e di anarchia della patologia filosofica non ha elio ad esaminare lo idee che furono concepite e proposte intorno alla diagnosi; che pure a confessione dei patologi e dei pratici é riguardata la sorgente della prognosi e della cura, la chiave della scienza e dell' urte: perché suona A disceriiimento,la distinzione esatta della forma, cau.sa, natura, sede delle malattie. Il nostro Baglivi no fece sentir l'importanza quan- do scrisse: siculi jurisperitis ^ex facto ') us oritur, ita nobis a iecla morbi cojnilione universa curatiouum argumtuUi mauifeslautur. [Lib. 2' Cip. 8]. IO il Ballonio lasciò scritto "antequam de rtme-^ diis stai untar primnm constare oporlet, quis morbus, et disprezza le forme generiche. D'altronde dis- tinzione o la faccia il nosografo o la faccia il pratico non e lo stes- so che conoscenza esatta e completa del morbo: un pratico avrà distinto assai bene una emoptoe da un' epistassi, una diarrea da una dissenteria senza aver fatto ancora lavora diagnosi dell' una e dell' altra, o senza averne conosciuto il fondo curabile, o la vera condizion patologica. 'Li conoscenza di una malattia attuale, di- "ce Hildembrand, si chiama, diagnosi; la sua definizione, dotami- "nazione, denominazione consisto in designarla con un nome con- "voiiiento e convenuto dai modici, e inscriverla, nei quadri di un "ristaila nosologico. In un senso più ri-trotto la db.gnosi non é "altra co.3si che la nosologia speciale di una malattia attuale tut- "ta intera. Essa ha per iscopo di cercare quanto meglio si può e "a scoprire e n spiegare tutti i fenomeni successivi dietro l'idea "proviainmtcfonnita sulla sui natura (1) Anche questo concetto confonde tre ideo diverso corno fossero unum et idem, la cono- scenza nosologica, la n )sogiafiea,o la patogenica di una malattia, e senza fissarne lo scopo ei mezzi rispettivi. Li prima infatti equi- vale al riconoscere iu pratica un dato tipo della nosologia: ma se questa nosologia é sbagliata e incompleta, se ha per base le for- me generiche [come quelle dei sintomatici], o le supposte natine dei morbi (come quelle dei sistematici) che diagnosi, che cogni- zione pi ccisa del morbo formerà il pratico? La 2* o il senso più ristretto, ossia la nosologia speciale di un morbo, é certamente il suo quadro nosografico; e qui conveniva fissarne lo tropo che so- no le cause prossime, ci mezzi che sono i dati diagnostici. 3* quel- la poi che ha per iscopo di cercare e scoprire e spiegare tutti i suoi fenomeni successivi, dietro l'idea previamente formata sulla sua natura é certo la diagnosi patogenica, che non la fa né il cli- (1) Manuel decliniquo medicale. /' "316 PRINCIPJ DELLA ' < '? tiico né il nosografo, ma con dati più estesi e studi profondi il pa; tologo. e che se 'ondo la validità loro può dare o luciferi o vani risultati. "Il concorso dei sintomi, dice Craigic, si dice costituire "la diagnosi di una malattia, e l'applicazione dei sintomi alla pra- tica per distinguerli le malattie, é generalmente chiamata diagno- "si(l)Q ie-ita veduta ostata accolta,come vedremo,efmcssa anche in pratica da quasi tutti i nosogra fi; però ciò non toglie che sia a's «itrda ed erronea, e lasci un vuoto inmenso in patologia. Secondo essa infatti noti é l'insieme di tutti i dati diagnostici, causo, sinto- mi, effetti del morir), effetti dei rimedj (die costituisce il morbo in- dividuo, ma il moro insieme dei sintomi o la sola forma morbosa! Secondo essa i sintomi non sono i mezzi ma lo scopo sfesso delhf dia- gnosi; e [lercio il medico ha fitto la diagnosi, (ossia'eonoseiuto il morbo) aneli3, senza aver cercato o trovato la causa pVos^imaa cui si connette Pinricme dei sintomi! Aia il medico che può distingue- re una catalepsi da una epilessia, un tetano da un' isterismo, ima itterizia, da una clorosi, può a ver diritto di dire che ha fatto la dia- gnosi? V) che la sua diagnosi della forma e non della causa prossi- ma é la basedella prognosi e della cura? Bouillaud crede che la diagnosi comprendo d io cose principali la sede e la natura del morbo, diagnosi anatomica e medica; ina affida questa scoperta ai soli sintomi. "Diagnostico, dico Gintrac, significa la conoscenza "precisa, la determinazione del carattere di una malattia ossia del- "la sui natura e sede" E'questa una veduta filosofica e giusta sé intese la conoscenza pratici della causi prossima di un dato tipo clinico, non cosi se alluso alla conoscenza patogenica cho non la fa il pratico ma il pa- tologo. In un' interessante art. dell' Enciclopedia pratica Inglese scritto da Marcimi Hall sulla sintomatologia é detto. "La dia- "gnosi delle malattie costituisco la prima pai-te dell' ufficio del nie- "dico nello suo visite ai inalati. Le sorgenti di diagnosi fono la ''storia, i sintomi o lo alterazioni' di funzioni, gli effetti de rimedj, "e l'anatomia patologica o lo alterazioni di struttura" Manifes- tamente l'autore ha confuso la diagnosi che fa il clinico con quel- la che fa il nosografo; infatti anche il clinico deve aver presente la storia del caso cioè le cause ed il corso, ma spesso questi dati gli mancano. Lo stesso si dica dell' effetto dei rimedi perché spes- so non ha preceduto alani mezzo di cura, e una cura esplorativa fa segno che la diagnosi non fu fatta ancora; l'anatomia patolo- gica poi é un dato diagnostico pel nosografo ina non pel medico pratico. Secondo Williams "diagnosi é la distinzione di mia ma- il] Practice of pbisic, NOSOGRAFIA RAZIONALE 317 'Mattia da un' altra, e può riguardare la loro essenziale natura e "la loro forma nosologia" Ora questa seconda é neccessaria- mente incompleta, é una semi-diagnosi perchè riguarda una sola parte un solo lato del fatto cliii'co; la prima poi può essere im- portante o no secondo la bontà dei criterj che guidano a stabilire questa essenziale natura dei morbi. La idea più filosofica che sia stata data finora della diagnosi la trovo nell' aureo Libro di Guglielmo Hufeland. 'Conoscere, dice ''egli, una malattia, é la prima di tutto le condizioni per curarla. "Però che s'intende per questa conoscenza? La diagnosi non con- diste già nel sapere il nome della malattia, i>e nel comprendere "i su-d fenomeni apparenti [diagnosi nominrrlé, fisiografica, noso- "logica] perché in tal guisa non si perverebbe che ad un trattamen- to superficiale e sintomatico: consiste sP'benc nel penetrare coli' "intendimento ned' interno stato morboso a cui si attengono ifieno- "meni che cadono sotto isensi; e che é il solo che può essere l'ogget- to di una cura radicale. Questa é l'idea che dobbiamo formare "della diagnosi pratica: che é l'arte di riconoscere lo stufo morboso "interno, la sede che occupa, e per conseguenza l'oggetto della cura, e "i mezzi che la. natura inferma chiede all' arte." In tal guisa per Hufeland diagnosi non é Punilatere e sterile conoscenza della for- ma morbosa, ma é la conoscenza della sua condizion patologica interna, a cui é condotto l'intendimento dallo studio sintetico e pratico do suoi esterni fenomeni, ossia dai criterj diagnostici. In tal guisa riguardando la diagnosi la cognizione completa di tutto il morbo si coincide collo filosofiche vedute di Ballonio e di Bagli- vi, e colla sentenza Ippocratica "qui al cognoscendum sufficit medi- cnit. ad sanandum eiium sufficit" e- diventa vera la sentenza vol- gare che la diagnosi é la baso della prognosi e della cura. Eppure chi il crederebbe? tanta é la forza dell' abitudine e dell' esempio, tanta la influenza della filosofia imperfetta sulle cose me- diche che ad onta di questi lampi del genio dei classici antichi, pure nelle più stimate opere di medicina pratica, diagnosi non suona la cognizione dello stato morboso interno a cui si attengono i fenomeni sensibili; ossia la sintesi di un fatto individuo e la sco- perta della sua causa prossima, ma suona e s'intende la mera dis- tinzione semiogra/ica del morbo, la sindrone dei sintomi,il quadro del- la forma morbosa; sposso fatta astrazione dagli altri dati diagnos- tici, le cause, il corso, gli esiti, i rapporti terapeutici. Ciò osserviamo non solo in Borsieri, Copland, Craigie, Giaco- mini,"e quasi tutti i nosografi, ma nello stesso Hufeland il quale dopo aver riportato al diagnostico la sindrone dei sintomi, si oc- cupa dello stato morboso interno sotto il capo della patogenia e del- 318 PRINCIPJ DELLA la terapeutica. La filosofia medica deve 'dunque prendere il suo partito e dire: la diagnosi non é la cognizione superficiale dello forme morbose, la. mera distinzione seimografica dei morbi, ma consiste nel conoscere lo stato morboso interno a cui si attengono i fenomeni che cadono sotto i sensi. E questa conoscenza non é solo fondata sull' insieme dei sintomi ma sulla patosintesi di tutti i da- ti diagnostici, cause, sintomi, effetti del morbo, effetti dei rimedi, che sono gli elementi storici ed empirici del fatto clinico. Egli é allora soltanto che la diagnosi sarà con ragione la base della pro- gnosi e della cura, la chiave della scienza e dell' arie; perché fi- no a tanto che la diagnori ha un senso ambguo, ed uno scopo in- completo o dubbio, e insufficienti i mezzi, questa massima volgare é una mcnsogna un' inganno. § 117 La diagnosi ha due forme distintela pratica e la palo- genica, che abbracciano tutti la scienza e tutta l'arte— Fissarne lo scopo e i mezzi é il compilo della filosofia medica. Stabilito quello dio deve intendersi per diagnosi, cioè non il dis- cernimento e la distinzione scmiografica dei morbi; ma consistere nel conoscere tostalo morboso inferno a cui si attengono i fenomeni che cadono sotto i, sensi; bisogna ri-solvere un' altro difficile problema, che é di determinare le vere e distinte forme della diagnosi, ossia se la diagnosi che é la conoscenza completa del morbo, ha un solo scopo ed una sola serie di mezzi, e perciò una sola forma, o se ha invece scopi diversi con mezzi diagnostici relativi, e perciò forme distinte, e qualu I patologi avendo della diagnosi un cencetto ristretto ed ambiguo hanno proposto quasi d'accordo le sole for- me della diagnosi diretta e della differenziale, e hanno differito poi grandemente nell' ammettere le fonti del diagnostico. Intendono per diagnostico diretto quello che fa il medico al let- to dell'ammalato, "quando é la deduzione inmediata dei fatti re- cativi al morbo il cui carattere vogliamo fissare; al un piccolo "numero di sintomi convcrtiti in segni p-.lognomonici e univoci "danno una chiarezza e certezza perfetta [Gintrac]" e intendono per diagnostico comparativo o differenziale, quando il clinico mancando di questi segni patognomonici, confronta il caso che osserva con ciascuno dei tipi della nosografia coi quali ha qualche analogia, per trovare con questa eliminazione snccessivn, il tipo a cui si somiglia di più. Ma questa distinzione sembra affatto in- maginaria, perché tutte le diagnosi cliniche dalla pili facile alla più difficile si fanno in modo comparativo e differenziale. S'io facil- mente distinguo in pratica un' intermittente da ma febbre conti- NOSOGRAFIA RAZIONALE 319 nua o da una flemmassia, é quando ho già un' insieme di dati dia- gnostici. E in prova di elio un solo sintonia isolato non è mai suf- ficiente e patnguomnnico, e che é palognomieo quando é unito a quelP insieme, che al primo principio di un' intermittente, niun medico cauto osa fare un diagnostico o giudizio definitivo, e as- petti Incollai tempo (quanto era prudente il consiglio d' Ippocra- te d'aspettare almeno "il oro a decidersi!). Or fieno quando io ho già questo insieme e dico: questi é una intermittente, io già P ho confrontata con morbi coi quali si può confondere a da cui si de- ve distinguere, avendo tenuto conto delle cause progressi, della qualità, presenza, mancanza, successione, e collocazione dei sintomi. Nelle malattie più oscure o per essere complicate, o per essere mascherate di individuali influenze, questo confronto é più esteso più complesso, appunto perché ho bisogno di un maggior numero di dati e di lumi, o stante la oscurità del caso, però il metodo é lo stesso; cioè di confrontare il caso attuale con alcun tipo della no- sogralia. Ho detto che i patologi discordarono nell' ammettere le fonti, del diagnostico, e ciò si spiega dall' aver confuso la dia- gnosi o conoscenza dei morbo che appartiene al nosografo che fa la storia generale di uri tipo clinico, con quella che appartiene al pratico che l> cerca al letto dell' ammalato, con quella finalmen- te che appirticiie al patologo che ne studia il carattere la sede la natura. Se pertanto non furono finora distinte le vere forme e scopi della diagnosi, se é confusa e discorde la dottrina dei mezzi o da- ti diagnostici, é opportuno risolvere il problema che ho proposto, anche perché lo stesso concetto dell' Hufeland lascia luogo a mol- ta, oscurità ed incertezza. Bene sta che la vera diagnosi sia la* completa conoscenza del moibo, e consiste nel penetrare coli' inten- dimento nell' interno stato morboso: però é egli possibile colla sola guida dei dati diagnostici? Il medico potrà con questa sola guida penetrare il fondo di una forma pneuinonica e dire qui esiste una infiammazione. Però potrà egli conquesti dati comprendere Za natura di questo processo flogistico? E questa conoscenza^ poi neccessaria per Parte? Curerà egli meno bene una flogosi, o una perniciosa, perché non ne conosca l'interno stato morboso, l'es- senza, e la natura, quando é certo dell' esistenza dell' una e dell' altra per mezzo dei dati diagnostici? E supposto che questa cono- scenza più intima del morbo sia neccessaria e possibile, con quali dati e con qual metodo potrà ottenersi? Per dissipar questi dubj e conoscere facilmente quali sono le ve- re e distinte forme della'diagnosi o conoscenza^ del morbopren- diamo un' esempio. Supponiamo che si presenti ad un clinico un 320 PRINCIPJ RAZIONALE caso di emoptoe: fino a che egli é giunto a distinguerla da un' epis- tassi e da un' cmatemesi egli é appena al principio della diagno- si pratica, perché potendo questa emoptoe essere connessa ad una amenorrea, ad una tisi tuberculare, ad una pletora polmonare, ad una polmonia acuta; uopo é perché faccia una diagnosi pratica ve- ramente completa, che scopra, la causa prossima a cui appartiene. Giova avvertire di passo che il conoscere la sede dell' emoptoe poco influisce sulla diagnosi, sulla prognosi, e sulla cura, poiché il sangue fluisce dai vasi bronchiali in ciascuna di queste malattie cosi diverse. Ma v' influisce la ricerca della causa prossima, sia perché ad essa corrispondono i speciali segni diagnostici,e da essa partono le indicazioni prognostiche e terapeutiche. Cosi il qun- dro diagnostico, prognostico, e terapeutico dell' emoptoe da tisi, é affatto diverso da quello della secrezione vicaria, e questo di- verso da quello della pletora polmonale, e questo diverso da quel- lo della polmonia. Il pratico dunque non cerca i segni o i caratte- ri dell' einoptoe [o della mera forma morbosa]; ma quelli della tisi, della secrezione vicaria, della pletora, e della flogosi, [cioè delle cause prossime]; e quando P ha rinvenuta associando tutti i dati diagnostici desunti dalle cause, dai sintomi,_dall' andamento. dalla cura pregressa relativi appunto a queste condizioni patolo- giche, egli ha fatto la sua diagnosi pratica sicura e sperimentale abbastanza per presagire l'esito, e desumere le indicazioni tera- peutiche, non relative all' emoptoe, ma alla causa prossima cui é connessa. E sia pur detto di passo che per procedere a questa diagnosi egli non si contenta del solo quadro sintomatico, ma prende luce dalle cause pregresse, dall' andamento del morbo, e dai tentativi di cura. Questa diagnosi pratica ben può dirsi che equivale al penetrare coli' intendimento nell' interno stato morbo- so, e ciò colla guida dei fenomeni (o dati diagnostici) che cadono sottoi sensi; ed é la vera base della prognosi e della cura, perché é conoscenza del morbo completo; mentre la semi-diagnosi o co- noscenza delle mere forme o dei fatti collntcralnion ])\\ó esserlo. Mail medico che fa una diagnosi pratica non può dirsi a rigo- re che scopre il carattere la sede e la natura del morbo che os- serva, (ciò che sembra competere al patologo); ma piutosto che e°"li cerca e trova ivi un tipo analogo della nosografia. Il pratico non arriverebbe a scoprire nei singoli casi o i caratteri diagno- stici della tisi tuberculare o quelli della secrezion vicaria, o della pletora o della polmonia,se la nosografia che rappresenta l'osserva- zione clinica universale non gli fornisse dei tipi veramente esatti e completi. Egli non potrebbe presagire dai primi passi del mor- bo i consecutivi, cioè l'andamento, la durata, le successioni diver- NOSOGRAFIA RAZlON^:1-! 321 se con felice o funesto esito, se la nosografia non gli additasse queste connessioni; egli non potrebbe pensare a certe alterazioni anatomiche corrispondenti, se la nosografia non gli svelasse i rap- porti di queste alterazioni superstiti con dati tipi; né finalmente egli potrebbe fissare le indicazioni terapeutiche se la nosografia non gP indicasse i rapporti di certi mezzi dell' arte con certi tipi clinici. La nosografia é dunque la guida del clinico, e la fase del- la sua diagnosi pratica, e perciò della prognosi e della cura: od essa é dunque la vera artefice della diagnosi pratica delle malat- tie, sia perché adopera tutti gli elementi storici del fatto clinico, causo, sintomi, effetti del morbo, effetti dei rimedi, e alterazioni superstiti; sia perché nel fare una storia generale, ini tipo clinico assume i suoi caratteri generali e comuni, e prescinde dagli acci- dentali. Cosi tanto il clinico come il nosografo hanno in mira, co- me vedremo, la stessa diagnosi pratica delle malattie, hanno lo stesso scopo di trovarne la causa prossima, e formarne un fatto in- dividuo, gli slessi mezzi ed aiuti cioè i dati diagnostici, ossia i rap- porti che hanno i fenomeni ed elementi clinici colla causa pros- sima e Punita del tipo clinico, lo stesso metodo sintetico che inten- de a cogliere i rapporti empirici dei fenomeni e riportare gli cle- menti alle unità cui appartengono. In ciò differiscono che la no- sografia forma i tipi clinici e la diagnosi pratica con tutti, gli ele- menti storici di un fatto clinico; e il pratico deve contentarsi di dati minori. La nosografia presenta una storia generale astra- zion fatta dalle differenze .accidentali; il pratico dee formarla sua diagnosi esaminandola malattia e il malato, e cercando i carat- teri costanti del morbo in mezzo agli eventuali dell' individuo. Poro tanto il pratico come il nosografo hanno in vista lo stesso scopo che é di determinare la causa prossima, il centro e l'anima di un tipo clinico, gli stessi mezzi che sono i dati diagnostici o gli elementi o fenomeni del fatto stesso o della causa prossima die lo governa; lo stesso metodo che é la sintesi di questi fenomeni e stu- dio dei loro rapporti primi ed empirici, per procedere a questa induzione che ó appunto la diagnosi clinica. Non mancherà chi riguardi come machinale ed empirica questa diagnosi clinica, e questo cercare in pratica un tipo della nosogra- fia, per applicarvi i risultati dell' esperienza. E me ne rallegro per- che questa lagnanza stessa e la instancabile aspirazione dello spi- rito umano a cercare la teoria dei morbi e ad interpretarne la pa- togenia e la natura, dimostrano che la scienza deve dare un' altro passo, deve averne una conoscenza più intimale che Parte ab- bisogna della conoscenza o diagnosi patogenica di quel morbo che •ria praticamente constatò, riconobbe, distinse. Pure la diagnosi :',22 PRINCIPJ DELLA Clinica che ha per iscopo la unità del tipo clinico e l'indagine della causa prossima relativa, clic ha per mezzi ed aiuti i dati diagnos- tici ed elementi empirici del tipo istesso,che ha per metodo la sintesi empirica o lo studio dei rapporti primi dei relativi fenomeni,questa diagnosi pratica io dico é di fondamentale importanza.Essa rappre- senta le vere e solide ricchezze dell'osservazione clinica da Ippocra- te fino a noi, e ci mantiene o richiama allo stesso metodo empirico insegnato e seguito da tutta la scuola Ippocratica; essa é la baso della nosologia diagnostica chiamata a coordinare i morbi comple- ti per l'analogia o identità dello causo prossime non delle forme generiche, e ci mantiene saldi contro le dottrine biologiche e i me- todi nosologici, passati e futuri; essa ci obbliga a ben istudiare e a ben usare questi due estremi dell' arte clinica cause prossimo e dati diagnostiche a rispettare lo relazioni diagnostiche, prognos- tiche, e terapeutiche dei fatti non solo come una conquista dell' es* perienza, ma come un debito verso i bisogni -.dell' umanità lan- guente. Poco importa che ignoriamo in che modo giova il salasso nella polmonia o la chinachina nelle perniciose, e perché sen- za questi mezzi terapeutici l'esito sarebbe funesto, basta la diaj gnosi pratica per la realtà e Papplicazione di queste relazioni pra gnostiche e terapeutiche: anzi questa applicazione é un dovere sociale. Se é vero che l'uomo tanto può quanto sa, l'efficacia dell' arte sarà proporzionata alla pienezza della diagnosi, o conoscenza del morbo. Or bene la diagnosi clinica o nosografica dà essa una co- noscenza completa del morbo? E' facile provare che non la da, e che il medico ha eziandio bisogno di una conoscenza più profon- da del morbo, per essere più libero, più sicuro, più fecondo di mezzi, più efficace nella sua arte; ha d'uopo non solo sapere l'e- sistenza di una condizione patologica, ma saperne eziandio la natu- ra e il vi tal, mecanismo; ha d'uopo insomma della diagnosi patoge- nica. Infatti la stessa nosografia che abbraccia tutti gii elementi storici della polmonia, della tisi ecc. dirà quali cause hanno pre- ceduto l'una o l'altra, ina non perché abbiano prodotto piutosto la flogosi che il tnberculo;esporrà i sintomi che corrispondono a cias- cun morbo senza spiegare perché vi corrispondono; indicherà i re- lativi effetti del morbo sugli organi e sull' universale, senza in- tendere perché ogni morbo gli ha cosi relativi e particolari, in- dicherà i metodi di cura che accreditò l'esperienza senza spiegar- ne il modo d'agire,.^ il vantaggio relativo ai varj momenti del mor- bo; finalmente col coltello anatomico, la lente, e la ,'chiniica mos- trerà i guasti dei solidi o dei fluidi che corrispondono alla tisi, alla polmonia ecc. ma non saprà perché vi corrispondono. Questa co- NOSOGRAFIA RAZIONALE '62<\ nosccnza della natura della tisi, della flogosi, della secrezione vi- caria., condizione scorbutica, periodica, ecc. questa eh' io dico dia- gnosi patogenica non compete né al pratico né al nosografo, perché trascende lo scopo ed i mezzi che spettano all' uno ed all' altro. Scopo dell' uno é riconoscere in pratica un tipo nosografico colla scorta dei dati diagnostici sovente scarsi; scopo del nosografo é formar questi tipi mediante la sintesi di tutti gli clementi storici che gli son proprj, e che ne sono perciò i dati diagnostici. Questa conoscenza profonda e completa, questa diagnosi teorica e patogenica compete al patologo, perché egli ha scopo e mezzj e metodo particolari e diversi. Egli non si propone conoscere la esistenza, ma la natura e per cosi diro il mecanismo vitale di una condizion patologica; egli non istudia la causa prossima di una malattia speciale ma di una serie nosologica, coni' 6 p. e. la flogo- si, la periodesi, il processo febbrile ecc. una coudizione morbosa cioè che é comune a molte forme nosologiche. Egli non si appog- gia ai soli dati diagnostici come per constatarne l'esistenza, ina per investigarne la natura; si può dire che questi dati, cause, sin- tomi, effetti del morbo, effetti dei rimedi, gP interroga, e gli in- terpreta ' e li converte in dati patogenici. E non solo invocagli elementi veri del fatto generale cho studia, ma tutti i fatti simili e dissimili della nosologia, anzi invoca eziandio le nozioni stesse della fisiologìa razionale, per giungere a tanta scoperta, ossia a questa diagnosi patogenica che é l'interpretazione di un fatto cli- nico generale. Egli é vero che essendo o errìito lo scopo, o insuffi- cienti o inetti i mezzi, o sbagliato il metodo, la diagnosi patoge- nica é stata e può essere vana, ipotetica, o anche discorde dall' es- perienza clinica; e perciò nociva alla scienza e alla umanità. Ciò per altro non fa che sia meno un bisogno dello «pirite umano, e possa diventar preziosa quando abbia lo scopo, i mezzi, il metodo richiesti dalla scienza del metodo. Una prova della realta, ed im- portanza, e del diverso compito di queste due diagnosi pratica e patogenica, l'abbiamo tutti i giorni nelle consulte mediche. Lo pri- me divergenze d'opinione versano ordinariamente sulla diagnosi clinica, perché nella stessa febbre uno vede una intermittente ove altri trova una biliosa, altri una tifoidea, altri una f. gialla. Una volta messi d'accordo sulla diagnosi pratica, e convenuto trattar- si di f. gialla, cominciano le divergenze sulla diagnosi patogenica; perché Ti flogosista scorge un'epatite, laddove il browniano par- la d' adinamfa od ipostenia profonda, altri parla di diatesi disolu- tiva, altri di avvelenamento del sangue e propone vedute molto diverse. Se queste controversie, dannose all' umanità non meno che al credito dell' arte medica, derivano sicuramente dall' essere 824- PRiNcrr.i dki.t.a , oscure, discordi, imperfette lo dottrine nosografiche e patogeniche é chiaro che quando la medicina possieda veramente perfette, 'fa- cili, complete, sicure queste due diagnosi pratica e patogenica del- le malattie,''sarà giunta al più sublime grado di dignità e perfe- zionamento come scienza, di facilità o sicurezza come arte. 11 me- dico colla guida dei criterj diagnostici, ossia deli'' osservazione, comincerà per formare l'unità del tipo clinico, e fissare la esis- tenza della causa prossima relativa. E riportandosi ad alcun ti- po della nosografia e nosologia diagnostica, si varrà delle con- quiste doli' esperienza anche quando la diagnosi patogenica non fosse ancor fatta. Se poi cosi coni' é guidato dalla nosografia, lo sarà da una patogenia induttiva, e potrà conoscere il magistero intimo, genesi, e natura dei morbi, e sapere perché date cause gli producono, perché loro corrispondono dati sintomi, corso, esiti; e perché esiggono dati soccorsi, sarà egli più efficace, sicuro, fe- condo clic seguitando meramente i consigli dell' empirismo. La filosofia medica ha questi due supremi compiti, di guidare alla diagnosi pratica e patogenica, e vi aspira colle forme della no. sografìa, nosologia, e patogenia razionale; e se ila che vi riesca, e perciò conduca con facilità e sicurezza alla diagnosi pratica delle malattie, a stabilirne le differenze essenziali, e a conosca- ne a fondo la patogenia e la natura, sarà più benemerita del ge- nero umino cho le iumortali scoperte di Torti e di lenncr. Io non imiterò l'esempio della patologia generalo che dà un' idea\jonfusa ed ambigua della diagnosi, e delle fonti diagnostiche, pjr trattar poi vagamento e in astratto del morbo come se non ne fosso il subbietto, e de suoi attributi come so non ne fossero i dati diagnostici. Convinto io che la diagnosi pratica e patogenica so- no i due scopi supremi della scienza e dell' arte spiegherò quella che compete al clinico, al nosografo, ed al patologo, cioè lo sco- po i mezzi il metodo rispettivamente convenienti por ottenerla. E qui tratterò del morbo non in generale ma come subbietto della diagnosi pratica, e cosi delle cause, dei sintomi, degli effetti del morbo, e degli effetti doj rimedj, non in generale ma nell' aspetto di dati diagnostici, perché come fatti collaterali non posano stu- diarsi in altra guisa in vantaggio della scienza clinica e dell' uma- nità: riservandomi a studiar altrove [Sez. 8*'] morbo e cri ferii dia- gnostici, come lo scopo ed i mezzi della diagnosi patogenica. § 118, Della diagnosi pratica che compete ed clinico—Suo scopo* suoi mezzi, sue difficoltà, suo metodo. Coerente alle idee altrove esposte _[§ 9. 35.] devo ora determi- nare lo scopo, i mezzi, le difficolta, il metodo che compete ni eli- NOSOGRAFIA RAZIONALE 325 nico che forma la diagnosi pratica al letto dell' ammalato. I pato- logi hanno detto che lo scopo della diagnosi consiste nel deter- minare il carattere, la sede, la natura della malattia attuale, ciò che conduce a confo idere le due conoscenze pratica e patogenica; io dico invece che lo scopo della diagnosi pratica consiste nel tro- vare nella malattia che si osserva alcun tipo della nosografia. Quando infatti io discerno in pratica una febbre biliosa da una "in- termittente, una febbre gialla da una tifoidea io non faccio che raccogliere tutti i caratteri pratici che mi assicurano esistere piu- tosto l'uno che l'altro tipo nosografico. S'io già sicuro dell' esis- tenza del tipo febbre gialla o perniciosa ragiono sul caratteri; che Spetta all' una o all' altra sulla natura o adinamica o flogistica, o nervosa o ipostenica, sulla rispettiva sede, o il fegato, o i nervi ecc. già non sono più clinico ma patologo. Dunque se il primo e fondamentale compito del clinico e la diagnosi pratica, se questa consisto nel trovare in pratica alcun tipo della nosografia, questa é la stella polare dell' arte, e perché giovi alla prognosi ed al- la cura deve presentare fatti e tipi completi. Se infatti io mi con- tento di sapere che ^vi é emoptoe, se non ricerco la causa prossi- ma, o tisi.o pletora ecc. io non ho una base perla piognosi e per la cura perchéjion ho in mano un fatto completo, ma una parte sp- ia del fatto. Quindi é che se la nomografia mi prensenta come un fatto individuo e completo un sintoma isolato p. e. la dispnea, emoptoe, singulto, l'itterizia, l'epilessia, la tosse, la cefalalgia, di cui ignoro la causa prossima, che anzi astrattamente parlando possono appartenere a molte affatto diverse, di cui ignoro il ve- ro quadro semeiottico o diagnostico che me la fa conoscere, di cui perciò stesso ignoro la vera terminazione, e i mezzi di cura,la noso- grafia dico noi; mi serve di guida né di aiuto. Che se la nosogra- fia mi presenta come un fatto individuo e completo, una supposta alterazione occultao dei solidi o dei fluidi che chiama diatesi, flo- gosi, ipostenia, atassia, plastollia ecaperò senza i caratteri dia- gnostici, prognostici, e terapeutici atti a farne una realtà pratica, questa nosografia dico mi serve di imbarazzo e d'inganno non di guida e d'aiuto. La patologia dunque passò in silenzio, questa su- prema condizione alla diagnosi pratica: la preesistenza di tipi nosografìci esatti, di fedii clinici completi, di modelli della nosografia diagnostica non dei semi-fatti della nosologia sinlomutica e dei pseudo-fatti della nosologia sistematica. I patologi hanno detto che le vere e sicure fonti e perciò i mez- zi per ottenere la diagnosi sono la storia, ossia le cause, e circos- tanze pregresse. Pesame dei sintomi o dello stato attuale, la lu- ce che deriva dall'andamento del morbo e quella che deriva dai 82G PRINCIPJ DELLA mezzi di cura impiegati. Io dico invece "che vi é una condizione che i patologi hanno sottintesa senza dichiararla, e senza di cui né le cause progresse, né i sintomi, né l'andamento, né i provali rimedi hanno un valore diagnostico, ed é clic fra questi dati dia- gnostici e le causo prossimo inerenti ai tipi nosografìci esisto un rapporto neccessario costante sperimentale. Se questo rapporto non esistesse e non fosse costante la diagnosi si farebbe per in- dovinamento non mai por l'osservazione esatta di questi attri- buti del mo-.'bo. Chi negherà infatti il valore diagnostico dello cause morbose? Il previo contatto impuro ci fa certi (piasi della condizion sifillitica, anche quando offre preludj quasi insignifican- ti, e la dominante epidemia di vainolo e di f. gialla ci assicura della diagnosi quando il primo periodo si confonde quasi con quel- lo di altri morbi diverri. Questo valore diagnostico é legato affatto al rapporto empirico delle cause colle malattie prodotte; e ciò tanto é vero che quando a morbo sviluppato siamo sicuri che l'ulcera é sifillitica, il vaiuolo e la febbre gialla incontrastabil-, siamo certi che le loro cause specifiche hanno preceduto, benché ignoriamo in ohe modo abbiano colpito il nostro infermo. Nessu- no porrà in dubbio nemmeno il valore diagnostico dei sintomi, perché ogniun sa che essi sono la prima voce della natura che soffre, che spesso ignoriamo le cause pregresse, e solo pei sinto- mi possiamo accorgersi che hanno preceduto cause nocive. Mai sintomi sono gli effetti e i contra.segni della malattia, non la ma- lattia stessa, e con ragione riflette Zimmermann che l'infermo co- nosce tutti i sintomi del suo morbo, e il solo medico sa a quale malattia cioè a quale causa prossima o tipo clinico riferirli. Dun- que esiste un rapporto empirico fra i sintomi e la causa prossima, e da questo rapporto empirico e costante deriva il valore diagno- stico dei sintomi. Ciò che dico dei sintomi che nel loro insieme si- multaneo formano la forma morbosa-, si dica dell' andamento, du- rata, esiti che ne formano l'insieme consecutivo. Cori finalmente se gli effetti dei rimodi sono riguardati dai patologi come dati diagnostici, egli e perchè fra la malattia e gli effetti dei rimedi esiste un rapporto empirico, e vi esiste perché i rimodi mirano a togliere o modificare le cause prossime cho sono la sorgente delle forme morbose. I patologi pertanto nell' atto ohe hanno raccomandato le cause, i sintomi, l'andamento, gli effetti de rimedii come le vere sor- genti della diagnosi pratica hanno sottinteso e tacitamente pro- clamato tre grandi verità e principj di filosofia medica, di cui per altro non sentirono né la'importanza,né il bisogno di sviluppare e presentare nella loro vera luce, e il cui inerito hanno poi dis- NOSOGRAFIA RAZIONALE 327 frutto con tutte lo astrazioni della patologia generale. 1? Essi nanno sottinteso chele cause, i sintomi, l'andamento, i mezzi di cura sono dati diagnostici in quanto esisto un rapporto sperimen- tale e costante fra essi e la malattia. 2? Che questo rapporto non 1 hanno con date forine generiche ma con date cause prossime e tipi morbosi completi; perché é evidente che se le stesse identi- che cause remote possono produrre morbi realmente diversi, se gli stessi identici sintomi ed andamento possono appartenere a morbi realmente diversi, e se lo stesso metodo di cura può convenire a morbi realmente diversi,né cause né sintomi né effetti de rimedi pos- sono essere dati diagnostici; e se lo sono, vuol dire che hanno una relazione empirica con una causa prossima, non con una forma ge- nerica, e so lo sono, e se hanno un rapporto mutuo cogli altri ele- menti di un tipo clinico, vuol dire che esistono realmente sia ques- ti rapporti sia queste unità o tipi della nosografia diagnostica. 3° Hanno sottinteso che il vero criterio diagnostico é la paiosintesi di tutti i dati clinici, perché hanno raccomandato la sintesi delle cause, dei sintomi, dell' andamento, e dei rapporti terapeutici per arrivare ad ogni diagnosi pratica. I patologi sottintesero queste tre grandi verità pratiche, questi tre grandi principi di filosofia medica, però non ne sentirono la grandezza e l'importanza, e non ne calcolarono e non ne tras- sero le vere e naturali conseguenze.— Gli attributi del morbo o sono dati diagnostici o non lo sono; se non lo sono, perché racco- mandarli come lesole sorgenti empiriche della diagnosi? se non lo sono da quali dati sperimentali deriveremo la diagnosi? E se lo so- no,ache debbono la loro efficacia diagnostica se non ai loro rappor- ti sperimentali coi tipi clinici? E se questi rapporti empirici sono la base della loro validità diagnostica, perché perdere il loro tempo a studiare le cause, i sintomi, gli effetti de morbi, gli effetti de ri- medi, in generale e in astratto, cioè rompendo questi rapporti em- pìrici e nosografic'iì Se lo sono, perché non istudiare questi che so- no fatti collaterali, che sono membra per cosi dire di un fatto in- dividuo, al loro posto e nel loro aspetto il solo vero ed il solo praticamente utile, cioè di dati e criterj diagnostici? Se lo sono, perché non fissare le vere unità patologiche i veri tipi e modelli della nosografia diagnostica a cui vogliono questi attributi essere riferiti conio parti indivisibili? Se lo sono, perché lasciar il quadro nosologico ingombro di forme morbose generiche come fossero tipi individui? Se lo sono, con che diritto riguardar questi attri- buti di tipi clinici fissati dall' osservazione, come vesti o criterj di concetti teorica: le diatesi, l'irritazione, {le crotopatie? E se la patosintesi é il vero criterio diagnostico come quello che stringe e 328 PRINCIPJ DELLA utilizza tutti gli elementi storici di un fatto clinico, perché affidar poi la diagnosi al solo insieme dei sintomi? perché parlare di sintomi patognomonici e diretti, mentre niun sintoma isolato lo é mai ma l'unione di alcuni? perché parlare di diagnosi diretta e differenziale, mentre tutte sono dirette e tutte differenziali? Vi sono dunque tre condizioni che danno ai mezzi diagnostici la va- lidità clinica che hanno, sottintese però non ben espresse dai pa- tologi. 1.° La preesistenza dei veri tipi della nosografia diagnos- tica. 2. ° f rapporti empirici degli attributi del morbo colla cau- sa prossima che é il centro e l'anima del tipo clinico. 3. ° La pa- tosintesi, o la luce diagnostica che deriva dalla collocazione, in- sieme, e corrispondenza dei dati clinici. Le difficoltà della diagnosi pratica nascono 1.° dalla neccessi- tà dell' analisi. 2.° Dall' imperfezione della patologia. 1 tipi clinici non si osservano mai cosi isolati ed astratti come li presen- ta la scienza ma mi^ti e combinati con un' individuo,ed altre even- tuali influenze, e perciò l'analisi e il buon senso del pratico deve cercare e notare ciò che appartiene al tipo clinico, e ciò che all' individuo, alle complicazioni, alle influenze etiologiche eventuali, e alla costituzione dominante. E questa difficoltà può essere ap- punto diminuita dalla perfetta nosografia che determini di un mo- do generale e sicuro i caratteri costanti proprj de tipi nosografia per ogni variare di eventuali influenze. L'imperfezione poi della patologia in vario guise può influire a rendere difficile la diagnosi pratica; o 'colla discordia dei materiali e tipi nosografìci, caos prodotto tanto dalia imporfetta nosografia razionale come dalla diversa esperienza clinica, o coi diversi e discordi precetti di no- sografia razionale, relativi allo scopo e ai mezzi e al metodo del- la diagnosi, ossia all' essere del morbo e delie cause prossime e al valore diagnostico degli elementi clinici. 0 finalmente coi sis- temi biologici o metodi nosologici conducenti a stabilire le diffe- renze essenziali dei morbilli un modo erroneo non conforme ai veri principj e modelli della nosologia diagnostica. Già indicai [§ 35] quale é il metodo che osserva il medico per formare la diagnosi pratica dei morbi, e che egli non consiste nel- P analisi ma nella sintesi, e che dalla più facile alla più difficileé sempre un confronto del caso attuale con alcun tipo della nosogra- fia. Ora dirò cho questo ordine é affatto diverso da quello artifi- ciale e fittizio che viene proposto dalle patologie generali. De- Rensi infatti sulle tracce de moderni dice"dopo Pesame subbiettivo "ed obbiettivo dell' infermo il medico devo 1.° classificare i sìn- "tomi che si elevano a segni secondo il loro valore diagnostico. "2.° Esaminarli nel loro complesso per determinare la forma NOSOGRAFIA RAZIONALE 329 "morbosa. 3? Tener conto di tutto ciò che può rendere difficile la _diagnosi e trarlo in errore. 4^ Finalmente stabilir la diagnosi. Tutto ciò lo fa il patologo a tavolino, ma noi fa come vedremo il medico al letto dell' ammalato, né lo può fare. La diagnosi comin- cia sempre dai sintomi, e Pesame subbiettivo e obbiettivo dell' in- fermo cioè delle cause pregresse, predisposizioni dall' età, tem- peramento ecc. non é identico e comune a tutte le diagnosi ma é dettato dalla natura del caso. Si tratti p. e. di cefalea con sinto- mi gastrici, é naturale investigare so ha preceduto intemperanza, si tratta di affezioni bronchiali, é naturale investigare so vi sono le cause e la predisposizione alla tisi, si tratti di dolori articolari, é naturale investigare o se precedettero le cause della artrite, o la disposizione gentilizia,o la età e concause della podagra. L'esame obbiettivo e subbiettivo dell' infermo che abbraccia le cause pre- disponenti ed occasionali, il corso del morbo, dai preiudj fino al momento attuale, i rimedi già adoperati, contiene tutti gli elemen- ti per far la diagnosi; e se con essi il pratico non può decidersi e non arriva a trovare un tipo nosografico, non vi arriva colle operazioni mentali che suppone il De Renzi. Chi é di grazia che si occupa di classificare i sintomi per vedere quali sono diagnostici, o prognostici, o terapeutici, sensibili o fisici, costanti, e inconstanti, patognomonici,anatomici,o funzionali? ecc. Se mi si presenta un ca- so di artrite clic posso con facilità confondere colla gotta.o una of- talmia venerea che posso confondere con altra oftalmia,o lina bron- chite chem? interessa discernere da una tisi tuberculare,o un'angi- na maligna die stento a distinguerla da un'angina comune, o una ri- sipola biliosa che ha apparenza di una idiopatica, io non perde- rò certo il tempo a classificare i simtomi, ma esaminando attenta- mente e rapidamente tutti gli elementi del fatto i sintomi le cause l'andamento ecc, vedrò se ha o non ha i caratteri diagnostici del tipo clinico a cui si somiglia. Confesso che io non comprendo questo elevare i sintomi a segni secondo il loro valore diagnostico. "■ I sintomi debbono il loro valore diagnostico alla loro qualità e collocazione; un dolore pleuritico isolato é molte volte insigni- ficante, combinatelo con tosse violenta, con escreato sanguigno. con febbre viva, con gsande dispnea ed ha il valore diagnostico di una grave polmonia. Dunque non é il medico che può elevar i sintomi a segni secondo il loro valore diagnostico, é la patosin- tesi dio ne fa il medico che può dar loro siffatto valore diagnos- tico cioè lo studio dei loro caratteri e relazioni. Nemmeno credo vera né utile né sufficiente per la vera diagnosi pratica la 2'4 opera- zione che consisto noli' esaminarli nel loro complesso per determi- nar la forma morbosa;e poco servirebbe questo vedere i sintomi nel ri 330 PRINCIPJ DELLA loro complesso se ciò non servisse a trovare nel caso attuale un ti- po nosografico; altronde quando avessi determinato la forma mor- bosa sarei appena al principio della diagnosi, perché resterebbe ancora a vedere se la forma morbosa emoptoe é connessa alla plet- tora o alla tisi ecc. perché conosca la causa prossima su cui si fonda la vera diagnosi, la vera prognosi, e la vera cura del morbo. Nel 3. ° punto siamo d'accordo; non cosi nel 4. ° dove ammette una diagnosi assoluta e diretta, ed una differenziale; perché se la diagnosi pratica consiste nel trovare un tipo nosografico, ed ha per organo diagnostico la patosintesi dei dati clinici, tutte le dia- gnosi dalla più facile alia più difficile sono dirette tutte sono dif- ferenziali. Concludiamo: la diagnosi clinica che compete al pratico ha per iscopo trovare l'unità di un tipo nosografico, e la causa prossima che ne é l'anima e il centro, e ciò mediante lo studio empirico di tutti gP attributi del morbo cause, sintomi, effetti del morbo, ef- fetti de rimedi che ne sono elementi e perciò dati diagnostici ap- punto perché si collegano a questa unità e a questa causa pros- sima come parti di un fatto individuo, e malgrado le influenze accidentali che tendono a mascherarlo. Egli dunque ha per rin- venire in pratica un tipo clinico lo stesso scopo, mezzi, e metodo che il nosografo impiega per formarlo. § 119. Della diagnosi pratica che compete al nosografo,—suo scopo, suoi mezzi, suoi limiti, sue difficoltà, suo metodo— La vera e completa nosografia di un moibo e la sua diagnosi clinica sono sinonimi. Se é vero quanto ho esposto, che la diagnosi é la conoscenza del morbo completo, che due sono i modi di questa conoscenza, la pratica e la patogenica, che la diagnosi pratica del morbo con- siste nel trovare l'unità di un tipo clinico, e l'esistenza della cau- sa prossima che vi é relativa; se é vero che la diagnosi pratica che compete al clinico consiste nel trovare nei cari osservati un tipo della nosografia, che le condizioni per ottenerla sono la pree- sistenza di tipi nosografìci esatti, lo studio empirico dei dati dia- gnostici, e perciò le relazioni costanti dei fenomeni o dati clini- ci alle cause prossime, tanto speciali come esse, e perciò la pato- sintesi di questi criterj stessi, osria il metodo sintetico per for- mare queste unità, e questi tipi, e rimontarsi alle cause prossime; se é vero finalmente che anche il pratico deve analizzare atten- tamente ciò che appartiene all' infermo e ciò che al morbo, ne conseguita che la vera diagnosi pratica delle malattie appartiene alla nosografia. NOSOGRAFIA RAZIONALE 331 Questa diagnosi pratica infatti, questa formazione dei tipi cli- nici, questa conoscenza completa del morbo, non é l'opera di un medico ma dei mediei, non é il frutto di un' osservazione isolata nuova unilatere, ma universale, molteplice, e ripetuta, che fissa in grande scala e col fare una estesa coordinazione di casi simili, le relazioni costanti etiologiche, prognostiche, e terapeu- tiche di certi tipi, in mezzo alle eventuali influenze dell' indivi- duo, delle cause accidentali, delle complicazioni, e che ha final- mente la luce della statistica e dell' anatomia patologica. Che il mio lettore richiami a questo luogo quanto ho scritto nella scien- za del metodo [§36-42. § 53-til.] e potrà stabilire. 1.° Che se i tipi clinici sono astrazioni ed esigono l'analisi per P elimina- zione delle circostanze accidentali,é un principilo compito della dia- gnosi pratica che fa il nosografo, quello di stabilire i caratteri proprj del morbo speciale, e perciò costanti anche in mezzo alle differenze eventuali. 2.° Se i tipi clinici sono certe unità ed esigono la sintesi per riferire ad essi i veri loro elementi, é un precipuo compito della diagnosi pratica che fa il nosografo, quel- lo di trovare e formare questa unità mediante la patosintesi di questi attributi o elementi del morbo. 3.° Se la condizion pato- logica è il centro e l'anima di un tipo clinico, se ad essa si con- nettono gli attributi del morbo come elementi di un fatto indi- viduo, la sintesi é il vero metodo per formarlo, perché essa cer- ca e trova i speciali rapporti empirici dei fenomeni^ onde si forma l'unità del tipo, onde si scopre la condizion patologica. Ammessi questi principj la cui verità ho dimostrato nella l.p sezione, e dimostrerò in questa, ne conseguita che la nosografia dei morbi, non generica, superficiale, meschina, e incompleta; ma descrizione e storia generale delle malattie speciali, ma ricca dei fatti che l'osservazione universale somministra, ma diretta dalla filosofia dei fatti e dalla critica che ne emana, nosografia insomma perfetta, e completa, e diagnosi pratica o clinica sono sinonimi, per- ché una storia sifatta importa la formazione di un tipo clinico, importa la scoperta della sua condizion patologica, importa la sintesi empirica de suoi veri e speciali fenomeni ed elementi che conduce a trovar l'uno e l'altra. Questa tesi sembrerà a prima vista un paradosso eppure é una verità che riassume tutta la dottrina esposta in questa sezione. E parrà un paradosso perché si é avvezzi a riguardare la nosogra- fia descrizione superficiale della fisionomia di un morbo senza com- prendervi tutti i suoi elementi clinici, cause, esiti, alterazioni ana- tomiche, effetti dei rimedi, e cosi s'intende per diagnosi il di- scernimento ed il quadro delle forme morbose non la conoscenza 332 PRINCIPJ DELLA di tutto il morbo. Ma stabilito che per nosografia deve intender- si la descrizione fedele non di una parte sola ma di tutto il fatto clinico, e cosi per diagnosi non il discernimento dell' apparen- za, forma, o fisionomia del morbo, ma della forma connessa alla causa prossima; che questa (o consista in alterazione de solidi o de fluidi, o circostanza qualunque) si connette a certe cause remote, a certi sintomi, a certi esiti,a certi mezzi di cura; stabilito che ques- ti attributi del morbo hanno appunto un valore diagnostico per- ché hanno una speciale relazione empirica colla causa prossima, e formano un tipo clinico individuo perché vi hanno sifatta con- nessione, rimano fermo e dimostrato egualmente che la nosogra- fia di un morbo eh vi non comprendesse tutti questi elementi ed i mutui loro rapporti, e la loro significazione speciale a svelare la causa prossima sarebbe una nosografia infedele e incompleta; e co- si pure una diagnosi che si arrestasse alle mere formo morbose, elio non penetrasse fino alla causa prossima, e ciò colla guida di tutti i dati diagnostici, che per esservi specialmente connessi con- ducono a discoprirla, non sarebbe diagnosi. Se io infatti descrivo fedelmente l'oftalmia sifillittica ne faccio una diagnosi clinica esatta porche descrivo le specialità caratteristiche di qualità e di mutua relazione, andamento, esiti, effetti de rimedi elio gui- dano a distinguerla da ogni altra oftalmia e no fanno uu tipo sui generis perché connesso a mìa condizion patologica parti- colare. E cosi viceversa s'io faccio una descrizione generica, superfi- ciale, e infedele dell' oftalmia, [e cosi si dica di altre forine mor- bose, cefalalgia, singulto, dispnea, dissenteria ecc.] nella quale o confondo gli attributi di malattie distinte, o delle varie oftalmie, oppure anche avendo in mira un tipo clinico certo [com' é p. e. la oftalmia sifillitica] non descrivo e non vi riferisco i suoi veri caratteri o etiologici. o scmeiottici, o prognostici, o terapeutici, la mia nosografia riesce falsa infedele o incompleta; e la diagnosi pratica del clinico che la prende per base, é presso a poco impos- sibile od un vergognoso indovinamento. Ciò posto é applicabile alla diagnosi clinica quanto ho det- to nella scienza del metodo (§ 36-42. 53-61.) per fissare io scopo, i mezzi, i limiti, le difficolta, il metodo che spettano alla diagnosi pratica che fa il nosografo. Lo scopo di essa non consiste nel de- lineare una forma morbosa vaga o generica, ma cercare e trovare Punita di un tipo, clinico di un fatto individuo, non consiste nell' inmagìnare a priori condizioni patologiche, ma stabilire quelle a cui l'induzione clinica é condotta dalla patosintesi dei criterj dia- gnostici. I mezzi per ottenere questo grande scopo sono i dati o NOSOGRAFIA RAZIONALE 333 criterj diagnostici vale a dire l'osservazione clinica, ma non una osservazione superficiale come quella dei sintomatici che si arres- ta alle forme astrazion fatta dalla causa prossima, e che trascura gli altri elementi del morbo, e sopratutto trascura di studiarli nel loro insieme. Ma non un' osservazione che non ha fede nei criterj diagnostici, e perciò non cerca né trova i rapporti che essi hanno colle cause prossime, non un' osservazione prevenuta da idee teo- riche sulle condizioni morbose. Perciò una osservazione ben di- retta e completa perché tiene conto di tutti gli elementi del fat- to e dei caratteri e dei rapporti che conducono la mente a for- marlo; perciò si risolve in studio empirico delle relative cause, dei relativi sintomi, dei relativi effetti del morbo, dei relativi effetti dei rimedi, o delle relative alterazioni anatomiche. Queste idee segnano i confini fra lo scopo e i mezzi della diagnosi pra- tica e lo scopo e i mezzi della diagnosi patogenica. La diagnosi pratica cerea e trova e fissa l'esistenza in una condizion patolo- gica p. e. la flogosi, la condizione scorbutica, tuberculare; la dia- gnosi patogenica indaga e scopre la uà tur a, l'origine,l'essenza di es- sa flogosi, scorbuto ecc. La diagnosi pratica cerca e trova i fe- nomeni o dati diagnostici, cause, sintomi ecc. che corrispondono alla flogosi, tubercolo, scorbuto; la ' patogenica indaga perché vi corrispondono. L'insieme dei dati diagostici basta alla diagnosi pratica por fissar l'esistenza di una tisi, di una podagra, di una pol- monia; ma non basta alla diagnosi patogenica per iscoprir la na- tura di questi morbi, perché ha d'uopo di studiar questi dati in grande, e interrogarli, e confrontarli colie leggi fisiologiche, in- somma farne altretanti dati patogenici. Il mio lettore può richiamare a questo luogo quanto io dissi sul- le difficoltà della nosografia, [§ 37. 38. 39. § 55-59.] alle quali può aggiungersi quella di mettersi in guardia contro i falsi me- todi nosologici, e sistemi biologici. E rispetto al metodo che con- viene alla diagnosi pratica che compete al nosografo, uopo é che il mio lettore richiami quanto ho detto sull'analisi neccessaria a estrarne un tipo clinico dalle circostanze eventuali con cui può osservarsi, o dai fatti dissimili con cui può confondersi, e sulla sin- tesi neccessaria a vedere i fatti collaterali nei loro veri rapporti coi fatti individui; e quanto ho detto sulla coordinazione noso- grafica, sulla erudizione, e sulla critica dei fatti clinici, e l'insuf- ficienza dei criterj nosografia finora usati a confronto dei princi- pj della nosografia razionale— Vorrei che i medici avessero ben presenti questo idee perché essendo certo che la diagnosi pratica può ottenersi per mezzi-spe- rimentali; che la diagnosi patogenica é diversa, e deve venir do - 334 PRINCIPJ DELLA po, e falsa o vera nulla toglie alla certezza ed efficacia di quella; i medici avran diritto di riguardarla nostra scienza e Ja nostra arte tanto solida e sperimentale come le altre scienze fisiche, e ritenere la nosografia razionale come il mezzo di ben diriggere l'arte medica, respingendo Pinflueiza de sistemi medici e dei me- todi nosologici, che spesso gli servirono più d'imbarazzo e d'osta- colo che d'aiuto.Visto che cosa é diagnosi o la conoscenza del mor- bo, esaminiamo che cosa é il morbo che é lo scopo della diagnosi, e formiamocene un' idea filosofica insieme e pratica che sia utile al clinico, al nosografo, ed al patologo. § 120. Cos'è malattia considerata come il subbietto della noso- grafia, della nosologia, e della putogenia'ì Definire cos' é malattia equivale al determinare qual' é l'og- getto che il nosografo deve descrivere e distinguere, che il pato- logo deve classificare ed* interpretare, o studiare nelle sue cau- se, né suoi effetti, e nella sua più vera natura. La sintesi é talmen- te un bisogno dello spirito umano che i trattati d'ogni scienza cominciano colle definizioni che sono le nozioni complessive e sintetiche del suo subbietto: quindi hanno esse una vera importanza perché rappresentano i risultati degli studj passati, e l'oggetto di studj futuri, e perché i trattati stessi sono quasi lo sviluppo analitico di queste nozioni sintetiche. La definizione della malattia, é una nozione veramente fonda- mentale, perché rinserra l'oggetto e il risultato di tutti gli stud] medici. E vediamo infatti che le definizioni della malattia rap- presentano tutto lo spirito d'una dottrina medica, e decidono dell' avviamento dato agli studi patologici. Le definizioni della ma- lattia proposte da Ippocrate,da Stalli,da Vanhelmont,da Sydenam, da Sauvages, da Hoffmann, da Boerhaave, da Fernclio, dai me- todici, da Brown, da Bufalini ecc. non altro sono che l'espres- sione dei rispettivi sistemi medici, vale a dire del modo d'inter- pretare i fatti della vita sana e morbosa. Definizione é nozione: definir quindi cos' é malattia in generale o in tutti i casi equiva- le al conoscerla nella sua essenza e natura, o indicarne i caratte- ri che la costituirono e che sono le condizioni di sua esistenza. In due modi si é dunque definita la malattia, o di un modo teorico efisio-patogenico die cioè rappresentasse qual' è l'essenza della malattia, lo scopo della natura nel promuoverla, il meccanismo ed il fine dello stato morboso; o di un modo pratico e descrittivo, che indicasse certi caratteri generali e comuni dello stato morboso, atti a distinguere la malattia dallo stato normale della vita. Ap- partiene al modo teorico la definizione di Sydenam "morbum.... NOSOGRAFIA RAZIONALE 335 nihil est aliud quam naturai conamem materia? morbifìcaa estermi- "nationem in oegri salutem omni ope molientis'' o quella di Cayol che la malattia consiste in una funzione accidentale, o quella di Brown "morbus omnis communis in aucta vel iuminuta incitatio- ne consistit"o quella di Bufalini"una speciale mutazione dello sta- to materiale del corpo vivo operata o da sostanze inconvenienti esistenti nel corpo stesso, ovvero da alterazione di ordine e com- posiziono del misto organico". Appartiene alla definizione pratica o descrittiva quella di Galeno "una diatesi (o condizione) del corpo per la quale si ledono le funzioni-o quella di Boerhaave-la malattia é un' alterazione del corpo che ne turbale funzioni vita- li naturali e animali-o quella di Hufeland-deviazione dallo stato naturale della sostanza dell' uomo vivo per cui si turbano le fun- zioni-o quella di Chouiel-un disordine notabile sopravenuto sia nella disposizione materiale delle parti costituenti il corpo vi- vente, sia nell' esercizio delle funzioni. Gioverà riconoscere a questo luogo che la definizione teorica esprime un giudizio sull' essenza della malattia fondato sopra un sistema dato di fisiologia, mentre la definizione empirica espri- me un fatto, vale a dire un' idea pratica qual' è quella di un di- sordine delle funzioni connessa a certa diatesi o alterazione del corpo. Ora definire la malattia di .un modo teorico o di un modo empirico, presentare un giudizio della sua essenza, od un' idea empirica de suoi caratteri costitutivi é cosa piena di difficoltà, e che esige la più severa e giusta filosofia della vita e della medi- cina. E' piena di difficoltà perché equivale al derivarla da un com- pleto e giusto sistema fisio-patologico di medicina di cui essa de- finizione é l'espressione e la sintesi; e perché conviene tutta la se- verità della logica medica per determinare i caratteri veri e le condizioni di esistenza dello stato morboso. Un grosso volume non basterebbe per l'esame critico delle definizioni o teoriche o pratiche che ci furono date; e non sarebbe difficile dimostrare che tutte le definizioni teoriche sono appunto incomplete, perche sono la espresione d'un sistema biologico erroneo: e cosi sono egual- mente imperfette le definizioni pratiche, perché non sono determi- nati con bastante chiarezza le condizioni vere, e i veri e genera- li caratteri del fatto clinico. Cosi le definizioni patogeniche non sono per lo più che vedute ipotetiche, le pratiche prendono di mira un' attributo della malattia, non le condizioni reali per cui esiste, per cui ci apparisce, e per cui possiamo distinguerla da ogni altra. Credo pertanto convenire al mio proposito e al disegno di quest' opera presentare una definizione della malattia che sia insieme teorica e pratica, e che possa servir di utile base per la nosogra- 336 PRINCIPJ DELLA fia, per la nosologia, e per la patogenia. 11 lettore mi permetterà che vi spenda intorno alcune parole per giustificarla, essendo essa appunto la sintesi della patologia nuova che presento. La malattia consiste '"in una situazione o condizione innormale "di alcuna parìe dell' economia vivente., si!'(azione cui producono le "cause nocive, o le circostanze contrarie alle leggi di rapporto vita- "le, perciò all' armonia delle parti e delle funzioni, situazione a cui "corrispondono fenomeni ed alti di di-ordine e di vitale conflitto, coor- "dinate a manifestarla, a contrastarla, cancellarla,situazione a cvicor- "rispondeVefficacia ai quii rnizzi che diretta e indirettamente possono "toglierla o modificarla"— Coloro che dicono che ogni definizione deve esser breve, (^de- rideranno la mia corno lunga e stucchevole. Ma dirò io alla mia volta: perché una definizione devo esser breve? Non é forse una definizione la nozione sintetica dell' oggetto definito che é soven- te l'asse stesso di una scienza? 11 nosografo che va a descrivere una malattia, il clinico che la studia al letto dell' ammalato, il pa- tologo che la studia in tutti i materiali scientifici e pratici non hanno forse il dovere e il diritto di sapere che cosa é ciò che cer- cano, ciò che osservano, ciò che descrivono e classificano, e ciò che studiano? E come ponno saperlo, come ponno aver la nozione sinte- tica dei fatto malattia senza che dessa esprima e comprenda i carat- teri, le condizioni, gli elementi del fatto stesso? E come ponno esprimerò tutto questo, caratteri, elementi, condizioni del morbo in una riga? S'io ne avessi il riempo potrei dimostrare che le definizioni teoriche che ci furono date rappresentano fedelmente i sistemi medici, e so- no erronee quanto essi, e cho le definizioni pratiche sono altretan- to unilateri, sterili, incomplete,'insignificanti come lo fu la pato- logia generale che le produsse, o imperfetta la filosofia medica di chi le dettò. Mi giova, piutosto dimostrare che come la defini- zione della malattia esprime la sintesi di tutta la patologia, di tutto un sistema medico buono o cattivo clic sia, cosi la definizio- ne che propongo, costituisce la sintesi di tutta la mia dottrina patologica, e può servir di base sicura e di germe fecondo tanto alla nosografia filosofica, come alla nosologia diagnostica, come alla patogenia induttiva, le tre parti della mia scuola zoonomica. Dire infatti che la malattia é riposta in una situazione o condi- zione in normale di alcuna parte del corpo vivente equivale già al dichiarare che la condizion patologica costituisce il foco, il cen- tro, l'anima, la causa prossima del fatto clinico, che dessa deve [I] Dice Cuomel ••mie d-jiiuicion devaut otre cuurce. ... nosografia razionale 337 essere l'oggetto della diagnosi clinica e nosografica, la base della classificazion nosologica, la mira delle indagini patogeniche.Equi- vale al dire che nel fatto clinico vi é Informa morbi eia causa morbi, i fenomeni esterni e le cagioni interne, lo condizioni innor- mali e i dati diagnostici; ma che le cause interne sono l'oggetto costante delia diagnosi clinica e patogenica, perché l'anima, l'in- ius movens del fatto clinico. Questa condizione innormale sia piutosto o primitivamente dei solidi o dei liquidi, sia circoscritta a pochi punti, o ad un' organo, \\\\' apparato, un sistema, sia visi- bile e riconoscibile ai sensi, o soltanto accessibile all' iuduzione; questa condizione innormale o patologica che voglia chiamarsi, é ciò che hanno prodotto le cause remote, é ciò a cui si connettono i sintomi ed atti morbosi, e perciò l'andamento la durata la ter- minazione del morbo, é ciò a cui mirano i mezzi terapeutici siano della natura o dell' arte. Anche Galeno avea visto nella malat- tia la diatesi a cui si lega il disordine delle funzioni, però era d'uopo dichiarare essere dessa una situazione innormale di alcun punto dell' economia, cioè contraria allo leggi della vita normale, il'che importava ricercai-'c quali sono queste leggi, e in quali modi le cause nocive le offendono. Perciò con ragione fu opposto a Galeno che la vecchiaia, la mestruazione, la gravidanza ecc. tur- bano certe funzioni senza malattia o senza essere costituite da condizioni innormali. Dire che la malattia è riposta in una condizione innormale di alcuna parie del corpo vivente equivale al riguardare l'innormale come carattere e condizione suprema dello stato morboso, e se- pararsi quindi dalle idee di Brown che riguardava lo stato di ma- lattia quale un grado aumentato o diminuito del fisiologico ec- citamento, equivale entrare nelle vedute di Ileil che ritenea la malattia non uno stato negativo, non opposto alla salute, ma so- lamente diverso, e altresì positivo perché avente leggi proprie ed effetti proprj; equivale all' addottarc la dottrina del Bufalini, per cui lo stato morboso non é un più o meno dello stato fisiologi- co, ma uno stato nuovo e diverso, stato di disordine degli atti e parti organiche. Dire di alcuna parte dell' economia vivente, equivale al dichia- rare che tutte le malattie sono locali rispetto alla condizion pa- tologica benché sia circoscritta alle volte a pochi punti, altre a un' organo, un' apparato, un sistema intero, e conduco a distinguere nel morbo la sede ofoco,ele participazioni consensuali più o meno estese. Questo principio tanto mi allontana dalle idee chimeriche delle diatesi browniane ed umorali • quanto mi avvicina in parte alle idee di Rostan e di Giacomini, che cercano nella malattia Por- 338 , PRINCIPJ DELLA gano offeso più che le proprietà vitali alterate, e mi guida a pre- scindere dalla disputa vana [che rinchiude la definizione di Cho- mel, o quella del Bufalini] sul distinto disordino delle parti ed azioni organiche, e sulla scolastica divisiono delle malattie in organiche e dinamiche. Questo principio conduce a ricercare la sede, come l'estenzione, il genio dei processi morbosi tanto il no- sografo come il patologo. Dire "situazione che producono le cause nocive contrarie alle "leggi di rapporto vitale, o all' armonia delle parti e delle azioni "organiche" equivale al dichiarare non esservi malattie spontanee, sebbene tali appariscono alcune per la difficoltà di osservarle e studiarle; ed essa' quindi di suprema importanza per la diagnosi clinica e patogenica Io studio delle cause nocivo. Equivale al di- re che le cause nocive sono un dato diagnostico, ed un elemento inseparabile del fatto ^clinico, se sono una condizione indispen- sabile alla sua formazione; equivale al dire che dall' elemento etiologico comincia la storia cosi come la teoria dello stato mor- boso. Questo é altresì un definire le potenze nocive, perché le con- dizioni del nocivo non sono già di essere o chimicamente o me- canicamente infeste all' economia, od operanti come stimoli o come deprimenti, ma di essere violazioni delle leggi di rapporto vitale, anatomiche, cosmiche, funzionali, come ho dimostrato al- trove; leggi relative e la cui violazione si conosce dal fatto dello stato morboso, come l'osservanza si conosce dal fatto dell' armo- nia delle parti e delle azioni organiche. Poco importa che abbia- no preceduto cause nocive; se non vi succede malattia non furono nocive, non violarono le relative leggi di rapporto vitale; 3e vi é malattia, precedettero cause nocive ancorché ci siano ignote, e ancorché fossero indifferenti ad altri organismi. Dottrina che mi allontana dalla passività etiologica di Brown e di Puccinotti, e che dà un passo più avanti che le cause predisponenti ed occa- sionali delle scuole, e stabilisce un vincolo neccessario fra la pa- togenia e la ^fisiologia razionale. Dicendo che il morbo é prodot- to dalle cause nocive si fa un' esposizione nosografica del fatto; dicendo che le cause sono nocive perché violazioni delle leggi di rapporto vitale si dà una ragione firio-genica del fatto. Cosi una parte tanto importante della mia sintesi ha i due lati storico e razionale. Dire che ''alla condizion patologica corrispondono fenomeni ed "atti di disordine e di vitale conflitto coordinati a manifestarla,con- "trastarla, cancellarla "equivale a stabilire alcuni principj di noso- grafia e patogenia della più grande importanza. Egli é stabilire in 1. ° luogo che il disordine o degli atti o delle parti organiche costi- NOSOGRAFIA RAZIONALE 339 tuisce il carattere supremo d'ogni stato morbosojdoversi quindi res- pingere la dottrina browniana come ogni dottrina dinamica che cerca nello stato morboso il più e il meno delle condizioni, fisio- logiche; o la rutina delle scuole che fissano le differenze dei mor- bi nell' eccesso, difetto, o disordine. Egli é stabilire in 2(? luogo che vi é una corrispondenza semeiottico costante fra i sintomi o fenomeni esterni delle malattie, e le condizioni patologiche inter- ne; doversi dunque respingere la dottrina di quasi tutti i moder- ni che insegnarono potere una forma morbosa dipendere da cau- se prossime molte e diverse; doversi respingere Pai tra del Bufa- lini: poter esistere malattia senza alcuna manifestazione sintoma- tica: non esistere relazione diretta né corrispondenza costante e fedele fra i sintomi e le cause prossime. Egli é stabilire in 39 luo- go l'autocrazia della vita nelle manifestazioni sintomatiche, evi- dente dunque la nececsità di nuova e completa osservazione cli- nica, dei sintomi in relazione alle vere condizioni patologiche; evi- dente il dovere del medico di interpretare e studiare questo lin- guaggio della natura morbosa, studiare i sintomi nelle loro par- ticolarità e nelle vere loro relazioni perché sono la chiave e la sintassi di questo linguaggio. Egli é stabilire in 49 luogo non solo che la malattia non é uno stato negativo, mancanza della sa- lute e disordine della azioni normali, ma bensì uno stato positivo nuovo e diverso, neccessario a coordinare l'economia offésa dal- le potenze nocive; e che gli atti morbosi manifestati dai sintomi non hanno solo un' efficacia diagnostica,ma una tendenza ed effica- cia terapeutica. Il dolore infatti, la febbre, la flogosi.il vomito ecc. non sono gradi di vermi' azione fisiologica, sono atti nocivi in se stessi majutili e neccessari relativamente alle cause che gli provo- carono o alla situazione che queste formarono all' economia. Il qua- le principio se ci allontana da coloro che vedono nella malattia uno stato assolutamente nocivo non relativamente alle condizioni mor- bose utile e neccessario, se ci riconduce alle massime del vitalis- mo ippociatico e perciò al dovere di studiare le tendenze salutari e riparatrici non dei poteri fisiologici, ma degli atti morbosi, lo fa di un modo diverso, e concilia l'attività dell' arte con l'attività della vita, perché coordinati non suona sufic'n-mi, e poche am- mette non il conflitto fra la natura e la malattia, ma fra la na- tura eie situazioni innormali o gli effètti delle cause nocive. Egli é stabilire in 5.° luogo che il corso, durata, e terminazione dei morbi sono i rapresentatìvi di questo conflitto, perché so-:o una successione di atti, o neccessaria all' effetto della riparazion pa- tologica, o indizio di alcun' ostacolo qualunque al compimento della medesima. Egli é in 6.° luogo finalmente uno stabilire 340 PRINCIPJ DELLA una differenza profonda fra le condizioni innormali, e gli atti e fenomeni morbosi cho vi sono connessi, e connessi per manifestar- le, e connessi per escluderle o cancellarle. Pertanto l'elemento semeiottico della mia definizione ha una doppia importanza e per cosi dire due lati: come ùnto diagnosti- co o nosografico servo a riconoscere in pratica la sedo il genio il grado, o "l'esistenza della condizion patologica: come dato pato- genico guida a riconoscere la natura stessa, degli atti o processi morbosi e i fini ammirabili della natura nello stabilire questa cor- rispondenza fra certi sintomi e certe condizioni patologiche. Da questo concetto risultano altri vantaggi, perché considerati i sin- tomi e le forme morbose come e fiotti e contrasegni delle malat- tie, non come le malattie stesse, é evidente la neccessità di porta- re il pensiero alle condizioni patologiche cho sono lo scopo della diagnosi clinica e nosografica, é aperto il cammino alla vera no- sologia diagnostica, rigettate por sempre tanto le chimere della nosologia sistematica-, atonia., irritazione, ipostenia, diatesi, irrita- zione ecc. conici semifatti della nosologia sintomatica, e finalmen- te sono proposte le situazioni innormali corno l'ultimo termine della scienza come il postulato della patogenia. Si dirà forse che nelle cosi detti» malattie organiche manca il vitale conflitto: gioverà per altro'riflettere che se in queste il disor- dine non é delle azioni é della parti organiche, o so il vitale con- flitto non vi è a "certa epoca, vi fu primi se esse furono Petletto di malattie vitali, o vi sarà dopo se sono la causa di secondari sconcerti e risentimenti. "Direfinalmente che alla situazione innormale corrisponde l'ef- "fìcacia di quei mezzi cho diretta o indirettamente possono togli- "erla o modificarla" rinchiude e rappresenta principj, di noso- grafia, di patogenia, e di terapeutica razionale di suprema impor- tanza. Egli é in 1.° luogo stabilire che l'efficacia dei rimedi non deve essere studiata iu relaziono ai sintomi e allo formo morbose, o acliiinericho e sistematiche alterazioni dei solidi e dei fluidi, ma in relazione a condizioni patologiche quali emergono dal concor- so di tutti i dati diagnostici, o dall' induzione clinica e sperimen- tale. Egli é in 2.° luogo stabilire che se dati rimedi corrispondo- no a date condizioni morboso formano dunque una parto impor- tantissima della loro storia, un membro un' elemento della loro personalità, un dato diagnostico caratteristico per riconoscerle. Egli é in 3. ° luogo un prescindere da un' errore generalmente addottato cho consiste nel dare agli agenti terapeutici un' effica- cia assoluta inimitabile, mentre è multiforme relativa e condizio- nata; egli é prescindere dal ricercare sopra quali proprietà vita- NOSOGRAFIA RAZIONALE 341 li agiscono i rimedi per indagare piutosto di che modo influiscono direttamente o indirettamente sulle causo prossime palesate dal- le indagini patogeniche. Di tal guisa sarà la patogenia dei morbi procacciata con tutti i mezzi, tutti gli aiuti della scienza, quella che rischiari l'azione dei rimedi: non la supposta azione dei rime- di quella che determini la natura e patogenia dei morbi come fu praticato finora da quasi tutti i sistemi medici. Eglié in 4. ° luo- go stabilire che tutti i mezzi di cura hanno uno di questi duo ef- fetti; o portano direttamente la mano sopra la causa stessa del morbo, come la magnesiache neutralizza l'acido spontaneo, o il caustico che distrugge il virus della pustola maligna, od aiutano e governano le forze della vita, o gli stessi processi morbosi per riordinare l'economia sconcertata. Il concetto che propongo abbraccia dunque i due lati del fatto clinico, e della scienza patologica [che è il modo di studiarlo]: il modo nosografico o pratico, ed il lato patogenico e teorico; e in- dica nitidamente quale deve essere l'oggetto della nosografia, del- la nosologia, e della patogenia. Infatti mira falla situazione in- normale, alla condizion patologica come al centro stesso, l'essenza, il foco della malattia, all' oggetto della diagnosi e della cura; mira alle cause remote,ai sintomi,agli effetti dei morbi e dei rime- di come a dati diagnostici per riconoscerle, perché oggetti che ad essa si legano e corrispondono come elementi del fatto clini- co. Ecco dunque gettate le basi di una nosografia veramente filo- sofica e pratica che si vale dei dati diagnostici elio fornjspe la os- servazione per determinare in modo induttivo la condizion pato- logica dei morbi. In tal guisa ecco trovato il filo sicuro per la dia- gnosi pratica, perché determinato il valore diagnostico dei dati clinici,ecco formata l'unità del fatto clinico non cogli elementi ipo- tetici delle scuole moderne ma cogli clementi clinici e sperimen- tali comuni a tutti i tipi clinici; ecco la prognosi fondata storica- mente sulla realtà delle relazioni semeiottiche, e teoricamente sul- la conosciuta natura del morbo o del vitale conflitto; ecco una norma sicura per rendere utile ed applicabile l'erudizione pratica; ecco sicure basi d'onde desumere le indicazioni tcrapetiche, o pra- tiche o razionali La malattia cosi definita può allora servire di utile base e di oggetto non ad una nosologia sintomatica e super- ficiale, non ad una sistematica e chimerica, ma ad ma nosologia diagnostica che intenda a classificare dei fatti completi, perché presa di miraja condizione "patologica come il centro l'anima la causa interna del fatto clinico, sarà permesso ed utile e filosofico coordinarci morbi, non per le comunanze e differenze apparenti dei sintomi o delle cause remote, o degli effetti dei morbi, o quel- 342 PRINCIPJ DELLA li dei rimedi, cioè dei fatti collaterali, ma per le comunanze e dif- ferenze reali delle condizioni patologiche manifestate piaticamen- tc pel concorso speciale di tutti i dati diagnostici; cioè pel crite- rio sperimentale della patosintesi. La mia definizione non.con- tiene già solo le parti per riconoscere il morbo come un fatto cli- nico ma eziandio i dati per determinarne lo scopo e per cosi dire il meccanismo, perché rinchiude gli estremi da cui si conosce la genesi e la natura e per cosi dire il fine degli atti morbosi. Può dunque servir di base alla patogenia quella che colla guida dei fatti clinici e della fisiologia razionale indaga la natura e il mec- canismo degli atti e processi morbosi e rende quindi razionale la terapeutica. Ora o si consideri questa definizione come la sintesi della mia dottrina patologica, o questa come lo sviluppo di quella, non vi sarà patologo imparziale che non ne veda la importanza e l'influ- enza, e perché parmi che possa servire di utile base alla nosogra- fia, alla nosologia, ed alla patogenia.— § 121. Della condizione patologica—Essa é l'anima del fatto clinico, e l'incognita del problema diagnostico. I sintomi sono i primi oggetti che chiamano l'attenzione del clinico e del nosografo. Ma appunto perché sono Informa morbi o l'effetto e il contrasegno di alcuna alterazione interna o della causa morbi, la mente ricorre subito a ricercare quale può essere questa condizion patologica, questa causa prossima degli esterni fenomeni o effetti. Queste due espressioni avendo nelle scuole un significato diverso da quello che io le do, giova manifestar con esempi quello che per me suonano. Si tratti di una gastralgia da indigestione, di una flemmasia epatica, di una forma scorbutica di cui vogliamo o formare la descrizione nosografica o la diagnosi clinica. I sintomi simultanei (forma morbosa) i consecutivi (corco e durata) le cause nocive [predisponenti ed occasionali]; gli esi- ti e successioni, i relativi vantaggi di certi rimedi, concorrono in un caso a darci Pevidenza di una eteropatia gastrica, nell' altro di una flogosi epatica, nell' altro finalmente di una condizione scorbutica. I sintomi, le cause, gli effetti del morbo, gli effetti dei rimedi sono i dati clinici e diagnostici che col loro concorso cor- rispondenza e patosintesi guidano a formare l'unità patologica cioè discoprire la causa prossima o condizion patologica di questa unità. E perché quei dati sperimentali sono dati diagnostici? E perché la condizion patologica o causa prossima la discopriamo non per via di osservazione ma per via d' induzione?—Perché fra la condizione patologica e i dati diagnostici o clementi del fatto NOSOGRAFIA RAZIONALE 343 clinico esiste un rapporto innegabile e pratico neccessario cos- tante. Data la presenza nello stomaco di sostanza relativamente indigesta appariscono sintomi proprj di una condizione irritati- va, distinti da quelli di ogni altra condizione morbosa, che cessano allo scomparire la materia indigesta [causa prossima della gas- tralgia] donde il relativo vantaggio di quei mezzi che tolgono la materia stessa, emetici, purganti ecc. Data una flogosi epatica appariscono sintomi propri di una condizione flogistica, non atti solo a manifestare che il fegato è infamo, ma che lo é di flogosir sintomi quindi distinti da ogni altra condizione morbosa; hanno preceduto cause nocive speciali, benché risiano ignote o mal'os- servate, il corso la durata l'esito sono proporzionati alla violenza delle cause, al grado della malattia, e al modo con cui sarà cura- ta, e vi corrisponderanno i rimedi i più atti a risolverla, o i rela- tivi antiflogistici. Data una condizione scorbutica essa sarà ma- nifesta por mezzo di sintomi speciali atti a distinguerla da ogni altra condizione morbosa, avranno preceduto cause speciali (alte- ranti la crasi del sangue), gli effetti del morbo saranno speciali, e proprj di questa degenerazione plastica,e del grado a cui fu por- tata, e a questa specifica condizione morbosa sono relativi irime- dj profilatici ed antiscorbutici conducenti a curarla. Da questi esempj rimane dunque dimostrato che la condiziono patologica o causa prossima della malattia é l'anima del fatto cli- nico, e l'incognita del problema diagnostico, perché essa è la con- dizione essenziale del morbo, e costituisce non Porgano vivente al- terato ma il modo con cui é alterato, perché essa é quell' altera- zione interna occulta che producono le cause remote, è quella a cui sono connessi i sintomi simultanei e consecutivi, i quali com- pariscono, aumentano, ^diminuiscono, cessano in proporzione che quella comparisce, aumenta, diminuisce, vien tolta; è quella final- mente a cui sono diretti i mezzi curativi, perché essi tolgono o di- minuiscono i sintomi in quanto tolgono o diminuiscono la causa prossima di essi, e sono speciali e relativi in quanto corrispondo- no ad una causa prossima speciale. § 122. La condizione patologica é ammissibile per induzione spe- rimentale senza bisogno dell' interpretazione patogenica destinata a venir dopo. Dichiarato che cosa sono le condizioni patologiche o cause pros- sime delle malattie, giova ora dimostrare—che esse sono ammis- sibili per induzione sperimentale senza bisogno de interpretazione patogenica destinata a venir dopo—perché si veda come la pre- sente dottrina patologica può incammarci di nuovo sulla vera 344 PRINCIPJ DELLA via della osservazione clinica, applicando alla patologia ed alla pratica il vero metodo sperimentale e sintetico, e come può chiu- dere per sempre la porta ai sistemi medici a priori, e impedire che travolgano la nosografia, la no'sologia, eia patogenia. Infatti (per tornare agli esempi addotti di sopra) se il nosografo stabilisce l'unità clinica gastralgia da indigestione, se cerca e trova la condizion patologica che chiama indigestione, irritazione, ete- ropatia, non vi è condotto da nessuna teoria a priori, ma bensì dalla speciale qualità dei sintomi, da quella delle cause remote, dalla corrispondenteutilità di certi rimedi, tutte cose che ha potu- to osservare e sperimentare al letto dell'ammalato; che sono ve- rificabili di nuovo perché inerenti alle leggi del!a natura viven- te, Cosiseli nosografo stabilisce l'unità clinica che chiama epa- tite, ed alla flogosi epatica riferisco le cause nocive che la sve- gliarono, i sintomi cho la manifestano, il corso, la durata, gli esi- ti che seguiranno, e l'efficacia di certi mezzi capaci a risolverla, non vi è condotto da nessuna teoria sulla diatesi o sulla flogosi, da nessuna teoria fisio-patologica, ma dall' osservazione empirica di questi dati clinici connessi in date maniere da formare l'unità clinica che chiama epatite. Cosi finalmente farà di quest' insieme cause sintomi corso esiti effetti de rimodi l'unità nosografica chia- mata scorbuto qualunque sia la sua opinione sulP intima natura di questo morbo; unicamente fondato sull' osservazione di quei caratteri, e sulla riunione loro, e corrispondenza. Le condizioni patologiche o cause prossime non sono cose che si vedono e che si toccano coi sensi, ma coli' intelletto, non sono sensazioni, ma giudizj sperimentali, non sono l'opera dell' intui- zione ma dell' induzione. Esso sono tanto certe alla nostra men- te come le qualità dei corpi, elasticità, gravità, ellettricità, ecc; perché l'osservazione dei fenomeni o patosintesi loro ce ne dà l'e- videnza. Tanto il medico è sicuro dell'esistenza del fatto clinico perniciosa cefalgica, come il fisico dell' esistenza del ferro perché lo desume dalla sintesi de suoi fenomeni, come il fisico lo desume dalla sintesi de suoi caratteri. Che l'indigestione, l'epatite, lo scor- buto vengano interpretate in venti modi diversi, e diversi corno i varj sistemi o punti di veduta biologici, le tre unità cliniche stanno immutabili, perché nate dall' osservazione da essa posso- no sempre verificarsi. Ora se questi principj fossero stati applicati alla patologia, é egli credibile che Brown avesse potuto riferire a due sole nature o condizioni patologiche tutte quasi le malattie umane? Che i eontrostimolisti avvrebbero potuto porro la diatesi stonica e la flogosi in quelle forme dove Brown collocò l'ipostenia? Che NOSOGRAFIA RAZIONALE 34) Broussais avrebbe potuto stabilire la gastroenterite a causa pros- sima di tutte le febbri? Se questi principj fossero stati applicati alla patologia possederebbe ora le scienza codici clinici a forme morbose generiche a diagnosi dubbia e molteplice, fatti perciò o dubj o incompleti? A tenore delle mio idee pertanto l'osservazione e la patosintesi dei dati diagnostici forma i tipi clinici o i fatti completi, perché guida a scoprire la condizion patologica che vi corrisponde, sen- za che preceda o v'intervenga una dottrina patogenica qualun- que. Questa deve venir dopo se é vero che i fatti devono esser prima che i principj: però anche quando la mente non procedes- se a classificare ed interpretare i fatti, sarebbe pure già'uu passo inmenso quello di avergli formati, mediante la sintesi empirica dei loro veri elementi, e la scoperta della causa prossima che ne forma l'unità ed il centro. § 123 Clic cosa deve intendersi per causa prossima e per condi- zione patologica, e che ucosa é la natura e l'essenza delle malattie. Neccessità di retrocedere alla dottrina di Gau- bio, lioerliuave, Baglivi, e Cullai. Le idee relative alla condizion patologica o causa prossima, ed all' essenza e natura delle malattie sono di cosi capitale im- portanza, e per altra parte è cosi diva-so il senso che queste es- pressioni hanno nelle scuole mediche, che seé vero che il linguag- gio di una scienza è quasi la scienza stessa, devo ancora occupar- mene per dissipare ogni dubbio ed esporre di un modo chiaro e preciso i miei concetti. Con ragione è celebre la dottrina sulle causo delle malattie de- gli antichi patologi, i quali riguardando cause tutte le circostan- tanze che concorrono a produrre lo stato morboso, le divisero in remote e prossime; remote quelle che preparano ed occasionano lo sviluppo della malattia, prossime quelle che costituiscono la malattia stessa, la causa inmediata del morbo, quella circostanza o situazione innormale, da cui provengono i sintomi, e tolta la quale i sintomi cessano e la malattia vien tolta. Cosi senza l'im- pressione di un freddo insolito non si sviluppa un reumatismo, una pleurite; né é morbosa spesso questa impressione senza una speciale disposizione organica a risentirsene, ciò che con ragione fu chiamato causa predisponente. E si richiede il concorso tanto delle predisposizioni organiche come delle relative impressioni morbose o delle cause occasionali perché si sviluppi il reumatismo o la pleurite. Ma sebbene la predisposizione organica a risen- tirsene, e l'impressione del freddo siano circostanze senza delle 44 34li PRINCIPJ DELLA quali il reumatismo o la pleurite non si sarebbero sviluppate, noif però la costituiscono, e i fenomeni o sintomi che riuniti formano il tipo reumatismo o pleurite, sono connessi e dipendono da una causa inmediata distinta dalle predisponenti od occasionali, chia- mata perciò causa prossima dagli antichi, che é l'infiammazione delle menbrane articolari o delle pleure. La causa prossima é dunque la malattia stessa, ciò elio ne costituisce non solamente la sede ma il genio ma la condizione essenziale, ma il modo con cui una sede anatomica fu alterata, perché i fenomeni della pleu- rite e del reumatismo esistono, aumentano, decrescono, cessano, o sussistono a misura che esiste, cresce, diminuisce, vien tolta, o per- siste l'infiammazione da cui dipendono. Cosi i vermini le saburre, gastriche, ed i calcoli sono le cause prossime della verminazione, degli sconcerti cistici, o epatici, o gastrici, perché i suddetti feno- meni morbosi ne dipendono, perché tolte le dette cause questi ei-1 fetti cessano. Ho addottato come si vede il concetto delle cause prossime di Gaubio, di Boerhaave, di Baglivi, e di Cullai, e vi ho speso alcune parole per dilucidar questo punto, perché egli ha subito una al- terazione profonda nelle mani dei patologi posteriori. Dice in- fatti Bhoerhavc [1] "Causa proxima morbi' appellatur tota illa "simul qua3 totum jam praasentem directe constituit; hec semper "est integra, sufficiens, prassens totius morbi sive simplex fuerit "sive composita. Huius presentia ponit continuat morbum, huius "absentia eum tollit.. . .est feras eadem res ipsi integro morbo" e "Baglivi:" causa primo-prima et proxima, qua posita ponitur "morbus, et aNata aufertur. E Gaubio "Unde proxima est que ex "concurso omnium remotarum nata, sola integami morbum ita "constituit ut indissolubili nexucumeo cohereat"e inerendo a ques- te idee dice Cullen "The cure of diseasesis chiefly and almost una- voydably founded in the knowledge oftheir proximate causes." Vediamo ora come questo nitido concetto venisse alterato, o mal inteso, o perduto divista. Dice Zimmermann (l) "le cause sono "per lo più composte: diverse forze determinate o sono parti di "una causa e perciò parti della malattia che unite inricme forma-, "no la causa totale e in conseguenza la total malattia. A questa "classe appartengono generalmente le cause remote le quali in- sieme combinate formano la causa prossima" Ma il freddo, e la disposizione organica a risentirlo, combinate fanno nascere il reumatismo, ma non sono il reumatismo, sebbene egli per insor- (1) Inst. § 740. [2] L'ap. in Med. Delle cause in generale. NOSOGRAFIA RAZIONALE 347 gere esigesse il concorso di queste due condizioni. A Fanzago ri- pugna 1 antico concetto delle cause prossime perché'definendo ^cosi le cause prossime, diventano esse una cosa medesima e iden- tica coli' essenza delle malattie. In questa maniera non passa ^rebbe più alcune, differenza fra la causa e la malattia cioè fra la ?causa e l'effetto. Dovendovi pertanto essere una differenza fra ^la causa e ciòcche costituisce essenzialmente la malattia, panni < che debbasi intendere per causa prossima quella causa o quel ^concorso di cause che dà l'ultima spinta allo sviluppamene ^della malattia. .. .una spina che introdotta in una parte sensi - 7 bile vi risveglia tosto i fenomeni infiammatori io la chiamerò la "causa prossima della nata infiammazione [1] In tutte le malattie abbiamo insieme riunite le idee di cause e di effetti, gli uni che sono alla portata dei sensi, le cause che sono alla portata dell' in- telletto. In una polmonia i fenomeni che feriscono i nostri sensi, sono la tosse, la dispnea, il dolore, l'escreato sanguigno, la di- ficoltà del decubito, la febbre: e questi fenomeni possono chiamai'' si effetti della malattia, perché dalla flogosi polmonare nascono e dipendono, e cessano quando essa é vinta. Ora qual'é la causa prossima od inmediata di questi effetti se non l'infiammazione che pure non vediamo se non cogli ocelli dell' intelletto e dell' indù* zione? Senza la flogosi polmonare non apparirebbero i fenomeni visibili e tangibili della polmonia, edesistendo questi fenomeni od effetti argomentiamo l'esistenza di quella, appunto perche v' é un rapporto neccessario e simultaneo fra causa ed effetto. Però la realtà e neccessità di questo rapporto non fa che non vi sia una differenza fra la causa e l'effetto, fra la polmonia considerata come forma morbosa ed effetto, e la polmonia considerata come sede di un processo flogistico e causa inmediata di essa forma morbosa. Ciò che dà l'ultima spinta allo sviluppamento della ma- lattia non é la causa prossima ma la occasionale (e si dice remo- ta perché relativamente alla forma attuale morbosa). Ed infatti la spina che risveglia la infiammazione di una parte sensibile occa- siona certamente il processo flogistico, però non ne costituisce la causa inmediata perché anche tolta la spina la infiammazione persiste e dura e fa un corso iudependente da qivlln; e so la spb na é causa prossima relativamente alla flogosi indi nata, non è prossima ma remota relativamente ai fenomeni o insieme di sin- tomi con cui essa ci si presenta dippoi. Se il ragionamento di Fanzago fosse ammissibile, qual' è domando io, quella che meri- tasse il nome di causa occasionale o remota nelle malattie? [1J Ddle differenze essenziali delle malattie. 34* PRINCIPJ DELLA Il Bufalini ha passato in silenzio la dottrina delle cause prossi- me forse facendone sinonimo le sue erotopatio o gli stati morbo- si fatti consistere in alterazioni chimiche o meccaniche dell' organismo. Sprengel non ne parla nemmeno, ed Hartmann le ac- cenna come un ricordo delle scuole mediche ma senza farne alcun' uso, e i) Gintrac ultimamente definiva le cause prossime "le mo- "difìcazioni intime organiche o vitali, che precedono inmediata- "mente e danno origine allo stato morboso" Rimane dubbio co- si se siano piutosto le predisponenti o le] occasionali, però è certo che non sono le cnuse prossimo di Boerhaave e di Culìen, e ohe egli ha seguito le idee di Fanzago senza darsene un conto severo. Dalle coso dette é permesso conchiudere che i moderni hanno abbandonato il concetto delle cause prossime come si abbandona un' anticaglia, perché ne hanno cambiato il senso e il valore. Per Gaubio, per Boerhaave,per Baglivi, per Cullen la causa prossima è la'stella polare della patologia e della terapeutica.perché é la cau- sa interna dei sintomi od esterni fenomeni, é quindi un concetto pratico. Pei moderni non ha più senso, perché essi non videro nel fatto malattia i rapporti simultanei di causa ed effètto come lo esige la scienza del metodo, ma videro solo effetti il cui mi», vente sono le cause remoto che già passarono. Perché i moderni non si proposero già di riferire gli effetti e dati diagnostici allo loro inmediate cagioni, e aver quindi del morbo un' idea pratica e sperimentale; ma si proposero invece di conoscer previamente e a priori l'essenza e la natura dei fenonleni morbosi, e aver quindi del morbo un' idea patogenica e speculativa. Ciò tanto è vero che la dottrina delle cause prossime scomparve sotto l'impero del dinamismo che ripose l'essere dei morbi nelle due diat-si, e del chimismo che lo ripose nelle alterazioni chimiche e mecaniche. Uopo è dunque retrocedere a Cullai, Boerhaave, Baglivi, Gaubio, giacché si è retroceduto fino all' atomismo di Empedocle, e al di- namismo di Temisone e di Tessalo, Dopo questa esplicazione s'intende perché io riguardi la con- dizione patologica sinonimo di causa prossima, non già nel senso di Fanzago ma in quello di condii io morbi, situazione o circostan- tanza innormalc, condizione sine qua non dei morbosi esterni fe- nomeni. Causa prossima dunque e condizion patologica esprimo- no la sede.ilgrado.il modo di alterazione, la causa interna, il carattere, il genio della malattia, o per dirlo in una sola parola, il modo con cui è alterato un' organo o sistema organico, quale apparisce al medico pratico per induzione clinica, vale a dire per la guida dei dati diagnostici. Che se il patologo non conten- to di avere la storia dei morbi ne cerca la teoria, non contento NOSOnKAFIA RAZIONALE 349 di avere la diagnosi clinica ne imprende la diagnosi patogenica, non contento di aver fissato la causa prossima, indaga la natura, e 1 essenza della medesima, non più col mezzo di dati diagnostici e pratici ma col mezzo di dati patogenici e razionali, cioè col con- corso della patologia e fisiologia razionale, allora è quando cer- ea e quando scopro la natura ed essenza delle malattie. Dunque è inesatto che il nosografo ed il clinico cercano la natura e l'es- senza delle malattie, perché questo é il compito della patogenia induttiva cogli aiuti che le appartengono, cosi come la realtà pratica della causa prossima é il compito della diagnosi clinica per mezzo dei criterj diagnostici che ad essa conducono. § 124. La patosintesi o l'insieme dei dati diagnostici costituisce l'unità del fatto clinico-Differenze fra ìa mia costituzione del morbo e quella di alcuni patologi moderni. Fu detto da Broussais e ripetuto da suoi seguaci, che non esis- te l'ente, l'individuo, l'unità malattia, meno ancora la lotta sup- posta da Ippocrate fra l'ente malattia e la natura vivente, che il morbo non è un' essere ma un modo di essere degli organi viven- ti comunque alterati. Fu dichiarato da Sprengel e da Celle che la malattia é una certa unità che risulta sempre da tre elementi chimico,organico, e dinamico; De Ilensi la dichiarò come una unità cui entrassero a costituire sempre l'elemento vitale, l'organico- plastico, l'organico-dinamico, e Pctiologico. Williams riguardava clementi eventuali j\e\ morbo l'alterata irritabilità, tonicità, sen- sibilità, moto volontario, secrezioni ecc. Bouchut sulle tracce del- la scuola francese riguarda quali elementi eventuali del morbo la febbre, il dolore, lo spasmo, l'elemento ^catarrale, fiussionario, in- fiammatorio, adinamico, maligno, atassico, periodico, specifico dia- tesico, organico, bilioso, saburrale, mucoso. Mi giova far' osservare, per mettere maggiormente in chiaro le mie idee per mezzo di riscontri, che la mia unità nosografica, i miei elementi clinici, la mia costituzione del, morbo è ben diversa da quante ne furono inmaginate finora. Dopo ciò che ne ha detto Michel ed altri critici insigni poco dirò per difendere la medici- na classica dalla taccia di ontologica. So bene che la malattia non è un' essere ideale e staccato dall' organizzazione, e conven- go che la polmonia è un modo di essere nuovo e morboso del pol- mone. E dissi già e lo spiegherò più ampiamente in appresso, che io non riguardo la natura vivente alle prese con l'ente malattia co- me essere parassitico e straniero, io che considero che la natura lotta appunto cogli effetti delle cause nocive per mezzo degli at- ti stessi nuovi e innormali della vita patologica. Solamente io mi 350 PRINCIPJ DELLA ristringo a far' osservare che la mia unità nosografica rimane a suo posto incrollabile si dia o no valore alle critiche della scuola Francese sull' ontologismo medico. Infatti si chiami pure la pol- monia, polmone infiammato, sempre sarà vero che quella alterazio- ne che chiamiamo flogosi polmonale costituisce la causa prossima dei fenomeni esterni che ne sono la forma morbosa, dolore, feb- bre, escreato sanguigno, tosso eco. sempre sarà vero che certo cause nocive e speciali l'eccitarono; che una volta esistente ha un dato corso durata ed esiti, che vi corrisponde l'efficacia di certi mezzi capaci a risolverla; e che l'insieme di questi dati, cause, sin- tomi, effetti del morbo effetti dei rimedi ne fanno un' entità, uni- tà, individuo nosografico veramente distinto. Sempre sarà vero che questi dati non sarebbero mezzi diagnostici se non avessero un rapporto costante e fedele colla flogosi polmonale, e che non é l'analisi ma la sintesi che forma l'unità nosografica polmonia. La costituzione del morbo (unità ed elementi) dei patologi che ho citato è un altra cosa. Essa è teorica, speculativa, fìsiogenica, laddove la mia è meramente pratica e sperimentale. Essa ha per organo logico l'analisi laddove la mia è costituita dalla sintesi: analisi che riguarda lo stato morboso come un composto di ele- menti diversi, come l'anatomico riguarda un'organo composto di diversi tessuti o come un chimico riguarda una masra composta di sostanze differenti. Ammesso o negato che il morbo di Spren- gel, di Celle, e di De Renzi cosi come è formato suona alterazione del tipo e della crasi e delle forze vitali, sempre rimane a ricerca- re per la sua realtà diagnostica quali cause remote vi corrispon- dono, quali sintomi la manifestano, quali sono i suoi effetti, e qua- li mezzi dell' arte possono specialmente o toglierla o diminuirla.Lo stesso deve dirsi degli elementi eventuali di Williams e del Bou- perchut, e si deve dire di più che essendo per questi due patologi i tesi elementi, o effetti del morbo corno la febbre, il dolore, o con- dizioni patologiche come la flogosi la periodesi ecc. rimane dub- bio a quale unità nosografica siano dà riferirsi. La mia unità nosografica o costituzione del morbo è veramen- te generale e comune a tutti i tipi clinici perché non ve ne é uno solo che non sia costituito da un disordine interno delle parti o delle azioni organiche, che non sia prodotto dalle cause nocive, che non si manifesti con certi sintomi, che non abbia certo corso durata e terminazione: di molti si conoscono le relazioni terapeu- tiche, di altri si sa perché sono incurabili, di altri non é compin- ta la storia. La mia costituzione del morbo non emerge dalla fi- siologia razionale ma dalla sperieuza clinica, la quale dimostra phe sintomi, cause, effetti del morbo, effetti dei rimedi sono gli NOSOGRAFIA RAZIONALE 151 elementi storici d'ogni morbo,subbieito di osservazione diaria,inse- parabili fra di loro perché si connettono ad un foco unico la condi- zion patologica la mira suprema della diagnosi clinica e nosografica. § 125. Il metodo analitico ha distrutto l'unità del fatto clinico e il fondamento, stesso della nosografia. Piarne di un' idea del Pariset, e della dottrina del Bufalini sulle crotopatie e cinopatie. Sembra quasi incredibile che quel patologo stesso acuto e profon- do che avea travisto il concetto veramente pratico della patosin- tesi, che è base della nosografia edella nosologia perché rinchiu- de le condizioni dell' unità del fatto clinico; se ne allontanasse bentosto, e distruggesse questa stessa unità colla sua teoria del- le crotopatie e cifiopatie! Pure a questa contradizione lo trasci- nava la sua predilezione al metodo analitico e a certi preconcetti principj fìsio-patologici. Già il Pariset avea proposto di dis- tinguere lo stato morboso dall' atto morboso .ossia l'occulta alte- razione del composto organico dall' apparente lesione delle funzio- ni o dai sintomi che ne derivano, e che ammettere l'uno senza l'al- tro vale come ammettere l'effetto senza la cagione. Questa idea piacque al Bufalini (1), e non vi era inconveniente ad ammetter- la perché in fondo era la stessa classica dottrina delle cause pros- sime; ed infatti egli dice "che non si hanno a confondere i sinto- "mi delle malattie col loro essere proprio o colla cagione prossi- "ma e contenente come dicono le scuole" Corollari inevitabili di questa dottrina erano 1° Dato lo stato morboso od una alterazio- ne per quanto recondita del composto organico, avranno luogo le manifestazioni dei sintomi relativi: altrimenti che ragioni ab- biamo per dire che questo stato morboso esiste? 2°- Data la ma- nifestazione dei sintomi vuoisi argomentare la presenza dello stato morboso o qualche ^corrispondente alterazione del composto organico; perché altrimenti é supporre effetti senza corrisponden- te "cagione. Ma ^il Bufalini preocupato del modo chimico di for- marsi lo stato morboso insensibile occulto e senza proporzio- nato cangiamento nelle manifestazioni vitali, si allontanò da quel- lo stesso principio per ammettere l9 Che lo stato morboso o pri- mitiva alterazione del composto organico può esistere senza al- cuna manifestazione sintomatica. 2°- Che non esiste nemmeno una relazione diretta e costante fra i sintomi e lo stato morboso. Per conseguenza egli nella malattia considerata in generale e in as-^- tratto vide lo stato morboso e Patto morboso; ina lungi dall' am- (1.) Fond. di P. A. Con 26, 12 352 PRINCIPJ DELLA mettere l'uno causa costante dell' altro, gli considerò separati e in- dipendenti: il perché nella sua prima opera si occupò degli stati morbosi supposta base di forme o malattie già note, considerando in disparte la parte dinamica delle malattie. Nella seconda ripo- se gli stati morbosi nelle crotopatie fatte consistere in alterazio- ni o chimiche o mccaniche dell' organismo; e ripose la parte di- namica nelle cinopatie. E perchè si veda come l'unità del fatto clinico rimanesse distrutta dal suo metodo analitico, e resa quin- di impossibile la nosografia e la nosologia,toccherò rapidamente al- cune sue conclusioni e vedute. Il Bufalini ammette quattro forme morbose atte a manifestare Io stato dinamico delle malattie o il disordine del moto vitale: l'ipostenia, la febbre, lo spasmo, e il dolore. (1) Assurdità teorica é questa anche secondo i suoi principj perché se il moto vitale [ole manifestazioni della vitalità] dipende dallo stato organico, alterato questo appariranno proporzionati disordini del moto vi- le, e cosi viceversa gli alterati moti vitali argomenteranno un proporzionato .disordine del misto organico. Ed è altresì un'as- surdità pratica, perché Pipostenia, la febbre, lo spasmo, il dolore lungi dall' essere unità cliniche distinte e a speciale patosintesi, sono attributi o sintomi di malattie molte e diverse, e attributi an- zi di quelle che chiama crotopatie. Ammessa questa separazione dello stato morboso dallo stato dinamico, con quali sintomi si ma- nifestano le crotopatie? E quali sono le cause, i segni concomi- tanti, gli esiti, le indicazioni terapeutiche di queste quattro forme dello stato dinamico? Nella seconda opera l'autore dà maggiore sviluppo a queste idee'e ripone gli stati morbosi nelle crotopatie. e l'alterato di- namismo nelle cinopatie che non sono nemmeno la veste semeiot- tica di quelle. Solamente il caos può dare un' idea di quello cho sarebbe la patologia dominata da questi concetti. Infatti "le cro- "topatie non esistono che come alterazione mecaniea o chimica o "di misto, di agregato, e di composto" Ecco la vita convertita in una fisica comune! "necessario sempre un processo nosogenico "nei m'orbi che cominciano da turbamento dinamico, fisico, e chi- "mico.. . .Il processo nosogenico é quasi sempre ignoto affatto, o "solamente rischiarato in parte dalla fisiologia .. .Però se gli stati morbosi consistono in mere alterazioni chimiche o mecca- niche che bisogno v' é del processo nosogenico per venir prodot- te? Questo processo è lo stesso processo della vita giacché può essere richiarato dalla fisiologia, dunque le crotopatie sono per [1] Fond. di P. A. Gap. 27. NOSOGRAFIA RAZIONALE 353 sua confessione atti e processi vitali, e perciò non chimici né mec- canici. E toccando delle cinopatie conchiude "potere dalle cro- "topatie partire influenze d'ogni maniera meccaniche, fisiche, chi- "michc, e dinamiche. Per ogniuna di esse generarsi fenomeni mor- "bosi ma non tutti questi appartenere a cinopatia." Che cosa in- tende per influenze? sono effetti o sono sintomi? sono effetti del- la crotopatia se da essa partono; ed egli è libero di giudicargli mecanici fisici e chimici, come io di giudicargli tutti vitali. Però tanto egli chimista coni' io vitalista siamo costretti a riguardar- gli sintomi se sono gli effetti visibili e i fenomeni che procedono dalla crotopatia. "La cinopatia non consiste che noli' alterazione "dinamica, non doversi nemmeno confondere coi sintomi e coi fe- nomeni morbosi. . . .La cinopatia riconoscere sempre una cagio- "ne molto composta della quale la crotopatia non é che un' ele- mento" Da ciò si rileva die per lui la cinopatia non é sinoni- mo di forma morbosa, come vi è forma morbosa o sintomi senza cinopatia, come vi è cinopatia senza crotopatia corrispondente! "Esistere un processo semiogenico come esiste un processo noso- "genico, questo processo semiogenico costituito di mezzo alla ero- "topatia e alla cinopatia comprendere gli altri clementi [quali?] "che oltre la crotopatia formano la causa composta della emopa- tia" Se questo processo semiogenico [o vitale] è di mezzo lo sta- to e Patto morboso, o é il modo come quello si manifesta coi sin- tomi, esiste dunque la corrispondenza da lui negata fra lo stato morboso ed i sintomi. Se poi comprende altri elementi diversi dal- la crotopatia avremo effetti senza cause, e cause senza effetti! Ecco dove si riesce abbandonando la nitida dottrina delle cau- se prossime! Ecco in quante tenebre, dubj, contradizioni, assur- dità si avviluppa un sommo ingegno sedotto dal metodo analiti- co che scompone in luogo di comporre l'unità del fatto clinico, negando i rapporti di causazione e di connessione che i dati dia- gnostici hanno colle cause prossime! Che tratta i fenomeni vita- li come il chimico i fisici; che comincia dalla natura ed essenza dei morbi, interpretandoli colle dottrine fisiche prima di averne un' idea sperimentale quale darebbe la sintesi de suoi elementi clinici! § 126. Le diatesi di Brown, la forma morbosa di Bondioli, la condizion patologica di Eanzago, i processi diatesici dì Tommasini, le crotopatie di Bufalini non sono concetti predici ma speculativi. Le scuole mediche da Gaubio fino a Cullen furono più caute e avvedute che quelle cho vennero dopo Brown. Esse insegnava- 45 354 PRINCIPJ DELLA no che la causa prossima costituisce il centro, l'anima, la condi- zione del fatto clinico, e la distinsero praticamente dalle cause remote; però non osarono classificarlo, e dire quali e quante so- no, pensando che questo era il compito della esperienza clinica: nemmeno osarono interpretarle lasciando questo compito alla fu- tura patogenia. In Borsieri che è forse la più splendida raprc- sentazione della medicina classica troviamo la prova di quanto io dico. Troviamo p. e. riferite molte forme morbose alla flogosi come a causa prossima, senza disputar qual' é la natura di essa flogosi, riserbando ciò ad un' opera patogenica (1) Che se trovia- mo male applicata la dottrina delle cause prossime (2) nei morbi a dubbia diagnosi, ciò ha dipeso dalla mancanza di una patolo- gia che insegnasse la filosofia dei fatti, non dalla dottrina stessa delle cause prossime. Da Brown fino a noi non solo si sconobbe la genuina dottrina delle cause prossime, ma si volle determinar previamente l'essen- za la natura le differenze delle medesime, e ciò non colla guida dei dati diagnostici, ma con quella dei sistemi fìsiogenici. Per Brown non esisteva né poteva esistere il concetto pratico delle cause prossime perché essendo per lui all' unissono tutti gli atti della vita normali e morbosi, i sintomi non erano già l'effetto lontano di una malattia locale, ma l'espressione di una alterazio- ne diatesica, cioè identicamente ripetuta in tutti i punti dell' or- ganisno. Di qui le due diatesi, di qui la dipendenza di esse non dalle cause prossime ma delle cause remote e dal metodo curati- vo, di qui il funesto inganno dell' ipostenia. La meteora avea abbagliato troppo per però poco tempo, e difatti in Italia si co- minciò a ravvicinar la dottrina di Brown coi fatti, e Bondioli am- metteva la forma morbosa [3] ''supponendo cho la diatesi me- desima fosse capace di un diverso modo di esistere, che ad es- 'sa andasse mai sempre congiunto un particolare ordine di mo- "vimenti morbosi costantemente subordinato all' indole generale "o particolare delle potenze nocive" Questo concetto correzione del Browniano é destinato a seguir la sua sorte, perché dimostrato essere due chimere le diatesi browniane, anch' esso manca di ba- se e di senso; ed invero egli non rappresenta già l'insieme de sìnto- mi che accompagna qualunque causa prossima ma una forma specia- le che prende la sognata diatesi per la specialità delle cause e delle sedi morbose. Fanzago corresse di altro modo il concetto di Brown [11 De Inflamatione comentariolum. (2) Come dimostrerò nella critica nosografica, Sezione IV. [à] Memoria sulle forme particolari delle malattie universali, NOSOGRAFIA RAZIONALE 855 bolla stia condizion patologica, perché riguardò la forma morbo1 sa come la esterna sembianza delle malattie, o intese per condi- zion patologica 'rimo stato morboso che altera e perturba una "tiri parto o un tal sistema senza offendere almen da principio la "sua integrità" Ammettendo cosi nei morbi 1'-La natura dinami- ca e diatesica. 2* La alterazione materiale o condizion patologi- ca. 3'* La forma morbosa o esterna manifestazione. Anche ques- to concetto è teorico ed è legato alle sorti del dinamismo di Brown, e se togli di mezzo lo due diatesi tutto cade, e la condizion patologica non rimane che come la causa prossima delle forme morbose. Lo stesso deve dirsi dei processi diatesici del Tom- masini legati ad una occulta alterazione materiale che spiega la indipendenza loro dalle cause occasionali. Però che scomparisca- no le due diatesi, il suo concetto cade e diventa sinonimo di cau- se prossime molteplici legate a molteplici e relative forme morbo- se. Lo stesso deve dirsi dello crotopatie del Bufalini colla diffe- renza che ciò che pei dinamisti era due modi di essere dell' ecci- tabilità o esaltata o depressa, per Bufalini sono due modi di esse- re del composto organico, o alterazione chimica o mecanica. Può dunque con sicurezza conchiuders: che i moderni non si arrestaro- no alla causa prossima come scopo della diagnosi clinica, ma sta- bilirono previamente la natura e le differenze delle cause prossime, non colla guida pratica della patosintesi o dei criterj diagnosti- ci, ma con quella di dottrine fìsiogeniche: colà il sistema dell' ec- citamento, quivi il sistema del chimismo: esser dunque i loro con- cetti speculativi e non pratici. § 127. Della sede del morbo considerata come parte e come sco- po della diagnosi pratica.— Confutazione di un' idea di Biekat— Conclusioni cliniche importanti. Intendono i patologi per sede del morbo non i punti dell' or- ganismo in cui si manifestano i fenomeni morbosi ma quelli da cui partono, e dove risiede la lesione od alterazione organica, o la causa prossmia del morbo: bella ed utile idea, e che va d'ac- cordo col clastico concetto del morbo elio comprendo i suoi due aspetti la forma morbosa e causa prossima, o forma morbi e causa morbi; idea cho la troviamo in quasi tutte le definizioni tirila dia- gnosi compresa quella di Hufeland. Se la malattia non è un' en- tità ideale, ma un' organo od un sistema organico comunque al- terata, la sede del morbo é un teina di grande importanza sia che si consideri come parte e scopo della diagnosi pratica e pato- genica, o si riguardi come criterio diagnostico, o finalmente come base di una utile divisione uo.;ologica dello malattie. Fedele al 356 PRINCIPJ DELLA mio programma io tratterò questo tema in questi tre aspetti for- se affatto nuovi in patologia. Avendo Brown diviso le malattie in due grandi classi, le lo- cali a lesa struttura; e universali, a leso eccitamento, avendo riguardato le malattie universali o dell' eccitamento, diatesiche, nelle quali cioè tutti i punti dell' organismo sono all' unissono per- ché affetti dalla diatesi iperstenica od ipostenica, l'antico concet- to che le scuole ebbero del morbo e delle cause prossime rimase distrutto, e la sede del morbo [pur nelle malattie vitali, che sono i — delia nosologia] priva affatto d'importanza. I diatesisti infatti non ricercavano qual fosse la sede primitiva del morbo, perché tutto l'organismo per essi ne era la sede monotona ed uni- forme; né quale relazione esistesse fra questa sede e le forme sin- tomatiche perdi' essi riguardavano i sintomi come rappresentativi o come l'espressione di queste diatesi; nemmeno indagavano il di- verso genio e natura molteplice dei morbi perché non poteva es- sere che duplice, cioè l'una o l'altra diatesi. Da questa erronea dottrina o pei- dir meglio dalla neccessità di riformarla provennero dunque due principi erronei in patologia, l'uno di Antonio Tes- ta che disse "lui te le malattie sono locali con tendenza a farsi univer- sali" E questa tesi servi di bandiera ai localizzatori Italiani; l'al- tro di Saverio Bichat che disse u et che serve l'osservazione se s'i- gnora la sede del morho'ì" e questa tesi servi di bandiera ai lo- calizzatori Francesi: gli uni e gli altri proclamando l'origine non solo sempre localo delle malattie, ma che la natura di esse fosse flogistica, entrambi riguardando le partecipazioni simpatiche qua- li irradiazioni del processo locale: entrambi invocando ed esage- rando il testimonio dell' anatomia patologica. Ma queste idee furono modificate ben presto, perché in Italia il Bufalini sostenne le malattie diatesiche non effetto ma causa di manifestazioni locali, e il Franceschi riprese l'idea delle malattie universali fondandola sullo scopo ricostituente e autocratico dei processi morbosi. E in Francia Chomel, ri intrac, e Bouchut restrinsero la tesi di Bichat al!egando che le febbri intermittenti non sono meno suscettibili di diagnosi e di cura, perciò che ignoriamo la loro precisa sede anatomico; e che meno importa conoscere Porgano alterato nell' angina, che il modo con cui é alterato. Non per questo le idee di Bichat e di Testa ottennero una confutazione che dissipasse per sempre le illusioni, e le speranze della scuola flogistica ed anatomica; non per questo si pervenne finora alla nitida dottri- na delle cause prossime da cui ci avea dipartito il sistema dia- tesico; perché la patologia filosofica non ha finor stabilito. 1° Se la sede del morbo deve riguardarsi una parte essenziale, uno scopo NOSOGRAFIA RAZIONALE 357 indispensabile della diagnosi pratica. 2. ° Se devo riguardarsi piutosto un mezzo od un criterio diagnostico. 3.° Se finalmente la mera sedo del morbo può servir di ""base ad una classificazione de morbi veramente diagnostica ed essenziale. Convienedunque riprendere ad esaminare la tesi di Bichat e di Testa da cui mossero i localizzatori moderni, perché sarà questo il modo di ritornare fino al cammino smarrito e fissare il valo- re pratico della sede dei morbi. Puro 6 d'uopo convenir previa- mente che questo nuovo indirizzo dato da Testa e da Bichat e dai localizzatori alla patologia, fu utile al suo progresso e perfe- zionamento, sia perché ritirava le menti dalle chimere del sistema dinamico, sia perché riconduceva di nuovo a vedere nel morbo i due aspetti della forma morbosa e della causa prossima, e per- ché ripigliando il cammino segnato dal gran Morgagni avvezza- va a cercare le cause interne delle esterne forme morbose, e apri- va un nuovo campo alle scoperte e ai disinganni dell' anatomia patologica. Ma questa, diciamolo pur francamente, fu una utili- tà relativa e transitoria non definitiva; perché conoscere la sede del morbo conduce alla diagnosi ma non costituisce la diagnosi. E a fianco di questa utilità stava l'inconveniente gravissimo di applicare i principj nosografìci dell' infiammazione alle febbri periodiche, e continue, alle malattie simpatiche e secondarie, alle costituzionali, a una folla inmensa di forme morbose; di negare il diverso genio pur delle forme flegmasiche, e perciò di falsare o negare le differenze de morbi, e la relativa etiologia e terapeu- tica ammes«e dall' antica esperienza, col mirare con prevenzione i risultati anatomici e terapeutici. Infatti sono ora cinquanta anni che i localizzatori hanno lo scettro della patologia, e son note le dottrine e le controversie con cui hanno rovesciato la nosologia, la patogenia, e la terapeu- tica. Però a dispetto dell' autorità sperimentale dell' anatomia, del microscopio, e della chimica, le tenebre sono cosi folte tuttora intorno alla patogenia dei morbi i più comuni; i cambiamenti portati sono cosi gravi non solo nella patologia dinamica, ma nella nosografia antica fino a Borsieri ad Hufeland, che è per- messo ora dimandare; era filosofica la avvertenza di Bichat? La sede delle malattie è sinonimo della loro condizion patologica? Può sempre, determinarsi la sede de morbi; e sempre basta pa- la diagnosi clinica e patogenica? La avvertenza di Bichat suppone 1.° cho tutte le malattie ri- conoscano una sede determinata e circoscritta in alcuna parte del corpo. 2. ° Che questa sedeé riconoscibile tanto dal clinico come dal patologo. 3. Q Che una parte organica si alteri in una sola 358 PRINCIPJ DELLA maniera. 4. ° Che i sintomi solo siano atti a manifestar la sede non il genio dei morbi ossia i varj modi con cui può alterarsi una par- te organica. 5.° Chela sede è sinonimo della natura dei morbi e Punico termine delle ricerche del nosografo e del patologo. 6.° Che una località offesa e circoscritta contiene tutta la malattia o ne é il foco unico e principale. Ora confrontiamo coi fatti del- la patologia ciascuna di queste supposizioni- (1.* e.2.*) Che sede circoscritta e manifesta riconoscono le feb-- bri intermittenti, una folla di malattie nervose, le stesse febbri continue? Si dirà che tutto il sistema sanguigno e il nervoso? Però che differenza anatomica fra le febbri sintomatiche di flem- messia e le idiopatiche ! Ma quando pure ne fosse la sede o il sis- tema sanguigno o il nervoso, forse che l'anatomia l'ha trovata o può trovarla? Forse che senza l'anatomia non si possono ben co- noscere e ben curare? forse che non basta la corrispondenza frale cause, i sintomi, e l'efficacia dei remedi per la loro diagnosi e la loro cura? Forse che la patogenia non è possibile senza Panato- mia, o questa può tener luogo di quella? (3.-) Sovente conoscia- mo la sede delle malattie, eppure non abbiamo ancora formato il vero diagnostico, perché un organo può alterarsi di molte maniere diverse ed esser sede perciò di condizioni patologiche differenti. Vediamo infatti risiedere nel tessuto cutaneo malattie assai di- verse come i varj esantemi acuti, le impettigini, la pnstula mali- gna, la brucciatura, la risipola; e nelle stesse parti dell' occhio ve- diamo risiedere malattie di genio diverso. Cosi, che differenza fra una emormcsijUii' infiammazione acuta cronica, una scirrosi, una tu- berculosi, una suppurazione, un calcolo, che>Apure possono aver sede nello stesso fegato? Che differenza fra la peste bubonica, la diatesi scrofulosa, la flogosi consensuale o idiopatica, o la sifil- lide che pure occupar possono lo stesso sistema glandulaie? Dun- que se un' organo può per varie cause e di varie maniere alterar- si, più che la sede è d'uopo conoscere il genio e la natura del morbo che l'occupa. [4*] I sintomi più che la sede indicano il genio e carattere della malattia: infatti dai sintomi distinguia- mo una angina maligna da un' infiammatoria, una dissenteria epa- tica da una reumatica, una oftalmia scrofulosa da una comune. E cosi in una perniciosa, in una febbre gialla, dai i sintomi ricavia- mo il carattere ed il genio del morbo anche quando non possia- mo determinarne la sede. [5*] Il più volgare buon senso e' insegna che quando sappiamo qual' organo è alterato, dobbiamo cercare in che modo è alterato e perciò da che cause remote é alterato re- lative ai varj modi nei quali può essere alterato. Questa idea ■sfuggi ai flogosisti i quali perciò o guidati dallo apparenze ana- NOSOGRAFIA RAZIONALE 35$ tomìehe o dalle dottrine biologiche, o delle illusioni terapeutiche, reputarono che dalla sola flogosi potessero infermarsi gli organi del nostro corpo. Ciò spiega la sterilità e la fallacia della scuola anatomica: ma si ammetta invece che la sede è principio e parte della diagnosi, ma non tutta la diagnosi, la nosografia è indiriz- zata a indagare praticamente in quali modi gli organi furono al- terati per cause diverse, e stabilire perciò le differenze reali del- le malattie aventi la stessa sede anatomica; la patogenia è indi- rizzata a indagare induttivamente la formazione e la natura inter- na delle malattie avvenute. Dunque la sede non è l'ultimo termi- ne e scopo della diagnosi che fa il clinico, o il nosografo, o il pa- tologo, ma appena il principio: l'ultimo termine è la diagnosi cli- nica della causa prossima, e la patogenia della sua natura perché da esse muove la terapeutica o empirica o razionale—[6-] Il prin- cipio di Bichat conduce a supporre che le alterazioni locali sono il foco, la parte principale, e la ragione contengono di tutta la malattia. Pur chi non sa che in una diatesi cancerosa,^ scrofulo- sa, sifillitica la località é un' effetto non la causa di una condizio- ne occulta e generale a un sistema organico? Chi oserebbe dire che in un vaiuolo tutta la malattia sta nell' esantema cutaneo? che nella febbre gialla tutta la malattia è riposta nella trasudazio- ne ematosica o nel fegato, e che la ulcerazione follicolare contie- ne tutta la causa prossima, il foco, la sede del tifo? Chi non sa che la stessa emoptoe riconosce cause prossime diverse, ed alcune lon- tane dalla sede del morbo, che lo stesso avviene dell' oftalmia, dell' angina, della risipola, del bubone consensuale, e della" dis- senteria epatica? Eppure l'idea di Bichat guidò, non sono molti anni, a curare il tifo come una encefalite diffusa od una gastroen- terite, e la febbre gialla come un' epatite! Dalle esposte riflessioni emergono queste importanti conclusioni cliniche. I9 Che non sempre è neccessario (e forse nemmeno possi- bile) conoscere la sede precisa dei morbi, (cioè si conosce la sede funzionale e diffusa ma non la sede anatomica e circoscritta) e non per questo é meno possibile e sicura la loro diagnosi, prognosi, e cura, come ne fanno prov.a le febbri intermittenti, le continue, e molte nevrosi. Ciò vuol dire che la patosintesi dei criterj dia- gnostici ha più valor pratico del criterio anatomico e della sede. 2° Nelle malattie simpatiche e secondarie vi sono due sedi perché vi sono due morbi, la sede causa e la sede effetto. In queste è evi- dente che poco rileva conoscere la sede effetto se non si rimonta al morbo causa da cui deriva: dunque non è la sede che importa studiare ma la causa da cui il morbo secondario è prodotto e mantenuto. 39 Anche nelle malattie idiopatiche conoscere la sede 360 PRINCIPJ DELLA é appena il principio della diagnosi. Infatti quando io so cho il cervello, il cuore, lo stomaco, il fégato, le glandole, il polmone é la sede del morbo, non so ancora di qual morbo, e poiché è certo che ciascun''organo può venir alterato di varie maniere cioè esser la sede di morbi diversi aventi uno speciale insieme di cause, sintomi, effetti del morbo, bisogni terapeutici, egli è evidente che saputa la sede del morbo, il più importante resta a sapersi ancora cioè la condizion patologica. Ciò vuol dire cho la sede guida alla dia- gnosi ma non é la diagnosi la quale consiste nella conoscenza non dell' oigano alterato, ma del modo con cui é alterato. 4" Nelle ma- lattie esterne, non solo il medico ma l'infermo e l'infermiere co- nosce la sede del morbo, che anzi essa costituisce spesso tutta o quasi tutta la forma morbosa. Eppure il solo medico può fin* la diagnosi, e quando ha visto la risipola, l'esantema, Pimpettigine, o il tumore, o l'alterazione delle fauci o degli occhi, o le ulcera- razioni ecc. è appena al principio della sua diagnosi; e non solo ha bisogno notare le minime particolarità delle esterne apparen- ze, ma osservar tutto in relazione colle cause pregresse, colle al- tre affezioni interne, coli' andamento, ecc. Ciò vuol dire non solo che la sede del morbo non é lo scopo della diagnosi, ma cho anche essendo un criterio diagnostico ha d'uopo della patosintesi per avere una clinica validità ed importanza. 5. ° Nelle cosi detto malattie costituzionali, nei grandi sistemi risiede realmente il mor- bo, in certe località apparisce. Un' ulcera sifillitica o scorbutica, un cancro, una manifestazione o tuberculare, o scrofulosa, o gotto- sa, sono effetti non cause delle cosi dette diatesi corrispondenti. Ora il riguardare in questi morbi la località come la sede eia causa del morbo, e perciò come lo scopo della diagnosi é uno sba- glio inmenso perché equivale al riguardare causa ciò che è effetto, e conduce a falsificar la storia la patogenia e la terapeutica di si- fatte malattie. Oltre questi fatti che distruggono l'autorità della, sede dei mor- bi considerata come scopo della diagnosi e perciò come base del- la scuola anatomica, vó ne è un' altro forse il più grave di'tutti ed é; che la patosintesi o l'insieme de criterj diagnostici ha rap- porto colla causa prossima non colla sede anatomica, come mi; é facile dimostrarlo. § 128. La patosintesi o l'insieme de criterj diagnostici ha re-: lozione colla causa prossima dei morbi non colla sede anatomica. Già dissi che per causa prossima deve intendersi i7 modo con cui e alterata una parte del corpo vivente, sia un' organo, un apa- NOSOGRAFIA RAZIONALE 3òl rechio,un tessutogli sistema .Ora egli è certo 1° che un'organo può venir offeso ed alterato in modi assai diferenti, cioè per cagio- ni morbose varie, e che variamente l'offendono, operando in dis- tinta maniera cioè alterando le molteplici condizioni vitali che gli appartengono. Prendiamo ad esempio lo stomaco che può so- frire o per soverchia privazione d'alimenti, o per indigestione, o per intemperanza, o per la presenza di un' acido, o di varj e mol- teplici veleni, o di bile, o di vermi-, o per infiammazione acuta o cronica, o per scirro ai piloro, o per consenso di morbi lontani al capo, all' utero, alia vescica, o vicini, il fegato, il pancreas, gì' intestini, o febbrili come gli esantemi, lo febbri ecc. Egli é certo in 2. ° luogo che il modo con cui un' orgnno é alterato costitui- sce la causa prossima la condizion patologica d'ogni malattia, o perciò il centro d'ogni tipo clinico a cui si legano tutti i dati cli- nici relativi. Perciò l'inedia, l'indigestione, i speciali avvelena- menti, la gastrosi, la verminazione, la gastrite, lo scirro al piloro ecc. costituiscono altretante malattie distinte perché a ciascuna corrisponde un modo speciale occulto di alterazione organica. Egii é certo in 3'- luogo che questa causa prossima o modo occulto di alterazione organica noi non lo inmaginiamo a priori, e nem- meno lo vediamo e lochiamo, ma lo riconosciamo coli' induzione sperimentale ossia colla guida dei criterj diagnostid. cioè median- te il rapporto empirico che hanno i speciali gruppi di fenomeni colle relative cause prossime. Cosi argomentiamo l'inedia un morbo speciale e distinto dagli altri, perché alla privazione gra- duata degli alimenti si connette certa forma sintomatica, e certa utilità di graduata alimentazione. Cosi riteniamo distinta la ver- minazione, perché da speciali cause prodotta, da speciali sintomi manifestarla speciali mezzi curabile, e cosi si dica degli altri. Egli è certo in 4.° luogo che le cause nocive hanno una rela- zione speciale colle cause prossimo perché le han prodotte o son valevoli a produrle. La privazione degli alimenti, alimenti depra- vati o soverchi, bile alterata, vermi, gl'acidi, i diversi veleni, ecc. tutte queste cause agiscono sullo stomaco. Pure vi agiscono in assai diversa maniera e vi producono perciò un modo speciale di alterazione organica; né le cause dell'inedia prodnranno i feno- meni della gastrite e della verminazione, e viceversa. Dunque le cause nocive non han rapporto colla sede anatomica ma col modo con cui l'alterarono o possono alterarla. Egli é certo in 5.° luo- go chele forme morbose che rappresentano un tipo individuo han- no un rapporto empirico non colla sede anatomica ma colla cau- sa prossima cioè col modo con cui è alterata. Infatti tutte le ma- lattie che ho citato accusano la sede, ed esprimono disordini gas- 362 PRINCIPJ DELLA tirici. Eppure il quadro dell' inedia non ha nulla che fare col quadro dell' indigestione, né questo col quadro della gastrite, né questo col quadro dell' avvelenamento, ecc. La natura avrebbe avuto torto di manifestare Porgano offeso, senza prestabilire i se- gni del modo con cui fu offeso. Egli é certo in 6. ° luogo che cias- cuno dei morbi indicati ha un corso, durata, esiti, cioè effetti del morbo proprj non della sede ma della natura del morbo,e nelle stes- se glandule risiedono il processo scrofuloso, sifillittico pestilen- ziale con caratteri prognostici cosi diversi; e che nello stesso pol- mone risiedono il tubercolo, e la flogosi che hanno natura, corso, ed esiti cosi diversi. E' vero che la sede predispone a certi morbi e a certi esiti, però é vero eziandio che non è la sede che decide dei morbi ma le cause accasionali che lo risvegliano, non decide degli esiti sempre relativi e connessi ai morbi comunque nati. Egli é certo in 7.° luogo finalmente che l'efficacia de rimedj non é relativa a dati organi ma a data causa prossima perché i rime- dj hanno speciale potere di togliere direttamente o indirettamen- te l'alterazione che costituisce la causa inmediata o la condizione della malattia. Pertanto se é dimostrato che i dati diagnostici corrispondono ad una alterazione intima che ne forma il centro, si possa o no conoscere dall' anatomia e dalla patogenia; che vi corrispondono sempre qualunque ne sia la sede, e la forma morbosa locale; res- ta dimostrato del pari che i dati diagnostici non sono relativi al- la sede anatomica, ma alla causa prossima, cioè al modo con cui questa sede venne alterata dalle cause nocive. § 129. Della sede del morbo considerata come criterio diagnos- tico— La patosintesi é condizione della sua validità se- ■ meiottica. Dalle cose dette emergo un principio nuovo, e cho suonerà in- grato all' orecchio della scuola anatomica, perché distrugge, non con ragionamenti ma coi fatti tutti della patologia, la base stes- sa del suo metodo nosologico, ed é questo: La sede dei morbi non può essere lo scopo della diagnosi predica e patogenica; essa non é che un mezzo ed un criterio diagnostico. La malattia non é un' essere ma un modo di essere dell' economia vivente, é un' alterazione avvenuta per l'influenza delle cause nocive in qualche parte dell' organismo, o sia circoscritta a un' organo, o ad un' apparecchio, a un tessuto, a un sistema, abbia una sede ristretta e per cosi dire anatomica, o diffusa e per cosi dir funzionale. Ciò vuol dire che la niente non può prescinder mai dall' idea di una sede nei morbi. Però come é innegabile che un' organo ed un sistema può alterar- NOSOGRAFIA RAZIONALE 363 si di modi molti e diversi, e che meno importa conoscere Porgano offeso che il modo con cui é offeso, perché a questo modo si connet- tono tutti i criterj diagnostici, e perciò i principj terapeutici, co> ■si la sede non serve che di un criterio diagnostico, perché cono- sciuta la sede, quando ciò é possibile, resta a investigare di che modo è alterata. E che la sede dei morbi sia piutosto mezzo che scopo della diagnosi si rileva dal fatto cho la validità diagnosti- ca che ha la riceve affatto dalla patosintesi, ossia dalla riunione insieme corrispondenza di tutti i dati diagnostici. A buoni conti nelle intermittenti, nelle febbri continuo, e in un gran numero di malattie nervose e vitali ignoriamo la sedo anatomica, e appena ci è nota una certa sede funzionale, eppure la- patosintesi ci assi- cura della loro diagnosi, e perciò della prognosi, e della cura. Nelle malattie simpatiche e secondarie, egli é dal vedere tutti gli clarenti del morbo nel loro insieme e nei mutui loro rapporti, che riconosciamo ciò che è causa e ciò che «è effetto; e sei oftalmia è secondaria di un disordine gastrico o reumatico, se la dissenteria è d'origine biliosa od idiopatica, se il bubone é sifilitico o dipen- de da un' irritazione del piede. Cosi che la sede del morbo se- condano ci aiuta a scoprire quella del morbo primario, e la sua speciale natura. Nelle malattie idiopatiche è spesso facile deter- minare la sede del morbo, ma non é facile determinarne la natura. E quando siamo certi che l'utero, il cuore, il fegato, lo stomaco, il cervello sono la sede del morbo, non sappiamoancora di che morbo. Allora comincia appena la diagnosi pratica, e comincia per mezzo della patosintesi, perché facciamo attenzione alle par- ticolarità ed alle relazioni dei sintomi, alle causo pregresse, ali andamento del morbo, e all' effetto dei tentati soccorsi. Lo stesso, mirabile a dirsi! accade delle malattie esterne le quali sono qua- si sinonimo delle forme morbose, perché quando abbiamo visto una risipola, un tumore, un' ulcera, un' impetigine, un esantema, una pustola, una forma oftalmica od anginosa; ne sappiamo pres- so a poco come l'infermiere, e per determinare il carattere'del morbo esterno, abbiamo bisogno di notarne le minime particola- rità semeiottiche, e ciò in relazione colle cause pregresse d ogni classo, in relazione colle diatesi, o morbi interni che ne possono essere i motori primarj, in relazione coli' andamento e cogli effet- ti del morbo, in relazione coi criterj terapeutici; abbiamo insom- ma bisogno della patosintesi. Lo stesso si dica finalmente delle malattie locali, secondarie, e sintomatiche di alcuna diatesi o mor- bo costituzionale e latente. Perché se é vero che il morbo locale p e un'ulcera sifillitticao scorbutica, un tumore scrofoloso, o scir- ro, un tubercolo, un tofo o calcolo gottoso, ci sono di giuda 364 PRINCIPJ DELLA diagnostica per sospettare della relativa diatesi sifillittica, scor- butica, scrofulosa, cancerosa, tuberculare, gottosa; egli é vero egualmente che noi non eoiiosdamo il carattere vero del morbo effetto, e del morbo cagione senza l'aiuto della patosintesi; e che invochiamo la luce delle causo pregresse, disposizioni gentilizie, genere di vita, sintomi pregressi, andamento, sintomi attuali ecc; e che non lesole località e meno poi i fenomeni oscuri del morbo la- tente potrebbero bastarci a tanta diagnosi. Con questo riflessioni io non intendo negare l'importanza gran- de che ha la sode de morbi e l'anatomia patologica; ma solo indicare le condizioni da cui dipende il suo valore diagnostico, e il rispetto che meritano gli altri criterj clinici. Forse la sede ha meno importanza pel medico die riconosce un tipo clinico, che pel nosografo che fa la storia, o pel patologo che fa la teoria di quel tipo. Pel nosografo o pel patologo se la sede del morbo non é il tutto come pretendo la scuola anatomica, é pure una bel- la parte, sia perché indica gli organi presi di mira dalle causo nocive, i limiti della loro influenza, la parto vitale e invisibile delle malattie, i passi successivi e diversi dej processi morbosi, gli effetti in una parola del morbo. Però anche pel nosografo e e pel patologo il valore della, sedo é condizionale e subordinato allo studio sintetico di tutti gli altri criterj diagnostici e pato- genici. § 139. Della sede, del morbo considerata come base di classifica- zione nosologica. Assurdità die ha introdotto nella pa- tologia e nella predica. Dimostrato che lo scopo supremo della diagnosi non é conoscere l'organo alterato ma il modo con cui é alterato; che la causa pros- sima o condizion patologica di una malattia non è-altro che il mo- do di alterazione o di un' organo o di un sistema organico; no de- riva che la sede del morbo non può essere Io scopo della diagno- si, ma un semplice mezzo e criterio diagnostico, e che essendo un mero attributo del morbo, un mero fatto collaterale, non può es- ser presa per base né della nosografia, né della diagnosi clinica, né della nosologia. Pure i patologi non solo riguardarono la se- de come lo scopo tiri la diagnosi, ma base eziandio di classifica- zione nosologica: io quindi a provare l'assurdità del loro scopo e del loro metodo dimostrerò l'assurdità dei risultati nella pato- logia e nella pratica. Eccoli. 1- Fecero una distintone impossibile fra i morbi locali ed univer- sali, organici e dinamici, esterni ed interni, dei solidi e dei fluidi. Se per locale s'intende un morbo circoscritto a pochi punti, indipen- nosografia razionale 365 dente da ogni partecipazione dei grandi sistemi; son tali i rap- porti organici e tanto intimi, inestricabili, neccessarj delle parti col tutto e del tutto colle singole parti, che un morbo* locale pre- so in questo senso non esiste, non può esistere. Se per locale s intende una alterazione circoscritta ad una certa unità fisiologi- ca (un' organo, un' aparechio, un tessuto, un sistema) con maggiore o minore partecipazione indiretta di altri organi o sistemi orga- nici; tutte le malattie possono allora riguardarsi locali, come sos- tenne il Testa, sia perché le cause nocive hanno rapporto o pre- ferente influenza su certe unità organiche, sia perché le forme morbose si mostrano connesse a certo organo o sistema organico, non mai esprimono un' idiopatico disordine dell' universale. Ma in questo caso anche le malattie dette universali come sono le febbri, le flemmassie, e i morbi diatesici, gotta, scrofula, tubercu- lo ecc. sono anche essi locali sebbene abbiano una sfera più es- tesa; e perciò ogni differenza svanisce. Queste riflessioni spiegano 1 imbarazzo anzi l'impossibilità dei moderni patologi, Sprengel, Chomel, Dalla Decima, Fanzago, Bufalini di segnare i giusti con- fini fra le une e altre. Lo stesso deve dirsi delle malattie orga- chc e dinamiche; e se dalla polemica di tanti anni fra le due scuo- le é risultato che vitalità e organizzazione vitale sono sinonimi, la distinzione suddetta é assurda e impossibile. Mostrai altrove [§ 79] Tassurdità, e impossibilita di segnare i confini fra le ma- lattie esterne ed interne; ma essa é dimostrata maggiormente dal fatto delle malattie secondarie, e delle diatesiche. Rispetto poi al- la separata esistenza dei morbi solidali ed umorali, pretesa che suppone i solidi indipendenti dai liquidi e viceversa, e che con- fonde gli effetti colle cause'dei morbi, essa è smentita dalla fi- siologia che prova gP inestricabili e mutui rapporti degli uni e degli altri, é smentita dallo stesso umorismo antico che confessa- va la partecipazione dei solidi nella reazione autocratica della vita, é smentita dalla patologia moderna che nostra l'influenza dei solidi ad alterare i liquidi e viceversa, e cosi non offre un so- lo esempio di morbo umorale senza lesione dei solidi. 2° Fecero una classificazione erronea, e nociva alla scienza e all' arte perché-accomuna morbi praticamente diversi, e viceversa." Ciò dimostrerò pienamente nella 5- sezione; qui solo mi limiterò a ri- flettere che le divisioni di locali ed universali, esterne, interne ecc. sono troppo vaghe e troppo generali pa- rappresentare le differenze e comunanze vere diagnostiche e terapeutiche delle ma- lattie, che sono non relative alla sede ma ai modi sempre multi- pli con cui la sede é alterata. Che importa collocare i morbi del- lo stomaco fra i locali, e quelli dell' occhio fra gli esterni, se 3G6 principj della l'occhio e lo stomaco possono presentare 10 o 15 modi di altera- zione diversi per causeì per sintomi, per esiti, per cura, quindi per causa prossima? E che vantaggio ha la nosologia per la pratica se i principj di classificazione non si traducono in principj o pre- cetti diagnostici e terapeutici? 3P Neglessero di cercare nei morbi ciò che é cagione e ciò che é ef- fetto, e con diligenza distinguerli. Nella febbre sintomatica di una polmonia, o nelle convulsioni epilettiche da vermi intestinali abbiamo la malattia causa e la ma- lattia effetto, l'una locale e cho risiede nel polmone e negli intes- tini, l'altro generale e che risiede in tutto il sistema o sanguigno o nervoso. L'una sede del morbo (o sedo della sua causa); l'altra sede dei sintomi (come direbbe il Bufalini) o sede dò suoi effetti Ora definita la malattia un disordine delle azioni e delle parti organiche, dichiarato che ivi è malattia dove questo disordine apparisce e risiede, si entra nel concetto browniano delle malattie Universali, e quindi la febbre e le convulsioni sono riguardate un monotono irradiarsi e diffondersi del locale processo; confuso quindi ciò che é effetto con ciò che è causa. E' evidente adunque che definito il morbo effertns a sua causa pendens non si cadea nrila confusione a cui conduce la ricerca della sede, che tanto è sede della cansa come degli effètti. 4' /Riguardarono o sempre locale o seniore generale l'origine dei morbi contro la realtà dei fatti. A quésta controversia conduce il prender di mira la sede non la causa prossima dei morbi. E ques- ta controversia comunque si risolva nuoce alla realtà nosografi- ca. Infatti i browniani sostennero l'origine e la natura diatesi- ca dei morbi locali (s'intende dinamici). Testa e i localizzatori sostennero l'origine sempre locale dei morbi dinamici, e la tendenza loro a farsi universali. L'opinione di Brown è rimasta smentita da tutta la nosologia se si eccettua le febbri continue, periodiche, ed esantematiche, e le cosi dette diatesi. Pure anche in queste é inesatta l'idea di universale come alterazione idiopatica del totale organismo; quando sono alterazioni modali di un solo sistema organico. Solo meritano il nome di universali rispetto alle loca- lità apparenti di cui esse sono la causa prossima interna e segre- ta. L'opinione del Testa.é smentita dai fatti suddetti, anzi da quei fatti di malattie flogistiche e irritative le quali a prima vista sem- brano dimostrare la pretesa tendenza loro a farsi universali. Per- ché se si tratta di risentimenti simpatici, più o meno estesi, da Calcoli, da vermi, da indigestione ecc. essi non sono il ripetersi del morbo locale, ma tanto dipendenti dalla località che cessano appena la causa locale vien tolta, né sono universali se sono cir- NOSOGRAFIA RAZIONALE 367 coscritti a un solo aparecchio o sistema'. Se poi si tratta dogli ef- fetti di flogosi locale non può dirsi che i febbrili siano l'idiopa- tico ripetersi nell' universale del processo flogistico, perché curata la flogosi locale la febbre cessa in proporzione; e non può dir- si che le diffusioni flogistiche e le metastasi abbiano tendenza a farsi universali, quando è dimostrato che sono circoscritte a cer- ti confini anatomo-fìsiologici di vicinato e di simpatia. Cosi un' affezione reumatica attacca altre membrane, cosi un' artrite pre- dilige il cuore, un' orchite predilige le parotidi, un' oftalmia si diffonde a un' altro occhio non al cervello. Ecco dunque che tanto la opinione di Brown che quella di Tes- ta che col parlare di sede dei morbi ne perdono di vista la causa e perciò i due lati del fatto clinico, la causa prossima e la forma morbosa sconvolgono tutta la patologia perchè imbrogliano la sto- ria delle malattie diatesiche, delle secondarie, delle stesse febbri- li, infiammatorie, ed irritative, propongono principj di classifica- zione vani ed assurdi, e rendono impossibile la storia e la pato- genia dei morbi. So che questo § é in qualche modo estraneo a questa sezione perché ne dovrò trattare espressamente nella 5*: pure volli indi- care le assurdità a cui conduce lo stabilire un falso principio di nosografia razionale come è quello di riguardare la sede come sinonimo di causa prossima, e come scopo della diagnosi prati ja e patogenica" Ho imitato i matematici che a mostrare la diver- genza di due linee che in origine sembrano paralelle, le prolon- gano, perché se ne conosca la enorme distanza, e l'influenza che essa può avere nelle pratiche applicazioni. § 131. Che cosa fu inteso e che cosa deve intendersi per diatesi— 0 delle malattie diatesiche e univirsali considerate rome causa prossima di morbi locali. Il mio discorso sulla sede dei morbi mi ha condotto a parlare di un fatto gravissimo, o per dir meglio di una serie di fatti cli- nici, nei quali v' é una disposizione morbosa in certo modo laten- te in un grande sistema o tessuto, e che si manifesta per altera- zioni locali che ne sono gli effetti in luogo di esserne le cagioni, come p. e. i morbi flogistici ed irritativi. A questi morbi costitu- zionali cause di locali manifestazioni parmi che convenga il nome di diatesi. Il mio lettore comprenderà facilmente che questo mio concetto della diatesi si allontana da quante idee ne furono pro- poste da Galeno fino a noi. Essa non è la vaga disposizione mor- bosa come intese Galeno; né è sinonimo della forma morbosa come propose Fernelio; né é sinonimo della causa prossima o del- 368 principj della Y essenza stessa del morbo come volle Brown ei suoi riformato- ri d'Italia e di Francia, con mera lesiono dell' eccitamento, o simultanea lesione dell' organismo come proposero Tommasini, Fanzago, Bondioli, • Bufalini; non è la predisposizione inmi- nente e permanente a un dato morbo di Forget, giacché predis- posizione non é stato morboso, ma 6 condizione alla genesi di tutti i morbi; piutosto si avvicina, all' idea di Hildembrand uche la diatesi è una costituzione morbosa propria e speciale die, produce effetti patologici inmediati. Essa non deve esprimere il rapporto delle malattie primarie e secondario, perché può un morbo causarne un' altro senza essere una disposizione diate- sica; né deve confondersi colle varie cachessie perché queste es- primono piutosto il dissesto profondo avvenuto nell' economia per effetto del massimo numero di malattie, se gravi e prolonga- te. Per me la diatesi non è costituzione morbosa dell'individuo, né perciò uno stato intermedio fra la salute e la malattia, come propose il Bouchut, ma é caratterizzata dà fenomeni morbosi io- cali per l'influenza di una causa interna o costituzione mori-osa [e perciò stato morboso] come d'accordo con Hildembrand opino il Grisolle. Il mio concetto non rappresenta tutto il quadro nosologico col- le due diatesi della scuola dinamica, non le sei di Darbefenille, e le quattro di Pariset e Villeneuve, perché sono forme generiche o secondarie di morbi locali, e in cui sono escluse le vere diatesi convenute dai pratici; e per le stesse ragioni, e per non fondarsi sulle stesse idee non rappresenta le 21 diatesi di Hildembrand, né le 12 di Giuseppe Frank, ne le 18 di Grisolle. né le 21 del Pr. Lanza. Il mio concetto rappresenta solo i morbi locali mantenu- ti o prodotti da cause interne latenti costituzionali com' é la dia- tesi sifillittica, gottosa, tuberculare, scorbutica, erpetica, cance- rosa, reumatica, emo'-aggica, rachitica,- verminosa (o disposizione occulta a generar vermini) calcolosa (id) ecc. Può anche ammet- tersi una diatesi infiammatoria, quando essa sia una condizione latente, e causa di manifestazioni locali, fatto clinico che é molto diverso del concetto teorico della diatesi iperstenica, come dimos- trerò altrove. Però sembrami doversi escludere le febbri perio- diche perchè ivi non esiste affezione locale né come causa né co- me effetto; le febbri continue e gli esantemi acuti perché ivi la partecipazione sinnergica del sistema, non é una condizione laten- te e permanente [come nelle mie diatesi] ma un manifesto e tran- sitorio processo di riparazione vitale: e quindi le eruzioni esante- matiche, i fenomeni critici delle febbri, l'ulcerazione del tifo, piu- tosto debbono riguardarsi come gli effetti di un morbo manifesto NOSOGRAFIA RAZIONALE 360 che come i sconcerti locali delle mie diatesi che sono gP indizi di una condizione latente. Lo stesso si dica della diatesi flogistica quando 6 manifestamente connessa alla flemmassia locale, e rap- presenta una sinnergia riparatrice o temporaria deli' offesa lo- cale, non una condizione occulta causa di secondarj sconcerti. Fissati questi, estremi del fatto, io non penso come Bouchut che il numero delle diatesi sia indefinito, né temo come Gintrac cho possa esserlo, né convengo con il criterio da lui proposto per li- mitarne il numero, considerando solo diatesi quelle costituzioni che possono produrre effetti diversi o poligeniche, e non le mo- nogeniche come la infiammatoria, la cmoraggica, purulenta, os- sea, tubercolosa ecc. Per me poeo importa che la diatesi tuberco- losari presenti con una sola forma di effètti, e la sifillitica pre- senti tre o quattro forme, ulceri, dolori ostcocopi, impetigini ecc, tanto nell' una come noli' altra v' é una costituzione morbosa occulta die è causa dei locali fenomeni. Sia pur vero che per giu- dicare di una diatesi cmoraggica, ossea, purulenta sia d'uopo che si succedano, e si ripetano o emoraggic o produzioni ossee od as- cessi, però mi basta che si succedano per aver diritto a riferirle alla diatesi relativa quando non v' é altra causa die possa pro- durle. Ciò vuol dire che il clinico per arguire sifatta diatesi ha duopo della patosintesi e perciò dei dati che fornisce la succes- sion dei fenomeni. Lo stesso é applicabile alla diagnosi delle da lui dette diatesi poligeniche, perché non eredo che basta una semplice gianduia ingorgata al collo, un cancro, un ecsema, un primo attacco di gotta, un tumor duro alle mamelle in donna ol- tre ai 40 anni, per farci conoscere la diatesi scrofulosa, sifillitti- ca cancerosa, ecc. Questi primi sintomi, ce ne danno appena il sos- petto, e perché questo si converta in buona diagnosi abbisogniamo investigare le cause pregesse, le circostanze dell' individuo, i sin- tomi del morbo ecc. insomma abbisogniamo della patosintesi. Io credo pertanto che i migliori criterj per fissare il numero e la realtà delle diatesi sono due:l.° La nozione loro ossia "i morbi locali che hanno per causa una disposizione morbosa occul- ta, generale o che risiede in un sistema organico" 2. ° la pato- sintesi, o l'insieme dei loro dati diagnostici. Con questi due cri- terj mi sembra doversi restringere le diatesi, alla siiillittica, got- tosa, scorbutica, scrofulosa, tubercolosa, erpetica, cancerosa, reu- matica, rachitica, ossea, emoraggica, purulenta, infiammatoria, verminosa, calcolosa: perche in tutte vi sono manifestazioni locali effetto non causa di una costituzione morbosa latente, generale o propria di un sistema organico. Con questi due criterj la noso- grafia potrà fissarne il numero, i rapporti loro colle cause predis- 370 PRINCIPJ DELLA ponenti ed occasionali, potrà decidere se alcune diatesi sono me- re forme di una sola, o veramente distinte. E cosi la patogenia potrà collo studio dei veri elementi empirici di ciascuna diatesi decifrare il mistero di questi stati morbosi, e decidere se sono ri- poste in alterazioni de solidi o de fluidi, e in qual modo e per qua- li leggi concorrono a produrli certe cause predisponenti, il tempe- ramento ereditario, gli abiti igienici, certe cause peculiari; e per- ché hanno certo corso e certi esiti, e certi bisogni terapeutici. § 132. Il genio il caratere epidemico delle malattie entra nel concetto della condizion patologica. I principj della scuola anatomica sono dunque smentiti l.°dal fatto che gli organi, i tessuti, i grandi sistemi possono venir alte- rati in modi moiri e diversi, ed esser perciò la sede di malattie differenti; fatto che spiega le contradizioni fra la nosografia an- tica e moderna. 2. ° Dal fatto che le stesse alterazioni anatomi- che [e ciò lo dimostrerò in breve] possono essere l'effetto di ma- lattie assai diverse e di processi vitali il cui mecanismo né osser- va né scopre l'anatomia. 3. ° Dal fatto delle diatesi che prova che le manifestazioni morbose locali sono l'effetto di alterazioni generali ed occulte; e che i grandi sistemi possono di varj modi alterarsi simpatica ed idiopaticamente. 4. ° Finalmente dal fatto della costituzione epidemica che alterando in modo speciale i so- lidi o i fluidi imprimo alle malattie un genio un carattere specia- le semeiottico, prognostico, e terapeutico, e perciò merita che en- tri nel concetto della condizion patologica. Da Ippocrate a Ballonio, a Ramazzini, Sydernam, Sarcone a noi si é riguardata questa arcana influenza atta ad alterare non solo la forma semeiottica delle malattie ma il fondo curabile, e farne perciò diversa la prognosi e la cura. Finora è ignoto se la misteriosa influenza che chiamiamo cos- tituzione epidemica derivi dal calore, o dal freddo, o dal secco, o dall' uaido, o dall' qllettricità atmosferica, o dai miasmi, o da tut- te queste cose variamente combinate. Però egli é un fatto che tutti i grandi osservatori hanno registrato, che in certi anni una malattia comune come la risipola, l'angina, la pleurite, il vaiuolo, la sinoca, si manifestano con un genio o carattere infiammatorio tale che esige il salasso e il metodo antiflogistico, in altri mani- festano un genio bilioso o tale che cedono mirabilmente agli eme- tici ed ai purganti, qualche volta si presentano con carattere adi- namico e tifoideo, con esito facilmente cangrenoso e mortale. Non vi è dubbio che la costituzione medica merita ancor più l'attenzio- ne del patologo che quella delle stagioni e del clima, perché la co- NOSOGRAFIA RAZIONALE 371 noscenza del clima o delle condizioni topografiche d'un luogo, e il corrispondente dominio di certe malattie endemiche equivale a sapere le relazioni costanti e manifeste di certe cause e di certi effetti. Lo stesso è da dirsi delle stagioni, le quali rappresenta- no certe condizioni note o di calore, o di freddo, umidità, o sechez- za. dominio di venti, transizione da stati atmosferici differenti ecc. Cosi il medico che parla di primavera e di autunno, di estate e di inverno, equivale a che parli dell' azione di questi oggetti sull' economia vivente; e come in una stagione piutosto avven- gono le febbri catarrali e le polmonie e i reumatismi, in altra piu- tosto i disordini gastrici colera, diarea, dissenteria, in altri piu- tosto febbri biliose, le intermittenti, i tifi; benché non sappia la ragione di queste connessioni fra causa ed effetto conosce la re- altà e la costanza di queste connessioni medesime, e i morbi pro- dotti per effetto del clima e delle stagioni hanno il carattere proprio e conosciuto delle circostanze endemiche o stagionari che le favorirono. Le cose avvengono molto diversamente in ciò che intendiamo per costituzione epidemica perché ci é perfettamente ignoto da quale conbinazione di calore, o dì luce, o di ellettricità, o di umidità de- rivi quella influenza transitoria detta perciò epidemica dai Gre- ci la quale fa che quest' anno tutte le malattie flogistiche o esan- tematiche o febbrili abbiano un genio infiammatorio, in altro l'abbiano adinamico maligno e quasi mortale. Inoltre questa in- fluenza arcana epidemica si mescola ad una'forma morbosa, angi- na p. e. vaiuolo, risipola ecc. dandole per altro le tinte del suo proprio genio non come farebbe una complicazione, ma quasi una condizione nuova e distinta. Cosi che la influenza epidemica tan- to altera l'esterna forma morbosa come il fondo del morbo con- servando le preziose relazioni semeiottiche fra il fondo e la for- ma. Perciò se le forme suddette ebbero un genio epidemico infiam- matorio egli si manifèsta da sintomi corrispondenti di polso duro e grande, forte calore, sete, accenzione al capo, epistassi, e dal manifesto vantaggio della flebotomia e dei temperanti; se ebbero un genio epidemico bilioso si manifesta dai sintomi saburrali e dal pronto e deciso vantaggio degli emetici e dei purganti; se ebbero un genio maligno e adinamico lo manifestano i sintomi nervosi e gli esiti cancrenosi e tifoidei, e Pintoleranza dei mezzi debilitanti. Ciò posto vale a dire stabilito che l'influenza epide- mica non cambia la forma ma il fondo dei morbi, rimanendo per altro costante la relazione semeiottica fra il cambiato fondo e la cambiata forma, deve egualmente stabilirsi: che il genio e ca- rattere epidemico delle malattie entra nel concetto della condì- 372 PRINCIPJ DELLA zion patologica. Perché infatti sebbene ci sia ignoto il come una condiziono epidemica produce l'angina maligna un' altra l'angina infiammatoria, é irrecusabile però l'induzione che la una opera diun modo diverso dall' altra, e che la situazione innormale, alte- razione o causa prossima operata in un caso è diversa dall' altro se vi corrisponde una forma patogenica e bisogni terapeutici particolari e diversi. Mi compaccio dunque di trovarmi d'accor- do in un punto tanto grave col mio egregio amico il dottissimo Turchetti per manifestare l'insufficienza della medicina fìsica ed anatomica in una materia che stabilisce differenze eventuali del- le malattie di suprema importanza, e che non isfuggirono ai segua- ci della medicina ippocratica di tutti i tempi. § 133. Della specificità in medicina—Il concetto della specifi- cità dei morbi e dei rimedi deve riferirsi alle cause prossime non alle forme morbose. Se dal concetto della specificità la scienza avesse cavato il par- tito che ne trasse il ciarlatanismo, forse oggi la patologia e la pratica sarebbero molto più innanzi. Si dice: che una causa noci- va ha una azione specifica quando produce una malattia speciale come la malaria le intermittenti, l'acarus la rogna, il virus sifi- litico la lue; che un morbo costituisce un processo specifico quan- do pei suoi caratteri diagnostici forma un tipo sui generis, come il vaiuolo, la rogna, la gotta, il tuberculo ecc; che un rimedio ha un' azione specifica rispetto a un morbo dato quando è provato che a preferenza d'ogni altro lo combatte, come il mercurio la si- fillide, il chinino le intermittenti, lo solfo la rogna ecc. Ed ec- co che il concetto della specificità rappresenta relazioni etiologi- che, semeiotiche, e terapeutiche preziose perché fondate sull' es- perienza. Ora supponiamo che i patologi vista la realtà delle relazioni specifiche delle cause, dei sintomi, dei rimedj, a certi ti- pi come le intermittenti, la sifillide, la rogna ecc. avessero cer- cato e studiato le relazioni specifiche dei dati clinici di tutti i morbi, già a quest' ora avremmo più completa e più perfetta la nosografia. Se ciò non si é fatto, e non si sono fissate in grande le relazioni specifiche dei morbi, ne ha colpa l'influenza dei siste- mi medici e sopratutto la mancanza della nosografia filosofica, Quando Brown, e poi Rasori, e Broussais proclamavano che le es- terne cose o fisiologiche o terapeutiche agiscono o stimolando o deprimendo, che i morbi qualunque ne sia la forma o la sede con- sistono in processi comuni di stimolo e di controstimolo, chi po- tea pensare inazioni specifiche di cause morbose e di rimedi, chi in processi specifioi? E di fatti appena si pose in dubbio la dot' NOSOGRAFIA RAZIONALE 373 trina dinamica che sipario di specificità de morbi e de rimedj, anzi questa fu un' arma in mano degli Italiani per combatterla e riformarla [1] La dottrina, o per dir meglio il fatto delle rela- zioni specifiche servirà contro la odierna scuola anatomica, come servi contro il dinamismo; e se finora non diede i frutti che può dare, e cadde anche in discredito, ciò si deve alla mancanza di buona nosografia razionale. Sapete perché la relazione specifica del miasma palustre colle intermittenti ha una vera importanza nosografica? Non é solo perché si fondi sopra infinite osservazioni, ma perché riguar- da un tipo clinico certo, completo e perfettamente caratteriz- zato. Lo stesso si dica della relazione specifica della china-chi- na; e senza la esatta diagnosi fondata sulla patosintesi [e si ten- ga presente ciò che dice Chomel rispetto al Ilex aquaticum§ 49] tanto sterile sarebbe una relazione specifica come Paltra. Sup- poniamo che si propongano specifici contro la dìarea o la dispe- sia o la dissenteria, o la d;spnea, o la iterizia, o la cefalea ecc. cioè contro forme morbose che possono attenersi a cause prossime differenti. Ciò che veramente fu utile in un caso sarà indifferen- te e nocivo in altri; e in questi casi il discredito delle relazioni specifiche nasce dalle false analogie, e dal credere tipo distinto un sintoma o forma morbosa che è un' attributo generico di tipi differenti. Ma il calomelano nella dissenteria epatica é tanto spe- cifico come l'emeto-catartico nell' oftalmia gastrica come il fred- do nell' epistassi angioitica come il salasso nella polmonia sincera come il mercurio nella lue celtica, o il solfo nella rogna. Dunque il concetto delle relazioni specifiche è veramente prezioso, pur- ché abbia per base le cause prossime dei morbi, e i tipi veramente completi, non le forme morbose generiche. Ciò premesso io non posso convenire nelle idee de Bouchut che "la specialité morbide est une qualité occulte des maladies qui "rend compte de ce qu' elles offrent de particulier dans leur na- ture, dans leur evolucion, et dans leur traitement. Ainsi on dit "que les maladies produites par de virus, des effluves, certaines "diateses sont des maladies specifiques, et les rimedes empiriques "que Pon employe avec succés contre ces maladies, sont des reme- "des specifiques" [op. a] Secondo queste idee, eccettuate le malat- tie periodiche, le esantematiche ed alcune diatesi riguardate spe- cifiche perché aventi una qualità occulta, tutte le altre malattie: febbri continue, flemmassie, morbi irritativi ecc. sono patogenica- mente conosciute, e non hanno relazioni specifiche, né etiologiche, [I] Bufalini Di«cor. Prelimìn. alla Pat. analit. 374 PRINCIPJ DELLA né terapeutiche! Pure nello stato attuale della patogenia forse ci é tanto occulto il come un freddo violento produca la flogosi, che come la malaria le intermittenti; e come il salasso, il nitro, il tartaro emetico sono antiflogistici, come la chinina é antiperio- dica. Dalle cose dette risulta che la scienza può cavare un bel parti- to dal concetto della specificità. 1" Egli non deve significare una qualità acculta dei morbi e dei rimedj, ma una relazione diagnos- tica certa e sperimentale. 2° Applicata questa idea all' etiologia tutte le cause morbose sono specifiche, perché a ciascun tipo cor- ripondono cause morbose speciali, e sparisce la distinzione teo- rica del comune e dello specifico. Ma questa specialità delle cause non é relativa a forme generiche ma a tipi completi: e con questa guida dei rapporti specifici delle cause otterremo la parte forse più importante della nosografia. 39 Applicate questa idea alla se- meiottica, tutti i tipi clinici sono specifici, tanto l'angina detta co- mune come la maligna, tanto la polmonia come la tisi, tanto la gotta come il reumatismo. E sono specifici non perché abbiano specialità di apparenze morbose, ma specialità di cause prossime e perciò di relazioni diagnostiche e terapeutiche. Pertanto se vo- lete decifrare lo specifico di una forma morbosa generica diarrea, vomito, epilessia, singulto, nevrosi, febbre ecc. perdete il vostro tempo: e se lo cercherete nei tipi formati dalla patosintesi e per- ciò dalle cause prossime relative, flogosi, periodesi, processo feb- brile, irritazione ecc. formerete i modelli esatti della nosografia 4° Applicate questa idea alla terapeutica, tutti i rimedj possono riguardarsi specifici. Ma in ciò il ciarlatanismo differisce dalla scienza nosografica che egli proclama relazioni terapeutiche con date forme morbose generiche, dispepsia, epilessia, dolore ecc. e la vera scienza clinica proclama relazioni terapeutiche con dati tipi clinici e cause prossime; e perciò con fatti completi e certi. Cosi l'uno conduce ad errori e ad andare a tastoni, l'altra guida a completare la storia dei singoli tipi clinici, e a cercare le vere analogie, e trovare le norme terapeutiche fondate sulla vera spe- rienza, § 134. Dei criterj diagnostici—La patosintesi é il sovrano cri- terio per la diagnosi clinica—Differenza fra la mia idea, e quella che ne diede il Pr. Bufalini. La causa prossima o condizion patologica di una malattia non ci é rivelata da una benigna inspirazione del cielo, né da alcun sistema biologico che ci dica a priori e per indovìnamento [come hanno detto tutti i sistematici, però invano, perche tutti smen- NOSOGRAFIA RAZIONALE 375 titi poi sempre dall' esperienza clinica] le parti dell' organismo possono alterarsi in questi e questi altri modi. Non dall' anato- mia patologica, criterio inutile pel clinico, perché deve e può co- noscere e curare prima e senza che arrivi la morte; criterio in- completo pel nosografo perché l'anatomia non svela sempre le sedi né la natura dei morbi, in molti svi la gli effetti non la vera natura di essi; criterio altresì condizionato perché senza i rappor- ti semeiottici i dettati dell' anatomia sono inutili; criterio incom- pleto pel patologo perché come la sola anatomia normale non ci svela per se le vere leggi biologiche, cosi la sola anatomia mor- bosa non isvela per se la patogenia la parte vitale ed invisibile dei processi morbosi. Non ci è scoperta nemmeno dalla stessa patogenia, operazione intellettuale che si esercita non al letto dell' ammalato, ma sopra i riuniti materiali della scienza clinica e biologica; e che suppone la realtà di fatti clinici già orservati e descritti, e a diagnosi clinica assicurata. Per fortuna le con- dizioni patologiche possono e devono conoscersi e determinarsi per mezzo di dati pratici e sperimentali. Questi dati che chiamo cri fe- rii diagnostici sono i sintomi, le cause, gli effetti dei morbi, gli effetti dei rimedi: tutte cose che sono alla portata dei sensi e del- la osservazione, e le cui qualità e relative connessioni costituis- cono il linguaggio della natura e il segreto della scienza. Dico adunque chei criterj diagnostici possono condurci a scoprire e de- terminare le cause prossime, perché esiste uu rapporto empirico costante fra gli uni e le altre, rapporto tanto speciale che ci gui- da a distinguere un morbo realmente diverso dagli altri, come a trovarne una vera aualogia e classificargli utilmente; rapporto che é materia di osservazione e di esperienza. Dico che devono condurci a scoprire le cause prossime, perché é un principio di filosofia naturale che solamente dallo studio degli effetti (cioè dej loro rapporti) si arriva a conoscere le cagioni, solamente dal- lo studio dei rapporti dei fenomeni si arriva a conoscere le leg- gi e le cause di essi. Dico che devono perché se si toglie quest' unico cammino sperimentale la storia, la diagnosi, la classifica- zione delle malattie vengono abbandonate al capriccio di qua- lunque sistema biologico, e non sono più oggetto di osservazio- ne e di esperienza; la nosografia é convertita in un romanzo. Adunque i dati clinici e criterj sperimentali per la diagnosi clinica della condizion patologica sono i sintomi che la manifes- tano, le cause remote che la produssero, sono gli effetti e gli esiti della malattia, sono gli effetti dei rimedi sulla stessa situazione innormale. La riunione, corrispondenza, caratteri, collocazione di questi dati diagnostici, che formano i'punti o tratti culminan- 316 PRINCIPJ DELLA ti della storia delle malattie chiamo patosintesi che abbastanza esprime il complesso, e le relazioni naturali e neccessarie degli elementi veri del fatto clinico. E come la descrizione nosografi- ca completa e la diagnosi clinica sono sinonimi, e come le con- dizioni patologiche possono riconoscersi e stabilirsi in via spe- rimentale cioè medianto lo studio dei sudetti dati clinici, e come questo studio non é altra cosa che la sintesi empirica delle loro vere, e mutue, e speciali, e neccessarie relazioni, cosi è evidente che la patosintesi é il principale e sovrano criterio per la sicura e facile diagnosi delle singole malattie, il mezzo di formare i fat- ti particolari e individui, la base su cui ordinare una classifica- zione veramente pratica o diagnostica o stabilire le reali diffe- renze delle malattie umane considerati come fatti completi e in- dividui. L'illustre Bufalini mi ha preceduto in questa bellissima idea proclamando il primo "essere la corrispondenza fra le cause, i sintomi e gli effetti dei rimedi il principale il più sicuro crite- rio per la coordinazione nosologica delle malattie umane. Pure é d'uopo confessarlo, il suo concetto non fu chiaro ed esatto ab- bastanza; né egli mostrò di sentire tutta la importanza veramente grande e fondamentale di questo gran criterio diagnostico,nemme- no si curò di farne una utile, nuova e feconda applicazione alla nosografia, alla nosologia, ed alla patogenia. Gioverà dunque esaminar brevemente il concetto del Bufalini per far manifesto ai medici pensatori che la patosintesi non nasconde un plagio ma esprime e contiene un progresso forse di fondamentale impor- tanza per la medicina teorica e pratica. Il Bufalini trattò di questo criterio nosologico in due gravis- sime opere di patologia, nei Fondamenti, e nelle Instituzioni di patologia analitica [sviluppi del suo saggio-Dottrina della vita]. Nella prima esaminando i fondamenti su cui ordinare le differen- ze delle malattie, dopo avere premessa una distinzione fra quel- le a processo manifesto (svelate dall' anatomia) e quelle a pro- cesso occulto, dopo avere stabilito che non possono a ciò servire di sicura guida i soli sintomi perché a suo credere non esiste una relazione diretta e costante fra le apparenze sintomatiche e le con- dizioni morbose interne ed occulte; che non possono a ciò servi- re di guida le sóle cause remoto perché non esiste una relazione costante fra l'aziono delle cause nocive e la natura delle malat- tie prodotte; che non possono nemmeno servir di guida i soli ef- fendi delle potenze medicinali, perché nemmeno esiste una rela- zione necessaria e costante fra la qualità dei mezzi terapeutici e la natura delle malattie; viene alla conclusione che il principale e forse unico criterio disgnostico e nosologico consiste nella prò- NOSOGRAFIA RAZIONALE 377 vata corrispondenza di tre dati clinici cause, sintomi, effetti dei rimedi. Reputa quindi che di questo modo si possono individua- re, e distinguere, e classificare, ancorché rimanga occulta la na- tura e l'essenza delle malattie a processo occulto. •'Nessuno sa [di- "ce egli] in che consiste la fame che pure é un' affezione del uos- "tro corpo, nessuno sa come il cibo operi a toglierla; ma la man- "canza di questo cosi costantemente precede il nascerò della fa- "me, e il pigliar cibo cosi cosiuutanento la dissipa, che le rela- zioni costanti di questi tre dati, cagioni, sintomi, e rimedio della "fame sono pei foltamente verificate, e la differenza reale di esse "da ogni altra rffezione del nostro corpo dia è chiaramente e si- curamente riconosciuta [1]" La prima e principale difficoltà che salta alla vista contro questa dottrina del Bufalini é una flagran- te conti-adizione. Se non esiste una relaziono costante delle cau- se remote, dei sintomi, degli effetti dei rimedj con l'interno stato morboso, come potremo essere sicuri inai di che si corrispondano questi tre dati clinici? Siamo certi die si tratta d'inedia non per- ché ha preceduto una rigorosa e protratta mancanza di alimen- ti, ma perché vi sono fenomeni o sintomi capaci di manifestar gli effetti di questa mancanza. Infatti osserviamo mancar d'ali- menti alcun' infermo di febbre continua o d'infiammazione, e nem- meno sospettiamo pur solo che si tratti di quella condizione mor- bosa cho chiamiamo inedia. Cho sola fame è sintomatica di al- cuna malattia nervosa (faine canina: ed allora ha sintomi conco- mitanti assai diversi, e ha diverse cause remote e diverri rimedj) allora non pensiamo né allo cause, né ai rimedi dell' inedia. Esis- te dunque fra i sintomi e lo stato morboso interno inedia: fra le cause remote [mancanza d'alimenti] e io stato morboso inedia; fra i rimedj (graduata applicazione d'alimenti) e lo stato morbo- so inedia, esiste dico quella relazione che é negata dal Bufalini; ed é appunto perché esiste questa relazione di questi tre dati dia- gnostici a una condizione occulta chiamata inedia, che questo sta- to morboso lo possiamo distinguere dalla fame per isterismo, o per vermi, od altra causa prossima differente. Cosi per servirmi di un altro esempio addotto dal Bufalini ignoriamo certamente ancora in quale disordine dei fluidi o dei solidi è riposta la na- tura delle intermittenti; pure la corrispondenza delle cause re- mote che la producono (miasma palustre, freddo, impressioni irri- tanti, costituzione nervosa) ecc.; dei sintomi che la manifestano, (intermissione crisi ecc.) e dei rimedj chela combattono (inter- rompenti specifici): la corrispondenza dico di questi tre dati clic [1] Foad. di Pat. Aaalit. cap. 2s. 48 378 PRINCIPJ DELLA ne forma il quadro il tipo la storia, ci dà la certezza che la ter- zana è essenzialmente diversa da una sinoca o da un vaiuolo. Pe- rò questa corrispondenza é un fatto importante ed è una guida diagnostica sicura e preziosa appunto perché esisto una relazio- ne fra le cause remote e la causa prossima delle intermittenti (pe- riodesi) fra i sintomi e la periodesi; fra l'effetto dei rimedj e la periodesi. Poco importa che in taluno insorga la terzana per una causa nociva indifferente ad altri, che in taluno offra un quadro alquanto diverso dagli altri, e' é per altro sempre qualche cosa di comune e di costante nelle cause, nei sintomi, e nei bisogni te- rapeutici per cui il clinico sagace può sempre conoscerla e classi- ficarla. Dunque la corrispondenza dei tre dati suddetti ci serve di guida diagnostica perché ciascuno corrisponde colla causa prossima comune, e questi tre dati sono connessi fra loro, e corris- pondenti perché si legano ad una condizione morbosa comune che ne forma il centro e la causa prossima e perciò forma la uni- tà del fatto clinico. A queste idee si avvicinò in parte l'autore iu appresso perché nella 2* opera ha sostenuto i medesimi principj con due notabili differenze. L'una che per ispiegare la non corrispondenza dei sin- tomi, delle cause, degli effetti dei rimedj alle crotopatie o con- dizioni morbose occorse al processo nosogenico, semiogenico, e te- rapeutico [concetti che esaminerò altrove,] e che non tolgono certamente la contradizione che ho più sopra avvertito, e che fu con troppo espre parole consurata dal Giacomini]; l'altra che già il Bufalini ha riferito alle crotopatie le cause, i sintomi, l'atti- vità dei rimedj come a loro centro comune, in luogo di parlare della corrispondenza mutua dei dati diagnostici astrazion fatta dalle crotopatie. Egli diede questo passo importante con queste nobili parole "ogni volta che le crotopatie rappresentate da cer- "te determinate serie di segni, si generano per certe determinate "cagioni, e si combattono con certi detcrminati rimedj, si ha già "quanto basta all' adempimento dello scopo dell' arte salutare, "ancorché non si conosca in se stesso l'essere della crotopatia, e "quello eziandio dell' azione della causa morbifera e dei rimedj, o "ancorché molti siano gli attributi ignoti della malattia" Ecco dunque le crotopatie o le condizioni patologiche essere il centro e l'anima del fatto clinico, perché ad esse corìspondono le cause remote che le producono, i sintomi che lo manifestano, i rimedj che le curano. Ecco che sono riconoscibili per mezzo di questi dati diagnostici cioè per induzione pratica e non per intuizione, ancorché ci manchi la relativa diagnosi patogenica. Di questo mo- do non é più la mancanza di cibo che si lega ai sintomi della fa- NOSOGRAFIA RAZIONALE 379 me, e questi che si legano al vantaggio dell' alimento; ma sono tre dati diagnostici che si legano alla crotopatia interna occulta inedia. Quindi già é ragionevole il concetto della corrispondenza bufaliniana perchè é trovata Punita e l'anima del fatto clinico. Però quanto é manifesta la coutradizione di questa bella vedu- ta del Bufalini e le idee precedenti su cui sembra fondarsi! Se lo crotopatie per esserci note clinicamente debbono essere rappre- sentate da certi e determinati segni, esiste dunque una corrispon- denza semeiottica che egli non ammette; se debbono essere gene- rate da certe detcrminate cagioni dunque esiste uno speciale rap- porto empirico fra le cause remote e le prossime che nemmeno consente; se debbono combattersi con certi determinati rimedj, dunque esiste un rapporto empirico egualmente da lui negato fra i mezzi di cura e le cause prossime. Ciò posto è assurdo quanto afferma in contrario: assurda la divisione della malattia in cro- topatia e cinopatia e il considerar l'una astrazion fatta dall' altra, La mente può ^ene per la neccessità del ragionamento distingue- re Patto dallo stato morboso, la causa dalla forma morbi, la causa dall' effetto, ma il rapporto che gli unisce l'obbliga a ricomporre ciò che avea decomposto sotto pena di formare dei semifatti e delle chimere. Assurdo finalmente prendere a base della^ classi- ficazione nosologica non le crotopatie quali risultano dall' insieme dei dati diagnostici, ma dal suo fisiogenico modo di contemplare la vita. Una verità grande rifulse dunque alla mente del Bufalini, pure avviluppato da suoi dubj sul valore diagnostico delle cause, dei sintomi, e degli effetti dei rimedi, e preocupato dalla doppia es- senza e natura o chimica o mecanica delle malattie non seppe profittarne per formarne la base della nosografia, e perciò d'una nosologia diagnostica, e della patogenia induttiva. Dopo aver diviso il fatto clinico nella crotopatia e nella cinopatiadice "che "un giusto ordino di trattazione patologica comanda di prendere "lo prime [le crotopatie o stati morbosi] a .-mbbietto della no- lologia, e le seconde (cinopatie o sintomi o parte dinamica dei "morbi) ad argomento della semeiottica" Come? Esistono stati morbosi senza relative manifestazioni semeiotiche, senza cinopa- tie? La nosologia che si occupa delle crotopatie é priva della semeiottica? La semeiottica che si occupa delle cinopatie é priva di nosologia? Che caos una volta smarrito il cammino del vero, una volta fissato un principio, un fatto falso! Vediamo infatti l'applicazione che fece del suo concetto alla nosologia: secondo le addotte parole del Bufalini parebbe che le crotopatie o stati morbosi dovessero essere determinabili praticamente per la nu> 380 PRINCIPJ DELLA nione dei tre dati diagnostici anche quando non fosse possibile scoprirne la patogenia e l'essenza, e cho dall' analogia o differen- za di queste riunioni potesse desumersi una classificazione vera- mente pratica delle malattie. Pure no! la classificazione nosolo- gica che egli ha proposto non é diagnostica, perché ha per base 110:1 l'osservazione ma il modo con cui comprende le condizioni della vita normale, giacché divide le malattie in meccanico-vita- li, e chimico-vitali, perche reputa alterarsi per le cause nocivo rispettivamente o la materiale struttura, o la miscela organica. E per scegliere un solo esempio: egli confonde nella sua plastol- lia 0 diatesi dissolutiva lo febbri intermittenti semplici e perni- ciose, la febbre nervosa, la dissenteria maligna, il sudore angli- co, il cholera morbus, i catarri maligni, la febbre mucosa, le crisi, Ja pertosse, il diabete, lo scorbuto, le idropi essenziali, la febbre gastrica e la tifoidea, ia pucrperale, la cangrena, la rafania, la pustola maligna, l'antrace, e tutti gli esantemi acuti, malattie che se hanno un' effetto od attributo comune [da lui supposto] han- no speciali patosintesi, perché hanno speciali cause, sintomi, rap- porti terapeutici, e perciò speciale condizion patologica. Ecco a quali strano applicazioni pratiche é riuscito il Bufalini per avere spezzata l'unità del fatto clinico, abbandonato il suo stesso concetto della patosintesi, confuso la diagnosi clinica che si ot- tiene colla guida dei dati diagnostici colla patogenica che deve venir dopo della nosografia non precederla né dettarla, e stabi- lito a priori la natura e differenze dei inerbi, e non colla guida pratica della patosintesi, ina con quella di principj fisio-patoge- nici non dedotti ma imposti ai fatti clinici! A far sentire pertanto la differenza fra il mio concetto e quello del Bufalini, mi giova conchiudere. 1° Che per patosintesi non intendo la mera corrispondenza delle cause, sintomi, efficacia de rimedj, ma la riunione ili tutti i dati ed elementi storici e diagnos- tiri, causo, sintomi, ch'etti de morbi, effetti de rimedj corrispon- denti e connessi ad una causa prossima o condizion patologica intima ed invisibile. 2. c I suddetti dati diagnostici non corrispon- dono già fra loro, ma baisi con una data condizion patologica che ned il centro o punto d'unione, perché questa alterazione interna speciali cause la producono, speciali sintomi ia manifestano, e spe- ciali rimedj la curano. 3" Il criterio della patosintesi non avreb- be né verità né efficacia diagnostica so ciascuno dei dati clinici cause, sintomi, effètti de morbi, effètti dò rimedj non avesse una relazione costante colla causa prossima. 4.° Ciascuno dei dati clinici può variare alquanto per causa dell' individuo, complica- zioni, od influenzo etiologiche; però rimane qualche cosa di cos- NOSOGRAFIA RAZIONALE 381 tante che guida l'osservatore sagace a trovare la stella polare della diagnosi. 5" Da questa varietà, e difficoltà di sentire il gius- to valore di ciascun dato diagnostico nasce il bisogno e il van- taggio della patosintesi perché aumenta le prove della diagnosi e la forza dei dati diagnostici, supplisce alle difficoltà dell' investi- gazione e alle incertezze che nascono dalle influenze suddette, co- si come la convinzione giuridica cresce in proporzione del nume- ro, coincidenza, e collocazione degli indizj. 6. ° Le cause pros- sime per me o crotopatie pel Bufalini sono determinabili per le rispettivo patosintesi ancorché siano occulte e inacessibili all' anatomia e chimica non solo ma alla stessa patogenia. 7.° Quin- di l'analogia o differenza delle rispettive patosintesi é la base della classificazione dei morbi o della nosologia diagnostica. 8. ° Non è permesso determinare a priori o colla scorta di un sistema biologico le differenze e la natura delle crotopatie, ma con quel- la bensì affatto pratica della patosintesi che in sostanza è sinoni- mo di fedele sagace e completa osservazione clinica. L'inter- pretazione patogenica deve venir dopo però sopra fatti completi e individui; la fisiologia accompagni non domini la patologia. § 135. Valore diagnostico dei sintomi. Essi sono sempre effetti dello staio mot toso. Delle cose dette risulta indicato che le fonti della diagnosi cli- nica sono i quattro punti culminanti della storia dei morbi, cioè i sintomi e forme morbose, le cause nocive, gli effetti della ma- lattia, gli effetti dei rimedj. Che i rapporti speciali nei quali esis- tono questi elementi fra loro costituiscono la unità dei fatti e tipi clinici. Che studiare e trovare questi speciali rapporti costituis- ce il segreto la chiave della scienza clinica: diagnosi pratica e completa nosografia. Principj di fondamentale importanza son questi iier la scienza patologica e per Parte medica perché dipen- de dall' ammettergli o negargli il possedere una base facile e si- cura per formar bene, classificar rettamente, e interpretar util- mente i fatti clinici, e possedere regole certe per ben conoscergli e ben curargli o di un'modo empirico o razionale; oppure vasa- re nel caos di tatti incompleti, di principj vani, di generalità steri- li, di opinioni vaglie, di precetti e regole terapeutiche false capric- ciose temerarie. Eppure questi principj non sono generalmente ammessi e nemmeno discussi, e sebbene abbiano la sanzione del buon senso, dell' esempio, e perfino dei precetti di alcuni sommi (come vedremo in appresso) non sono accettati dalla scienza mo- derna; e la stessa patologia generale, la pretesa filosofia dei mor- bi, se si eccettui la nobile iniziativa del Pr. Bufalini, non ha fino- 382 PRINCIPJ DELLA ra discusso né ammesso il valore diagnostico di questi quattro elementi del fatto clinico. Ed infatti la patologia generale tratta delle cause nocive, dei sintomi e forme morbose, andamento, du- rata, esiti dei morbi, loro relazioni terapeutiche e attività dei ri- medj, sotto molti e varj aspetti meno quello che più importa co- noscere e studiare e fissar bene previamente cioè nell' aspetto di criterj diagnostici. Studia p. e. i sintomi [lo stesso si dica degli altri elementi] che pur sono attributi delle malattie non le ma- lattie, la parte non l'individuo, separatamente, gli divide, gli sud- divide, gli classifica, gli descrive, gli riferisce ai varii organi e fun- zioni da cui provengono non alle malattie reali cui si connetto- no!. . . .Però chi non vede l'importanza di questa questione pre- via: sono o no i sintomi un criterio diagnostico? A qual condizio- ne lo sono? Perché se i sintomi non hanno efficacia diagnostica, che cosa sono i sintomi rispetto alla causa prossima? Quali dati avrà la scienza per formare i tipi clinici, e Parte per formare la diagnosi pratica? Se poi i sintomi hanno efficacia diagnostica, al- lora perché strappargli dalle loro relazioni colle cause prossime, perché studiargli in generale e in astratto, e classificargli come fossero individui quando sono meri attributi, perché studiargli in rapporto o con gli organi o con sognate diatesi, e non colle vere cause prossime delle malattie? La nosografia razionale deve dun- que risolvere previamente questi problemi. 1.° sintomi, cause, ef- fetti de morbi, effetti de rimedj sono o no veri criterj diagnosti' ci? 2. ° In tal caso a qual condizione lo sono? Lo studio pratico della malattia comincia dai sintomi i quali so- no la voce della natura vivente cho soffre, sono gli effetti inmedia- ti e i contrasegni visibili di condizioni morbose interne che non vediamo, e cho poi riconosciamo per induzione. Senza dei sinto- mi né il medico né l'infermo saprebbero che esiste malattia, né che avessero preceduto cause nocive, o se anche avessero pre- ceduto, non saprebbero che fossero state nocive. Pertanto i sin- tomi o si considerino effetti o contrascgni delle malattie sono della più alta importanza. E per sintomi non si vuole già intendere certe alterazioni delle funzioni, o alcuni soltanto degli effetti deh le cause prossime come erroneamente ha preteso il Bufalini; ma tutti i fenomeni morbosi, innormali, tutti i cambiamenti che può produrre lo stato di malattia nell' aspetto esterno dell' organis- mo, né suoi atti, e né suoi prodotti. E cosi il concetto e lo studio dei sintomi non abbraccia già solo l'insieme loro in ordine simul- taneo (forme morbose) ina il loro ordine successivo cioè il tipo, o continuo o intermittente o remittente, il corso, la durata con suc- cessioni con metastasi con crisi ecc. [forma consecutiva] oggetti NOSOGRAFIA RAZIONALE 383 che la patologia generale con improvido consiglio studiò a par- to, come non fossero attributi sintomatici della malattia! Ora il primo problema che si presenta alla mente del medico filosofo è questa: "Cosa sono i sint'01 /ri? sono la malattia stessa, o gli effetti della malattia! Se si sviluppa una oftalmia naturalmente ci si presenta con rossore dell' occhio, senso di calore, dolore, in- tolleranza di luce, e febbre continua. Ora questi che sono i feno- meni che la manifestano sono insieme gli effetti dell' infiamma- zione. E' vero che la flogosi non potrebbe esistere ed occupare le varie parti dell' occhio, senza produrre questi effetti: però questi non possono chiamarsi parti ed elementi dell' infiammazio- ne perché in tal caso si potrebbero combattere separatamente. NelP oftalmia abbiamo riunito ciò che merita il nome di causa, e ciò che inerita il nome di effetto. E' causa quell' occulto proces- so vale a dire quelP insieme di azioni morbose nei capallari san- guigni dell' occhio che chiamiamo infiammazione. E' effetto quel- la partecipazione del sistema nervoso cui annunziano il dolore, il senso di calore, l'intolleranza di luce, la cefalea; o quella del sistema sangnigno cui annunzia la febbre; o quella di parti con- senzienti cui annunzia la lacrimazione ecc. E prova che uno é causa e l'altro é effètto che se per rimedj locali si calma la flo- gosi cedono in proporzione tutti i sintomi nervosi, vascolari, la- grimazione ecc. Se per incongrua applicazione di luce o di col- liri irritanti si aggrava l'oftalmia, si rinnova e si aumenta il do- lore, la febbre, la lagrimazione; e i rimedj dell' oftalmia non ac- taccano già i varj sintomi di essa, bensì il processo flogistico che unico gli produce tutti insieme. Ciò che dico di una flemmassia si dica di un' indigestione, di un calcolo vescicale, o dei vermi- ni. Se l'una produce nausea e dolor di testa, l'altro dei do- lori e disturbi di urina, e i vermi finalmente delle convulsioni epi- lettiche, questi fenomeni meritano il nome di sintomi perché co-in- cidono colle cause prossime, meritano il nome di effètti perché si sviluppano per la presenza di quelle cause, si mantengono fino a che le cause persistono, svaniscono quando le cause stesse sono tolte. Con molto buon senso pertanto i Greci chiamavano i feno- meni morbosi sintomi da cum-cado perché coincidono coi morbi, e gli Arabi dicevano che i sintomi seguitano le malattie (o le lo- ro cause prossime) come l'ombra seguita il corpo. Questa etimo- logia, questa filosofia del linguaggio antico fu perduta di vista pur troppo dalle scuole mediche e dalla patologia generale, che certo non avrebbero dato la strana e falsa dottrina e divisioni dei sintomi che tanto imbarazza il cammino della patologia e della pratica, se inerendo alla filosofia medica antica avessero stabi- + 384 PRINCIPJ DELLA lito: che i sintomi sono sempre e poi sempre effetti delle malattie o delle loro cause prossime. § 136. Continua-quindi erronee e dannose alla scienza clinica le distinzioni proposte dalle scuole, in sìntomi,fenomeni, e segni. Per dare le prove di questa grave accusa basti un rapido esa- me delle distinzioni e divisioni dei sintomi proposte dalle scuole. I sintomi furono distinti dai fenomeni e dai segni (1). E rispetto alla prima] distinzione dice Chomel: ''c'est dono impropronent "que beaucoup d'auteurs ont employé les mots simptoines precur- "seurs simptomesconsecutifs: tout ce qui so presente avant que la "maladie esiste ou apres quo elle a cesse, est un phenomene et non "un simptome" E Bufalini afferma "non tutti i fenomeni del corpo "infermo essere sintomi; onde le malattie latenti esistono bensì con "fenomeni morbosi ma senza sintomi" Questa questione non é di parole come sembra a prima vista: la macchina vivente presenta due maniere di fenomeni, o normali e connessi al compimento del- le leggi fisiologiche, o innormali e connessi alle influenze morbo- se e terapeutiche, il sintoma è dunque un fenomeno morboso; per- ciò la censura che Chomel fa ai patologi é ingiusta; i sintomi che i patologi chiamano precursori sono fenomeni morbosi perché sono diversi dai fisiologici, e come tali avvertiti (e non latenti) e perché si collegano colla malattia, è chiamati precursori perché ne sono il preludio e il crepuscolo; lo stesso deve dirsi dei con- secutivi. Se fosse ammissibile la distinzione del Chomel e del Bufalini: ecco fenomeni morbosi che hanno una connessione tan- to importante col morbo perché ne rappresentano il suo principio e il suo termine, e che pure non no sono sintomi, cioè effetti e contràsegnil Ecco fenomeni che sono morbosi, che non sono fisio- logici, eppure non sono sintomi! Ecco spogliata una monografìa di dati semeiottici che rappresentano i punti estremi del fatto, che formano i contorni del quadro e gli danno l'impronta, col pretesto che sono fenomeni e non sintomi! Che confusione, che indecisio- sione nella scienza clinica, e che infedeltà nella nosografia! La seconda e più grave distinzione che fu fatta dalle scuole é quella di sintomi e di segni: e con essa si é distrutto tutta l'im- portanza diagnostica e la vera dottrina dei sintomi. Le parole di Fernelio "omne simptoma signum esse, non tamen omne signum "sintoma" volevano dire che i sintomi sono contrasegni de morbi ma che non sono i soli perché infatti lo sono egualmente le cau- (1) Chomel, Bufalini, Gintrac, De Renzi. NOSOGRAFIA RAZIONALE 385 se nocive, l'andamento dei morbi, e l'effetto dei rimedj: idea che avrebbe dato un beli' indirizzo alla patologia perché faCea sino- nimi segni e sintomi, indicava gli altri aiuti e mezzi della diagno- si clinica, e il metodo sintetico per usarli. Ala i patologi che vennero dopo si sviarono da questi principj del modo il più stra- vagante, perché sebbene la semeiottica per Fcrnelio e iutti gli uomini di buon senso sia sinonimo di arte diagnostica e compren- da lo studio delle cause, dei sintomi, degli effetti dei morbi, e dei rimedj "pure più comunmente a subbietto della semciottica si "assume la considerazione dei fenomeni del corpo infermo" (1). Fu quindi la diagnostica ristretta ai soli sintomi, e fatta la sintomatologia sinonimo di semeiottica o arte diagnostica. Còsi i patologi in luogo di dare alla diagnosi clinica tutti i mezzi che deve avere, di far concorrere tutti i dati tutti gli elementi del fatto clinico, studiandone i naturali rappòrti, e usan- do la sintesi sperimentale, si privarono di questi aiuti e di questa sintesi, e solamente si abbandonarono ai sintomi co- me all' unico dato diagnostico! Però qui non si arresta l'inaudi- ta imprudenza e contradizione dello scuole; perché mentre si pri- vava la scienza clinica dell' uso e del sintetico concorso di tutti gli altri dati diagnostici e scmeiottici, quasi che i soli sintomi po- tessero bastare per tutti, si proclamava nel tempo istesso dai pa- tologi i più eminenti di Europa. 1° Che sintomi e segni non sono sinonimi, e che il solo intelletto converte i sintomi in segni- 2. ° Che gli stessi sintomi le stesse forme morbose possono rappre- sentare malattie differenti. Cosi Parte diagnostica e semeiottica si gettava nella miseria e nel caos, e si rendeva Parte medica mille volte più difficile di quello che é realmente studiata ed eser- citata col metodo naturale. Vediamo dunque ora l'assurdità del- la prima idea, poi dimostrerò l'assurdità dell' altra. "Le simptome, dice Chomel, est simplement une sensation qui "ne devient signe que par une opcration particùliere de l'esprit, "Pun apartieht par consequent au jugement, l'autre aux scns; le "simptome est apreciable par tout le monde, le moderili seni de- "couvre les signes dans les simptomes" Ciò che Chomel dice ris- petto ai sintomi deve esattamente dirsi di tutti gli altri dati dia- gnostici, cause, andamento, ed effètti dei rimedj. Anche l'infermo e gli astanti sanno le cause che hanno preceduto la malattia, l'andamento che tenne, gli effètti dei tentati soccorsi come anche vedono e toccano i sintomi con cui la malattia si presenta. Ma questi oggetti non sono seghi per essi perché nonne conoscono (1) Bufalini lustit. di Pai. unal. p. 2. y 49 386 PRINCIPJ DELLA la significazione; e non ne conoscono la significazione perché ignorano i rapporti dei dati diagnostici colla malattia, e il valor clinico di questi rapporti. Il medico solo gli conosce: egli sa ciò Che vuol dire un dolor di capo con forma di peso, con lingua spor- ca, rutti amari, nausea, occasionato o da intemperanza o da cir- costanze cho alterano la bile; sa clic cosa vuol dire un dolor di capo acuto, violento, preceduto da freddo, che presto si dissipa e ritorna periodicamente. Il medico dunque solo conosce la si- gnificazione dei sintomi, delle cause, del corso, e degli effetti dei rimedj, perché conosce i speciali rapporti cho hanno certi sintomi a svelare le malattie, certe cause a produrle, certi mezzi a com- batterle. Egli é perciò che il solo medico scopre i segni nei sin- tomi, come gli scopre nelle causo, nelP andamento, e negli effetti dei rimedj. Distinguere adunque il sintonia dal segno o dalla sua significazione è la più grande assurdità ed imprudenza. Ed in- fatti che cosa é il sintoma spogliato della sua significazione dia- gnostica e semeiottica e cosiderato in astratto? E' una cosa mor- ta, è cosa che appartiene ai sensi non al giudizio sperimentale,\cttQ' ra morta pel medico come pel volgo. E non è quasi un' oltraggio, una burla che si fa ai cultori del- l' arte medica dicendo loro: eccovi, occupatevi dei sintomi come di mere sensazioni, come di fenomeni presi in astratto e staccati dai loro naturali rapporti, corno di cose che non appartengono al giudizio clinico, come di cose prive di significazione semeiottica, occupatevene come se ne occuperebbe il volgo e mettetevene un' intero volume nel capo; e poi per una operazione speciale della mente convertiteli in segni, animate questa membra morte, e oc- cupatevene di nuovo conio di segni e dati diagnostici; e stu- diate le loi'o suture e articolazioni coi fatti speciali da cui furono staccati? Che cosa vuol dire convertire i sintomi in segni? Come si fa a ottenere quest' intento che é la chiave della semeiottica e della diagnosi? Il clinico converte in segno il dolor di capo da gastri- cismo quando cerca e trova nella cefalalgia le particolarità che ha quando è connessa a questa causa prossima, e i speciali rappor- ti che ha cogli altri segni siano sintomatici o etiologici o terapeu- tici della stessa malattia. Dunque l'opera sola della patosintesi [che suppone l'edilizio nosografico e la filosofia dei fatti capace a costruirlo] é quella che converte i sintomi in segni, perché è quella che ne cerca e trova i rapporti, e perciò la significazione; e quello che fa rispetto ai sintomi lo fa rispetto agli altri dati dia- gnostici cause, andamento, effetti dei rimedj. NOSOGRAFIA RAZIONALE 3S7 § 13 <. Continua—quindi erronee e dannose le di visioni dei sin- tomi in essendoli e non neccessarj, delle cause, della ma- lattia, sintomi dei sintomi,attivi, passivi ecc. Furono divisi i sintomi in neccessarj o essenziali e non nec- cessarj. "Gli essenziali sono quelli che hanno la massima parte ^nella malattia, che dipendono inmediatamcnte da essa, e che perciò le sono indivisibilmente congiunti. Di questa classe sono ^p. e. la febbre, la tosse, il dolore, e la difficoltà del respiro nella ^ pleuritica I sintomi poi non essenziali sono quelli cho possono ^trovarsi o non trovarsi in una data malattia senza che per ques- ito essa cambi specie o genere, tali potrebbero essere nella piai* ritidc, il vomito, il sudore, la diarrea" [1]. Perché si vegga tut- ta la vanità di questa distinzione scolastica farò riflettere che la febbre, la tosse, il dolore, la difficoltà del respiro prese cosi in as- tratto tanto appartengono alla vera pleuritidc infiammatoria co- me alla pleurisia falsa o biliosa, malattia affatto diversa; e che tanto in un caso come nelP altro sono segni diagnostici in quan- to offrono relazioni diverso fra loro e differenti particolarità. Che se il vomito, il sudore, la diarrea od altri fenomeni biliosi si trovano accidentalmente congiunti coi sintomi di una vera pleu- ritidc caratterizzata non da dolore, tosse, dispnea, febbre, ma da tuie dolore, tal tosse, tal dispnea lai febbre; in questo caso, o saranno sintomi di una complicazione biliosa, o della sede del mor- bo come ci avvertiva P. Frank. Se poi i detti sintomi gastrici si associassero a quella tosse, febbre, dolore, dispnea che son proprii della pleurite biliosa, allora in luogo di essere sintomi non essen- ziali, sarebbero altretanti sintomi della malatìa medesima e nuo- vi segni per riconoscerla. Gaubio e Boerhaave hanno diviso i sìntomi essenziali in sìnto- mi della malattia, in sintomi della causa, in sintomi dei sintomi. Con ragione considerarono mai sempre i sintomi comi effetti e contrascgni delle cause prossime o delle malattie* non cosi felici furono nel distinguere ì sintomi essenziali da quelli della causa e da quelli dei sintomi. Perché se il freddo che risvegliò una pleurite eccitò pur anche un' artrite,i sìntomi di questa non saran- no già solo segni della causa, ma bensì di una complicazione cioè di altra condizione morbosa. Che se un sintoma come la tosse od il vomito possono avere effetti proprj come Pemoptoe o Pernia, non é esatto chiamargli sintomi dei sintomi perché in questo ca- so la tosse ed il vomito furono cause remote, e Pernia e Pemop- [1] Zimmermann op.c. S88 PRINCIPJ DELLA toe riconoscono dato alterazioni avvenute. La distinzione dei sin- tomi in attivi o appartenenti alle forze medicatrici della vita, e passivi o_appartenenti alla malattia nemmeno regge, già pa- la difficoltà di conoscere gli uni dagli altri, già perchè, come avvertiva lo Sprengel, se la malattia é uno stato di lotta fra le forze della vita e le cause nocive, tutti i sintomi appartengono alla malattia che provocarono, o rappresentano la reazione di quelle. Finalmente il dire che vi sono sintomi precursori, altri per- manenti e costanti, altri epifenomeni e secondarj equivale all' in- dicare o certe fasi o complicazioni dello stato morboso,di cui i sin- tomi sono rappresentativi, ma non che la circostanza di essere o prodromi o secondarj dia loro un valor diagnostico differente. Concludiamo: se i sintomi sono sempre gli effetti e gli attri- buti delle malattie o di date condizioni patologiche, é contrario al metodo naturale classificare questi attributi ed effetti astrazion fatta dalle cause a cui corrispondono e che rappresentano. Inol- tre che vantaggio ricava la pratica da queste divisioni? Forse che rappresentano lo differenze essenziali dei morbi? no. Forse che servono di alcuna guida per la diagnosi? no. § 138. Continua—Quindi, erroneo, inutile, dannoso il metodo proposto dalle scuole per raccogliere i sintomi e classi- ficargli. llo^ detto che i sintomi distinti dai segni cioè spogliati della loro significazione semeiottica, e del valore che hanno in relazio- ne ai tipi veri della nomografia, sono cosa morta, tanto sterili pel medico come pel volgo. Per dar le prove di questa asserzione gravissima non ho bisogno di molto sforzo d'ingegno; non ho che ad aprire qualunque libro di patologia generale, e o.-servare i metodi proposti per raccogliere i sintomi e ciasriuearli. Avver- tirò previamente che il primo errore commesso dai patologi fu quello di aver supposto che i sintomi [corno fossero fatti e non clementi di fatti] si debbono raccogliere e classificare; il secon- do fu quello di aver addottato un metodo destinato a stancare e spaventare i giovani, a produrre volumi ''untili alla scienza e d'in- barazzo vano alla pratica della mediana. Esaminiamo rapida- mente Chomel seguito da Hartmann, Gintrac, De Renzi ecc. Egli dice: "il importe d'adopter dans Pcsposition des rimptomes "un' ordreau moyen du quel, ceux qui ont ensemble la plus gran- de analogie soyent, autant que possible, placés Ics uns a coté des "autres" A questa idea potrebbe opporsi la sentenza di Bacone prudens interrogaiio dimidium scient'ue Infatti e perché importa classificare i sintomi? forse che il farlo rende agevole e sicura la NOSOGRAFIA RAZIONALE 389 diagnosi, la classificazione, e la cura delle malattie? Si compren- de facilmente l'importanza grande di classificare le malattie con- sideratccome fatti individui perché il farlo equivale allo stabili- re principj e regole diagnostiche e terapeutiche relative e comuni a certe serie di fatti. Però che ordine possibile potrebbe addot- tarsi per classificare i sintomi che sono attributi di individui dif- ferentissimi? E sopratutto che vantaggio pratico risulterebbe da un' ordine qualunque? Tutti i sintomi nervosi, o esantematici, o febbrili ecc. meritano di essere placés lesunsaeoté des autres perché hanno fra loro la più grande analogia apparente. Pure il farlo non condurebbe a fare(praticamente parlandole più indebite e inutili amalgame? Eppure quest' ordine nosologico che é tut- tavia il migliore perché almeno ha servito per distribuire con certo metodo le malattie, non é stato addottato, e tutti comin- ciando da Chomel addottarono un' ordine anatomo-fisiologico per raccogliere e classificare i sintomi. Chomel infatti gli distri- buisce in tre serie corrispondenti alle funzioni animali, organiche e genitali;lo stesso fanno P Hartmann,Gintrac, Bouchut, De Renzi. Il Bufalini segue un' ordine inspirato dal suo sistema, e distingue i fenomeni morbosi in quelli di materiale e di funzionale altera- zione, e suddivide i primi in fisico-mecanici e fisico-chimici e i secondi in dinamici, fisici, e mecanici. "Un' autre point egalcment "important [dice Chomel] est d'adopter dans Pcsposition generale "des simptomes un; ordre qui puisse etre apliqué avec avantage "a P histoire de chaque afection, et mane a Pexamen de chaque "maladie cn particulier" In tal caso i sintomi sarebbero segni, e colla loro significazione semeiottica e nosografica; quest' ordirne sarebbe manifestamente il nosografico, non mai l'anatomico o il fisiologico: e se fosse vero ciò che gli afferma poi "che un gran nu- "mcro di medici assai recomendabili, al letto dell' ammalato in- terrogano successivamente tutte le funzioni di cui gli organi sono "nel capo, nel collo, nel!' addome, nelle estremità" bisognerebbe compiangere la nostra povera scienza, e quasi contemplare con disprezzo i pedanteschi risultati della patologia generale. Però per fortuna non è cosi, e il più volgare buonsenso, e la neccessità dell' arte inspirano ai medici un' ordine ben differente nell'oc- cuparsi dei sintomi al letto dell' ammalato. Nelle scuole e nei li- bri é un' altra cosa però al letto dell' infermo il medico non os- serva né studia prima l'esterno aspetto del malato, poi le funzioni di relazione,poi le plastiche ecc.I sintomi più urgenti e prominen- ti chiamano la sua attenzione, ed é studiandoli nelle loro partico- larità e nelle loro relazioni con altri sintomi, poi colle cause pre- gresse, poi col corso del morbo, poi cogli effetti de rimedj [cioè 390 PTUNCTPJ DELLA coli' ordine nosografico sintetico e naturale] che viene a capè della diagnosi. L'ordine anatomico che fu addottalo por classificare i sintomi, non può essere applicato con vantaggio, né alla storia di ciascuna malattia, né all' esame del malato; e mira a toccare dei sintomi in generale spogliati delle loro relazioni nosografiche, della loro significazione semciottica, cose interamente morie per la scienza perché sono attributi staccati dallo loro unità empiriche, cose morte per l'arte perché non possono servire di guida della diagno- si; e un medico potrebbe avero nel capo un gran volume di ques- ta sintomatologia seuz' essere in caso di fare una sola diagnosi, che al fin dei conti é lo scopo supremo dell' arte salutare che tan- to può quanto sa, e cura bene quando conosce bene ciò che cura. Un solo esempio (perché ab uno disce cmnes) mostrerà la verità di quanto io dico. L' Illustre Bouchut riferisce il delirio ai segni for- niti dall' innervazione, articolo alterazioni dell' intelligenza. Nul- la boa dire sull' esattezza della definizionc"Ie delire est un troublc "des fnnetions de l'inteligence caracterizé par la perversimi dii "langage et des actes de l'esprit" Poi aggiunge "ce plienomene "morbide tres-comploxe determinò par un gran nombre de caii- "ses organiques et dinamiques s'observe dans plusieurs ìnala- "dies de nature differente, cornine simptome directe des maladies "de Pencephale eNemple: la meningite; cornine accident simpati- "que provoqué par les maladies des autres visceres exempie la "pneumonie, la fiebre tiphoido; et enfili cornino rcaction esscnticl- lo provoqué pir des impressions niorbitìques de cause inco- "nuc exemple la folio" Ora poco importa al clinico la defini- zione del delirio, e il sapere che può essere sintoma di molte e date malattie; ma appunto perché può esser sintoma ed eflètto di malattie differenti gli interessa sommamente sapere qua- li caratteri ha il delirio nella meningite, nel tifo, nella polmo- nia, ecc. cosa che appartiene alla nosografia cho é sintetica, non mai alla semeiottica generale, che é scienza di astrazioni. Un me- dico saprà cosi a memoria tutte le varietà del delirio, le infinite malattie delle quali é un sintonia, eppure non saprà fare la dia- gnosi di una malattia sola, né saprà la significazione o collocazio- ne di questo sintonia in una malattia data. E perchè? perché il solo delirio anche studiato nello sue particolarità non gli svela la natura del morbo di cui é sintoma; uopo é studiarlo nelle sue relazioni tanto cogli altri sintomi come cogli altri dati diagnos- tici. Dunque la sola patosintesi [che é studio dò rapporti clinici] conduce alla collocazione nosografica del sintoma delirio; men- tre la definizione e classificazione fisiologica del delirio gli toglie NOSOGRAFIA RAZIONALE 391 ogni valore diagnostico appunto perché lo studia in astratto, e isolato dà suoi rapporti clinici. Da queste riflessioni emerge dunque la conclusione che Punico ordine con cui si possono osservare e descrivere e studiare i sin- tomi é l'ordine nosografico; cioè iu quelle particolarità e relazio- ni colle quali i sintomi sono connessi allo cause prossimo di cui sono effetti e contrascgni. Ma ciò equivale al sopprimere la sin- tomatologia generale, perché studiare i sintomi nei veri loro rap- porti colle cause prossime equivale al formare un trattato di no- sografia. § 139. Continua— L'idea di convertire i sintomi in segni prova la vanità della sintomatologia generale. Il sintoma, dico Gintrac, é il fatto considerato in se stesso p. e. "la faccia offre tal cambiamento, il polso tal carattere; é duro, "molle, frequente. Questi sono fenomeni che si osservano, sintomi "che si raccolgono; e qui si limita il compito dell' osservatore—Il "segno è la relazione che esiste fra il fenomeno apparente valuta- lo dall' osservatore, e lo stato morboso interno od esterno che "questo fenomeno disvela, o fa sospettare: cosi certa qualità del "polso indica o fa presagire tale o tal' altra lesione—1 sintomi "si ottengono per mezzo dell' attenzione, dell' aziono dei sensi e "di un semplice giudizio.....l'esistenza del sintonia non si deci- "de che poi confronto dello stato morboso con il fisiologico—Ma "per giungere alla conoscenza del segno il lavoro intellettuale é "più lungo e complesso, non basta infatti aver visto la superficie "dell' individuo, ma 6 d'uopo aver avuto occasioni ripetute di "studiarlo, e comprovato che con tal fenomeno esterno coincide "sempre o con frequenza tal lesione interna" Ecco che cosa è pei moderni convertire i sintomi in segui, equivale al trovare la rela- zione fra i fenomeni esterni e le cause o lesioni interne occulte ai sen- si. Ora mi siano permesse alcune riflessioni dirette a dimostra- re. 1- Che la osservazione dei soli sintomi non ó osservazione. 2° Che la relazione empirica dei sintomi colle cause prossime é quel- la che dà all' osservazione dei sintomi il carattere di fatti com- pleti. L' osservatore che si limitasse a notare un sintonia in se stesso, si condannerebbe a notarlo isolato, cioè staccato da quei rappor- ti naturali cogli altri elementi del fatto con cui é connesso; si condannerebbe dunque a osservar male. L'osservatore che meri- ta questo nome forma la sintesi empirica dei fenomeni che osser- va cioè ne raccoglie i rapporti di connessione e di causazione; se quindi in un morbo osserva la faccia rossa, il polso duro e fre- 392 PRINCIPJ DELLA quente, non si contenta di considerarlo in so Stesso, ma in rela- zione a tutti gli altri sintomi che concorrono a formare una for- ma morbosa, in relazione agli altri dati diagnostici, cause, anda- mento, effetti de rimedj che ne svelano l'intima causa prossima. Ma quando l'osservatore ha trovato lin rapporto costante fra cer- ta forma morbosa con faccia accesa, polso duro e frequente ecc. eduna polmonia, allora può dire di aver afferrato un fatto il pol- so duro e frequente sintonia attributo segno della polmonia. Con- siderato in se stesso il polso duro e frequente può essere attribu- to di molte malattie, ma in relazione agli altri sintomi di pneu- monia, ne é un dato diagnostico certo e importante,. Dunque avere dei sintomi nel senso di Gintrac equivale al vedere non all' osservare, é il principio dell' osservazione ma non è Pos- servazione. Possedere dei segni cioè scoprire i rapporti empi- rici di connessione e di causazione dei fenomeni equivale al- l' osservare, equivale all' avere dei fatti completi e dei dati veramente diagnostici dovuti alla sintesi empirica completa, e al ragionamento sperimentale. All' imperfezione dunque nei principj normali del metodo é do- vuta la distinzione fra sintoma e segno, sintomatologia e semeiot- tica. Ma se i moderni confessano che i sintomi non servono alla scienza clinica se non sono convertiti in segni [cioè sé non è sco- pèrta la relazione loro colle cause prossime o lesioni Interne] im- plicitamente confessano, che questa relazione esiste, e che deve cercarsi, e che ì sintomi sono cosa morta spogliati delle loro re- lazioni nosografiche e significazione semeiottica; e che la pretesa scienza dei sintomi non é scienza perché non é studio di rapporti; é studio di vani e falsi rapporti non di quelli che Parte ha biso- gno di discoprire. E' stato dunque un solenne errore di filosofìa medica no'i Solò considerare in astratto il sintoma quando l'esperienza lo presenta sempre effetto e contrasegno di una causa prossiiiia, ma eziandio classificargli, come fossero fatti completi, prendendo per base ó la somiglianza fallace [come si fece col metodo nosologico] o là sode e la funzione offesa (come si fece col metodo anatomico-fi- siologico). § 140 Continua—1 sintomi sono i fedeli contrasegni dello sta- to morboso, se bene raccolti dalla sintesi empirica-rùpos- ia alle obbiezioìti del fiujalini'.- "Egli énoto che la grande celebrità d' Ippocrate provenne spe- zialmente da quell' attCilzidne con cui ha osservato le minime "circostanze delle malattie, da quella diligenza con cui ha des- „ . NOSOGRAFIA RAZIONALE 393 critto tutto quello che le avea precedute, e tutti i sintomi che le ^hanno accompagnate, non ammettendo ciò che in esse era sta- ^to utile o nocivo. Mediante tale diligenza Ippocrate ci fece cono- scere ciò che si deve intendere per istoria della malattia" [1] E se anche oggi si leggono con profitto le sue opere, e se possedia- mo alt"esi osservazioni e monografie preziose, egli é perché questo metodo vi é osservato, e perché vi ó fatto un gran caso dei sinto- mi. Eppure si sente tutto giorno non da medici volgari, ma da uo- mini di gran fama, che i sintomi sono molte volte una guida infede- le e insufficiente, che vi sono dei sintomi ed anche delle forme morbose che possono dipendere da malattie o cause prossime dif- ferenti. Cho il più spesso si deve prendere una luce diagnostica o dalle cause pregresse, o dall' anatomia patologica, o dagli effet- ti dei rimedj riconoscibili dalla statistica, perché i sintomi non conducono a determinare la natura la sode il genio delle malat- tie; che l'esservi dei sintomi patognomonici [vale a dire caratte- ristici] prova che la restante turba dei sintomi non è diagnosti- ca. Ed infatti assai sovente il Tommasini asserisce che gli stessi sintomi e forme morbose dipendono da diatesi o condizioni mor- bose differenti; lo stesso afferma il Puccinotti; e il Bufalini fon- dato su certi rari casi citati da Morgagni, De-haen ed altri, di disordini profondi trovati in organi nobilissimi in cui vivente gl'individuo, non apparve alcun segno di malattia, afferma "che i /sintomi o i segni apparenti delle malattie non sono ne anche Pef- 'fetto loro inmediato,perché allora non potrebbero mancare giam- "mai posta la causa ossia la malattia" e guidato da questa idea stabilisce "non esistere una costante relazione fra la crotopatia e "gli esterni sintomi" Benché sostenuti da patologi eminenti io pure sono intimamente convinto che non si potrebbe proporre due principj più falsi, più funesti e capaci di distruire ogni fon- damento della medicina clinica che questi due. 1° I sintomi non sono i fedeli contrascgni delle malattie. 2° I sintomi e le forme morbose quali gli presenta la osservazione clinica possono ap- partenere a malattie differenti. Perché poste queste due massi- me la diagnosi non sarebbe un' induzione sperimentale ma un' in- dovìnamento e i sintomi che sono la voce della natura che soffre, sarebbe la voce di chi predica al deserto, e il medico si crede- rebbe autorizzato a disprezzarla. Ed infatti non sempre cono- sciamo, né possiamo conoscere le cause precedute né le speciali predisposizioni dell' ammalato, o anche quando le conoscessimo ciò non basta; yerché a secconda delle disposizioni che incontra- ti] Zimmermann. op. 50 394: PRINCIPJ DELLA no quelle, producono effetti differenti; cosi un veleno che in talu- no produce fenomeni di depressione mortale risveglia in altri un' infiammazione. E rispetto all' anatomia patalogica essa é un cri- terio che pur troppo non serve; e se mai serve egli é quando l'os- servacione clinica abbia fissato i sintomi che corrispondono a cer- te alterazioni anatomiche. L'anatomia completa certamente la storia delle malattie perche descrive i cambiamenti che desse la- sciarono nei nostri tessuti; però essa é affatto inutile per l'arto di Drevenire questi stessi cambiamenti se l'osservazione non ha notato durante la vita dell' informo i sintomi a cui sifatte altera- zioni erano collegate. E rispetto agli effètti dei rimedj é questo un prezioso criterio per determinare la natura delle malattie, per- ché i rimedj o direttamente o indirettamente tolgono o diminuis- cono le cause prossime di esse. Però al letto dell'ammalato con- viene già avere i dati diagnostici per determinarci a metter mano a dati rimedj; perché il fare diversamente sarebbe agire per in- dovìnamento, alla ventura, o come si dice o si fa nei casi dubj per esplorazione. E' vero che tolvolta si prende luce dagli effetti dei rimedj amministrati, però quando essi giovarono uon quando noc- quero, per le ragioni che dirò in appresso. Nemmeno é ammissi- bile la pretenzione dei sistematici, che a priori si può conoscere il modo di agire assoluto dei rimedj, e dai loro effetti conoscer quindi la natura dei morbi o vinti o inaspriti da essi. Per le qua- li cose rimane evidente che lo studio dei sintomi é di capitale im- portanza diagnostica, ed è la prima e sovente la sola guida che rimane al medico pratico. Se si ammette col Bufalini che i sintomi non sono i fedeli con- trasegni delle malattie, perché non ne sono nemmeno il loro effet- to inmediato, non vedo perché meritino di esseri presi mai per guida diagnostica,e non so in relazione di che malattia si debbono studiare, se questa relazione non esiste. Però, domanderò io al patologo di Firenze, che cosa sono i sintomi, e da quale causa in- terna dipendenti se non sono l'effetto inmediato delle malattie o delle loro cause prossime? E che importa il supporre che i sinto- mi sono un' effetto più o meno lontano dal punto primo che fu la sede della malattia, se però sempre dallo stesso provengono, cosi come i moti dell' onde di un lago prodotti da un sasso slanciato tanto sono effetti del sasso i contrali come quelli della periferia? Forse che é meno reale e meno importante per la diagnosi la loro relazione e concatenazione colle cause prossime.? Non nego i fatti citati da Morgagni, De Haen ed altri, però non mi sembra che se ne possano dedurre le cosi sconfortevoli e rigorose deduzioni- che il Bufalini ne ha tratto. E' noto che il NOSOGRAFIA RAZIONALE 395 modo particolare di sentire e di essere degli individui dovuto aL P età, sesso, temperamento ecc. non solo dà una speciale maniera di sentire le cause nocive, ma dà altresì una speciale maniera di manifestarne gli effetti, e quindi é che la stessa malattia: p. e. una polmonia, un' indigestione, un' intermittente, non si manili.-ta in tutti del medesimo modo, ma con differenze che possono chia- marsi individuali; senza che per ài no manchino certi fenomeni costanti o certa riunione di fenomeni capaci di svelare a un medi- co sagace la natura, la sede, il genio, il grado della malattia. Non vediamo infatti che un' indigestione dà luogo in taluno con pre- ferenza al dolor di capo, ad altri piutosto al vomito; che altri sof- fre il delirio per qualunque circostanza febbrile, che altri ha un movimento febbrile per qualunque sconcerto? Pel medico sagace che sa che la nostra é scienza di fatti rela- tivi, e non si presta a principj matematici ed inflessibili, queste differenze accidentali non sono di ostacolo perché non mira all' eccezione ma alla regola, non a ciò che spetta al malato ma a ciò che spetta alla malattia. Pertanto é forse strano che nei casi citati il modo speciale di essere degli individui abbia fatto tacere i sin- tomi i più comuni i più strepitosi della malattia, e che questa lo abbia quindi ucciso nei modo il più insidioso? Afferma lo stesso Bufalini che la malattia si presenta alle volte con tinte cosi fug- gevoli, che solamente può cogliere un' occhio sagace ed eserci- tato, ed adduce Pcssempio dello stesso Morgagni che vedeva le tracce di vicina morte nel sembiante dell' amico Valisnien, men- tre gli altri medici della sua sentenza quasi si burlavano: cosi che il dire che vivente l'individuo non apparve alcun segno di ma- lattia non prova che per un' osservatore sagace mancasse. Ed io tengo presente il caso di una rispettabile signora di Chia- vari mia natale città infama da varj anni di amaurosi; e quan- tunque le vertigini abituali, lo stato dei polsi, ed altre circos- tanze poteano forse far sospettare di qualche condizione apoplet- tica, pure i medici non seppero allontanare il pensiero da una mera affezione della rettina, quando una apoplessia fulminante, e l'autopsia chela segui venne a cambiare il loro diagnostico. Oltre di questa vi é una altra veduta che può indebolire di molto la deduzione del Bufalini, anzi dei patologi che osservarono quei rari casi. Si credette che certi guasti anatomici, suppurazioni, ram- mollimenti, versamenti sierosi, sanguigni, dovevano essere di an- tica data quando alcuni poteano benissimo essere di rapidissimo corso, cosi che la violenza dell' esito corrispondesse ali istanta- neità della morte, è tale da far forse dimenticare quei sintomi fuo-o-evoli e insignificanti che precedettero la catastrofe,-e che 396 PRINCIPJ DELLA corrispondevano al leggero o incipiente grado della condizione mortale. Pertanto i casi addotti lungi dal provare la insufficien- za dei sintomi, provano la difficoltà di studiargli, e quindi la ne- i cessità di raddoppiare di sforzi, e di addottare il metodo conve- niente per intendere ed interpretare questo linguaggio della natura. § 141. Continua.—Modo di osservare e raccogliere isintomi— La forma morbosa ha due parti, i fenomeni simultanei e i consecutivi. Dimostrato cho i sintomi sono i migliori criterj diagnostici, vediamo ora a quali condizioni lo sono. Dissi che il sintoma con- siderato in astratto isolato dà suoi rapporti, é una cosa morta. Ora dico che non esiste nelP esperienza, e che per lo stesso pra- tico che se ne serve, ha un' esistenza provvisoria. Una tosse, un singhiozzo, una febbre si chiamano sintomi o fenomeni semplici; ma qual' é il patologo che potrebbe spogliare una tosse de suoi attributi di mite, o violenta, secca o con escreato, rara o frequen- te, o con forma convulsiva rantolosa ecc. o separarla dà suoi rap- porti con una bronchite, un crup, una pertosse, una polmonia ecc? Qual patalogo direbbe vi è febbre: fondato sulla sola forza o sola frequenza del polso, o il solo calore accresciuto? o potrebbe inma- gìnare la febbre isolata da ogni altro fenomeno o condizione -morbosa? La mente può dunque astrarre a sua posta, e guasta- re se si vuole i fatti, ma l'esperienza non presenta mai i sintomi o fenomeni isolati dai loro rapporti e spogliati delle particolari- tà che hanno nei fatti particolari e individui; e queste astrazioni provvisorie non sono realtà pratiche che al patto di essere riferite ai fatti da cui furono tolte. Questa riflessione conduco a stabilire che nell' sperieuza clinica non esistono sintomi, ma, forme morbose, ossia insiemi di fenomeni morbosi. I patologi sogliono chiamare forma morbosa l'insieme desiatomi che si presenta in ordine simultaneo: pure la vera for- ma ed inmagine del morbo comprende altresì l'insieme dei sinto- mi che si presentano in ordine consecutivo, cioè il tipo, l'anda- mento, la durata, l'esito della malattia. 11 pratico chiamato a for- mare una diagnosi clinica non ha presente che la forma simulta- nea, e poca parte della consecutiva, e spesso nei casi dubj aspet- ta dai passi ulteriori del morbo una nuova luce diagnostica. Il nosografo ha presenti tutte le fasi del morbo tanto la forma simul- tanea come la consecutiva. Ledue sindroni di sintomi hanno un gran valore diagnostico, e spesso due morbi che si rassomigliano a certa epoca nella loro forma simultanea, si distinguono assai NOSOGRAFIA RAZIONALE 397 bene in altra fase, e nelle differenze del tipo, dell' andamento, dell' esito. Cosi una biliosa si confonde al principio con un' inter- mittente, col vaiuolo, colla febbre gialla; però é impossibile che queste monografie si confondano prese nel totale delle due forme simultanea e consecutiva. Ciò che dimostra di che vitale impor- tanza sarebbe per l'arte [ed é forse un desideratum della scienza] determinare i segni patognomonici di certi morbi violenti o più tardi mortali, quali sono la febbre gialla, il colera morbus, le per- niciose, il crup, l'ipertrofia del cuore, la tisi, ecc. nello stadio d'in- vasione, e quando il conoscerli può guidare forse a prevenirne l'esito fatale. Posta la quale definizione delle forme morbose, egli é evidente che Parte di formarle, e a tale intento osservare e raccogliere i sintomi, é riposta nel metodo sintetico o naturale, cioè consiste nelP osservare e studiare i sintomi nelle loro particolarità e nelle reiezioni che hanno con altri fenomeni nei tipi speciali, relazioni simultanee e successive se si tratta dei sintomi, relazioni etiologi- che, o anatomiche, o terapeutiche se si tratta di tutto il tipo cli- nico. § 142. Continua—Il corso, il tipo, la durata, l'esito considerati come parte della forma morbosa, o gli effetti del morbo considerati come sintomi. Giacché i patologi non contenti di aver spezzate le forme mor- bose simultanee per fare dei sintomi delle astrazioni hanno altre- sì spezzate le forme consecutive, studiando a parte e in astratto tipo, andamento, durata, esito dei morbi; mi giova mostrarne l'im- portanza diagnostica ove il metodo sintetico ne rispetti e ne studi i rapporti colle malattie. La manifestazione sintomatica delle malattie non presenta già solo un' insieme simultaneo, ma altresì un' insieme consecutivo ovvero una successione di atti e di fenomeni differenti. Una pol- monia non é già solo rappresentata dall' insieme simultaneo del dolore, dispnea, tosse, escreato sanguigno, difficoltà-dei decubito, febbre continua; ma dall' avere un principio caratterizzato da cer- ti sintomi prodromi, un certo incremento di sintomi proporzio* nato alla sede, al grado, alla cura usata, dall' avere certe ter- minazioni ed effetti o conciliabili colla vita, o riconoscibili dall' anatomìa. Del pari una febbre periodica si distingue pél tipo da una febbre biliosa che solamente é remittente; cosi un reumatis- mo acuto si distingue dal cronico pel diverso andamento, un va* iuolo offre diversi fenomeni nel principio nel decorso e nel termi- ne e la sua durata é inabreviabile e improrogabile;cosi sebbene l'è- 398 PRINCIPJ DELLA sito sia condizionato e relativo in parto alla curo, però lo é altre- sì alla sede e natura del morbo; perciò a certe febbri corrispon- dono certe crisi, a certe sedi infiammate piutosto corrisponde la cangrena o la metastasi o la suppurazione. Dallo quali cose ri- sulta che il corso, il tipo, la durata, gli esiti di una malattia appar- tengono alla sua forma morbosa. Perciò il nosografo che per nor- ma del medico pratico formi la storia d'una malattia, deve descri- verla tanto nel suo insieme simultaneo come nel suo ordine conse- cutivo, e notare altresì le eventuali complicazioni, e le succes- sioni di altri mali; perché cosi come giova studiare le malattie in relazione colle cause remote, cosi conviene studiarle in rela- zione cogli effètti che ne derivano, perché si conosca il legame dei fatti e la natura dei morbi secondarj. I patolo-ri per quella smania di isolare e di astrarre e perciò disturrei fatti, hanno considerato a parte i sintomi e le forme si- multanee, a parto l'andamento, il tipo, la durata, gli esiti delle malattie, quando pure tanto i fenomeni simultanei come i con- secutivi formano inestricabilmente l'impronta, il tipo, la fisiono- mia d'un morbo qualunque. Farò anzi osservare come la natura fu saggia e provvida nel distribuire alle tante e cosi diverse malattie disssimili per sede, per genio, per cause, per grado una diversa e proporzionata espressione semciottica, un diverso linguaggio dia- gnostico, giovandosi dell' ordino simultaneo e del consecutivo. I sintomi come fossero le lettere dell' alfabeto hanno ricevuto dal- la natura una collocazione speciale per indicare morbi deter- minati. Una febbre gialla vista in certi momenti o in certo sta- dio si confonderebbe con una febbre biliosa o con la tifoidea, o con la itterizia, o con la melena. Però die differenza inmensa la separa da tutte queste e da tutte le malattie umane se é presa in tutto il suo insieme in tutta la sua storia dal principio alla fine; e se la patosintesi ne raccoglie tutti i suoi elementi e gli presen- ta nei loro veri iapporti! Segni inerenti alle particolarità di ciascun sintoma nella forma-simultanea, segni inerenti alla va- ria combinazione dei medesimi, segni derivanti dall' ordine con cui questi segni si succedono cioè dal tipo, corso, durata, esiti dei morbi, segni derivanti dalla provata relazione di questi qua- dri sintomatici colle cause pregresse e colle condizioni patologi- che, segni derivanti dagli eflètti salutari di certi rimedj, segni derivanti dal testimonio dell' anatomia o della patogena; che concorso di dati per formare un quadro nosografico, che ricchezza e varietà di dati degni dell' osservazione e dello studio del cli- nico! Non è poi cosi povera di luce e di sicurezza la semeiottica dei NOSOGRAFIA RAZIONALE 399 fatti speciali; ove non si privi degli aiuti che le fornisce il meto* todo sintetico e la stessa natura. Il tipo, l'andamento, la durata, 1 esito, che presi da se non dicono nulla, che non servono a clas- sificare i morbi, né indicarne il genio, come noi possono i sintomi pi osi in astratto, afferrati dalla sintesi sono il linguaggio della natura. Il nosografo od il clinico somigliante al giudice in una causa criminale, la cui convinzione si aumenta in ragione del nu- mero e della collocazione degli indizj, avrà eguale sicurezza del- la sua diagnosi per il numero e collocazione dei dati diagnostici. § 143 Continua—Gli effetti dei rimedj perché debbono distin- guersi dai sintomi. Ho detto che quattro sono gli clementi del fatto clinico, e perciò i criterj per riconoscerlo, e per formarlo; i sintomi, le cau- se, gli effetti de morbi, gli effetti de rimedj. Ora a dimostrare l'importanza inmensa che ha lo studio dei sintomi devo aggiun- gere che solamente per mezzo dei sintomi i criterj etiologico, no- sologico, e terapeutico sono quello che sono, come altresì i com- plementari anatomico e patogenico. Perché infatti avvertiamo che certe potenze furono nocive, e lo furono in data maniera, per- ché all' impressione loro succedette certa serie di sintomi; avver- tiamo che esistono certe alterazioni recondite svelate poi dall' anatomia o patogenia, perchè vi corrisponde certa serie di sinto- mi; avvertiamo che a tali alterazioni corrispondono dato corso, tipo, durata, esito, perché queste circostanze ci si presentano per mezzodì sintomi; finalmente avvertiamo che certi soccorsi por- tano uno speciale sollievo, ed altri aggravano o sono indifferen- ti, perche i sintomi o del sollievo o della recrudescenza ci danno diritto a giudicarlo. E non mancarono patologi che gP effetti dei rimedj chiama- rono sintomi terapeutici: pure gli effetti dei rimedj benché si pre- sentino con fenomeni patologici in .ciò differiscono dai sintomi, che questi sono legati ad una alterazione morbosa, mentre che gli effetti dei rimedj siano salutari o nocivi sono connessi all' alterazione prodotta dai rimedj stessi. Infatti o i rimedi agiscono come azioni nocive, avendo gl'i effetti che gli sono proprj [quel- li dell' opio p. e; del tartaro emetico, del freddo ecc.] e spesso maggiormente nocivi se combinati con una condizione morbosa a cui sconvengono; ODpure agiscono come potenze salutari, ab- biano o no gli effetti fisiologici che gli son proprj, però coinci- dendo una diminuzione più o meno notabile dei sintomi della ma- lattia a cui convengono. Ad ogni modo gli effetti che i rimedj pro- ducono sono talmente relativi all' azione dei rimedj stessi che vo- 400 PRINCIPJ DELLA gliono essere distinti dai sintomi appunto perché questi sono con- nessi ad una causa diversa, che é la stessa condizione morbosa. Ciò conveniva dichiarare perché rimanesse chiaro e stabilito che gli effetti de rimedj sebbene si manifestano con sintomi non so- no sintomi, perché sono connessi non alle alterazioni morbose ma alle alterazioni terapeutiche. § 144. Continua—Le forme morbose costituite da perfetta sin- tesi empirica non appartengono che ad una causa pros- sima unica. Dimostrato che cosa deve intendersi per sintomi e per forme morbose, e che i sintomi bene raccolti dalla sintesi sperimentale sono fedeli contrasegni della causa prossima, e che questa sintesi é la chiave di una esatta diagnosi, giova esaminare un' altro pro- blema e dissipare un dubbio un' errore funesto alla patologia ed alla pratica, se cioè" una forma morbosa può veramente apparte- nere a malattie differenti. E' un principio che fa perdere la fede nel valore diagnostico dei sintomi quello che un sintoma od una forma morbosa può ap- partenere a malattie differenti; perché se la stessa febbre, o dolo- re, o asma, o convulsione, o diarrea, può a due o tre cause prossi- me appartenere, qual guida avrà il clinico per riconoscerle, sup- posto che manchi della luce dei rapporti, e perciò del aiuto dei sintomi.? Lo stato della patologia e della pratica dopo di Brown in cui furono cambiate a priori le collocazioni nosologiche del- le malattie, e affidata la diagnosi al criterio etiologico e terapeu- tico (fisiologici e non pratici) dice abbastanza in quale caos ha gettato la scienza e Parte il falso principio che combatto. Spero dunque poter istabilire una massima affatto opposta cioè dimos- trare uche le forme morbose costituite da perfetta sintesi empirica, non appartengono die ad una causa prossima unica," dimostrazio- ne che credo di grande importanza alla pratica non solo perché restituisce ai sintomi il valore diagnostico che hanno realmente, e la stima in cui furono posti dalla scuola Ippocratica, ma perché espone eziandio le condizioni a cui é legato questo stesso valore diagnostico. Il principio che combatto nacque da un' errore di logica vale a dire dall' uso dell' astrarre una parte del fatto, una qualità di un' oggetto, e considerare poi queste astrazioni della mente ques- te idee generali, quali realtà empiriche e fatti particolari. Le idee generali non esistono nella sperienza ma sono astrazioni e crea- zioni della nostra mente la quale ha bisogno di vedere ciónche i fatti particolari hanno di generale e comune, ha bisogno di clas- NOSOGRAFIA RAZIONALE 401 sificare. In natura non esiste giammai una febbre, una convulsio- ne, un profluvio, un dolore preso in generale e irr astratto, ma bensì una data febbre [p. e, biliosa o tifoidea ecc.] una data con- vulsione (o da isterismo o da vermini ecc.) un dato dolore [o da causa irritativa o flogistica ecc. cioè a dire fenomeno connesso con data malattia, a sede e condizion patologica determi tata, nella quale ha speciali particolarità e relazioni colla forma mor- bosa della stessa unità nosografica. La natura é essenzialmente sintetica [come lo è la osservazione empirica rigorosa] essa ci presenta i fatti meramente particolari. La mente òche decompo- ne questi fatti, che rompe i rapporti delle sue parti, che separa ed astrae certi clementi dei fatti e qualità degli oggetti, che so- no comuni e riferibili n molti fatti diversi; e che in luogo di as- trarre provvisoriamente e riportare poi sempre le idee astratte alle unità empiriche, considera invece queste astrazioni che sono fatti collaterali, come fossero fatti completi, considera queste crea- zioni della mento che sono forinole ideali e subbiettive, come fossero realtà empiriche ed obbiettive; e le quali non hanno real- tà né valore se non unite ai fatti speciali e coi caratteri parti- colari di cui la meute per suo comodo dovette spogliargli. Ed é pur degno di attenzione, forse di meraviglia che questi particola- ri, e specialmente le mutue loro relazioni valgono soli a farci co- noscere i fatti individui mentre che i dati generici noi possono. Infatti nessuno avrà il mio riti-atto giammai dal sapere che cons- ta di fronte, guance, naso, bocca ecc. ma dal vedere collocati ques- ti oggetti colle particolarità e relazioni mutue che mi sono pro- prie. Nessuno avrà il daguerrotipo della polmonia comune, [che é pure un' individuo] dri sapere che consta di dolore, tosse, es- creato, dispnea, febbre, ma dal conoscere le particolarità e le mutue relazioni simultanee e successive di questi fenomeni. Tornerò fra poco sull' importanza di questi particolari, però notare faro fin d ora-che un sintoma p. o. il dolore, il singhiozzo, la tofse, considerato in astratto, cioè spogliato delle sue parti- colarità e delle sue relazioni può benissimo appartenere a malat- tie molte e diverso, cosi come l'idea generale naso può appartene- re a molti individui e specie diverse. Però devo dire che l'espe- rienza non ci -presenta inai il singhiozzo,il dolorilo la tosse in astrat- to ma in concreto, cioè connesso con qualche condizion patologica e perciò colle particolarità e mutue relazioni con altri fenome- ni e dati diagnostici che son proprj della condizion patologica medesima. Po singhiozzo consideralo in astratto é sempre sin- ghiozzo (ossia lo stesso) benché sia uir atributo di 6 o 10 malat- tie differenti. Però un singhiozzo cho si connette con una diaffram- 51 402 PRINCIPJ DELLA mite, non é lo stesso che quello che si connetto colla presenza di un' alimento indigesto o sostanza inaffine nello stomaco; non solo perché ha particolarità diverse il singhiozzo stesso nei due casi, ma perché la indigestione e la diafframmito formano due quadri spe- ciali inmcnsamentc diversi non solo per la colocazione 6 numero di altri sintomi ma eziandio per la patosintesi di tutti i dati diagnosti- ci cause, sintomi, effetti dò morbi, effetti de rimedj. Dunque il sin- toma singhiozzo quale la mente lo astrae dalla diaframmite può ap- partenere al tifo, all' indigestione, alia dissenteria, all' epatite, all' isterismo ecc. perequale lo presenta l'esperienza cioè unito alla pa- tosintesi del tifo,diaframmite, indigestione ecc. non può appartene- re che ad una forma morbosa medesima.Pertanto se é vero ed inne- gabile. 1° che l'opera della nomografia e della diagnosi clinica non é di generalizzare ed astrarre un'attributo del fatto, ma formar la sintesi empirica, il dagherotipo, l'unità del fatto iudividuo. 2° Che Punica astrazione che é permessa al clinico ed al nosografo è la sin- tesi del tipo clinico in mezzo ai caratteri accidentali dei casi spe- ciali. 39 Che la natura e l'esperienza non ci presentano mai i sin- tomi [che sono effetti, attributi, e contrasegni dei morbi] in ista- to isolato ed astratto, ma connessi sempre ai fatti speciali, cioè colle particolarità e relazioni proprie dei morbi a cui apparten- gono. 4r Che non sono le qualità generiche ma le qualità specifiche che ci fanno conosere gli individui [e le singole malattie sono individui ]. 5P Che essendo un sintoma attributo di un fatto cli- nico non ha realtà di un fatto individuo, ma di un elemento colla- terale, e perciò ha valore relativo all' unità nosografica a cui appartiene. 6° Che un sintoma sebbene identico astrattamente parlando differisce per le suo particolarità che ha nei tipi speciali e per la particolarità diagnostiche dei morbi di cui é attributo, os- sia per le'sue relazioni; si può dunque conchiudere che i sintomi e leforme morbose formate dalla sintesi empirica non appartengono che ad una causa prossima unica. § 145 Continua—Importanza delle particolarità e mutue rela- zioni dei sintomi. Le cose dette ci guidano a determinare le condizioni in forza delle quali i sintomi e le forme morbose hanno un valore pato- gnomonico, un' efficacia veramente diagnostica. Queste condizio- ni sono le particolarità dei sintomi e le mutue loro relazioni e ris- petto ad altri sintomi, e rispetto alle condizioni patologiche: par- ticolarità e mutue relazioni che formano la fisionomia del morbo. E devo segnalar previamente una differenza importante fra le particolarità semeiottichc proprie dei casi speciali, e quelle che NOSOGRAFIA RAZIONALE 403 sono proprie dei singoli fatti o tipi clinici. Perché occorre di ve- dere confuse questo due serie non solo nelle opere nosogra- fiche, ma nelP esercizio eziandio dell' arte da medici a cui difet- ti o la filosofia medica o l'esperienza clinica. Dissi che la natu- ra é sintetica e che non ci presenta mai un tipo clinico cosi iso- lato, cosi netfb, cosi cliaro, e co suoi caratteri costanti, qualo lo dipinge un' osservatore sagace e per cosi dire lo cstrae da un gran numero di casi particolari. Perché la natura ce lo suole pre- sentar nella pratica unito a individui che hanno per ragioni di- verse una situazione organica particolare, o mescolato ai carat- teri di complicazioni eventuali, o a quelle di altre influenze etio- logiche accessorie. Questi caratteri eventuali appartengono ai singoli casi e in certo modo al nialaUy. mentre che i caratteri cos- tanti appartengono ai tipi clinici più o meno identici nella gran moltitudine de casi speciali e perciò rappresentano la malattia- Un pratico di buon scuso nota subito ciò che un morbo ha d'indivi- duale e di accidentale, o nella sua genesi etiologica, o manifesta- zione semeiottica, o appetenze e ripugnanze terapeutiche, ma non per farne un caso eccessivo. Cièche egli osserva e indaga con preferenza sono i caratteri speciali della malattia, i tratti che per quanto delicati e fuggevoli sono i più costanti perché relativi al- la sede del morbo e al modo di sua alterazione ossia alle cause prossime, sono i piti importanti perché gli svehuio la sede e la natura dei morbi, e perciò gli dettano le indicazioni terapeutiche. Di questi caratteri scmeiottici intendo adunque parlare per di- re e per dimostrare che le particolarità e le mutue relazioni dei sin- tomi hanno un' importanza inmensa perché ci offrono il quadro e la fisionomia della malattia ossia del tipo clinico. Credo aver detto una verità grande e feconda coli' affermare ohe nell' esperienza clinica non esistono sintomi ma forme mor- bose, perché anche quei sintomi che ci si epresentano come i più isolati: una losee p. e., una palpitazione, un tic doloroso, l'odontalgia, il vomito, il singhiozzo, la vertigine, il dolor di capo ecc. ci offrono sempre delle particolarità o di acuto o di ottuso, o di continuo o periodico, con febbre o senza ecc. delle quali non solo non possiamo spogliargli ma che cerchiamo espres- samente colia maggiore industria per conoscere le cause prossi- me cui sono connessi. Ciò tanto è vero che a misura che aumen- ta il numero di queste particolarità, e degli altri dati diagnosti- ci connessi col sintoma p. e. cefalea, più siamo in caso di fare una diagnosi pronta e sicura; e viceversa. Ciò tanto é vero che mentre ci é perfettamente sterile ed inutile la cognizione fornita- ci dalla patologia generale che la cefalea può attenersi a 2u ma- 404 PRINCIPJ DELLA lattie diverse e può offrire le divisioni o le particolarità di acu- to e di ottuso, di continuo e di intermittente, di fcbrile o apire- tico ecc; la cognizione di queste particolarità del dolore nei tipi speciali encefalite, periodesi, reuma tosi ecc. ci serve non di prezio- sa ma quasi di unica guida per saperne i rapporti colle singo- gole cause prossime, ossia il valore diagnostico. Osserverò final- mente che i sintomi caratteristici cosi detti dagli autori patogno- nici non sono altra cosa che sintomi con certe- qualità e certe rela- zioni ben determinate dall' osservazione clinica. Non si deve giammai perdere di vista che i sintomi conside- ri nelle loro particolarità ed espressione, come nel loro numero e collocazione o le mutue loro relazioni sono gli effetti dello sta- to morboso cioè delle condizioni patologiche. Supponiamo un dolor di capo: che se è connesso ad encefalite non solo é continuo e vio- lento, ma accompagnato da febbre continua, intolleranza di luce delirio ecc. fenomeni che indicano non solo la sede ma la natura flogistica della malattia. Che so è connesso ad una condizione periodica non solo questo dolore é violento ed intermittente ma è preceduto da freddo o da senso di contusione, e seguitola alcuna crisi, fenomeni che sono proprj della periodesi in qualunque forma si presenti. Che se é connesso ad una febbre gialla non solo ivi mancano gli altri segni o della flogosi o della periodesi. ma allo- ra il dolore stesso ha una forma speciale al principio del morbo, e presto vi si uniscono gli altri sintomi che danno l'intero quadro di questa malattia tremenda. Cho se é connesso ad una febbre biliosa non solo ha la forma di grava ti vo e remittente, ma ha per compagni tutti gli altri fenomeni di questo processo febbrile. Che se é connesso ad una somplice indigestione é apiretico, tempora- rio, congiunto a sintomi gastrici e conv lo sorti della condizion patologica. Ora qual meraviglia so avendo ogni condizion pato- logica effetti proprj e particolari, questi effetti siano al tempo is- tesso contrasegni per manifestarli? A questo luogo dobbiamo ammirare il provvido accorgimento della Natura che ha saputo modificare in molte guise l'espressio- ne di ciascun sintoma, perche fosso atta a significare le molte e diverse maniere dell' umano infermate. E non contenta di dare a ciascun sintoma tinte cosi variate e cosi proporzionate alla sede, al genio, al grado delle malattie, ha cercato altresì di combina- re i sintomi in gruppi molteplici, perché le speciali unità o sin- droni che ne risultano, servissero a dare alle malattie un' impron- ta più certa, e la diagnosi fosse più facile e più sicura: ha for- mato cosi il linguaggio della vita morbosa. L'Autore supremo della natura sapeva assai bene che la tempra speciale celi' indi- NOSOGRAFIA RAZIONALE 405 viduo serve a dare una speciale manifestazione dei morbi, sape- va che essendo lenta, graduata, e insidiosa la marcia di alcuni mali, il diagnostico sarebbe stato difficilissimo; il perché accrebbe il numero dei dati perché prèsi nelle loro mutue relazioni e com- binazioni potessero servire di guida sicura per conoscere la co- rispondente cagione. I sintomi d'una diàtesi tuberculare incipien™ te presi separatamente non direbbero assolutamente nulla, però presi nel loro insieme danno al medico sagace la convinzione che si sta iniziando un processo funesto. I sintomi di un deliri- um tremens presi separatamente fanno sospettare o di mania o di encefalite, però presi nel, loro insieme convincono il medico atten- to della vera natura del morbo. I sintomi di una indigestione, di una febbre tifoidea '"possono essere mascherati da certe dispo- sizioni individuali, però studiati nel loro insieme si trova in fondo de segni individuali la vera diagnosi. Come lo lettere dell'alfa- beto hanno una significazione diversa secondo il loro numero, qualità, collocazione cosi i sintomi hanno una significazione di- versa secondo il modo con cui sono collocati gli uni rispetto agli altri. Queste mutue relazioni dei sintomi tanto nell' ordine si- multaneo come nelP ordine consecutivo sono appunto le'forme morbose. Non si creda per altro che questa disposizione della natura nel dare alle forme morbose una fisionomia propria del morbo cui corrispondono e uno speciale linguaggio semeiottico, sia qualche cosa di misterioso d'inesplicabile e provvidenziale. No: tutto in questo é naturale, tutto é in certo modo automatico e neccesario. Se infatti la febbre tifoidea si presenta con fenomeni febbrili e non infiammatorj, con sintomi di sconcerto nervoso, delirio, sus- sulti, coma, debolezza inuscularc, eppure non da flogosi encefali- ca, con quelli di crasi alterata del sangue, e vibici ed esiti can- grenosi, e secrezioni putride, tutto ciò dipende dalla natura del morbo avvelenamento settico del sangue che impegna il processo febbrile di riparazione umorale, che. attacca le fonti dell' inner- vazione organica ed animale. Se nelP enterite il dolore si rife- risce alla parte infiammata, se vi é vomito, se vi é costipazione del ventre, intolleranza del tatto, se febbre talora con polsi pic- coli, ed estremità fredde, ciò é dovuto ai rapporti consensuali del- la sede stessa della flogosi. Se la peste bubonica ha un qua- dro semeiottico diverso da quello della sifillide sebbene entram- be attachino le stesse glandule e gli stessi linfatici, vuol dire che i due veleni l'offendono di distinta maniera; e se il virus morbil- loso offende a preferenza la membrana dei bronchi, il vaioloso lo lo stomaco, lo scarlattinoso le fauci, e tutti poi offèndono in dis- 40G PRINCIPJ DELLA tinto modo la cute, vuol dire che l'organismo e le varie sno parti hanno rapporti diversi e specifici colle cause delle malattie, cosi come hanno speciali modi e condizioni di vita fisiologiche. Da questi speciali rapporti dunque degli" organi collo cause morboso, dalle diverse sedi, dalla varia alterazione che l'organismo ha su- bito, dai speciali modi di vita, e speciali consensi e influenze, nas- cono non solamente le differenze molte e reali dello malattie o le specialità nosologiche, ma le differenze corrispondenti eziandio nel modo di manifestarsi, ossia le differenze semeiottiche. Dallo quali riflessioni é permesso conchiudere. I9 Che nel campo dell' esperienza clinica non esistono sintomi astratti e isolati ma for- me morbose perché un sintoma per isolato che sembri sempre ci si presenta con date particolarità e relazioni a sintomi collate- rali relativi al morbo o causa prossima cui appartiene. 2° Che de- ve distinguersi le particolarità semeiottiche proprie del malato o dei casi speciali., e quelle delle malattie o proprie dei tipi clini- ci. 3" Che i sintomi essendo effetti speciali delle cause prossime é naturale che siano contrasegni per manifestarle. 4- Che i rap- porti e le influenze morbose degli organi alterati che hanno la loro origine dai rapporti loro e influenze fisiologiche dan- no una sufficiente ragione delle fisionomie semeiottiche dei mor- bi speciali. 5° Che i sintomi patognomonici non sono altro che forme morbose, o sintomi con date particolarità e relazioni. ossia non un segno isolato ma un' insieme di segni 6° Che ogni forma morbosa con le particolarità e mutue relazioni dei sinto- mi è patognomonici ossia ha la validità diagnostica suffiiciente. 7° Che i sintomi che non dicono nulla se espressi in modo gene- rico o staccati dalle mutue loro relazioni sia cogli altri sintomi collaterali sia colle cause prossime, sono diagnostici presi nel lo- ro insieme ed espressi nelle loro particolarità e mutue loro rela- zioni. 8° Per la stessa ragione per cui una causa, prossima (data alterazione di un' organo, apparechio, o sistema) ha effetti proprj e relaitvi alla natura sede cstenzione di questa alterazione, e rappor- ti, e influenze della medesima, e perciò sintomi e apparenze seme- iottiche relative e speciali, per la stessa ragione non può avere una sindrone d ifferente; né perciò una vera forma morbosa che é connessa ad una causa prossima può osservarci realmente connes- sa ad altra causa prossima differente. NOSOGRAFIA . RAZIONALE 407 § 14(). Contìnua — Conseguenze funeste alla patologia, ed alla pratica dall' opinione opposta: che gli stessi sintomi e forme morbose possono opparlenere a malattie diffe- renti. Egli é singolare che tanto i campioni della scuola dinamica, un ■llasori, un Tommasini, un Giacomini, come il capo della scuola chimista il Bufalini, come altresì il Puccinotti anzi tutti i moder- ni patologi convenissero in un principio erroneo "che lo stesso "sintoma, la stessa morbosa può appartenere a malattie diverse, "e perciò dipendere da condizioni patologiche differenti" Dopo aver dimostrato che questo principio è falso e si risolve in un' errore di filosofia medica, mi cale dimostrare eziandio che egli 6 sommamente funesto alla medicina considerata come scienza o come arte, e che é forse una delle principali cagioni per cui la patologia moderna versa nel caos, e per cui ci siamo allontanati dalla severità dell' osservazione ippocratica. Questo principio equivale al dire che non esiste relazione fra i sintomi e le con- dizioni patologiche, e che per determinare la esiutenza di una con- condizion patologica dobbiamo prendere la guida delle cause remote, o dell' anatomia patologica, o degli effètti de rimedj, o quella dei sistemi medici che [issano a priori la natura e le diffe- renze delle malattie. Equivale al dire che tutto deve guidarci meno i sintomi che sono la voce della natura che soffre, meno i siutomi che da Ippocrate fino a noi furono il subbietto dello studio il più profondo dei clinici i più abili e osservatori, meno i sinto- mi che nella diagnosi clinica sovente sono i dati unici che ci res- tano quando ignoriamo le cause pregresse, quando l'anatomia non ci illumiua che dopo, e inutilmente pel caso curato, e sem- pre poi in grazia delle relazioni dei sintomi colle alterazioni ana- tomiche^ quando il metodo curativo è la stessa incognita del pro- blema clinico in luogo di essere il dato per iscoprire le causa pros- sima dei morbi. . Che interesse può avere il nosografo che descrive, o il clinico che osserva nel notare le particolarità che può avere il dolor di capo, o i rapporti collaterali cogli altri sintomi o con una causa prossima particolare (meningite, indigestione, febbre biliosa, in- termitente ecc.) quando é supposto che il dolor di capo può appar- tenere a coudizioni patologiche cosi diverse? Certamente nessu- no. E in questo caso é manifesto che la nosografia eia osserva- zione clinica diventa infedele e infeconda; infedele perché non si occupa di quei tratti caratteristici che formano la fisionomia del- delle singole malattie; infeconda perché si priva di quoila luco 408 PRINCIPJ DELLA che può dare lo studio dei sintomi per la diagnosi clinica. Quin- di la scoperta delle cause prossime non si fa per induzione clini- ca, pel concorso cioè dei dati clinici e diagnostici ma si fa a prio- ri e per indovìnamento, supponendo cioè previamente nei morbi una determinata natura, una diatesi di stimolo, di controstimolo, dissolutiva, o acrimonia ecc. Resa quindi sterile e tronca la nosografia, o pur anche [enormità moderna e di tutti i tempi] sis- tematica; é negletto e falsato lo studio pratico delle cause pros- sime, impossile quindi la nosologia diagnostica, e la patogenia in- duttiva. Dai quattro umori di Ippocrate fino alle diatesi dinamiche ed umorali dei nostri giorni le malattie non furono già riguarda- te fisionomie sintomatiche facenti corpo ed anima colle condi- zioni patologiche, come la espressione semeiottica di intime e cor- rispondenti cause prossime, ma si riguardarono quali altretante vesti atte a coprire qualunque malattia, qualunque divisione sis- tematica delle medesime. E fu ai nostri tempi non senza risa del popolo, e abbandono della osservazione clinica, e non senza gravi danni al genere umano, che fu visto sottomettere o alla ipostenia, o alla flogosi quasi tutte le forme morbose del quadro nosologico; e la stessa forma morbosa invocata a coprire ora una diatesi astenica, ora una flogistica, ora una plastollia. Sarebbe ciò potuto avvenire se la condizion patologica di queste forme mor- bose [le flemmasie p. e., e le febbri continue, i profluvii, le nevro- si] si fosse determinata per mezzo della pato-sintesi? Se fosse stato stabilito, che la forma semeiottica di una tifoidea non può rappresentar giammai la causa prossima di una febbre intermitten- te, ne questa quella di una febbre biliosa, né questa quella di una puerpeFale, né questa quella di una febbre gialla, né questa quel- la di una sinoca, né questa quella di una febbre reiunatica?-Adun- que é dimostrato che la opinione che combatto, ha inspirato un'in- giusto disprezzo per lo studio pratico e sintetico dei sintomi, e di quelle particolarità e di quelle relazioni che loro danno un valo- re diagnostico; ha reso stazionaria incompleta ed erronea la no- sografia; sistematica e capricciosa la nosologia, e impossibile poi la vera patogenia induttiva, aprendo la porta ad ogni patogenia fisio'-genica ed a priori. § 147. Sugli esposti principj éfondata la scienza del prognosti- co—Oggetto, dignità, pericoli, differiià del prognostico —sua possibilità e suoi fondamenti; e corralarj impor- ti che ne derivano. V'é una riflessione gravissima che si presenta subito in vista della esposta dottrina ed é questa: Se i sintomi sono criterj dia- NOSOGRAFIA RAZIONALE 409 gnostici incostanti infedeli, come sostenne il Bufalini, se i sintomi eie forme morbose possono appartenere a causo prossime differen- ti, come han proclamato tutti i moderni patologi ula scienza del prognostico non ha base alcuna sientifica né predica" Se i sintomi sono invece criterj diagnostici sicuri, e lo sono a condizione di essere raccolti dal metodo sintetico, so una forma morbosa qual' é formata da questo metodo non può appartenere che ad ima causa prossima, unica (doiirina che io sostengo) la scienza del pro- gnostico ha. una base solida, sicura, logica, e sperimentale. Ed eccomi condotto u trattare di questa gravissima parte della pato- logia; e a questa importante demostrazione. Prognostico'suona auticonosoiv, prevedere, ed é quella parte dell' arte medica che fa conoscere l'esito felhv o funesto. Pnndnmcnto, la durata e le conseguenze probabili d'una malattia. Ed é certamentc,uir oggetto di molta importanza nell' esercizio delia medicina perduT ma- nifesta nel medico una cognizione completa della malattia che cura, una profonda erudizione nosografica, una somma abilità nel cogliere, e giudizio nel valutare i sintomi e tutti i dati dia- gnostici. E il dovere di predire a se stesso IVsito probabile della malattia obbliga il medico a rendersi un conto esatto della sua diagnosi, delle circostanze speciali dell' infermo, e a veder quasi la malattia nel suo insieme consecutivo, come la vede nel suo in- sieme simultaneo, cioè nelle sue due unità e continuità di tempo e di spazio. E il dovere di predire l'esito probabile della malat- tia all' infermo, alla famiglia, e qualche volta alla patria, lo con- duce a salvare la propria responsabilità e il proprio onore quando non può salvare la vita o la salute, h> conduce a suggerire quel- le misure che ai doveri religiosi e sociali appartengono. Però il prognostico che esigo tanta abilità e tanta scienza nel medico, ed ha si grande influenza nella società, se ha tanta dignità che quasi da un carattere divino all' arte medica, é pieno di pericoli pel medico pratico. Quante volto gli esagerati timori e le predi- zioni di funesto esito hanno sparso la desolazione in una famiglia, inspirato sospetti di soverchieria e di avarizia, o dato certezza di ignoranza del medico, e creato i portenti del ciarlatanismo! Quante volte le malo inspirato speranze hanno condotto a negli- gere i più decisi mezzi di cura, o intraprendere viaggi impruden- ti, o trascurare i doveri religiosi e sociali, con grave disdoro del- l' arte e grave danno delle famiglie! Ed é pure il prognostico pie- no di difficoltà non solo perché riesce ordinariamente difficile nella pratica conoscere la malattia, cioè le cause, la sede, l'esten- zione, l'intensità, il carattere delle condizioni patologiche; ma rie- sce a lux-ri difficile conoscere e valutare la influenza che hanno le 52 410 PRINCIPJ DELLA circostanze speciali del malato sia nella manifestazione come noli' andamento e noli' esito della malattia. Quante volte un do- lor colico che pareva insignificante terminò colla morte per l'esi- to cancrenoso dell' enterite! E chi ignorando le cause pregres- se, o la speciale maniera di essere dell' individuo, potea preve- dere il rapidissimo esito cangrenoso? E già Ippocrate avea aver- tito le grandi difficoltà del prognostico (1); e convengono i pa- tologi che è più difficile il prognostico che la diagnosi, e.che per avere una maggior sicurezza dei presagi, non solo é d'uopo co- noscere la malattia, ma altresì la influenza delle circostanze in- dividuali, età, temperamento, clima, concause, trattamento, ecc. il quale fatto dimostra la grande importanza del metodo sinteti- co, che importa la lussociazione, riunione, concorso di molti dati. Cosi superiamo le difficolta del diagnostico colla, riunione p. e. di dieci dati, e superiamo lo maggiori difficoltà del prognostico associando e riunendo altri dieci dati. Eppure il prognostico è possibile, e da Ippocrate che fu il fon- datore della medicina insieme, e dell' arte divina quasi del pro- gnostico, fino a noi, tutti i patologi si sono occupati di questa parte importante, non solo espressameli te ed in generale come lo hanno fatto il Divino Vecchio, e Prospero Alpino, e Klein [2] e più o meno rapidamente gli scrittori di patologia generale, ma altresì tutti i nosografi nella trattaziane delle singole malattie. Nessuno porrà in dubbio la realtà di questo fatto "ilprognostico delle malattie é possibile, esso si fa tutti i giorni, esso si é fatto sempre, dal sommo Ippocrate ai clinici i più abili di tutti i tempi, dunque il prognostico si \v\ó fare; vale a dire si può presagire dai primi passi [si noti bene] di una malattia quali saranno i con- secutivi, e quali gli ultimi. V' è di più: il Gran Vecchio di Coo ci ha dato i primi e più ammirabili modelli dell' arte prognos- ca, che la posterità rispetta e verifica ancora dopo 23 secoli quan- do (come bene osserva il Gintrac e De Ronzi) l'anatomia norma- le era nell' infanzia, e la patologica quasi non esisteva, e manca- va di tante cognizioni che i secoli acconciarono per noi, quan- do non aveva quasi altra guida diagnostica che un' attenta osser- vazione dei sintomi. E senza avere la sagacità del sommo Greco, vi sono medici che presagiscono bene, anche senza aver colto una diagnosi esatta, vi sono infermieri che presagiscono bene senza pure poterla formare, e spesso la sagacità che inspira l'amore [1] Proedict. L. 11. e. 6. [2] Apliorismi, Prcenot; Proedict—De Prcsagien da vita et morte cegrotan- tium.—Interpres Cliuicus. NOSOGRAFIA RAZIONALE 411 materno, trova por istinto i segni di morte o di critico felice esi- to, quando ancora il medico non ne sospetta. Stabilito che il prognostico é possibile, vediamo quali ne seno le fonti e i fondamenti. Influiscono sul buono o infelice esito delle malattie, il loro andamento, durata, e terminazione, la natura, la sede, l'estenzione, l'intensità, la curabilità, le cause pregresse, e le sopravenienti, le complicazioni, le forze fisiologiche, lo stato morale, le circostanze buone o cattive dell' infermo, ed il meto- do curativo. Dunque le vere basi di un giudizio prognostico si possono ridurre. 1. ° Ad una conoscenza esatta della malattia o diagnosi clinica. 2. ° Ad una conoscenza ed apreziazione del malato. E nemmeno queste due condizioni bastano in certi casi, o sono neccessari in altri: e già il Gran Vecchio di Coo aveva avvertito uquod si etiam mores morborum ac agroiorum didicerit medicus, non tamem quicquam prcedicere oportet. [1]; perché mol- te cose possono al principio influire sul diverso corso del morbo il perché aggiunge .... quare propter hec non tutum est prcedicere prius quam statum accipied morbus. Cosi il prognostico che si fa al principio di un morbo non é sovente sicuro anche avendo le due guide indicate, perché egli é quando il morbo ha preso tutto il suo sviluppo, quando se né può conoscere a fondo la natura, la forza, le tendenze; e cosi il prognostico che.si fa al finire d'un morbo non sempre richiede che si conosca la natura del morbo e le circostanze dell' ammalato, perché i segni di prossima morte inevitabile o di crisi salutare ci autorizzano a presagire: ciò che spiega il prognostico in bocca dei non medici. Ora se esaminiamo le sorgenti di questi due prognostici [al principio o al finire di un morbo] si troverà che é quasi intera- mente'appoggiato ai sintomi, ossia al valore diagnostico dei sin- tomi negato o controverso dai moderni, Con ragione ha detto il Tommasini, e con Ini i migliori patologi che la diagnosi è la ve- ra l^ase del prognostico; però questa diagnosi specialmente al principio è affidata quasi ai soli sintomi, perché spesso ignoriamo le cause pregresse, e anche conoscendole, uopo é studiarle in rela- zione agli effetti avvenuti; l'andamento poi, gli effetti del mor- bo, le alterazioni anatomiche, gli effetti dei rimedj, sono cose che verranno dopo, che non prestano luce elicali' ultimo, sono l'og- getto stesso della prognosi. E nella diagnosi della malattia com- prendo quasi tutto ciò che il De Renzi ha considerato a parte: la sede, la intensità, la forma anatomica, le complicazioni, la qualità e il valore delle cagioni, lo stato fisiologico delle forze, (1) Prcedictionum P. 2 § 6. 412 PRINCIPJ DELLA tutte cose olio si riferiscono alla condizion patologica, e che si conoscono por mezzo dei sintomi. La diagnosi del malato com- prende P età, il sesso, il temperamento, la costituzione, l'eredità, il clima, le stagioni, le costituzioni mediche, circostanze tutte che sebbene l'analisi le riferisce al inalato sono in realtà riferibili alla malattia, perché influiscono a farla più o meno grave, facile o difficile a vincere, indinevole o no a certo esito fausto, infaus- to. Nri prognostico poi che si A; a malattia avanzata ad all' ulti- mo é da notarsi (e coincidiamo coi precetti d' Ippocrate) che ques- to giudizio é più fac'le, perché abbiamo 'vaggiori dati riuniti in- sieme, e diagnosi più assicurata, come sono i passi ulteriori o andamento o durata del morbo, e gli effetti dei provati rimedj; ò da notarsi eziandio che questi maggiori dati sono rappresenta- ti dai sintomi, sintomi che esprimono i passi consecutivi del mor- bo, sintomi che esprimono la tolleranza o intolleranza, efficacia o inefficacia dei rimedj. sintomi connessi ed indici dei più prossimi esiti o felici o funesti, anche quando la diagnosi non fu possibile. Da questi tre fatti incontroversi ed ammessi da tutti i pato- logi. 1. ° Che il prognostico é po.-sibile. 2.° Che deriva dalla conoscenza della malattia e del malato. 3. ° Che é possibile ai medici e ai non medici anche a diagnosi non fatta, e per la me- ra osservazione sagace dei segni; emergono alcuni corrolarj im- portanti in favore della dottrina che io sostengo sulla validità diagnostici dei sintomi. Io posso dire: questa è forma di va- iuolo maligno, e l'individuo morrà nel tale stadio; questo tumo- re dell' utero é scirroso e costituzionale, e finirà sicuramente colla morte a tale periodo e con tali fenomeni; io posso dir-"- trascura- ta la brucoiatura della pustola maligna e insorgendo fenomeni di febbre adinamica, l'individuo é perduto, e lo é in certo termi- ne e con tali sintomi.Veniamo ora ai corrolarj.Io ignoro certamen- te le cause remote del vainoli), del cancro, della pustula maligna; e solamente ho la certezza che hanno preceduto, por il fatto del- la malettia avvenuta. S'io ho la certezza che il vainolo esiste, ed ha i caratteri di maligno egli é per la forma morbosa che os- servo, cioè per un' insieme simultaneo e consecutivo di sintomi aventi le particolarità del vainolo maligno; s-aiza questa pato- sintesi io non potrei fare la prognosi perché non potrei fare la diagnosi. Dunque è certo 1. ° Che senza un' esatto diagnostico non può aver luogo un' esalto prognostico; ré può aver luogo un' esalta diagnosi senza la siale:- i dei rappoi li dei sintomi colle cause prossime. Tanto é vaiuolo uno confluente e flogistico, come uno moderato e benigno, come altro adinamico e maligno; tanto è tu- more uno da cancro locale, come da diatesi cancerosa, come da NOSOGRAFIA RAZIONALE 413 altre cause di tumore. Di pustule ve ne sono di varie nature; la differenza nell' andamento, nell' esito, e nelle alterazioni anatomi- che indica certamenente che a ciascuna forma corrisponde una diversa condizion patologica, cioè che è diverso il modo con cui furono alterati i solidi od i liquidi dell' umano organismo. Pure questa speciale natura o del vainolo maligno, o del cancro diatesi- co, o della pustula cancrenosa si può conoscere assai prima dei ris- pettivi esiri fatali. E se vengono riconosciuti da certe particolarita dei sintomi e da certo andamento (che non é altra cosa che una suc- cessione di sintomi) è evidente che si può stabilire. 2" Che come la vera diàgnosi della causa prossima sijbnda sui caratteri speciali di questi [che sono particolarità chi sintomi] cosi sopra di essi si fonda deipari la prognosi e la cura. Se assicurato che si tratta di vaiuolo maligno, o di cancro costituzionale, o di pustula mali- gna io pronunzio un pi esagio di morte, vuol dire. 3" Che la diagno- si clinica non é altra cosa die la scoperta di un tipo nosografico in un caso clinico—perché io non potrei predy-e l'esito funesto #e non mi autorizzasse una sicura sperieuza di casi simili, vuol dire. 4. ° Che estate una relazione certa sperimentale e seme iodica fra i primi passi e i consecutivi di una malattia come esiste, una relazione fra i sintomi simultanei—perché io non potrei predire l'esito funesto se non esistesse un rapporto neccessario fra i primi passi di un va- iuolo adinamico e quelli che chiudono la triste scena. Pertanto iu onta alle contrario dottrine del Bufalini e di tut- ti i moderni patologi, ohe hanno quasi distrutta l'autorità diagnos- tica dei sintomi, si può stabilire. La possibili'à del prognostico pro- vala realtà di due corrispondenze, l'una dei si al orni simultanei dia- gnostici della condizion patologica, Val fra dei primi passi o sintomi della malattia e i consce e li ci. Infatti s'io posso conoscere per mez- zo dei soli sintomi la natura scirrosa di un tumore, la natura pe- riodico-perniciosa di una febbre, la natura maligna di una pusto- la, egli é cerio che fra i sintomi e la causa prossima esiste un rap- porto sperimentale sebbene da potersi trovare soltanto da un' os- servatore sagace. E se posso prò vedere che uno scirro finirà col- la degenerazione cancerosa e colla morte, che una perniciosa non curata gagliardamente troncherà la vita dell' infermo, che la pus- tula non distrutta finirà colla morte, egli é perché fra questi mor- bi,e gli esiti indicati esiste un vincolo neccessario e dimostrato dal- l' esperienza. 69 La possibilità del prognostico indipendentemente dalla diagnosi prova ancor più la realtà della corrispondenza fra i sintomi e le cause prossime. Se infatti Ippocrate fu sommo nell' arte del prognostico, anche quando mancava di molti dati dia- gnostici, se gli infermieri sagaci, od una madre palpitante sopra 414 PRINCIPJ DELLA il figlio infermo indovinano il buono o cattivo esito delle malat- tie senza avere i mezzi di far la diagnosi, é certo che non hanno altra guida che l'osservazione delle relazioni dei sintomi; dunque la possibilità del prognostico senza previa diagnosi e per mez- zo delle relazioni dei sintomi prova la realtà e l'importanza di queste relazioni medesime. Cosa veramente singolare! la sola diagnosi non basta sempre per fondare il prognostico, che é d'uopo mettere a calcolo tutte le circostanze individuali. Ep- pure anche senza diagnosi si può presagire l'esito fondati sul- la sagace osservazione delle corrispondenze semeiottiche! 7. ° La possibilità del prognostico prova che la natura é costante nelle due suddette corrispondenze. Non v' e dubbio che le differen- ze individuali od accidentali rendono difficile cosi la diagno- si come la prognosi, pure l'osservatore sagace e di consumata es- perienza sa cogliere i caratteri diagnostici di una malattia e può presagirne l'esito; dunque i sintomi che chiamerò patogenici se sono» finissimi e fuggevoli sono per altro costanti come sono ca- ratteristici, se possono servir di guida all' osservatore sagace tan- to per la diagnosi come per la prognosi. Queste cose bisognava svolgere per rivendicare ai sintomi l'autorità diagnostica che pur troppo han perduto, e sopratutto rivendicare il metodo da cui questa stessa autorità diagnostica deriva e dipende. § 148. L'arte del prognostico ha avuto fin qni principi sicuri? può avergli?—Importanza del metodo per isiabilire prin- cipj prognostici. Benché bastava al mio proposito trattar del prognostico per dimostrare il valore diagnostico dei sintomi, pur mi è d uopo se- guir l'argomento, per dissipar certi dubj che le cose esposte pos- sono aver fatto sorgere, e fissar certe norme per questa parte del- la patologia. La natura, la sede, la forza, l'estenzionc della ma- lattia, le complicazioni, le circostanze speciali dell' infermo, il clima, e sopratutto il metodo curalivo influir possono potente- mente sull' andamento, la durata, l'esito funesto o felice, le suc- cessioni o le conversioni delle malattie (1); e quindi variare som- mamente i nostri giudizj prognostici. Ciò posto come può dirsi che'il prognostico può avere principj, e che la natura é costante nelle sue leggi patologiche? Ella é già una verità importante che la natura, la sede, la forza. Pestenzione delle malattie, le pos- sibili complicazioni si conoscano principalmente per la provata corrispondenza dei sintomi, il perché se queste circostanze influis- (1) V'ojjiiuu.-iui del proguoslico. NOSOGRAFIA RAZIONALE 415 cono sull' esito; il valore diagnostico dei sintomi ha una giusta relazione ed influenza sui nostri giudizj prognostici. Per altro é noto che queste cinque circostanze relative alla malattia, e che influiscono sul prognostico non meno che sulle indicazioni tera- peutiche, non bastano, e che le circostanze diverse del malato in- fluir possono tanto sulle nostre decisioni terapeutiche come sui nostri giudizj prognostici. Né basterebbe ancora la cognizione della malattia e del malato per formare un giudizio sull' anda- mento e sull' esito, se l'uno e l'altro può dipendere dal metodo cu- rativo. Che differenza fra il corso e l'esito d'una congestione o di una flemmassia ove precedette una spontanea cmoraggia od un salasso, ed altra dove non ebbe luogo un tanto potente aiuto della natura o dell' arte? Cho differenza fra il corso e l'esito del- la pustola maligna, o di una perniciosa, o di un colera sporadico curati prontamente, o di altro lasciate a se stesse! La natura é coe- rente a se stessa nelle sue leggi fisiologiche e patologiche come nelle altre leggi fisiche: datele medesime cause e le medesime circostanze si producono sempre i medesimi effetti. Perché una malattia abbia tale corso, tale durata, tale esito, e tale successio- ne in modo che ciò sia una ler^ge costante, e possa dar diritto a previsioni e sentenze prognostiche, uopo è che concorrano tutte le citate circostanze. 1. ° Natura, sode, forza, estensione della malattia. 2° Le circostanze individuali in cui é situato l'infermo. 3° Il metodo curativo [v. il § 48-50]. Dunque il prognostico può avere principj certi purché siano condizionali e relativi; purché si tengano sempre in conto gli elementi del fatto variando i quali può variare ed è natuarlc che varj il risultato. Si tratti p. e. della pus- tuia maligna; la nosografia può dire colla esperienza alla mano e colla statistica: questa malattia ha un corso acuto, un'esito prontamente cangrenoso, se dentro lati giorni non si cauterizza e finisce colla febbre maligna e colla morte. E' dunque possibile per via d'esperienza stabilire una legge prognostica come una legge terapeutica. E cosi come una legge terapeutica abbraccia varie questioni [co- me vedremo a suo luogo] cosi una legge o principio prognostico abbraccia molte questioni ed offre aspetti diversi. Prognostico o predizione riguarda l'avvenire delle malattie, e che deve e può co- noscersi per lo stato presente. Ora la 1* questione é l'andamen- to: se acuto e violento o cronico e lento. E' noto che alcune ma- lattie sono per se o acute o lente, che altre possono per le circos- tanze suddette o farsi acute o rendersi croniche. La 2* questione é la durata perché una malattia acuta può durare alcune ore come il cholera morbus, un' avvelenamento, una perniciosa, o durare 416 PRINCIPJ DELLA molti giorni come una febbre continua od una flemmassia; una malattia cronica può durare alcuni mesi come un' impetigine od una tisi, od anni conio uno scirro od una sifillide. Anche la durata é soggetta alle influenze indicate per l'andamento. La 3. a questione é l'esito o felice o funesto ria del totale individuo (mor- te) o dell' organo affetto [cecità, paralisi, esiti insanabili]. Anche gli esiti sono soggetti alle stesse influenzo della durata e dell' an- damento. La l'v questiono finalmente riguarda lo successioni o conversioni in malattie nuove: cosi alla trascurata irritazione di un calcolo succede una cistite, alla negletta emormesi epatica suc- cede un' epatite, alla violenta o non curata epatite succede la suppurazione o la cangrena, alla negletta pleurite l'idrotorace. Anche le successioni sono subordinate allo influenze indicate per la durata, andamento, esiti delle malattie. Ora perché la nosografia possa stabilire principi e leggi prognos- tiche (cioè leggi relative all' avvenire dello malattie ) sono gius- te e filosofiche queste condizioni. l.°E" neccessario determinare di quale malattia si tratti, perché tutte le conclusioni o prognos- tiche o terapeutiche che si dettassero non avrebbero alcun valo- re se rimanesse alcun dubbio sulla realtà, e sulla diagnosi della malattia cui si riferiscono. Cosi s' io dico: la pertosse, la terzana, l'epatite, il vaiuolo, hanno tale andamento, tale durata, tali esiti, tali successioni, parlo di malattie determinate: quindi lo relazio- ni prognostiche hanno realtà sperimentale. S'io dico l'itterizia, l'idrope, l'epilessia, la risipola, l'oftalmia hanno tale andamento, durata, esiti, successioni, porlo di formo morbose astratte non di malattie determinate, quindi i principj prognostici sono neccessa- riamente vaghi, indeterminati, problemalici, falsi, innaplicabili. 29 E' neccessario che la nosografia faccia conoscere in ogni malat- tia certa e determinata la corrispondente realtà di queste quattro relazioni prognostiche, cioè il corso, la durata, gli esiti, e le suc- cessioni. 3. ° E' neccessario che dimostri la debita relazione (pro- vata per la esperienza e per la statistica) fra le tre circostanze in- fluenti sull' avvenire, come sono le circostanze della malattia, le circostanze dell' ammalato, le circostanze della cura, e i quattro accidenti o forme del prognostico. 4. ° Finalmente é d'uopo che la nosografia faccia conoscere e sempre per via di fatti mol- ti, ripetuti, e ben'osservati la corrispondenza che hanno certi se- gni diagnostici di un dato periodo del morbo con uno dei quat- tro accidenti cui prende di mira il prognostico, andamento, dura- ta, esiti, e successioni. Queste riflessioni e queste avvertenze faranno conoscere ai me- dici pensatori come a malgrado dei portentosi saggi che ci ha la- NOSOGRAFIA RAZIONALE 417 sciato il gran Vecchio di Coo,e i medici che ne seguitarono il glo- rioso esempio, un Celso, un Prospero Alpino, un Baglivi,un Klein, un Double,un Bell cecia scienza del prognostico é ancora nella sua infanzia, e che si può perfezionare mediante il connubbio dell' es- perienza e della filosofia medica, e forse soltanto migliorando e riformando il metodo di studiare le cose mediche. L'inmenso rispetto di' io professo al gran padre della medici- na e agli uomini granili che ne scguitaron le tracce nou m'im- pedisce dal rilevare che forse la mancanza di un buon metodo filosofico ha fatto si che l'arte del prognostico [come osserva il Bouillaud] "non presenti nozioni esatte e positive, ma asserzioni "vaghe e quasi insignificanti; nulla di relazioni numeriche, nulla "'di formule, nulla di leggi, nulla per conseguenza di vera scienza" Il fatto clinico ha per elementi i sintomi, le cause, gli effetti del morbo, gli effetti dei rimedj, e perciò presenta allo studio tanto del nosografo come del patologo relazioni semeiottiche,etiologiche, prognostiche, e terapeutiche. Trattando astrattamente le relazio- ni prognostiche o con il proposito d'indicare una legge comune a certi casi come fece Ippocrate, o con quello di determinare i cri- terj per presagire la sa'uto o la morte degli infermi in tutte le ma- lattie come fece Prospero Alpino, o con quello di fissare la signi- ficazione diagnostica e prognostica di ogni sintoma studiato a parte come fecero tutti i trattatisti di semeiottica, trattando di- co in astratto e a parte le relazioni prognostiche si cadde nelP istesso inconveniente dell' aver trattato a parte le relazioni etio- logiche, e terapeutiche, cioè di aver loroiato un principio di un' elemento, prima di aver ben determinato la realtà e l'individua- lità dei fatti ai quali questo principio si riferisce; quindi una leg- ge orognostica é tanto vaga che non si sa a quali fatti apparten- ga; oppure é condizionata precisa ed esprimente le circostanze che ho citato, e si confonde colla nosografia. Il vero e solido fondamento del prognostico é la nosografia completa dei principali tipi delle malattie umane, quella che per mezzo della patosintesi stabilisce la corrispondenza di tutti i da- ti clinici a certe condizioni patologiche, quella che per mezzo di sagace e ripetuta osservazione può notare la relazione di certi esiti a certe circostanze della malattia, del malato, e del metodo curativo. Con questa guida il clinico conoscerà il futuro perché conoscerà il passato; appunto perché la natura é coerente nelle sue leggi, e date le medesime cause eie medesime circostanze sempre intervengono consimili effetti; quindi potrà dire: in ques- to stadio della malattia, con questi caratteri diagnostici, con qnesti sintomi indicanti la sedo, la natura, Pestenzione, la forza 418 PRINCIPJ DELLA del morbo; in questo circostanze dell' ammalato, con le premesso misure terapeutiche, nello stato attualo dell' esperienza terapeu- tica l'infermo é perduto, e lo é per tale e insanabile esito della malattia; o avrà tale esito e successione morbosa favorevole od insanabile. Ciò posto é evidente che por analogia di fatti simili si può altresi^stabilire analogia di risultanze prognostiche, però sempre colla guida di fatti completi, non con quella di un solo elemento del fatto. Cosi lo norme prognostiche di una ma- lattia possono farsi comuni a tutte quelle di una classe nosologi- ca. Che se si devia dal metodo sintetico, so inveco di prender le mosse dal fatto completo per determinare il valore pratico dei sintomi, si occupa il patologo direttamente del valor prognostico dei sintomi, in quale caos non si avvolge! Vorrà determinare p. e. la significazione prognostica della vertigine, del singhiozzo, del vomito; ed eccolo obbligato a formare tanti aforismi quante so- no le condizioni morbose in cui possono essere di buono o funes- to presagio, e forieri di uno od altro esito o successione. Occu- pazione assurda, e veramente inutile peso alla memoria! SuppO' niamo che mi si domandi cho cosa significa il singulto nelle ma- lattie, e se è di cattivo presagio. Per rispondere é d'uopo eh' io dia un' estratto di una buona parte di nosografia. Dalle quali riflessioni é d'uopo conchiudere che le leggi e nor- me prognostiche non possono essere che relative ad una data ma- lattia o ad un gruppo di malattie simili, e elio il valore dei segni prognostici sta intero e dipende dalla patosintesi nosografica, non dai sintomi considerati in astratto. § 149. Conclusione—-Studio praiico dei sintomi; sola divisionelo- ro che sia possibile ed utile in formuli e causali-Due corol- lari \° dubj sul valore diagnostico deW ascoltazione 2° as- surdità della terapia sintomatica. Stabilito e dimostrato che i sintomi sono effetti e contrasegni dello stato morboso, che sono la principale nostra guida per la diagnosi clinica, che la loro efficacia diagnostica deriva dalle os- servate particolarità e relazioni loro con altri sintomi e colle cau- so prossime, che perciò il metodo sintetico é quello che fa dei sintomi il primo criterio diagnostico, che essendo attributi della malattia e fatti collaterali non possono studiarsi a parte né clas- sificarsi, che l'ordine anatomo-fisiologico addottato per ordinar- gli nei libri ne distrugge l'efficacia diagnostica perché ne distrug- ge le relazioni nosografiche, che ingiusta ed assurda é la distin- zione fra sintoma e segno, e le divisioni dei sintomi ammesse dal- le scuole; che praticamenente parlando non esistono sintomi ina NOSOGRAFIA RAZIONARE 419 ( torme morbose, forme morbose che tanto abbracciano le partì* colarità come P insieme simultaneo e consecutivo dei sintomi; che queste tali e quali appartengono ad una condizion patolo- gica, tali e quali non possono appartenere ad un' altra; clic la possibilità e le note sorgenti del prognostico confermano pie namente la verità di questa dottrina, che sebbene le differenze individuali ed occidentali delle malattie e gli effètti dei rimedj si manifestino per mezzo di sintomi, ciò non fa eccezione agli es- posti principj, perché la sintesi empirica o la ripetuta esperienza può fissare i caratteri semeiottici costanti che appartengono ai tipi clinici e quelli che alle influenze accidentali: rimane affatto cambiata la dottrina dei sintomi stabilita dalle patologie ge- nerali. Una sola obbiezione mi può venir fatta dai patologi: se la sin- tesi empirica di una forma morbosa, per cosi dire il suo daghe- rotipo é il segreto e il possibile e facile strumento della diagnosi clinica, come é clic questa diagnosi è poi sovente cosi difficile',* Qual luce prenderemo dai soli sintomi quando vi sono forme mor- bose, il tetano, P asfissia, P asma, V epilessia, la disenteria, ecc. che possono attenersi a cause prossime differenti? Forse che non esiste una distinzione fra i fenomeni più grossolani, e che col- piscono subito anche i non medici, e i fenomeni più oscuri e più delicati, ed a cui pure é affidata la vera diagnosi? Ed eccomi condotto a proporre una distinzione affatto pratica dei sintomi; in quelli che indicano la sede o la forma più grossolana del mor- bo, e cosi da chiamarsi generici, o nosohgvei, o formali; ed in quelli che indicano la condizione patologica ed essenziale, e cosi da chia* marsi specifici o patogenici o causali. Questa distinzione sembra corrispondere all'ordine che segue la nostra mente per formare una diagnosi qualunque, perché cominciamo sempre per fissar l'attenzione sopra i fenomeni ì più urgenti e rilevanti, vomito p. e. I dolor pleuritico, o forma asmatica, © forma anginosa, o forma convulsiva, epileptica, tetanica, cardiaca ecc. Quando ho ricono- sciuto che si tratta d'idrotorace, di palpitazione, o d'angina, so già qual' é la sede del morbo, benché ancor non sappia quale ne é la natura; quando so die si tratta di una forma nevrottica o febbri- le non so ancora a quale causa prossima corrisponda. S'io mi arresto a questo punto e dico: rì tratta di un' oftalmia, di una ri- sipola, d'un tetano, d'una vertigine, d'un singhiozzo, d'una diarrea ecc. io non faccio clic \\m semi-dia gnosi, quella che fa il volgo, quella che fanno i medici superficiali, quella che servi di scopo alla nosologia sintomatica, e quando si credette che la forma es- terna e grossolana era la malattia, quando la si considerò astra*- 420 PRINCIPJ DELLA zion fatta dalle cau.^e prossime cui può essere cinnessi; quando la base del diagnostico furono i soli sintomi nosologici e generi- ci. S'io voglio fare una vera e soddisfacente diagnosi clinica,uopo é di' io dia un passo avanti molto più importante, uopo é che non mi contenti di sapere la sede e la forma generica del morbo, ma il modo con cui questa sede anatomica ò alterata, in una parola la .condizion patologica, a cui questa forma gener ca (per la mon- te che astrae) èco messa. Non mi può bastare sapere che si trat- ta di oftalmia o di angina, di palpitazione o di febbre, ma bensì ho bisogno di sapere di quale organo od oftalmia si tratta, e di quale malattia o del cuore o del sangue a cui o la cardiopatia o il processo febbrile sono connessi; perché questo quale é quello che ha relazione colle cause remote che l'eccitarono, coi sintomi patogenici che vi corrispondono e che ia manifestano, coi specia- li effetti esiti e pericoli del morbo, e con certi rimedj atti spe- cialmente a curarlo. Uopo é dunque eh' io cerchi e trovi quei tintomi patogenici e specifici che non isvelano più la sede e la for- ma del morbo, ma il genio, la natura, in una parola il modo dell' alterazione occulta ossia la causa prossima. I sintomi fanno dis- tinguere l'oftalmia scrofulosa dalle altro forme, le febbri perio- diche dalle altre febbri o continue o l'emittenti, il delirium tre- mcns dall' encefalite, le differenze cliniche della dissenteria, del tetano, dell' epilessia ecc; questi sintomi non sono i nosologici, ò generici e grossolani, ma sono i patogenici causali delicati e fug- gevoli. Ora che cosa sono questi sintomi nosologici o formali, e questi sintomi patogenici o causali? Forse che sono due serio diverse di fenomeni, o sono piutosto due modi diversi deliamente di studia- re e comprendere i fenomeni stessi? Forse che é possibile ed utile classificargli nei libri in due serie diverse come hanno fatto va- I nissimamentc le patologie generali? 0 giova piutosto indicar ciò che sono al clinico che si serve dei dati diagnostici al letto del- l'ammalato? Vediamolo. Vn rapido e per cosi dire superficiale esame fa conoscere subito che si tratta d' un' oftalmia, d'una risi- polo, di una dissenteria, di un' idrotorace, di una febbre. Mail cli- nico non sa ancor dire dì quale oftalmia, di quale, dissenteria o feb- bre si tratta, fino a che non fissi le qualità specifiche dei sintomi che osserva in relazione colle differenze cliniche o le speciali cause prossime di queste forme generiche. Egli ha detto: questa 6 un' oftalmia, perché vi é dolore all' occhio, intolleranza di luce, rossore, lagrimazione ecc; egli dirà quest' oftalmia ha natura aitìllittica, o reumatica, o scrofulosa, ecc. perché il dolore ha ques- ta forma, la flogosi certa sede speciale nelle parti dell' occhio, cer- NOSOGRAFIA RAZIONALE 421 to andamento ecc. Egli ha detto: questa é una dissenteria perché vi é tenesmo, evacuazioni mucoso-sanguigne, dolori addominali; egli dirà questa dissenteria é flogistica, o epatica, o reumatica, od ulcerosa ecc. perché nelle rispettive forme il tenesmo, i dolori ad- dominali, le evacuazioni hanno certa forma o particolarità, o vi si associa tale forza e frequenza febbrile del polso, o i sintomi concomittanti di emormesi epatica, o quelli di una condizione reu- matica ecc. Dunque i sintomi nosologici generici sono gli stessi sintomi di una malattia speciale osservati superficialmente, e astrazion fatta da quelle particolarità e da quelle mutue loro re- lazioni con altri sintomi concomittanti che hanno nei singoli tipi clinici. Dunque i sintomi patogenici e specifici sono gli stessi sintomi generici più le particolarità e le relazioni mutue con sintomi collaterali che hanno nei singoli tipi clinici. Dunque questo serie di fenomeni morbosi sono piutosto due modi diversi della niente di studiargli, raccogliergli, ed ado- perargli che due serie di fenomeni essenzialmente diversi, sono due serie subbiettivo non obbiettive, e che indicano l'ordine con cui la niente procede dai fatti collaterali e generici ai fatti completi e specifici, e vi procede col metodo sintetico. Dunque sarebbe un' assurdo classificargli a parte, perché sarebbe classi- ficare delle astrazioni 'subiettive come fossero realtà empiriche ed obbiettive; giacché né i sintomi nosologici hanno realtà em- pirica senza la compagnia dei sintomi patogenici, e viceversa, Dunque una distinzione siffatta servir deve di logica avverten- za soltanto al clinico ed al nosografo perché reputi i sintomi generici e nosologici come principio dell' osservazione, come parte del fatto, ma non tutta l'osservazione, né tutto il fatto; e cosi reputii sintomi patogenici il complemento dell' osserva- zione e del fatto o tipo clinico, perché corrispondono, e svriano le cause prossime: e veda quanto giovi studiaro i sintomi_ nelle loro particolarità e mutue relazioni, ossia quanto valga il cri- terio della patosintesi. Insomma riconosca che i sintomi gene- rici e formali guidano a una semi-diagnosi laddove i sintomi specifici e causali guidano alla vera diagnosi o alla conoscenza del morbo o della sua causa prossima. Dalle cose dette emergono due corollari importanti. 1 Una ragione per dubitare della'validità diagnostica dell' ascoltazione. 2? E per reputare assurda la terapia sintomatica. Non é mio animo screditare un bel trovato della medicina moderna, dovuto al genio di Laenec e all' industria de suoi illustri compatriota- essa ha prestato dei servigi importanti al diagnostico delle malattie toraciche, e ne può prestare ancora. Piutosto credo 422 PPJNc'lPJ DELLA die giovi esaminare con animo spassionato il valor vero di quefl- to mezzo diagnostico, e limitarne forse le lodi (come si é fatto della statistica^ dell' anatomia patologica, della microscopia, e della chimica organica, che pur troppo non diedero risultati prò* porzionati alle enormi fatiche che costarono) sia perché ricor- dando l'aureo detto di Bacone opinio copiai causa inopia?, non tras* curiamo il molto che manca per la diagnosi delle malattie to- raciche confidati iuvano sull' assoluto e straordinario valore dell ascoltazione; sia perché ricordando i principj i più certi della filo- sofia e dell' esperienza modica, e il valore reale degli altri criterj diagnostici non diamo all' ascoltazione ed alla diagnosi fisica più importanza di quella che ha realmente, e finalmente riconosciamo con Hufeland che "questi segni [i rumori cho ci fornisce la per- cussione e la ascoltazione] non sono che ausiliari, perché di nul- "ia servono se gli altri sintomi noR gli correggono *o 'conferma- "no opportunamente." A giustificare i miei dubj sia! valor pratico dell' ascoltazione io non invocherò l'autorità di Hufeland, e di Tommasini, e di altri che l'accolsero freddamente, o por l'antipatia istintiva che ha k medicina vitalista per ciò che può mecanizzare la patologia e hi diagnosi, o per la stima dei cosi dotti segni razionali e vitali fon- data sulla ragion patologica e stili' esperienza. Io invocherò le riflessioni che emergono dai su esposti principi di nosografia ra- zionale. I segni che fornisce l'ascoltazione non sono patogenici e causali, ma solo nosologici e formali, quindi fanno conoscere una parte del morbo non tutto il morbo, e perciò la sede e certi effet- ti delle malattie toraciche, non la causa prossima, vera delle me- desime. Infatti l'ascoltazione fa co-osccre che'fra le pleuie v' é un liquido, ma se questo sia piutosto siero o sangue o pus non si riconosce dall' ascoltazione ma dalla patosintesi di tutti gii altri dati diagnostici, cioè dalla natura e dal corso della malattia o preceduta o sussistente, dalla tosse, dalla febbre ecc. E supposto anche [cièche non può nemmeno supporsi] che per la sola ascol- tazione si arrivasse a stabilire: vi è sangue o pus o siero: ciò è tutt' altro che vera e completa diagnosi. Perché é diagnosi di un prodotto del morbo, e resta ancora a sapere se questa raccol- ta di siero é l'effetto di una pleurite acuta o cronica, di un vizio organico ai vasi, di consenso ecc. se la vomica é connessa a una plurite semplice, o ad una tuberculosi, o é critica, o metastatica; se Pemoraggia è da angioidesi, o da scorbuto,o vizio organico dei va- si, o da pleurisia;tutte cose che la patosintesi può manifestare, non mai la sola ascoItazione.Questa farà conoscere che nianca la respi- razione in una parte del poln.one più omeno esteso per una stasi NOSOGRAFIA RAZIONALE 423 formidabile.però non può far conoscere se la causa dì questa stasi é vitale ancora e sanabile, o se é uno strozzamento ed epatiz- zazione mortale. Ed ho presente il caso di una vasta bronchite in cui esimj ascoltatori presagivano la morte sicura per l'avvenuta epatizzazione, e in cui pure un vasto vescicante sciogliendo Pin- mensa stasi diede vita all' infermo, e una smentita all' ascoltazione ossia ai suoi giudizi patogenici. Il Dr. Dance cosi riassume i vantaggi dell' ascoltazione 1° fa conoscere se i disordini della respirazione sono o no essenziali agli organi toracici, se dipendono da una lesione propria di questi organi o da una alterazione simpatica. 2° Serve per verificare con esattezza la lesione dei suddetti organi anche quando non sono alterate le loro funzioni. 3° Indica con precisione la sede, il cor- so, l'intensità del morbo. 4P Finalmente insegna a conoscer morbi che senza il suo aiuto sarebbero rimasti affatto occulti. La prima tesi la credo assai avventurata, e lo dimostrerò con uno o due osempj. So bene che la scuola anatomica nega la pleurite biliosa, e crede distrurre un fatto nosografico e salvar la sua teoria con parlare di complicazione; però mi basta che sia ammessa da Sthol, da Tissot, daBorsieri, da Guidetti, da Prichter, da Hufeland, e di averla provata in me stesso,Ebbene essa é una malattia consensuale, e la ascoltazione non può trovarla differente di una bronchite idio- patica, perché entrambe hanno per carattere una secrezione bron- chiale. I clinici sanno che la palpitazione, ed altri disordini car- diaci possono essere consensuali di verminazione, come di affe- zioni isteriche e nervose: pure l'ascoltazione avverte gli stessi ru- mori come nei morbi idiopatici; ed io non dimentico un caso di pah- pitazione cardiaca con suono di soffietto giudicata da acuti ascol- tatori prodotta da affezione flogistica ed anche organica, che pu- re era" d'indole nervosa, prodotta da cause morali, e fu guarita presto e bene da rimedj nervini, lo non nego il 2° vantaggio, pe- rò lo credo alquanto esagerato, perché infatti se è vero che l'as- coltazione scopre già i guasti di un processo tuberculare anche quando non é alterata la funzion del polmone; é vero altresì che^ la diatesi tuberculosa si riconosce dall' insieme di tutti i dati dia- gnostici, forse anche prima che l'orecchio scopra certe minime dif- ferenze della respirazione. Il & vantaggio non lo credo costante per le ragioni addotte di sopra, e se è vero che l'ascoltazione sco- pre la sede del morbo, non sempre ne scopre la causa né la natu- ra E ho molto presente il fatto di un' apostema epatico sortito pel polmone destro [e che sanò perfettissimamente] in cui il giudi- zio ascoltatorio de miei colleghi dava per cpatizzato affatto il pol- mone istesso. Non nego il 4° vantaggio che anzi mi pare il solo 424 PRINCIPJ DELLA vero e veramente ammirabile, sebbene forse non tanto frequen- te. Ed egli ben vale la pena di coltivare questo nuovo trovato diagnostico. I limiti di quest' opera non mi permettono dare un condegno sviluppo a queste idee che forse non saranno perdute pei medi- ci pensatori. Essi ben sanno che lo studio dell' ascoltazione ha due parti. 1? La teoria o la pratica dei suoni toracici. 2° La validità diagnostica, o lo relazioni semeiottiche dei mede- simi. Che rispotto alla V egli ha fatto discernere e scoprire un' infinità di suoni differenti ignoti prima di Laencc e dei moder- ni; che rispetto alla 2'* trovò certo relazioni utili a una semi-dia- gnosi, a una diagnosi fisica, non ad una diagnosi pratica com- pleta, trovò incertezza e fallacia in molti casi, e sempre relativa cioè valida unita ad altri segni, non mai assoluta cioè valida per se sola rinvenne l'efficacia semeiotica delP ascoltazione. Il tempo che mostrò in altre cose la vanità del ragionamento fisico in me- dicina, deciderà se questi miei dubj son giusti, e se piò. promet- te alla scienza e all' arto la diagnosi fisica, o la pratica e la pa- togenica delle malattie. Veniamo ora al 2° Corollario. Perché disprezziamo l'empi- rico che coi torpenti vuol sopire il dolore, cogli stitici vuol sopri- mere una diarrea, un'emoraggia, Un profluvio qualunque? che co- gli antispasmodici vuol calmare una convulsione, coi tonici vu- ol curare una dispepsia, cogli antifebrili vuol curare una febbre? Perché disprezziamo il ciarlatanismo quando propone specifici contro la dissenteria, contro l'asma, contro l'epilessia, contro la dispepsia? Perché vediamo smentiti dalla pratica i tentativi dei medici sistematici, e i miracoli dei ciarlatani?—Il medico sinto- matico e lo spacciatore di specifici che rappresentano la pratica spogliata di filosofia, la pratica nell' infanzia o che comincia, non la pratica adulta e completa, la nosologia dei nomi e delle appa- renze che vuol tener luogo della nosologia diagnostica e delle realtà cliniche, hanno stranamente confuso % sintomi nosologici coi sintomi patogenici; ma per disgrazia loro o piutosto. per quella dell' umanità gli specifici proposti dagli uni e dagli altri non hanno relazione coi sintomi generici ma coi sìntomi patogenici; d'onde i frequenti disinganni, i pericoli, i non successi della me- dicina sintomatica, anche i successi però ciechi e f irtuiti e non razionali del ciarlatanismo: d'onde il dovere preciso della leg- ge di prevenire i tentativi ciechi dell' empirisimo, come é dovere della scienza dì giustificare la legge, e prevenire gli errori e le in- debite applicazioni della terapia sintomatica. NOSOGRAFIA RAZIONALE 425 § 150. Criterio diagnostico che forniscono le cause remote-Pro- blemi die questo tema presenta al nostro esame. Dimostrato eli e i sintomi sono un criterio diagnostico di su- prema importanza, e a quali condizioni lo sono, eccomi condotto a un' eguale dimostrazione rispetto alle cause remote: perché la storia di una malattia comincia dai sintomi per 1 'infermo che la soffre, pel clinico clic la riconosce, e pel nosografo che la des- crive; ma rispetto alla malattia stessa comincia essa dalle causo remote senza delle quali non avrebbe potu'o né prepararsi, né na- scere, né svilupparsi. Ora essendo verità apoditiche insieme e spe- rimentali che nelP economia vivente come in tutta la storia na- turale non vi é effetto senza cagiono, anzi senza un concorso di cagioni, e che gli effetti sono proporzionati alla natura delle ca- gioni; che uou esistono malattie spontanee, ma tutte hanno origi- ne da cagioni pregresso; che la sede, la qualità, il grado delle ma- lattie sono relativi all' azione, natura, intensità dello potenze no- cive; che come le malattie stesse sono deviazioni dall' ordine fi- siologico, le cause no ive che le producono sono tutte le circos- tanze che violano le relative leggi nella, vita nelle parti che offen- dono; che le cause morbose sono un' elemento neccessario una parte essenziale del fatto clinico, se sono condizioni neccessario a produrlo: si vede subito l'importanza inmensa delle cause re- mote in medicina come criterio diagnostico al clinico chiamato a far la diagnosi pratica, o al nosografo che fa storia delle malat- tie, come criterio patogenico al patologo chiamato a indagarne e determinarne la genesi, la formazione, e l'intima natura (1). Pure una parte cosi gravo della scienza é avvolta di molte te- nebre, di molti dubj, di molti problemi, di molte controversie. E quindi incumbe alla filosofia medica esaminare. 1- Che cosa so- no le cause remote? 2'- Su quali principj è fondato il valore dia- gnostico delle cause remote: od esiste egli un rapporto sperimen- tale e razionale fra le cause remote e le prossime? 3° E se esiste, e so ciò dà alle cause remote un' importanza reale per la diagno- si e per la patogenia, d'onde avviene che non l'hanno posto in chiaro né a profitto, né la patologia generale, né la nosografia? 4" E se esistei, per che ragione in mano di Brown, de suoi rifor- matori, e di Puccinotti non furono un criterio sicuro né per la dia- gnosi, né per la patogenia? 5° A quali condizioni le cause remote sono un buon criterio diagnostico e patogenico? [1] Questa importantissima dimostrazione avrà luogo nell.® voi. in cui di- mostreró che lo studio delle cause remote é la ìm-jc della patogenia induttiva e te- rapia razionale. 54 426 PRINCIPJ DELLA § 151. Dottrina etiologica delle scuole-cawse prossime, occasio- nali, predisponenti—Rigettate alcune idee di Bufalini e di Cho mei-ver a idea delle cause remote — Altrove esposi la dottrina etiologica delle scuole sia col pro- posito di fissar la teoria delle cairie prossime, sia con quello di mostrarla vanità dell' etiologia generale. Gioverà riassumerla a questo luogo per mostrare ciò che é, e ciò che deve essere la dot- trina delle cause remote. Gaubio e i suoi seguaci riguardarono causo delle malattie tutte le circostanze dalle quali dipende l'in- sorgere della malattia; e ne sono talmente le condizioni essenziali che senza di lóro la malattia non avrebbe luogo. Vediamo in qual modo il ragionamento e l'osservazione servissero loro di guida, e in qual modo poi questa bella dottrina rimanesse guasta e con- fusa. Essi riferirono le forme morbose, e i fenomeni visibili del- le malattie a certe condizioni patologiche interne che avendo con essi i rapporti di causa e di effetto con ragione chiamarono cause prossime- Ma poiché queste cause prossime sono la malattia stessa le fecero subbietto della nosologia, e le staccarono dalla etiologia. Pure mentre separavano lo studio delle cause prossime da quello delle cause remote, la nosologia dall' etiologia, ammettevano e confessavano un rapporto sperimentale fra le cause remote e le prossime! In fatti essi riguardavano la flogosi articolare come la causa prossima della forma morbosa reumatismo, e il freddo cau- sa remota del reumatismo, perché fu questa potenza nociva che produsse la flogosi reumatica sebbene essa stessa scomparve. Cosi era giusto riguardare il freddo causa del reumatismo, per- ché senza di essa la malattia non sarebbe insorta, e causa remota perché come causa inmediata già più non esiste, e la vera cau- sa prossima èia flogosi articolare. Ma qui non si fermò il loro concetto di cause remote. Essi considerarono che un' esterna po- tenza nociva esige il concorso di certa attitudine dell'organismo a risentirne la malefica azione, senza di che la malattia non si sviluppa, e la causa nociva non è nociva. Gli esempi pratici sono molti ed evidenti: di molte persone esposte allo stesso freddo, allo stesso contagio del vaiuolo o di peste, e nelle identiche cir- costanze, alcuni cadono infermi, ed altri non se ne risentono affat- to. Considerarono adunque che molte circostanze affatto fisiologi- che come sono il temperamento, l'età, il sesso, l'abitudine, i mor- bi pregressi, il clima, atteggiano l'organismo a malattie partico- lari, cioè atteggiano l'organismo a risentirsi di certe cause remo- te particolari con l'inevitabile sviluppo di queste malattie spe- ciali. Considerarono che queste circostanze fisiologiche sono in se NOSOGRAFIA RAZIONALE 427 stesse innocenti e inoffensive anche per tutta la vita, senza il so- pragiungere delle esterne cause remote (freddo, intemperanza, con- tagbccc.) e che diventano cause di morbi, e di morbi speciali, in quanto sono poste a cimento di queste che chiamarono cause oc- casionali. Riguardarono adunque cause remote delle malattie tanto le situazioni fisiologiche che predispongono a sentire e a ri- cever male certe potenze occasionali, come queste stesse poten- ze o cause eventuali. Per disgrazia adunque chiamarono cause mor- bose e remote le situazioni fisiologiche che sono solamente condi- zioni al nocumento o all' azione nociva delle vere cause remote. Ora vedremo quale confusione ne nascesse in patologia. L'idea di Gaubio "predisponcns dicitnr conditio qucevis cor- "pori iucerens, qua illud aprimi est, nata occasione morbum sus- "cipere" con il qucevis era tanto vaga che lasciava aperto il cam- mino a due principi patologici differenti; perché alcuni conside- ravano le situazioni fisiologiche predisponenti a morbi speciali, condizioni affatto normali e non prodotte da veruna influenza morbosa eventuale, qual' è l'attitudine originaria di contrarre la tisi o la scrofula, quella di contrarre il vaiuolo o la peste, ecc. Altri poi considerarono queste od alcune altre predisposizioni come qualche cosa di morbo latente preparato da influenze mor- bose esterne operanti a poco a poco, cui finalmente fanno riboc- care in aperta malattia certe altre cause occasionali. Di qui si deriva dunque una gran confusione nella doti lina delle cause oc- casionali e predisponenti, perché sono riguardate come predispo- nenti quasi tutte le occasionali quando operando di un modo len- to sull' organismo, lo predispongono (cosi vien detto) ad una malattia speciale. E già il Bufalini censurò la distinzione delle cause morbifere in predisponenti ed occasionali, perché le stesse cause occasionali dell' idroemia p. e. della tisi ecc. sono ezian- dio predisponenti. Io credo per altro che questa distinzione de- vo ammettersi fondato su queste due riflessioni. 1" Che quelle condizioni occulte a cui più tardi succede tutto l'apparato dell' idroemia, della tisi, della scrofula, non sono condizioni fisiologi- che ma morbose, v' é una salute apparente non reale: è 1 adotta fisiologica della vita contro certe cause morbose [L.l_§ 54].2° Che le cause dette predisponenti dell' idroemia e della tisi sono real- mente occasionali benché il loro modo di agire lento e graduato e non violento come una ferita, un veleno, un freddo improvviso. Io chiamerò causa predisponente alla tisi il tipo organico che uno riceve dalla nascita o che si formò con cattiva educazione fisica, non le qualità del vitto o dell' aria insufficienti alle assimilazwm ; perché il fortemente disposto vi precipita anche in quasi buone 428 PRINCIPJ DELLA condizioni igieniche e viceversa. Io chiamo causa predisponente al vaiuolo e alla peste quella disposizione occulta che non impor- ta alcun grado di malattia, alcuno stato d'imperfezione fisiolo- gica; e che si cancella dalla malattia stessa. Oltre a questa confusione dello caino predisponenti ed occasio- nali Petiologia generale offre un' altro punto controverso perché mentre gli antichi riguardavano la predisposizione come condi- zione al nocumento delle esterne potenze, il Bufalini lo niega af- fermando che vi sono potenze nocive p. e. lo azioni chimiche, ve- nefiche, mecaniche, cho offendono a tutti i viventi. Pure mi pare che non può dirsi che ciò accada senza un attitudine a risentirsi di queste azioni malefiche, ma piutosto che questa attitudine é generale quando per altre influenze [p. e. i contagi, Pintempcran- za, l'intemperie ecc] é speciale a certe situazioni organiche. E come se non bastasse la confu.rionc nella teoria delle cause predisponenti, i moderni guastarono pur quella delle occasionali perché gli antichi chiamarono efficienti, occasionali, determinanti tutte le circostanze eventuali esterne atte ad eccitare il morbo se poste a cimento con una predisposizione speciale a risentirse- ne, sia questa generale come pei veleni e le lesioni mecaniche e chimiche, sia speciale come per le altre cause nocive. La conse- guenza rigorosa e feconda di questo principio era ''che il modo di essere dell' organismo dà alle esterne potenze la relativa efficacia, o salutare, o morbosa, o terapeutica. Pure i moderni si separarono da queste idee, o dall' ammettere nelle potenze occasionali un' attività condizionata o relativa allo situazioni organiche. Ed in- fatti Chomel distinze le cause determinanti comuni e specifiche dalle occasionali, dichiarando che le determinanti producono sempre una stessa malattia [come se i contagi p. e. non fossero potenze eventuali]; e che lo occasionali sono quelle "che provo- cano l'apparizione dei morlii senza determinarne la natura e la "sede, e che non agiscono che col concoi>o della predisposizio- "ne [1]." Idea che distruggo affatto come si vede il valore dia- gnostico e patogenico dello cause "remote, e perfino la stessa etio- logia perché una causa morbosa cho non determina né la natu- ra né la sede dei morbi non é causa morbosa. Coerente io alle migliori idee degli antichi patologi, e alla mia dottrina de rapporti organici definisco le cause remote tutte quelle circostanze che violando le relative leggi della vita producono lo stato morboso.Segnalo adunque come cause remote le solo potenze occa- sionali, operino in modo lento e insidioso come nel caso dell' idro- [1] Chomel op. e. ar. 3.c NOSOGRAFIA RAZIONALE 429 ernia, della scrofula. e della tisi; o in modo violento ed aperto co- me negli altri casi; siano nocive i tutti i viventi come le azioni chimiche mecaniche e venefiche, o siano nocive ad alcuni soltanto 1 più predisposti a sentirle come i contagi, l'intemperanza, il freddo ecc. Ciò non vuol dire ch'io riguardi meno le predisposi- zioni fisiologiche come condizione sine qua non tanto dell''appari- re d'ogni.stato morboso quanto dell' azione nociva delle cause. Però le situazioni fisiologiche, ossia le relative leggi della vita non sono cause di malattia, ma solamente condizioni all' azione nociva delle potenze che violano le dette leggi della vita. Dun- que le sole potenze occasionali sono lo vere cause remote dei mor- dile sole responsabili degli effetti morbosi, e lo sono iu quanto offendono e violano le relative leggi della vita: quindi le situa- zioni fisiologiche benché predispongano a varj morbi, sono per se inoffensivo laddove le cause occasionali o remote sono sempre nocive quando violano le relative leggi della vita. § 102 II valore diagnostico e patogenico delle cause remote é fondato su due principi—V- Non esistono malattie spon- tanee—2" Esiste un rapporto logico e sperimentale fra le cause remote e le prossime. Il valore diagnostico e patogenico delle cause remote é fon- dato su due principj apoditici insieme e sperimentali ammessi generalmente sebbene non illustrati abbastanza—non vi sono malattie spontanee —fra le cause remote e le prossime vi é un rapporto empirico, neccessario, razionale. L'idea di malattia spon- tanea venne senza dubbio tanto dalla ignoranza delle cause re- mote come dalla difficoltà di investigarle e determinarle. Il più volgare buon senso ci persuade che fino a tanto che le molteplici e relative leggi della vita sono osservate, non vi é malattia; e che questa apparisce al violarsi di quelle; laonde se vi è malattia siamo sicuri che hanno preceduto violazioni delle leggi fisiologi- che, anche quando non le abbiamo vi&te né toccate, e ignoriamo il preciso modo con cui hanno sconcertato il nostro organismo. Se conoscessimo il preciso modo di essere e di sentire di certi in- dividui, e il preciso modo di agire e di nuocere di certi agen- ti morbosi, troveressimo naturale la genesi di certe malattie, co- me la tisi,la rachitide, il broccocele,il cancro ecc, che a taluni par- vero spontanee. Penso io dunque che ammettere la idea delle malattie spontanee non solo sarebbe erroneo ma fatale al prò- o-resso della scienza patogenica, perché dispenserebbe dallo stu- diare l'origine, la formazione, e le cause di malattie oscure, e per- ciò credute spontanee, mentre in queste appunto dobbiamo rad- 430 PRINCIPJ DELLA doppiare di sforzi per rintracciarle. Quindi é che come il disprez- zo della genesi spontanea aperse il cammino alle scoperte micros- copiche della fisiologia, cosi il disprezzo della genesi spontanea delle malattie rischiarerà forse Petiologia e la patogenia dei mor- bi i più oscuri e misteriosi. Ciò posto, é inevitabile un' altro principio: che fra le cause re- mote e le prossime vi è un rapporto empirico neccessario e ra- zionale. Perché ragione un freddo cutaneo é causa remota del reumatismo e non della febbre tifoide? Perché una ferita a par- ti tendinee é causa remota di un tetano e non di uno scorbuto? Perché uno spavento un colpo di colera sconcerta il fegato, il cuo- re, l'utero cagionando congestioni flogistiche, e non produco altri morbi come é lo scorbuto e il reumatismo? E per la ragiono semplicissima che le suddette cause remote in tanto furono valevo- li ad eccitare o il reumatismo, od il tetano, o l'epatite, o la metri- te in quanto lasciarono nelle parti predisposte a risentirsene, quell' impressione morbosa, quell' alterazione, quello sconcerto permanente a cui si lega in un caso la flogosi reumatica, in altra la forma tetanica, in altra la flemmassia epatica, indipendente- mente già dalle cause nocive [e perciò remote] che l'eccitarono. Le membrane articolari si risentirono adunque a preferenza del freddo (altrimenti il freddo non sarebbe stato nocivo), e subirono una speciale alterazione cui rappresentò poscia la flogosi meni- branosa: dunque fra il freddo e il reumatismo v' é un rapporto sperimentalo. Parti muscolari, o cellulo-adipose, od ossee, o cuta- nee avrebbero reagito ad una lesione violenta con una flogosi pro- porzionata alla violenza ed cstenzione di quella; parti tendinee o nervose reagiscono invece ad una ferita o puntura sovente leg- gera con tremende e mortali convulsioni tetaniche. Dunque l'a- gire delle cause remote deve riferirsi al subbiettivo modo di esse- re dell' organismo, e perciò di sentirlo e di risentirsene. Dunque fra le cause remote e le prossime v' è un rapporto neccessario logico e sperimentalo. Cosi finalmente se un patema d'animo pro- dusse la epatite o la metrite e non la spinite; se uno sforzo ve- nereo produsse invece la spinite, se la causa del reumatismo non produsse né lo scorbuto né la tisi, vuol dire che certi organi si risentirono di certe cause relativamente nocive, e vi reagirono in proporzione della natura e del grado della ricevuta violenza. Dunque fra le cause remoto e le prossime v' é un rapporto nec- cessario fundato sulla ragione e sulP osservazione. NOSOGRAFIA RAZIONALE 4SI § 153 Se esiste un rapporto sperimentale fra le cause remote eie prossime, d'onde avviene che nonne trasse alcun profitto né la Patologia generale né la Nosografia? Dallo cose dette emerge un corollario sicuro insieme e fecondo: Se esiste un rapporto sperimentale fra le cause remote e le prossime, questo rapporto ci serve d'i guida e di filo semeiottico per la dia- gnosi pratica delle malattie, e di filo e (guida patogenica per inves- tigarne la genesi, laformasione, il mecanismo intimo, e la natura. Ed era sicuramente un dovere grande tanto della patologia filo- sofica come della scienza nosografica discutere e verificare la va- lidità pratica di questo criterio, come altresì farne un' uso op- portuno nel formare la storia di tutti tipi clinici. Pure né l'ima né Paltva no cavarono il profitto che potevano e dovevano trar- ne, come dimostrerò in breve e rapidamente, indicando altresì le ragioni perché ne derivasse questa o dimenticanza o lacuna in materia di tanto momento. La patologia generale si occupò delle cause remote con un pro- posito ben diverso da quello di determinarne il valoro^ diagnos- tico e patogenico nei singoli morbi o nei singoli gruppi nosolo- gici; ocheélo stesso determinarne il rapporto empirico colle cause prossime. Noi fece e non potoa farlo, e non potea conse- guir mai questo bel risultato, come dimostrai estesamente al § 85. Quello che ha fatto consiste o nel classificare le cause remoto prendendo quasi sempre per guida le opere d' Igiene, o nel voler fissar il modo d'agire delle cause occasionali. Ora se è vero che ciascuna delle potenze nocive (e ciò risulta dalle sttesse opere d' Igiene e di Patologia generale) classificate nelle circumfusa, ap- plicata, ingesta, escreta, gesta, pcrcepta, sogliono e possono ca- gionare morbi essenzialmente diversi secondo le disposizioni che incontrano, e il modo loro di agire; egli é più chiaro che il sole che questa maniera di classificar le cause non ha alcun vantaggio perla nosografia e per la patogenia appunto perché contempla le cause remote in astratto e non in relazione alle circostanze nel- le quali operarono effetti determinati, cioè appunto perché non cerca né trova il rapporto empirico fra le cause remote e le pros- sime. Molto più censurabile fu l'altro proposito delle scuole, di voler determinare il modo di agire delle potenze nocive prenden- do per guida le sole idee fìsiogeniche, non i fatti clinici, e la bio- logia paralele e riunite. Egli é seguitando questo falso metodo che Brown e i suoi seguaci fissarono a priori il modo d agire delle potenze remote, e fecero una chimerica divisione delle cause re- mote, delle malattie, e dei rimedj. E lo stesso Bufalini che inspi- 432 PRINCIPJ DELLA rato dalle sue idee fisio-geniche classò le potenze nocive nelle in- fluenze mecaniche, fisiche, chimiche dell' atmosfera, azioni proprie dell' organismo ecc. fece la stessa confusione di cose ed azioni dis- simili, che dissocia gli elementi della nosografia, e della patoge- nia. E chi può provare che il calore ed il freddo operano sul cor- po vivente come influenzo fisiche? E che giova ammettere ques- ta idea fìsiogenica quando è provato dall' esperienza che il calore ed il freddo cagionano in circostanze diverse della vita, e nei varj modi di loro applicazione morbi essenzialmente diversi? Il solo Puccinotti senti l'importanza del prendere le cause remote per guida di trovare la natura della causa prossima. Errò non v' è dubbio (come dimostrerò in breve) quest' eminente patologo nel modo di studiare e cercare questo rapporto: però ciò non toglie ch'io dica che il suo punto di partenza fu buono, e il suo scopo som- mamente lodevole. Forse egli emancipato, come io sono, dalle dot- trine chìmiste e dinamiche del suo tempo, avrebbe scoperto il vero rapporto fra le cause remote e le prossime perdio avrebbe esco- gitato e scoperto la vera dottrina dei rapporti organici (1). Nelle opere di nosografia é dove più dovrebbe risplendere il valore diagnostico delle causo remote, perché in queste non si disputa di che modo agirono le potenze morbose, ma si espone freddamente col solo testimonio dell' esperienza, quali cause so- gliono precedere costantemente certi effetti morbosi o certi tipi cli- nici. Pure o che l'indagine delle cause remote sia più difficile che quella degli altri dati diagnostici, o che essendosi confuse in una forma generica varie malattie diverse, molte e diverse son poi le potenze nocive che alle stesse corrispondono, o che molte cause in apparenza diverse, noi sono poi nel modo d'agire sulP economia vivente [cioè diverse, pel cieco empirismo, identiche per la filosofica patogenia] il fatto é che vi esiste una gran confu- sione e incertezza; che ad ogni malattia vengono assegnato mol- te cause differenti, che nella pratica si é incerti sulla realtà ed efficacia di molte cause remote, e s'ignora poi il preciso modo con cui produssero il morbo, e le circostanze che ne favorirono l'azione. Ciò dimostrerò pienaineute nella critica nosografica: qui mi siano solamente permesse queste riflessioni: 1" Che se l'os- servazione clinica non cercò sempre le cause remote, avvenne pel poco' pregio in che furono considerate dalla patologia genera- (1) Si leggano Le principali opere di patologia generale, Chomel, Hartmann, Gintrac, Bufalini, Bouchut ecc. e si vedrà riguardate le cause remote come il cri- terio il più dtibbio e insignificante per la diagnosi La sola eccezione la troviamo nel medico filosofò'della Svizzera Zimmermann che quasi le fa sinonimo [pel medico eli genio] dellecau»e pissime,— NOSOGRAFIA RAZIONALE 433 le. 2" Se non sempre le osservò o le studiò in relazione alle dif- ferenze vere e diagnostiche delle malattie, e ne fece un vano catalogo nei morbi a dubbia" diagnosi, ciò avvenne per mancan- za della filosofia dei fatti che sola può fondare tanto la nosogra- fia come la nosologia. 39 Che come Pignorare le vere cause re- mote dei tipi clinici ci toglie un dato diagnostico, e perciò una base della nosografia, quindi influisce male sulla nosologia e sulla patogenia; cosi se fia che studiali io bene i fatti che possediamo, possiamo fondare una nosologia diagnostica e una patogenia in- duttiva dei morbi i più studiati queste influiranno forse a cono- scere l'ecologia e la patogenia dei' morbi o dubj od oscuri, e de- cifrare dal caos nosografico le vere cause remote che corrispon- dono ai veri tipi clinici. § 154. Perché la dottrina etiologica delle scuole che ' pure stabi- lisce la relatività delle cause remote, é insufficiente. L'antica dottrina delle cause remote ha una significazione in- mensa in patologia perché prova che le esterne potenze non hanno un' efficacia assoluta ma condizionale e relativa, non P hanno in se stesse ma la ricevono dall' economia vivente, perché dipendo dal rapporto in cui stanno con essa o di agenti alìini o disaffini, in armonia o disarmonia colle leggi organiche, perché ne risulti- no piutosto i fenomeni della salute che quelli della vita morbosa. Principio fecondo perché applicabile tanto agli agenti salutari che ai morbosi che ai terapeutici, dissimulato o negato tanto da Brown e dai dinamisti moderni come dai chimici, e che fa la più grave eccezione alle azioni dinamiche stimolanti e deprimenti as- solute degli uni, e alle azioni fisico, chimico, mecanico-vitali as- solute pure degli altri; base ed essenza tuttavia dei due sistemi ad onta della reazione organica degli uni, e del processo nosoge- nico dei secondi. Eppure questa dottrina etiologica sebbene sta- bilisse il gran principio della relatività non sorti dai limiti di un fatto mal' osservato, fu il principio di una dottrina ma non tutta una dottrina; e non é strano pertanto che non abbia impedito il sorgere del dinamismo e del chimismo, le dottrine delle azioni as- solute o salutari o nocive o terapeutiche. Nessun patologo antico o moderno ha dato finora una ragione fisiologica de! perché sia neccessario il concorso delle cause occasionali e delle predispo- nenti allo sviluppo della malattia, né ha dimostrato in che con- sistano queste predisposizioni o condizioni fisiologiche individua- li; e perché certi agenti siano sempre nocivi, ed altri lo siano a certe speciali situazioni organiche, perché nocciano diversamente nelle varie circostanze delia vita, e nei varj modi di loro appli- 434 PRINCIPJ DELLA caz;onc; quali leggi della vita rappresentano queste circostanze e queste differenze, e perché vi corrispondo uno piutosto che altro processo della vita morbosa. La dottrina etiologica delle scuole é rimasta incompleta ne suoi principj e infeconda né suoi risultati "porcile ammise la relativi- sta delle potenze nocive occasionali o remote rispetto alle situa- "zioni organiche o predisposizioni, non rispetto alle leggi fìsiolo- "gicho che son quelle di rapporto vitale" Ecco perché la dottri- ne delle scuole sulle cause morbose non basta ai bisogni della scienza e dell' arte; perché ammettendo soltanto che le esterne potenze sono cause occasionali di malattia quando sono poste a cimento con organismi predisposti a risentirsene', e che queste predisposizioni intrinsecamente ignote non sono altra cosa che le speciali maniero di esistere, o le differenze organiche derivanti 'dal temperamento, e à, sesso, abitudine ecc. ammesso ciò soltan- to, dico, si comprende quali sono in generalo le condizioni all' effettuazione delia malattia ;e perché un' individuo sirisenta di una causa nociva che è indifferente agli altri. Però non si comprende perché data questa coincidenza di certa, predisporizionc e di certe cause occasionali, ne nasca piutosto un' infiammazione che uno scorbuto, piutosto un' asfissia che un risentimento convulsivo, piutosto una febbre esantematica che un' intermittente. Non si comprende perché rispetto a certe pofenze nocive é generale e cornimela disposizione a risentirsene, corno avviene di certi con- tagi, dei veleni, e delle lesioni mecaniche, o chimiche. Non si comprende come la stessa potenza nociva (il freddo p. e.) può non soltanto produrre malattie differenti, coni' è la pleurite, il reu- matismo, un'asfissia, il tetano, una nevralgia ecc; ma produrre ef- fetti vitali essenzialmente diversi secondo il modo con cui é ap- plicato al corpo vivente, se generale o parziale, so in modo gra- duato o violento, se combinato con umidità o secco, se a corpo estuante, o no, ecc. Ora questa differenza reale di effetti morbosi prodotti dalla medesima causa esterna iu circostanze diverse del- la vita, o nei varj modi disila applicazione prova manifestamen- te che sono state violate distinte h-ggi della vita normale. Egli é dunque neccessario tanto per istudiare lo cause nocive come par- ti del fatto clinico, e come dati della diagnosi nosografica, e del- la patogenica, non solo osservare e studiare le malattie in rela- zione alle esterne cause pregresso, e l'azione di queste cause pre- gresse in relazione a tutte lo circostanze che possono influire a diversificarne gli cftetti: ma è d'uopo altresì determinare iu mo- do fisiologico e razionale iu quali leggi della vita normale si ri- solvono queste circostanze che tanto influiscono sulla formazione / NOSOGRAFIA RAZIONALE 435 e natura dello malattie. Non basta il dire per lo scopo della dia- gnosi clinica die certe potenze occasionali abbisognarono per riu- scire nocive,di trovarsi a cimento con predisposizioni individuali,ma e d uopo segnalare le circostanze che influirono a produrre effet- ti speciali o processi morbosi distinti; uopo è applicare allo stu- dio pratico delie causo remote tutto il rigore della sintesi empi- rica. Por la patogenia o teoria delle singole malattie non bas- ta questa patosintesi etiologica, perché la sintesi empirica è una base della induzione patogenica, ma non tutta la base, né la stes- sa indurimi patogenica, perché esige il concorso di dati più este- si, perché é una sintesi razionale, perché il suo scopo é riposto nel trovare a quali leggi fisiologiche corrispondono le circostan- ze suddette, se da esse, cioè dal violare speciali leggi della vita si derivano speciali malattie. Li patosintesi è dunque Ja chiave della nosogralia, perché atta a firmare i tipi clinici o fatti com- pleti, e fissare le relazioni empiriche delle cause remote e le pros- sime. La sintesi razionalo poi o la presente dottriua dei rapporti organici sarà la chiavo della patogenia, perché atta a interpretar questi fatti, e le relazioni etiologiche osservate, facendo concor- rere i fatti e i principj delle due scienze. § 155 Se dalla natura e qualità delle esterne potenze si può argomentare la natura delle malattie, o se fra le cause remote e le prossime esiste il rapporto escogitato da Brown e da suoi seguaci. Esiste non v' ha dubbio fra lo cause remote e lo prossime un rapporto, ma non quello escogitato da Brown. il quale ammise nelle esterne potenze una maniera di agire assoluta, uniforme, in- mutabile o stimolante o deprimente, perché ammise altresì pas- siva e mottrìce l'eccitabilità che ad essi reagisce, o perchè studiò queste potenze esterne in relazione con una eccitabilità passi- va, non con una attività conservatrice del sisteina vitale che ris- ponde loro normalmente o morbosamente, secondo che sono o no in armonia con essa, o colle leggi di rapporto organico condizioni della sua esistenza normale. I patologi conoscono le le conseguenze fatali di questa dottrina; perché i Browniani dal- l' aziono soltanto delle potenze nocive previamente supposta o stimolante o deprimente argomentavano la natura corrisponden- te della diatesi, senza far alcun caso dei sintomi, e stranamente poi riguardando curabile cogli stimoli quella debolezza che il Tommasini chiamò fisiologica, con pretesto d'indiretta la trova- vano in tutte quasi le malattie, con quale strazio della medicina classica e della umanità lo sa il mondo. Ma l'esperienza clinica 436 PRINCÌP.I DELLA diede una solenne mentita a questa pretesa fisiogenica; e ben tos- to all' uno ed inmutabile stimolare delle ^esterne potenze venne opposto il fatto delle potenze irritanti, e quello dei controstimoli positivi, e sopratutto il fatto della reazione organica e dei pro- cessi diatesici indipendenti superstiti del Tommasini. Il quale primo si oppose a questa dottrina di Brown che considera la na- tura delle malattie dipendenti e del colore medesimo delle cau- se remote, e colla dottrina della reazione organica e dei processi diatesici distrusse il concetto della debolezza indiretta, e mostrò il pericolo delia patogenia e terapeutica Browniana. Perché mos- trò poter nascere una reazione infiammatoria e febbrile o per vio- lenza esercitata da potenze irritanti, o per violenta ed eccessiva privazione degli stimoli fisiologici, come per eccesso de medesi- mi, e avvenuta poi questa diatesi che chiamò di stimolo, mostrò poter esistere e durare per forza propria, emancipata e indipen- dente dalle cause remote che l'eccitarono. Sventura che il mio gran maestro affascinato dalla dottrina di Brown accordasse sem- pre alle esterne potenze un' assoluta e invariabile attività o sti- molante o deprimente, e sempre le studiasse in relazione con una vitalità motrice e passiva, sebbene il fatto dell' irritazione, del controsti molo, e della reazione organica guidasse al principio zoonomico dell' attività vitale [come mostrerò altrove] e perdes- se cosi il filo patogenico che unisce le cause remote colle prossi- me, e stabilisse un' idea poco meno che assurda, l'indipendenza dei processi diatesici dalle cause remote! Dico assurda perché ammettere processi diatesici indipendenti da certe cause, e qua- si spontanei, equivale all' ammettere in natura effetti senza cor- rispondenti cagioni; dico assurda perché se i processi diatesici so- no indipendenti dalle potenze nocive che già passarono non lo sono dalle alterazioni permanenti che ^desse lasciarono nelle con- dizioni organiche. E' vero che ritirato il coltello che feri o la spina che irritò un dito, l'infiammazione od il tetano consecutivi non dipendono più dal coltello nò dalla spina; però chi non ve- de che la lesione cagionata da entrambi, é la causa prossima del- le convulzionì tetaniche o dell' infiammazione? Chi non vede che questa alterazione prodotta dalle cause remote, é l'anello che le unisco ai processi morbosi, [che parvero indipendenti e spontanei] è il rapporto fra le remote e le prossime? A suo luogo vedremo l'irriportanza grande di questo punto patologico perché l'aver istudiato i processi diatesici e l'infiammazione, come cosa spon- tanea e astrazion fatta dalle loro cause remote è stato cagione che la teoria della flogosi o non fosse possibile o fosse erronea. Né si dica eh' io parlo contro dottrine morte e sepolte, perché se NOSOGRAFIA RAZIONALE 437 il concetto della debolezza indiretta (corollario della dottrina etiologica di Brown) già più non nuoce; nuoce per altro ancora alla patologia ed alla pratica il non aver applicato la dottrina della irritazione e della reazione organica, (ossia dell' attività vitale) alla patogenia e divisione dei morbi, alla teoria stessa del- la flogosi, ed all' interpretazione delle azioni terapeutiche, nuoce dunque .11 non conoscere né la natura dei processi che si curano né come operano le potenze a produrli, e i nostri rimedj a com- batterli, i. Mi sia permesso adunque conchiudere che i fatti medesimi dell' irritazione, controstimolo, reazione organica, tolleranza terapeu- tica, processi diatesici, processo nosogenico, opposti dalli Italia- ni alla dottrina fisiogenica di Brown, dimostrano all' evidenza che fra le cause remote e le prossime esiste bensì un rapporto ma noi quello escogitato dal Tessalo odierno. Perché è provato per essi. 1° Che gli agenti esterni non hanno un' azione assoluta inmutabile o stimolante e deprimente rispetto ad una vitalità mo- trice e passiva, ma la loro azione é relativa'e condizionale, norma- le o morbosa secondo che osservano o no le leggi di rapporto vitale; e vuol considerarsi rispetto ad un' attività autocratica e conservatrice. 2Q Che la economia, vivente non risponde già alle esterne potenze con maggiore o minor reazione, o insieme di atti fisioloo-ici, ma reagisce alle cause nocive sempre che queste vio- larono0 le leggi della vita, e in proporzione delle leggi offese, e vi reagisce con atri nuovi e diversi, intesi a diffondere o a l'istau- rare l'organismo della sofferta alterazione. 39 Che se le esterne potenze fisiologiche, morbose, terapeutiche non hanno un'efficaeia assoluta, ma la ricevono dalla situazione organica, cioè se dipen- de dal rapporto in cui stanno colle relative leggi di rapporto vi- tale le cause remote non guidano a scoprire le prossime se prese in astratto, ma bensì studiate in relazione alle circostanze nelle quali operarono, ossia alle situzioni organiche, ovvero alle leggi fisiologiche relative violate, ed alle malattie prodotte. 4° Dunqne le cause remote o in cui si contempla una qualità e natura as- soluta che non hanno, e in rapporto ad un' eccitabilità chimeri- ca non sono buone guide diagnostiche delle cause prossime, sia perché le leggi offese non son quelle dell' eccitamento, né passi- va l'economia reagente, né desse operanti come stimoli o come deprimenti, né* le condizioni patologiche prodotte sono le due troppo famose diatesi [1]. [1] Si abbiano presenti i § 12. 46. 47. 48. 49. 51. 52. 53. 55. dell.» libro. 438 PRINCIPJ DELLA § 156 Se dalla affinità fisiologica delle cause remote con certi organi o funzioni può argomentarsi la natura delle cau- se prossime come pensò il Puccinotti. L' Illustre Puccinotti cho senti quanto importi conoscere la natura e la causa prossima dello malattie, che sedotto dal pre- giudizio che ho combattuto pocanzi (144-14G) non credette nel criterio semeiottico, o nel rapporto diagnostico fra i sintomi e le cause prossime prese per guida diagnostica il criterio etiologico, ma non più studiando le cause nocivo i: relazione con una ecci- tabilità astratta e passiva, come avea fatto Brown,non con predis- posizioni speciali, come fecero lo scuole, ma con organi e fuzioni fi- siologiche Jc quali ridusse a tre sommi capi, cioè di sensazione, nutrizione, e denutrizione, il che lo condusse a classificare le idio- patie-in tre sommi generi corrispondenti al processo di sensazio- ne, nutrizione, e denutrizione. Sostenne quindi potersi conoscere la natura della causa prossima pervia d'induzioimdai rapporti che ha con essa la causa remota possibili a riconoscersi dall'af- finità fisiologica di osse con alcuna delle indicate funzioni. Ben- ché fosse ingegnosa questa idea, e pratico lo scopo, pur devo di- mostrare che questa conoscenza quasi astratta ed esclusiva dello cause remote non basta né per la diagnosi clinica né per la pato- genica delle malattie; e che il rapporto elettivo che hanno le es- terne potenze o con date funzioni o con ,dati organi ben può gui- dare [e non sempre] a conoscere la sede ma uou la natura ed il genio delle malattie, perché questo ossia la natura della reazio- ne e da' processi morbosi é legata, dipendente, o proporzionata al modo con cui operarono le potenze nocive, cioè alla natura del- le leggi e condizioni vitali che furono per esse violate. Dissi non sempre perché accade assai volte che l'impressione della causa nociva si fa in una parte, e il morbo ha luogo in altra ad essa con- senziente, cosi da freddo cutaneo deriva il reumatismo e la dissen- teria da patema d'animo l'epatite e la metrite, da saburre e da bile la risipola sintomatica. Il latore comprenderà facilmente perché io non divida l'opi- nione del Puccinotti "che tutte le cagioni esterne ed interne per "le quali si manifestano e si conservano la vita e lasanità,o trapas- sino nel grado e nel modo certi limiti, s'intendono potenze no- "cive" Perché se é vero che gli agenti fisiologici diventano ca- gioni di malattia trapassando certi limiti, che sono le relative ad ogni organo leggi di capacità e di gradazione, é vero altresì che una folla di potenze nocive, come sono i contagi, i miasmi, i vele- ni e tutte le lesioni o chimiche o mecaniche, non possono conser- NOSOGRAFIA RAZIONALE 439 vare a nessun grado, iu nessun modo la vita e la salute, e sempre sono nocive perché ne offendono le leggi cosmiche,o le anatomiche, o le funzionali, più o meno secondo il grado loro d'azione e la se- de ed importanza vitale dell' organo offeso. La definizione delle cause nocive é dunque neccessariamente erronea perché studiate vengonolionin rapporto alle leggi della vita ma alle funzioni fisio- logiche, troppo essendo noto cho le potenze di cui parlo non han- no aSinità fisiologica per nessun' organo o funzione. Nemmeno posso convenire che ogni potenza nociva ha. un tri- plice modo di agire, cioè chimico, meccanico, e dinamico, e perciò tre modi di offendere ia ragiono cioè chimica, meccanica, e dina- mica della vita. I contagi, i miasmi,e i veleni [e cosi le azioni igie- niche] non si ^vedo come operino di un modo mecanico, e seb- bene turbino il cosi detto misto organico, é piutosto un' abuso di linguaggio dire che operano in modo chimico quando turbano l'ordine affatto vitale della vita plastica. Ardirò anzi asserire die ninna quasi delle potenze nocive agisce di un modo o chi- mico o mecanico, perché se distrugge non v' é malattia, se ques- ta insorge essa é una reazione vitale. Chi infatti crederà mera- mente mecanico l'effetto di una spina o di un coltello che offende l'integrità delle parti, che offende nervi, vasi, e tessuti vivi, che risveglia dolori, convulsioni, infiammazioni? Chi dirà chimici ome-> conici questi procossi morbosi, e proporzionati all' offesa o chi- mica o mecaniea delle parti? Meccanica é detta l'offesa dai ver- mi intestinali e da calcoli cistici, però che relazione mecaniea vi é fra essi e le convulsioni epilettiche, e i dolori colici, o cistici o la cistite che vi succede? Fisico-chimica si reputa pur da taluni l'azione delle cantaridi sulla cute; ma perché essa non ha luogo nel cadavere? Tutto adunque le potenze nocive agiscono in un modo vitale, o sono vitali i processi o moti morbosi eh.e eccitano, sebbene abbiano offeso la forma e l'integrità dei solidi e la crasi dei liquidi. Finalmente io non posso convenire che "per trovare "i rapporti fra la natura del morbo idiopatico e la sua causa si "conviene incominciare l'indagine da un fatto incontrastabile cioè "dal modo elettivo delle potenze.—E quando si dico elettivo si "intende insieme chimico-organico, perché quella predilezione "non é altra cosa che chimica affinità." Le potenze nocive o sono gli agenti fisiologici, o gli eterogenei e assolutamente nocivi. Se i primi, com7 é l'aria, il calore, gli alimenti, le bevande sappiamo invano che hanno una corrispondenza elettiva eon certi organi e con certe funzioni perché questi agenti non sono già cause di ma- lattia e di data malattia per il loro rapporto elettivo, ma perché o peccano in eccesso o difetto o qualità o nelP ordine di loro ap» 440 PRINCIPJ DELLA plicazione; e se i rapporti elettivi che hanno Paria col polmone^ gli alimenti collo stomaco ecc. può indicare la sede, non indica certamente la natura ed il genio delle malattie prodotte. Se poi si tratta dei secondi, miasmi, contagi, veleni, ecc; il modo eletti- vo non indica né la sede del morbo, né la natura della malattia. Le cantaridi hanno un modo elettivo rispetto al sistema renata il tartaro emetico rispetto al ventricolo, il virus pestilenziale ris- petto alle glandule, il vaiuoloso rispetto alla cute. Però ques- ta circostanza spiega forse tutta la malattia e la natura dell' av- velenamento da cantaridi, dal tartaro emetico, e quella della pes- te bubonica ed arabica? Dunque il modo elettivo delle potenze nocive non indica la natura, e non sempre la sede delle malattie. Ora dopo ciò che ho scritto sui rapporti organici (Lib. 1° § 11.12. )non mi sembra più permesso attribuire a chimica affinità il modo elettivo delle esterne potenze, siano agenti igienici o assolutamente nocivi; e che Pelettività dell' antimonio per lo stomaco, quella delle can- taridi pei reni, del mercurio per le glandule salivari, della noce vomica per la midolla spinale, quella dell' aria pel polmone, della luce per la retina derivino da chimica affinità. Ora se il mo- do elettivo delle esterne potenze non è da chimica affinità ma da attività senziente degli organi viventi, è un' idea assurda rife- rire la predilezione alle esterne cose per se stesse subordinate e passive,quando essa manifestamente appartieue al sistema vivente. Anzi é già un' errore il dire,, le tali potenze o fisiologiche, o mor- bose, o terapeutiche agiscono sul sistema vitale, e producono tali organici cambiamenti. Ciò che assurdamente chiamiamo azio- ne é piutosto una relazione perché gli effetti delle esterne poten- ze dipendono dal modo di essere e di sentire del corpo vivente, e le varie situazioni organiche decidono degli effetti diversi delle medesime potenze che con ragiono furono dette occasio- nali; le cantaridi che non agiscono sulla cute del moribondo, ci mostrano che la lora efficacia non é obbiettiva ma subbiettiva, e che può applicarsi alle cause remote il pensiero dell' antico filosofo di Stagira„ quee a nobis recipiuntur per modum recipi- entis recipiuntur.— Ora se le esterne potenze non hanno un' azione assoluta ma re- lativa e condizionata, e subordinata tanto alle situazioni organi- che come alle circostanze vitali in mezzo a cui esse operano; se l'e- lettivo [espressione stupenda dell' attività vitale] si deve riferire non alle esterne cose ma all' Economia vivente che sceglie e che rigetta, che armonizza e che si turba; se una stessa potenza occasionale può iu forza delle diverse circostanze vitali produrre NOSOGRAFIA RAZIONALE 441 effetti diversi, cioè cause prossime differenti, lo cause remote prese in astratto e isolate non guidano a conoscere la causa pros- sima ossia la malattia che producono, e solamente studiarne gli effetti iu relazione alle circostanze nelle quali gli producono (die non sono altro come vedremo che le relative ad ogni individuo leggi di rapporto vitale) conduce a conoscere il rapporto fra le cause remote e le prossime, e perciò alla diagnosi clinica e patogenica. Come corollari di queste idee mi siano permesse alcuno rifles- sioni sull' affinità fisiologica che lega le tre serie di cause remote alle tre serie di malattie proposte del Puccinotti, per dimostra- re che il rapporto escogitato da lui non conduce a scoprire né la esistenza né la natura della causa prossima. Il Puccinotti riduce a tre serie le diverse funzioni della vita, di sensazione, nutrizio- ne, e denutrizione, e ammette che ciascuna serie ha speciali cause remote per isconcertarle, e che quindi queste hanno un tale rap- porto colle malattie prodotte, che conosciuta la causa remota, si conosce anche la causa prossima o la natura del morbo prodot- to. Lo funzioni dei reni, della pelle, degli intestini, del fegato, dei bronchj, rappresentano la denutrizione. Pure se é vero cho il fredd' umido che interruinpe l'esalazione cutanea può genera- re il reumatismo,è vero altresì: 1" Che i varj organi della denutri- zione possono infermarsi di molti modi,e per cause assai diverse dal freddo. 2° Che il fredd-umido se può generare una febbre reu- matica, una diarrea, o dissenteria, od artrite; può altresì produr- re una violenta polmonia, un tetano orrendo, una periodica, una nevralgia, morbi di nutrizione e di sensazione morbosa. 3° Le malattie infiammatorie sono pel Puccinotti di nutrizione ecce- dente come l'atrofìa lo é di nutrizion difettiva, e la discrasia di nutrizione disordinata. Ora quale relazione stabilisce_ il modo elettivo fra una ferita e la violenta infiammazione che vi succede? fra una strabochevole emoraggia ed una successiva angio-cardi- te? fra un patema d'animo e la "secrezione viziata della bile e del latte? Fra un' eccellente alimento e un' esantema nato per idio- sincrasia? fra un pessimo alimento e l'impunità per clima e per abitudine? I9 II Puccinotti formalina classe distinta delle malat- tie nervose, perche ivi é offeso il processo di sensazione e lo e dà patemi ed altri agenti ispeeiali sui nervi, e si manifesta col- le varie forme nevi-ottiche. Però e che dira se il fegato, ì reni, lo stomaco, il cuore, organi cosi principali della nutrizio- ne e denutrizione si risentono cosi spesso e cosi fortemente delle tempeste dell' animo? Cho dirà se lo febbri perniciose e le intermitenti, nervosi qeneris come le chiamava Frank, son pro- dotte da cause reumatiche, e discrasiche? Se gli involucri acl cer- 442 PRINCIPJ DELLA vello e della spina possono infiammarsi per causa reumatica come per altre cause remote? Ali sia dunque permesso conchiudere che esiste certamente un rapporto fra lo cause remote e lo prossime, ma non 6 quello esco- gitato dal Puccinotti, e che per trovarlo é d'uopo studiare le cau- se remote non isolate ed astratte, non in relazione con le vaghe predisposizioni come han proposto le scuole, non in relazione con l'eccitabilità come ha proposto Brown, non in relazione colle funzioni fisiologiche come propose il Puccinotti, ma in relazione colle circostanze della vita o situazioni organiche, che vedremo essere altrettante e relative leggi di rapporto vitale. 157. Risposta alle obbiezioni del Bufalini contro il criterio etiologico. Prima di procedere a quest' importante dimostrazione utile anzi neccessaria alla nosografia ed alla patogenia delle malattie uma- ne, mi é d'uopo dissipare le difficoltà che ha mosso contro il cri- terio etiologico il Pr. Bufalini. Il quale scontento della ristretta dottrina etiologica delle scuole, come delle fallite prove tanto di Brown. e de suoi seguaci e riformatori, come dell' illustre Puc- cinotti, negò il valore diagnostico delle cause remote, sebbene si ponesse in contradizione con se medesimo, avendo iniziato il concetto pratico della patosintesi. Porche dopo aver proposto la corrispondenza costante fra le cause, sintomi, ed effetti dei rime- dj come la condizione unica e suprema per istabilire le differenze reali delle malattie (e perciò in mio senso la individuale esisten- za d'ogni malattia speciale) asserisce poi che la cognizione delle cause remote non può servir di guida per conoscere la esisten- za né la natura della causa prossima. Gli argomenti che egli ad- dusse contro il criterio etiologico nelle sue due grandi opere di patologia, alcuni sono insussistenti, altri sono favorevoli alla dot- trina eh' io sostengo. [1] P Nega il rapporto fra la causa remo- ta e la prossima, ed ancor più la possibilità d'indagarlo fondato sulla ragione che l'una ci é nota e l'altra ignota-'To non so, di- ce egli, come si possa indagare e conoscere per via di fatto le "relazioni di due cose, l'una delle quali non sia acconcia a formar "subbietto di osservazione. Tale dobbiamo noi considerare la "causa prossima dei mali non istrumentali dappoiché si costituis- "ce in uno stato occulto non possibile ad osservarsi in alcuna sua "relazione, onde la induzione dalla causa remota alla prossima "non potrebbe in ogni modo che riporsi in una speciale creazione (1) Fond. di Pat. anal. NOSOGRAFIA RAZIONALE 443_ "della nostra mente" Ora io ardisco asserire che tutti i medici dell' universo quando fanno la diagnosi pratica di una malattia cercano precisamente per via di fatto le relazioni di due cose l'u- na delle quali non é acconcia a formar subbietto di osservazione. Le cause prossime dei nostri mali o lascino tracce nel corpo che poi discopro l'anatomia, la microscopia, e la chimica, o non le la- scino, non formano per certo subbietto di osservazione: e si trat- ti d'una condizione periodica, o di un' dolore idiopatico o di una diatesi sifillittica, o di una polmonia, o d'una congestione apoplet- tica,o d'una suppurazione epatica,é lo stesso: la causa prossima.che pure é lo scopo supremo della nostra diagnosi e dei nostri tenta- tivi terapeutici, questa causa prossima non la vediamo né la toc- chiamo. Eppure arriviamo a vederla cogli occhi della mente, ar- riviamo ad esser certi della sua esistenza appunto per le relazio- ni che questa causa prossima ha coi dati diagnostici, cause, sintomi effetti de morbi, effetti de rimedj, relazioni che sono soggetto di osservazione clinica, e che sono a portata dei nostri sensi, e del nostro intelletto. Dunque é falso che la causa prossima ci sia im- penetrabile perché é occulta, perché se ciò fosse vero nessuna dia- gnosi sarebbe possibile. Ed é falso altresì che la causa prossima dei mali non istrumcntali si costituisca in uno stato occulto non possibile ad osservarsi in alcuna sua relazione. Occultissima é cer- tamente la condizione profonda che costituisce la causa prossi- ma delle intermittenti e dell' inedia, eppure è certa alla nostra mente perché si osserva in relazione sperimentale colle cause spe- ciali che la producono, coi sintomi speciali che la manifestano, coi speciali rimedj che la combattono. Vero è che ciò é piutosto un' induzione 'sperimentale; pero è falso che la induzione dalla causa remota alla prossima non potrebbe in ogni modo riporsi che in una semplice creazione di nostra mente. Questa induzione non ha e non può avere altro titolo clic la esatta e ripetuta os- servazione fra le une e le altre, e quando essa esiste l'induzione è leggittiina e sicura come tutte le induzioni sperimentali della Fisica e della Chimica. 2° Dice che all'azione elettiva di una causa remota per un dato organo, si conosce la sede non la natura di una malattia-- E siamo perfettamente d'accordo. 3° Che le cause remote non hanno un' efficacia nimutabile ma multiforme e relativa allo varie predisposizioni—E quivi pure siamo perfettamente d'accordo; in ciò differiamo eh'io ammetto questa relatività non già alle situazioni organiche, ma alle leggi di rapporto vitale. 4^ Che si osserva spesso dalla stessa caik-a remota nascere ma- 444 PRINCIPJ DELLA lattie essenzialmente diverse, e la stessa malattia nascere da cau- se remote affatto defièraiti; tanto che i clinici piutosto prendo- no luce dai sintomi die dalle cause remote—In questa opinione differiamo inmensamente: la causa remota, od occasionalo ha per sui stessa confessione un' efficacia reltiva e condizionale non asso- luta e inflessibile. Se è relativa cioè dipendente, per le scuole dal rapporto frale potenze nocive colle predisposizioni organiche, per me dal rapporto fra le cause nocive colle leggi di rapporto vitale violate, è contrario al vero affermare che la stessa poten- za remota produce e può produrre effetti morbosi differenti. Un freddo intenso o violento é [in apparenza] la stessa causa remota che al Russo abituato è inoffensiva, e a me cagionerebbe una pol- monia ed una artrite gravissima. Però se si riflette che la diffe- renza subbietiva di essere e di sentire fra me ed il Russo é quel- la che a me rende nocivo il freddo, e al Russo indifferente, si capi- rà cho è inesatto il dire che il freddo é la stessa causa remota. Cosi é più apparente che reale il fatto che la stessa malattia (p. e. la'iogosi) proviene da cause essenzialmente diverse, e nasce da potenze chimiche, mecaniche, dinamiche. Le pretese potenze chi- miche o mecaniche, non sono tali rispetto all' economia vivente, esse non agirono e non nocquero come agenti chimici e mecanici, e in modo chimico o mecanico, e offendendo le condizioni chimi- che e mecaniche, ma violando le stesse leggi fisiologiche di rap- porto vitale (1). Che se pur troppo é vero che per la diagnosi pra- tica delle malattie "i clinici i più celebrati s'attennero sempre piu- "tosto alla guida dei sintomi che a quella delle remote cagioni" ciò non prova già che il criterio etiologico sia fallace ed inutile, ma che i patologi ed i pratici noi seppero finora adoperar bene, e che è difficile usarlo tanto per la diagnosi clinica come per la patoge- nica. Alla sua desolante conclusione mi é d'uopo opporre questo argomento: L'influenza relativa dello cause remote entra o no nel quadro nosografico di una malattia? Se non v' entra avremo hi teoria delle malattie spontanee, e l'assurdo principio introdotto in medicina degli effetti senza corrispondenti cagioni! Se non vi entra cade la regola da lui stabilita della corrispondenza fra i sintomi le cause e gli effetti dei rimedj corno criterio per individuarci morbi, e classificargli! Se non vi entra la patologia sarà un cao3 più intricato ancora di quello che è oggi, perché manca alla des- crizione del fatto clinico il dato stesso che gli dà origine, e alla interpretazione teorica eli esso la conoscenza stessa delle circos- tanze e condizioni neccessarie a formarlo! Se poi vi entra, e se [1] Ciò dimo-ti'oró ampianiviì/j nella pavb patogenica di quóòt" opera. NOSOGRAFIA RAZIONALE 445 ammette che la relativa influenza della causa remota ha l'inizia- tiva dello stato morboso, allora esso deve essere un dato diagnos- tico per riconoscere un tipo clinico, se è una condizione indispen- sabile a produrlo; e deve essere il principal dato patogenico se dalle causo comincia la storia come la teoria di un morbo qua- lunque. Un' ultima riflessione: non é vero che il criterio etiolo- gico non ci serve sovente di principal guida per la diagnosi cli- nica; quante volte la dominante epidemia di vaiuolo,di scarlattina, di febbre gialla, di tifo ci fa dar valore a sintomi prodromi assai fuggevoli che non comprendoressimo! Quante volte ci illumina sulle minacce di tisi, o di gotta, o di alienazioni mentali, conoscere le disposizioni gentilizie! Quante volte ci rischiara un quadro ano- malo sapere le precedenze sifillittiche! Però lo studio di queste cause remote non vuol' essere isolato ed astratto ma in relazione alle previe circostanze, ed alle forme morbose. Nella 2* opera aggiunse altri argomenti (1) e 1° Che nel caso di miasmi, contagi, e veleni, questi principj morbosi non sono le cau- se remote ma le stesse cause prossime de relativi morbi; e che an- che assai volte dipende da subiettive influenze che producano ef- fetti morbosi differenti.—Io porto diversa sentenza, perché pen- so che ivi tutta la malattia non é risposta nella mera presenza del principio straniero, ma nelP alterazione che questo ha pro- dotto nell' umano organismo: d'onde la indipendenza delle perio- diche dai miasma palustre, d'onde il corso specifico di ciascun contagio, e Pimpossibiìità di troncarlo od abbreviarlo; d'onde in molti avvelenamenti il vantaggio di mezzi diversi dagli evacuanti e decomponenti. Il fatto stesso che adduce il Bufalini che negli esantemi si osserva talora una leggera diatesi flogistica, e talora una orrenda diatesi dissolutiva, che il miasma che talora origina le febbri intermittenti talvolta è cagione di gravi tifoidee odi semplici intumescenze della milsa. o di scorbuto, prova che gli effetti morbosi risultanti da una potenza remota invariabile come é il contagio vaiuoloso, ed il miasma palustre, sono in ragion composta di esso e delle predisposizioni organiche, e che la ma- lattia che ne risulta, e che ne costituisce la causa prossima, non é la mera presenza del principio morboso ma la speciale altera- zione da esso prodotta nell' organismo. Dunque in queste malat- tie esiste un rapporto empirico fra la causa remota e la prossima, da cercarsi tanto studiando la causa remota in relazione colle circostanze della vita, come in rapporto colle malattie prodotte. 2° E intesi a manisfestare la sede, la natura, il grado del- la malattia, avvertire, respingere, modificare le cause nocive, e ripararne gli effètti che indulsero queste nelle condizioni organi- che; pure questi conati per sé non bastano, ed é in questi morbi dove risplende l'abilità e l'efficacia dell' arte. :■<" In questa 3* serie di malattie gravi ma curabili P efficacia dell' arte é proporzionata all' abilità con cui può scoprire mediante la guida dei criterj dia- gnostici, la causa prossima e la natura della malattia per dirisfge- fe gli sforzi della natura o dell'arte a togliere o modificare la causa prossima della malattia medesima. 4° E-iste dunque un rapporto sperimentale fra la causa prossima della malattia ei rimedj vale- voli a toglierla o modificarla sia che questi rimedj operino diret- tamente sulle cause morbose, o sulle forze della vita; so é vero che le variò classi di morbi hanno relazioni terapeutiche partico- lari e relative alla loro natura. 5'? Se vi è una serie di malattie incurabili (che felicemente si è ristretta pei tentativi, P industria, e il progresso della medicina e della chirurgia) vuol dire che in queste la causa prossima o l'alterazione morbosa è tanto grave e profonda che P arte non può trovare finora o non ha trovato i mezzi di vincerla. In tutte queste tre serie pertanto la nolologia sarebbe incom- pleta sé dandoci i risultati dell', universale esperienza non cidi- cesse: queste [vale a d'ire queste forme morbose, nate da tali cau- se, aventi tali andamento ed esito] cedono per la sola opera della natura in certe coudizioni negative di riposo, dieta, tempo. Queste altre [contrasegnate dai relativi caratteri scmeiottici, etiologi- ci, nosologici] cedono a certi paticolari rimedj, o il piano di cura 490 PRINCIPJ DELLA antiflogistico, o antiperiodico, o risolvente ecc. e si aggravano e finiscono male se abbandonate a se stesse, o curate con un metodo positivo differente. Queste altre finalmente (le incurabili) contra- segnatc da certi caratteri scmeiottici. etiologici, e nosologia fino- ra non ammettano cura e riparo. §170 Essi hanno relazione colle cause prossime non colle forme morbose generiche. E un fatto di vitale importanza per la patologia filosofica e per la pratica medica che P effetto o efficacia dei rimedj o dei metodi curativi non ha. relazione colle forme generiche ma colle cause prossimo delle malattie. Infatti l'emetico od un purgante non dis- sipa i sintomi dell' indigestione, o colluvie biliosa, se non perché toglie la saburra gastrica, la bile, o la sostanza indigesta che ne é la causa prossima. La magnesia toglie gli effetti morbosi dell1 acido spontaneo o introdotto nello stomaco, perché neutralizza questa causa inmediata; cosi gli antelmintici dissipano i fenomeni della verminazione perché uccidono o cacciano i vermi; cosi la chinachina non ha relazione colla febbre ma colla condizione morbosa occulta, che non solo é base delle febbri periodiche ma di altre forme morbose che hanno la stessa natura. Cosi Popio non ha relazione col dolore generico ma con certa condizione idio- patica cui spesso si connette, e quando il dolore dipende da cause prossime differenti Popio non giova. Cori il salasso non ha già rela- zione colle cause remote della flogosi, né con certe forme, o sinto- mi, o stadj di essa, ma con la congestione attiva che ne costituisce la parte più- gravo e più decisiva; perciò giova eziandio nella pletora, nello stadio congestivo delle febbri continue e degli esan- temi, e nella semplice emormesi. L' analogia di quanto accade nelle malattie a condizion patologica più semplice e più conosciu- ta ci autorizza e pensare che anche nei morbi più oscuri e più com- posti e a processo morboso, e nei quali giovano in diversi momen- ti rimedj ed aiuti differenti, questi.mezzi hanno pure rapporto colla condizion patologica e col succedersi degli atti morbosi che la costituiscono e rappresentono. Un processo morboso é una sindro- ne di atti morbosi diversi concatenati in ordine successivo che corrispondono ai diversi stadi e momenti della funzione patologi- ca. Il piano o metodo curativo di questi processi é un' insieme ordinato di mezzi diversi, é una specie di sintassi terapeutica, perché il medico ammaestrato dall' esperienza, e conoscendo l'in- fluenza di un' atto morboso sui consecutivi, e la natura dei mezzi che esige, provede ai varj atti morbosi coi relativi soccorsi, il cui insieme costituisce appunto un piano di cura combinato, unito seb- NOSOGRAFIA RAZIONALE 491 bene molteplice. L'empirismo fa questa sintassi e collocazione di varj mezzi, fondato sulP esperienza, la sola patogenia scopre la ragione di questa sintassi terapeutica. Ad ogni modo sempre é a una causa prossima o semplice o composta che corrisponde un rimedio, od un metodo di cura che é un' insieme di ri- medj. § 171 Corollario nosologico—a differenze diagnostiche corrispon- dono differenze teraj,cutiche. La nosologia sarebbe un' occupazione vana ed inutile alla prati- ca e forse anche nociva, se alle comunanze e differenze diagnosti- che delle malattie non corrispondessero le comunanze e differenze terapeutiche, vale a dire se ogni gruppo nosologico non avesse caratteri diagnostici corrispondenti a caratteri o precetti o rap- porti terapeutici. Noi infatti cerchiamo con esatezza scrupolosa i caratteri diagnostici della pustola maligna per distinguerla dal- la benigna, i caratteri diagnostici dell' epatite per distinguerla da una febbre biliosa, perché questa distinzione decide di nna cura particolare e diversa. Cosi facciamo una sola famiglia di tutte le febbri e malattie periodiche, non solo perché hanno ana- loghe.cause remote, analoghi sintomi patogenici, e analogo an- damento, ma perché mostrano di avere identica natura (la con- dizione periodica) avvegnaché si curano coi stessi mezzi antipe- riodid. Altrctanto facciamo della condizione reumatica, dell' emormesi,' delle febbri continue, delle flemmassie, dei morbi irrita- tivi ecc. gruppi di morbi o simili per identità di natura, o pei; ana- logia di leggi patologiche. Or bene la esperienza dimostra che a ciascun gruppo nosologico naturale, modello di quella che io amo chiamare nosologia diagnostica, come corrisponde una data patosintesi di cause, sintomi, effetti de morbi [caratteri diagnosti- ci] cosi corrisponde una cura speciale, e consiste in un rimedio solo o in un piano curativo (caratteri terapeutici). Pertanto non solo il criterio terapeutico é una parte del fatto clinico, me é un principale fondamento per la classificazione pra- tica delle malattie: dico pratica perché si riduce ai principj dia- gnoslici e terapeutici corrispondenti ai veri e naturali gruppi del- la nosologia diagnostica. Supponendo che il criterio terapeutico non esista, allora o la nosologia vera non é possibile, o é una classificazione vana di forme astratte (nevrosi, prolluvj, febbri, dolori ece). aventi principj diagnostici e terapeutici diversi e di- vergenti, ed é perciò o inutile alla pratica o anche nociva. La possibilità dunque e l'utilità pratica della nosologia.diagnostica prova la verità e l'importanza del criterio, terapeutico perché essa 492 PRTNCIPJ DELLA nosologia é fondata sulla identità di natura o analogia di leggi delle cause prossime che ne sono la base, e a cui dunque corrispom dono tanto i criterj diagnostici speciali come i speciali criterj te- rapeutici. § 172 II criterio terapeutico ha una base sperimentale. Condizioni alla sua validità clinica Il criterio terapeutico é molto simile al criterio etiologico per- ché entrambi hanno in vista di stabilire, un rapporto di causa e di effetto, perchè a un morbo corrisponde una speciale cagione, come uno speciale rimedio ne causa la guarigione. Al nosografo poco importa che l'applicazione di certi rimedj sia venuta dal caso, o dal proposito d'imitar la natura, o inspirata dà dottrine as- surde, o da idee volgari erroneo e stravaganti. Quello che gli im- porta é accertarsi a quali malattie, in quali circostanze forono osservatigli effetti salutari di certi mezzi terapeutici, in qual dose', in qual modo, forma, preparazione, in qual' órdine e combinazione, e con quali cautele amministrati; con quali effetti seguiti, e so- pratutto se questo rapporto terapeutico è garantito da un vasto nu- mero di osservaz oni e sopra malattie ben cauterizzate e distinte. In egual modo opera il nosografo rispetto alle cause morbose, per- ché accerta a quali tipi clinici veramente cauterizzati corrispon- dono, in qual modo e circostanze operarono, per poter fissare le relazioni etiologiche. Il criterio terapeutico non é dunque altra cosa che Posserva- siona» affatto pratica d? un rapporto fra un remedio (o insieme di rimedj) in dato modo adoperati, ed un tipo clinico ben cauteriz- zato, rapporto che si manifesta colla guarigione o col dissiparsi della malattia. Perciò il metodo sintetico o la patosintesi dà tut- to il merito alle osservazioni terapeutiche, perché a nulla condu- co fissare le generali virtù dò rimedj, o conoscere la faraggine di quelli che son lodati in una data forma: ma il saper l'efficacia dei rimedj relativa a un dato morbo, e dove, quando, come fu utile. Non basta saper la forma grossolana e generica di un morbo, sa- per che nella dissenteria giovò il salasso, il calomelano, Pipecaqua- na, la simaruba, ma bisogna aver fissato e osservato l'efficacia di questi mezzi in rapporto adatti morbosi differenti, o alle differenze cliniche della malattia. Le condizioni pertanto da cui dipende la validità clinica del criterio terapeutico sono tre, e tutte sono pra- tiche e sperimentali. 1? Che il tipo clinico a cui si riferisce l'effica- cia di un remedio o di un metodo curativo sia ben caratterizzato in modo da non restar dubbio sulla sua identità, sia perché un ri- medio può convenire per ragioni diverse a malattie differenti, sia NOSOGRAFIA RAZIONALE 493 perché se il nosografo s'inganna e se riferisco a una febbre bi- liosa p. e. ciò che crede riferire a una febbre intermittente, le sue osservazioni sono o dubbie od erronee, e le sue conclusioni fallaci. Il nosografo che dal solo giovare del salasso, dell' emetico, del freddo, del mercurio ecc. argomentasse identica la natura delle malattie curate da un solo rimedio, prenderebbe un grosso equivo- co, perché il salasso conviene nella pletora, ndP emormesi, nelle flemmassie. e nelle febbri che pur sono malattie differenti; il taglio giova tanto nel tumor suppuratorio come nel vespaio ben- ché per ragioni diverse, e sebbene siano due morbi di verri; il tar- taro emetico giova nelle flemmassie, nei reumi, negli sconcerti gastrici, nelle febbri, morbi assai differenti; il mercurio conviene a morbi che non hanno né anche analogia di natura e di sede, come la verminazione. l'epatite, la sifillide. Dunque é evidente 1° che il criterio terapeutico solo isolato, cioè astrazion fatta dai tipi clinici certi, non é criterio. 2" Che l'efficacia di un rimedio o di un me- todo rispetto a un tipo clinico certo, uopo evenga osservata e des- critta in relazione afte circostanze della qualità, dose, forma, com- binazioni, epoca di amministrazione, circostanze tutte della più al- ta importanza. Non mi pare che basti indicare: metodo antiflogisti- co, purgante, antipcriodico; ciò esprime più un giudizio che un fatto, e dà luogo a dubj ed errori. Che differenza nell' azione mo- dale fra il salasso, il nitro, il freddo, che pur son detti antiflogis- tici! Fra il calomelano, i sali medj, i drastrici, gli eccoprotici che purson tutti purganti! Fra il chinino, l'arsenico, il ferro, e cer- ti amari cui pure Vi concede virtù antiperiodica! E rispetto alla dose énoto che il salasso può giovare se moderato, e nuocere se eccessivo perché allora infrange non più le forze duella malattia ma quelle della vita ;può giovare se fatto con decisione ed audacia, nuo- cere se ineficace e minor del bisogno e fatto con timida mano. E rispetto all' epoca dell' amministrazione, che differenza fra gli ef- fetti dei rimedi usati o no opportunamente! Quel salasso generoso che solleva nelP acuta congestione, nuoce in quel periodo di de- pressione cho talor la precede; utile nel periodo congestivo delle flemmassie e delle febbri, nuoce decisamente a morbo avanzato. Il tartaro emetico [e lo stesso si dica dell' opio] utile nella pol- monia acuta dopo il salasso, spesso non giova se questo nonna preceduto E rispetto alla forma dei rimedj, che differenza Ira 11- clraro-iro con creta e il deutodoruro, e questo dato per bagno o per pillole' I rimedj hanno inoltre effetti diversi secondo la loro do- se l'atrio dove adiscono, il modo d'applicazione,o graduato e alte- rante o subito e Violento. Che differenza negli effetti del tartaro emetico come perturbatore, come risolvente,come diaforetico, e co- 494 PRINCIPJ DELLA me purgante! 3" Clic l'efficacia di un rimedio o di un metodo ris- petto a un tipo clinico certo venga osservata e descritta in relazio- ne alle sue qualità di pronta facile sicura. Senza di questa condi- zione coniamo il rischio di attribuire a un rimedio ciò che é so- vente l'effetto della opera sulutare della vita, e all' opera rovino- sa del processo morboso ciò che spesso è dovuto all' opera di una medicazione incongrua; in tal guisa giudicheremo buono un metodo ancorché porti un momentaneo sconcerto, e viceversa cat- tivo un metodo paliativo che sembra mitigare certi sintomi ma che prolonga poi e conduce a mal' esito la malattia. § 173. Tre corollari dalle cose dette—difficoltà del criterio tera- peutico, il metodo sintetico é la sua unica base, eia os- servazion ripetuta la sua garuntia. Dalle cose dette emergono tre corollari importanti. 1° Sebbene il fisssare una relazione terapeutica sia materia di mera osserva- zione, é cosa pure piena di difficoltà, sia perché esige la previa dia- gnosi dei tipi clinici a cui-l'efficacia dei rimedj si riferisce, sia perché é d'uopo osservare l'efficacia dei rimedj in tutte le sudette relazioni. 2° Il metodo sintetico èia base la guida l'anima del criterio terapeutico. Infatti il dato terapeutico non avrebbe al- cuna importanza pel nos igrafo e pel clinico se l'efficacia dò rime- dj non fosso osservata e descritta in relazione a, un tipo clinico certo; in relazione alle qualità, fórma, dose, combinazione, epoca d'amministrazione dei mezzi impiegati, in relazione agli effetti seguiti, ed alla guarigione pronta, facile, sicura, completa. Anzi o neglette o scambiate queste relazioni, sono possibili i più deplo- rabili errori ed equivoci; le osservazioni sono per lo meno ille- gittime, e conviene verificarle e completarle. Accade delle azio- ni terapeutiche come delle azioni etiologiche che non sono asso- lute e inmutabili ma relative e condizionali. Come la situazione fisiologica decide delle azioni igieniche cosi la situazion patologi- ca costituita dallo singole cause prossime decide delle azioni o meglio dette relazioni terapeutiche; e perciò sono apetitc e tolle- rato sostanze in un morbo che sono nocive ed intollerabili in altre malattie o nello stato normale; e sono tollerate in una dose, for- ma, combinazione mentre sono intollerabili in uua dose, o forma, o combinazione diversa. 3^ Finalmente per fissare una relazione tera- peutica o determinar l'efficacia condizionata e relativa di un me- todo o di un rimedio in un tipo clinico dato, uopo é ripetere e moltiplicare gli esperimenti per accertarsi se l'effetto salutare è sempre connesso all'efficacia del rimedio studiato in tutte le sue . , NOSOGRAFIA RAZIONALE 495 relazioni, o attribuibile al legger grado del morbo, o alle sole forze conservatrici della natura. § i74. Uso differente che fa il nosografo,il clinico, ed il patologo del criterio terapeutico. Le relazioni terapeutiche sono stabilite dal nosografo vale a dire dal clinico che osserva e che sperimenta e si giova dell' os- servato e sperimentato dagli altri con il proposito di formar la sto- ria generale, il tipo, il quadro completo d''una malattia speciali'. Egli ha due scopi diversi nel fissare i rapporti terapeutici dei ri- medj, limo consiste nel completare la storia, il quadro d'ogni ti- po clinico, l'altro consiste nel somministrare all' arte i risultati pratici e lo regole dell' esperienza. Però una volta stabilite ques- te relazioni, terapeutiche sono esse di un gran vantaggio e di un uso particolare e prezioso pel clinico chiamato a conoscerei mor- bi e curarli, "pel patologo chiamato a conoscerne la patogenia e la natura. Il clinico cho già dai sintomi e dalle causo ha tratto la diagnosi pratica, conosce il metodo di cura che le conviene, cho é l'incognita dell' arte se'non lo é della scienza anche dove la patogenia non pervenne. Non ha bisogno di cavillare in che mo- do agisce la corteccia peruana, o il solfo, o il tartaro emetico.od il mercurio, o il salasso, o creare al letto dell' ammalato teorie chi- miche, o dinamiche, e mecaniche, od animiste, per capire la natura e il mecanismo delle intermittenti, della rogna, della indigestione, della sifillide, della polmonia; gli basta hi monografia dei .-suddetti morbi, e Parte di farne un' esatta diagnosi clinica, gli basta la conoscenza delle rispettive relazioni terapeutiche osservate già per applicare con vantaggio i rimedj che altri in casi simili ap- plicò. Ciò non vuol dire che la patogenia sia inutile od impossi- bile, e l'empirismo sufficiente; ma che dobbiamo giovarsi in pra- tica dei prodotti dell' empirismo, delle relazioni o etiologiche, o semeiottiche, o terapeutiche osservate e descritte, sotto pena di ri- nunziare con imprudente ingiù-tizia ai vantaggi dell'universale esperienza, e col pericolo di supplirvi con capricciose e teoriche prescrizioni. 11 clinico ha un' altra occasione di servirsi del cri- torio terapeutico, perché chiamato a occuparsi di una mahutiu in cui precedettero già tentativi di cura e in cui l'oscurità e difficol- tà del diagnostico impone il debito di fargli per via di esplorazio- ne, il clinico1 dico desume luce dal criterio a iuranlibus et Iceden- tibus usato con quella sagacità e prudenza che solo possono in- spirare la ragione dell' arte è l'esperienza. Il patologo finalmente in due modi si serve del criterio terapeu- tico, cosi come ha due scopi che sono la coordinazione e la in ter- 496 PRINCIPJ DELLA prefazione dei fatti clinici, perché nel formare i gruppi nosologici egli ha presente i carateri diagnostici- e terapeutici che sono a ciascun gruppo comuni e che si risolvono in altretante regole pratiche relative a ciascuno; e nell' indagare poi la patogenia la natura il mecanismo dei morbi o dei sommi generilia bisogno di sapere i modi coi quali l'arte può particolarmente dominarli, perché anche ciò serve eli luce patogenica giacché ha- rapporto intimo colla causa prossima della malattia. § 175 Esame delle oppóste pretese del Giacomini e del Bufalini- intorno di valor predico del criterio terapeutico. Dimostrato la realtà sperimentale del criterio terapeutico, la sua importanza per la nosografia e per la pratica, per la nosologia e per la patogenia, indicate le condizioni ed il metodo a cui egli deve la sua validità clinica, provato i rappòrti che ha il metodo curativo colle cause prossime delle malattie, rimane per comple- tare il quadro di questa trattazione, a esaminare le opposte pre- ' tese del Giacomini e del Bufalini sul valor pratico di questo criterio, dell' uno che tutto gli concedo, dell'altro che tutto gli nega, perché tenendo conto di ciò che hanno di vero e di falso le idee di questi che pur sono due grandi autorità in Italia, possia- mo addottar un concetto conforme al vero e conducente a rendere più facile il possesso della nostra scienza, e l'esercizio della nos- tra arte divina Afferma dunque il Giacomini '-che la natura nelle malattie a "fondo dinamico non si potrà mai in via razionale conoscere senza ' partire dalle nozioni intorno alla vita o intorno alla reazione 'vitale, e che desumere la natura della condizion patologica dal- ' la qualità della sua vera causa ossia della reazione vitale, egli é un voler dedurre una cosa ignota da una altra cosa ignota. < Laonde i patologi furono appunto costretti a rivolgersi ad altra 'fonte di ricerche. Il criterio terapeutico fu la sola norma empirica che diresse quei benemeriti che primi fondarono la medicina, ed 'è pur quella alla quale vista la insufi'oienza dei due criterj sintoraa- 'tico ed etiologico suggeriti dalla scienza, furono sempre obbligati 'di rivolgersi i patologi per andare in traccia della natura dei 11101- 'bi,ed instituire ima classificazione degli stessi che sia utile al lutto ''degli ammalati. (1) 11 Giacomini confonde la diagnosi clinica colla diagnosi pato- genica; perché il clinico ed il nosografo non trattali:) già di cono- scere in via razionale la natura di una causa prossima, ma in via [1] Giacomini dell' kk\iIÌMiuo in medicina. NOSOGRAFIA RAZIONALE 497 sperimentale la esistenza della medesima. Sono a fondo dinamico o malattie vitali tanto una diatesi gottosa, come una sifillide costituzionale, come un semplice reumatismo. Ora altra cosa é determinare clinicamente i criterj per conoscere e distinguere una di queste malattie da ogni altra, e fissare la causa prossima che a ciascuna corrisponde; altra cosa è determinar la natura, l'essenza, la patogenia di ciascuna, ossia la natura di questa condi- zion patologica già praticamente scoperta. Il clinico, ed il noso- grafo per formar questi tre tipi non han bisogno di nozioni intor- no alla vita né intorno alla reazione vitale, loro basta lo studio (o la sintesi) delle cause, sintomi,effetti del morbo effetti-de rimedj per individuargli o fissarne praticamente la diagnosi. Quando il me- dico ragiona sulla natura della gotta, della sifillide,del reumatismo allora non é piùclinicopion studia più la diagnosi ma la patogenia dei morbi, allora invocale nozioni intorno alla vita e alla reazione vitale. Giacomini prende un grosso equivoco nelP affermare che appellarono al solo criterio terapeutico quei benemeriti che primi fondarono la medicina pei" aver visto la insufficienza del criterio semeiottico ed etiologico, perché Ippocrate che fu il fondatore dell' arte ha dato un' importanza ai sintomi che certo non diedero le scuole moderne, e si calcola che trerquarte parti delle sue opere inmortali versano sui sintomi, e la stessa fiducia per questa voce della natura professarono tutti i grandi maestri della scienza cli- nica che furono altresì della scuola autocratica. E quantunque già note fossero le eccezioni gravi accennate da Morgagni e da De- haen di malattie mortali che non diedero segni di se nel vivente, o le diedero tardi e incompletamente, pure l'illustre Hufeland pratico sommo scriveva:' "Il medico deve essere interpres et minis- "ter naturce. L'arte principale che si richiede nel pratico si è di "comprendere il linguaggio della natura che lo metta in condizione "di conoscere i di lei sofferimenti ed i soccorsi che per questi re- clama. Questo linguaggio si compone de fenomeni dell' organis- "mo ammalato, volgarmente Chiamati sintomi [sigma]. I sintomi "debbonsi considerare come altretanti oracoli di cui la natura si "serve per parlarci, ciascuno dei quali ha un preciso significato. "Frattanto siccome nella lingua comune le parole acquistano un "valore diverso secondo che vengono a diversi altri accopiate, cosi "l'espressione fondamentale dri sintomi si modifica pel loro con- "giungimento con altri, e differente ne deve essere Pinterpretazio- "ne" (op.c.)Ció quanto ai sintomi;rispetto poi alle cause remote mi basta il testimonio di Zimmermann che dice: Il medico non cono- sce una malattia quando non la conosce secondo tutte le sue vere "e determinate cause. E non può tampoco guarirla se non foglie le "sue cause. La dottrina delle cause delle malattie é la cognizione 498 PRINCIPJ DELLA "filosofica delle medesime, e il medico che la possiede é un vero filo- "losofo".... Qui parla delle causo prossime, pure anche allude alle cause remote ammettendo un rapporto fra le une e le altre (benché male lo esprime) perché dice "quantunque le cause rcmo- "te delle malattie non siano le loro proprie e vere cause, né pos- sono essere cambiate con quelle, ciò nonostante esse meritano "assolutamente la massima attenzione perché per loro mezzo si può "sperare di venire alle cause prossime,in quanto che le causo rerao- "te riunite formano le cause prossime(op.c.)"tNon sono dunque i fon- datori della medicina, né i pratici i più stimati che proclamassero l'insufficienza (Lei criterio etiologico e semeiotico, sono i moderni sistematici che hanno fondato la nosografia sulla patogenia, non questa su quella, die diretti dalle idee a priori del dinamismo, del chimismo, e dell' anatomismo hanno stabilito la natura e le differenze delle malattie prima di averle praticamente osservate e formate. Una prova solenne che il dinamismo inspirò a Giaco- mini l'esclusiva fiducia nel criterio terapeutico é il modo con cui interpreta le azioni dei rimedj" L'esperienza clinica, dice egli, "ha fatto conoscere che uno stesso mezzo terapeutico il salasso "ha potuto e può condurre a guarigione un certo numero di ma- 'lattie quantunque procedenti da cause remote diverse,quantunque "accompagnate dà fenomeni differenti. Una prima importantissi- "ma conclusione trae la patologia da questo fatto, che cioé;la "condizione patologica o fondamentale di queste malattie, cho "da un' identico mezzo viene distrutta, è identica in tutte. Per ''converso tutte quelle malattìe nelle quali il salasso nuoce hanno "una condizione patologica totalmente opposta... .per la qual "cosa mediante il aitano di un solo mezzo terapeutico antichissi- "rao e notissimo qual' é il salasso noi possiamo instituire due clas- "si di malattie, la 1* Quelle che hanno giovamento dal salasso. "2Q Le opposte cho hanno nocumento dal salasso [op. cit.]..... Con questa regola propone un dualismo nosografico dei morbi stu- diati in relaziono ad ogni rimedio!!. ... Or bene la pletora da gravidanza o da cmoraggia sopressa, la febbre infiammatoria, la congestione apopletica, la reazione del colera-morbus, la polmonia, e la epatitide, son certo malattie di- verse (costituite o da emormesi, o da processo febbrile, o da flogo- si) per chi nelle malattie valuta le cause, i sintomi, l'andamento, il metodo curativo totale, e perciò la condizion patologica a cui questi diversi elementi sono connessi; eppure iu tutte giova il salasso. Però il diatesista le reputa identiche perdio le reputa costituite da un' eccesso di stimolo, e che perciò il salasso giova perché sottrae uno dei stimoli più potenti e generali, il sangue. NOSOGRAFIA RAZIONALE 499 Àia il medico sperimentale vede nel salasso la sottrazione del primo materiale dell' assimilazione organica, vede una relazione terapeutica con lo stato congestivo e plettorico,stato che può asso- ciarsi a malattie differenti, esserne uno stadio,una parte, ma non il tutto. Giacomini guidato dal suo criterio terapeutico (esclusivo) farebbe un fascio di malattie dissimili; ma e dove collocherebbe quella polmonia in cui già non conviene il salasso, oppure gio- va sovranamente il tartaro emetico? E quella epatite che già non permette nò la lancetta né le sanguisughe eppure si vince come per incanto dal calomelano? E quell'angioite che s'inasprirebbe colla flebotomia eppure cedo assai1 bene alla digitale, al nitro, al lauro-ceraso, al solfato di ferro? E quella sciatica che già in- perversa sotto il salasso e pur cede prontamente al vescicante del nostro Cotugno? 0 dirà che in questi morbi ha cambiato la diatesi, o che i citati rimedj sono stimolanti opposti al salas- so?. . . .Una delle due, o il Giacomini nega le differenze modali dei rimedj suddetti e le relazioni terapeutiche diverse degli stadi onde si compone un processo morboso, o le ammette interpre- tandole coi principj dinamici. Nel V- caso é contradetto dall' esperienza cliuica uuiversalc, ed è costretto a stabilire precetti terapeutici falsi e funesti. Nel 2° caso egli rispetta le relazioni terapeutiche, ma l'interpretazione dinamica che ne dà é smentita dal fatto stesso delle azioni modali. Cosi dunque prendendo per guida il solo criterio terapeutico egli cade in nu vero circolo vizioso, perché reputa ipostenici i rimedj perché curano morbi supposti flogistici, e crede morbi flogistici quelli nei quali giova- no rimedj creduti ipostenici! Il criterio terapeutico adoperato solo e isolato* dagli altri criterj diagnostici guida il Giacomini a due conclusioni assurde e desolanti. Il vantaggio del salasso in morbi diversi lo induce a confondere malattie diverse e fare della noso- logia un caos, un caos della terapeutica se crede che il salasso differisce dagli altri mezzi antiflogistici pel solo grado. Ancor più assurda ed enorme é la conclusione che ricava dal non van- taggio o danno del salasso nelle malattie, perché è la supppsizio- ne di una diatesi ipostenica e opposta. Il salasso nuocerà in una tifoidea, in un' intermittente semplice o perniciosa, in un gastri- cismo, nella verminazione, nella sifillide, nella gotta ecc. non però ne viene la conseguenza che questi morbi han natura opposta al- la flogistica, bensì che solo sono diversi, e che non hanno relazione terapeutica col salasso,ma con altri e speciali soccorsi; nuocerà pu- re in certi momenti della vera infiammazione senza però che infe- rir si; ne possa, o che fosse meno flogosi, o abbia acquistato natura astenica ed ammetta i mezzi stimolanti. 500 PRINCIPJ DELLA Provato che il criterio terapeutico disgiunto dagli altri crite- ri diagnostici avvolge nel caos la nosologia e la pratica,giova .ora dimostrare che in onta ai dubj ed alle obbiezioni del Bufalini, egli ha un grande e reale valor pratico ove adoperato venga dal meto- do sintetico. II Bufalini dopo aver fissato il principio: cho la cor- rispondenza costante fra le cause i sintomi e gli effetti dei rimedj è il più sicuro criterio per la diagnosi e per la nosologia, sostiene poi che non esiste un rapporto reale e neccessario fra la efficacia dei rimedj e le crotopatie [cause prossime], e che perciò ella non ci può servir di guida diagnostica per riconoscerla. Ecco gli ar- gomenti ai quali egli appoggia i suoi dubj. La oura delle malattie può effettuarsi per modo diretto che colpisce essa stessalo stato morboso, o per mezzo indiretto, ove l'efficacia dei nostri rimedj toglie la malattia col mezzo degli organici movimenti e dell' or- dinario, processo di assimilazione "onde uno stesso rimedio può "cosi valere contro molte malattie ed anche contro tutte, nella "stessa guisa che le forze della natura bastano da se fino a un "certo punto a combattere qualunque infermità. Oltre di. ciò "anche nelP azione loro diretta contro lo stato morboso i rimedj "possono in più modi servire a distruggerlo, perché non sapendo "in che essa consiste non sappiamo nemmeno quante diverse azio- "ni possono contro di esso.... Che é difficilissimo o quasi impos- sibile il giudizio di ciò che giova e di ciò che nuoce a doverlo "argomentare dai soli segni apparenti che ne conseguitano, per- "ché i fenomeni manifesti sono effetti troppo remoti dalle primi- "tivc azioni dei rimedj e succedono senza costanti relazioni con "queste... .che nemmeno può argomentarsi dalla totale guari- "gioue se prima non consti che propriamente i rimedj dati e non "altre influenze hanno volta la malattia in sanazione, perché ques- "ta può aver luogo a ritroso dei rimedj e per le forze medicatri- "ci della vita." Afferma finalmente che siamo incerti dell' azione vera dei rimedj perché fra l'azione di essi ei loro effetti salutari si frappone ciò che egli chiama il processo terapeutico, cosi corno fra l'azione prima delle potenze nocive, e i loro effetti ultimi morbosi si frappone ciò che egli chiama il processo nosogenico. E come riguarda i processi morbosi lavori di chimica organica cosi opina che il progresso solo di questa scienza ci può far co- noscere le attinenze delle cause remote e dei rimedj e dei sintomi colle occulte mutazioni interne dell' organismo. Giova dunque esaminare attentamente questi dubj ed obbiezioni del Bufalini, perché se dovessero ammettersi per valide sarebbe spenta ogni certezza in medicina, e la pratica mancherebbe di una delle più sicure sue guide. NOSOGRAFIA RAZIONALE 501 Poco importa il sapere che gli antelmintici che curano la ver- minazione, gli antiflogistici che curano la flogosi, la chinachina che cura le intermittenti ecc. lo facciano di un modo diretto o indi- retto. Basta che l'osservazione clinica ci assicuri che alla vevmina- zione corrispondono certi rimedj [e cosi si dica degli altri], e che questa relazione é provata da fatti numerosi e ccrtk perché abbia- mo in patologia quella sicurezza che può desiderarsi in ogni altra scienza naturale, Io non conosco alcun rimedio che valga contro tutte le malattie, e se yi è alcuno che giovi in malattie diverse egli é perché corrisponde a qualche atto morboso cho i^hanno comune (il salasso nello flemmasie, emormesi, pletora, febbri); o perché ope- ra in varj modi, e produce diversi effetti [mercurio, antimonio ecc.] applicato in modi e con indicazioni diverse. Quanto alle forze della natura é vero esse intendono a conservare l'economia e a farle vin- cere tutte le malattie, però è provato che esse noi possono sole dai casi gravi gravissimi ed incurabili, e dalla neccessità ed effica- cia dell' arte la quale appunto riesco efficace so comprende i biso- gni terapeutici della natura ed applica opportunamente i mezzi di soddisfarli. Ma appunto perché questi mezzi sono relativi a questi bisogni, e quello che fa il salasso noi fa l'emetico, cosi l'argomen- to dell' autocrazia vitale é favorevole al criterio terapeutico non contrario. E quanto alla cura diretta, a che vale il cavillare che i rimedj possono in più modi servire a distruggere lo stato mor- boso, e che non sapendo in che esso consiste non sappiamo quante diverse azioni possono contro di esso? Sia pure che ignoriamo l'es- senza della condizion sifillitica, e se il mercurio agisce piutosto distruggendo il virus sifillitico, o ricomponendo gli umori alterati, o il disordine delle glandule dei linfatici e delle menbraue; ma la relaziou terapeutica fra il mercurio e la lue è materia di osserva- zione clinica e di statistica, e ciò basta alla medicina sperimentale. Quivi dunque il Bufalini ha confuso egli pure la diagnosi clinica col- la patogenica non pensando che il rapporto terapeutico è materia di osservazione, poco importando che s'ignori come agiscono i rimedj. So bene che vi sono dei miglioramenti fallaci e delle guarigioni fallaci, come pure delle sanazioni pronte e complete anche dopo un momentaneo turbamento portato dai rimedj; però so altresì che da Ippocrate fino a noi si argomenta il buon' esito di un metodo curativo dalla corrispondente diminuzione dei fenomeni morbosi e scomparsa dei morbo. Cosi all' uso opportuno del salasso, del tarta- ro emetico, ed altri aiuti terapeutici vediamo cedere il dolore, la tosse, la dispnea, l'escreato sanguigno, la febbre, ossia i fenomeni della polmonia; dunque non vi é un rapporto cosi indiretto e lon- tano fra le cause prossime ed i mezzi di cura come pretende iPBu- 502 PRINCIPJ DELLA fai ini, ma diretto e neccessario. Convengo che la guarigione tota- le può aver luogo a ritroso dei rimedj, e che é d'uopo sapere a quali influenze é dovuta; però l'osservazione già ha fissato, e può fissare i limiti della natura e dell' arte in molti tipi clinici, e già si sa che una perniciosa, una pustola maligna neglette finiscono colla morte, ecc. Creda pure il Bufalini che fra l'azione prima del chinino, e l'effetto antiperiodico si frappone il processo tera- peutico, e che il primo anello di questa catena é diverso dall' ulti- mo: quando però risulta dà fatti infiniti elio questo chinino cor- risponde di un modo specifico colla condizione periodica,la scienza ha quanto basta per l'arte, né il processo terapeutico é di aiuto o di ostacolo. Cho se per processo terapeutico intendo il Bufalini una spècie di subbiettività autocratica del sistema vivente ad ar- monizzare con dati remedj,ció lungi dall' essere un' argomento con- tro il criterio terapeutico, ne é anzi una prova, perché ogni croto- patia ha un processo terapeutico spedale rispetto ài rimedj che le convengono. L'ultimo argomento del Bufalini che cioè non sani mai possibile di stabilire per inmediata risultanza di osservazione le attinenze vere con cui si collegono i rimedj colle alterazioni occulte deli' organismo,fino a che non conosciamo meglio la chimi- ca organica, é una pretesa affatto irragionevole ed assurda. Per l'uso pratico non é neccessario sapere il preciso modo con cui ope- rano i rimedj noli' occulto dei solidi e dei fluidi per determinarne la terapeutica e relativa efficacia; e tutte le azioni specifiche ed ellettivc che annovera egli stesso e colle parole del Bondioli [nel cap. xvi della Pat.annlit.j furono stabilite per via di osservazione clinica e senza l'intervento della ^chimica organica. Anzi il me- canismo della vita sana e morbosa è cotanto lontano dalle leggi della chimica conosciuta, ohe io penso che questa non potrà dar ragione giammai del rapporto speciale dell' opio colla condizion del'dolorc, della chinachina colla periodesi, del mercurio colla lue; come non potrà comprendere giammai chimicamente l'attività spe- ciale delle cantaridi contro i reni, del tartaro emetico contro lo stomacose cosi si dica di tutte le illazioni o fisiologiche, o morbose, o. terapeutiche degli esterni agenti. Giova dunque conchiudere dalle cose finora esposte, che tanto si allontana dal vero il Giacomini che dà al criterio terapeutico isolato ed astratto un valor diagnostico inmenso esclusivo, come il Bufalini che non gli accorda valore alcuno. Il sistema di Giaco- mini deve rigettarsi perché afferra un lato solo del fatto clinico non tutti i lati, un solo criterio diagnostico non l'insieme di tutti, perché confonde morbi essenzialmente diversi, perché giudica del- la natura dei morbi e dei rimedj non colle norme dell' esperienza NOSOGRAFIA RAZIONALE 503 ma con quelle del sistema dinamico. Il sistema di Bufalini dove rigettarsi perché confondendo la diagnosi clinica colla patogenica diffida delle relazioni terapeutiche dei rimedj perché non può in- terpretarle, perché i suoi dubj spogliano non solo il fatto clinico di un suo principale elemento, ma la nosologia eia pratica delle sue regole diagnostiche e terapeutiche, e d'ogni certezza la scienza e Parte. Pertanto inerendo in parte alle idee di entrambi «riova fissare che l'efficacia dei rimedj é relativa alle cause prossime del- le malattie, perciò da studiarsi in relazione cogli altri dati e cri- terj-diagnostici. § 17G. Conclusione—Come la Nosografia razionale differisce dal- la Patologìa generale—sua novità, suoisco^i, suoi risul- tati, e influenza sid'e cose mediche. A chi legge di volo questa sezione sombrerà di leggeri una for- ma di Patologia generale perché ivi ho parlato in generale del mor- bo e di tutte le sue appartenenze,,e di tutti quasi gli oggetti di cui quella suole occuparsi. Però chi la legge con attenzione, e conside- rai principi di filosofia medica da cui sono partito, il piano che mi sono tracciato, e con cho scopo ho esaminato e discusso i varj te- mi ed oggetti della patologia, capisce subito che fra la patologia generale e la nosografia filosofica da me abbozzata corre un' enor- me differenza. Perché quella tratta in generale e in astratto le co< se patologiche rompendo i rapporti naturali dei fatti, e occupando- si di rapporti insignificanti, e con lo scopo di dare agli oggetti della scienza un' ordinamento artificiale inanlicabile alla pratrca, La nosografia filosofica invece non é che lafi'oso/ia. dei fatti appli- cata alla patologìa speciale; essa non parte dall'idea scolastica di trattare o in generale o in particolare gli oggetti della patologia, ma part#dalla dottrina del metodo che divide la scienza secondo i suoi scopi, che sono la formazione, la coordinazione, la interpre- tazione dei fatti, scopi che sono in armonia collo leggi della niente e coi bisogni dell' arte, ossia coli' ordine con cui il modico acquis- ta le conoscenze di cui ha d'uopo, ole applica, al letto dell' am- malato. Essa tratta della diagnosi ma per discernere quella che appartiene al clinico ed al nosografo, da quella che appartiene al patologo, come aventi scopo, dat;, e risultati diversi; definisce la malattia ma non por averne una nozione metafisica o biologica, ma essenzialmente pratica e sperimentale additando la condizione patologica ossia la sede, il genio, la natura, la causa prossima dei morbi, non come il risultato di alcun sistema biologico, ma come il centro a cui praticamente conduce lo studio empirico dei crite- rj diagnostici. Si occupa delle cause, dei sintomi, degli effetti de 504 PRINCIPJ DELLA morbi, degli effetti de rimedj non per tuattar vagamente e in as- tratto di queste pertinenze del morbo, non per classificarle come fossero fatti individui, ma per esaminarle nelP aspetto dì dati e criterj diagnostici, aspetto unico in cui giova ed é permesso stu- diare questi diversi elementi del fatto clinico, e da cui emergono le regole le più preziose per la formazione delle storie mediche, e per la diagnosi clinica delle malattie. Questa nosografia razionale che presiedo alla sola formazione dei fatti o tipi clinici, cho guida alla sola diagnosi pratica delle malattie parmi affatto nuova in medicina, perché nessun sistema medico, nessun saggio di patologia generale ebbe mai questo sco- po, né questo metodo, né quest' insieme di principj normali. Egli é ben vero che alcune, forse le principali idee di questa seziono si trovano qua e la nelle opere dei patologi i più lodati; ma vi si trovano soffocate e perdute in mezzo alla confusione creata dalla patologia generale,- e dai sistemi biologici. In Boerhaave troviamo un magnifico concetto dell' unità e individualità del fatto clinico;in Boerhaave, in Gaubio, in Cullai troviamo un' idea abbastanza filo- sofica e pratica delle cause prossime-non per questo vennero cerca- ti e studiati i rapporti che hanno i dati diagnostici colle,j mede- sime per fissarne la realtà sperimentale, «non per questo se ne' fece la base della nosologia diagnostica. Da Ippocrate fino a noi i clini- ci*! più lodati, e tutti quasi appartenenti alla gran scuola dell' os- servazione ippocratica diedero tm gran valore alP espressione dei sintomi, allo studio delle cause, all'andamento e terminazione del- le malattie, e al criterio di ciò che giova e di'ciò che nuoce, il che in sostanza equivale al dichiarare e al supporre che fra le cause i sintomi gli effetti de rimedj e le cause prossime delle malattie esìs- te un rapporto provato dall' esperienza, o equivaleva ad ammette- re il valor pratico e relativo dei criterj etiologico, semeioftico, no- sologico, e terapeutico. E su queste idee era fondata Parte del dia- gnostico, del prognostico, e del metodo curativo relativa ad ogni morbo insegnata dai migliori pratici. Tutto ciò non ha impedito che le scuole non trattassero delle cause, dèi sintomi, degli effet- ti de morbi e dei rimedj in generale, cioé[astrazion fatta da quelle relazioni cui debbono tutta la loro importanza diagnostica/Putto ciò non ha impedito che i moderni patologi quasi tutti mettessero in dubbio Pefficacia diagnostica dei s;ntomi,edelle cause morbose. La relatività delle potenze nocive alle predisposizioni fisiologiche am- messa da tutte le scuole, potea guidare ài rapporto etiologico per la nosografia, e alla dottrina dei rapporti organici per la patoge- nia, però non vi ha condotto; e questo principio che potea infor- mare di nuova luce tutta la scienza, rimase sterile e non ha im- NOSOGRAFIA RAZIONALE 505 pedito le dottrine fisiogeniche e terapeutiche che accordano alle esterne potenze salutari, morbose, terapeutiche un' azione assoluta inflessibile, non relativa e condizionata. In Bofalini troviamo in- completo e nascente il mio concetto della patosintesi, concetto che informato meglio alle idee di Boerhaave che alle sue della crotopa- tia e cinopatia potea servirgli di base per una nosografia filosofica, per una nosologia diagnostica, e per una patogenia posteriore e in- duttiva. Egli rimase stèrile, e non fece ostacolo a che egli negasse poi la validità diagnostica delle cause,dei sintomi, degli effetti dei rimedj, e stabilisse una divisione delle malattie non dettata dalla sintesi empirica.dei criterj diagnostici, ma da un suo concetto teo- rico sul magistero e condizioni della vita. Queste idee pertanto rimasero sterili, perché isolate e sconnesse, e non coordinate a un' utile scopo, perché nessun patologo si é proposto finora la filo-sofia dei fatti applicabile alla patologia spe- ciale: filosofia che ridotta alla sua espressione più semplice e ai suoi minimi termini, si riduce a queste tre vedute. 1. ° Distin- guere la conoscenza pratica delle malattie dalla conoscenza teori- ca, la diagnosi pratica dalla diagnosi patogenica. 2* Riguardare la condizion patologica o causa prossima (qualunque sia la circostan- za o situazione innormale.nella quale consiste) il centro, Pauima del fatto clinico, e lo scopo della diagnosi clinica e nosografica. 3. ° Riguardare le cause remote,- i sintomi, gli effetti del morbo, gli effetti de rimedj come elementi del fatto clinico perdi.'; aventi un rapporto empirico colle cause prossime, perciò essere dati o cri- terj diagnostici per conoscerle, individuarle, distinguerle, classifi- carle. Ciò stabilito e posto fuori di dubbio, non v' é più bisogno di alcuna dottrina biologica per fissare la diagnosi pratica delle malattie, e perciò stabilire le differenze e comunanze nosologiche: basta la osservazione clinica o la sintesi empirica dei criteri dia- gnostici. Se é vero ed innegabile che nello stato attuale della nostra scienza v' e un caos inmenso tanto nei principj patologici come nei fatti clinici, tanto nel piano della patologia generale, come nei me- todi nosologici, e sistemi biologici, sembra evidente che l'applica- zione di una dottrina normale cosi semplice sarà di graade vantag- gio alla scienza ed all' arte. Infatti 1° Ammessocene non dobbiamo studiare il morbo e le sue pertinenze collo scopo di averne una conoscenza generale ed astratta ma con quello di conoscere lo sco- po e i mezzi della diagnosi pratica; é dimostrata la vanità della patologia generale, e l'abisso che la separa dalla nosografia ra- zionale, d'importanza inmensa di studiare i rapporti veri dei dati clinici colle unità nosografiche, e il danno che viene alla scienza 506 PRINCIPJ DELLA e all' arte dal metodo contrario. 2.° Ammesso che le cause pros- sime delle malattie possono conoscersi e stabilirsi per sola virtù dell' osservazione, ossia per l'induzione sperimentale dai criterj jdiagnostici, è chiusa la porta alle dottrine biologiche, é tolto lo scandalo di vedere stabilirsi a priori le differenze e la natura del- le malattie. 3. ° Ammesso che l'osservazione clinica non é studio dei fenomeni, ma studio dei rapporti dei fenomeni, cioè sintesi empirica dei mutui rapporti che hanno i dati clinici colle cause prossime, è ridonata l'antica fiducia all' autorità dei criterj dia- gnostici, perché trovate le condizioni e le regole da cui quest' au- torità dipende, é quindi ripreso il venerando cammino dell' os- servazione ippocratica 4. ° Ammesso che un tipo clinico risulta dalla coordinazione nosografica, e rappresenta l'astrazione di ciò che un fatto clinico ha di costante e comune in mezzo alle diffe- renze eventuali, equivale al sentir l'importanza e riprendere lo stu- dio non delle particolarità proprie dell' individuo, ma di quelle dei tipi clinici, di sommo vantaggio alla nosografia e all' arte cli- nica. 5. ° Ammesso che i sintomi e le forme morbose sono effetti e contrasegni di una causa prossima unica so presi nel loro insieme fedele, e nella loro espressione patogenica, é chiusa per sempre la porta alla nosologia sintomatica che classifica forine generiche astrazion fatta dalle cause prossime. 6. ° Ammesso che l'ani- ma, il centro del fatto clinico non é la sede anatomica ma il mo- do con cui questa sede è alterata, e che questo modo di altera- zione non si riconosce già dai guasti cadaverici ma dalla patosin- tesi di tutti i criterj diagnostici, e tolto all' anatomia patologica di dare un vano e sterile scopo alla diagnosi pratica e patogenica, un falso metodo alla nosologia. 7. ° Ammesso che la patosintesi o l'insieme e corrispondenza dei dati diagnostici costituisce l'unità del fatto clinico, e che il valore semeiottico dei singoli dati é in ragione di quest' insieme, e dei mutui rapporti di tutti i dati e perciò colla causa prossima comune, é resa più facile e più sicura la diagnosi pratica e perciò la prognosi e la cura; sono proposte le norme per la distinzione pratica delle complicazioni e succes- sioni morbose, e stabilite le condizioni vere da cui dipende il va- lore diagnostico di tutti i dati clinici, le causo, i sintomi, gli effet- ti del morbo, gli effetti dei rimedj. 8, ° Ammessa la unità del fat- to clinico mediante la patosintesi e la corrispondente scoperta della causa prossima, ò trovata la base di una nosologia che clas- sifichi fatti completi non fatti collaterali, e perciò prenda di mira l'analogia delle cause prossime. Alla nosologia pertanto o siste- matica, o sintomatica, o metodica, od anatomica, é sostituita la nosologia diagnostica, e perciò fissati i principj veri diagnostici e NOSOGRAFIA RAZIONALE 507 terapeutici cho spettano ai gruppi naturali dei morbi umani. 9. ° Ammesse le condizioni dal cui compimento risulta la formazione di un fatto o tipo clinico, sono stabilite le regole per discernere nei materiali della nosografia, quelli che presentano un fatto com- pleto e reale, e quelli che un fatto incompleto ed ambiguo. Dalla nosografia razionale derivano dunque i principj della critica noso- grafica neccessaria all' erudizione, cioè per scegliere nei codici clinici ciò che vi é di utile e di vero, schivare ciò che é erroneo- rcttificar ciò che è dubbio, completar ciò che é incompleto, e tut- to ciò con norme desunte dall' inmutabile filosofia dei fatti, indi, pendenti da qualunque sistema biologico, atte in ogni tempo a formare e a riformaro i materiali della scienza clinica. 10?. Ammes- so che dalle cause remote comincia la storia come la teoria dello stato morboso, che le cause hanno un rapporto empirico e raziona- le colle malattie prodotte; che perché abbiano un valore diagnos- tico e patogenico, debbono studiarsi in relazione alle circostanze della vita in cui operarono, ed alle malattie prodotte; ne conse- guita che lo studio empirico delle cause remote é un dato molto importante per la storia generale d'ogni malattia speciale; e che lo studio razionale delle cause è la guida suprema della patogenia ove si faccia in relazione alle leggi di rapporto vitale e ai fatti veri della nosografia. Con formar dunque previamente fatti clini- ci completi per poi bene classificargli non si rinunzia già alla loro interpretazione patogenica, che anzi si fa la base per lo studio di altri rapporti, e coi riuniti studj della Fisiologia e della Patologia si giunge alla patogenia induttiva destinata a penetrare dove noi potrebbe né la chimica organica, né l'anatomia, né la stessa fisiolo- gia patologica. 11. ° Non è la sola parte speculativa o teorica del- la.'medicina che presenta l'inmagine dell'anarchia e del caos, ma eziandio la parte pratica. E se é vero che i classici maestri dell' arte ci lasciarono modelli di nosografia diagnostica, é certo che furono mo^si più da istinto proprio, e dai grandi esempj della scuola ip- pocratica che da una serie ordinata di principj normali.Ed é vero eziandio che se la nosografia rappresenta il risultato della buona e classica osservazione, ha sofferto e dimostra la influenza della fallace patologia, di falsi metodi nosologici, dei vani sistemi medi- ci; offre quindi vaste lacune, o nel modo d'individuare e classifica- re i morbi, o nel riferire alle unità nosografiche i veri dati diagnos- tici corrispondenti. Sarebbe ciò potuto avvenire se i medici in luo- go di studiare le cose patologiche in astratto, avessero applicato alla patologia speciale la filosofia dei fatti? Stabiliti dunque i prin- cipj di nosografia razionale, non é egli sperabile che la scienza cli- nica abbia una guida sicura, per respingere la influenza dei falsi 5o8 PRINCIPJ DELLA metodi sulla nosografia, per evitar le cause de suoi errori ed im- perfezioni, e ^perciò formare tipi clinici veri esatti completi e quindi stabilire le vere differenze pratiche delle malattie? § 177 Altra conclusione—La Filosofìa deve presiedere all' esperien- za, e tracciare il cammino del medico sapere. Da questa sezione anzi da tutto questo volume emerge un' altra conclusione gravissima, cdé che la sola filosofìa propria delle cose mediche deve tracciare alla scienza il cammino da percorrere, e indi- care i fini da conseguire. Questa tesi é tanto opposta a quanto si é fatto finora in medicina, a quanto s'intende oggi stesso di fare coi moderni modi d'investigazione scientifica, che saia vivamente respinta, e darà luogo a queste obbiezioni :l? Se la medicina é scien- za di fatti esterni come la Fisica, come volete sostituire la sintesi all' analisi, l'associazione alla divisione degli studj? 2?Come pone- te in discredito mezzi d'investigazione scientifica affatto sperimen- tali, com' é la chimica, l'anatomia, la miscroscopia, la diagnosi fi- sica, la statistica? 3. Q Parlate di associazione e di rapporti, in- tanto volete isolare la scienza organica dalla Fisica e dalla Chimi- ca mentre forse é una forma della Fisica universale, e non può non sentir l'influenza di tutte lo scienze umane come è avvenuto fino- ra? 4. ° Volete che la Filosofia isoli la scienza, ne fissi gli scopi, i mezzi, i limiti come il verme che si rinchiude nella crisalide che forma colla propria sostanza, mentre il suo progresso é indefinito? 5. ° Respingete come ipotetici tutti i sistemi biologici, intanto pro- clamate il vecchio Vitalismo Ippocratico?—Prima di separarmi dal mio lettore sento il bisogno di rispondere a queste obbiezioni per respingere le accuse di contraclizione, di preocupazioue teorica, e d'intenzioni retrograde. No, queste obbiezioni non mi spaventano e arditamente sostengo: che lo spirito umano che si applica a un ramo qualunque del sapere, deve proporsi lo scopo e i mezzi dei suoi studj e delle sue ricerche, sotto pena di vagare alla ventura, e tornar indietro, e soffrir disinganni, porche se si propone uno sco- po vano e impossibile, o anche avendo uno scopo utile adopera mezzi non conducenti,dopo vani sforzi si accorge di aver perduto il suo tempo. La storia delle scienze e specialmente della medicina é là per provarlo;lo stesso accaderebbe a un Governo che impren- desse una ferrovia senza studj previ,o ad un nocchiero che impren- desse un viaggio senza scopo certo e senza dati idrografici, lo stes- so accadde ai Portoghesi privi della idea e della fede del Grande Italiano-Veniamo dunque alle obbiezioni. 1. ° La. scienza dei corpi inorganici come quella dei viventi presenta fatti esterni: però che differenza enorme fra le condizioni NOSOGRAFIA RAZIONALE 509 di esistenza degli uni e degli altri! (V. L. 1. gì.) Fra l'individualità dell' atomo, e i suoi rapporti eventuali, e Punita organica, delle forme e degli atti normali e morbosi, e i rapporti vitali neccessari da cui risulta! 11 metodo scientifico deve dunque addattaisi all' indole di ciascuna scienza, e perciò l'analisi propria dei fatti fisici, se applicata ai fatti organici gli distruggerebbe; e viceversa la sintesi conveniente ai fatti della vita causerebbe inutili e storili amalgamo e confusioni se applicata ai fatti del inondo inorganico. La sola Filosofia essa che abbraccia nel suo còrno to inmenso tanto le forze le leggi ci bisogni del nostro intelletto,'come le leggi e le forze delle cose create; essa che riguarda la scienza come studio di rapporti, che perciò studia i rappòrti degli oggetti e dei fenomeni naturali non solo .come condizioni dell' esscre,ma come mezzi di co- noscerne le qualità, le leggi, lo scopo, la concatenazione, e il posto che occupano nell' órdine del creato, essa sola deve, essa sola può determinar previamente lo scopo e i mezzi dei varj rami del sape- re. Essa riparte in tre grandi rami il sapere umano: le sciente fi- siche, le organiche, le morali, perché ciascuno ha speciale subbiet- to, speciale sfera, e spedale scopo; e perché i rapporti fidici, o i rapporti organici, oi rapporti morali hanno risultati profondamen- te distinti e specifici, e speciali manifestazioni di esistenza; e sono condizioni rispettivamente del mondo fisico, della vita organica, e dell' órdine morale. Essa sa che tutti gli sforzi dei filosofi di con- fondere queste tre serie di esseri e di leggi, di applicare le nozio- ni e principj di una scienza per ispiegarc le leggi delle altre, fu- rono vane; che la Fisica antica rappresentata da Empedocle, Pi- tagora, metodici, che la Fisica moderna nascente rappresentata dai mecanici e dai chimici,chc la Fisica moderna raffinata rappresenta- ta dai dinamici e dai chimisti, diedero risultati negativi, e la con- vinzione che i fatti e le leggi della vita non si spiegano coi princi- pj della Fisica e della Chimica. Essa dunque riguarda la scienza delja vita indipendente dalle altre, e perciò avente condizioni sci- entifiche, metodo,e scopo particolari;e non essere stadio di rappor- ti fisici o morali, ma studio di rapporti organici; essa riguarda una la scienza della vita sebbene avente forme e parti diverse 1' Anatomia, la Fisiologia, l'Igiene, la Patologia, la Terapeuti- ca. Perciò addotta la sintesi empirica per la formazione dei fat- ti, e la sintesi razionale od associazione degli stiri] per la forma- zione dei principj;e divide il medico sapore non per l'apparente ana- logia degli oggetti e dei fenomeni ma per l'analogia reale e la spe- cialità degli scopi voluta dai bisogni della mente e dell' arte. 2. ° Che importa che la Chimica, l'Anatomia, la Microscopia, la dia- gnosi fisica, la statistica, siano o sembrino mezzi sperimentali? Spe- > 510 r;uNCiPj della rimentali erano eziandio gli studj de chimici e dei mecanici che osa- rono perfino ricerrore al rigore dei calcoli-matematici: eppure dove eouoì risultati positivi die ne vennero alia scienza? Che valgono questi mezzi se non sono diretti e maneggiati dalla Filosofia medi- ca?La Filosofìa medica non pretende respingere questi aiuti o mezzi SJ:e itifici, ma bensì diriggerlie maneggiarli, gli vuole subordinati a se, nonché abbiano un'iniziativa propria e indipendente.39 So be- enchei chimisti moderni in onta di tanti disinganni, credono che P organismo e la vita sia il risultato delle forze generali della mate- ria e degli imponderabili, e aspettano che la Chimica si perfezioni tanto da scoprire il mecanismo chimico della vita, e perciò non ri- guardano la Fisica e la Chimica come scienze di contrasto ma co- me essenziali alla scienza biologica. Però questa .idea che 24 seco- li di storia medica dimostrano essere una ipotesi temeraria, egli studi moderni una vana speranza, può avere l'autorità di una gui- da scientifica? 4. ° Se la filosofia determina il subbietto ed i limiti, lo scopo ed i mezzi della scienza biologica non é per isolarla dagli altri rami del sapere, ma per istudiare ciò che la vita ha di proprio, e le speciali sue condizioni di esistenza. Crede anzi utile lo studio delle altre scienze, non per ispiegar le sue leggi, ma per rilevare quanto sono diverso; lungi dall' isolare l'economia vivente dall' esterna natura, trova essenziale studiarne i rapporti; ma gli ri- guarda rapporti vitali e non fisici né chimici. Isolarla dunque in questo senso é vantaggiarla, è schivare l'influenza indebita di prin- cipj stranieri, é applicarle il metodo die le conviene, è coltivare il solo e vero campo che le spetta; è studiare e solo studiare i rapporti vitali; é ottenere i tre oggetti che ponno rendere completa la scienza: la formazione, la coordinazione, la interpre- tazione dei fatti organici. Questo campo é tuttavia assai vasto, e se il progresso a cui aspira la scienza none indefinito [e nulla é indefinito quaggiù] é grande abbastanza se mira a soddisfare i bi- sogni della mente e dell' arte. Come giova restringere entro certi limiti, e dar certa direziono alle acque di un fiume o di un canaio per ottenere i vantaggi della navegazione e dell' irrigazione; e viceversa il rompere le dighe e inondare i campi fa perdere ques- ti vantaggi, cosi il dare al sapere medico un' estenzione indebita, e una direziono fortuita, è perderò opera e tempo, e viceversa restringerne i limiti e diriggerne il corso verso un' utile e certo scopo, é renderlo forte, vivo, fecondo. 5.° E'vero chela filosofìa medica respinge tutti i sistemi bio- logici, e proclama il solo vitalismo ippocratico. Malo fa perché la sola sintesi ippocratica presentata eseguita in forme diverse NOSOGRAFIA RAZIONALE 511 rappresenta'lo studio della vita nella vita; Io fa perché ffl f al- tri sistemi da Empedocle fino a Bufalini sono la multiforme ap- plicazione della Fisica e della Chimica alla scienza biologica: lo fa perché confida di depurare il concetto Ippocratico da°an fichi errori, emetterlo in armonia coi magnifici materiali della Fisio- logia e Patologia moderna; lo fa perché lo crede il punto a cui convergono i fatti della scienza, e da cui partono i più preziosi precetti dell' arte. La medicina ha due modi di procedere, ha due specie di risul- tati: 1.° 0 procedere senza scopo e senza metodo cerio, vagare al- la ventura, e. lasciarsi guidare dalla corrente delle altre scienze o dall' influenze di metodi e sistemi medici. 2. ° 0 procedere con previo disegno verso uno scopo certo, previamente fissato non da un' uomo o da una scuola ma dalla filosofiamedica.il 1. ° fu addottato pur troppo dai medici, e il risultato fu che la me- dicina rissentisse l'influenza di tutte le scienze umane, e di tutte le filosofie; i vantaggi che se ne ottennero furono pur troppo nega- tivi e indiretti che cioè si conoscesse la vanità dei sistcnv; e die in questo ravvicinamento loro coi fatti si allargasse e perfezionasse non solo il campo del ragionamento e della teoria, ma quello pure dell' osservazione e dell' esperienza.Egli fu metodo d'indovinamen- to e di eliminazione, lungo, tortuoso, e privo di positivi lavori per- ché privo di previo disegno, Fu vagare alla ventura durante 24 secoli partire da principj desunti dalle scienze fisiche per avere la storia e la teoria della vita, anzi che partire dai gatti, ovvero prefig- gersi l'osservazione esatta, il ravvicinamento,e lo studio induttivo dei fatti organici. Il risultato fu il succedersi, l'escludersi, il ripro- dursi di sistemi chimerici inetti a dare una vera luce alla scien- za una vera guida all' arte; insomma né fatti né principi. Fu vaga- re alla ventura trattare in astratto e in generale del morbo e dò suoi a tributi prima di accertarsi se questo mori do é couforme allo scopo della scienz?, e se potea fornire utili principj all' arte. 11'risultato furono vane astrazioni, frantumi di fatti, scmi-princi- pj inetti a fornire i principj della teoria, ei veri precetti delia pratica. Fu vagare aila ventura classificate Informe dei mor- bi prima di esaminare se con veniva farne , astrazi me dalle loro cause prossime; o classificare i'morbi prendendo per base le lesio- ni anatomiche, prima di esaminare se conveniva farne astrazione dalle forme morbose, e riguardar le lesioni sinonimo di eause prossime; o classificargli prendendo per base la natura dei mor- bi iìimaginate dai sistemi biologici. Fù_ v.igarealla ventura in- vocare l'analisi della Chimica e della Microscopia per iscoprire i misteri della Fisiologia e della Patogenia prima di esaminare se 512 PRINCIPJ DELLA conveniva anzi lo studio sintetico dei fatti organici per questi in- tenti difficili. Fu vagare alla ventura pretendere di classificare ed interpretare l'azione delle potenze morbose e delle terapeutiche astraziin fatta dalla vera nosografia e patogenia; pretendere di ap- plicare la statistica ai fatti medici senza esser certi della realtà dei fatti stessi. I risultati furono i vani lavori della nosologia sin- tomatica, anatomica, sistematica, le pretenzioni patogeniche dèl- ia Chimica e della Miscroscopia, i sistemi terapeutici, i responsi contraditorj della statistica. Il 2.° é quello che io propongo: che la filosofia tracci il cam- mino del medico sapere, clic ne ih. termini previamente le parti, gii scopi, i mezzi, i limiti, il metodo, i rapporti, le applicazioni, che presieda alla esperienza, ossia subordini a se e diriga tutti i mezzi d'investigazione sperimentale. Se quando il gran Vecchio di Coo disse oportet sctpierdiam ad medie inani trans/erre" e ci die- de modelli di buona osservazione e di pratica induzione; o quando la scuola.cmpirica tracciava i principj del metodo sperimentale, si fossero fissati in modo chiaro e preciso i veri rapporti della filosofia e della medicina, eie vere leggi del metodo, altro for- se sarebbe stato il destino della scienza e dell' arte. Ed infatti le parti buone che possiedo la medicina antica e moderna son dovute all' osservanza di questi principj del metodo. 1. ° La medicina è scienza di rapporti organici. 2, c Dall' osservazione, o sintesi empirica dei fenomeni deriva la formazione dei fatti. 3. ° Dalla sintesi o studio razionale dei fatti procede la formazio- ne dei principi analogici ed etiogenici. Egli é cosi che l'Anato- mia, la Fisiologia, ]a Storia naturalo, l'Igiene studiarono le relazio- ni anatomiche, cosmichc,efunzionali dell' economia vitale e dei cor- pi viventi, per farne la storia, e per fissare le forze, le leggi, le condizioni della vita normale; e procedettero dalla osservazione dei singoli fatti alla formazione dei fatti generali, e finalmente all' investigazione delle cause e delle leggi comuni. E se la Medicina classica ci offre modelli pr: ziosi di nosografia diagnostica, e prin- cipi di pratica, egli opache ha studiato le relazioni semeiotti- che, etiologiche. ^w> ^ostiche, anatomiche, terapeutiche, nosologi- che dei tipi clinici; e colla osservazione ha formato fatti comple- ti, e con questi dei principj induitivi. Viceversa ciò che la Fisio- logia e la Patologia hanno di vano, di chimerico, d'incompleto si deve all' aver obbliato queste tre norme. I principj del vero meto- do non furono, insegnati ai medici da un corpo di dottrina, ma inspirati da genio instintivo che cerca il vero nei modi voluti dalla natura del subbietto, e furono osservati, e premiati coli' ac- quario delle più solide ed utili conoscenze. Il molto che con essi si NOSOGRAFIA RAZIONALE 513 é conseguito é un pegno del moltissimo che resta a conseguire di un modo lento graduato paziente ma solido e sisuro. In questa via v' è ancora molto cammino da percorrere, v' é un vasto campo da coltivare. Avendo il previo disegno di riguardare la medicina scienza di rapporti organici, sì eviteranno le cause de nostri errori e l'ingerenza di scienze estranee alla vita, si com- pleterà lo studio di questi rapporti nella Fisiologia e nella Patolo- gìa, nella sfera dell' osservazione e in quella della teoria. Riguar- dando la osservazione o la sintesi empirica com,e l'organo per la formazione dei fatti, si avranno le norme smuro per la nosogra- fia e per la diagnosi pratica, si otterranno i fatti e perciò la base sicura della teoria. Riguardando la sintesi o studio razionale dei fatti completi come l'organo per la formazione dei principj si avran- no le norme sicure per trovare, e si troveranno i principj della no- sologia diagnostica e della patogenia induttiva. Se pertanto ippro- positi e i risultati di questo disegno e di querio metodo saranno, la formazione,la coordinazione, e l'interpretazione dei fatti orga- nici, ossia la vera storia dei fatti, e teoria delle loro cause e delle loro leggi e ciò coli' evitare i materiali erronei o incompleti, e i principj fallaci o dell' esperienza o della teorìa; essi saranno ab- bastanza vasti, utili, fecondi, e degni di essere iniziati dalla Fi- losofia, dall' Epoca nostra, e dall' Italia. *..-•»•-*- FINE Del secondo volume [*]. i [*] Dì cui comincio la stampa nei primi giorni di giugno del I86I,e fu ultima- ta alla metà di luglio del 1862. 65 INDICE DELLE MATERIE DEL SECONDO LIBRO. INTRODUZIONE, O PIAN9 RAGIONATO DELLA PARTE PATOLOGICA DELLA NUOVA ZOONOMIA. § 1. Convenienza di premettere il piano ragionato della parte pato- logica. § 2. Di tutte le parti della medicina la più difficile oscura imper- fetta é la medicina pratica. § 3. L'anarchia, le difficoltà, e l'imperfezione della medicina pratica derivano dalP imperfezione della medica teoria, vale a dire di una buona e valida patologia. § 4. L'imperfezione della patologia moderna sta nel metodo e nei principj. § 5. Questa imperfezione non si rimedia trattando la patologia col metodo seguito finora. § 6. Del metodo filosofico che conviene alla medicina, ossia dell' arte di formare i fatti e i principj (sez. 1*) § 7. La patologìa deve Perroneità de suoi fatti e de suoi principj a quella del metodo adoperato a formargli i^sez. 2*) § 8. La scienza dei morbi deve dividersi in nosografia, nosologia, e patogenia. § 9. Il primo pas.so della scienza dei morbi é la nosografia raziona- le; debbono dunque determinarsi i caratteri su cui deve fondarsi la diagnosi clinica [sez. 3*] § 10. Importanza pratica delle condizioni patologiche, e del solo criterio diagnostico la patosintesi. § 11. Dalla nosografia razionale deriva la critica nosografica necces- saria per Perudizione dei fatti clinici, (sez. 4^-) § 12. 11 2° passo della scienza dei morbi é la nosologia, che per essere legittima ed efficace deve essere diagnostica (sez. 5*) § 13. Lo stato della nosologia sistematica prova che i patologi hanno deviato dalla realtà sperimentale, ed hanno riempiuto di chimere la patologia e la pratica (sez. 6*) ^ § 14. Classificazione diagnostica che propongo che ha per base le condizioni patologiche riconosciute per mezzo della pato- sintesi (sez. 7*) DELLE MATERIE 515 § 15. 11 terzo passo della scienza dei morbi é lo studio patogenico delle malattie, per render più sicura, più feconda, più razio- nale la terapeutica. § 16. Con qual metodo si può tentare la diagnosi patogenica, vale a dire la teoria della vita morbosa, [sez. 8*] § 17. La Fisiologia razionale deve accompagnare non precedere lo studio dei fatti clinici, deve non formare le differenze essen- ziali, ma applicarsi alle classi nosologiche formate dalla pa- tosintesi. § 18.^ Colla patogenia induttiva d'ogni classe nosologica tenterò costituire la teoria della vita morbosa.[sez.9*] § 19. Sintesi patologica, o principj generali di patologia e di tera- peutica,-e suoi vantaggi, [sez. IO'4.] § 20. Riepilogo delle cose dette—avviamento a nuovi studj patolo- gici come conclusione del 2° Libro [sez. 11*] § 21. Addizione 1* in cui giustifico la divisione che ho addottato della patologia, a cui si connotte il piano della presente opera. § 22. Addizione 2* in cui mi giustifico dell' essermi occupato della filosofia medica prima che della patogenia, e d'avere addot- tato una forma alquanto diffusa. SEZIONE PRIMA. LA SCIENZA DEL METODO Ovvero dell' arte di formare i fatti e i principj della scienza e dell' arte medica. § 23. Definizione e importanza grande del metodo filosofico e spe- rimentale. § 24. Il vero metodo sperimentale f(i raramente e sempre di un modo parziale applicato alle cose mediche. Cenno della scuo- la empirica—Danno inmenso che dall' imperfezione del meto- do derivò alla medicina. § 25. Cagioni di questo fenomeno l9 il non essersi determinato chiaramente l'oggetto della teoria, e i bisogni dell' arte: ciò che ho intrapreso nella Introduzione. I § 26. 2° Il non essersi determinato chiaramente i bisogni della men- te cioè le leggi e la teoria del processo intellettuale: ciò che ho tentato in parte nella fisiologia razionale. § 27. 3? La natura e le difficoltà grandi del soggetto: circostanza che venne meno coli' avanzamento stesso della scienza. §28. Doppio scopo del metodo sperimentale: la formazione dei fatti e dei principj—quali sono i fatti e i principj della pato- logia—giustificazione del titolo della presente sezione. 516 INDICE . § 29. Tre corollari derivano da questi principj di filosofia medica []°] La divisione della patologia in nosografia, nosologia, e patogenia. § 30. [2°] Se i soli fatti e i soli principj non costituiscono una scien- za completa, ma gli uni in armonia cogli altri,1a patologia non ha i caratteri di scienza completa, nò rende razionale l'arte senza un perfetto accordo delle sue parti. § 31. [3"]E' sintetico l'ordine con cui procede la mente nella sco- perta del vero, e per la formazione delle scienze naturali— Esame di un' idea fondamentale di Zimmermann. § 32. Della formazione dei fatti clinici pel nosografo e pel pratico— Idea generale del fatto clinico—condizione morbosa rico- noscibile pei dati diagnostici, §33 Se é innegabile il rapporto fra i dati diagnostici e le condizio- ni morbose, la sintesi é il metodo che forma il fatto clinico tanto pel pratico come pel nosografo- § 34. Dell' analisi e della sintesi in patologia: senza la sintesi dei fatti individui e semplici non é possibile l'analisi dei fatti composti. § 35. U ordine che deve tenere il pratico nel formare la diagnosi clinica di una malattia prova la natura e l'importanza del- la sintesi empirica—che cosa é il metodo di eliminazione. § 36. Della formazione dei tipi clinici; oggetto e importanza gran- de della nosografia. § 37. Difficoltà della nosografia, e norme che deve seguire la mente per superarle—1° Delle differenze accidentali delle malattie. § 38. Continua—2- Delle complicazioni.-3° Della costituzione epi- demica. § 39. Continua—4° Altre difficoltà della nosografia derivanti da quelle della diagnosi: mezzi di superarle. § 40. Corollari dalle cose dette—>1° I tipi clinici sono astrazioni ed esiggono l'analisi per l'eliminazione delle circostanze ac- cidentali. 2- I tipi clinici sono certe unità ed esiggono la sin- tesi per riferire ad essi i veri loro elementi. § 41. Dell' ordine con cui procede o deve procedere il nosografo nei fare la storia geuerale di una malattia, ossia un tipo cli- nico. ^ § 42. Base filosofica di quest' ordine. La sintesi empirica ne forma il mezzo, e la determinazione della condizione patologica ne forma lo scopo. § 43. Dell' osservazione medica—sue dinnizioni, e sua fondamentale importanza—teoria dell' arte di osservare—Confronto fra l'osservazione cu il ragionamento. § 44. Continua—L'osservazione é studio e sintesi dei rapporti pri- mi dei fenomeni—Dello spirito di oservazione, il quale é il senso intellettuale dei rapporti primi dei fenomeni. DELLE MATERIE 517 § 45. Continua—quali sono gli ostacoli per ottenere delle buone osservazioni secondo Baglivi e Zimmermann—Luce che su questi precetti porta la esposta teoria. § 46. Continua—Condizioni proposte da Gintrac e eia Zimmermann per la buona osservazione medica rischiarate coli' esposta teoria. § 47. L'oggetto e il risultato dell' osservazione in tutte le scienze mediche é la scoperta dei rapporti di causazione e di con- nessione dei fenomeni—-corollari— § 48. Cosa deve intendersi per esperienza in medicina. L'espe- rienza é il complemento dell' osservazione, e perché—mutua influenza dell' osservazione e dell' esperienza. § 49. Oggetto, difficoltà, importanza, condizioni della sperimenta- zione medica. § 50. Oggetto, vantaggi, fallacie della statistica medica. § 51. Dubj se la statistica può avere un' utile applicazione in me- dicina. § 52. Se la filosofia medica può e come diriggere il criterio numeri- co,—modello di statistica che propongo per pesare ogni fat- to prima di contare i fatti—conclusione. § 53. Nella formazione dei fatti per mezzo dell' osservazione e dello sperimento appartiene l'iniziativa al regionamento spori- mentale—se a fissare i rapporti di causazione basti il canone logico del Bufalini—tre norme proposte. § 54. Della coordinazione nosogratiea dei fatti—se sia ammissibile il metodo dell' illustre Baglivi. § 55. Difficoltà e pericoli del sincretismo nosografico; bisogno gran- de di filosofia medica e di verificazione sperimentale. § 56. Importanza grande dell' Erudizione dei fatti pel nosografo, e pel medico pratico. § 57. Importanza anche maggiore della Critica che determini il giusto valore dei materiali nosogr^fici, e dii le norme per sce- gliergli. §58. Prospetto dei principj di nosografia razionale,—Da eesi deri- vano quelli della Critica nosografica. § 59. Dimostrata insufficienza di alcuni corol.a.rj dell' eccletismo nosografico § 60. Riassuiito-scopo della coordinazione nosografica-scopo e limiti dell' induzione etiologica nei singoli fatti o tipi della fisio- logia e delh nosografia. § 61. La vera nosografia, èia vera nosologia diagnostica sono le basi degli utili aforismi od assiomi pratici. § 62. I fatti collaterali hanno un valore relativo alle unità empiri- che. v ^ § 63. Conclusione—dello scopo, dei mezzi, e dei limiti del ragiona- mento sperimentale in medicina. 518 INDICE § 64. Della formazione dei principj.Definizione e divisione loro in ana- logici od etiogenici—Importanza grande della coordinazione dei fatti clinici—.se convenga coordinare i fenomeni o ele- menti dei fatti o i fatti completi. § 65. Oggetto e importanza grande dell'analogia-Il solo criterio del- la patosintesi può salvarci dal pericolo delle false analogie. § 66. Dei principj analogici applicati alla nosografia, ed alla nosolo» già—d.fferenza fra i principj analogici veri e gli unilateri. § 67. Da questo metodo derivano due risultati stupendi, la nosolo- gia diagnostica, e la patogenia induttiva. § 68. Dell' interpretazione dei fatti, o dei principj etiogenici; scopo vantaggi, difficolta, metodo della patogenia induttiva. § 69. Quali sono i fatti e quali .sono i principj analogici ed etioge- nici della fisiologia in virtù dell' esposta dottrina. §70. I tre rami del metodo guidano .all' empirismq razionale, ed alla vera sintesi scientifica fisio-patologica—Risposta a un' obbiezione al mio concetto dei principj e del metodo. §71. Differenza fra le ipotesi neccessarie e le inainissibili in medi- cina. § 72. Principj normali della Critica delle dottrine fisiologiche, noso- logiche, patogeniche, e terapeutiche. § 73. Del metodo e dei genio scientifico—se uno può stare' senza l'altro, o se entrambi sono neccessarj alla formazione é veri- ficazione dei principj teorici. § 74. Della filosofia del linguaggio tecnico in medicina; e di quali riforme é suscettibile la nomenclatura dei fatti e dei prin-" cipj. § 75. Della certezza in medicina come risultato dell' applicazione' del vero metodo alle cose mediche. § 76. Conclusione: la riforma della medicina, insegnamento, fatti,- e principj deve cominciare da quella del metodo—La scienza del metodo èia base di tutta la scienza e della presente ope- ra; risultati, e vantaggi della sua applicazione— SEZIONE SECONDA DELL' INSEGNAMENTO mi\ PATOLOGIA E critica del modo eoi clic e stata Imitata finora la scienza dei morbi. § 77. Cos' e patologia, e quali conoscenze comprende. In quante' parti fu divisa—questa divisione é assurda e contraria alle leggi del metodo. § 78. I patologi non sono nemmeno d'accordo fra loro sul modo di dividere la patologia, né sull' oggetto da assegnarsi alle sue parti. DELLE MATERIE 519 | 79. Della patologia speciale o nosografica—sue divisioni, suoi pregi, sue imperfezioni dovute a quelle del metodo filosofico. § 80. Della patologia gcnerate-sua origiife, ed applicazione all' in- segnamento elementare—Le fu assegnato un vano scopo ed un metodo erroneo. § SI. Dello scopo e del metodo della patologia generale comparati collo scopo e col metodo della patologia razionale e zoonomica. § 82. Lo scopo ed il metodo della patologia generale sono vani ed erronei tanto per la scienza organica come per la pratica della medicina. § 83. Il piano della patologia generale guida a formare tre o quat- tro scienze vane di una sola—-Vanità della nosologia che procede dalla patologia generale. § 84. Vanità della sintomatologia o semeiottica che procede dalla patologia generale. § 85. Vanità della etiologia generale, che non ha valore nosografico né patogenico. | 86. Dell' anatomia patologica e microscopica, della chimica orga- nica, e della fisiologia patologica. Sono esse altretante scien- ze distinte ed autonome? Possono tener luogo della pato- genia?' § 87. Dei principj di terapeutica quali vengono trattati nelle ope- re di patologia generale. § 88. Dei principj di terapeutica quali sono trattati nelle opere di materia medica e farmacologia. § 89. La patologia generale considerata come studio elementare del linguaggio, delle generalità, e come guida della medicina clinicav § 90. Come insegnamento elementare teorico-pratico essa non é neccessaria, anzi é nociva: mentre la patologia razionale può render facile e sicuro l'acquisto della scienza e l'esercizio dell' arte. § 91. La patologia generale colla forma, lo scopo, il metodo indicati non é stata finora la vera filosofia della vita morbosa—Gau- bio, Sprengel. § 92. Continua—Hartmann, Chomel. § 93. Continua—Williams, e Bufalini.' § 94. Continua—Puccinotti, Gintrac, Bouchut, De Renzi. § 95. La patologia generale non é, e non può essere la vera filoso- fia della vita morbosa. § 96. Delle dottrine fìsio-patogeniche, e dei metodi nosologici con- siderati come organi del medico insegnamento. § 97. Conclusione—La scuola zoonomica deve sostituirsi a quella della patologia generale—Influenza che deve avere sugli al- tri rami del medico insegnamento, e sul progresso della pa- tologia. 66 520 INDICE DELL' INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO. DELLA MEDICINA E DELLA. CHIRURGIA. APPENDICE ALLA SECONDA SEZIONE § 98. Dignità somma dell' Università degli studj. § 99. Oggetto e vantaggio dell' Insegnamento Universitario. § 100. Importanza dell' ordinamento generale degli studi medici, e del metodo nei singoli rami. § 101. Distinzione profonda fra l'insegnamento professionale e gli studi speciali e di perfezionamento. § 102. Perché certi studi'non debbono essere obbligatorj. § 103. Studi preparatori, scienze ausiliari,, scienze mediche essen- ziali per Parte medica e chirurgica. § 104. Con quale ordine, gradazione, e successione debbono inse- gnarsi e associarsi i diversi studi medici. § 105. In qual modo la legge può influire sui maestri per l'esecu- zione di questo piano di studi. § 106. Risposta alle obbiezioni al mio piano—Delia scuola zoono- mica considerata come chiave 'dell' insegnamento medico. § 107. E' aitile e possibile riunire nelle mani di unisolo maestro la materia di due o tre catedre? § 108. E' utile, e logico o no escludere da questo piano di studi medici molta materia, e le scuole cosi dette di pfefegiona- mento?| § 109. E utile o nocivo, e sopratutto logico escludere da un buon piano di studi medici le cosi dette cliniche speciali? § 110. In qual modo si può addottare in alcune Università l'inse- gnamento trascendentale di certe scienze senza che nuoccia al professionale. § 111. Perché cinque anni,e sei per la doppia laurea bastano nel pia- no proposto. Cenno sull' esercizio simultaneo delle due arti. § 112. Delle prove academiche e degli esami verbali e scritti— cenno sulle matricole. § 113. Convenienza di abolire ogni tassa sui gradi academici, e sull' ecercizio delle due professioni. § 114. Conclusione relativa all' insegnamento Universitario— SEZIONE TEEZA. PRINCIPI «ELLA NOSOGRAFIA RAZIONALE Che guidano a formare i fatti clinici, o dello scopo e dei mezzi della diagnosi pratica delle malattie. § 115. Introduzione: la medicina pratica ha due aspetti distinti, la nosografia e l'arte clinica. I principj della nosografia razio- ! DELLE MATERIE 521 naie governano l'una e l'altra; motivi perisvilupparli e con- validarli. § 116. Che cosa si é inteso, e che cosa deve intendersi per diagno- si—Essa é la conoscenza del morbo, § 117. La diagnosi ha due forme distinte, la pratica e la patogeni- nica che abbracciano tutta la scienza e tutta l'arte—fissarne lo scopo e i mezzi é il compito della filosofia medica. § 118. Della diagnosi pratica che compete al clinico-suo scopo, suoi mezzi, suo difficoltà, suo metodo. § 119. Della diagnosi pratica che compete al nosografo-suo scopo, suoi mezzi, suoi limiti, sue difficoltà, suo metodo.—La vera e completa nosografia di un morbo e la sua diagnosi clinica sono sinonimi. § F20 Cosa é malattia considerata come il subbietto della nosogra- fia, della nosologia, e della patogenia? § 121 Della condizione patologica—Essa é l'anima del fatto clinico, e l'incognita del problema diagnostico. § 122. La condizione patologica é ammissibile per induzione spe- rimentale senza bisog'no dell' interpretazione patogenica des- tinata a venir dopo. § 123. Che cosa devo intendersi per causa prossima o condizion patologica; e che cosa é la natura ed essenza della malattia. Neccessità di retrocedere alla dottrina di Gfaubio, Boerhaave, Baglivi, e Cullen. § 124. La patosintesi o l'insieme dei dati diagnostici costituisce l'unità del fatto clinico—Differenza fra la mia costituzione del morbo e quella di alcuni moderni patologi, § 125. Il metodo analitico ha distrutto l'unità del fatto clinico, e il fondamento stesso della nosografia—Esame di un' idea del Pariset, e della dottrina del Bufalini sulle crotopatie e ci- nopatie. § 126. Le diatesi di Brown, la forma morbosa di Bondioli, la con- dizion patologica di Fanzago, i processi diatesici di Tom- masini, le crotopatie del Bufalini non sono concetti prati- ci ma speculativi. § 127. Della sede del morbo considerata come parte e come scopo della diagnosi pratica^-Confutazione di un' idea di Bichat —conclusioni cliniche importanti. § 128. La patosintesi o l'insieme de criterj diagnostici ha'relaztone colla causa prossima dei morbi non colla sede anatomica. § 129. Della sedo del morbo considerata come criterio diagnostico —La patosintesi é condizione della sua validità semeiottica. § 130. Della sede del morbo considerata come base di classifica- zione nosologica—Assurdità che ha introdotto nella patolo- gia e nella pratica. 522 ✓ ' INDICE § 131. Che cosa fu inteso e che cosa deve intendersi per diatesi— 0 delle malattie diatesiche e universali considerate come causa prossima di morbi locali. § 132. Il genio, il carattere epidemico delle malattie entra nel con- cetto della condizion patologica. § 133. Della specificità in medicina—Il concetto della specificità dei morbi e dei rimedj deve riferirsi alle cause prossime non alle forine morbose. § 134. Dei criterj diagnostici.—La patosintesi é il sovrano criterio per la diagnosi clinica—Differenza fra la mia idea e quella che ne diede il Pr. Bufalini. § "135. Valore diagnostico dei sintomi—Essi sono sempre effetti dello stato morboso. § 136 Continua—Quindi erronee e dannose alla scienza clinica le distinzioni proposte dalle scuole di sintomi,fenomeni, e segni, §137. Continua—Quindi erronee e dannose le divisioni dei sinto- mi in essenziali e non neccessari; delle cause, della malattia, sintomi dei sintomi, attivi, passivi ecc. § 138. Continua —Quindi erroneo, inutile, dannoso il metodo pro- posto dalle scuole per raccogliere i sintomi e classificarli. § 139. Continua—L'idea di convertire i sintomi in segni prova la vanità della sintomatologia generale. § 140. Continna—I sintomi sono i fedeli contrasegni dello stato morboso, se bene raccolti dalla sintesi empirica—Risposta alle obbiezioni del Bufalini. § 141. Continua—Modo di osservare e raccogliere i sintomi—La forma morbosa ha due parti, i fenomeni simultanei e i con- secutivi. § 142. Continua—Il corso, il tipo, la durata, l'esito considerali co- me parte della forma morbosa, o gli effetti del morbo con- siderati come sintomi. ' § 143. Continua—Gli effetti dei rimedj perché debbono distinguer- si dai sintomi. § 144. Continua—Le forme morbose costituire da perfetta sintesi empirica non appartengono che ad una causa prossima unica. § 145. Continua—Importanza inmensa delle particolarità e mu- tue relazioni dei sintomi. § 146. Continua—Conseguenze funeste alla patologia e alla prati- ca dell' opinione opposta ammessa dai moderni che la stessa forma morbosa può rappresentare malattie differenti. § 147. Sugli esposti prjncipj 6 fondata la scienza del prognostico. Oggetto, dignità, pericoli, difficoltà del prognostico-—Sua possibilità e suoi fondamenti, e corrolarj importanti che ne derivano. DELLE MATERIE 523 § 148. L'arte del prognostico ha avuto fin qui principj sicuri? Può avergli? Importanza del metodo per istabilire i principj pro- gnostici. § 149. Conclusione—Studio pratico dei sintomi—Sola divisione loro che sia utile e possibile in causali e formali—due cor- rolarj F dubj sul valore diagnostico dell' ascoltazione, 29 assurdità della terapia sintomatica. § 150. Criterio diagnostico che forniscono le cause remote—Pro- blemi che questo tema presenta al nostro esame. § 151 Dottrina etiologica delle scuole—cause prossime, occasiona- li, predisponenti—Rigettate alcune idee di Bufalini, e di Chomel—Vera idea delle cause remote. § 152. Il valore diagnostico e patogenico delle cause remote é fon- dato su due principj 1° Non esistono malattie spontanee 2° Esiste un rapporto logico e sperimentale fra le cause remo- te e le prossime. § 153. Se esiste un rapporto sperimentale fra le cause remote e le prossime, d'onde avviene che non ne trasse alcun profitto né la patologia generale, né la nosografia? § 154. Perché la dotttrina etiologica delle scuole che pure stabi- lisce la relatività delle cause remote, é insufficiente? § 155. Se dalla natura o qualità delle esterne potenze si può argo- mentare la natura, delle malattie; o se fra le cause remote e le prossime esiste il rapporto escogitato da Brown, e seguaci. § 156. Se dall' affinità fisiologica delle cause remote con certi organi e funzioni può argomentarsi la natura delle cause prossime come pensò il Puccinotti. § 157 Risposta alle obbezioni del Bufalini contro il criterio etiolo- gico. § 158 Rapporto- empirico delle cause remote colle prossime, o il criterio della patosintesi applicato alla etiologia- § 159 Rapporto razionale delle cause remote colle prossime;-o la dottrina dei rapporti organici applicata alla patogenia; ragio- ni di non trattarne a questo luogo. § 160 Criterio dfagnostico che forniscono gli effetti dei morbi. Di questo criterio si servono diversamente il clinico, il nosogra- fo, ed il patologo. S 161 Realtà, e forme diverse delle conplicazioni morbose—.La pa- tosintesi 6 la base della dottrina loro. Questa é finora contu- sa e perché, sebbene di grande importanza in patologia. S 162 Effetti inmediati dei morbi sulla sede primaria, sulle consen- zienti, e sull' universale—Essi sono relativi ai tipi clinici, influiscono dunque sulla diagnosi, sulla prognosi, e sulla cura. S 163 Degli effetti consecutivi o terminazioni dei morbi: nsoluzior ne,°crisi, morte, morbi secondarj, successioni, e metastasi, fi 24 INDICE § 164 Continua—Delle successioni morbo?.e, e delle metastasi; per- ché la dottrina delle scuole fosse vaga, infeconda. Esame del- le idee del Bufalini. §165 Conclusione relativa agli effetti consecutivi dei morbi. §166 Dei processi morbosi considerati nell' aspetto di malattie composte—Risposta alle obbiezioni del Giacomini §167 Continua—Che cosa deve intendersi per elemento morboso. —Critica della dottrina moderna relativa a questo argomen- to. § 168. Dell' anatomia patologica—A che condizione giova al cli- nico ed al nosografo—Essa non tiene luogo della patogenia. § 169. Del criterio diagnostico che forniscono gif effetti dei rimedj. Essi completano la storia delle malattie, però non di tutte. § 170 Essi hanno relazione colle cause prossime non colle forme morbose generiche. § 171 Corollario nosologico—A differenze diagnostiche corrispon- dono differenze terapeutiche. § 172 II criterio terapeutico ha una base sperimentale—Condizio- ni alla sua validità clinica. - §173 Tre corollari dalle cose dette ,—Difficoltà del criterio tera- peutico, il metodo sintetico é la sua base, e l'osscrvazion ri- petuta la sua garantia- §174 Uso differente che fa il nosografo, il clinico, od il patologo del oriterio terapeutico. § 175 Esame delle opposte pretese del Giacomini e del Bufalini in- torno al valor pratico del criterio terapeutico» §176 Conclusione—Come la nosografia razionale differisca dalla patologia generale—Sua novità, suoi scopi, suoi risultati, e sua influenza sulle cose mediche. v § 177 Altra conclusione: la filosofia deve diriggore 1'esperienza, e tracciare il cammino del medico sapere. L' Autore confida che la presente opera sia posta sot- to la protezione della legge d? Italia sulla proprietà lette- raria. 525 MATERIE TRATTATE NEI SINGOLI VOLUMI DI QUBST' OPERA. VOL. I. Sulla teoria della medicina-discorso per servire d'introduzio- ne ALLA DOTTRINA DEI RAPPORTI ORGANICI. LIBRO l9 Parte Fisiologica, o filosofia della vita normale, CHE COMPRENDE LA FISIOLOGIA E LA IGIENE RAZIONALE. VOL. II. LIBRO 29 Parte Patologica, o filosofia della vita morbosa. CHE COMPRENDE LA PATOLOGIA E LA TERAPEUTICA RAZIONALE PIANO RAGIONATO DELLA PARTE PATOLOGICA DELLA N. ZOONOMIA. 1* Sezione—La scienza del metodo. 2* Sezione—Dell' insegnamento della patologia. 3^- Sezione—Principj della nosografia razionale. VOL. III. 4* Sezione—Saggio di critica nosografica, o dei fatti clinici. 5- Sezione—.Principj della nosologia razionale. 6* Sezione—Saggio di critica patologica, o delle dottrine mediche. 7- Sezione—Saggio di nosologia diagnostica. VOL. IV. « 8* Sezione—Principj della patogenia razionale. 9- Sezione—Saggio di patogenia induttiva, e terapia razionale. 10* Sezione—Sintesi fisio-patologica. 11* Sezione—Desiderata—o il da farsi in patologia. VOL. V. 1* APPENDICE—Saggio filosofico—I PRINCIPJ. 2* APPENDICE—Saggio medico-sociale LA MORALE MEDICA 526 AVVERTENZA L'autore ha indicato i soli errori tipografici che possono1 alterare il senso, e ha tralasciato quelli che possono fa- cilmente correggersi dal discreto lettore. VOL. l.a Pag 3 lin. 21 — 16 — 24 — 27not[2] .—■ 112 — 31 — 121 - 26 — 150 — 43 __ 306 — 40 VOL. 2.9 Pag . 17 lin o . O 22 not — 23 — 31 — 31 — 7 Errori 1 principj Lancisi Bacon. Nov. org. a diro la sola é questi Anatomica Copeland chiade-stuev é ritorna aggiungi al 2.°.. . . 80 — 35 patognomici 134 — 17 E la patogenia. 177 — 4 Etiologenici 180 — 5 posto 202 — 3 Involontarie 205 — 9 marg. diagnosi clinica e no-sografica 208 — 13 marg. Rapporto secondo 254 — 22 il ben concetto 257 § 82 265 dopo la lin. 43 aggiungi........... — 266 —43 cancella la linea 43 che dice 341 407 — 16 — 9 modo la stessa morbosa Correzione I primi Valisnieri Cicerone. e diro la sola e queste Vitale Copland chiave-studj e ritorna .. 2.9 Iperstenié o m. costituite da eccesso di agen- ti o di azioni fi- siologiche. 3.d Le Eteropatie.. patognomonici E la patogenia? Etiogenici. posso Volontarie - diagnosi clinica, pratica, e noso- grafica Rapporti secondi il bel concetto § 92. vista l'insufficien- za dei rapporti etiologici per lo scopo clinico e .. vista l'insufficien^ za dei......... lato la stessa forala morbosa LISTA DE LOS SUSCRITORES. La II. C.imara do Senadores del Soberano Congreso del Perù con su resolncion del 15 de Abril de 1S01 fa ulto al Esecutivo pa- ra -quo se suscribicse à la parte patologica de mi obra por 200 pjemplares. Està resolncion està en rcvision en la II. Càmara de Diputados, y no dado quo sera aprobada, pues siempre so ha protejido en ci Perù la pubìicacion do obras cientificas y Etera - ria*. KJKMFLARES General D. Juan Antonio Pezet—Vìa: Presidente de la Eepùblica. ... 1 D. D. Juan AntonioRibeiro—Voci/ de la E rema. Coite Suprema de Justicia, y JSJunslro de. Relae'wnes E.iierieres.......... 1 - - Francisco Javicr Mariatcìnii—Vecal de la Excma. Corte Su- •prema de Justicia.................................. 4 - - Bernardo Mmìoz —id.........•................... 4 - - Jervasio Alvarcz—id............................... 1 - - Bonito Lazo Vocal cesante de la misuri ................. 3 - - Blas Jose- Alzamura — Eiscd de la Excma. Córte. Suprema. -4 -• - Jose; Gregorio Paz Soldan—Fiscal, de la Prema. Córte Su- prema y Rector de la Elma. Unirersidad de San Mcrc>s. . . 1 - - Manuel Ferrei ros—Director Cenerai de Esludios....... 1 - - Juan Gualberto Valdivia — Ileetor del. Conviclerio de • Sa 11 Carlos.................................... I - - José Eu-cbio Sanchez—Vocal de la Elma. Certe Stipe- rior de Justicia del departamento de Lima.............. > - - Mdchor Vidaurre—id.............................. 1 -■ - Francisco Estevan Ingunza—id...................• - - Francisco de Paula Mordra—id................... ì - - Bernardino Leon — id............................. 1 - - Manuel Antonio Colmenares— Vcd cesante,ie la misma.. 1 - - Juan de los Heros—Fiscal de lì misma, y diputado al Congreso Nacional................................ x - - Miguel del Carpio—Presidenti de la IL Càmara de Sena- dores .......................................... *■ - Francisco Chavez..........de la Id................ 2 - - José Silva Santistevan—id........................ 1 - Pedro Arrese id..........=......................... j .- - Pedro M. Cabello id............................... * - - Miji-uel Abril id...................................'* P. D. José H. Cornejo, Senador.......................... - Francisco J. Odiaga id............................ - Miguel Cabero y Gabello id........................ - Manuel Tello id................................... - Lorenzo Sologurcn id.............................. General - Pedro Diez Canseco id............................. D. - José Maria Perez—Presidente de la lì. Càmara de Di- putados........................................ - - Antonio Arcnas de la Id........................... - Manuel Arenas......,........................... General - Manuel de Mendiburu id........................... - Juan Centone id,.................................. D. - Evaristo Gomos Sanchez Id........................ - Jose Antonio Lavalle Id........................... - - Pedro José Calderon Id........................... - Pedro Bernales Id................................ - - Mariano Felipe Paz Soldan........................ - - José Davila Condemarin—Adminutrador Cenerai de Correos......................................... - - Francisco de Paula Gonzalez Vigli................. - Manuel Amunàtegui............................ General - José Miguel Medina—Director de la Beneficencia de Lima. General - Manuel Beingolea ..,,..,........,................ - Francisco Quirós....... ,......, .. ,.............. D. - Augusto Pellegrini Quiros........................ Coronel - Kstanislao Correa.......................,......... - Miguel Pardo—Alcalde Alunicipal de Lima............ I). - Aianuel Almiron ... :.............................. - Luis Monterò............... .................... - - Manuel A . Fuentes............................... - Fernando Oiì'elan.................................. - José Mansueto Cauaval............................ - Nicolas Dolan to.................................. - Agustin Muntejo................. ,............... - Enrique "YYilIeniaers..,....._ ,......,......... - Manuel Magan y Santiago......................... - Lino Mariano Barrerà —Inspector de la casa de Ifuerfa- nos lactantes de la Beneficencia de Lima............... - Manuel Pardo—Socio de la Beneficencia.,............. - Francisco ('ara.-sa- --/.-/, y edininistrador de la Aduana del Calao..........,......................... - José Manuel Tirado —id.......................... - Manuel de la Sai y Rosas.......................... - José Carrillo y Zavala........................... - Carlos Guimaraes................................. - Francisco de Paula Rosas.................,........ - Mariano Bolognesi................................ D. D. D. José Gregorio Zuleta.......................... - Ernesto Dupeyron.............................. - Benito Gii..................•.................. - Manuel Wenceslao Aguilar...................... - Mariano Aguirre.............................. - Juan Federico Lembeck—Cónsul General de Suecia y N omega...................................... MKDICOS. Pablo Marciai Aguilar .. 1 Pedro Aguilar......... 1 - Lino Alarco........... ] - José Almenavas........ 1 - Marcolino Aranda...... 1 - Joaquin Anduesa....... 1 - Francisco Alvarado..... 1 - Julian Alzamora........ 1 - Loonidas Ballon........ 1 - Celso Banbaren......... 1 - José Julian Bravo...... 1 - Cleomedes Bianco....... - Rafael Bonavides...... - Francisco Cervera...... - José Jacinto Corpancho. - Manuel N. Corpancho. . - Catalino Cortes........ - José Belisario Calonje . . - Miguel Colunga........ 1 1 1 1 1 1 1 1 r~ - Luis del Castillo........ 1 ^ - Martin Dulanto......... 1 - - ( 'àrlos Deglane......... 1 - - Federico de la Pena..... 1 - - José Domingo Espinar.. 1 - - José Eujenio Eizaguirre. I - - Mauuel T. Espinosa.... 1 r- - Rafael Grau........... 1 - Gregorio Hurtado.... - José Damaso Herrera. - Enrique Kinney .... . - José Lopez Hornillo ... - Rufino Lopez Torres... - José Mariano Macedo. - Guillermo Macklean .. - Manuel Moreno...... - Evaristo Ornellas - Meliton Porras....... - José Pro............ - Pedro Pena......... - Manuel T. Palma____ - Miguel de los Bios. .. - Francisco Rosas..... - Mariano Servigon . . .. - Archibaldo Smith.... - Carlos Tasset. ....... - Manuel Tordoya..... - Juan M. Velarde .... - Domingo Vera...... - José Rufino Valdés.. - Cecilio Velasquez ... -- José Casimiro Ulloa.. - Abraham Wendell ... - Saturnino Velasquez Flores............ ITALIANOS D. José Canevaro Commenda dar, y Cónsul general de Italia en Lima.......................................... R. P. Angelo Anfossi M. 0.......................... - Francisco Bancalari............................. - Leonardo Barbieri,—Director de la Academia de dibu- jo y pintura..................................... - José Benvenuto.....,.,........................... - José Bianchi..................................... - Felix Bendi...................................... - Juan B. Bozzo.................................... D. - Antonio Caffari................................... D. Luis Canossa.................................... - Domingo Castagnino.............................. - Francisco Cipriani y herm.......................... - Luis Costa y herm............................ .... - Pedro Dcnciiri—Socio de la Benificencia de Lima...... - Jose Eboli Profesor de Quimica.................. - Luis Figari................................... - Juan Figari......................................... - Juan Gandolfo................................... - Mateo Oraziani—Arquitecto........■............... Dr. - José Gariazzo....................................... - Andrcs Larco.................................... - Manuel Larco................ ................,. .. - Santiago Lanfranco............................... - Cesar Lietti Profesor de mùsica.................... - Genaro Maghella................................. - Federico Malagrida............................... - Pedro Marcone^................................. - Carlos M. Morelli ............................... - Nicola? Muratori................................'. Di'. - Francisco Natevi................................. - Marcello Oddera................................... - Carlos Enrique Pasta profesor de Mùsica ........... - Esteban Patrone................................. - Modesto Pellegrini............................... - Julio Pozzuoli..................................... - Roquo Pratolongo................................. - José Profumo..................................... - Antonio Puccio.................................. - José Puccio .................................... - Carlos Rada vero.................... ............ - Antonio Raimondi—Profesor de historia naturai..... - Giosuè y herm. Eiia Rainusso.................... - Abraham Rainusso............................... _ Felix Ralfo...................................... - Inocente Ricordi................................. _ Emilio Rossi Corsi................................ - Luiò Raybaud.................................... - Alejnndro Sassi.................................. - José Sdii appapietre............................. - Guillermo Sicca y Compania....................... - Fortunato Simonetti.............................. - Juan Solari de Agostin........................... - Antonio Soldati Arquitecto........................ - Luis Fernando Torcello—Director del Telègrafo Eléc- trico de Lima................................... - Juan Bautista Traverso........................... : C *___c< e «~i cC CCC ^ e t<< - le e c . V<£ ce e ; -« ■<■< (C C, \ ..., < ce c + cere ce < Le' C C < ie e «e ce e ce ■ C " e e e «e <.e e i < «. ■ <. .1 e t 4 ec e ce <: c v . 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