m ;<#. Mm ili ini 1 m I É||| ^)*KS Si |M^P «?:£« #i fw'$»«5»3 iff^^p ili 5f' li 0 *r . frK'^r* W 600 B444b 1878 28320560R "\ f* r- . > * A NLfl D511573b E NATIONAL LIBRARY OF MEDICINE «ras ■ r'W >W.r\' AAAa/V^ A^^^h^^ r$$0 iAAaO MJMfflSSii /sM^aAI SURGEON GENERAL'S OFFICE ...//& ^ÀA' A ^ " ' ^ ^A ::g>^- M/V/VV w ..„*.r wvc Va**.* ' ■ -Vw^alàa a^> >aO*W J6*fif^ i^n^h^i' ^/\ ^ :i AAA .A A*! ( • V:A,nv NLM051157362 >A^te:£: W^.An-MA, K * ,. A*«** T ^A^AA?^^ . aAaAa< A - A ^ ^-^n^„^-A- >AlÀ"r ^A^^Vtyty ^AaAAA^^A^^^^^-^j^^ ^>£aj; r wa ^ -v^-^^/v >r\ Aaa,!»aa àaa^AaA tàe«ftP nAMaA f BIBLIOTECA MEDICO-LEGALE DEL Cav. Dott. R^ BELLINI PROF. DI MEDICINA-LEGALE E IGIENE PRATICHE E SPERIMENTALI NEL R. ISTITUTO DI FIRENZE E DEL DOTT. ANGIOLO FILIPPI AJUTO ALLA CATTEDRA SUDDETTA E UBBRO DOCENTE DI MEDICINA-LEGALE PISA TIPOGRAFIA T. NISTRI E C.1 GIÀ FRATELLI NISTRI 1878 w (oOO B444- tr 1871 v, 3 -4~ Proprietà Letteraria L i j- y VOLUME III- \ ! t MANUALE ii DI [J TOSSIOOLOGIA V PER IL n Prof RANIERI BELLINI . 9j*:< AVVISO AL LETTORE Per non allontanarmi dallo scopo di questa nostra Bi- blioteca medico legale, che è, come dicemmo, quello di offrire una guida pratica ai medici che innanzi al fóro dovranno funzionare da periti, ho lasciato di parlare, declinando così dall' uso comune, di tutte quelle operazioni meccaniche, fìsiche e chimiche in grazia delle quali si isolano dalle materie so- spette i veleni che vi si trovano mescolati o combinati, perchè la cognizione e la manualità delle medesime spettano esclu- sivayne7ite al perito chimico: però nello studio di ciascun singolo avvelenamento, ho creduto bene di tener parola delle principali e più essenziali reazioni chimiche caratteristiche dei diversi veleni, e ciò perchè costituendo esse un elemento diagnostico dei più importanti, non devono e non possono essere ignorate dal perito medico. D' altronde in non pochi casi di avvelenamento si formu- lano dai magistrati e dalla accusa dei quesiti, si sollevano dalla difesa delle obiezioni, che il perito medico non saprebbe nella loro totalità risolvere, se non conoscesse le reazioni ac- cennate ed il loro valore come criterio dimostrativo, la esistenza del veleno, — 2 — Per i giuristi greci però il veneficio era eguale a qualunque altro omicidio : lo stesso dicasi per il codice toscano e per quello della confederazione del Nord, che non fanno del veneficio un delitto sui generis, ma lo considerano come ogni altro omi- cidio. E intanto il maggior numero dei giuristi ne fa un delitto sui generis, perchè, come nota il prof. Carrara, il veneficio pre- senta un criterio speciale di gravita per la insidia e la difficoltà di difendersene. Non è vero, come si è creduto, che ogni veneficio implichi fatalmente la premeditazione, potendo il delinquente percorrere qui, come in qualunque altro omicidio, tutta quanta la tastiera della intenzionalità responsabile dal più irreftessivo impeto al più cupo e freddo tradimento. D'altronde non man- cano esempi, ed uno ce lo riferisce il Carrara, di avvelenamenti consumati per impeto d'animo. L'avvelenamento si distingue in "tentato, mancato e consu- mato. È tentato quando il veleno è mescolato ad una bevanda. ad un alimento ec, che quindi dovrà essere pòrto ad un indi- viduo designato dall'assassino. È mancato quando per qualunque siasi ragione non ha prodotta per se la morte della vittima a cui fu porto; e consumato quando la morte è stata la conseguenza della sua propinazione. I criterii essenziali del veneficio sono in giurisprudenza ne- cessariamente il veleno, la propinazione, e la uccisione. Per cui per constatare il corpus criminis in questo delitto, è neces- sario provare 1.° la presenza del veleno nel cadavere; 2.° che quel veleno fu propinato; 3.° che quel veleno fu causa di mor- te. Le due prime condizioni non bastano, perchè può essere stato propinato il veleno e la morte essere avvenuta per altra cagione, nel qual caso si avrà un veneficio mancato , ma non consumato. L'opera dei periti per la constatazione del materiale del de- litto , che è per regola generale in ogni genere di omicidio , è assolutamente indispensabile nella constatazione del materiale del veneficio ; perchè senza di essi non si può porre in essere la presenza e la effettiva operosità del veleno. Io non starò qui ad agitare la questione se debba o no spa- rire dai codici in cui esiste, il veneficio come delitto speciale o sui generis, perchè mentre è essa una questione grave, non mi sembra adattata per un Manuale come questo che non ha altro scopo che quello di fare dei periti medici e non dei giuristi. Solamente dirò che io sono con coloro, e non sono pochi, i quali considerano il veneficio come tutti gli altri omicidii. Dell'itinerario tenuto dai veleni nell'animale organismo. Assorbimento dei veleni. — Tutti i nostri esterni tessuti si prestano al passaggio dei veleni, purché dessi sieno solubili o atti a divenirlo oppure sieno gassosi o volatili anche a bassa tempera- tura. Però l'assorbimento non avviene iu tutti con eguale prontezza, ciò che tiene principalmente alla costituzione anatomica dei tessuti medesimi. Così quelli che sono sprovvisti di epitelio, come le cel- lette polmonali e il tessuto cellulare, si lasciano attraversare dai veleni più presto delle membrane sierose e muccose che ne sono provviste, e le sierose poi si lasciano attraversare più presto delle muccose, perchè quelle hanno un epitelio molto più sottile di queste. La pelle poi che è ricoperta ovunque di uno strato corneo più o meno denso e stipato, si lascia attraversare len- tissimamente dai veleni. La copia del mucco sulle muccose e le materie sebacee e untuose che si trovano sulla pelle, influiscono pure a ritardare più o meno il passaggio dei veleni nella interna economia. Nella celerità maggiore o minore dell' assorbimento prende parte ancora la natura dei veleni: così i veleni gassosi e quelli che sono volatili anche a bassa temperatura, a circostanze eguali, sono assorbiti più presto dei veleni solubili, e fra questi ultimi sono assorbiti più presto i più diffusibili dei meno dif- fusibili. Lo stato poi in cui si trova il tessuto con cui il veleno viene in contatto, e le modificazioni che esso medesimo vi in- duce sono altre condizioni che ne ritardano l'assorbimento: così un tessuto che sia sede di stato congestivo, o del processo di flogosi, si lascia attraversare meno facilmente dai veleni di quello che è in condizioni normali ; come pure un veleno che entra in combinazione con i materiali albuminoidi dei tessuti _ 4 — con i quali è messo in contatto, è assorbito più lentamente di quello che vi rimane libero ed immutato. Vi sono poi delle condizioni generali che influiscono a ral- lentare o ad accelerare l'assorbimento; lo rallentano lo stato di pletora naturale o artificiale, gli stati asfittico, sincopale, ti- foideo, anestesico, il periodo algido del cholera , il forte movi- mento febbrile; mentre lo accelerano lo stato anemico, e spe- cialmente quello che nasce improvviso in grazia delle emorragie naturali o artificiali. Diffusione dei veleni per eritreo la economia, loro accu- mulamento e trattenimento nella medesima, e vie che gli eli- minano e gli portano allo esterno. — Mentre è certamente il sangue quello che sopraccaricandosi dei veleni che per effetto dell'assorbimento passarono nel sistema vascolare, gli diffonde per la intera economia, e che in grazia del vario grado della sua velocità, gli porta nella intima trama degli organi e dei tessuti con diversa prontezza; pure a fronte di ciò si osserva che questa diffusione è più pronta per i veleni gassosi e per quelli che sono volatili anche a bassa temperatura, che per i veleni liquidi ; è più pronta per i più diffusibili, che per i meno diffusibili ; è più pronta per quelli che si mantengono sempre solubili, che per -quelli che giunti nel seno del sangue si fanno meno solubili, di quello fossero innanzi, o si fanno affatto inso- lubili ; e poi pure più pronta quanto minore è la distanza che passa fra i tessuti in cui si opera l'assorbimento dei veleni ed il sistema arterioso e viceversa, finalmente è più pronta per quei veleni che non si fissano in alcun organo speciale, che per quelli che vi si fissano. Infatti l'arsenico che si fissa specialmente nel cervello e nel sistema nervoso, si trova in questi organi molto prima che sia pervenuto nel fegato, nei muscoli e altrove. I veleni quantunque si diffondano più o meno prontamente per la economia, pure non si trovano ovunque accumulati nella stessa copia, e mentre in genere si può dire che gli organi i più vascolosi come il fegato, la milza, i reni, ne contengono una copia maggiore dei meno vascolosi, ciò non ostante vi sono delle eccezioni. Infatti, come abbiamo detto, l'arsenico che si fissa specialmente nel cervello e nel sistema nervoso che sono, or- gani poco vascolosi, si trova quivi accumulato in maggiore co- pia che nel fegato, nella milza e nei reni. La durata del soggiorno dei veleni nella economia è varia per i diversi veleni, e in tesi generale si può dire che vi si trattengono per breve tempo tutti quei veleni che vi si man- tengono liberi ed immutati, e quelli che subendovi delle com- binazioni danno luogo a dei composti solubili e facilmente eli- minabili, e fra questi poi per più breve tempo quelli che sono gassosi e volatili anche a bassa temperatura, di quelli che sono fissi ; che vi si trattengono invece per un tempo piuttosto lungo quei veleni che, nel sangue e nella trama organica si fanno in- solubili o che si fissano tenacemente nella intima compage di al- cuni organi, sostituendo molto probabilmente alcuni dei loro materiali integrali ; a circostanze eguali poi i veleni si trattengono per un tempo tanto più lungo, quanto la loro somministrazione fu maggiormente prolungata, e viceversa. Come si vede, la scienza non possiede dei dati positivi in questo proposito, e lascia una lacuna molto importante che in- teressa grandemente sia presto colmata, perchè questo più o questo meno non ci soccorrono nelle interessanti e diffìcili que- stioni che si sollevano nel fòro, e bisognerebbe che di ciascun veleno si conoscesse il tempo preciso del suo trattenimento nella economia, non tanto in relazione alla durata della sua sommi- nistrazione, quanto in relazione alla sua azione fisiologica, ed alla età al sesso, al temperamento, alla costituzione, allo stato di salute o di malattia dei diversi individui ec. E finché la scienza non avrà acquistato un patrimonio così fatto, sarà sempre im- potente, o insufficiente a guidare il perito nei suoi giudizi. I veleni col loro diffondersi per la economia non solo passano nella intima trama dei tessuti e degli organi, ma anche in tutti quanti i prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione di quelli fra essi che sono incaricati di queste funzioni ; per cui passano nella saliva, nel mucco, nei succhi gastrici, nella bile, nell'umore pancreatico, nei succhi enterici, nell'umore sinoviale, nell'umore sieroso, in quello acqueo dei globi oculari, nel tra- spirato cutaneo, nelle orine e nell'aria espirata, non che nel mucco che lubrifica le vie aeree ec. — 6 — Alcuni di questi prodotti, quali l'aria espirata, il traspirato cutaneo, l'orina, gli conducono nel mondo esteriore ed operano così una vera e propria eliminazione, mentre tutti gli altri per la massima parte favoriscono il loro riassorbimento, e gli fanno tornare dell'interna economia, per cui si stabilisce così un cir- colo di eliminazioni e di riassorbimenti che debbon rendere ne- cessariamente più lungo il trattenimento dei veleni nell'orga- nismo. Però con l'aria espirata non vengono allo esterno tutti quanti i veleni, ma solo quelli che sono gassosi e volatili anche a bassa temperatura, ed anzi le vie aeree, sono un mezzo di eliminazione molto importante degli accennati veleni, perchè fa- voriscono la loro venuta allo esterno prima che passino nel si- stema arterioso e dispieghino i loro effetti deleterii: mentre la pelle e i reni servono ad eliminare i veleni dopo che hanno dispiegata la loro azione sull' universale organismo. La via di eliminazione più larga dei veleni gassosi e di quelli che sono volatili anche a bassa temperatura sono i polmoni; mentre dei veleni liquidi e solubili sono i reni, quando invece la meno larga di questi e di quelli è la pelle. La eliminazione dei veleni che si fanno insolubili o che si fissano negli organi e nei tessuti non è continua, ma si fa ad intervalli più o meno lunghi di tempo, mentre è continua per quei veleni che liberi ed immu- tati si mantengono nell'animale economia. E poiché i veleni che si fanno insolubili o che si fissano negli organi compariscono sempre nei prodotti delle funzioni di secrezione o di separazione poco dopo che furono assorbiti, così è a ritenersi che la loro insolubilità o la loro fissazione non avvengano subito, ma dopo qualche tempo. Dei principali ed apprezzabili cambiamenti che i veleni subiscono nella economia. Incontrando i veleni sugli esterni tessuti, nel sangue, nella intima trama degli interni tessuti ed organi, e nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, non pochi corpi reattivi normali alla economia, è naturale che, se non tutti almeno non pochi, vi debbano andare incontro a delle combinazioni e a delle scomposizioni nel modo medesimo che si osserva nei nostri la- boratori'. Solamente alcune reazioni nella economia avvengono più tardi che nei nostri tubi da saggio, perchè, come è noto, la materia organica è in genere di ostacolo al gjuoco delle re- ciproche affinità. I principali reattivi che incontrano i veleni nella economia sono gli acidi organici e questi nei succhi gastrici, in cui vi sarebbe anche l'acido cloridrico, nel traspirato cutàneo, e nelle orine; sono i carbonati, i solfati, i fosfati e i cloruri alcalini, i quali, meno alcuno differenze di quantità, si trovano tanto negli umori che nei solidi organici ; sono i materiali albuminoidi, il glucosio, i corpi grassi, i quali sono da per tutto, meno in alcuni pro- dotti delle funzioni di secrezione e di separazione; finalmente sono il gas ossigene, il gas acido carbonico che si trovano principal- mente nel sangue, nell' aria espirata e inspirata, e in piccola copia nel tubo alimentare, e il gas idrogene che si trova nello stesso tubo alimentare, e che nasce di continuo dagli alimenti, non che Pidrogene carbonato e solforato e il solfuro di ammonio, che albergano principalmente nelle crasse intestina. Un fatto però che è meritevole di esser notato, si è, che i cloruri e i carbonati alcalini, che come vedremo più avanti, pren- dono una gran parte nelle metamorfosi di alcuni veleni, non si trovano nella stessa copia sparsi e diffusi in tutti quanti i punti dell'animale economia. I cloruri e i carbonati alcalini si trovano in copia maggiore nel sangue che nella intima trama dei tessuti e degli organi, ed i cloruri poi in un modo se non sempre asso- luto , almeno relativo, si trovano in maggior copia nella orina che nella intima trama degli organi e dei tessuti, che nel seno di tutti gli altri umori di secrezione e di separazione ; e stando alle analisi del Lehmann, negli stessi materiali componenti il sangue i cloruri sarebbero contenuti in copia maggiore nel siero che nei globetti rossi. Spenta la vita, si svolgono tosto dei prodotti acidi in seno a tutti quanti i tessuti ed organi, non che nel sangue stesso, nel quale ultimo non si rendono prontamente sensibili attesa la sua forte alcalinità, che è solo distrutta e superata da quelli molto tardi ; e nel mentre si producono questi acidi, si svolgono dell'idrogene carbonato, fosforato, solforato e del solfuro di am- monio, e in tanta maggiore copia quanto più è avanzata la pu- trefazione. In presenza di tutti questi corpi reattivi, ecco quello che accade di sensibile. Tutti i metalloidi che fuori del corpo contraggono combinazione con l'ossigene e con l'idrogene, fanno altrettanto nella economia, e si convertono nei loro prodotti acidi e idracidi; tanto questi corpi che si sono prodotti, quanto quelli che ven- gono direttamente porti, si salificano a spese degli alcali car- bonati del sangue, e se gli acidi erano organici i sali che si sono prodotti vi bruciano e passano allo stato di carbonati alcalini. Non pochi metalli giunti nello stomaco si ossidano tanto a spese dello ossigene che vi trovano libero, quanto di quello che si svolse dall'acqua, nel quale ultimo caso è messo in libertà del gas idro- gene. Una così fatta ossidazione è sempre poi favorita e pro- mossa dagli acidi del succo gastrico. Per cui si dà luogo alla produzione di sali metallici, i quali si producono anche quando vengono propinati gli ossidi dei medesimi. Tutti questi sali che si sono prodotti, e quelli che vengono direttamente somministrati, se sono di quelli che nei nostri tubi da saggio formano coi materiali albuminoidi, coi carbonati, solfati, e fosfati alcalini ec. dei composti insolubili, fanno altrettanto con questi stessi materiali dei nostri tessuti ed umori ; e dei composti formatisi, taluni sono resi solubili dagli acidi gastrici, tali altri dai soli cloruri o da questi e da quelli, ed altri poi dallo eccesso dei carbonati alcalini. Quello che però è degno di essere notato si è, che molti dei sali metallici perdono la proprietà di formare con i materiali albuminoidi un composto insolubile, ed alcuni anche di essere in parte condotti, o di esserlo comple- tamente allo stato insolubile dai carbonati, dai solfati e dai fosfati alcalini del sangue, se si trovano in presenza di un as- soluto o relativo eccesso di cloruri alcalini, e tornano di nuovo a godere di questa proprietà, di passare cioè allo stato insolu- bile, tostochè i cloruri alcalini si fanno difettivi. E in tanto que- sto è un fatto importante, in quanto ci rende ragione del loro facile diffondersi per la economia, perchè circolanti col sangue che, come dicemmo, è molto ricco di cloruri alcalini, e del loro — 9 — fissarsi e permanere per più o meno tempo nella intima trama dei tessuti e degli organi, in cui i cloruri accennati invece di- fettano Dei cloruri metallici insolubili introdotti nella cavità dello sto- maco, alcuni sono resi solubili dai cloruri alcalini, nel qual caso si dà luogo alla formazione di sali doppi che con estrema faci- lità sono assorbiti. I sali metallici pervenuti negli ultimi tratti del canale alimentare, ed incontrandovi il gas solfidrico e il sol- furo di ammonio vi sono tutti condotti allo stato di solfuri. Tutti quei metalloidi, come solfo, fosforo ec. e quei metalli, come antimonio e arsenico, che si combinano all'idrogene na- scente nei nostri apparecchii di laboratorio, fanno lo stesso nella cavità dello stomaco e delle intestina, in mezzo al cui contenuto nasce incessantemente questo gas. Alcuni dei sali degli alcaloidi a acido minerale, in grazia dei carbonati alcalini dell'organismo, sono privati del loro acido, altri no, e ciò in ragione della maggiore o minore affinità che gli acidi hanno per gli alcaloidi stessi, per cui ne avviene che gli alcaloidi che perdono il loro acido, perchè meno solubili, si trat- tengono più a lungo nello organismo di quelli che restano tut- tavia salificati. Se i sali alcaloidi erano a acido organico, allora questo fatto si verifica per tutti, perchè, come dicemmo già, gli acidi organici bruciando, abbandonano necessariamente le basi a cui erano uniti. Taluni alcaloidi nel sangue si ossidano, altri si resinificano e ve ne sono alcuni che vi restano distrutti, o sdoppiati, ciò che sembra avvenga principalmente o esclusiva- mente nel fegato, come resulterebbe da delle esperienze dello Schifi", ed alcuni corpi perdono ossigene e sono perciò ridotti in presenza del glucosio, dell'acido formico e della stessa materia organica, altri invece assumono 1' ossigene e bruciano quali l'al- cool, l'etere, gli olii essenziali ec. Se durante l'avvelenamento furono somministrati gli anti- doti chimici, allora non pochi veleni nello stomaco e per ciò pri- ma del loro assorbimento si trovano condotti allo stato insolu- bile, ed altri vi sono convertiti in composti solubili pochissimo o punto deleteri. Spenta la vita, gli acidi organici che, come dicemmo, si svol- — 10 — gono nel seno dei tessuti e degli organi renderanno solubili quei composti insolubili metallici che vi si erano fatti tali durante l'avvelenamento, e a putrefazione avanzata si darà luogo alla formazione di solfuri metallici, in grazia del gas solfidrico e del solfuro di ammonio che in copia allora si producono. Del campo di azione dei veleni. Il campo di azione dei veleni non è lo stesso, né egualmente esteso per tutti, e non è vero che tutti quanti abbiano bisogno .per dispiegare i loro effetti deleteri e produrre la mort^ di essere assorbiti, come è sostenuto da qualche moderno tossico- logo. Stando infatti a quello che e' insegna la pratica, troviamo che alcuni veleni, quali gli acidi minerali e gli alcali forti e concentrati, hanno per campo di loro azione i tessuti esterni con i quali vengono in immediato contatto e tutti i fenomeni mor- bosi partono direttamente oppure per giuoco reflesso cerebro- spinale e vaso-motorio da quei tessuti medesimi, e la morte si deve alle lesioni che si ordiscono su di essi; che altri, quali il gas ossido di carbonio , il gas solfidrico ec, hanno per campo di loro azione il sangue, mentre taluni altri invece hanno per campo di loro azione principalmente chi l'asse cerebro-spinale, chi il sistema nervoso motore , chi la fibra muscolare cardiaca e volitiva ec, e ho detto principalmente, perchè, per esempio, la stricnina, mentre si fa operosa sulla midolla allungata e spinale, se è data specialmente a dose alta, agisce anche sui nervi motori: lo stesso si può dire di altri veleni i quali quando sono dati a dose generosa estendono il loro campo di azione a molti organi e sistemi organici. Vi sono dei veleni, quale ad esempio l'acido arsenioso, che se sono dati concentrati, o allo stato solido esercitano la loro azione anche sui tessuti esterni e per ciò prima del loro assor- bimento, mentre pòrti diluti lasciano intatti quei tessuti ed agi- scono solo dopo che passarono nel sangue. Ve ne sono altri in- vece, quali per esempio le cantarelle, il nitro, che hanno un campo di azione svariato e molto esteso, cioè gli esterni tessuti sui quali vengono posti, alcuni degli organi interni, e l'apparec- — 11 — chio urinario col quale vengono in contatto- immediato allorché tornano nel mondo esteriore con 1' orina. Fenomeni morbosi che sono prodotti dai veleni. I fenomeni morbosi che sono prodotti dai veleni si distinguono in comuni e patognomonici. I comuni sono quelli stessi con cui si estrinsecano le ordinarie malattie. Solamente in genere si distin- guono da quelli di queste ultime, per ciò che negli avvelena- menti tengono subito o poco dopo dietro alla ingestione di un medicamento, di un alimento, di una bevanda, oppure alla inie- zione di un clistere nel retto, alla medicatura di una ferita, di una piaga, od anche alla introduzione di un liquido, di un corpo solido nella vagina, o finalmente ad una inoculazione ipoder- mica ec; e si distinguono inoltre dai -medesimi, per ciò che ordinariamente insorgono d'improvviso e in mezzo alla migliore salute, e procedono e si aggravano con una estrema rapidità, ed il più d'ordinario troncano la vita, o grandemente la minac- ciano in poche ore, in pochi giorni. I fenomeni patognomonici sono di due specie, assoluti cioè e relativi; gli assoluti scaturiscono direttamente dal preso o propinato veleno, e consistono in una o più delle sue qualità fisico-chimiche, che ora si offrono spontanee a chi le indaga, ora si ottengono con un qualche reattivo; i re- lativi scaturiscono dalle modificazioni subite dai tessuti, dagli organi, dal sangue, e sebbene isolatamente presi sieno comuni, di- vengono però patognomonici studiati nei loro accidenti di tempo, d'intensità, di durata, di concomitanza ec. Così, a modo di esem- pio, la pupilla dilatata, la vista oscurata, l'occhio insensibile alla luce, il delirio, la faccia stupida, l'eritema scarlattiniforme alla pelle, non ci direbbero ciascuno per se stesso se si tratta di malattia comune o di avvelenamento e molto meno di quale, mentre nel loro complesso ci dicono che l'individuo che offre questi fenomeni morbosi, è sotto l'azione di una qualche solo- nacea virosa, o di qualche suo alcaloide, e molto probabilmente della atropina. — 12 — Alterazioni anatomo patologiche che sono prodotte dai veleni. Anche le alterazioni anatomo-patologiche si distinguono in comuni e patognomoniche. Le comuni sono quelle stesse che si rinvengono nei cadaveri di chi perì per una ordinaria malattia. Solamente in genere si distinguono da queste per ciò che negli av- velenamenti tengono dietro più o meno presto a quelli stessi fatti che abbiamo accennati parlando dei fenomeni morbosi, e come questi insorgono ordinariamente d'improvviso, e in mezzo alla migliore salute e si fanno con rapidità estese, intense e gravi ec. Le alterazioni anatomo-patologiche patognomoniche sono anche esse di due specie, assolute cioè e relative. Le assolute scatu- riscono direttamente dal preso o propinato veleno, o da alcuna sua combinazione coi materiali albuminoidi dei tessuti, e consistono in una o più delle loro qnalità fisico-chimiche, che ora si offrono spontanee a chi le rieerca, ora si ottengono con qualche reattivo. Le relative emanano direttamente dalle modificazioni subite dai tessuti, dagli organi, dal sangue, e sebbene isolatamente conside- rate sieno comuni, divengono però patognomoniche studiate nei loro accidenti di tempo, di intensità, di durata, di concomitanza ec. Così, a modo di esempio, lo stato dissolutivo del sangue, le pic- cole ecchimosi, il giallore itterico della pelle, la degenerazione o la infiltrazione grassosa del cuore, del fegato, dei reni, dei mu- scoli ec. ciascuna per se stessa non ci direbbe se si ha che fare con una malattia comune, o con un avvelenamento, e molto meno con quale, quando invece studiate complessivamente e nella loro estensione ed intensità, non che nel modo di succedersi, accen- nano all'avvelenamento prodotto dal fosforo, ed accennano a questo avvelenamento anche quando la chimica non abbia ritro- vato il veleno nelle materie sospette. Delle circostanze nelle quali ordinariamente si producono i fatti di avvelenamento. Tutte le malattie che cominciano bruscamente, i di cui sin- tomi rapidamente crescenti procedono, persistono e si aggravano — 13 — con una grande violenza, ed hanno un andamento insolito, e delle quali la terminazione è prontamente funesta; ogni morte rapida o istantantanea sopravvenuta in circostanze mal definite, possono fare nascere o suscitai e molto freojjgntemente il sospetto di av- velenamento. Ma, meno che il medico stesso ne constati degli indizii accusa- tori, è raro che venga in mente agli amici o a quelli che stanno intorno al malato, che si tratti di avvelenamento e che ricorrano per ciò alla giustizia. Ciò non avviene che più tardi, allorché cioè la riflessione fa apprezzare certe circostaaze inattese o sospette, le quali non essendo spiegabili con una causa naturale, fanno nascere dei dubbi sopra una malattia così improvvisa, e danno adito al sospetto, che persuade allora a formulare una accusa, una denunzia, la quale provoca poi il processo giudiziario. Queste rivelazioni tardive hanno dal punto di vista della medicina legale una conseguenza importante a notarsi, ed è di aggiungere una difficoltà di più al giudizio di già così difficile e delicato in materia di avvelenamento. Infatti, mentre che per gli altri generi di morte criminosa il perito è chiamato il più d'ordinario a constatare le tracce di un delitto quasi nel momento stesso o pochissimo dopo che venne consumato, non è sovente che dopo più settimane, dopo più mesi ed anche dopo più anni che l'avvelenamento può essere ricercato, vale a dire a una epoca in cui i suoi caratteri saranno in parte distrutti, e dai quali la scienza senza essere completamente disarmata, non po- trà più frattanto ritrarre tutti i criteri sui quali il perito può fondare la certezza della morte per veleno. Dei criterii sui quali il perito deve basare la diagnosi medico legale di avvelenamento. I criterii sui quali deve essere basata la diagnosi medico le- gale dell' avvelenamento sono; 1° i clinici, quelli cioè che si ricavano dall' apparato fenomenale morboso con cui si estrinsecò durante la vita l'avvelenamento, e questi possono essere pato- gnomonici e comuni; 2° i cadaverici che constano di tutte le modificazioni a cui nel cadavere vanno incontro il calore, la rigi- — 14 - dita e il processo putrefattivo, per opera dei diversi veleni; 3" gli anatomo patologici, che risultano di tutte quante le modificazioni macroscopiche e microscopiche che i veleni determinano nei tes- suti, negli organi e nel sangue; 4° i fisico-chimici, i botanici e gli zoologici, i quali emanano dal veleno che fu preso o propi- nato, da quello che fu ritrovato nei residui del veicolo o del mezzo con cui fu pòrto, e nelle materie sospette, costituite dai vomiti, dalle decezioni alvine dal contenuto stomaco intestinale del cadavere, dai visceri, dal sangue, dalle orine ec, del me- desimo; 5° i fisio-tossicologici, che sono quelli che si fanno nascere a bella posta negli animali, con introdurre nel loro or- ganismo la sostanza che il perito chimico isolò dalle materie sospette, e che non riuscì a nettamente caratterizzare; 6° quelli che chiamerò estrinseci o accessori, e che si rie ivano da tatte quante le circostanze estrinseche che accompagnarono la malattia o la morte e che hanno molta importanza nei casi dubbi di avvele- namento. Queste circostanze quasi sempre si scuoprono nel corso della istruttoria, e possono in alcuni casi essere di una grande utilità, per cui non devono mai essere trascurate dal perito ; il quale però si dovrà guardare bene di trarre dalle medesime delle conclusioni quando manchi ogni altro criterio, nel qual caso dovrà lasciarle alla cura dei giudici del fatto. Il Casper asserisce che quando l'analisi chimica ha scoperto il veleno nel cadavere, si ha la prova sicura del veneficio, quan- tunque né i sintomi della malattia, né il reperto cadaverico somministrino altri argomenti. Ciò però non è sempre vero, perchè il ritrovato veleno, onde abbia valore di prova certa del consumato avvelenamento, bisogna che sia dimostrato che non abbia avute altre maniere di origine, che cioè non si trovasse nel cadavere perchè durante la vita vi passò a titolo di rimedio, oppure per ragioni professionali, od anche per essere stato introdotto nel medesimo dopo la morte, od invece che non lo abbiano fatto passare nelle materie animali soggettate alla ana- lisi, i reattivi o gli apparecchi usati per le medesime ec. Mancando la prova chimica non è vero, come taluni preten- dono, che si debba negare l'avvelenamento, perchè si danno dei casi in cui i sintomi della malattia, le alterazioni anatomo pa- — is- tologiche e le circostanze estrinseche ai medesimi, accusano concordemente un consumato veneficio, e se ne danno altri in cui le sole alterazioni anatomo-patologiche, possono avere valore a fare concludere non solo per l'avvelenamento in genere, ma anche per un dato avvelenamento. Per cui non è vero che la prova di convinzione del consu- mato delitto consista soltanto, od esclusivamente nel portare d'innanzi al fòro il veleno che fu preso o propinato e che fu trovato nelle materie dei vomiti, nelle viscere del cadavere o nel sangue; ma può essere costituita anche dal cuore, o da un pezzo di fegato che subirono la degenerazione grassosa, come nel caso di avvelenamento per fosfòro, oppure da del sangue racchiuso in un tubo di vetro, come nel caso di avvelenamento per gas ossido di carbonio; od anche in una esperienza praticata alla presenza dei magistrati, dei giurati, della difesa e della ac- cusa sulle rane o sui conigli con una di quelle sostanze che la chimica fin qui non è riuscita a caratterizzare colle sue reazioni. Del come si deve comportare il medico che presta la sua assistenza ad un individuo avvelenato o cre- duto avvelenato. Il medico che assume la cura di un individuo avvelenato o creduto tale, deve munirsi di una piccola cassetta che coatenga una lente d'ingrandimento, una o due bacchette di vetro, le carte da acidi e da alcali, e i seguenti reattivi cioè, della solu- zione di potassa, del solfuro di ammonio, dell' ioduro di potassio e del sosfato di soda : e ciò per poter fare tutti quei saggi fisici e chimici sulle macchie che l'individuo potesse avere sulle labbra, sulla pelle del mento, sulla muccosa labiale e buccale, sui residui del preso o propinato veleno, sulle materie vomitate od emesse per secesso, che Io possono mettere in grado di ac- quistare un indizio, ed in alcuni casi anche la certezza della presenza od assenza di un veleno d terminato. I primi saggi che farà saranno i fisici; esaminerà cioè suc- cessivamente l'aspetto, il colore, la reazione alìe carte reattive, — 16 - l'odore delle accennate materie, degli indicati tessuti. Noterà se le materie dei vomiti e dei secessi sono omogenee, fluide o solide, dure, o molli se con l'occhio nudo o armato di lente vi riscontrerà dei corpi di una forma speciale, se questi rac- colti e posti sopra la lama di un coltello che sia esposto al fuoco bruceranno o no, e se daranno luogo allo sviluppo di odori speciali. Procedendo in questo modo potrà egli trovare nelle materie vomitate in quelle emesse dall'ano, e nei residui del preso o propinato veleno, dei corpi cristallizzati, dei metalli ri- dotti allo stato di solfuro, delle polveri di composti metallici inso- lubili, delle particelle delle elitre, delle cantaridi, delle gocciolette di olio per esempio di croton, dei semi e dei residui di frutti, di radici, di foglie di piante solanacee ec. Anche il colore offerto dalle materie accennate e della stessa muccosa buccale, sarà una guida importante per il medico, che qualche volta lo metterà sulla via di concludere per uno piuttosto che per un altro veleno. Così le materie vomitate molto colorate di bleu, e a forte reazione acida gli faranno sospettare di avvelenamento per il solfato d'in- daco ; come pure quelle materie stesse e la muccosa buccale colo- rate di giallo potranno fare presumere al curante l'avvelenamento prodotto dal laudano, tutte le volte però che abbia egli eliminato il caso si tratti di colorazione per bile; se saranno giallo-scure e dalle medesime esalerà l'odore d'iodio, sarà messo in chiaro l'avvelenamento prodotto da questo metalloide; e se saranno gialle oppure nere e duranno forte reazione acida, il medico avrà ragione di concludere per l'avvelenamento nel primo caso per acido nitrico, nel secondo per acido solforico*; e quando si offri- ranno colorate di violetto, di verde o di bleu gli faranno presu- mere invece si tratti di avvelenamento prodotto nel primo caso dai frutti di bella donna, nel secondo dai sali del rame. La forte colorazione rossa assunta dalla carta reattiva di tor- nasole che sia stata messa in contatto della muccosa buccale, e delle materie vomitate o dei residui del preso o propinato veleno, •potrà farli nascere l'idea di un avvelenamento per acidi, per cloro o per bromo, mentre 1' arrossamento assunto dalla carta di curcuma al contrario, gli farà ammettere l'avvelenamento per un alcoli libero o carbonato. L'odore di quelle stesse materie poi — 17 — basterà al curante per farli ammettere l'avvelenamento prodotto dal fosforo, dall'acido prussico o da un cianuro, dalla ammoniaca, dall'alcool, dall'etere, dagli alcaloidi volatili, dalla nitro-benzina, dall' acido acetico, dallo idrogene solforato, dal laudano, dalle solonacee virose ec. Se esporrà poi una piccola porzione delle materie vomitate o dei residui del preso o propinato veleno al calore, potrà il curante ottenere altri indizii sicuri di alcuni dei ricordati veleni, perchè se otterrà dei fumi bianchi di odore agliaceo che saranno lumi- nosi nella oscurità, concluderà per V avvelenamento prodotto dal fosforo, se si solleverà l'odore di aceto o di mandorle amare, riterrà si tratti di avvelenamento per acido acetico o per acido cianidrico ec. Versando sopra una piccola porzione delle materie in que- stione del solfuro di ammonio, se si dichiarerà una colorazione gialla, sospetterà dello avvelenamento prodotto dall' acido arse- nioso, oppure dai sali di stagno o di cadmio; se si manifesterà una colorazione giallo arancio, allora si pronunzierà per l'avve- lenamento prodotto dal tartaro emetico; se la colorazione da prima diverrà gialla e di poi scura o nera propenderà per l'avvele- namento per il sublimato corrosivo, se si farà subito scura, resterà in forse se si tratti di avvelenamento per un sale di piombo, di rame, di ferro ec. Versando sopra una piccola porzione delle materie vomitate, o dei residui del preso o propinato veleno dello ioduro di po- tassio, se comparirà una colorazione giallo-verdastra o rossa si pronunzierà per l'avvelenamento prodotto dai sali di mercurio, se gialla invece per quello prodotto dai sali di piombo. Versando su quelle stesse materie del solfato di soda, se si faranno bian- che dubiterà di avvelenamento per la barite o per il cloruro di bario, od anche per un sale di piombo, e potrà ammettere questo ultimo avvelenamento quando, versando sulla parte che si è fatta bianca del solfuro di ammonio questo l'abbia fatto assumere una colorazione scura o nera, perchè i sali di barite rimangono bian- castri in presenza del solfuro di ammonio; finalmente toccando le macchie gialle della pelle e le materie gialle dei vomiti con la potassa, se spariranno, ciò vorrà dire che il medico si trova Bellini 2 — 18 — in presenza di un avvelenamento prodotto dall'iodio, mentre se si faranno rosse, si tratterà di avvelenamento per acido nitrico. È da avvertirsi che tutti questi saggi chimico-clinici, per dare i risultati che ho accennati, devono essere praticati sulle prime materie vomitate, come quelle che contener devono la mag- giore copia dello ingerito veleno, e quando non sieno fortemente colorate di bile verde o di sangue, perchè alcune reazioni, quali specialmente quelle che consistono nelle colorazioni gialle, bianche e rosse, sarebbero mascherate dalla bile, e tutte poi o quasi tutte sarebbero ecclissate dalla presenza del sangue. Il medico curante, formulato il suo concetto diagnostico, allor- ché si accingerà alla cura, cercherà di soddisfare la indicazione di fare vomitare con mezzi meccanici, con l'acqua tepida od anco con la ipecacuana, e bandirà affatto il tartaro emetico, il solfato di zinco e quello di rame, e quando non ne possa fare di meno dichiarerà quale è di questi emetici quello che avrà sommini- strato. E allorché propinerà i preparati del ferro come antidoti chimici, ne lascerà da parte una porzione per inviarsi al fisco. Fatto tutto questo, il curante dovrà alla presenza di testi- moni mettere in tanti distinti recipienti di vetro nuovi e ben puliti, i residui del preso o propinato veleno, e si intende in quei casi in cai questi si trovino presso il malato, le materie che per le prime furono vomitate ed emesse dall' ano, non che le orine, e dovrà riporre in scatole nuove di truciolo o di cartone, oppure in piccole boccette di vetro quella porzione degli anti- doti chimici che lasciò in disparte: chiuderà ermeticamente i vasi e le scatole e le fermerà con spago, munendo il nodo di un sigillo ; su ciascun vaso, e su ciascuna scatola o boccetta metterà una etichetta in cui sia indicato il corpo che egli vi avrà posto, e la munirà della propria firma. Scriverà minutamente in app >sito registro tutto ciò che avrà osservato ed operato in questa prima visita, e formulerà il suo referto, col quale avvertir» il fisco del caso speciale, dichiarando nel m desirao con le debite riserve il suo giudizio diagnostico e prog ionico, e notando che sarà pronto a modificarlo qu indo l'au la neato del ma e e ulteriori notizie o nuove ricerche in pro- posito ve lo costringeranno. — 19 — Prima di lasciare il malato, raccomanderà agli astanti di conservare con scrupolo le materie che il medesimo potesse in seguito vomitare, o emettere per secesso, come pure le stesse orine. Nelle successive visite conserverà in appositi recipienti le materie dei vomiti dei secessi e le orine, e ciò fino a che durerà la cura, e continuerà a scrivere minutamente tutto. Se il malato peggiorerà, dovrà fare un nuovo referto, come pure dovrà avvisare il fisco della morte avvenuta, tostochè l'avvelenamento abbia avuto questo esito infausto. Quando la vita sarà per cessare, dovrà tenere conto della durata della agonia e della maniera della morte, perchè quella e questa non solo influiscono sui fenomeni cadaverici che quindi insorgeranno, ma potranno rendergli ragione ^non raramente dello stato congestivo dei polmoni, dell' encefalo, dei reni ec, che il perito necroscopo metterà in essere all'autossia. Spenta che si sia la vita dell'individuo, il medico curante non ha terminato il suo compito. Egli dovrà esaminare l'ambito esterno del corpo, e attendere al momento in cui cessa il calore animale, a q-ieilo in cui comincia e termina la rigidità cadaverica, e final- mente a quello in cui si dichiara la putrefazione del cadavere, e al modo di loro procedimento, perchè dai responsi di questa maniera di osservazione, il perito potrà ricavare dei dati importanti per la diagnosi medico-legale dei diversi avvelenamenti. Qialunque sia stato l'esito dell'avvelenamento, il medico dovrà tare una dettagliata storia di quel.ovche ha raccolto, osservato ed operato, e dovrà mettere d'accordo i fenomeni cadaverici osservati, colla età, col sesso, colla costituzione, colla stiglile, colla durata della malattia e con io speciale carattere della medesima, colla ma nera di morte ec. Redatta la storia, la firmerà e la consegnerà, insieme a tutti i recipienti in cui ripose 1..- m t t e sospette, i r. sidui dei p esi o propinati veleni, ed i ri- medi usiti, al magistrato o al giudice d'istruzione, giurando di avere detta la verità, e di avere consegnato le materie che real- n.ewte appartenemmo ali.» in liv;da<» da lai assistito. Fatto questo la sui m ssione è te: monta, a meno che non nasca il bisogno n Ila ist:-j/.i ne del pro-esso, e nelle indagini uecrotorniche chimi- che ce., di avere dal medesimo ulteriori notizie. — 20 — Dello ufficio del perito necroscopo in fatto di avvelenamento. Come il perito necroscopo debba procedere nella autossia e nella esumazione, è stato di già detto riti secenJo volume di questa nostra Biblioteca medico legale. Solamente voglio avvertire qui che esso si deve provvedere dello stesso reagentario che ho raccomandato al medico curante, perchè quei medesimi saggi fisici e chimici che questi fece sui residui ilei preso o propinato veleno, e sulle materie dei vomiti, deve il perito necroscopo ripeterli sul contenuto stomacale e intestinale e sulla muccosa dello «tomaco, specialmente in alcuni di quei punti di essa ove spiccano le maggiori alterazioni, perchè molti dei sali metallici, combinandosi con i materiali albuminoidi della muccosa stoma- cale, danno luogo a delle maniere di alterazione anatomo-pato- logica che possono assumere speciali e caratteristiche colora- zioni bagnandole col solfuro di ammonio o con l'ioduro di po- tassio ec. Il perito necroscopo non solo ha l'obbligo di minutamente indagare e studiare tutte le alterazioni anatomo-patologiche che gli offrono i diversi cadaveri, quanto di verificare con i propri sensi il nesso di causa e di effetto fra le violenze patite e la morte; e ciò deve verificare per doppia via, per via diretta ri- scontrando di quefle violenze gli effetti immediati e 1' abilità di questi a fare cessare la vita, e per via in iretta o per esclu- sione, verificando con la ispezione di tutte le carità che nessuna altra causa di morte intervenne. Al perito necroscopo non solo è affidata dal tribunale l'autossia e la esumazione dei cadaveri in e iso di avvelenamento, ma è affidata anche la sperimentazione dsio-tossicologica (mando non venga fatta dallo stesso perito elàmico, o non sia stato incari- cato di questa maniera di indagine un qualche discinto fisiologo, ciò che si può verificare nei grandi centi- d'istruzione. Ora, il perito ricorrerà alla speri mjutazijuj tisio-ios Micologica, quanto il chimico con i suoi procedi di anilUi abbia tro/ata una sostanza che non sia caratterizzabili eoa alcuna delle note — 21 — chimiche reazioni, ciò che si verificherà specialmente nel caso di avvelenamento prodotto da quelli alcaloidi che non hanno reazioni proprie e speciali. Egli istituirà queste esperienze sui cani, sui conigli e sulle rane. Se avrà a sua disposizione molta copia della ritrovata sostanza preferirà i cani, se no si contenterà di servirsi dei co- nigli e delle rane; le quali ultime in alcuni casi gli sarajno utilissime, perchè di una sensibilità estrema all'azione dellèau- stanze venefiche, e perchè senza cessare di vivere permettono che si faccia su di esse delle vivisezioni e si mettano con queste a nudo i loro visceri e .particolarmente il cuore, onde meglio studiare le modificazionali funzionali a cui esso va in- contro sotto l'azione di taluni veleni. Il perito medico eviterà di dare per bocca agli animali ri- cordati e specialmente ai cani ed ai conigli la sostanza da saggiarsi, perchè, come è noto, per questa via gli effetti ven- gono in scena molto tardi, e poi vi vogliono per ottenerli delle dosi piuttosto alte; nei cani poi vi è unaltr» i^Dic:.c, "H è che vo- mitando essi con estrema facilità, possono rigettare il veleno prima che si sia assorbito, e così disperdere nella sua totalità o in gran parte il corpo del delitto. Dovrà perciò giovarsi della via ipodermica, come quella che rendendo pronto e rapido l'as- sorbimento di tutto (manto il veleno inoculato, gli farà ottenere dalle piccole dosi di esso degli effetti pronti ed abbastanza intensi. In alcuni casi, in quelli cioè in cui vi sia ragione di presumere che la ritrovata sostanza sia di quelle che agiscono sulla pupilla, dovrà applicare direttamente una piccola porzione della medesima sul globo oculare, assicurandosi prima di adoprarla che non sia soverchiamente acida, nel quale caso con qualche goccia di am- moniaca, la renderà meno acida, oppure anche neutra. Quando poi il perito vorrà vedere se la ritrovata sostanza è di quelle che paralizzano i nervi o i centri nervosi vaso-motori, dovrà preferire i conigli e specialmento quelli di pelo bianco, portando la sua attenzione sui vasi dello orecchio, perchè questo si presta benissimo per una tale maniera di ricerca, e allorché dovrà verifi- care se la sostanza in quistione è di quelle che agiscono sui nervi motori, oppure sul cuore, o sui nervi che lo influenzano, nel primo — 22 — caso saggerà con le pinzette elettriche i nervi motori medesimi dopo che la vita si sarà spenta, mentre nel secondo caso con un colpo di forbici metterà a nudo il cuore, inoculerà il veleno sotto la pelle e osserverà quello che accade di questo viscere. Farà sempre le sue esperienze tenendo a termine di confronto delle rane che avrà uccise con un colpo sulla testa, e di quelle vive in cui sia stato soltanto messo a nudo il cuore. Dei casi di morte naturale o di malattie spontanee che possono essere attribuite ad un avvelenamento. Io distinguerò col Tardieu i casi di morte naturale ,o di ma- lattie spontanee che possono essere attribuite ad un avvelena- mento, in quelli nei quali la causa materiale della morte è ma- nifesta, e la sua constatazione basta per fare cadere ogni sospetto di avvelenamento, ed in quelli in cui la causa della morte non è messa in chiaro alla autossia cadaverica, e quindi è d'uopo di ricercarla la mercè della analisi chimica, che sola può dileguare i dubbi e mettere in evidenza il veleno. I casi nei quali la causa materiale della morte è evidente, e perciò il sospetto di avve- lenamento non deve essere accolto, sono quelli d'ileo o di stran- golamento intestinale interno, le ernie , la febbre tifoide , le rotture viscerali, le ulceri semplici del tubo digestivo, le perfo- razioni spontanee del medslmo, la peritonitide, i tumori sangui- gni del piccolo bacino, la meningite, l'idrocefalo acuto, le ma- lattie del cuore e dei polmoni. Io non mi fermerò qui a descrivere tutte le speciali alterazioni anatomo-patologiche che sono proprie di queste malattie, perchè ben note a chi funzionar deve da perito necroscopo. Solamente avvertirò che la semplice autossia in questi casi basta da se sola ad escludere il sospetto di avvele- namento, perchè quelle alterazioni hanno una impronta cosi caratteristica, da non poterle scambiare con le lesioni anatomo- patologiche che sono prodotte dai veleni. I casi poi nei quali la causa della morte è dubbia, e in cui si fa necessaria l'analisi chimica per escludere od ammettere l'av- velenamento, sono il colera, l'enterite, la gastro-enterite, l'emor- ragia intestinale e la indigestione. Le prime epidemie di colera che — 23 — eruppero fra noi, fecero almeno nel loro esordire nascere dei so- spetti di avvelenamento e specialmente di quelli avvelenamenti che più d'ordinario si estrinsecauo con la forma cholerica, quali quelli prodotti dal sublimato corrosivo, dall'acido arsenioso, dai sali del rame ec. ; e quantunque le lesioni anatomo-patologiche ed alcuni fenomeni morbosi manifestatisi durante la vita possano non raramente valere a farci distinguere questi avvelenamenti dal cholera, pure possono darsi dei casi in cui il dubbio di av- velenamento rimanga, ed allora non vi è che l'analisi chimica che possa dileguarlo o confermarlo. I casi di enterite o di gastro-enterite, in cui può riuscire diffi- cile di mettere in chiaro, se si tratti o no d'un avvelenamento, sono quelli nei quali la flogosi è semplice ed è sorta idiopaticamente, perchè l'apparato fenomenale morboso e le lesioni anatomo- patologiche del tubo alimentare sono affatto a comune con non pochi avvelenamenti, e particolarmente con quelli che sono l'effetto della ingestione di sostanze irritanti. Però vi possono essere dei casi in cui l'autossia sia per se stessa valevole non solo a farci ammettere il dubbio di avvelenamento, ma a farcelo elevare anche al grado di certezza, e ciò quando con le lesioni anatomo-patologiche si intrinsechino alcune delle qualità fisico- chimiche del preso o propinato veleno, come ad esempio, si ve- rifica quasi sempre negli avvelenamenti prodotti dagli acidi, dagli alcali e da non pochi sali metallici. L'emorragia intestinale per verità si presenta raramente sotto forma essenziale, e quindi non accade quasi mai che si possa prendere come espressione di avvelenamento; ma poi non tutti gli avvelenamenti che si estrinsecano con delle emorragie intestinali possono simulare la emorragia intestinale idiopatica, perchè hanno essi dei caratteri clinici ed anatomo-patologici che facilmente ce li fanno distinguere da questa malattia. Infatti l'emorragia può aversi ad avvelenamento avanzato quando è l'effetto dell'azione del sublimato corrosivo, del fosforo ec; ma nel primo caso abbiamo la stomatite, le gravi lesioni della muccosa dello stomaco, lo stato dissolutivo del sangue, le ecchimosi, le petecchie estese e generali, nel secondo la degenerazione grassosa ec, che par- lano abbastanza in favore dello avvelenamento. Il dubbio forse 24 — patrà nascere in quei casi di avvelenamento per sostanze dra- stiche, in cui non di rado si ha la emorragia specialmente della muccosa del retto intestino, ed è in questi casi che l'analisi chi- mica può da se sola schiarire la quistione. I casi d'indigestione, specialmente nella loro forma grave e qualche volta mortale, costituiscono certamente l'affezione che più di altra è difficile distinguere dallo avvelenamento senza il soccorso della chimica. Quando il perito necroscopo si trovi d'innanzi a dei casi ove non sia possibile né con i criteri clinici, né con quelli anatomo- patologici, di ammettere che si tratti, anziché di morte naturale o per malattie comuni, di un vero e reale avvelenamento, dovrà sempre dichiarare che è necessaria l'analisi chimica; ma in quei casi al contrario nei quali i criteri clinici e anatomo-patologici gli rivelino chiaramente la causa della morte, egli non dovrà esitare un momento a dichiarare che non si tratta di morte per veneficio, ma della tale o tale altra morte naturale o per malattia comune, giacché la riserva e il dubbio sarebbero qui completamente fuori di proposito, ed avrebbero il doppio inconveniente di prolungare la durata della incolpazione che peserebbe sopra un innocente, e di compromettere od almeno di fare forviare la Giustizia. Dei principali e più importanti quesiti che l'Autorità giudiziaria suole formulare nel caso di avvelena- mento. L'Autorità giudiziaria suole durante la istruzione del pro- cesso , oppure durante il dibattimento, formulare ai periti dei quesiti, i quali in genere sono quelli che ora passeremo a stu- diare. Quesito primo. — La malattia o la morte devono essere attribuite alla amministrazione o alVuso di una sostanza ve- lenosa? E dato che si, quale è questa sostanza? Una tale quistione è capitale e domina tutte le altre. E qui possono darsi due casi, o che la morte non sia avvenuta, oppure che ne sia stata la conseguenza necessaria. — 25 — Nel primo caso i criteri per ammettere, od escludere l'av- velenamento e per dichiarare, quando vi è stato, quale fa la propinata sostanza, i periti li ricaveranno dallo apparato feno- menale morboso, dai responsi della analisi chimica, e'.,e fu isti- tuita sugli avanzi del preso o propinato veleno, sulle materie dei vomiti, su quelle dei secessi e delle orine; mentre nel secondo li ricaveranno dai responsi della ispezione del cadavere, della autossia del medesimo e da quelli della analisi chimica anche dei visceri, dei tessuti e dagli umori del cadavere, e in a^uni casi dai responsi, anziché dell'analisi chimica, della sperimen- tazione fisio-tossicologica, quando le reazioni chimiche facciano difetto. E quantunque in alcuni pochi casi i soli sintomi o le sole alterazioni anatomo-patologiche, sieno per loro medesime capaci di autorizzare i periti a dare un giudizio assoluto di avvelenamento e a decifrare il veleno che lo produsse, e ciò in grazia della esistenza di fenomeni clinici e anatomo-patologici patognomonici, pure sarà sempre bene che intervenga anche la chimica a confermare l'emesso giudizio, perchè in medicina le- gale le prove non sono mai troppe. I periti però per asserire che la malattia, o la morte furono l'effetto dei ritrovato veleno, non devono contentarsi delle prove positive che ricavarono dai criteri clinici, cadaverici, anatomo- patologici , chimici e fisio-tossicologici, ma devono anche stu- diarsi di dimostrare che la malattia non è sostenuta e alimen- tata da alcuna cagione prossima o da alcuno stato morboso comune; che i fenomeni clinici che ce la rappresentano scaturi- scono direttamente ed esclusivamente dal ritrovato veleno, e dalle lesioni materiali dal medesimo indotte nella economia, e che la morte non riconosce alcuna delle ordinarie cagioni ap- prezzabili che solitamente la producono, ma è strettamente col- legata con la quantità e natura dell'ingerito veleno, e con le alterazioni anatomo-patologiche da questo primitivamente o secondariamente prodotte. Quesito secondo. — Sotto quale staio il veleno è stato preso o propinato ? Interessa molto quasi sempre all'Autorità giudiziaria di sapere — 26 — sotto quale stato il veleno è stato introdotto nella economia, e ciò per meglio chiarire la istruzione del processo, e mettere d'accordo coi trovati chimici, gli indizi delle deposizioni. Il perito chimico, per esempio, ha trovato del mercurio nelle ma- terie sospette , ma spesso la Giustizia non può ricavare delle conclusioni da questo dato sommario. Il mercurio infatti può essere stato introdotto allo stato di calomelano, corpo quasi inoffessivo, o a quello di sublimato corrosivo, corpo eminente- mente velenoso, ed essere il primo riuscito venefico, perchè trovò, per esempio, nello stomaco dell'ioduro di potassio, del- l'iposolfito di soda che poco innanzi con scopo terapeutico erano stati somministrati ; lo stesso si può dire del mer- curio ingerito allo stato di cinabro, corpo inerte o quasi inerte, e di quello assorbito allo stato di cianuro, corpo micidialissimo. La soluzione di questa quistione, di cui ognuno vede tutta la importanza, non sarà sempre possibile in tutti i casi: sarà possibile quando sia stato trovato presso il malato il residuo del preso o propinato veleno, quando sia noto che l'individuo che ingerì una polvere bianca o rossa ec., aveva poco innanzi preso dell' ioduro di potassio, dello iposolfito di soda a titolo di rimedio, quando nelle materie che per le prime furono vomi- tate si trovino i somministrati veleni o in pezzi, in polvere di vario colore, quando il perito nelle materie sospette, oltreché il mer- curio, vi abbia ritrovato anche degli ioduri alcalini e degli ipo- solfiti egualmente alcalini ec; ma allorché non si trovi nulla di tutto questo, e il perito non abbia potuto mettere in essere altro che del mercurio, non sarà possibile di dire sotto qual forma questo fu porto. Quesito terzo. — La sostanza impiegata può produrre o avere prodotto la morte? Qui possono verificarsi due casi, o che si tratti di avvelena- mento che si residuò allo stato di tentativo, o di avvelenamento consumato. Nel primo caso, mentre i periti potranno dire che la sostanza impiegata può produrla, non potranno sempre asserire che l'avrebbe prodotta, perchè, come è noto, la velenosità scaturisce nelle sostanze più dalla dose, che dalla natura loro, e il riuscire o — 27 — no mortali, si deve alla quantità alla quale furono pòrte, alla natura del veicolo col quale furono somministrate, all'essere state riget- tate coi vomiti più o meno presto e in copia maggiore o mi- nore, allo stato in cui furono somministrate, alla esistenza nello stomaco di sostanze normali o anormali che favorendone o con- trariandone la solubilità ne affrettarono o ne impedirono l'as- sorbimento, alla esistenza o no di alcuni speciali stati patologici locali al tubo alimentare, oppure generali che ne favorirono o contrariarono l'azione. Per cui i periti asseriranno che l'avrebbe prodotta, quando le materie che furono per le prime vomitate ne contengano una copia tale che per unanime consenso è rico- nosciuta per mortale, e si faranno ad indagare le cagioni per le quali non si ebbe questo esito infausto, e trovatele le dichia- reranno alla Autorità giudiziaria. Nel secondo caso, quando cioè la morte sia realmente av- venuta, i periti concluderanno che questa si deve alla ritrovata sostanza, anche quando non l'abbiano rinvenuta nelle materie che soggettarono alle loro analisi, in quella copia che è giudicata mortale , purché però sia esclusa ogni altra cagione di morte naturale e morbosa ; perchè vi sono degli individui che risentono per speciali idiosincrasie a gradi molto diversi l'azione dei veleni, e perchè le sostanze che i chimici ritrovano nelle materie sospette coi loro mezzi di analisi, non rappresentano mai la quantità precisa che ne fu ingerita, sia perchè questi operano sopra una porzione e non su tutto intero un cadavere, sia perchè con i loro processi chimici ne disperdono un poco, sia perchà durante la vita se ne elimina una quantità maggiore o minore ec. Il Tardieu non vuole che i periti si preoccupino delle circostanze che attenuando o annientando l'azione dei veleni, ne impediscono i loro effetti mortali, perchè queste, secondo esso, non si rife- riscono in alcuna maniera alla capacità velenosa della sostanza di cui essi da questo solo punto di vista determinar devono la na- tura. Ma a me pare che il Tardieu non abbia a questo proposito ragione, perchè, lo ripeto, le sostanze di cui ci occupiamo sono velenose per la copia a cui sono pòrte, e non per la; loro na- tura: infatti se fosse altrimenti, non potrebbero esse costituire la maggior parte del nostro patrimonio terapeutico; per cui la — 28 — quantità della sostanza deve entrare come elemento essenziale nella soluzione del problema, e la natura della medesima solo come elemento secondario. E non possono i periti, perchè certe sostanze si chiamano acido arsenioso, sublimato corrosivo, sol- fato di rame, nicotina ec, dire che in quel dato caso in cui fu- rono propinate potevano dare la morte", senza aggiungere però che la potevano dare subordinatamente alla dose alla quale fu- rono ingerite. E per dimostrare sempre più che il Tardieu nel sostenere la tesi accennata, è dalla parte del torto, ricorderò come egli ne suoi studi medico-legali e clinici sugli avvelena- menti formuli un quesito, che è quello che ora passeremo a studiare, col (male è domandato a qual dose la sostanza impie- gata è capace di dar luogo alla morte, quesito che a colpo d'oc- chio non solo contrasta grandemente con gli enunciati priocipì, ma gli distrugge affatto. Quesito quarto. — A qual dose la sostanza che fu ritrovata è capace di dar luogo alla morte? — Questa è una semplice quistione di fatto, che non può essare risoluta che per ciascuna specie di avvelenamento in particolare. Intanto farò avvertire in una maniera generale, che una tal questione non può essere il più spesso risoluta se non in modo approssimativo e che la determinazione della dose venefica è subordinata alla età, alla costituzione, alla stato di salute o di malattia, al clima, allo stato di pienezza o di vacuità dello stomaco ec, per cui non si può stabilire nulla di assoluto in questo argomento. Le espe- rienze fatte salii animali non possono essere qui di alcun soc- corso, e bisogna esclusivamente lasciarsi guidare dai responsi che ci danno la terapeutica e la tossicologia clinica , i quali più di ogni altro si approssimano al vero. Quesito quinto. — La sostanza velenosa è stata ingerita %n quantità sufficiente per dar luogo alla morte? — Quando risulti che dietro la propinazione di un veleno sia avvenuta la morte, e sia messo in evidenza che questa non si può at- tribuire ad altra nota cagione, il perito è in diritto di asse- rire che la quantità è stata sufficiente per produrla, e non vi — 29 — è bisogno che la chimica concorra a dimostrarlo. Nói abbia" mo altre maniere di morte, quella, per esempio, per combu- stione, in cui a questa stessa domanda il perito risponde che le ustioni prodotte sono state la cagione delia morte, abbenchè apparentemente per la loro poca estensione e profondità sem- brassero insufficienti a questo effetto, tutte le volte che l'esame attento e scrupoloso del cadavere non gli disvela alcuna altra cagione capace di averla prodotta. D'altronde la determinazione quantitativa precisa il perito chimico non la può fare quasi mai. Quesito sesto. — Per qual via il veleno è stato ammini- strato?— I veleni, come è noto, possono passare nello interno della economia per molte vie, e la storia mentre registra mol- tissimi cas; di avvelenamenti avvenuti introducendo i veleni per bocca, nell'intestino retto, nella vagina, in una ferita, ponendoli sopra una piaga, nel fondo di un cauterio, ne registra anche alcuni che sono avvenuti applicandoli sul globo oculare, iniettan- doli per via ipodermica, oppure facendoli passare per la via dei polmoni se erano gassosi o volatili anche a bassa temperatura. Le circostanze estrinseche riferibili al fatto, ed il sapere che i fenomeni morbosi tennero dietro subito o poco dopo alla in- gestione di un alimento, di una bevanda, di un medicamento, o alla iniezione di un clistere nel retto, oppure a una inoculazione sottocutanea, od anche alla medicatura di una ferita, di una piaga, di un cauterio, e alla applicazione di un rimedio sul globo ocu- lare, o alla introduzione di uno stuello medicato nella vagina, o finalmente alla respirazione di un gas o di un corpo volatile anche a bassa temperatura, sarà già molto per asserire che la sostanza venefica penetrò per l'una o per l'altra delle accennate vie. E quando il veleno sia di quelli che irritano più o meno vivamente gli esterni tessuti, la manifestazione dei fenomeni di irritazione o di flogosi nell'uno o nell'altro degli indicati siti, sarà un altro criterio per stabilire quale fu la via di introduzione del veleno. Come pure se si tratterà di veleni poco solubili o che sieno stati usati in polvere o in pezzi, un altro criterio in questo pro- posito, l'avrà il perito nella esistenza sull'una o sull'altra 30 — delle accennate parti del veleno, il quale poi la chimica ve lo ritroverà sempre in copia maggiore che negli altri siti dell'ani- male economia, specialmente quando la morte fu pronta. Allorché si rinvenga un cadavere che abbia avvolto attorno alla fàccia un asciugamano, uno scialle ec, che contengano della ovatta imbevuta di etere, di cloroformio ec, oppure allorché esso si trovi in una atmosfera ricca di vapori di carbone, di gas illu- minante ec, il perito necessariamente sarà condotto a ritenere che la via di introduzione dei veleni sono stati i polmoni. Quesito settimo. — In qual momento ha avuto luogo la ingestione o la introduzione del veleno?— E sempre di una estrema importanza in tutte le istruzioni criminali di giungere a stabilire con certezza l'ora esatta nella quale un delitto è stato commesso; l'accusa e la difesa sono egualmente interes- sate a questa determinazione precisa. Se in tutti i casi i primi fenomeni dell' avvelenamento esplodessero subito o poco dopo la introduzione del veleno nell'animale organismo, sarebbe sem- pre facile al perito di potere rispondere a questo quesito; ma vi sono non poche circostanze che si riferiscono alla natura del preso o propinato veleno, allo stato in cui fu, pòrto, cioè in pezzi, in polvere, oppure disciolto, alla natura del veicolo con cui fu somministrato, alla via per la quale si fece strada all' interno, allo stato di pienezza o di vacuità dello stomaco, alla natura degli alimenti che vi ha incontrato, allo stato di pletora, o di ane- mia, allo stato di esaltamento o di depressione delle funzioni cerebro-spinali ec; le quali ritardando od affrettando la manife- stazione dei primi fenomeni morbosi, rendono non sempre age- vole la soluzione del problema. Però in genere si può dire che non si fanno attendere molto, tostochè i veleni vennero in con- tatto dei nostri tessati e furono assorbiti. Nei casi poi di avvelenamento lento, nei quali l'amministrazione dei veleni si fa dagli assassini a più riprese e ad intervalli più o meno lontani, la questione è meno facile a risolversi, ed esige un'at- tenzione tutta speciale. Se ogni esacerbazione dei fenomeni mor- bosi on cui si estrinsecano gli avvelenamenti lenti, stasse a rappresentarci la nuova somministrazione del veleno, sarebbe — 31 — facile rispondere al quesito, ma la osservazione clinica ha dimo- strato che in non pochi avvelenamenti lenti, e specialmente in quelli prodotti dall'arsenico, dall'oppio, dal tartaro emelico, dalla stricnina ec., delle esacerbazioni più o meno prolungate di fe- nomeni morbosi possono prodursi naturalmente e seuza che nuova dose di veleno sia stata pòrta. Un criterio però che potrebbe avere molto valore, in questa questione, potrebbe essere ricavato dall'analisi delle orine, perchè se avvenisse di tiovare che le orine contenessero maggior copia di veleno durante le esacerba- zioni che nelle remissioni, il perito avrebbe ragione di ritenere che la esacerbazione rappresentava il momento in cui l'assassino aggrediva con nuove dosi di veleno la vittima. Quesito ottavo.-—-L'avvelenamento può avere avuto luogo e il veleno può essere scomparso senza che se ne ritrovino delle tracce e ciò dopo quanto tempo? —• Questa quistione ha poco o punto interesse in ciò che concerne l'avvelenamento re- cente. Infatti benché si possa ammettere che quasi tutta la quan- tità di una sostanza velenosa possa essere stata rigettata coi pronti e larghi vomiti e colle evacuazioni alvine, e le espulsa materie sieno state disperse, è ben raro e spesso anche impossibile che una certa quantità di veleno non sia stata assorbita, e perciò che non possa essere discopei'ta con l'analisi chimica nelle orine se l'individuo sopravvisse, oppure anche nei visceri, nei tessuti, negli umori se divenne cadavere. Ma se l'avvelenamento ha durato per alcuni giorni, e moltopiù se la morte è avvenuta dopo qualche settimana, o dopo alcuni mesi, può accadere che del veleno non non ne sia rimasto nel cadavere alcuna traccia apprezzabile; sia perchè alcuni nella loro totalità furono eli ninati duranti.' la vita, come avviene per gli alcaloidi e per tutti quei veleai che sempre.si mante.ìgono solubili; sia perchè altri veleni, bruciali lo nell'organi- smo, furono più o meno presso eonvertiti in dei pio lotti acidi, come ad esempio avvàeie dei fosforo, il q iato p issa pre-ao allo *tato di acido fosforico, e questo a quello di fo-ifaà il/, dia': . il uro no, l'iaiio, ;hsi i'il ■> " ast- inente l'idrogene dei t.-ss iti e de,:: li u uori auiai.i. p.s in presenza delle basi alea!ine carbonate della eoneana al. > si.ato — 32 — di cloruri, bromuri e ioduri alcalini, i quali sono poi con cele- rità eliminati; sia perchè alcuni altri in grazia del metodo cu- rativo furono durante la vita nella loro totalità neutralizzati, corno ad esempio, gli acidi minerali, gli alcali concentrati. Non vi sono che i veleni metallici, e fra questi più alcuni che altri, che pos- sono essere ritrovati nel seno dei cadaveri di coloro che perirono non solo dopo delle settimane, ma anche dopo dei mesi. In molti casi però se non è dato di ritrovare il veleno che fu preso o propinato, possono trovarsi i prodotti delle combinazioni e de- composizioni a cui an lo esso incontro nella economia, e possono questi avere valore a rappresentare l'avvelenamento, o perchè non sono propri della economia medesima, o perchè essendolo, vi si trovano in una copia di gran lunga superiore a quella normale: possono trovarsi delle alterazioni anatomo-patologiche, che per le loro speciali qualità possono elevarsi a segno certo di un dato av- velenamento, e rappresentare così il veleno che non fa possibile ritrovare colla indagme chimica. Non solamente però in questa questione si tratta di sapere quello che avviene della sostanza velenosa nel vivo organismo animale, e in quali condizioni possa scomparire dal medesimo, ma interessa anche di determinare se esistendo nella economia al momento della morte, abbia potuto scomparire per opera del processo putrefattivi, o delle acque di filtrazione del terreno in cui è inumato il cadavere. Questa quistione può nascere nelle autossie tar live e perciò nelle esu- mazioni, e come è agevole a comprendersi non manca d'im- portanza; però la scienza è ben lungi, per ora, di potere offrire tutti i lumi necessari per la sua soluzione. Frattanto vi sono alcuni fatti generali che sono stati conquistati alla scienza e che possono essere messi a profitto dei periti in proposito Ora è a sapersi che le diverse sostanze velenose, non si comportano tutte nello stesso modo in mezzo a cadaveri, che sono in putre- fazione. La natura organica o inorganiea influisce infatti sulla ritrovabilità o no dei velem nel seno dei cadaveri putrefatti tardivamente sezionati. Il fosfVo quando nel momento della morte esiste pur tut- tavia libe.■> el immutato nella economia, il pi-rito può essere sicuro .i riaovarvelo dopo un tempo anche molto lungo, perchè - 33 - nel seno dei cadaveri o non soggiace, o lentissimamente soggiace alla combustione; tutt'al più in grazie dell'idrogene nascente che scaturisce dalla materia organica in via di decomposizione putrida, potrà in parte disperdersi allo stato di gas idrogene fosforato. I veleni metallici il perito ve li ritroverà sicuramente e, come dissi g'k, allo stato di solfuro ; gli alcaloidi che durante la vita non rimasero tutti quanti eliminati, il perito li potrà ritrovate nel seno dei cadaveri dopo qualche mese, perchè, come le esperienze hanno dimostrato, quasi tutti questi corpi resistono al processo putrefattivo con una rimarchevole tenacità per molto tempo. Quanto poi a potere essere le sostanze venefiche sottratte al cadavere dalle acque di filtrazione dirò che, ciò è possibile più per quelle che vi si trovano allo stato solubile, che per quelle che vi esistono insolubili. In questo caso la questione potrà non raramente ricevere una soluzione la mercè dell' analisi della terra che circonda il cadavere. Quesito nono. — L'avvelenamento è il risultato di un omi- cidio, d'un suicidio, oppure è accidentale?—-Come ogni altro genere di morte violenta, l'avvelenamento può essere avvenuto per caso, oppure per deliberata volontà di togliersi la vita, od anche per assassinio; ed egualmente che per le altre morti vio- lente la quistione della morte per veleno, sotto questo punto di vista non è sempre facile a risolversi. Essa non è tutta, è vero, del dominio della medicina legale, e le circostanze estrin- seche all'avvelenamento possono sole il più spesso darne la soluzione. Ma basta che questa questione sia in certi casi for- mulata alla scienza, perchè nasca la necessità di ricercare se nell'avvelenamento stesso non sia possibile di trovare qualche volta delle ragioni determinate che militino in favore piuttosto della morte accidentale, che volontaria o criminosa e viceversa. Ora, il perito per la soluzione di questo quesito dovrà tener conto dei seguenti fatti: 1.° Della facilità più o meno grande di potersi procurare un veleno, sia perchè è di quelli che servendo alle arti, alle in- dustrie, o agli usi domestici, sono venduti senza difficoltà alcuna; Bellini i — 34 — sia perchè è di quelli che per il mestiere o per la professione esercitata era per le mani della vittima, o dell'assassino. 2.° Della possibilità o no di propinarlo senza che la vit- tima possa accorgersene, e ciò o per ragioni insite al veleno,- o per ragioni relative allo individuo che lo dovrà ingerire. Infatti coloro che per malattia o per altra ragione mancano dell'odorato e del gusto, prenderanno senza alcuna difficoltà dei veleni che in grazia del loro forte odore o sapore sono ri- cusati da coloro che si trovano in condizioni normali ; lo stesso si può dire di un demente, di un delirante, a cui si possono dare con molta facilità dei veleni, che sono di impossibile propinazione nelle condizioni ordinarie della vita, mentre in queste condizioni saranno facilmente propinabili quei veleni che non hanno né odore né sapore, e che si fanno operosi a piccolissime dosi. 3.° Della esistenza o no di esterne violenze, giacché quando si tratti di veleni che sono difficili a propinarsi, la mancanza di esterne violenze accenna più al suicidio o allo avvelenamento accidentale, che all' omicidio. 4.° Della età, perchè in un neonato un avvelenamento con- sumato con un veleno di difficile o di facile propinazione, ac- cennerà sempre all'infanticidio, anziché all'avvelenamento volon- tario o accidentale. 5.° Dello stato sano o morboso, perchè un individuo che si trovi inchiodato nel letto per paraplegia o emiplegia, per una frattura o una lussazione ec, e offra i fenomeni dell'avvelena- mento, e sia morto per questo, accennerà sempre all' omicidio, quando, s'intende bène, sia eliminato il caso, che l'usato veleno fosse di quelli che l'individuo prendeva come rimedi, quali la stricnina, il cloralio, l'oppio, l'etere, il cloroformio ec, perchè potrebbe darsi benissimo che noiato della vita invece di pren- dere giornalmente quei rimedi a dosi terapeutiche, se li fosse serbati e quando ne avesse accumulata una certa quantità se li fosse ingollati. 6.° Del modo col quale fu ingerito, perchè quando di un veleno sono stati mascherati l'odore o il sapore, quando è stato pòrto insieme a dei veicoli soliti ad essere usati dall'individuo avvelenato, vi è molta ragione di presumero si tratti di orni- — 35 -- oidio. Pure si sono dati dei casi in cui queste cautele sono state usate anche da chi voleva metter fine ai suoi giorni, e ciò per non avere a pentirsene nell' atto di ingerire il veleno. L'analogia poi di colore, di consistenza siropposa, oleosa ec. trattandosi di liquidi, come per esempio l'acido solforico, il quale può essere preso per un siroppo ; o trattandosi di polveri bianche come l'arsenico, l'acetato di piombo ec, che possono esser prese per farina, per zucchero, possano renderci ragione di uno sbaglio e fare ammettere l'avvelenamento accidentale. Quesito decimo. —L'avvelenamente può essere simulato ì— Che realmente l'avvelenamento, come un gran numero di stati fisiologici, di imperfezioni fisiche o di malattie possa essere l'oggetto di simulazione più o meno perfetta, la storia ce lo ha dimostrato. Ed io nel primo volume di questa Biblioteca medico- legale ne ho tenuto proposito, ed ho indicato il modo di rico- noscere la frode; per cui pregò il lettore a rivolgersi al volume accennato. Delle principali e più importanti obiezioni che suole formulare la difesa nel caso di avvelenamento. Nel parlare delle molte obiezioni che sogliono essere formu- late dalla difesa, io farò rilevare quando è che la obiezione potrà essere avanzata, e quando no, perchè accade sovente di vedere venire fuori la difesa con delle obiezioni che la semplice lettura della relazione che i periti rilasciarono nelle mani del fisco, fa conoscere insussistenti affatto Obiezione prima.— La sostanza che fu ritrovata nelle ma- terie sospette non è di avvelenamento, ma derivò invece dai rimedi messi in uso per soccorrere l'Individuo avvelenato?— È noto come i preparati ferruginosi che sono usati in non pochi avvelenamenti a titolo di antidoti chimici, contengono dell'arsenico. Ora nel caso che il perito chimico abbia ritrovato dell'arsenico nelle materie sospette, la difesa viene sempre fuori con questa obiezione, e si intende quando durante la vita un qualche fer- ruginoso venne pòrto come antidoto chimico. 36 — Intanto dirò che questa obiezione non può essere posta in- nanzi dalla difesa, allorché il perito chimico abbia trovato del- l'arsenico nelle materie vomitate, in quelle rese per l'ano, e nelle orine emesse prima che il curante amministrasse i ferru- ginosi, e allorché essendo stati analizzati i ferruginosi usati dal curante, questi furono trovati esenti di arsenico: e deve essere poi rigettata anche quando 1' arsenico sia stato ritrovato nelle materie sospette che furono raccolte dopo la propinazione degli antidoti chimici ferruginosi e questi fossero stati trovati arse- nicali, perchè i ferruginosi contengono solo tracce di arsenico, mentre nel vero e reale avvelenamento per arsenico, dalle ma- terie sospette il chimico perito ne estrae ordinariamente delle quantità rilevanti; e poi mentre l'arsenico dei ferruginosi si trova solo nelle materie dei vomiti o dei secessi che furono emesse dopo il loro uso, quello di avvelenamento si trova non solo in queste materie medesime ma si rinviene anche nelle orine, nei visceri, nei tessuti e negli umori del cadavere. Obiezione seconda. —■ La sostanza che fu ritrovata nelle materie sospette non è di avvelenamento, ma derivò invece dai reattivi e dagli apparecchi adoprati nelle ricerche tossicolo- giche. — Questa obiezione non potrà oggi specialmente essere sollevata che di rado, perchè chi si accinge a funzionare da pe- rito chimico deve sapere di dovere adoprare dei reattivi purissimi e degli apparecchi ed utensili nuovi e bene puliti, è poi a mag- giore garanzia fa funzionare i suoi apparecchi come suol dirsi in bianco, prima di porvi le materie sospette. Obiezione terza. — La sostanza che fu ritrovata nelle ma- terie sospette non è di avvelenamento, ma è normale oppure si trovava accidentalmente nello organismo dell'individuo cre- duto avvelanalo. —- Questa obiezione può essere sollevata prin- cipalmente nel caso di avvelenamento prodotto dai sali del ferro, dalla soda, dalla potassa, dai loro carbonati o da qualche sale alcalino che perda facilmente il proprio acido, perchè organico trascorrendo per la economia, dal piombo e dal rame, perchè il ferro la soda, la potassa sono normali all'organismo animale, — 37 — ed il piombo e il rame vi si possono trovare accidentalmente, perchè condottivi dalle bevande, dagli alimenti ec. Se dalla relazione fatta dai periti chimici risulterà che met- tendo a digerire nella acqua acidulata con acido acetico le ma- terie sospette riuscirono ad estrarre dalle medesime molta copia di ferro, di rame e di piombo, la difesa non avrà ragione di fare questa obiezione, e quando venisse fatta il perito la riget- terà immediatamente, perchè il ferro normale ed il piombo e il rame accidentali si mettono in evidenza distruggendo e cine- facendo il sangue, i tessuti e gli organi. Se invece da quella stessa relazione risulterà che il ferro, il rame e il piombo furono dai periti chimici ottenuti carbo- nizzando e cinefacendo le materie dei vomiti, dei secessi, il sangue, i tessuti e gli organi, il perito rigetterà la obiezione quando abbiano trovato molta copia dei ricordati metalli nelle materie che per le prime furono vomitate, e quando dalla re- lazione fatta dal medico curante risulti che coi fenomeni mor- bosi comu ii ve ne erano dei patognomonici, quando mancando la relazione medica perchè l'individuo non fu assistito da alcuno, e le materie dei vomiti furono disperse, i periti chimici ab- biano rinvenuto molta copia di quei metalli nel contenuto sto- maco-intestinale, e nelle pareti di questo condotto che carbo- nizzarono e cinefecero: perchè nelle condizioni ordinarie il ferro normale e il rame e il piombo accidentali sono sempre contenuti in scarsa copia nelle accennate materie sospette. Ma poi nel caso di avvelenamento per un sale di piombo, di rame o di ferro il perito medico alla autossia quando questa non sia stata ec- cessivamente tardiva, avrà potuto trovare nella muccosa del canale digerente alcuna di quelle alterazioni anatomo-patolo- giche che sono catteristiche e patognomoniche degli avvelena- menti in discorso. Nel caso poi di esumazioni e perciò di autossie molto tardive, in cui non sia possibile di mettere in essere alcuna lesione anatomo-patologica, e già tutti i visceri sieno ridotti e con- fusi in un ammasso di putrida poltiglia, potranno sorgere dei dubbi soltanto quanto al valore del ferro che fu ritrovato perchè di questo metallo è piuttosto ricco il sangue, mentre lo stesso • — 38 - non avverrà per gli altri metalli il perito avrà sempre modo di concludere o no per l'avvelenamento prodotto dal piombo o dal rame, perchè la copia di questi e quando si trovano accidentalmente nei visceri e negli umori animali è sempre di molto inferiore a quella che vi può esistere allorché essi vi passarono a titolo di veleni. Venendo ora alla potassa e alla soda normali, avvertirò che se dalla relazione dei periti chimici si saprà che essi hanno fatto delle ricerche comparative, e che da queste è risultato che nelle materie sospette queste basi ve le trovarono conte- nute in una quantità che era doppia e tripla di quella che rin- vennero nelle stesse materie tolte da un cadavere non avvelenato, la obiezione non potrà avere luogo: e se per caso fu essa formu- lata dalla difesa, il perito avrà ragione di rigettarla immediata- mente. Se poi queste esperienze comparative non furono fatte, allora il perito dovrà chiedere che sia fatta una nuova perizia e se per questa resulterà che la copia della soda o della potassa nor mali è di molto inferiore a quella che fu rinvenuta nelle materie so- spette, rigetterà la formulata obiezione; ma allorché la differenza- fosse piccola, il perito si deciderà per l'avvelenamento quando i responsi clinici e quelli anatomo-patologici mettano in chiaro la esistenza di fenomeni patognomonici. Però mancando i criteri clinici e gli anatomo-patologici, perchè l'individuo non fu assi- stito- da un medico, e la autossia fu fatta dopo lunga inuma- zione, allora la obiezione può avere valore, e può essere escluso il fatto dello avvelenamento sospettato, perchè non possedendo una cifra media normale all'organismo della potassa e della soda a cui riferire le cifre ottenute dai periti chimici, sulle piccole differenze in più il perito non può coscienziosamente basare un giudizio di avvelenamento. Obiezione quarta. — La sostanza che è stata ritrovata nelle materie sospette non è di avvelenamento -ma esisteva già nello interno organismo, perchè passatavi a titolo di rime- dio. —■ In moltissimi casi può essere sollevata questa obiezione perchè, come è noto, la suppellettile terapeutica consta per la massima parte di sostanze che riescono deleterie e mortali quando sieno pòrte a dosi esagerate. — 39 - Ora se si tratterà di sostanze che sono volatili anche a bassa temperatura, come etere, cloroformio, anche che queste fossero state usate a titolo di rimedi pochi giorni innanzi dalla avvenuta morte, la difesa non avrà ragione di sollevare questa obiezione, e quando la sollevi il perito la rigetterà sull'istante,- perchè queste sostanze che vengono usate a dose terapeutica si trattengono per brevissimo tempo nella economia, e quando sieno state ritrovate nel cadavere di un individuo che perì in breve tempo, attestano sempre l'avvelenamento avvenuto. Se si tratterà poi di sostanze liquide e solubili che nella economia si mantengono libere ed immutate, se il loro uso fu sospeso, 30, o 40 giorni innanzi della avvenuta morte, la obie- zione non avrà ragione di essere formulata, perchè in questo spazio di tempo la loro eliminazione è completa; ma se solo da pochi giorni ne era stata lasciata la somministrazione, allora, quando la obiezione fosse stata fatta, il perito la rigetterà allorché i chimici abbiano ritrovata nelle prime materie vomi- tate, ki quelle che furono prontamente evacuate per secesso e nelle prime orine emesse molta copia di quelle sostanze; e quando il contenuto stomacala e intestinale o le pareti del canale di- gerente, il fegato, la milza, i reni, si fossero mostrati egualmente ricchi delle medesime, perchè non vi è caso che le sostanze accennate possano rinvenirsi in molta copia nelle ricordate mate- rie, che a titolo di rimedio furono pòrte,' e il di cui uso fu ab- bandonato pochi giorni innanzi della morte. Se si tratterà di sostanze che mello organismo bruciano con facilità, come il fosforo, oppure di quelle che assumono l'idrogene come l'iodio, la obiezione non potrà essere sollevata dalla difesa anche quando da un giorno o due sia stato lasciato il loro uso terapeutico, perchè il fosforo terapeutico sia che sia stato porto in natura, sia che sia stato dato allo stato di fo- sfuro di zinco, in grazia della piccola quantità a cui può ammi- nistrarsi vi brucia cori rapidità, mentre quello di avvelenamento può trovarsi nella economia dopo 3, 4, 6 e in alcuni casi anche dopo più giorni ; perchè l'iodio terapeutico porto sotto fornm di tintura acquosa o alcoolica, o sotto quella di ioduro d'amido, attesa la piccola copia a cui può essere dato, ben presto passa — 40 — allo stato d'ioduro alcalino, mentre quello di avvelenamento, perchè porto in gran copia si rinviene in natura nelle materie dei vomiti e nel contenuto stomacale del cadavere anche dopo alcuni giorni di avvelenamento. Ma poi vi sono le lesioni anatomo-pa- tologiche, i fenomeni morbosi se furono osservati, e la molta copia di fosfato nel primo caso, la molta copia di ioduri alca- lini nel secondo che mettono in grado il perito di potere riget- tare questa obiezione. Ma se si tratterà di sostanze che si fanno insolubili sia in contatto dei tessuti prima di essere assorbite, sia nel seno del sangue, o nella intima trama dei tessuti e degli organi, oppure di quelle che si fissano più o meno stabilmente in alcuni di essi, la obiezione potrà se non sempre, almeno in taluni casi, essere avanzata dalla difesa, anche quando alcune di queste sostanze non sieno state più amministrate da qualche mese. I casi in cui non vi sarà ragione di avanzare questa obiezione, saranno quelli in cui, nella relazione che il medico curante depositò presso il giudice d'istruzione, figurino 'dei fenomeni patognomonici e il perito medico abbia constatate alla autossia egualmente delle alterazioni anatomo-patologiche pure patognomoniche. Perchè un avvelenamento che si estrin- seca con fenomeni patognomonici, e che dopo la morte ci fa apprezzare delle lesioni anatomo-patologiche pure patognomo- miche, non può essere dichiarato una malattia comune, e il veleno che fu quindi ritrovato nelle materie sospette e che è capace di rivelarsi con fenomeni e con alterazioni anatomo- patologiche speciali e caratteristiche, non può essere ritenuto come terapeutico, ma deve essere considerato di avvelenamento. In questi casi anche la molta copia di veleno ritrovata nelle materie dei vomiti, dei secessi e delle orine che furono per le prime emesse, sarà un altro argomento che dimostrerà irra- gionevole la obiezione di cui ci occupiamo. Nel caso che si abbia che fare con un cadavere esumato e sia messo in sodo che apparteneva ad un individuo che usò per molto tempo l'uno o l'altro dei rimedi testé accennati, la obiezione sarà rigettata immediatamente se si tratterà di mercuriali, il di cui uso era stato lasciato da 50, 60 o 90 giorni, perchè in questo spazio di tempo è a ritenersi av- — 41 - venga la sua completa eliminazione, mentre il perito non potrà fare altrettanto se si tratterà di arsenico, di piombo, di rame, perchè in quello stesso periodo di tempo la loro eliminazione è ben lungi dall'essersi compiuta. In questo caso il rigetto della obiezione lo potrà fondare sulla varia copia che dell'arsenico, del piombo e del rame fu ritrovata nelle materie sospette; pure a fronte di ciò gli si offriranno dei casi che lo metteranno in grande imbarazzo e talora anche nella impossibilità di decidere la que- stione relativamente ai sali del rame, i quali pòrti anche a titolo di rimedio possono trovarsi in molta copia accumulati nel fegato. Quando sia noto che la cura mercuriale fu lasciata da pochi giorni e si abbia sempre che fare con un cadavere esumato e perciò sezionato tardivamente, la molta copia del mercurio che fu ritrovato nel contenuto stomaco-intestinale, nelle pareti di questo canale quando sia possibile di trovarlo intatto, e nel fe- gato, farà rigettare la obiezione, mentre la piccola copia la farà accogliere, o lascerà nel dubbio. Obiezione quinta. — La sostanza che fu ritrovata nelle materie sospette non è di avvelenamento, ma derivò dalla terra del cimitero in cui rimase per un tempo più o meno lungo innumato il cadavere. — Questa obiezione è in genere sollevata nel caso che il perito abbia ritrovato nei resti del cadavere che fu esumato dell' arsenico o del rame, e il ter- reno sia arsenicale e rameico. La difesa però non dovrà fare questa obiezione quando la cassa in cui è racchiuso il cadavere sarà stata trovata intatta, quando essendo stato il cadavere inumato avvolto in un semplice lenzuolo o con le proprie vesti, quello e queste sieno state trovate intatte, od anche quando la pelle del medesimo difenda tuttavia gli interni visceri, e quando pure i visceri come fegato, milza reni ec sebbene si trovino in contatto immediato del terreno, sono tuttavia interi e non per anche distrutti dalla putrefazione: perchè prima di tutto 1' arsenico e il rame si trovano nel terreno allo stato insolubile, ma anche quando per qualunque siasi ragione vi esistessero allo stato solubile, non potrebbero per il puro e semplice giuoco della imbibizione farsi strada nei primi casi — 42 - nello interno della economia, ed in quello in cui i visceri paren- chimatosi si trovarono a nudo col terreno, nelle loro parti più interne e centrali. Infatti le esperienze hanno dimostrato che dei fegati, dei reni, delle milze tenute per moltissimo tempo nella soluzione di un sale di rame e in quella dell'acido arsenioso, mentre hanno con l'analisi mostrato di contenere queste so- stanze nella loro parte corticale, ne erano affatto esenti nelle loro parti centrali, quando invece, come è noto, i visceri accen- nati nel caso di avvelenamento contengono il rame e 1' arsenico egualmente sparsi e diffusi in tutto il loro parenchina. L' unico caso in cui questa obiezione potrebbe essere giustificata, è quello in cui tutto il cadavere si fosse saponificato o ridotto allo stato di terriccio, e ciò anche quando l'analisi chimica dimostrasse che il sapone e il terriccio fossero più arsenicali e rameici, del terriccio del cimitero che preso in distanza dalla sepoltura fu sog- gettato alle ricerche chimiche, perchè potrebbe benissimo essere accaduto che il terriccio del sito ove giacevano gli avanzi del ca- davere fosse stato reso più ricco di arsenico e di rame da altri cada- veri che vi erano stati in antecedenza inumati e che appartenevano ad individui che avevano fatto per molto tempo una cura arse- nicale e rameica. Pure anche in questo caso potrà avvenire che i periti chimici trovino il bandolo di rigettare questa obiezione; e ciò quando analizzando le ossa rimaste intatte e dopo averle bene pulite e lavate, mostrassero di contenere nella loro trama una certa copia di arsenico o di rame, e fosse poi messo nella più chiara evidenza che l'individuo a cui appartenevano queste ossa non aveva mai fatto, durante la vita, uso di questi metalli, e di rimedi che li contengono. Obiezioue sesta. — La morte non è avvenuta per la so- stanza che è stata trovata nel canale digerente, ma per altra ragione. — Questa obiezione può essere dalla difesa posta in- nanzi solo nel caso in cui la sostanza deleteria sia stata ritro- vata nel tubo alimentare e non negli interni visceri, nel sangue e nelle orine e non sia né un acido minerale né un alcali caustico concentrato, ma di quelli che per farsi operosi e distruggere la vita hanno duopo di essere assorbiti, di circolare col san- — 43 — gue e di diffondersi per tutta quanta la economia. D' altronde la scienza possiede dei casi in cui un veleno è stato ammini- strato, ma nei quali la morte è sopravvenuta per un altra ca- giono, e prima che il veleno abbia avuto tempo di essere assor- bito. Quando si verifichino questi casi, la obiezione di cui ci occupiamo deve essere accolta, e deve essere esclusa la morte per veneficio. Obiezione settima. — La sostanza che fu ritrovata nel cadavere non è di avvelenamento, ma è costituita dall' uno o dall'altro dei prodotti del pr-ocesso putrefattivo. — Questa obiezione può essere sollevata soltanto nel caso che il fisco manchi di una storia medica e quando il cadavere sia in così avanzata putrefazione da non potere in alcun modo il perito ne- eroscopo riconoscere alcuna alterazione anat'omo-patologica, sia comune sia speciale e caratteristica. Gli avvelenamenti che pos- sono dar luogo a questa obiezione, sono quelli per ammoniaca, per gas idrogene solforato, per il solfuro di ammonio, e per i solfuri di potassio, di sodio e di bario. Però nel caso di questi ultimi solfuri il perito potrà alcune volte trovare modo di ri- gettare la obiezione, mettendo in essere con l'analisi chimica la barite e la potassa e la soda dei solfuri, e facendo vedere la mercè delle analisi comparative che nei resti del cadavere in discorso la soda e la potassa sono contenute in una quantità che è dop- pia e tripla del normale. Obiezione ottava. — La sostanza che fu ritrovata nel cadavere non è di avvelenamento, ma è quella sostanza tos- sica che si produce nel cadavere umano fresco e nel putre- fatto per ragioni che per ora ci sono sconosciute. — Questa obiezione può essere sollevata dalla difesa solo in quei casi in cui si tratti di avvelenamento per sostanze organiche e special- mente per quelli alcaloidi che non hanno reazioni chimiche e fìsio-tossicologiche caratteristiche e speciali. Però anche in questo caso sarà sempre o quasi sempre facile al perito di poterla rigettare, perchè il Moriggia con 1' ultima serie di esperienze che ha istituite per studiare 1' alcaloide del cadavere, avrebbe — 44 - trovato, che spinti a dovere e nel modo stesso che per l'estra- zione degli alcoloidi, i processi di depurazione degli estratti vi- scerali di cadaveri umani assai putrefatti, non si ha più punto a temere il veleno cadaverico ; per cui la sostanza che sarà stata ritrovata non starà a rappresentare questo veleno, ma un veleno che dallo esterno durante la vita passò neh' organismo dell'individuo che quindi divenne cadavere. D' altronde il Velia che ha sperimentato 1' alcaloide che il Selmi ha ritrovato nel cadavere umano e al quale ha dato il nome di ptomaina, assicura che non riuscì velenoso iniettato nella giugulare di un coniglio e cimentato sulle rane. È vero che i dottori Selmi, Casali e Pesci i quali fecero ulteriori ricerche salii alcaloidi propri del cadavere putrefatto, dei quattro alca- loidi che misero in essere, ne trovarono uno solo deleterio agli animali e questo fu quello che non era solubile nell'etere, ma nell'alcool amilico; pure stando alle esperienze del ricordato Mo- riggia è presumibile che condotti, come dicemmo già, a dovere i processi di estrazione degli alcaloidi possa essere evitata la introduzione del veleno o dei veleni cadaverici nel prodotto ot- tenuto e che i responsi delle esperienze fisio-tossicologiche isti- tuite con questo sulli animali, abbiano valore almeno per ora a dimostrare che si tratta di vero e reale avvelenamento. Nuovi studi, e noi facciamo voti perchè sieno instituiti, dilucideranno questo punto importantissimo di tossicologia forense che si riferisce a questioni di una estrema delicatezza e difficoltà. Dei casi in cui l'accusa può e deve chiedere che sia fatta una controperizia chimica. L' accusa può e deve chiedere sia fatta una controperizia nei seguenti casi: quando cioè si tratti di uno di quei veleni che sono normali all'organismo e non sia stata fatta dai periti chimici V analisi comparativa per stabilire di quanto la loro copia supera la cifra fisiologica; oppure quando si tratta di uno di quei veleni che non sono normali per loro medesimi, ma che nella economia si convertono con prontezza in prodotti normali, come ad esempio il cloro che passa allo stato di ciò- — 45 —- ruri alcalini, nel quale caso la esistenza del veleno può acca- dere che debba essere argomentata dalla Copia di questi, e non sia stata fatta l'analisi comparativa per determinare di quanto i cloruri superavano la cifra fisiologica; quando i periti chimici per isolare e svincolare i veleni dalle materie sospette con cui si trovavano mescolati o combinati, misero in uso dei processi che potevano avere disperso e distrutto il ricercato veleno; quando trattandosi di un alcaloide i periti usarono come me- struo solvente uno di quei liquidi che sono impotenti a discio- glierlo o che ne disciolgono solo delle tracce, giacché come è noto, di alcuni alcaloidi è solvente la benzina, di altri il petrolio rettificato, di taluni altri il cloroformio ec; quando i periti chi- mici non abbiano fatto innanzi l'esperimento in bianco per cono- scere la purezza degli usati reattivi, o questi sieno stati presi dal commercio senza depurarli; quando sieno stati usati degli apparecchi che altra volta servirono alle stesse ricerche tossi- cologiche; quando le analisi chimiche non sieno state fatte in una stanza appartata in cui non dovevano accedere altro che i soli periti, ma invece nel laboratorio comune, e le materie so- spette da analizzarsi e i resultati di già ottenuti non sieno state tenute sotto chiave durante il tempo in cui erano assenti i periti, e sia stato dalla difesa affacciato il dubbio che il ve- leno fosse stato aggiunto a quelle materie da mano malvagia, nel qual caso la nuova analisi dovrà essere istituita sui resti dei tessuti e degli organi del cadavere a cui appartenevano quelle materie e che era stato di già inumato; quando i periti chimici per mettere in evidenza i veleni, lasciarono di usare di alcuna di quelle reazioni che sono riconosciute per più sensibili e per più caratteristiche, e non ricorsero trattandosi di alcaloidi alla sperimentazione fisio-tossicologica in quei casi in cui le rea- zioni chimiche furono incerte e dubbie, oppure vi ricorsero e non ottennero alcun responso perchè scelsero la via della bocca, mentre dovevano introdurre la sostanza sospetta sotto la pelle degli animali. Tutto questo può accadere benissimo, perchè non è raro di vedere dai giudici d' istruzione o dai magistrati affidare le analisi tossicologiche al primo chimico venuto, oppure a dei — 4G — chimici che hanno dato un indirizzo tutto industriale e tecnico ai loro studi, e che fanno le ricerche tossicologiche molto alla buona e nei laboratori comuni, e in mezzo alla stessa scolaresca che accorre in quei laboratori per esercizi pratici di chimica; per- chè non si deve credere che basti essefe chimici per essere buoni periti. Si interroghi infatti Francesco Selmi che da un pezzo funziona come perito chimico fiscale, ed egli ci dirà che non basta l'avere fatto studi di chimica per essere tossicologo abile, come non sono sufficienti gli studi generali delle discipline mediche e chirurgiche per acquistare capacità speciale, ad esem- pio nella oculistica. Le ricerche tossicologiche, segue egli a dire, domandano un corredo tutto particolare di cognizioni pratiche, il quale non si acquista che per una data abitudine nello speri- mentarvi intorno, richiedono cautele, diligenze, avvedutezze, a cui forse molti non sono usi, senza di che si corre il rischio o di sperdere la sostanza venefica nell' atto stesso di cercarla, o d'introdurre inscientemente qualche principio tossico in materie che ne erano prive. Quando ciò succeda, ognuno vede quali sono le conseguenze gravissime: — o la sostanza venefica fu dispersa, ed il reo esce salvo ingiustamente, o un principio tossico fu intromesso coi reatdvi impuri ed in altra maniera, e si imputa all' innocente un delitto non commesso. Dei rapporti medico-legali in fatto di veneficio. Tutti i rapporti medico legali e perciò anche* questo, si compongono di tre parti essenziali: 1.° del preambulo; 2.° della esposizione dei fatti; 3.° delle conclusioni. Il preambulo con- tiene il nome, il casato, la qualità e il domicilio dei periti, il nome, il casato, le qualità del magistrato che ha invitati offi- cialmente i periti, il giorno e 1' ora in cui questi si sono portati sul luogo della convocazione, la natura della missione e in fine il prestato giuramento. L' esposizione dei fatti ossia la narrazione, la descrizione di tutto ciò che si riferisce alla ricevuta ed accettata missione, — 47 — deve essere completa senza essere prolissa e deve essere re- datta sugli appunti che i periti avranno avuto cura di prendere vacazione per vacazione, per tutta la durata del lavoro. I pe- riti dovranno guardarsi bene di affidare alla memoria le cose anche le più semplici a notarsi, perchè si esporrebbero a degli inconvenienti spesso gravissimi, e dovranno registrare anche le cose che a prima vista potessero sembrare di poca o niuna im- portanza, perchè potrebbero acquistare in seguito un valore estremo. Le conclusioni constano il più spesso delle risposte dirette, positive o negative alle quistioni che furono formulate dal giu- dice d'istruzione, o dai magistrati: esse 'dovranno essere nette e precise, né dovranno dare adito al dubbio, alla incertezzza, onde non rendere titubanti i giurati nel loro verdetto, né dare adito alla difesa di sollevare delle obiezioni in prò del reo, e non porre i magistrati o l'accusa nell' obbligo di ordinare una controperizia. Allorché le conclusioni terranno dietro a una esposizione sufficientemente corta e sufficientemente precisa da non rendere necessario di ricordare i fatti da cui legittimamente discen- dono, n3n importerà di riprodurli e si metteranno subito dopo la esposizione medesima; mentre ia altri casi più complicati, sarà bene che innanzi di formulare le conclusioni sieno riepilo- gati e discussi se non tutti almeno i fatti principali. In calce alle conclusioni deve essere messa la data del giorno, del mese e dell' anno in cui fu ultimato e consegnato il rap- porto, a cui devono essere apposte le firme dei periti che lo hanno redatto. Nel medesimo tempo che consegnano il rapporto devono pure consegnare al giudice d'istruzione tutti i fogli che ebbero nelle mani, e che si riferiscono alla istruzione del pro- cesso, come la storia medica, il rapporto che fu redatto da chi prat'cò l'aatossia ec, e la prova così detta di convinzione del consumato delitto, prova che, come dicemmo, ora consisterà in una porzione del veleno che fu preso o propinato, ora in alcuna delle sue combinazioni le più caratteristiche ed essenziali, ora anche in pezzi di visceri, o in porzioni di sangue che sieno sede di alterazioni anatomo-patologiche e chimiche proprie e — 48 — speciali di taluni avvelenamenti, ora finalmente consisterà in un prodotto ottenuto coi processi chimici, che dovrà essere sperimentato sugli animali dai periti in presenza dei magistrati, dei giurati e della accusa, per mettere loro sott'occhio dei feno- meni fisio-tossicologici speciali che stanno a provare che il ritro- vato prodotto non solo è un alcaloide velenoso, ma è stricnina, atropina, digitalina ec, TOSSICOLOGIA SPECIALE Parte 2.a I. Degli avvelenamenti prodotti dai metalloidi. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL CLORO. L' avvelenamento prodotto dal cloro è stato almeno fin qui soltanto accidentale, ed alcuni elàmici ne sono stati le vittime. Se ne conoscono di già almeno cinque casi mortali, fra i quali si citano quelli del chimico Pelletier a Bavonne e del chimico Ròe a Dublino. Questo veleno non sembra che sia assorbito in natura, o se lo è, non si mantiene tale ne! --e io del sangue che per bre- vissimo tempo, e ciò in grazia delle pronte combinazioni alle quali va incontro principalmente prima del suo assorbimento; per cui dubito fortemente che coloro che sezionarono il cadavere del chimico Ròe, abbiano potuto apprezzare l'odore del cloro mentre aprivano il di lui cranio. Il cloro avido come è dell'idro- gene, lo toglie alla molecola organica dei tessuti e degli umori della economia appena vi è venuto in contatto, e si forma con estrema prontezza dell'acido cloridrico, il quale mentre si man- tiene libero sugli esterni tessuti non fa altrettanto nel sangue in cui incontrando in copia le basi alcaline carbonate vi si com- Bellini t — 50 — bina e forma cloruri. Per cui in questo avvelenamento aumenta nell'organismo la copia dei cloruri e diminuisce quella dei car- bonati alcalini ; però se durante la vita furono pòrti la magnesia o il bicarbonato di soda come antidoti chimici, allora il difetto dei carbonati alcalini normali non si rende sensibile, perchè i cloruri aumentano anche a spese degli antidoti accennati. In questo avvelenamento, per le cose dette, il cloro non può essere eliminato dalla economia in natura, ma solo allo stato di cloruri alcalini. Nella pratica medico-legale possono darsi quattro casi, e sono; che il cloro sia stato deleterio perchè fu respirato allo stato gas- soso ; oppure perchè fu ingerito allo stato liquido ; ed anche perchè furono ingeriti degli ipocloriti alcalini, i quali, come è noto, operano principalmente per non dire esclusivamente, per il cloro che da essi si svolge allorché giunti nello stomaco vi incontrano gli acidi gastrici; o finalmente può darsi che degli assassini dopo di avere ucciso un individuo, abbiano posto il di lui cadavere in una stanza in cui abbiano fatto svolgere del cloro, per far credere ad un avvelenamento volontario o accidentale, mentre si tratta di un omicidio. Primo caso. — Quello in cui la morte sia avvenuta per avere respirato il gas cloro.—In questo caso, ora può accadere che il perito necroscopo abbia che fare col cadavere di un individuo che perì per avere respirato il gas cloro e che abbia a sua di- sposizione la storia dei fenomeni che precedettero la morte e che fu redatta dal medico che prestò la sua assistenza al malato; ora invece che manchi ogni ragguaglio in proposito, perchè esso perì senza assistenza di sorta. Se dalla storia resulterà che in una stanza, la di cui atmosfera era riccamente inquinata di cloro, fu trovato un individuo che era in preda a della tosse secca, a degli starnuti, a una dispnea soffocativa pronunziatis- sima; che aveva gli occhi arrossati e lacrimosi; che emetteva coi colpi della tosse degli escreati muccosi sanguino'.enti, i quali alle carte reattive dettero forte la reazione acida; che ascol- tato il petto, vi esistevano già i segni propri della bronchitide e della pneumonitide acutissime; e che infine in mezzo ad una — 51 — estrema prostrazione di forze avvenne dopo breve tempo la mor- te; egli avrà già tanto in mano da concludere che la malattia e la morte sono state l'effetto della respirazione del gas cloro, e l'autossia non farà che confermare questa conclusione. Man- cando la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, il perito formulerà questa stessa conclusione, quando il cadavere che fu rinvenuto in una stanza la di cui atmosfera era inqui- nata di cloro, offrirà la cavità della bocca'e delle nari, la tra- chea e i bronchi ripieni di una spuma densa sanguinolenta, a bolle più o meno fini; quando la membrana muccosa di queste parti e specialmente della trachea e dei bronchi sarà arrossata vivamente e ricoperta di pseudomembrane; quando i polmoni saranno iperemie, in alcuni punti epatizzati, in altri come cotti e del colore della cioccolata, e quando la spuma e la muccosa buccale, nasale, tracheale e bronchiale daranno alle carte reattive che avrà poste in contatto della medesima, forte la reazione acida s Secondo caso. — Quello in cui la morte sia avvenuta per avere ingerita V acqua clorata. — La ingestione dell'acqua clo- rata non può avere luogo che per sbaglio o volontariamente, perchè, meno il caso di un imbecille, di un'idiota, di uno che non avesse né odorato, né gusto, oppure di un npenato nella di cui bocca fosse spinta di quest'acqua a viva forza da una madre snaturata, non è possibile di porgere suddolamente questo ve- leno. Qui pure il perito necroscopico può aver che fare col ca- davere di un individuo che perì per l'ingestione dell'acqua clo- rata , e può avere a propria disposizione anche la storia dei fenomeni morbosi che si dichiararono innanzi della morte; oppure può non avere che il solo cadavere. Ora, se egli saprà dalla storia, che l'individuo di cui deve sezionare il cadavere, aveva presso di se una bottiglia conte- nente un liquido trasparente giallo-verdastro, dal quale spirava l'odore del cloro, che si era lamentato di vivi e strazianti dolori di stomaco e d'intestini, che ebbe dei ritorni alla gola di un gas che aveva l'odore di questo corpo, che fu sorpreso da vomiti prontissimi, da cui spirava odore di cloro; che offrì la muccosa — 52 — buccale tumida e rossa, che una carta da acidi si arrossò posta in contatto questa membrana, che versando sopra una piccola por- zione delle materie vomitate della colla di amido e dell'ioduro di potassio, si ebbe una colorazione bleu; che con prontezza si di- chiararono tutti i fenomeni della gastritide e della gastro-enteri- tide acute, e che dopo alcuni giorni avvenne per queste la morte, il perito potrà pronunziarsi per un tale avvelenamento, anche prima di aprire il cadavere. Ma se non sarà stato trovato presso il malato alcun residuo del preso o propinato veleno , se egli si ostinerà, perchè suicida a non voler dire qual fu il veleno che ingerì, e se il medico curante non potè apprezzare, perchè arrivato tardi, né nei ritorni alla gola, né nelle materie vomitate 1' odore di cloro, e se queste non si colorarono di bleu versan- dovi sopra della colla di amido e dell'ioduro di potassio, e ciò perchè , come dissi , è pronta la disparizione del cloro, per la sua conversione in acido cloridrico, ma solo quelle materie e la muccosa buccale, saggiate colle carte di tornasole, dettero forte reazione acida, il perito non avrà ragione di concludere per que- sto avvelenamento; anzi sarà condotto invece ad ammettere l'av- velenamento per un qualche acido minerale, o organico, perchè molto più facile ad incontrarsi in pratica. L' autossia in questi casi non dirà nulla in favore dell' av- velenamento per l'acqua clorata, perchè le lesioni anatomo-pa- tologiche che potrà rivelare al perito necroscopo, sono precisa- mente quelle stesse che si hanno nel caso di avvelenamento per un qualche acido minerale o organieo. Anche la stessa chimica sarà impotente a fare formulare una conclusione positiva in proposito, giacché il perito chimico non potrà dire altro che trovò dell'acido cloridrico nelle materie dei vomiti, ed in quelle che alla autossia furono rinvenute nel ca- nale digerente. In questi casi non possono essere che le circo- stanze estrinseche al fatto quelle che possono mettere il perito in grato di ammettere l'avvelenamento per l'acqua clorata, piut- tostochè per l'acido cloridrico, e viceversa. Terzo caso. - Quello in cui la morte sia avvenuta per avere ingeritigli ipocloriti alcalini. — L»avvelenamento per — 53 — la ingestione degli ipocloriti alcalini, come ad esempio l'acqua di Labaraque (ipoclorito di soda) o 1' acqua di Javel (ipoclorito di potassa), in genere è accidentale o volontario. Questi veleni, come ho detto, si fanno operosi se non esclusivamente, almeno principalmente per il gas cloro che da essi si distacca in gra- zia degli acidi gastrici ; e ho detto principalmente, perchè quelli del commercio contenendo delle basi alcaline libere e carbonate devono farsi operosi anche per queste. Nell'avvelenamento in discorso a differenza che in quello prodotto dall' acqua clorata, può mancare la reazione fortemente acida delle materie vomitate o di quelle che si trovavano racchiuse nel canale digerente del cadavere, perchè l'acido cloridrico che si produce per il cloro che si distacca dagli ipocloriti, trova tante basi alcaline nei medesimi e specialmente in quelli del commercio da esserne affatto o quasi affatto neutralizzato. Se l'individuo fu assistito da un medico , e questi scrisse la storia e la consegnò al giudice di istruzione, il perito potrà ricavare da questa dei criteri per ammettere una tale maniera di avvelenamento. Prima di tutto il curante avrà avvertito nei ritorni gassosi che tormentavano il malato, l'odore manifesto di cloro; ma poi avrà rilevato nelle materie vomitate un criterio, che mentre vale ad escludere l'avvelenamento per l'acqua clorata, vale però ad ammettere quello per gli ipoclo- rati , ed è che versando sopra una porzione delle materie che furono per le prime vomitate, dell'aceto o un altro acido, cresce grandemente l'odore di cloro se già esalava dalle medesime, oppure si rende sensibilissimo se prima non era più avverti- bile : quando invece un acido qualunque versato sulle materie vomitate da chi ingerì dell'acqua clorata, non rende più mani- festo l'odore del cloro, uè lo fa comparire se innanzi non esi- steva più. Nel caso che manchi la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, il perito necroscopo non avrà che l'autos- sia per formulare il diagnostico medico-legale dell'avvelenamen- to. E se, aperto lo stomaco, vi troveranno tuttavia racchiuse delle materie che sapranno di cloro, che si svolge continuamente dagli ipocioriti tuttora in parte esistenti entro il medesimo, per- chè attaccati dagli acidi che si producono perennemente nel seno 54 — delle materie organiche ; oppure se versando sul contenuto stomacale un qualche acido si renderà più sensibile , o si ma- nifesterà l'odore di cloro, egli potrà concludere per questo av- velenamento. Ma se lo stomaco sarà vuoto, e vuoto sarà egualmente tutto il canale intestinale, se dalla sua muccosa non spirerà l'odore del cloro, le lesioni anatomo-patologiche non solo non potranno militare per questo, ma non staranno neanche in favore di un avvelenamento per un acido, e molto meno per l'acido cloridrico, perchè come ho di già detto a causa della presenza di molta copia di basi alcaline libere e carbonate negli ipocloriti del commercio, e di quelle che vi sono messe in libertà per l'azione degli acidi propri dei succhi gastrici, l'acido cloridrico di questi succhi e quello che si produce a spese del cloro degli ipocloriti, restando neutralizzati, non fanno assumere alle alterazioni anatomo-patolog;che medesime la reazione fortemente acida che è la caratteristica dello avvelena- mento indotto dagli acidi; per cui gli arrossamenti, i coartamenti, le abrasioni, le ulcerazioni della muccosa buccale e faringea, ma specialmente di quella gastrica e intestinale non avranno valore che ad attestare che un veleno più o meno irritante venne in con- tatto con la muccosa del canale alimentare. Il perito chimico se avrà a disposizione le materie che furono vomitate e quelle che fu- rono trovate racchiuse nel canale digerente, del cadavere potrà confermare le conclusioni del perito necroscopo, constatando ia esse la esistenza di una parte degli ipocloriti alcalini che rimase in- decomposta. Ma se non potrà operare che sui tessuti dello sto- maco, sui visceri interni e sul sangue, non troverà modo di risolvere la questione, perchè non troverà che un aumento nella cifra dei cloruri alcalini, aumento che quando superasse di gran lunga la cifra normale lo potrebbe, messo d'accordo con le le- sioni anatomo-patologiche del canale digerente, condurre, a fare le seguenti supposizioni, o che si trattasse cioè di un avve- lenamento per ingestione di acido cloridrico, in cui fosse man- cata la reazione acida della muccosa stomacale, e non si fosse mantenuto libero questo acido, perchè durante la vita l'individuo prese la magnesia, il bicarbonato di soda, la terra delle stra- de ec a titolo di antidoti chimici, o che si trattasse d'ingestione — 55 — di acqua clorata e che l'acido cloridrico prodottosi fosse stato neutralizzato durante la vita con la somministrazione degli alcali accennati, o finalmente che si trattasse di avvelenamento prodotto dalla ingestione degli ipocloriti. In questi casi saranno le circo- stanze estrinseche all'avvelenamento quelle che potranno diluci- dare la quistione, od anche risolverla affatto, perchè quando si sapesse che l'individuo che si avvelenò non fu in alcun modo soccorso, e si potesse mettere in sodo che da se non prese alcuna sostanza alcalina a titolò di antidoto chimico, la man- canza di reazione acida, militerebbe in favore dello avvelena- mento prodotto dagli ipocloriti a'calini: e quando constasse che l'individuo li maneggiava per ragioni del proprio mestiere o li fabbricava, allora la conclusione acquisterebbe valore e potrebbe ritenersi per corta questa cagione di morte. Nel caso di avve- lenamento per l'ipoclorito di calce, la esistenza di molta copia di calce nel contenuto stomacale o nelle materie vomitate, il loro aspetto biancastro, l'esalare l'odore di cloro ec, saranno criteri più che sufficienti per formulare la diagnosi medico-legale dello avvelenamento in discorso. Quarto caso. — Quello cioè: in cui la morte sia avvenuta per un altra cagione e si voglia far credere ohe sia stata prodotta dal gas cloro respirato dalla vittima. — A questo proposito io ho istituite delle esperienze sugli animali, ucciden- doli in varie maniere, e tenendo immersi i loro cadaveri per 8, 12 ed anche 24 ore, in atmosfere più o meno cariche di gas cloro, nelle quali per termine di confronto avevo messi anche degli animali vivi. Da queste esperienze risultò costantemente che nessuna alterazione anatomo-patologica si dichiara nello apparecchio respiratorio dei cadaveri così trattati, e che la muc- cosa tracheale e bronchiale dei medesimi a malapena die reazione acida, reazione che per grado intensivo non è diversa da quella che danno i tessuti dell'uomo e degli animali dopo cke si è spenta la vita. Per cui il perito necroscopo, quando in un cadavere che è stato rinvenuto in una stanza la di cui atmosfera è ricca di cloro, troverà le vie aeree in stato normale, oppure trovandole sede di alterazioni anatomo-patologiche, la spuma della trachea e dei — 56 — bronchj e la muccosa che riveste questo canale e quella stessa delle fosse nasali e della cavità buccale non daranno forte rea- zione acida, escluderà questa maniera di avvelenamento, e riterrà che l'individuo sia stato vittima di un'altra cagione, e sia stato quindi dopo essere divenuto cadavere, gettato nell'atmosfera indicata per nascondere un omicidio e simulare un avvelenamento volontario o accidentale; nel qual caso procederà alla ricerca della vera cagione della morte, esaminando minutamente il cadavere e all'occorrenza facendo sottoporre i di lui visceri all'analisi chimica per mettere in sodo, se si voleva o no, nascondere così anche un qualche avvelenamento criminoso. Tanto nel caso che un individuo sia morto per avere respi- rato il gas cloro, quanto in quello in cui un cadavere sia stato gettato in una atmosfera ricca di questo gas, si osserva un fe- nomeno comune, ed è la reazione acida dei capelli, dei peli della barba, della pelle, delle vesti ec, reazione che si deve all'azione del cloro, il quale assumendo l'idrogene di quelli e di queste dà luogo alla formazione dell'acido cloridrico, per cui questa reazione non ha va'ere alcuno come criterio diagnostico differenziale del- l'azione del cloro sul corpo vivo o sul corpo morto; solamente può in ragione del suo grado intensivo, far presumere al perito se è da poco o da molto tempo che il cadavere si trova immerso nell\. mosfera in (mistione, perchè, come resulta dalle esperienze che ho istituite, vi vuole un certo tempo di contatto del cloro coli'ambito esterno del corpo, o colle vesti che lo ricuoprono prima che si renda sensibile la reazione acida; la quale poi va crescendo di intensità quanto più prolungato è il contatto del medesimo. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL BROMO. La storia registra un solo caso di avvelenamento avvenuto prendendo volontariamente per bocca il bromo. Questo metalloide si comporta quanto allo assorbimento, alle combinazioni a cui dà luogo e alla eliminazione precisamente come il cloro; solamente anziché acido cloridrico e eloruri alcalini, in questo si formano acido bromidrico e bromuri alcalini. Nello avvelenamento di cui — 57 — ci occupiamo, possono darsi in pratica i medesimi casi che ora abbiamo studiati relativamente all'avvelenamento prodotto dal cloro, e per quelli valgono gli stessi criteri che per questi. So- lamente nell'avvelenamento per il bromo abbiamo alcuni criteri di più che ne rendono molto più facile.il diagnostico medico-le- gale: questi criteri consistono nella esistenza di macchie gialle sulla pelle del mento, sulle labbra, sulla barba e nella colora- zione gialla delle materie che per le prime furono vomitate da coloro che ingerirono il bromo, nello sparire delle medesime to- stochè vi è versata sopra della soluzione di potassa ; nel restare più o meno profondamente alterati i tessuti che erano sede delle macchie ; consistono in vapori rossi che si sollevano dal residuo del preso o propinato veleno, quando avvenga di trovarlo presso il malato, e nello speciale odore esalato da questi vapori, e dalle materie vomitate, odore che si avvicina a quello del cloro; consistono finalmente nella esistenza dell'acido bromidrico e dei bromuri, sia nel tessuto polmonare e nel sangue che vi si radunò allorché il bromo fu respirato, sia nelle materie dei vomiti e nel contenuto stomaco intestinale del cadavere, allorché il bromo fu preso per bocca, e nella esistenza dei soli bromuri negli in- terni visceri e tessuti del cadavere stesso. Per cui in questo avvelenamento l'analisi chimica ha molto più valore che in quello prodotto dal cloro, perchè in quello basta che i chimici abbiano ritrovati i bromuri per confermare o ammettere la esi- stenza dell'avvelenamento in discorso, quando nell'altro invece ci vuole l'analisi quantitativa dei cloruri, e si resta poi sempre in dubbio se si tratta di avvelenamento per cloro o per acido cloridrico. Le esperienze che ho istituite tenendo immersi nei vapori di bromo degli animali sia vivi, sia morti, mi hanno dati gli stessi risultati che ho ottenuti col cloro ; per cui è con gli stessi criterf che-il perito può risolvere la questione della morte per i va- pori di bromo, o per un' altra cagione, quando sia stato tro- vato un cadavere umano in una stanza sul cui pavimento vi sia una bottiglia rovesciata o rotta che era piena di bromo. Il perito, per dare ai bromuri che furono ritrovati il valore di segno dell'avvelenamento in questione, dovrà eliminare il caso — 58 - che l'individuo durante la vita, e 'specialmente in un'epoca vi- cinissima all' avvenuta morte, facesse largo uso di bromuro di potassio a titolo di rimedio. La presenza dell'acido bromidrico e dei bromuri nelle ma- terie sospette, il perito- chimico la metterà in essere con la seguente reazione, egli infonderà goccia a goccia nella soluzione, ottenutane dell'acqua clorata che non sia troppo carica, e ve- drà prodursi una colorazione giallo-arancio caratteristica; con- vertirà quindi i bromuri alcalini che ritroverà nelle materie so- spette in bromuro di argento, che, come prova di convinzione del consumato delitto, presenterà al tribunale, avendo cura di preservarlo dall' azione della luce ; e potrà anche in presenza dei magistrati ripristinare da questo il bromo, bagnandolo con l'acqua clorata. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'IODIO. • La storia registra qualche caso di suicidio consumato con la tintura alcoolica di iodio, o con l'iodio in scagliette. Questo metalloide venuto in contatto dei nostri tessuti assume al pari del cloro e del bromo l'idrogene loro, e forma acido iodridico il quale incontrando nella economia le basi alcaline carbonate, passa allo stato di ioduri alcalini, per cui in questo avvelena- mento si trovano presenti nella interna economia medesima gli ioduri accennati. Essendo l'affinità dell'iodio per l'idrogene molto meno energica di quella del cloro e del bromo, ne re- sultano due fatti importanti e sono: che l'iodio allorché è inge- rito in dose venefica non sparisce prontamente come il cloro e il bromo, che anzi resta per un tempo più o meno lungo im- mutato nella cavità dello stomaco e delle intestina, e non fa assumere ai tessuti con cui sta in contatto che molto tardi la reazione acida, e poi è questa sempre piuttosto debole: per cui questo avvelenamento, mentre non si può confondere con quello prodotto dalla ingestione di un qualche acido, è poi di facile dia- gnostico. Infatti coloro che ingerirono la tintura alcoolica d'iodio o l'iodio in scagliette, offrono sulla pelle del mento, sulla barba, sulla lingua, sulla muccosa buccale, una colorazione gialla più — 59 — o meno scura, da cui esala l'odore speciale d'iodio, e che si dissipa all' istante bagnando le parti che ne sono la sede, con la soluzione di potassa. Lo stesso si verifica nelle materie che per le prime furono vomitate, le quali sono gialle; esalano l'odore dell'iodio e il loro giallore si dissipa con la potassa. Per il resto i fenomeni morbosi comuni con cui si estrinseca questo avvelenamento sono quelli stessi, meno differenze di grado, con cui si manifesta quello prodotto dalla ingestione del bromo. L'autossia quando la morte avvenne con prontezza, può pure mettere in essere nelle materie che sono contenute nel tubo alimentare e nella muccosa del medesimo, l'iodio in natura, che può essere riconosciuto al suo colore ed odore speciali, e alla reazione accennata. Quando mancasse ogni dato storico e la morte fosse avvenuta molto tardi, allora le alterazioni anatomo-patolo- giche rappresentative la gastritide o la gastro-enteritide di av- velenamento da un lato, e la presenza dell'ioduro alcalino nella economia dall' altro, faranno concludere per l'avvelenamento per l'iodio, purché sia eliminatoli caso che l'individuo poco innanzi di ammalare, o di morire, avesse fatto uso a titolo di rimedio di un qualche ioduro alcalino e metallico. L'esistenza dello ioduro alcalino nelle materie sospette, il pe- rito chimico l'ammetterà, quando nel corpo che svincolò dalle medesime otterrà le seguenti reazioni ; vedrà cioè colorarsi in bleu la colla d'amido che avrà mescolata alla soluzione del mede- simo tosto che vi verserà alcune gocce di acido ipoazotico, oppure vedrà formarsi in quella soluzione un precipitato giallo infon- dendovi l'azotato di argento, o un precipitato giallo brillante, versandovi l'acetato di piombo o l'azotato di thallio ; un preci- pitato rosso col sublimato corrosivo, ed un precipitato verde con l'azotato di mercurio. Tutti questi precipitati possono es- sere ridisciolti parzialmente ed alcuni .anche nella loro totalità eccedendo con gli accennati reattivi. Come prova di convinzione del consumato avvelenamento, il perito chimico potrà presentare al fòro il precipitato rosso ot- tenuto col sublimato corrosivo, oppure la colla d'amido colorata di bleu, vale a dire l'ioduro d'amido. — 60 AVVELENAMENTO-PRODOTTO DAL FOSFORO. L'avvelenamento prodotto dal fosforo il più spesso è volon- tario e solo è qualche volta accidentale o criminoso; nel quale ultimo caso non infrequentemente si residua allo stato di tenta- tivo, essendo difficile e direi anche impossibile di mascherare il cattivo odore e sapore del fosforo. In genere è colle teste dei fiammiferi stemperate nella acqua che si consuma questo avve- lenamento, allorché è volontario e criminoso; mentre l'accidentale è consumato quasi sempre invece con la pasta fosforica, che essendo stata preparata per uccidere i topi, le piattole o le cimici, venae per sbaglio ingerita. Il fosforo del commercio è spessissimo arsenicale, e que- sta è cognizione importante per il perito chimico, il quale saprà dare il suo giusto valore alla manifestazione simultanea del fosforo e dell' arsenico nei casi di avvelenamento prodotto dal fosforo. Questo metalloide è micidiale a piccole dosi, e secondo alcuni le teste di 40 o 60 fiammiferi sono più che sufficienti a produrre la morte. Il fosforo, come dimostrai in un lavoro che pubblicai fino dal 1864 nello Sperimentale, è assorbito in natura; però quando trova nel canale digerente dell'ossigeno libero, vi brucia in parte, dando luogo alla formazione dell'acido fosfatico che è un mi- scuglio di acido ipofosforoso, fosforoso e fosforico ; ma la sua più larga e completa combustione ha luogo dopo il suo assor- bimento, e specialmente nelle reti capillari arteriose, e nella in- tima trama degli organi e dei tessuti, ove in grazia della osmosi gassosa, si trova in copia il gas ossigene libero. Gli acidi che in questa combustione si producono, incontrando le basi al- caline carbonate della economia si combinano, ad esse per for- mare degli ipofosfiti, fosfiti e fosfati alcalini. Il fosforo nel tubo alimentare si combina anche allo idro- gene nascente di continuo dagli alimenti ingeriti, e forma idrogene fosforato, il quale assorbito e passato nel sangue sarebbe, se- eondo l'opinione dei tossicologi moderni, quel composto a cui si dovrebbe attribuire la velenosità del fosforo. Il gas idrogene fo- — 61 — sforato, gl'ipofosfiti e i fosfiti trovandosi in presenza dell'ossigeno attivo del sangue, passano più o meno presto allo stato di fo- sfati; per cui in questo avvelenamento in ultima analisi cresce la copia dei fosfati alcalini, diminuisce quella dei carbonati al- calini, che sono normali all'economia, e stando alle mie espe- rienze sugli animali, in alcuni casi i carbonati sarebbero tuttiquanti convertiti in fosfati, per cui non solo sparirebbe l'alcalinità del sangue, ma questa sarebbe anche talune volte rimpiazzata dallo stato acido del medesimo. Se durante l'avvelenamento furono pòrti in copia i bicarbo- nati alcalini, allora si intende bene, non si verifica la diminuzione o la sparizione di quelli che sono normali alla economia, e il sangue conserva la sua alcalinità. Siccome la combustione del fosforo nell'organismo non ha effetto con estrema prontezza, abbenchè si trovi in presenza dello ossigeno attivo del sangue, e ciò perchè la pressione vascolare e l'acqua di questo umore la ostacolano non poco, così si intende come del fosforo possa allo stato vaporoso uscire dal corpo coli'aria espirata, col traspirato cutaneo e colle orine, come-è messo fuori di ogni dubbio dalle esperienze sugli animali e dalla osservazione clinica nell'uomo. È difficile, e direi impossibile di stabilire quanto tempo im- piega il fosforo a completamente combinarsi con l'ossigene e con l'idrogene, e dopo quanto tempo pure il gas idrogene fo- sforato e eli Ipofosfiti e fosfiti passano allo stato dei fosfati; in una parola dopo quanto tempo si cancellano le prove chimiche di questo avvelenamento, desumibili dal fosforo in natura, dal- l'idrogeno fosforato e dagli ipofosfiti e fosfiti alcalini, corpi tutti che non sono normali all' organismo animale. Le esperienze che sono state istituite in proposito e le osservazioni nell' uomo , hanno dati dei responsi che sebbene sien molto variabili, pure ci permettono di stabilire che questo tempo non sia minore di 2 o 3 giorni, né maggiore di 4 o 6. Solamente può accadere di ritrovare del fosforo in natura nel tubo alimentare dopo un tempo anche più lungo, e ciò quando dei frammenti di teste di fiammiferi rimasero incuneate nelle pieghe della membrana muccosa spe- cialmente enterica ; è questa una notizia di altissima importanza — 62 — che rende avvertiti i periti necroscopi d'ispezionare con una lente tutto il tratto del canale digerente dalla bocca all'ano. Moltissimi individui avvelenati col fosforo non solo si amma- lano assai leggermente, ma di più, soprattutto sulle prime, ap- pariscano sani del tutto, e all'infuori di qualche ritorno fosfo- rico essi possono accudire ai propri lavori, fare delle lunghe gite a piedi, darsi a dure fatiche ec, perchè è solo dopo due o tre giorni che sogliono incominciare a venire in scena dei fenomeni morbosi. Questi casi sono degni di considerazione, perchè, ove non si conoscessero, si potrebbero facilmente dedurre conclusioni erronee rispetto al tempo in cui fu preso il veleno; la qual cosa nei casi criminali è di grandissimo momento ; si potrebbe, per esempio, dichiarare dal perito che un dato pasto non contenesse veleno, mentre per avventura veramente ne conteneva, e questo errore potrebbe procedere appunto da ciò che la persona che morì mostrossi ancora per del tempo assai bene nella salute, e non si ammalò se non qualche tempo più tardi e forse anche dopo di avere mangiato alcun altra cosa in seguito. È anche singolare la maniera di morire per questo av- velenamento, la quale non si assomiglia a quella degli altri avvelenamenti, non suole essere cioè, in genere, costituita da quel complesso di sintomi intensissimi che per lo più occor- rono nel maggior numero dei venefici, come convulsioni, priva- zione dei sensi, sopore, soffocazione, rantolo tracheale ec, ma assai spesso è un subitaneo spegnersi, un tranquilla cessare della vita, con sorpresa dei conoscenti, amici e vicini. Ritter avrebbe costatato che durante l'avvelenamento pro- dotto dal fosforo, i globetti rossi diminuiscono di numero, si offrono dissociati, e nel sangue si vedono apparire con molta rapidità dei cristalli di emoglobulina. Questa maniera di alte- razione del sangue non è però speciale di questo avvelenamento, e si osserva nella itterizia grave a forma tossica, e, come ve- dremo, negli avvelenamenti prodotti dall'arsenico e dall'anti- monio ; e lo stesso Ritter l'avrebbe veduta nascere per la inie- zione degli acidi biliari nel sangue e in special modo del tauro- colato di soda. Tre casi possono darsi nella pratica medico-legale, quello cioè — 63 — in cui l'apparato sintomale consti oltreché dei fenomeni comuni anche di quelli patognomonici, e poco o punto manifeste sieno le lesioni anatomo-patologiche, e il perito chimico ritrovi nelle materie sospette il fosforo in natura ; quello in cui non si abbia contezza dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, perchè l'individuo non ebbe alcuna assistenza medica, oppure manchino i fenomeni patognomonici, perchè il curante, essendo stato chia- moto tardi ad assistere il malato, non potè metterli in essere, e già erano state disperse le prime materie emesse coi vomiti coi secessi, le prime orine, e le alterazioni anatomo-patologiche sieno spiccatissime, ed il perito chimico non ritrovi il fosforo in natura, ma solo le sue combinazioni; quello in cui sia morto un individuo che ha offerto durante la vita tutti i fenomeni di una itterizia, e dopo molto tempo dacché fu inumato, sia nato il sospetto che sia stato avvelenato col fosforo. Primo caso. — Quello in cui si abbiano i fenomeni paio- gnomonici, e nelle materie sospette vi sia del fosforo in na- tura, ma non esistano o sieno poco*o punto manifeste le altera- zioni anatomo-patologiche. — Se il medico si troverà dinanzi ad un individuo che abbia delle eruttazioni di odore agliaceo, che si lamenti di bruciore allo epigastrio, ed abbia dei vomiti le di cui materie offrano lo stesso odore-dell'alito, e sieno luminose nella oscurità, se esponendo ai vapori che si inalzano dalle me- desime una carta bagnata nella soluzione di nitrato d' argento, (mesta in breve si farà nera, mentre resterà bianca affatto, facendo lo stesso con una carta bagnata nella soluzione di ace- tato di piombo ; se verranno in scena dei dolori colici e delle scariche ventrali, e le materie emesse dall'ano offriranno queste stesse caratteristiche ; se si farà dolente la regione epatica, e l'individuo cadrà in una grande prostrazione di forze, e si farà itterico; se avrà dei deliqui, delle sincopi e dopo 5, 6 od 8 giorni di malattia in mezzo ad una di queste cesserà di vi- vere, dopo avere avuto o no del delirio ec il medico curante non esiterà un momento a dichiarare col suo referto al Tri- bunale che l'individuo presso del quale è stato chiamato è in preda ad un avvelenamento per fosforo, ed è stato vittima — 64 — di questo veleno. Ed egli terrà fermo questo concetto, anche quando l'autossia giudiziaria non riesca a mettere in essere al- cuna di quelle speciali alterazioni anatomo-patologiche che sono, se non per loro stesse, almeno per la estensione, per la inten- sità, per il loro insieme ec, caratteristiche e proprie di questo avvelenamento, come le degenerazioni grassose, la dissoluzione del sangue, le estese ecchimosi ec. In questo caso la chimica non farà che confermare i responsi della clinica osservazione. Quando il giudice d'istruzione riceverà un referto così for- mulato, dovrà farsi sollecito di invitare il medico curante che lo formulò, ad inviare al Tribunale le materie dei vomiti, quelle dei secessi e le orine, e dovrà immediatamente consegnarle al perito chimico, il quale dovrà intraprendere sulle medesime le sue ricerche più prontamente che sia possibile, e ciò perchè il fosforo che nelle inviate materie è contenuto, ossidandosi non sfugga alle sue investigazione. É vero che si sono dati dei casi in cui le materie dei vomiti e quelle fecali hanno conservato nel loro seno il fosforo immutato per moltissimo tempo, e ciò quando disseccandosi nella loro esterna superficie, hanno formato uno strato impermeabile allo accesso dell'aria; pure a fronte di ciò sarà sempre bene che il perito chimico operi presto sulle materie in quistione, e per la stessa ragione su quelle ancora • che dopo la autossia giudiziaria gli saranno state inviate dal perito necroscopo. Il chimico se con l'apparecchio del Mitscerlich o con quello dell'Agnolesi potrà constatare nelle materie sospette i lampi lu- minosi, affermerà che realmente si tratta di avvelenamento per fosforo ; se questi lampi non si dichiareranno, allora si assicu- rerà se ciò dipende da presenza di essenza di trementina che a titolo di antidoto fu porta dal curante al malato, oppure da presenza di alcool, col quale fossero state mescolate la materie sospette per meglio conservarle ; nel qual caso metterà in es- sere il fosforo convertendolo in fosfuro d'argento, e quando egli abbia realmente ottenuto del fosfuro di questo metallo ricono- scibile alla fiamma verde smeraldo ottenuta mettendolo in un apparecchio a idrogene nascente, concluderà per la presenza del fosforo in natura ; se poi il fosfuro di argento non si produsse, — 65 ~ allora, mentre non negherà l'avvelenamento, dichiarerà che le materie sospette che gli furono consegnate dal giudice" d'istru- zione o dal magistrato non contengono fosforo in natura. Secondo caso. — Quello in cui manca la storia, oppure questa consta dei soli fenomeni morbosi comuni, le alterazioni anatomo-patologiche sono spiccatissime, e manca nelle materie sospette il fosforo in natura, e solo vi si trovano le sue com- binazioni. — In questo caso è chiaro, che il diagnostico medico- legale dello avvelenamento è affidato principalmente alle alte- razioni anatomo-patologiche, alla esistenza dei fosfiti e dei fo- sfati, quando però questi ultimi superino di gran lunga la cifra normale. Infatti l'itterizia, il dolore alla regione del fegato, la grande prostrazione delle forze, qualche volta la febbre, il va- neggiamento, il delirio, l'anestesia o la iperestesia cutanea, i deliqui la sincope, il coma ec, sono fenomeni che per loro stessi non dicono nulla, perchè comuni a molte malattie ordinarie, a molti avvelenamenti. Noi abbiamo fatto il caso che possa man- care al perito la cognizione anche dei fenomeni comuni, perchè l'individuo avvelenato non fu assistito da alcun medico ; ora interessa di ricercare che valore abbiano le alterazioni anato- mo-patologiche, quando sono isolate, oppure quando si trovano in compagnia dei fenomeni comuni di questo avvelenamento. Prima di tutto è da avvertirsi che desse non sono costanti, e che perciò la loro assenza non esclude l'avvelenamento per fosforo. Quando l'individuo ingerì le teste dei fiammiferi stempe- rate nell'acqua e bevve anche i rimasugli che si trovavano nel fondo della tazza o del bicchiere in cui fu fatta la infusione, non raramente la muccosa gastrica si trova arrossata e tempestata di numerosissime piccole ulcerazioni a fondo nero. Quando queste ulcerazioni sieno state ritrovate dal perito è già qualche cosa per ammettere l'avvelenamento per fosforo, non avendole io ritrovate mai in altri avvelenamenti. Ma se quei rimasugli non sono stati ingeriti ed è stata presa la pasta preparata per ucci- dere i topi, le piattole ec, o non si trova nulla sulla muccosa Mei canale digerente, o vi si trovano solo degli arrossamenti Bellini 5 — 66 — che non,hanno alcun valore, perchè comuni non solo ad altri avvelenamenti, ma anche a molte malattie ordinarie. Se l'individuo morì in 2 o 3 giorni, può non trovarsi nulla, ma se campò 4, 6, 8, 12 e più giorni, allora il fe- gato, il cuore, la milza, i reni, i muscoli volontari ec, si pos- sono trovar sede di infiltrazione o di degenerazione grassosa, e ho detto, si possono trovare, perchè da quello che ne dice il Casper, non si trovano sempre in preda ad una tale alterazione. Quando poi la degenerazione sia estesa a tutti questi visceri, ed il perito abbia trovato nella muccosa stomacale delle piccole ulceri a fondo nero, e di più il sangue sia disciolto, i suoi glo- betti rossi sieno stellati o rotti, e si notino in copia le ecchimosi sottomuccose, sottosierose e interstiziali, e la pelle del cadavere sia itterica, il perito necroscopo potrà asserire che si tratta di avvelenamento per fosforo, ancorché non vi sia alcun ragguaglio storico, e il perito chimico non abbia trovato il fosforo in na- tura; e se nella storia che fu redatta dal curante, vi sono regi- strati i soli fenomeni comuni, essi allora doventeranno rappresen- tativi di questo e non di altro avvelenamento. Ma se le piecole ulceri stomacali mancheranno, allora il perito necroscopo non po- trà asserire, ma solo sospettare questa maniera di avvelenamento, moltopiù se esso non avrà che fare che con un cadavere, perchè, come nota il Frerichs, negli individui morti subitamente in mezzo alla più prosperosa salute si può trovare il fegato sede d'infiltrazione grassosa; in prova di che egli narra due casi di morte rapidamente avvenuta per ferite nei quali si trovò pure il fegato molto carico di adipe. Il Casper poi riporta 9 casi di malattie in cui il reperto anatomico fece vedere l'infiltramento adiposo nel fegato, nei reni, nel cuore ec, eppure non si trattava di avvelenamento per fo- sforo; e fa notare che neanche la presenza delle ecchimosi ha valore per ammettere un tale avvelenamento, perchè queste si rinvengono pure quando la infiltrazione grassosa è espressione di malattie comuni. Però se il perito chimico troverà nelle ma- terie sospette dell'acido fosforoso o dell'acido fosforico liberi oppure anche dei fosfiti, allora, ancorché manchino 'le piccole ulceri a fondo nero sulla muccosa stomacale, la degenerazione o la infiltrazione grassosa sia incipiente e limitata ad un solo — 67 — viscere, e vi sieno o no le ecchimosi, lo stato dissolutivo del sangue e le alterazioni più sopra notate dei globetti rossi, il pe- rito dovrà dichiararsi per l'avvelenamento prodotto dal fosforo; purché egli abbia elimmato il caso che gli acidi ricordati e i fosfiti sieno stati somministrati durante la vita a titolo di ri- medi; e potrà fare questa stessa dichiarazione anche quando il chimico non abbia trovati questi composti inferiori del fosforo, purché fattosi a ricercare i fosfati comparativamente, abbia tro- vato che questi superavano del doppio, del triplo o del quadruplo la quantità normale. Nel caso di cui è questione non deve il perito trascurare di studiare tutte le circostanze estrinseche al fatto, perchè potrà accadergli di raccogliere talune volte dei dati preziosi in questo proposito. La storia che vado brevemente a narrare «ne è una prova luminosissima. «Correva voce, ci dice il Casper, che un uomo fosse stato avvelenato dall'amante di sua moglie, d'accordo con essa. Quell' uomo aveva mangiato metà solo del pane che aveva perchè ne sentì nausea ; e poco dopo fu colto da gravi sintomi di avvelenamento e morì dopo breve ,malattia. Non fu allora aperto il cadavere, il quale venne esumato soltanto dopo qualche tempo. L'avanzata putrefazione impedì di constatare le altera- zioni anatomo-patologiche, e solamente sembrò che la muccosa inte- stinale fosse sede del processo di flogosi. La chimica dette risultati negativi. La istruttoria preliminare fra molte altre circostanze aggravanti assai, conteneva anche questa, che consisteva nelle gravi concordi deposizioni di più testimoni, gente semplice e campagnuola, i quali dichiararono che le dita delle quali quel- l'uomo si era servito per mangiare il pane, furono vedute risplen- dere nella oscurità, essendo egli entrato nella, stalla di sera e senza lume subito dopo di aver mangiato quel pane, i cui avanzi mandavano ancora il giorno dopo odore eguale a quello che si sente fregando i fiammiferi fosforici. Terzo caso. —■ Quello in cui sia morto un individuo che ab- bia offerti durante la vita tutti i fenomeni propri della itterizia. e dopo molto tempo da che fu inumato il cadavere sia nato il sospetto di avvelenamento per fosforo. — È naturale chéin 68 — simili evenienze, il sospetto di avvelenamento sia nato dopo un tempo più o meno lungo da che fu inumato il cadavere, e per conseguenza quando non si può avere esatto conto dei sintomi osservati durante la vita dell'individuo che morì, quando necessa- riamente mancano le materie vomitate e le orine, e quando le lesioni anatomo-patologiche non si possono constatare che mala- mente e più o meno imperfettamente. Il perito necroscopo inca- ricato della esumazione giuridica, osserverà tutte le regole di cui è stata tenuta parola nel secondo volume di questa nostra Biblioteca medico-legale e si studierà di constatare e mettere in essere la degenerazione grassosa dei diversi visceri, sin dove e per quanto potrà, e consegnerà al giudice d'istruzione tutte le materie che avrà potute raccogliere, nelle quali il perito chimico prima di tutto ricercherà il fosforo in natura. Se l'individuo morì quando l'assorbimento e l'ossidazione di questo metalloide avevano avuto luogo parzialmente, il pe- rito necroscopo potrà sperare di ritrovarlo in natura in mezzo al contenuto stomaco-intestinale, perchè dalle esperienze che ho istituite in questo proposito resulta, che nell' organismo animale divenuto cadavere non ha più luogo l'ossidazione di questo metalloide, il quale può ritrovarvisi immutato anche dopo 3 o 4 mesi e più, e ciò in ragione della copia che se ne trovava nel canale digerente al momento della morte. Però una parte più o meno grande di esso si perde, perchè impiegata a formare dell'idrogene fosforato in presenza dell'idrogene che nasce e si svolge dalla materia organica in via di decomposi- zione: ma se l'assorbimento e la ossidazione del medesimo si erano completati al momento della morte, allora il perito chi- mico non troverà altrimenti nel contenuto stomacale il fosforo in natura, e solo potrà mettere in essere questo avvelenamento ritrovando nelle materie sospette i fosfiti, o molta copia di fosfati alcalini. Alcuni hanno creduto che i lampi luminosi i quali s'inal- zano dalle materie sospette in piena putrefazione, poste che sieno a distillare nello apparecchio dell'Agnolesi, o in quello del Mitscerlich, non sieno un criterio sicuro a concludere per il fosforo di avvelenamento, perchè possono benissimo quei lampi — 69 — scaturire dal fosforo che come elemento entra .nella composi- zione della materia organica, od anche possono emanare da degli idruri fosforosi luminosi: ma per quante ricerche in proposito sieno state fatte nel mio laboratorio con 1' apparecchio del- l'Agnolesi fino dal 1864, adoprando lo stesso cervello a diversi gradi di putrefazione, non siamo mai riusciti ad avere dei lampi luminosi; ciò che è stato confermato di recente dal Dragendorff il quale non ha giammai veduti questi lampi, sottomettendo alla putrefazione e in condizioni le più diverse un gran numero di materie organiche di origine animale e vegetabile. Per cui una volta che il perito abbia ottenuto, distillando le materie so- spette putrefatte, dei lampi luminosi ben manifesti, può ritenerli quale espressione del fosforo di avvelenamento. E ho detto ben manifesti, perchè il Selmi ha talvolta dalle materie sospette tolto con la distillazione con acqua, un composto di natura basica volatile che conteneva delle tracce di fosforo. Il perito chimico però in questi casi, in quelli cioè di pu- trefazione molto avanzata, per non cadere in errore, escluderà dalle materie sospette che si sottoporranno alla distillazione il cervello, perchè lo stesso Selmi avrebbe ottenuto costantemente dal medesimo il composto accennato. Quando poi la esumazione fosse stata fatta allorché il cada- vere era ridotto in un putridume tale da essere tutti gli organi e tessuti affatto distrutti, non sarebbe più possibile di trovare il fosforo in natura, ed il perito non potrebbe dalla copia dei ritro- vati fosfati, anche che fosse doppia, tripla o quadrupla di quella normale, concludere per 1' avvelenamento, perchè questi fosfati potevano benissimo per una parte più o meno grande derivare dai detritus dei cadaveri che furono nello stesso luogo inumati antece- dentemente. E neanche la presenza dei fosfiti messa in essere con un apparecchio a idrogene nascente, potrebbe aver valore, perchè, come fa osservare il Selmi, non è improbabile che i prodotti fosfo- rati di riduzione, esistenti principalmente nel cervello ed anche in altre parti del corpo umano, nella reazione fra lo zinco e l'acido fosforico, in grazia dello idrogene nascente , possano dar luogo ad un qualche prodotto aeriforme contenente fosforo e simulante l'idrogene fosforato. D'altronde lo stesso Selmi ottenne con l'ap- — 70 — parecchio a idrogene nascente del fosforo, come se provenisse dai suoi acidi minori. Per cui si può concludere che per questo avvelenamento vi è una prescrizione nel tempo, prescrizione che sorge quando la putrefazione abbia cancellate la degenerazione grassosa e le piccole e numerose ulcerazioni a fondo nero ubicate nella muccosa stomacale, e le materie sospette sottoposte alla distillazione non dieno più manifesti i lampi fosforici, perchè il fosforo si ossidò tuttoquanto durante la vita, o perchè quel poco che era rimasto fu condotto allo stato d'idrogene fosforato nel seno stesso del cadavere dall'idrogene che incessantemente nasce durante il processo putrefattivo. Il perito in tutti i diversi casi che ho contemplati or ora, presenterà al tribunale come prova del consumato avvelenamento un pezzo di fegato o il cuore degenerati in grasso conservati nell'alcool, e questo in quei casi in cui all'autossia il perito ne- croscopo verificò le piccole ulceri a fondo nero sulla muccosa gastrica; perchè, come dissi già, la degenerazione grassosa dei visceri ha valore a rappresentare questo avvelenamento, tutte le volte che ha a compagne quelle ulcerazioni medesime : oppure presenterà il fosfuro d'argento ottenuto coli' apparecchio del- l'Agnolesi, col quale si ebbero pur manifesti i lampi fosforici, distillando le materie sospette. Potrà anche portare d'innanzi ai magistrati l'apparecchio stesso dell'Agnolesi, col quale ot- tenne quei lampi, e in cui avrà lasciato le materie sospette per sottoporle a nuova distillazione in loro presenza, onde met- ter loro sottocchio il fenomeno il più caratteristico dello avve- lenamento in quistione. 71 — II. Degli avvelenamenti prodotti da quei composti che risultano da due o più metalloidi che hanno a comune la reazione acida o che si comportano chimicamente come gli acidi. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL GAS ACIDO CARBONICO. Degli avvelenamenti accidentali e qualche volta anche volontari per l'acido carbonico si sono verificati specialmente nei fabbricanti di vino, di sidro, di birra, negli operai addetti alle fornaci di calce, in coloro che si sono arrischiati ad entrare in alcune ca- verne, o in alcuni crateri di vulcani spenti, la di cui atmosfera constava quasi esclusivamente di acido carbonico. Questo acido non è un gas soltanto irrespirabile, ma è anche un agente tossico, ed uccide con estrema rapidità, attentando alla vita del sistema nervoso e muscolare, come lo provano non poche esperienze sugli animali. È assorbito con prontezza, si diffonde per tutta la economia, dalla quale esce immutato coi prodotti delle funzioni di secre- zione e di separazione, ma principalmente per i polmoni e per la pelle. Nell'inquinamento carbonico i globetti rossi offrono di- mensioni più piccole dell'ordinario, ciò che tiene alla diminuita ossigenazione e non ad una speciale azione dispiegata dall' acido carbonico su di essi. Un solo caso può darsi in pratica, ed è quello che sia stato trovato il cadavere di un individuo in un tino ove erano od erano state a fermentare dell' uva, dell' orzo, delle frutta, oppure in una caverna, o in un cratere di vulcano spento, e venga doman- dato se esso appartenga ad un individuo che sia morto per avere respirato l'acido carbonico, o se vi sia stato gettato quando già innanzi era divenuto cadavere per altra cagione, onde nascondere così un omicidio. — 72 — 11 perito giunto sul luogo farà estrarre colle dovute cautele l'individuo dal tino, dalla caverna, dal cratere ec e si assicurerà se in esso si è realmente spenta la vita, e quando vi possa es- sere il sospetto anche remoto che sia in stato di morte appa- rente, farà sul medesimo tutte quelle manovre e metterà in uso tutti quei mezzi che valgono ordinariamente a ripristinare la respirazione e la circolazione e dei quali è stato parlato nel secondo volume. Quindi con un lume acceso, o con 1' acqua di calce, o colla soluzione di acetato di piombo, si assicurerà della esistenza dell'acido carbonico nella atmosfera che circondava il cadavere, e trovato che il lume si spenge, e che nell'acqua di calce e nella soluzione di acetato di piombo per poco che sieno state agitate con quell' aria, nascono un inalbamento e un de- posito biancastro, si pronunzierà per l'esistenza del gas in di- scorso. Fatto questo, egli passerà all'esame del cadavere, e se tro. vera che resiste alla putrefazione per un tempo assai lungo, e che questa allorché è cominciata procede con minore lentore del solito; se le ecchimosi effetto delle stasi cadaveriche sa- ranno molto scure e il sangue nelle cavità destre del cuore e nei grossi tronchi venosi sarà molto nero, diffidente, o soltanto un poco addensato, e i suoi globetti rossi diminuiti di volume; se i polmoni, il fegato, la milza, i muscoli ec, saranno di colore scuro; se i principali visceri si offriranno congestionati, egli propenderà per la morte prodotta dall' acido carbonico. Ma se non verificherà nulla di tutto questo, allora anderà in cerca di qualche altra maniera di morte; e quando con la sola au- tossia non riesca a metterla in essere, chiederà che sieno fatti analizzare dal chimico i visceri del cadavere, onde eliminare od ammettere il caso di avvelenamento prodotto da un qualche somministrato veleno. Se nel cadavere oltre i fenomeni cadaverici e le alterazioni anatomo-patologiche accennate, il perito troverà le tracce di esterne violenze e queste per la sede, per la forma, per la di- rezione, per la estensione staranno a dimostrare che l'individuo dovette sostenere una più o meno viva e durevole colluttazione dichiarerà che la morte per acido carbonico non avvenne né per — 73 — caso, né per propria volontà, ma per altrui violenza; se invece, mentre troverà delle scalfitture, delle echimosi nello ambito esterno del corpo, sentirà esalare nell' aprire lo stomaco forte l'odore di alcool, allora propenderà per la morte accidentale av- venuta per essere caduto l'individuo perchè ubriaco nel cratere o nelle, caverna ec. Le stesse circostanze estrinseche al fatto concorreranno a mettere sulla via il perito per stabilire, se l'individuo fu per caso o per propria o per altrui volontà vittima dell'azione deleteria dell'acido carbonico. Infatti se si tratterà di un naturalista odi un geologo che sia stato trovato cadavere in una caverna o in un cratere, se si tratterà di un garzone di contadino che durante la vendemmia sia stato trovato morto entro un tino, in cui fermen- tava o da non molto tempo aveva fermentato dell'uva, egli pro- prenderà per la morte accidentale; mentre se l'individuo sarà stato derubato ec, questa circostanza lo farà propendere per l'assassinio. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA. ARIA CONFINATA O NON RINNOVATA. Io parlo qui di questo avvelenamento perchè non si può esclu- dere affatto che anche l'acido carbonico vi prenda parte. Quando uno soggiorna in una atmosfera che non si rinnovi, l'aria di questa perde un certo volume di ossigene, il quale si trova rimpiazzato da un volume sensibilmente eguale di gas acido carbonico, e nel tempo stesso si sopraccarica di vapori acquosi e si inquina di materie animali miasmatiche che si sollevano dalle vie respi- ratorie e dalla superfìcie cutanea. In passato si credè che l'acido carbonico prendesse col suo eccesso la parte principale nei fenomeni morbosi e nella morte che si verificano in chi soggiorna in una aria confinata, e si ritenne che per riuscirgli letale bastava che l'acido carbonico di pochissimo si allontanasse dalla sua cifra normale. Ma le espe- rienze di Paul Bert, per le quali è dimostrato che l'aria sot- tomessa alla pressione barometrica media di 76 centimetri non riesce tossica per l'acido carbonico, altro che quando questo gas — 74 — vi si trova nella proporzione del 24 per 100, restando la stessa quella dell'ossigene, fecero cangiare di pensiero e fecero ritenere che nell' aria confinata, nella quale l'acido carbonico non raggiunge mai quella cifra, esso non prende alcuna parte negli effetti deleteri e mortali che si dichiarano, e tutto dipende quasi esclusivamente dalla disparizione dello ossigene. Per. cui non si può più dire oggi come prima, che una atmosfera che contenga il 5 per 100 di acido carbonico è dannosa, e quella che ne contenesse da 10 a 12 sarebbe mortale; ma si deve dire che una atmosfera che ha perduto il 5 per 100 di ossi- gene è dannosa e quella che ne avesse perduto 10 o 12 per 100 sarebbe mortale. In questo modo noi intendiamo per- chè i lavoranti possono soggiornare per assai lungo tempo nella miniera di Poullaonen che contiene il 4 o 5 per 100 di acido carbonico, e il 14 e 15 di ossigene ; mentre il soggiorno dei lavoranti diviene ben presto impossibile nella miniera di Huel- goat, ove l'aria contiene poco acido carbonico, ma non più del 10 per 100 di ossigene, perchè questo gas è tolto all'aria dalle piriti. Con ciò però non intendo dire che l'acido carbonico non sia deleterio, ma solo che nell' aria confinata non prende mai altro che una parte secondaria. Oltre al difetto di ossigene, l'aria confinata deve la sua tos- sicità ai vapori miasmatici che si elevano di continuo dagli individui e che vi si accumulano necessariamente. Infatti Dumas e Péclet rimasero quasi soffocati, allorché respirarono i gas espulsi da un camino di richiamo dell'aria di una sala conte- nente una assemblea numerosa. Anche in questo avvelenamento il diametro dei globetti rossi si trova diminuito. Possono nella pratica medico-legale darsi tre casi da recla- mare l'intervento del perito; quello cioè che in una stanza sotter- ranea chiusa, in cui abbia difficile accesso l'aria, si trovi un indi- viduo tuttora vivo; l'altro che vi si trovi un cadavere; e il terzo che si trovino sotto una frana di una miniera, per esempio, più cadaveri d'individui morti per avere dovuto soggiornare in una atmosfera che a causa della frana non si potè rinuovare, e interessi di sapere agli effetti civili chi è morto prima, chi dopo. — 75 -— Primo caso. — Quello di un individuo che è stato tro- vato chiuso in una stanza, in cui non aveva od aveva dif- fìcilmente accesso l'aria. — In questo caso interessa di sapere se l'aria della stanza realmente non poteva rinnovarsi o se si rinnovava difficilmente, e se l'individuo che vi fu trovato era stato passivo degli effetti deleteri dell' aria confinata. — Il tro- vare che la stanza è sotterranea, che non ha altra apertura che quella della porta alla quale si accede per uno angusto e stretto andito, il sapere che questa veniva aperta tutta i giorni, ma per quel solo tempo che era necessario per depositarvi gli alimenti e le bevande, ed estrarne i vasi da notte ec, e l'avvertire nel- l'entrarvi quello speciale odore di tanfo che emana sempre dai luoghi che stettero soverchiamente chiusi, e il sentirsi mancare il fiato, saranno criteri più che sufficienti per ritenere che real- mente l'atmosfera della stanza in questione si rinnovava diffi- cilmente ed imperfettamente. 11 trovare poi l'individuo pallido, con l'aspetto vecchieggiante, ora scarno, ora tumido, che si lagna di freddo, di difficoltà di respirare e di cefalalgia, che è impossibilitato nei movimenti, che è afono, oppure che è in preda ad un assopimento più o meno profondo, od anche che ha di tanto in tanto il delirio e insie- me qualche convulsione ec, saranno fenomeni morbosi che con- durranno il perito a concludere che quell'individuo è in preda agli effetti dell'aria confinata. Il vario grado intensivo dei fenomeni ricordati, varrà anche a stabilire in un modo approssimativo il tempo del soggiorno in quella atmosfèra, e lo studio e la valu- tazione delle circostanze estrinseche al fatto confermeranno le conclusioni del perito, e disveleranno i motivi di questa reclu- sione. Secondo caso. — Quello in cui il cadavere di mi indi- viduo è stato ritrovato in una stanza sotterranea chiusa. — In questo caso interessa di sapere se l'individuo che è divenuto cadavere è stato vittima dell' aria confinata o di altra cagione. Le circostanze estrinseche al fatto potranno spargere molta luce in questo proposito. Ma poi se il perito troverà che il cadavere — 76 — appartiene a un individuo robusto, torosó, con masse musco- lari bene sviluppate, ricco di pannicolo adiposo ec, eliminerà il caso che sia stato vittima dell' aria confinata, e con ogni premura si farà ad indagare qual possa essere stata la cagione della morte. Ma se il cadavere sarà pallido, il tessuto cellulare sottocutaneo conterrà molta sierosità, se le cavità del cuore e i grossi tronchi venosi saranno ripieni di un sangue nero e diffluente, se vi sarà qualche iperemia meningea, se le masse muscolari saranno flosce e pallide, e non sarà stato possibile di mettere in essere alcuna altra nota cagione di morte, il perito propenderà per la morte avvenuta per l'aria confinata. Terzo caso. — Quello in cui si trovino più cadaveri d'individui sotto una frana ed interessi di saperde chi è morto prima e chi dopo. — Ora, in genere si può ritenere che sieno morti prima i più giovani dei più vecchi, perchè questi che hanno languide e lente tutte le funzioni organiche, hanno meno bisogno di ossigene dei giovani i quali le hanno energiche e molto operose; che sieno per le stesse ragioni morti prima gli uomini delle donne; che se alcuno dei ca- daveri sarà stato trovato con la faccia prossima od in contatto di qualche fessura, da cui un poca di aria esterna poteva farsi strada all'interno, allora questa circostanza farà ritenere al perito che l'individuo a cui apparteneva quel cadavere, sia morto più tardi degli altri. Se fra questi individui ve ne saranno stati dei malaticci, come anemici o idroemici, il perito avrà ragione di presumere che sieno morti più tardi di coloro che ..non erano malati, perchè chi si trova in stato anemico o idroemico ha di già il sistema ner- voso ed il cuore abituati a funzionare con un certo difetto di ossigene, avvicinandosi da questo lato agli animali a sangue freddo, i quali, come è noto, risentono più tardi gli effetti del- l'aria confinata degli animali a sangue caldo, e fra questi la risentono più tardi i mammiferi degli uccelli, che sono i più grandi consumatori di ossigene. — 77 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI VAPORI DI CARBONE. I vapori di carbone, come è noto, constano di acido carbo- nico, di gas ossido di carbonio e di tracce di carburi d'idrogene, che sono l'effetto della decomposizione dell' acqua propria del combustibile. L'avvelenamento per i vapori di carbone ora è accidentale, ora il più spesso volontario, e qualche volta, sebbene di rado, criminoso. Quando il carbone brucia bene all'aria non dà, si può dire, che dell'acido carbonico, perchè 1' ossido di carbonio che pure si forma è in minimissime quantità; ma quando si mette del carbone nero sopra del carbone perfettamonte incandescente, l'acido carbonico che da questo si svolge nell'attraversare lo strato del carbone nero fissa del carbonio e si trasforma in ossido di carbonio. Lo stesso verificasi allorché il carbone fossile, la lignite, la torba, le legna bruciano in una stufa di ferro che in grazia della combustione si sia arroventata; e ciò perchè allora l'acido carbonico in contatto delle pareti della stufa perde dell' ossigene e si converte in ossido di carbonio. I vapori di carbone non constano sempre della stessa quan- tità d'acido carbonico e d'ossido di carbonio, ciò che è agevole a comprendersi, quando si pensi che l'ossido di carbonio si forma sia per ossidazione incompleta del carbonio, sia per la ridu- zione dell'acido carbonico. Allorché il carbone non è perfetta- mente acceso spande un odore speciale molto pronunziato che non si deve all'ossido di carbonio, come qualcuno ha creduto, ma sembra dipendere da un corpo gassoso di natura sconosciuta, che sfugge agli ordinari mezzi di analisi. Sebbene i gas che compongono i vapori di carbone non ab- biano lo stesso peso specifico e 1' ossido di carbonio sia molto meno pesante dell' aria atmosferica e dell' acido carbonico, pure dopo un certo tempo che è avvenuta la combustione si trovano questi gas nella stessa proporzione nei diversi strati dell'atmosfera della stanza, perciocché, come ha dimostrato il Dalton, un fluido elastico non può stare sopra un altro più peso — 78 — di lui senza mescolarvisi. Tanto l'acido carbonico questo l'ossido di carbonio sono assorbiti con estrema prontezza dal polmone. L'acido carbonico, come dissi, rimane libero ed immutato nella economia, mentre l'ossido di carbonio contrae con 1' emo- globulina una combinazione- fissa e stabile, che fa assumere ai globetti rossi una colorazione vermiglia caratteristica; pure a fronte di ciò questo si elimina dall'organismo animale al pari dell' acido carbonico in natura, come lo hanno dimostrato le ricerche di Gréhant. Nell'atto che l'ossido di carbonio si fissa all'emoglobulina discaccia 1'ossigene e l'acido carbonico con cui si trovava unita, ed impedisce ogni ulteriore fissazione di questi gas; in una parola si oppone alla osmosi gassosa. L'emoglobulina ossicarbonata dà uno spettro molto analogo a quello del sangue ossigenato, solamente le bande di assorbimento sono un poco spostate verso destra. Quello però che ha di caratteristico, questo spettro si è che non subisce alcun cangia- mento per gli agenti riduttori, come per la soluzione ammo- niacale, per quella di acido tartarico, di fosfato di protossido di ferro, per il solfuro di ammonio ec, in una parola le due bande non sono convertite nella banda unica di riduziono di Stockes, come avviene per l'emoglobulina ossigenata. Questo spettro però non è proprio e rappresentativo soltanto di una tal maniera di avvelenamento, perchè si ha pure allorché si fa operoso sul sangue il biossido di azoto, il quale si combina alla emoglobulina anche più stabilmente dell'ossido di carbonio. Nella pratica si danno diversi casi che possono interessare il Fòro. Può darsi cioè il caso che uno o due individui si tro- vino nel letto già ridotti cadavere in una camera nella quale esiste un braciere in qui è arso del carbone, e interessi di saper- se sono morti o_ no per i vapori di carbone, e dato che sì, se si tratta di morte accidentale, volontaria o criminosa. Oppure può darsi ii caso che uno o due individui si trovino morti nel letto, e non esista nella stanza né il braciere, né altro che accenni ad una combustione che vi sia avvenuta, e venga domandato perchè sono morti. Ovvero può accadere che uno o più individui si trovino morti nel letto avvelenati dai vapori di carbone, mentre la stanza ove avvenne questa triste scena ha la porta o una finestra se- —- 79 -— michiuse, e sia domandato se poteva avvenire questa maniera di morte a fronte che la camera non fosse ermeticamente serrata. Finalmente può darsi il caso che gli individui che furono trovati cadaveri in una camera in cui vi era un braciere, sieno tre o quattro, di differente sesso ed età, alcuni in un letto piuttosto alto, altri stesi sul suolo, e interessi di sapere agli effetti, civili chi è morto prima, chi è morto dopo. Primo caso. — Quello in cui si tratta di sapere se uno o più individui che si trovano nel letto di già cadaveri, sono morti per i vapori di carbone e dato che si, se si tratta di morte accidentale, volontaria, o criminosa. — La esistenza di un braciere che contenga della cenere, in una camera nel di cui letto sono stati ritrovati uno o più cadaveri, l'odore speciale che si solleva allorché il carbone brucia imperfettamente e che si avverte entrando nella camera stessa, ed il senso di soffocazione che si prova, saranno i criteri che faranno nascere forte il sospetto di morte avvenuta per i vapori di carbone. Se poi il cadavere od i cadaveri si manterranno caldi e flessibili per molto tempo, se la putrefazione si dichiarerà molto tardi, dopo cioè 8 o 10 ed in inverno anche dopo 15 giorni, se sull' ambito esterno del corpo vi saranno delle macchie di un rosso chiaro, se tutti gli interni organi e tessuti saranno di un bel colore roseo, se tutto il sangue si offrirà di un rosso rutilante, il pe- rito non esiterà un momento ad asserire che la morte avvenne per i vapori di carbone, e più particolarmente per il gas ossido di carbonio che entra nella loro composizione. Quando manchino i fenomeni cadaverici e le alterazioni ana- tomo-patologiche accennate, il perito escluderà questa maniera di morte, e riterrà che sieno stati posti nella camera stessa dopo che furono, in altro modo resi cadaveri par nascondere un as- sassinio; percui allora si farà a ricercare se nei cadaveri stessi vi sieno le tracce di altra maniera di morte, non escluso l'avve- lenamento consumato con un qualche veleno, che non sia 1' os- sido di carbonio. Ma una volta trovato che la cagione della morte sono stati ì vapori di carbone, saranno le circostanze estrinse- che al fatto quelle che farauno decidere il perito per la morte 80 — volontaria accidentale o criminosa. Così se non troverà alcun segno di colluttazione sofferta; se i cadaveri saranno stretta- mente abbracciati ed apparterranno a due amanti contrariati; se le porte e le finestre saranno ben chiuse; se con del cotone, con della carta ec. saranno stati turati tutti i buchi delle ser- rature, tutti gli spiragli; se la porta sarà chiusa per di dentro, il perito dovrà concludere per il suicidio piuttosto che per l'as- sassinio, mentre dovrà concludere per questo, quando il cadavere od i cadaveri offrano dei segni di colluttazione avvenuta; quando abbiano delle ferite che per la direzione, numero, estensione e sede mostrino di essere state fatte dalla mano altrui; quando il letto sarà in scompiglio, gli oggetti di valore che erano nella camera saranno stati derubati ec Se poi il perito troverà uno o due cadaveri asfissiati in una camera in cui è un braciere con della cenere, se si tratterà di un inverno rigido e di povera gente che male sia coperta, se le porte della stanza saranno socchiuse ec, il perito si dichia- rerà per l'avvelenamento accidentale. Secondo caso. — Quello in cui in una camera si tro- vano uno o due cadaveri in un letto e non esista nella medesima né il braciere, né altro che accenni ad una combu- stione che vi abbia avuto effetto e venga domandato perchè sono morti. — Se il cadavere o i cadaveri presenteranno le note cadaveriche e anatomo-patologiche or' ora descritte che sono caratteristiche della morte per i vapori di carbone, se co- loro che per i primi entrando nella camera constatarono il fatto della morte avvenuta, avvertirono 1' odore speciale del carbone che brucia imperfettamente oppure l'odore del fumo, e sperimen- tarono un senso di soffocazione inoltrandosi nella camera stessa, il perito concluderà che la cagione dèlia morte sono stati i va- pori di carbone. E se si farà a ricercare d'onde possono essere scaturiti quei vapori, troverà che esisteranno delle fessure nelle muraglie della camera in corrispondenza della cappa di un camino, di un fornello ec oppure che i vapori del carbone che fu acceso in una stanza contigua penetrarono nella camera per le fessure della porta ec. — 81 — Terzo caso.— Quello in cui V avvelenamento per i vapori di carbone si è verificato in una camera di cui la finestra e la porta erano semichiuse, ed è domandato se poteva avvenire questa maniera di morte a fronte che la camera non fosse er- meticamente serrata. —. È una opinione generalmente accredi- tata quella che riguarda come indispensabile per 1' asfissia la chiusura esatta della stanza in cui brucia del carbone, ma que- sto è un errore. Certamente la chiusura perfetta è una condizione favorevolissima a questo genere di morte, ma non è una con- dizione indispensabile. E le esperienze che sono state istituite a questo proposito sugli animali e l'osservazione nell'uomo, hanno dimostrato chiaramente che l'asfissia ha luogo nello stesso modo o che le camere sieno chiuse ermeticamente, o che non lo sieno. Per cui il perito, quando abbia constatato questa maniera di morte, dovrà asserire che la cagione della medesima sono stati i vapori di carbone, ancorché la camera non fosse stata perfet- tamente chiusa e quando, s'intende bene, non trovi alcun altra cagione che possa spiegarla. Quarto caso. — Quello in cui sono stati trovali in una stanza più individui, per sesso e per età diversi, alcuni morti in un letto piuttosto alto, altri sul suolo, e interessi di sa- pere agli effetti civili chi è morto prima, chi è morto in- vece dopo. — Ora da che si sa che i gas che si producono durante la combustione del carbone si mescolano prontamente; da che si sa che si trovano le medesime proporzioni d' acido carbonico e di gas ossido di carbonio, d'idrogene carbonato, di ossigene e di azoto in basso nel mezzo e in alto di una stanza chiusa ove avviene questo fatto, sembrerebbe che si dovesse concludere non poter l'avvelenamento avvenire più prontamente in coloro che si trovano stesi sul suolo, che in coloro che già sono in un letto alto, e perciò a distanza dal suolo medesimo; pur nondimeno, non avvenendo il completo mescolamento dei gas accennati al momento stesso che si producono, ma dopo un tempo variabile, come si dimostra coll'esperienza da me stesso ripetuta, che mettendo in una stanza, ove bruci del carbone, Bellini o 82 — diversi animali, ad altezze diverse, muoiono prima quelli che sono situati i più alti; così il perito non si allontanerà dal vero asserendo che dei diversi individui trovati morti per i vapori di carbone, sono periti prima quelli che erano nel letto alto, degli altri che erano distesi sul suolo. Quanto all' età e al sesso poco o punto di preciso potrà dire il perito; pure se fra quelli indi- vidui vi sarà un neonato o un piccolo bambino, potrà presumere che sieno morti questi prima degli altri e specialmente dei più adulti. Vi sono però, oltre questa, altre circostanze che il perito deve valutare prima di formulare le sue conclusioni. Egli dovrà bene attendere alla posizione relativa degli individui divenuti cada- vere; così se troverà che alcuni di essi hanno la faccia ri- volta verso le muraglie, mentre altri verso le finestre o le porte, e se queste avranno delle fessure o saranno semiaperte, riterrà che sieno morti prima quelli di questi, e fra questi ultimi prima quelli che si trovavano più lontani dalle porte e dalle finestre di coloro che vi erano più vicini. Quando accada di verificare un fatto di tale natura molte ore dopo che avvenne, allora il perito terrà conto anche di altre circostanze che sono della massima importanza. Si accerterà della esistenza o no dei fe- nomeni cadaverici, e se troverà che in alcuni individui il calore animale si è di già dileguato, mentre in altri permane tutta- via; se in alcuni vedrà già manifesta la rigidità cadaverica mentre in altri no; se in taluni la putrefazione si sarà iniziata, quando in altri non Ve ne sarà alcun segno, egli tenendo calcolo della età, della qualità e quantità dei panni di cui sono rivestiti ec, giudicherà che sienò morti più tardi quelli individui che sono sempre caldi, non rigidi, né in via di putrefazione, e più presto quelli che si trovano in condizioni opposte. I magistrati in fatto di asfissia per i vapori di carbone formulano altri quesiti, e sono; quale deve essere la quantità di carbone che deve bruciare per avvelenare un individuo, avuto riguardo alla estensione della stanza in cui esso si trova? quale è la quantità delle ceneri che può essere fornita da una data quan- tità di carbone? un individuo che si sia svenuto e si mantenga tale per un certo tempo, può sopravvivere alla azione dei vapori — 83 - di carbone? un individuo può aver soggiaciuto all' avvelenamento per i vapori di carbone, quantunque entrando nella camera vi si trovi un lume tuttavia acceso? Al primo quesito il perito non ha modo di rispondere, per- chè le stanze in cui si verificano i fatti di avvelenamento per vapori di carbone, non sono mai o quasi mai ermeticamente chiuse; per cui dalle esperienze che si fanno sugli animali in luoghi perfettamente chiusi, per determinare la quantità del carbone occorrente, non si può dedurre quello che avverrà nel- l'uomo che si trova chiuso nella sua camera. Ma poi può ac- cadere che una piccola quantità di carbone produca la morte in un individuo, mentre ve ne vorrà una quantità maggiore ed anche doppia per produrla in un altro; e ciò solo perchè nel primo caso fu acceso il carbone nella camera stessa, mentre nell'altro vi fu portato quando era in piena e completa incan- descenza. E né anche il perito può rispondere al secondo quesito, perchè non tutti i carboni che si trovano in commercio danno la stessa quantità di cenere, la quale varierà pure secondo che il carbone adoprato è umido o secco. Ma anche quando si potesse da un dato peso di cenere stabilire quanto sia stato il carbone che bruciando ce l'ha data, in pratica vj sarebbero altre difficoltà che renderebbero impossibile una ri- sposta: infatti potrebbe un braciere contenere non solo la cenere del carbone che bruciò nella camera, ma quella pure che ri- sultò dalla combustione del carbone che aveva avuto luogo fuori della camera nei giorni antecedenti al fatto, per cui in questo caso la copia della cenere ritrovata nel braciere ci da- rebbe dei responsi bugiardi. Al terzo quesito ii perito potrà solo rispondere, che la morte dallo stato di svenimento potrà essere ritardata, ma non impedita. Potrà essere ritardata, perchè essendo grandemente rallentati gli atti respiratori e circolatori sotto il peso dello svenimento, in un dato tempo penetrerà minore copia di va- pori di carbone nell'interna economia: non potrà essere impedita la morte, perchè sebbene lente sieno la respirazione e la circo- lazione, pure 1' assorbimento gassoso ha luogo nel polmone ed — 84 — avendo luogo ne scende di necessità che i vapori di carbone possono per questa via farsi strada all'interno, inquinare l'or- ganismo animale e fissare il loro ossido di carbonio sulla emo- globulina e così uccidere, tanto più che non vi vuole molto os- sido di carbonio per produrre la morte. All'ultimo quesito egli potrà rispondere che, come resulta dalle esperienze istituite in proposito dall' Orfila, può benissimo un individuo soccombere avvelenato per i vapori di carbone in una camera, mentre tuttavia un lume vi brucia; e la ragione è facile, perchè è il gas ossido di carbonio che avvelena ed uc- cide, e non il difetto di ossigene che è la conseguenza della combustione del carbone, per cui l'ossido di carbonio si fa ope- roso, quando nella stanza vi è sempre ossigene sufficiente ad alimentare la combustione di una candela. Del modo di determinare la capacità della camera ove è avvenuta la morte per i vapori di carbone. — Questa deter- minazione non raramente è richiesta dal magistrato. Se tutte le stanze offrissero nella loro costruzione dei pa- rallellogrammi regolari e fossero prive affatto di mobili, niente sarebbe più facile che il determinare per mezzo di un semplice calcolo la loro capacità: basterebbe moltiplicare da prima l'al- tezza della camera per la sua larghezza, poi il prodotto della moltiplicazione per la lunghezza e si otterrebbe il cubo dello spazio, servendosi sempre di misure metriche affine di rendere il calcolo più semplice. Ma, ora esistono nella camera più com- partimenti, delle alcove ec, ora vi è un corpo di caminetto che sporge, e via discorrendo. Per vincere queste difficoltà biso- gna misurare isolatamente ciascuno degli spazi ed i mobili che vi esistono dopo aver loro data, la forma di un paralellegrammo poi riunirli in seguito col calcolo. In caso di disuguaglianza per vizi di conformazione della camera, bisognerà frazionare gli spazi per modo da avere dei cubi e dei parallellogrammi assai rego- lari; e quanto alle frazioni di spazio dipendenti dalla obliquità di un muro e di una scorniciatura, si potranno trascurare o calcolare in un modo approssimativo, perchè se volessimo arri- vare ad un caleolo esatto, bisognerebbe fare delle operazioni assai complicate. — 85 — Ricerche dell'ossido di carbonio nell'aria e nel cadavere di coloro che perirono per i vapori di carbone. — Può in qualche caso speciale interessare di dimostrare l'esistenza del- l' ossido di carbonio nell' aria di una camera, nella quale furono rinvenuti uno o più cadaveri; questo caso però avviene di rado, perchè le lesioni anatomo-patologiche prodotte da un tal gas sono troppo caratteristiche per ammettere che esso fu la cagione della morte e per conseguenza che inquinava l'aria della stanza, ed era penetrato nell'organismo della vittima. Ora il perito ricercherà l'ossido di carbonio nell' aria, serven- dosi del cloruro di palladio, il quale è ridotto da questo gas. Però una tale reazione è caratteristica ad una condizione, che cioè nel- l'aria non si trovi né ammoniaca né gas idrogene solforato; per cui il perito per togliere questi corpi farà passare l'aria prima di cimentarla sul cloruro di palladio attraverso un tubo che con- tenga dell' acido solforico per formare solfato di ammoniaca, e dello acetato di piombo per formare solfuro di piombo. È da avvertirsi che anche 1' idrogeno riduce il cloruro di palladio, ma molto più lentamente del gas ossido di carbonio. Ricercherà poi questo stesso gas nel sangue del cadavere, servendosi del cloruro di palladio e dell'analisi spettrale, e non concluderà in maniera affermativa, altro che quando l'aspetto fisico del sangue, il cloruro di palladio e l'analisi spettrale gli avranno dati dei risultati concordi. Queste ricerche il perito le potrà intraprendere con successo anche quando la morte sia avvenuta da tre a quattro giorni, purché la temperatura del- l'aria sia rimasta bassa. Le ricerche riescono meno facili al- lorché l'avvelenamento ha avuto luogo per un miscuglio gassoso in cui predominano altri gas; in tal caso però l'esame spet- troscopico riescirà sovente per se solo a risolvere la quistione. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL GAS ILLUMINANTE Quantunque il gas illuminante non offra le proprietà dei ve- leni che sono riuniti in questo gruppo, pure ho creduto bene di trattare qui di un tale avvelenamento, perchè ha molti punti di analogia con i precedenti. Non sono rari i casi di avvelenamenti - 86 — avvenuti anche di più persone a un tempo per il gas illuminante, e ciò specialmente allorché in una camera per caso o a bella posta sono stati lasciati aperti i beccucci del gas, oppure allorché si è rotto un qualche condotto incassato nelle sue pareti e il gas vi si è raccolto a traverso delle crepe che vi si trovavano. La composizione del gas illuminante non è sempre la stessa, e varia a seconda della materia che ha servito per ottenerlo. In genere si può ritenere che esso consti d'idrogene, di idrocar- buri fra i quali predominano l'idrogene proto e bicarbonato, di gas ossido di carbonio, e di minime quantità di acido carbonico, d'idrogene solforato e di solfuro di carbonio. L'ossido di carbonio vi figura nella ragione del 10, 12 ed anche del 14 per 100. Come resulta da numerose esperienze, gli effetti deleteri del gas illuminante si devono al gas ossido di carbonio, e quando nella loro composizione non entrasse questo gas non sarebbe più questione di avvelenamento vero e proprio, perchè i gas idrogene proto e bircabonato che vi figurano per la massima parte, non sono venefici e riescono asfissianti solo perchè so- stituendo l'aria atmosferica in cui si versano, prendono il posto dell' ossigene che è 1' unico gas atto a sostenere la vita, e perchè gli altri gas, quali 1' acido carbonico, 1' idrogene solfo- rato e il solfuro di carbonio, vi sono contenuti in quantità non venefiche. Quei pochi casi che la scienza 'possiede di avvelenamento nell'uomo, confermano quello che è stato ottenuto negli animali che sono stati immersi in una atmosfera di gas illuminante, che cioè i fenomeni morbosi, quelli cadaverici e le alterazioni ana- tomo-patogiche non differiscono per nulla da quelle prodotte dal puro gas ossido di carbonio. Io ho voluto ripetere queste espe- rienze sul gas che serve ad illuminare Firenze, ed ho sempre avuti gli effetti del gas ossido accennato. In pratica si possono dare i medesimi casi che abbiamo ve- duto occorrere nell'avvelenamento per i vapori di carbone; per cui crediamo inutile di fermarvisi sopra, molto più che il perito non ha da fare altro che battere la stessa via per risolvere le svariate quistioni che nel Fòro possono essere sollevate, a proposito, dello avvelenamento di cui ci occupiamo. — 87 — AVVELENANENTO PRODOTTO DALL'ACIDO SOLFIDRICO, 0 DAL GAS IDROGENE SOLFORATO, L'acido solfidrico quando ò respirato, è uno dei più deleteri veleni. È assorbito con estrema rapidità; sembra che in parte più o meno grande si fissi sulla emoglobulina discacciandone il gas ossigene. Però non sembra che formi con essa una com- binazione molto stabile; infatti il sangue che ha subita l'azione di un tal gas esposto all'aria torna a farsi vermiglio. Se si fa passare una corrente d'idrogene solforato nel sangue defibri- nato o in una soluzione di emoglobulina si vedono questi liquidi prendere una colorazione scura e dare uno spettro particolare, il quale presenta tre bande di assorbimento, cioè le due bande della emoglobulina ossigenata più una banda situata verso il mezzo dello spazio C. D. Se l'acido solfidrico è in poca copia questa terza banda o non apparisce o è molto debole, e quando si è prodotta sparisce con grande rapidità, appena si fa passare nel sangue defibrinato o nella soluzione di emoglobulina una corrente di ossigene che prenda il posto del gas solfidrico. Questo idracido nella grande circolazione capillare e nella intima trama dei tessuti e degli organi trovandosi in presenza dell' ossigene attivo, vi brucia e forma acido solforico e solfati a spese delle basi alcaline carbonate della economia, mentre quello che sfugge alla combustione se ne esce con i prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente per i polmoni e per la pelle. Per cui nello avvelenamento in di- scorso cresce nel sangue la copia dei solfati e diminuisce quella dei carbonati alcalini e dell'ossigene. Il gas solfidrico è un veleno normale della economia che si trova in quantità più o meno grande nelle intestina, e deriva dalla combinazione del solfo proprio degli alimenti proteici con l'idrogene che nasce incessantemente dal contenuto stomaco-inte- stinale. Di questo gas se ne svolge poi molta copia in alcuni stati morbosi e specialmente durante le cattive digestioni e al- lorché s'ingerisce del solfo. Nella pratica medico-legale il caso che può darsi è questo; — 83 — che cioè in una atmosfera naturale o artificiale di gas idrogene solforato sia stato trovato un cadavere umano, ed interessi di sapere se l'individuo a cui apparteneva quel cadavere, morì per avere respirato questo gas, oppure per altra ragione e fu im- merso in quella atmosfera per nascondere un omicidio e fare credere ad un avvelenamento accidentale o volontario. Ora, se tenuto conto dello stato igrometrico e termometrico, il cadavere si sarà putrefatto con rapidità; se all' apertura del torace i polmoni si troveranno congestionati, e comprimendo il parenchima loro mentre il perito tiene d'innanzi alla aper- tura della glottide una carta bagnata nello acetato di piombo, questa diverrà nera; se tutti i tessuti ed organi saranno di co- lore scuro; se il sangue sarà nero e diffluente e si arrosserà lasciato all' aria libera; se nelle intestina specialmente crasse alberghei-à quel po' di gas idrogene solforato che solitamente vi si trova, il perito concluderà che la morte è avvenuta per avere respirato questo gas. Mentre se il cadavere non sarà in preda ad una precoce putrefazione; se alla apertura del torace risulterà che i polmoni sono nello stato normale, e che la carta di acetato di piombo tenuta d'innanzi all'apertura della glottide non si farà nera mentre si comprime il parenchima polmonale; se il sangue non sarà disciolto, né eccessivamente nero, e i tes- suti e gli organi non saranno scuri, il peritò riterrà che la morte non sia avvenuta per il gas in discorso, e in questo caso si farà ad indagare quale ne sia stata la cagione. Quando l'autossia fosse stata fatta molto tardi, perchè tardi fu rinvenuto il cadavere nella località accennata, allora il perito sarà quasi sempre nella impossibilità di risolvere la questione, perchè questo gas è un prodotto del processo putrefattivo: so- lamente tenendo conto delle circostanze estrinseche al fatto o di alcune lesioni che si cancellano molto tardi, come ferite del cuore, di altri visceri ec, potrà offrire del lumi al Fòro. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI SOLFURI ALCALINI. Io ho creduto bene di parlare qui di questo avvelenamento, perchè la cagione dei fenomeni morbosi e della morte deve ri- .89 — conoscersi nel gas solfidrico che, come ora vedremo, si stacca dai solfuri alcalini. I solfuri alcalini pervenuti nello stomaco e nelle intestina e giunti per assorbimento nel sangue, sono scomposti nello sto- maco dagli acidi gastrici, nel sangue dal gas acido carbonico, e nelle intestina da questo gas, non che dagli acidi lattico e butirrico che si producono nella fermentazione lattica e butirrica che ha luogo nelle materie contenute nelle crasse intestina. In questa scomposizione si svolge del gas solfidrico e si precipita del solfo, il quale alla sua volta, più specialmente nel tubo alimentare, dà luogo alla formazione di nuovo gas solfidrico in grazia dell'idrogene che di continuo nasce dalle materie ali- mentari che subiscono il lavorio digestivo. Ho detto più special- mente, perchè da alcune mie esperienze risulterebbe che il solfo reso libero nel seno del sangue venoso per la scomposizione dei solfuri, vi è pure condotto dal gas idrogene che vi si svolge allo stato di gas solfidrico. Questo gas attacca l'emoglobulina e brucia in parte nella generale circolazione capillare e nella intima trama organica nel modo che ho indicato or' ora, ed esce in copia maggiore o minoro principalmente per i polmoni e per il traspirato cu- taneo. Se una parte degli assorbiti solfuri potè sfuggire alla azione decomponente dal gas acido carbonico, questa allora se ne viene all'esterno coi prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente con le orine, in mezzo alle quali, perchè acide, sono decomposti. In questo avvelenamento a dif- ferenza che nell' altro qui sopra studiato, i solfati non si formano a spese delle basi alcaline carbonate del sangue, ma di quelle degli stessi solfuri alcalini, per cui mentre crescono i solfati al- calini nella economia, non diminuiscono corrispondentemente i carbonati. Il caso che può darsi in pratica è quello che il perito inca- ricato della autossia del cadavere di un individuo morto av- velenato, abbia a propria disposizione la narrativa dei fenomeni che precedettero la morte; oppure che abbia il solo cadavere. Se dalla storia resulterà che un individuo, dopo di avere ingerito il liquido di una bottiglia che doveva servire per ag- 90 — giungersi all' acqua di un bagno, sentì un sapore acre bru- ciante, un senso di ardore nello esofago e nello stomaco, ebbe dei ritorni di uova putride alla gola, dei vomiti spasmodici, delle coliche e la diarrea; se dalle materie emesse per di sopra e per di sotto che erano ricche di solfo, spirò forte l'o- dore del gas solfidrico; se a questi fenemeni tennero dietro un pronto collasso, la perdita dei polsi, la respirazione difficile de- bole, la tosse secca, i sudori freddi, la cianosi alle labbra, alla faccia e alle estremità superiori e inferiori, i deliqui, la per- dita della conoscenza, la sincope e la morte, è chiaro che il perito concluderà per l'avvelenamento prodotto dai solfuri alca- lini. E quando anche senza questa narrativa abbia trovate le alterazioni anatomo-patologiche e i fenomeni cadaverici che ho descritti parlando delio avvelenamento per il gas solfidrico, e inoltre lo stomaco e le intestina distese da questo gas e sede del processo di flogosi, e la loro muccosa, specialmente quella dello stomaco, intonacata di un induito muccoso o muccoso sanguigno commisto a del solfo e il perito confermerà la fatta conclusione, o la formulerà, quando per la mancanza di stòria non ebbe a propria disposizione che il solo cadavere. 11 perito chimico non solo si contenterà di mettere in essere il gas solfidrico e i solfuri, se pur ne rimasero indecomposti nelle materie dei vomiti è in quelle dei secessi o nel contenuto sto- macale del cadavere, ma dovrà anche ricercare quale era il metallo alcalino che era unito al solfo. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO SOLFORICO. L'avvelenamento per l'acido solforico è qualche volta acci- dentale, spesso volontario e solo di rado criminoso; nel quale ultimo caso o è stato introdotto a viva forza nella cavità della bocca per consumare un infanticidio, oppure è stato mescolato alle acquavite per agevolmente propinarlo a chi era abituato a ingerire larghe dosi di alcool. È stato consigliato anche come mezzo abortivo mescolato all'olio, di che un caso ne riporta il Casper seguito dalla morte della madre e del feto. L'acido solforico specialmente di luto sembra che sia assorbito — 91 — con facilità; infatti esso si diffonde molto rapidamente attraverso le membrane animali. Tostochè concentrato è venuto in contatto dei nostri tessuti toglie loro l'ossigene e l'idrogene, cioè gli ele- menti dell'acqua per la quale ha tanta avidità, e quindi li carbo- nizza e si impadronisce delle basi alcaline carbonate della econo- mia per formare solfati alcalini. Passato in circolo coagula i mate- riali albuminoidi del plasma e dei globetti rossi e fa assumere al sangue una colorazione scura rendendolo neutro o acido, come pure rende acidi i prodotti di secrezione e di separazione coi quali viene all' esterno, quando non sia stato tutto neutralizzato dalle basi alcaline carbonate che incontra nell' economia. Per cui in questo avvelenamento il sangue resta depauperato di basi carbonate alcaline, nel mentre che si arricchisce di solfati alca- lini, e ciò quando la morte non sia prontissima, perchè quando sia stata tale ordinariamente pochissimo è 1' acido che per as- sorbimento ha tempo di passare nel sangue. In pratica possono darsi tre casi; che cioè durante la vita e nel cadavere si possano constatare i fenomeni morbosi ed ana tomo-patologici patognomonici di questo avvelenamento;; oppure che manchino ora i soli fenomeni morbosi patognomonici, ora anche gli anatomo-patologici pure patognomonici;od invec e che l'individuo si sia o sia stato avvelenato col solfato d'indaco che, come è noto, riesce deleterio soltanto per l'acido solforico. Primo caso. — Quello in cui esistono i fenomeni morbosi e gli anatomo-patologici patognomonici dello avvelenamento — Qui può accadere come no che il perito abbia a sua disposizione la storia dei fenomeni che precederono la morte della vittima. Se il medico narrerà nella storia, che entrando in camera del malato lo trovò estremamente agitato, con le labbra nere come fuliginose, con delle macchie sul mento, e con delle linee a modo di colature agli angoli delle labbra egualmente nere; se esaminando queste macchie e queste colature rinvenne di- strutta 1' epidermide su cui si erano formate; se la muccosa labiale, buccale e faringea erano rosse, e molta era la saliva- zione; se le parti macchiate, la saliva e 1' accennata muccosa dettero reazione fortemente acida; se i vomiti erano dolorosi e 92 — difficili e le materie rigettate ribollirono cadendo sul pavimento ed erano acidissime e scure o nere; se la regione epigastrica era oitremodo dolente, mentre il ventre era trattabile, e vi era stitichezza; se le orine erano soppresse, la pelle fredda e co- perta di glutinoso sudore, le estremità cianotiche, i polsi celeri fuggevoli che più tardi si perderono al carpo; e se in mezzo a tutti questi fenomeni dopo poche ore o dopo qualche giorno, rimanendo integre le facoltà della mente, avvenne la morte, il perito necrocopo non esiterà un momento ad emettere il suo giudizio di avvelenamento per acido solforico. Se esistendo o no la storia dei fenomeni morbosi che pre- cedettero la morte, il perito troverà che il cadavere ha resistito alla putrefazione molto più di quello che comunemente si osservi, come ha constatato il Casper, il quale 1' ha veduta ritardare anche di 4 e 5 giorni; se sulle labbra, ai lati delle medesime e sulla pelle del mento esisteranno delle macchie nere, e sotto di esse sarà distrutta l'epidermide ed alterato il derma; se la lingua, la muccosa buccale e faringea saranno rosse tu- mide e cosperse qua e là di macchie nere; se lo stomaco sulla sua superfice sierosa offrirà i vasi a modo di cordoni rilevati duri e ripieni di sangue scuro e coagulato, e la muccosa si of- frirà in tutta o nella massima parte della sua estensione come carbonizzata e ricoperta di una poltiglia scura o nera e sede di flogosi, di ulceri e. di perforazioni a bordi neri; sei visceri ad- dominali e il diaframma con cui in grazia delle perforazioni venne in contatto il contenuto stomacale saranno anche essi come cotti e carbonizzati; se -la muccosa dalla bocca al duodeno non che il contenuto dello stomaco e quello che passò nella cavità ad- dominale, daranno forte reazione acida ; se il cuore e i grossi vasi venosi conterranno del sangue colore ciliegia o scuro, ag- grumato, coi globetti sformati e distrutti e, se sarà neutro o acido, come non poche volte ha constatato il Casper, egli asse- rirà trattarsi di avvelenamento per acido solforico. Potrebbe non avere avuta la reazione àcida dalla membrana dello stomaco e dal suo contenuto, perchè durante la vita fu somministrato con generosità un qualche alcali come antidoto chimico; ma questo non esclude che il perito possa formulare — 93 la conclusione accennata, perchè gli restano tutti gli altri criteri su cui basarla. La chimica poi verrà a convalidare questa conclusione. Il perito chimico constatata la reazione acida nel liquido che procurò di ottenere privo di solfati dalle materie sospette, potrà asse- rire che in esse esiste . dall'acido solforico libero, se dividendo quel liquido in due porzioni e infondendo in una di esse del- l' acetato di piombo, vedrà formarsi un precipitato bianco in- solubile nell' acqua e solubile negli acidi cloridrico e azotico bollenti: se infondendo nell'altra porzione del cloruro di bario vedrà prodursi un precipitato pure bianco, insolubile però nell' acido cloridrico e azotico impiegati in eccesso e diluti; e se calci- nando infine quest'ultimo precipitato fuori del contatto dell'aria con un miscuglio di carbone e di carbonato di soda lo vedrà convertirsi in solfuro di bario. Qualora il perito chimico non abbia potuto avere a sua disposizione le prime materie vomi- tate, perchè furono per caso o a bella posta disperse, ma solo quelle che furono rigettate coi vomiti dopo che furono pòrti come antidoti gli alcalini, cercherà di mettere in essere il ve- leno estraendolo dal sangue in quei casi in cui questo umore dia reazione acida; oppure si contenterà di vedere, la mercè di esperienze comparative, se le materie sospette che durante la cura furono neutralizzate dagli alcali, contengono una copia di solfati che superi del doppio, del triplo o del quadruplo quella normale, e trovatala, dichiarerà che le materie sospette contenevano l'acido solforico, il quale non vi era più libero per- chè neutralizzato dagli antidoti somministrati. Secondo caso. — Quello in cui mancano, o i soli feno- meni morbosi patognomonici, ovvero questi e gli anatomo- patologici pure patognomonici. — Possono mancare le mac- chie e le colature nere, 1' arrossamento della muccosa labiale, buccale ed anche faringea, può mancare la reazione acida del- l'accennata muccosa, quando l'individuo, come si verificò qui in Firenze, abbia usato la cautela di mettere 1' acido in una boccetta a collo molto lungo, e di portarlo proprio sulla aper- — 94 — tura esofagea. Possono mancare i vomiti caratteristici a causa dello spasmo esofageo che gli rese impossibili, o perchè non eb- bero tempo di dichiararsi a causa della prontezza della morte. In questi casi saranno i fenomeni cadaverici e le alterazioni ana- tomo-patologiche quelle che metteranno in essere avvelenamento, che l'analisi chimica non farà che confermare. Possono poi mancare anche i fenomeni anatomo-patologici patognomonici, come verifico il Casper in una donna gravida, la quale aveva preso dell'acido solforico mescolato con olio come mezzo abortivo. In questo caso l'olio impedì la carbonizzazione della muccosa stomacale e delle materie contenute nello sto- maco, e quindi tolse alle alterazioni anatomo-patologiche il carattere di patognomoniche, perchè gli arrossamenti e le ulce- razioni della membrana muccosa stomacale, la reazione acida di essa e del contenuto stomacale che era costituito da un li- quido bruno giallo ec, verificati alla autossia, sono fenomeni comuni e non propri dello avvelenamento in questione. E allora non vi è che la chimica che possa spargere della luce in pro- posito; ed infatti fu la chimica che mise in essere l'acido sol- forico nell'esempio ora ricordato dal Casper. Terzo caso. — Quello in cui è stato ingerito il solfato d'indaco. — In questo caso la muccosa buccale e faringea, la pelle del mento, gli angoli delle labbra, e le labbra stesse, le materie vomitate, il contenuto dello stomaco del cadavere e la muccosa di queste viscere si offrono colorate di bleu più o meno scuro; tutte queste parti danno inoltre forte reazione acida e i sottoposti tessuti e specialmente la muccosa stomacale sono non solo arrossate ma erose e ulcerate. La chimica mette in questi casi facilmente in essere la pre- senza del solfato d'indaco. Infatti versando su di esso l'acido azotico, si vede cangiare il colore bleu in giallo rossastro, e trattandolo con del glucosio e della calce lo si vede trasfor- marsi in indaco bianco, che torna di nuovo bleu in contatto dell' aria. Volendo poi constatare se l'indaco solforico contiene realmente questo acido, il perito non farà altro che distruggere l'indaco col mezzo di agenti di ossidazione avanti di impiegare come reattivo il cloruro di bario. — 95 ~ Nel caso in discorso il perito chimico presenterà come prova di convinzione dello avvelenamento avvenuto il solfato di barite che ottenne. Belle macchie prodotte doli acido solforico sulle stoffe di lana, di seta, di cotone, di lino. — Può interessare di sapere se certe macchie che sono state trovate sulle vesti di un dato in- dividuo che si sospetta essere stato l'asssassino di colui che fu vittima dell'acido solforico, sono o no rappresentative di questo acido. Se le macchie sui tessuti neri saranno rosse e sugli altri nere o scure; se sui tessuti di lino e di cotone che la mercè dei ripetuti bucati saranno stati condotti allo stato di cellulosa quasi pura, saranno a malapena manifeste; se saranno umide ed un- tuose al tatto, e i tessuti che ne sono la sede daranno reazione acida e si romperanno facilmente nel sito ov'è la macchia; se le parti macchiate isolate colle forbici da quelle intatte, poste nel- l'acqua distillata le faranno assumere la reazione acida, e se questo liquido darà un precipitato bianco col cloruro di bario, il perito potrà asserire che le macchie in quistione sono state prodotte dall'acido solforico. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ACIDO AZOTICO 0 NITRICO. Questo avvelenamento è meno frequente di quello prodotto dall'acido solforico. I tessuti con i quali viene in contatto l'acido azotico sono attaccati meno profondamente che dall'acido solfo- rico, e invece di offrirsi neri e carbonizzati, sono colorati di giallo per la formazione dell'acido xantoproteico. Le basi alcaline della economia salificano l'acido azotico sia innanzi sia dopo il suo assorbimento cioè nel tubo gastro-enterico e nel sangue, e danno luogo alla formazione di azotati alcalini, di sali cioè che non sono normali all' organismo animale. In un tale avvelenamento possono verificarsi i medesimi casi che in quello prodotto dall'acido solforico, per cui non starò a tor- narvi sopra; e solamente farò rilevare qui i caratteri che gli sono propri e speciali e che valgono a differenziarlo da quello prò- — 96 — dotto dagli altri acidi. Ora, un carattere essenziale è questo, che la pelle del mento, le labbra, i loro angoli, la muccosa buccale, quella faringea, stomacale e duodenale, i bordi delle perforazioni quando queste hanno luogo, le materie vomitate e quelle che rimasero nel canale alimentare del cadavere, si offriranno più o meno colorate di giallo, colorazione che avrà questo di spe- ciale, di passare cioè al giallo rossastro bagnando con la soluzione di potassa le parti e le materie così colorate. Nei casi in cui durante la vita mancassero le macchie gialle, perchè l'acido fu ingerito per modo da non toccare la muccosa buccale né colare sulle parti esterne, e i vomiti non ebbero tempo di dichiararsi a causa della morte pronta, non vi saranno che 1' autossia e la chimica che metteranno in grado i periti di for- mulare la diagnosi medico-legale di questo avvelenamento; la prima col constatare le lesioni comuni che sono prodotte dagli acidi e la reazione acida, e la colorazione gialla della muccosa gastrica e del contenuto stomacale; la seconda con mettere in essere l'acido azotico nelle materie sospette. Ora il chimico metterà in essere questo acido per le seguenti reazioni; per lo svolgimento cioè dei vapori nitrosi gettando in una porzione del liquido acido ottenuto dal trattamento delle materie sospette, dopo di averlo concentratro, della limatura di rame; od anche per la formazione di una zona colorata dal rosa al bruno, che si formerà al dintorno di un cristallo di solfato ferroso che sia stato messo in una altra porzione dello stesso liquido; ed infine per la formazione di una colorazione rossa ver- sando del solfato di anilina o un sale di brucina in un altra por- zione del medesimo. Gli azotati gli potrà mettere poi in essere nel liquido non acido che avrà il perito ottenuto dalle materie sospette con queste stesse reazioni, purché vi aggiunga tanto acido solforico puro da decomporre questi sali e mettere in libertà l'acido azotico, È vero che le reazioni accennate il perito le avrebbe egual- mente, se. si trattasse di avvelenamento per acido azotoso e per azotiti; ma egli potrà con altre reazioni eliminare il caso in cui si tratti di questi veleni anziché di acido nitrico. Infatti mentre l'acido azotoso o gli azotiti rendono bleu la colla d'a- — 97 — mido iodurata e il nitrato di argento vi produce un precipitato, non avviene lo stesso quando si tratta di acido azotico o di azotati. Nel caso in cui mancasse 1' acidità dei tessuti e delle ma- terie contenute nel canale digerente del cadavere dell'individuo che ingerì dell'acido azotico, e non si avesse alcun ragguaglio re- lativamente ai fenomeni morbosi che si dichiararono durante la vita, e mancasse la colorazione gialla caratteristica, e quindi non si avessero che i fenomeni comuni anatomo-patologici della gastritide o della gastro-enteritide, il perito necroscopo non sempre potrà stabilire se i ritrovati azotati sono espressione dell' avvelenamento prodotto dall' acido azotico, o piuttosto di quello prodotto da una dose generosa di nitro; perchè, come vedremo a suo luogo, il nitro preso in dose alta dà egual- mente luogo alla gastrite e alla gastro-enterite. Però se lo sto- maco sarà perforato, questa maniera di alterazione anatomo- patologica farà ammettere l'avvelenamento per acido azotico, perchè non vi è esempio che il nitro abbia dato luogo alle per- forazioni stomacali. Se vi sarà sola gastritide e non anche en- teritide, il perito propenderà più per l'avvelenamento prodotto dall'acido azotico, che per quello prodotto dal nitro, perchè in quello la enteritide può mancare, in questo no. Se il crasso intestino sarà pieno di materie fecali, propenderà pure più per quello anzi che per questo avvelenamento, perchè l'acido azo- tico non dà quasi mai luogo alla diarrea, che anzi suole aversi per esso la stitichezza, mentre il nitro ad alta dose agisce in genere come valido purgativo, quindi produce delle abbondanti evacuazioni ventrali, che lasciano le intestina vuote o quasi vuote. Finalmente se la gastritide o la gastro-enteritide non avranno per compagna la flogosi renale e le orine non si offriranno né albuminose^ né sanguigne , e il microscopio non vi discuoprirà in copia le cellule epiteliali dei condotti oriniferi, propenderà egualmente più per l'avvelenamento di cui ci occupiamo, che per quello prodotto dal nitro, perchè la flogosi renale è propria di questo e non di quello avvelenamento. Nel caso poi che l'autossia sia stata fatta molto tardi, e quando per ciò il processo putrefattivo abbia cancellate affatto Bell ini ' — 98 — le alterazioni anatomo-patologiche di cui abbiamo ora parlato, ed il chimico abbia trovati in copia gli azotati alcalini nei resti del cadavere, non vi sarà più modo di stabilire di quale dei due ricordati avvelenamenti si tratti; e quindi resterà incerto il giudizio, a meno che le circostanze estrinseche al fatto non spar- gano della luce in favore dell'uno piuttosto che dell'altro. Per fare però elevare in questo caso i ritrovati nitrati a segno dello avvelenamento, bisogna eliminare il caso che essi provengano dal terreno da cui venne esumato il cadavere, eliminazione que- sta che il perito farà facilmente, analizzando la terra del cimi- tero, non solo del sito in cui giaceva il cadavere, ma anche di quello che ne è più o meno distante. Belle macchie prodotte dall' acido azotico sulle stoffe di lana, di seta, di cotone, di lino. — Anche in questo avvele- namento può interessare di sapere, se certe macchie gialle che sono state trovate sulle vesti di un individuo che si sospetta essere stato l'assassino della vittima, nel di cui organismo è stato ritrovato l'acido azotico, sieno realmente espressione di questo acido. Ora il perito le riterrà quale espressione dell'acido in discorso, quando bagnando i tessuti macchiati con l'alcool, con 1' etere o colla benzina, la colorazione gialla non subirà alcuna modificazione; quando bagnando le macchie con l'ammoniaca o con la soluzione di potassa non spariranno, ma prenderanno in- vece una tinta rossa o giallo-arancio ; od anche quando si colori- ranno intensamente di rosso o di giallo arancio, bagnandole con un miscuglio di potassa e di cianuro di potassio, e dissec- candole ad una temperatura un poco elevata. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO CLORIDRICO. Quantunque questo acido sia assai frequentemente impiegato nelle arti e in medicina, pure l'avvelenamento per il medesimo è piuttosto raro. Esso attacca i tessuti molto meno dei due acidi che abbiamo studiati fin qui, e allorché è ingerito non produce quasi mai la perforazione delle pareti dello stomaco. Questo acido al pari degli altri è assorbito ed è salificato dalle basi alcaline — 99 — della economia, per cui si formano in essa cloruri alcalini, men- tre vi diminuiscono le basi alcaline carbonate. Possono nell'avvelenamento in parola verificarsi nella pratica gli stessi casi, che negli altri avvelenamenti ora presi in esame; però, mentre in questi si possono avere dei fenomeni morbosi ed anatomo-patologici patognomonici, in quello non abbiamo in genere che dei fenomeni comuni. Ho detto in genere, perchè quando 1' acido idroclorico sia stato pòrto o preso molto concentrato può aversi un fenomeno che è patognomonico ; e consiste nei fumi bianchi abbondanti che'si manifestano tenendo presso la bocca del malato e delle materie da esso vomitate una bac- chetta di vetro o un pezzetto di tela bagnata nell' ammoniaca. Le materie vomitate raramente sono scure e la membrana muc- cosa della bocca e della faringe non solo è tumida e rossa, ma si trova anche cospersa di pseudo-membrane bianco-grigiastre. La muccosa stomacale è rammollita, si distacca facilmente e può essere sede di pseudo-membrane bianco-grigiastre ed anche di ulceri a fondo nero. La diagnosi medico-legale dell'avvelenamento prodotto dal- l' acido cloridrico non tanto si basa su questi pochi criteri posi- tivi, quanto anche su quelli negativi: per cui il perito potrà as- serire trattarsi molto probabilmente di un tale avvelenamento, se durante la vita si ebbero i fumi bianchi accennati, e la forte acidità della muccosa buccale e delle materie dei vomiti ; se nel cadavere si constatarono oltre le alterazioni anatomo-patologiche proprie della gastritide o della gastro-enteritide di avvelenamento, anche le pseudo-membrane bianco-grigiastre o le ulceri a fondo nero; se mancarono le macchie nere sulla pelle, sulle labbra ec, e lo strato carbonoso sulla muccosa gastrica, oppure se man- carono le macchie gialle sulla pelle e sulla muccosa gastrica stessa. La esistenza normale dell' acido cloridrico nello stomaco, che secondo Schmidt vi è nella proporzione del 3 per 1000, e la presenza di molti cloruri alcalini e specialmente di sodio nella economia, rendono in qualche caso difficile la dimostrazione chi- mica di questo avvelenamento, specialmente quando nel cada- vere di un individuo che non si sappia come e perchè è mòrto, 100 — si trovi l'acido quasi tutto salificato e condotto per ciò allo stato di cloruri. Però quando si trovino nel cadavere molto dispiegate le alterazioni anatomo-patologiche proprie della ga- stritide o della gastro-enteritide di avvelenamento 5 quando nella muccosa della bocca, della faringe e dello stomaco vi sieno delle pseudo-membrane bianco-grigiastre, e lo stomaco stesso sia sede di ulcerazioni, la presenza di molta copia di cloruri alcalini nelle materie che furono trovate racchiuse nel canale digerente, militerà in favore dell'avvelenamento prodotto dall'acido cloridrico: e tanto più se questi cloruri saranno per la massima parte di magnesio, di potassio, di calcio , perchè allora staranno ad esprimere, che durante la vita furono pòrte la magnesia, la cenere, il calcinaccio 0 la polvere di marmo, come antidoti chimici atti a neutralizzare l'acido che fu ingerito, Se il liquido ottenuto dalla distillazione delle materie sospette darà reazione acida per presenza di acido cloridrico, il perito chi- mico lo riconoscerà al suo odore e ai fumi bianchi che spanderà a contatto dell'ammoniaca, e al precipitato caseoso che formerà sopra una bacchetta di vetro bagnata nella soluzione di azotato d'ar- gento. Se poi il liquido ottenuto dal trattamento delle stesse materie non sarà acido, egli vi ricercherà i cloruri alcalini non solo, ma il metallo alcalino con cui è combinato il cloro, e presen- terà al tribunale come prova di convinzione del consumato delitto il cloruro di argento, che otterrà infondendo la soluzione d'azotato d'argento, tanto nel liquido acido, quanto in quello non acido che ottenne dalle materie sospette. Se, come ho detto, il metallo al- calino staccato dal cloro, sarà il potassio, il magnesio, il calcio, anche che non sieno molti i cloruri ottenuti, potrà concludere per l'avvelenamento, quando esistano insieme le lesioni anatomo- patologiche or ora accennate ; ma quando sarà il sodio, allora bisognerà che la dose dei cloruri sia doppia, tripla o quadrupla della normale per ricavare questa stessa conclusione, perchè è solo nel primo caso che quelle stesse lesioni anatomo-patologiche pos- sono elevarsi a criterio dell'avvelenamento in discorso. Le circo- stanze estrinseche al fatto non raramente verranno a proposito per avvalorare la conclusione accennate. — 101 — Delle macchie prodotte dall' acido cloridrico sulle stoffe di lana, di seta, di cotone, di lino. — In questo avvelenamento può pure interessare di sapere se certe macchie che furono tro- vate sulle vesti di un dato individuo indiziato di assassinio, sono o no di acido cloridrico. Ora quest'acido arrossa le vesti verdi, bleu, marrone, ne- re ec, di cui il colore non è punto solido; le macchie se sono recenti danno dei fumi bianchi avvicinandovi una bacchetta ba- gnata nella ammoniaca; sono di un rosso più chiaro e non sono punto umide né untuose al tatto, come quello dell'acido solforico; colla potassa non divengono più rosse né giallo -arancio, come quelle dell'acido azotico; i tessuti non ne sono punto corrosi, né si rompono così facilmente come quando le macchie sono state prodotte dai due acidi ricordati. Per dimostrare la natura delle macchie, il perito constaterà la reazione acida dell'acqua distillata in cui saranno state messe le parti macchiate; e se infondendo in quest'acqua del nitrato d'argento si formerà un coagulo bianco, solubile nell'ammoniaca e insolubile nell' acido azotico, il perito dichiarerà che quelle macchie erano 1" effetto dell' azione dell' acido cloridrico. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO SOLFOROSO. L'acido solforoso è assorbito con facilità specialmente dalle vie aeree: nel trascorrere per l'animale economia assume l'os- sigene libero e combinato, che vi incontra, e forma dell'acido solforico, il quale a sua volta produce dei solfati a spese delle basi alcaline carbonate di cui è ricca. In pratica può darsi il caso di trovare il cadavere di un neonato o di un adulto in una stanza ove s'imbiancano i tessuti di lana, la paglia da cappelli ec, e la di cui atmosfera sia ricca dei vapori solforosi. In tal caso interessa di stabilire se l'in- dividuo a cui appartiene quel cadavere morì per avere respirati quei vapori, od invece morì per altra ragione e fu trasportato in quella stanza per simulare una morte accidentale o volontaria, e così nascondere un infanticidio o un omicidio. Se il perito necroscopo troverà che la muccosa della tra- — 102 — chea e dei bronchi è colorata di rosso: se il parenchima pol- monale sarà iperemico ed edematoso; se spremendo i pol- moni mentre egli tiene d'innanzi all' apertura della glottide una carta d'amido bagnata nell'acido iodico questa si farà violetta ; se toccando la muccosa tracheale e bronchiale con la carta di tornasole questa si arrosserà; se le cavità destre del cuore e i grossi tronchi venosi saranno ripieni di un sangue denso, piceo e solidamente aggrumato, egli potrà asserire che vi fu avvelenamento per ispirazione dei vapori dell' acido solforoso in mezzo ai quali fu trovato il cadavere. Questa stessa conclusione la potrà ricavare anche quando non abbia la rea- zione della carta amidata bagnata nell' acido iodico , perchè questa manca quando tutto l'acido solforoso che si trovava nel- l'albero aereo, è passato allo stato di acido solforico, sia durante la vita, sia nel cadavere. Ma se i polmoni e la muccosa bronchiale saranno in stato normale, o se essendo sede del processo flogistico non daranno le reazioni accennate, escluderà questa maniera di avvelenamento e riterrà che l'individuo che fu rinvenuto cadavere in quell'at- mosfera morì per altra cagione; nel qual caso si farà a ricer- care qual sia stata la vera cagione della morte. Le circostanze poi estrinseche al fatto metteranno sulla via il perito di stabilire, se la morte per i vapori d'acido solforoso avvenne per caso, oppure se fu volontaria o criminosa. E quando sia un neonato l'individuo trovato morto, il perito si dichiarerà per l'infanticidio, dopo che però avrà costatato che sia stato immerso in quell'atmosfera medesima vivo, ciò che gli riuscirà facilmente aprendo il torace. Infatti troverà che la muccosa delle vie respiratorie, il parenchima polmonale ed il sangue offriranno le alterazioni di cui ho tenuto parola. Nel caso contemplato l'am- bito esterno del cadavere e le sue vesti, sia che esso appar- tenga ad un individuo che morì per avere respirato i vapori di questo acido, sia che appartenga ad un individuo che cessò di vivere per altra cagione offrono in genere reazione acida. Ho detto in genere, perchè nelle esperienze che ho istituite sugli animali qualche volta la reazione acida è mancata. — 103 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO IPOAZOTICO 0 BIOSSIDO DI AZOTO. Questo acido che come è noto si presenta sotto forma di vapori rutilanti irritantissimi, e che si produce in alcune in- dustrie, come in quella di togliere con l'acido azotico la rug- gine ai metalli, nella preparazione dell'azotato di mercurio, nella feltrazione dei cappelli, nella fabbricazione dell'acido solforoso ec, ha dato luogo ad un certo numero di avvelenamenti gravi e mortali. L'acido ipoazotico è assorbito con prontezza; in contatto dei materiali proteici dei tessuti e degli umori dà luogo in parte alla formazione dell'acido xantoproteico, in parte salifica le basi alcaline carbonate della economia, formando nitriti alcalini che non le sono normali e che sono eliminati principalmente con le orine. Pare che esso attacchi anche l'emoglobulina e la scinda in albumina ed ematina, e renda diffidente il sangue, sformi e distrugga i suoi globetti, i quali si offrono di colore ciocco- lata più o meno scuro. Lo spettro del sangue che ha subita l'azione di quest'acido, come dissi già, è identico a quello della emoglobulina ossicarbonata. Anche qui può accadere di dovere stabilire, se un individuo che fu trovato cadavere in una stanza in cui erano dei vapori d'acido ipoazotico, morì per avere respirato questi vapori o per altra cagione. Ora, trovando steso a terra il cadavere di un neonato o di un adulto in una stanza la di cui atmosfera sia inquinata dai vapori di quest'acido, e nella quale vi sia una bot- tiglia d'acido azotico rovesciata o rotta in vicinanza o in contatto di oggetti metallici e specialmente di rame o di ottone, oppure nella quale si eserciti alcuna delle industrie accennate, il perito concluderà che la morte sia avvenuta per avere respirato i vapori dell'acido in quistione, allorché trovi le estremità delle mani e dei piedi cianotiche, la muccosa della trachea e dei bronchi arrossata ed i polmoni flogosati e disorganizzati; allorché le vie aeree sieno ripiene d'una spuma finissima, abbondante, bianco- giallastra od anche sanguigna, che al pari della muccosa arrossa — 104 — la carta di tornasole, e bagnata con la potassa fa volgere il suo colore giallo a quello rossastro o giallo-arancio, mentre mescolata alla gelatina d'amido la colora in bleu versandovi qualche goccia di ioduro di potassio ; allorché infine il sangue apparisca sciolto e color cioccolata nel cuore e nei grossi vasi venosi, l'orina albuminosa ec, e l'analisi chimica discuopra nel sangue e nelle orine la presenza dei nitriti alcalini. Se poi non esisterà nel cadavere alcuna delle accennate al- terazioni anatomo-patologiche; se non si avranno le reazioni del- l'acido ipoazotico e degli azotiti, il perito riterrà che si tratti di un individuo che morì per un'altra cagione, e che allorquando fu divenuto cadavere fu messo in una stanza carica dei vapori di quest'acido per simulare una morte accidentale volontaria e nascondere così un omicidio o un infanticidio. I cadaveri che hanno soggiornato in un'atmosfera ricca di questi vapori, o gli individui che sono morti per averli respirati, offrono la pelle giallastra, e tanto questa che le loro vesti danno reazione acida, e se saranno vecchi, la loro barba, i loro baffi, i loro capelli bianchi, offriranno qua e là delle chiazze giallastre più o meno grandi, le quali insieme alla pelle si faranno giallo- arancio o rossastre bagnandole con la potassa. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' AZOTATO ACIDO DI MERCURIO. Io ho creduto bene di parlar qui dell'avvelenamento prodotto da questo sale acido, perchè i fenomeni morbosi, le alterazioni anatomo-patologiche e la stessa morte si devono quasi esclusi- vamente all'azione dell'acido azotico. Si conosce soltanto qualche caso di suicidio avvenuto per la ingestione di questo sale. Il nitrato acido di mercurio produce sulla pelle e sulle muccose le stesse macchie gialle che l'acido azotico, e disorganizza più o meno profondamente i tessuti su cui si fa operoso , producen- dovi un'escara rosso-brunastra circondata da un'areola gialla. L'apparato sintomale morboso e le alterazioni anatomo-patolo- giche sono precisamente quelle stesse che sono proprie dell'av- velenamento per 1' acido azotico. — 105 — Il medico al letto del malato e il perito necroscopo all'autossia potranno riconoscere quest'avvelenamento e distinguerlo da quello prodotto dall' acido azotico, perchè bagnando colla soluzione di potassa le macchie gialle della pelle e delle muccose, e le ma- terie dei vomiti in quei punti in cui si offrono gialle, le vedranno farsi rosse o gialle-arancio, come in quest'ultimo avvelenamento; projettando invece sulle medesime del gas solfidrico o bagnandole col solfuro d'ammonio, le vedranno divenire da prima più gialle e poi scure o nere, per la formazione del solfuro di mercurio. Il perito chimico nelle materie sospette cercherà di mettere in essere l'acido azotico non solo, ma anche il metallo dell'azotato. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL CLORURO ACIDO D' ANTIMONIO. Quest'avvelenamento almeno finora non è stato criminoso, ma volontario o accidentale, e ne tengo parola qui perchè i sintomi, le lesioni anatomo-patologiche e la morte sono dovuti più al- l'acido cloridrico che all'antimonio. 11 medico curante al letto del malato, e il perito necroscopo all' autossia potranno rico- noscere facilmente un tale avvelenamento e distinguerlo da quello prodotto dall'acido cloridrico. Intatti troveranno sulle labbra, sulla pelle del mento, sulla muccosa stomacale e buccale delle escare bianche più o meno profonde e nelle materie dei vomiti della polvere bianca, e vedranno, proiettando del gas solfidrico sulle escare e sulla polvere, oppure bagnandole con il solfuro d'ammonio, prodursi una colorazione giallo-arancio che è carat- ristìca dei composti dell'antimonio. Anche qui il perito chimico cercherà di mettere in essere l'acido cloridrico e l'antimonio. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ACIDO ACETICO. Quest'acido, a differenza degli acidi minerali più sopra studiati, non coagula i materiali albuminoidi dei tessuti, percui è assorbito con maggiore facilità di quelli. Passato nel sangue si combina alle basi alcaline carbonate, e forma acetati, i quali bruciano nel seno di questo umore tornando carbonati alcalini; ma siccome ciò av- — 106 — ! viene più o meno lentamente, così una parte degli acetati sfugge all'azione dell'ossigene ed esce dalla economia con i prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente con le orine. L'acido acetico gelatinifica i tessuti con i quali viene in contatto, ed attacca i globetti rossi distruggendone il loro involucro. Nella pratica medico-legale può darsi che il perito necroscopo abbia a propria disposizione ora il cadavere da sezionare colla storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, ora in- vece il solo cadavere. Se nella storia sarà detto che l'individuo visitato dal me- dico quasi subito dopo la ingestione dell'acido acetico, ordinario oppure cristallizzabile o glaciale, aveva le labbra, le gengive, la lingua, la muccosa delie guance increspate e bianche; che esa- lava dalla bocca l'odore caratteristico di questo acido ; che le parti accennate davano forte reazione acida; che le materie vo- mitate ribollirono cadendo sui mattoni e tramandarono lo stesso odore, il perito non esiterà a concludere per questo avvelena- mento. Se invece sarà detto che l'individuo veduto dal medice troppo tardi aveva le labbra, la lingua, la muccosa buccale co- sperse di macchie nere; che la reazione di queste parti mentre era acida non fu possibile di apprezzare l'odore caratteristico dell'acido acetico; che le materie per le prime vomitate erano state disperse, ed egli non aveva potuto avere che quelle vomitate più tardi, le quali erano soltanto acide scure o nere, il perito non sarà in grado di formulare un concetto diagnostico sicuro, e resterà in forse se si tratta di avvelenamento per acido solforico o per acido acetico. In questo caso saranno l'autos- sia e la indagine chimica quelle che lo metteranno in grado di poter concludere per l'uno o per l'altro avvelenamento. Se specialmente fu ingerito l'acido acetico glaciale possono tro- varsi presso a poco le stesse alterazioni anatomo-patologiche che sono proprie dell'avvelenamento per l'acido solforico, non escluse le perforazioni stomacali, come ebbe ad osservare l'Or- fìla sui cani. Solo è da notare che in quest'ultimo avvelenamento i tessuti che vennero in contatto immediato dell'acido sono coar- tati e induriti, mentre in quello prodotto dall'acido acetico sono invece gelatinificati : ma vie di più. il contenuto stomacale che — 107 è anch'esso scuro e nero, è raro che non ci faccia apprezzare l'odore caratteristico di tale acido, per cui il perito lasciandosi guidare da questi due criteri potrà, se non altro, propendere più per 1' avvelenamento per l'acido acetico, che per quello per l'acido solforico. Il perito chimico però sarà sempre in grado di togliere ogni dubbio in questo proposito. Quando avrà ottenuto dalle materie sospette un liquido acido, puro, esente da acetati e che abbia l'odore dell'acido acetico, lo dividerà in due porzioni; e se ver- sando sulla prima porzione una soluzione di cloruro ferrico, ve- drà comparire una colorazione rossa di sangue che si farà an- che più intensa coli'aggiunta di una piccola quantità d'ammo- niaca ; se evaporando poi la seconda porzione con della soda, e mescolando con acido arsenioso parte del sale ottenuto, e quindi calcinandolo sentirà svolgersi l'odore di cacodilo; se infine scal- dando l'altra parte del sale con alcool e acido solforico avrà l'odore gradevole dell'etere acetico, egli potrà asserire trattarsi di avvelenamento per acido acetico e non per acido solforico. Qualora l'autossia fosse stata fatta molto tardi, e che per ciò non fosse più possibile di constatare le lesioni anatomo-patologiche, né si avesse alcun ragguaglio storico dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, e solo fosse stato sollevato il dubbio di avvelenamento, il chimico quand'anco avesse potuto ottenere dal trattamento delle materie sospette un liquido che gli avesse date tutte quante le reazioni dell'acido acetico o degli acetati, non avrebbe ragione di concludere per l'avvelenamento in di- scorso, perchè l'acido acetico si è trovato in alcuni umori della economia come prodotto passeggero di decomposizione di certi corpi. Io lascio di parlare degli avvelenamenti prodotti dagli acidi citrico e tartarico, perchè sono rarissimi. Questi avvelenamenti non hanno fenomeni morbosi patognomonici, né alterazioni ana- tomo-patologiche speciali che li caratterizzino, e solo son messi in essere la mercé dei criteri chimici. Neppur qui la sola pre- senza degli acidi tartarico e citrico, e dei tartrati e citrati nelle materie sospette basta per fare concludere per l'avvelenamento, perchè l'acido tartarico e citrico passano nell'interna economia — 108 — animale con un gran numero di vegetabili e di bevande che sono d'uso comune. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO OSSALICO. L'acido ossalico è di tutti gli acidi vegetabili quello a cui è dovuto il maggior numero degli avvelenamenti ; i quali ordina- riamente sono volontari o accidentali. Un tale acido è assorbito con rapidità, e a differenza degli acidi organici ora ricordati, non sembra che bruci nell'economia, ma che solo vi si salifichi; per cui se n' esce in questo stato dalla me- desima coi prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente con le orine. Quest'avvelenamento avendo, come • vedremo, molti punti di contatto con quello prodotto dal gas ossido di carbonio, potrebbe far credere che l'acido ossalico nella economia si sdoppiasse in acido carbonico e in ossido di carbonio, ma per ora non vi è un esperimento che dimostri siffatto sdop- piamento. D'altronde l'emoglobulina si comporta allo spettro- scopio diversamente da quando ha risentita 1' azione del gas ossido di carbonio. Infatti Rabuteau avendo esaminato allo spet- troscopio del sangue a'cui aveva mescolato dell'acido ossalico, ha veduto che le due bande di assorbimento della emoglobulina da prima non erano modificate, ma che poi impallidivano a poco a poco per sparire completamente. In genere la morte avviene più per gli effetti sull'universale che per quelli locali sul tubo stomaco-intestinale, ed è la paralisi cardiaca il fenomeno che precede sempre la morte. Quest'acido uccide a dosi molto minori di quelle che sono necessarie perchè gli acidi organici di cui abbiamo parlato riescano mortali. Sem- bra che 15 o 20 grammi siano la dose venefica per gli adulti. L'avvelenamento in discorso è più comune in Inghilterra, che in Francia, in Italia ec. Anche qui può avvenire in pratica che il perito necroscopo abbia o no dei ragguagli storici sui fenomeni morbosi che pre- cedettero la morte. Se il medico che fu chiamato ad assistere un individuo av- velenato o creduto avvelenato trovò presso il medesimo una boccia — 109 — od altro recipiente che conteneva un liquido acido, ed il malato era in preda a dei fenomeni generali che non tenevano propor- zione con i patimenti stomaco-intestinali, sospetterà di avvele- namento per acido ossalico, e farà salire questo sospetto al grado di verità dimostrata, quando oltre i fenomeni comuni, tanto locali che generali propri dell'avvelenamento per gli acidi, tro- verà che il malato è caduto con rapidità in un estremo collasso, che le pupille sono dilatate, la vista oscurata, i polsi piccoli, celeri, cedevolissimi, appena percettibili al carpo, e quando dopo poco insorgeranno delle convulsioni come tetaniche, oppure l'in- dividuo si lamenterà d'informicolimento nelle estremità inferiori e cadrà nel coma e dopo poche ore cesserà di vivere. Anche l'autossia, come vedremo, offre delle alterazioni ana- tomo-patologiche che sono caratteristiche di questo avvelena- mento e che il perito necroscopo incaricato di eseguirla , potrà elevare a criterio del medesimo, indipendentemente dalle notizie storiche dei fenomeni che precedettero la morte. Infatti se tro- verà la muccosa della bocca, della faringe', dell'esofago bianca, rammollita e spogliata in alcuni punti dal suo epitelio ed avente reazione acida; se lo stomaco conterrà un liquido acido più o meno brunastro, come fondata di caffè; se la muccosa di questo viscere si offrirà biancastra, rammollita ed anche distrutta, oppure in diversi tratti iperemica; se i polmoni e le meningi ce- rebrali saranno o no iperemici; se il sangue e i tessuti presen- teranno una colorazione rossa, come presso a poco nell'avvele- namento per ossido di carbonio; se il sangue stesso sarà acido, come ebbe ad osservare il Tompson, ed i reni conterranno dei cristalli di ossalato di calce, egli perito potrà asserire trattarsi di avvelenamento per l'acido ossalico. E potrà asserir ciò, anche quando il sangue non si offra rosso vermiglio , perchè è questo un fenomeno che si verifica specialmente allorché l'autossia è stata fatta molto presto. Il perito chimico poi confermerà la formulata conclusione estraendo l'acido ossalico dalle materie sospette e caratteriz- zandolo per le seguenti reazioni. Prenderà una porzione del li- quido acido ottenuto, lo neutralizzerà esattamente con ammo- niaca, vi verserà della soluzione di cloruro di calcio, e vedrà - 110 — formarsi un precipitato bianco insolubile nell'acido acetico, ma solubile nell' acido, cloridrico, e che sarà di nuovo precipitato tornando a versarvi dell'ammoniaca. Disseccherà il precipitato e lo trasformerà al fuoco vivo in calce, la quale non si anne- rirà allorché l'acido sarà puro. Infonderà in un'altra porzione del liquido ottenuto dalle materie sospette dell'acqua di calce o del solfato di calce, e vedrà immediatamente formarsi un precipitato che sarà insolubile ài pari dell'altro nel cloruro di ammonio. In una terza porzione farà cadere della soluzione di azotato d'argento, e vedrà nascere un precipitato bianco che sarà solubile neh' acido azotico, e che imbrunirà o si farà nero nel liquido in cui ha preso nascimento, e detonerà quando si cal- cina. In una quarta porzione verserà della soluzione di cloruro d'oro, e riscaldando il miscuglio vedrà ridursi l'oro e deposi- tarsi in pagliette brillanti sulle pareti del tubo da saggio. Scal- derà una quinta quantità del liquido accennato insieme con del permanganato di potassa acidulato con una goccia di acido sol- forico , e lo vedrà decolorarsi. Finalmente infonderà in un'ulti- ma porzione una soluzione di acetato o di sottoacetato di piombo, e vedrà formarsi un precipitato bianco di ossalato di piombo. Il perito chimico serberà come prova di convinzione dell'av- venuto avvelenamento, il precipitato di ossalato di calce, oppure i cristalli prismatici, trasparenti, obliqui, a quattro facce, d'acido ossalico puro, se ne avrà potuto ottenere una certa copia. È da notarsi che l'acido ossalico e gli ossalati possono esi- stere nella economia animale accidentalmente, e ciò sia perchè vennero dall'esterno con degli alimenti vegetabili, oppure con dei medicamenti, come ad esempio V oxalis acetosella, le radici di rabarbaro, di genziana, di valeriana, 1*ossalato di ferro ec; sia perchè si produssero in grazia di alcuni stati morbosi, e specialmente di quelli che rendono minore l'assorbimento dello ossigene nel polmone. Infatti si sarebbero trovati l'acido ossa- lico e gli ossalati nelle febbri tifoidi e durante la loro convale- scenza, nei parossismi della gotta, nelle malattie del cuore, nelle leucorree ec.f Sembrerebbe'pure che l'abuso delle be- vande gassose e dello zucchero facesse comparire nelle orine — Ili — l'acido ossalico e gli ossalati. Per cui la presenza isolata di questi corpi non basta per concludere per l'avvelenamento, ma bisogna che gli individui, durante la vita, abbiano offerti i fenomeni morbosi di cui ho tenuto parola, e i loro cadaveri abbiano rese manifeste quelle alterazioni anatomo-patologiche . che vedemmo essere speciali di questo avvelenamento. Non sarà poi mai facile di scambiare l'avvelenamento per acido ossalico con quello per i vapori di carbone, o per il gas illuminante, che sono deleteri per l'ossido di carbonio, perchè sebbene abbiano dei fenomeni morbosi e delle alterazioni anatomo- patologiche comuni, pure ne hanno di quelli che sono propri e speciali di ciascuno di essi. Intanto dirò, che nel caso di avvelenamento per i vapori di di carbone o per il gas illuminante, i cadaveri si trovano in un ambiente costituito in parte più o meno grande da questi gas, e inoltre il color rosso vermiglio è conservato dal sangue per moltissimo tempo dopo la morte, mentre in quello per acido ossalico no. I globetti rossi allo spettroscopio, allorché hanno subita l'azione del gas ossido di carbonio, si comportano molto diversamente da quelli che hanno risentita l'azione dell'acido ossalico. Il sangue nell'avvelenamento per quei gas non si offre mai acido, la muccosa delle vie digestive non si trova mai ram- mollita e gelatinificata, e il suo contenuto non è mai fortemente acido, e nei reni non si rinvengono i cristalli di ossalato di calce, come nell'avvelenamento per l'acido ossalico. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'OSSALATO ACIDO DI POTASSA O SALE DI ACETOSELLA. Io parlo qui di un tale avvelenamento, perchè è principalmente l'acido ossalico quello a cui esso si deve e che si fa cagione di morte. In genere l'avvelenamento per questo sale acido è stato accidentale, e i periti lo possono mettere in essere, giovandosi dei medesimi criteri clinici, anatomo-patologici e chimici. Solamente le materie dei vomiti e quelle che si rinvengono nelle stomaco sono meno acide che nel caso di avvelenamento per acido ossa- lico, e non si trova mai il sangue acido come in questo. — 112 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ACIDO FENICO. L'avvelenamento prodotto dall'acido fenico è avvenuto con frequenza specialmente in questi ultimi anni, e più che altro in Inghilterra. È stato in genere accidentale, e la storia non ne registra fin qui che un solo caso criminoso, narrato da Scherer, nel quale si sarebbe fatta prendere questa sostanza a viva forza ad un fanciullo. L'acido fenico è assorbito con facilità, e si diffonde per la economia; coagula l'albumina del sangue senza però combinar- visi; è impotente a discacciarne l'acido carbonico delle basi al- caline carbonate, per cui si mantiene libero nel sangue stesso, e viene all'esterno egualmente libero insieme ai prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, e specialmente con l'aria espirata e colle orine. Nella pratica medico-legale può avvenire al solito che il fisco inviti un anatomico a fare l'autossia d'un cadavere, e gli consegni o no la storia che fu redatta da chi prestò la sua assistenza durante la vita all'individuo a cui quello appartiene. Se nella storia sarà raccontato che il medico curante avvi- cinatosi al malato avvertì l'odore proprio di questo acido che esalava dalla bocca di lui; che questi aveva la muccosa la- biale , buccale e faringea tumefatta rossa e sede qua e là di placche bianche; che dalle materie che furono vomitate spirava il medesimo odore; che le pupille eran contratte; la congiuntiva insensibile; che vi era insensibilità generale, risoluzione delle forze, grande invilimento delle azioni cardiaco-arteriose, pelle fredda e ricoperta di vischioso sudore; che a questi fenomeni dopo un tempo variabile tenne dietro il coma e quindi avvenne la morte, il perito avrà ragione di ritenere che si tratti d'avve- lenamento per questo acido, nel quale caso l'autossia non farà che confermare la fatta diagnosi medico legale. Se poi mancherà la storia dei fenomeni morbosi pregressi, e il perito necroscopo stesso troverà che il cadavere ha resi- stito alla putrefazione per un tempo molto più lungo di quello si osservi comunemente ; se appena apertolo sentirà manifesto — 113 — l'odore dell'acido in questione; se la muccosa delle vie digestive sarà rossa e presenterà delle macchie biancastre od anco delle eseare nere, e il sangue sarà fluido e brunastro e spanderà lo stesso odore; se oltre a ciò7 quando la morte sia avvenuta tardi, troverà i polmoni congestionati, arrossata la muccosa delle vie aeree, il fegato e i reni sede di incipiente degenerazione grassosa, e l'orina ricca di bile e di albumina, concluderà pure per questo avvelenamento: e qualora dalle materie contenute nello stomaco, dal sangue, dall'orine non spiccasse manifesto l'odore accennato, il perito non dovrà fare altro che versarvi sopra dell'acido solforico e riscaldarle e avrà tosto ben manifesto l'odore del veleno. Il perito chimico non farà che confermare la ricavata con- clusione , sottoponendo le materie sospette alla distillazione con acido solforico o fosforico, perchè avrà sempre modo di ricono- scere nel distillato l'acido fenico al suo speciale odore, alla sua solubilità nell'alcool e nell'etere, alla sua trasformazione in acido picrico trattandolo con 1' acido azotico mediocremente concen- trato, al colorare la pelle in bianco, e a precipitare l'albumina, la gelatina ec. È a ricordarsi che nelle condizioni ordinarie della vita, può trovarsi accidentalmente qualche traccia di quest'acido nelle orine ed anche nel contenuto stomaco-intestinale, dove può es- sere passato con le vivande affumicate, delle quali si fa uso con una certa larghezza in alcuni paesi ; per cui quando mancassero i criteri clinici e gli anatomo-patologici e i cadaverici testé ac- cennati, il perito chimico, trovando in un cadavere esumato delle tracce di quest'acido non potrebbe concludere per l'avvelena- mento, a meno che tutte le circostanze estrinseche al fatto non militassero in favore del medesimo, e fosse escluso che l'indi- viduo facesse uso di vivande salate affumicate, sebbene anche allora egli dovrebbe limitarsi a sospettare soltanto o presumere questa maniera di avvelenamento. Bellini t — 114 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ACIDO IDR0C1ANIC0 O PRUSSICO E DAI CIANURI ALCALINI E METALLICI. L'avvelenamento per l'acido idrocianico e per i cianuri ra- ramente è criminoso, il più spesso è accidentale o volontario. Questo avvelenamento può avvenire per l'acido cianidrico anidro, per quello medicinale, per l'acqua coobata o distillata di lauro ceraso, per le mandorle amare, per l'olio essenziale che si estrae da queste, che è ricco di un tale acido, per i cianuri alcalini e metallici, i quali pervenuti nella economia animale riescono velenosi per 1' acido accennato che vi si rende libero come fra poco vedremo. L'acido idrocianico è assorbito con estrema rapidità, e con altrettanta rapidità si spande e diffonde per tutta la economia. Sembra che esso formi con l'emoglobulina un composto stabile, i di cui cristalli hanno la medesima forma dell' emoglobulina ossigenata, e dei quali lo spettro è del tutto simile a quello di questa ultima. Non è però dimostrato che l'acido ciani- drico scacci l'ossigene dai globuli rossi per combinarsi con la loro emoglobulina, ed è probabile che a differenza dell' ossido di carbonio, si combini direttamente con l'emoglobulina ossige- nata. Da quest'azione ne resulta che il sangue si offre di un rosso-ciliegia e che i suoi globetti si prestano difficilmente al giuoco osmotico gassoso a cui sono destinati. Infatti Gaehtgens ha riconosciuto che sotto la influenza dell'acido cianidrico non sola- mente l'acido carbonico è esalato in copia minore, ma anche l'ossigene è assorbito in minor quantità. Ed egli trova una prova indiretta della diminuzione dell'assorbimento dell'ossigene nella colorazione rosso ciliegia del sangue che scorre nelle vene, co- lorazione che si apprezza nel cominciare dell' avvelenamento. Sotto l'azione dell'acido cianidrico, i globetti rossi aumentano di volume. I cianuri alcalini e metallici operano come acido cianidrico, perchè giunti nello stomaco sono decomposti dagli acidi gastrici ed è messo in libertà quell'acido; ed i cianuri alcalini sono poi anche decomposti dall' acido carbonico che incontrano nel canale — 115 - alimentare e nel sangue. Le mandorle amare si fanno anch'esse operose per l'acido cianidrico che si svolge in grazia della fer- mentazione amigdalica, che subiscono quando sono triturate e inumidite. E raro che in pratica si abbia la storia dei fenomeni mor- bosi che precedettero la morte, perchè essa o si dichiara in genere tosto che fu ingerito il veleno, ovvero dopo 8, 10 12 minuti. Pure vi sono dei casi in cui non solo la morte avven- ne più tardi, ma i fenomeni morbosi si fecero attendere alcun poco di tempo e permisero al malato di accudire a qualche faccenda. Così il Casper racconta di un individuo che si era avvelenato con 1' acqua di lauro ceraso, e che sotto i suoi occhi visse pur ben cinque ore. Questo individuo non aveva smarriti i sensi, quantunque fosse in preda alla paralisi di tutti i nervi motori, e mostrava benissimo di capire chi parlava. Taylor poi narra di una donna che aveva ingerita una mezza oncia di olio essenziale di mandorle amare, la quale potè prendere un secchio, andare nella corte, attingere dell'acqua, beverne una quantità, tornare indietro, salire le scale per andare nella sua camera da letto ove morì dopo 20 minuti. La morte però non è sempre la conseguenza necessaria di questo veleno; ed io non è molto sono riuscito a salvare con largo uso di sostanze eccitanti, come caffè, cognac ec un indivi- duo che si era avvelenato con una dose generosa di olio essenziale di mandorle amare. Quando la vittima non sia morta immediatamente e sia stata assistita da un medico, sarà sempre facile di stabilire che si tratta di avvelenamento per questo acido, perchè dalla storia del fatto risulterà che l'alito del malato aveva offerto 1' odore di mandorle amare, che la carta reattiva di Schònbein tenuta per alquanti minuti d'innanzi alla bocca e alle narici del malato si colorò di bleu, che le facoltà della mente subito o dopo qualche minuto si erano oscurate o abolite, che era sorta una insensi- bilità generale, che la respirazione si era fatta difficile convulsa, le azioni cardiache erano divenute fiacche deboli, il polso non era più sensibile al carpo, vi era risoluzione delle forze, gli occhi erano prominenti brillanti, le pupille dilatate, la faccia pallida, - 116 - la pelle fredda, le estremità cianotiche e che in mezzo a qualche convulsione tetanica ed al coma avvenne la morte. Quando manchi la storia perchè l'individuo morì con estrema prontezza o perchè non fu chiamato il medico, sarà in genere pos- sibile al perito necroscopo di formulare la diagnosi medico - legale di questo avvelenamento anche quando la autossia sia fatta 4 o 5 giorni dopo la morte. Intanto egli troverà che il cadavere si sarà putrefatto molto più tardi del solito, e che sarà tuttavia in preda alla rigidità ' se non altro nelle estremità superiori e inferiori. Aprendo lo stomaco e 1« intestina avrà manifesto l'odore di mandorle amare, ed esponendo ai vapori che si inal- zano dal contenuto stomacale la solita carta di Schònbein, se si farà bleu ciò vorrà dire che si tratta di acido idrocianico, e non di nitrobenzina, la quale come è noto ha a comune con quel- l'acido l'odore di mandorle amare. Questo stesso odore l'avrà anche aprendo il cranio, come non poche volte è stato verifi- cato, e in taluni casi lo sentirà diffuso a tutte le parti del cada- vere. Oltre questo fenomeno patognomonico il perito potrà tro- vare gli occhi tuttora prominenti, brillanti e con la pupilla dilatata, la pelle e le estremità cianotiche, le dita e le mascelle contratte; le meningi cerebro - spinali gli appariranno ora ipe- remiche, ora anche anemiche, lo stesso si dica dei polmoni; il sangue sciolto e meno fosco dell'ordinario e qualche volta di un rosso chiaro che lo avvicina a quello che si osserva nell'avvele- namento per l'ossido di carbonio: esso avrà inoltre per carat- tere di resistere molto alla putrefazione, e secondo Schònbein decomporrà il biossido d'idrogene. Troverà pure delle ecchimosi più o meno piccole sotto - muccose e sotto-sierose e interstiziali, e la muccosa gastro - enterica in stato normale oppure imbevuta qua e là dal sangue. Nei casi però in cui la autossia sia stata fatta al di là del i« o 5° giorno dopo la morte, ed a putrefazione molto avan- zata, può mancare ed anzi manca quasi sempre l'odore carat- teristico di questo acido, perchè esso è molto instabile, e si fa anche più instabile allorché si trova in presenza di materie organiche. Quando vi sia molta ragione di credere che l'avvelenamento — 117 — sia avvenuto per un cianuro alcalino o metallico, e dal conte- nuto" stomacale, dal cervello ec. non spiri l'odore di mandorle amare, il perito dovrà prendere una porzione delle materie che erano racchiuse nello stomaco e versarvi sopra dell'acido idro- clorico perchè se in quelle materie vi fosse rimasto in parte immutato il cianuro alcalino o metallico che fu somministrato, la immediata decomposizione cui esso darà luogo renderà sen- sibile l'odore di acido cianidrico. Quando però il perito non abbia avuto neanche con questo mezzo l'odore caratteristico di un tale acido non potrà essere autorizzato a concludere coi soli responsi della necroscopia per l'avvelenamento in quistione. L'analisi chimica dovrà non solo essere istituita nei casi in cui fu constatato durante la vita o dopo la morte l'odore accen- nato, e fu escluso che esso potesse essere espressione della presenza della nitrobenzina, ma anche quando questo odore non potè essere apprezzato. L'analisi chimica dovrà essere diretta a ricercare l'acido o i cianuri in natura e non i prodotti della decomposizione del- l' acido, perchè da un lato non sono tutti conosciuti e dall'altro i formiati, l'ammoniaca ec. che prendono nascimento da questa decomposizione possono esistere accidentalmente nella economia, o formarsi durante la putrefazione. Il perito chimico istituirà l'analisi del sangue e dei polmoni, non che del cervello, quando l'avvelenamento avvenne per ina- lazione polmonale o per assorbimento cutaneo; mentre quando fu l'effetto della introduzione del veleno per la via della bocca sottometterà all' analisi le materie dei vomiti, il contenuto sto- macale, lo stomaco, il duodeno, il fegato, il cervello ed il sangue stesso. Dragendorff sarebbe riuscito in un caso di avvelenamento per cianuro di potassio a ritrovare l'acido idrocianico in un cadavere esumato dopo 8 giorni, e nello stomaco di un cane che aveva avvelenato con un cianuro 4 settimane dopo che era morto. Nel caso di questo avvelenamento il perito chimico dovrà ricercare non solo l'acido cianidrico, ma anche il metallo con cui esso era combinato, perchè, come è noto, oggi specialmente che i cianuri sono usati nella fotografia e che corrono per le mani del popolo quali mezzi atti a ripulire l'argenteria, e figurano in alcune indù- — 118 — strie, l'avvelenamento per i cianuri è più comune di quello per l'acido idrocianico libero, ed è del massimo interesse in medicina legale non solo di stabilire che si tratta di avvelenamento per acido idrocianico, ma anche di sapere quale fu il composto cianidrico che venne somministrato per produrre la morte. Ed anzi alcune volte può accadere di trovare i soli metalli con cui l'acido era combinato, i quali messi d'accordo con i fenomeni morbosi osservati poco prima della morte, coi trovati necro- scopici, coi fenomeni cadaverici e colle circostanze estrinseche al fatto, possono avvalorare non poco la conclusione di avvele- namento per un cianuro alcalino o metallico. Quando però sia stato somministrato un cianuro alcalino, il perito è nell'obbligo non solo di fare l'analisi qualitativa, ma anche la quantitativa, perchè la potassa e specialmente la soda si trovano in copia nella economia: e 1' analisi dovrà essere fatta comparativamente. Il mio ajuto chimico Agnolesi in un caso battendo questa via potè avvalorare il concetto di avvele- namento consumato col cianuro di potassio. Il perito chimico prima di sottoporre le materie dei vomiti e quelle che trovò nel tubo alimentare alla distillazione, le dovrà minutamente esaminare con una lente per vedere se vi fossero dei piccoli pez- zetti biancastri o in parte colore marrone chiaro, i quali lo fareb- bero sospettare di avvelenamento prodotto dalla ingestione di mandorle amare; sospetto che eleverà al grado di certezza quando dopo avere raccolti e lavati quei pezzetti constaterà al sapore e all'odore che sanno di mandorla amara, e che pestati in un piccolo mortajo e bagnati esaleranno l'odore dell'acido idrocianico e riscaldati coloriranno di bleu coi vapori che se ne inalzano la più volte ricordata carta di Schòenbein. Le reazioni chimiche che dovrà dare il prodotto distillato dalle materie sospette, per poterlo caratterizzare per acido idro- cianico, sono le seguenti, di dare cioè un precipitato bleu con un miscuglio di solfati ferroso e ferrico; di dare una colorazione rossa neutralizzando il liquido con della potassa ed aggiungen- dovi qualche goccia di una soluzione di acido picrico e scaldando poi il tutto fra i 50° e i 60°; di dare una colorazione rossa di sangue, evaporando una parte del liquido distillato con del — 119 — solfuro di ammonio, disciogliendo il residuo ottenutone con un poca di acqua addizionata di una o due goccie di acido cloridrico e di una goccia di percloruro di ferro; e se mai la colorazione apparisse violetta, basterà aggiungervi un' altra goccia di acido cloridrico o di percloruro di ferro per farla volgere al rosso di sangue; di dare un precipitato bianco caseoso insolubile nell'acido azotico allungato, ma solubile nella potassa e nella ammoniaca, versando nel liquido distillato una soluzione di borace e dell'acido azotico e quindi infondendovi una soluzione di nitrato d'argento; finalmente di dare una colorazione bleu, aggiungendo al liquido distillato una goccia di urrà soluzione al 7l000 di solfato di rame, e qualche goccia di tintura alcoolica di guaiaco (3 per 100). Il perito potrà presentare come prova di convinzione del- l' avvenuto avvelenamento il bleu di Prussia che egli avrà otte- nuto col miscuglio ferroso ferrico. È stato domandato se delle piccole quantità di acido prus- sico non potessero provenire dalla decomposizione che subiscono normalmente gli organi sani o malati durante la vita o dopo la morte; ed alcuni hanno preteso che se ne producono delle tracce nel tifo, nel cholera ec. Taylor ha esaminato sotto que- sto punto di vista il contenuto di un gran numero di stomachi tolti ai cadaveri di persone morte nelle condizioni le più diverse e non è mai riuscito a riscontrarvi tracce di acido prussico Si è pure preteso che questo acido potesse prodursi durante le operazioni che istituisce il chimico per decomporre le mate- rie organiche; ma Dragendorff nega formalmente la possibilità di questo fatto, allorché il perito chimico si serverei processo che è consigliato in simili ricerche. La presenza dei cianuri alcalini e metallici la metterà in essere il perito con le reazioni caratteristiche dei metalli alcalini, potassio, sodio ec e dei metalli propriamente detti, zinco, argento, oro ec. Qualche volta può interessare di stabilire la dose del vele- no: e nel caso di avvelenamento per i cianuri alcalini, ciò inte- ressa sempre, ma specialmente quando non si trovi, come dissi già, nelle materie sospette che la potassa o la soda: però non sarà sempre agevole di trovare molta copia di metalli — 120 — alcalini, perchè i cianuri sono velenosi a dosi piuttosto pic- cole, per cui avverrà di rado che dalla copia di quei metalli si possa argomentare dell'avvelenamento per un cianuro, e non sarà poi mai possibile di argomentarlo quando mancò la storia dei fenomeni che precedettero la morte, oppure quando in essa non figuri alcuno dei fenomeni morbosi che sono patognomonici dell'avvelenamento in questione. Né si potrà invocare, per dare valore alla presenza nelle materie sospette di molta copia di alcali, il fatto dell'avere resistito il cadavere alla putrefazione per un tempo più lungo dell' ordinario, perchè questo non è un fatto proprio ed esclusivo all'acido cianidrico, e poi perchè anche la potassa e la soda sono capaci di ritardare la putrefazione. Infatti è noto come i naturalisti preservino per lungo tempo dalla putrefazione i cadaveri degli uccelli e dei mammiferi iniet- tando nel loro sistema vascolare delle soluzioni di carbonato di potassa o di soda. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA NITROBENZINA. Quantunque la nitrobenzina non sia un acido, pure ho cre- duto bene di parlare qui del suo avvelenamento come quello che ha molti punti di analogia con l'avvelenamento prodotto dall'acido idrocianico e dai cianuri. La nitrobenzina riesce venefica tanto che sia respirata, quanto che sia presa per bocca. È assorbita piuttosto lentamente a causa della sua insolubilità nell'acqua, si diffonde per tutta la economia, e viene all'esterno con l'aria espirata, col tra- spirato cutaneo e con le orine. Alcuni credono che essa sia deleteria perchè nella economia si trasforma in anilina sotto la influenza degli agenti riduttori che vi incontra, ma l'animale organismo non è precisamente un apparecchio di riduzione. Forse una parzialissima riduzione avviene nel tubo intestinale e dico forse, perchè Guttmann e Bergmann nelle loro esperienze istituite colla nitrobenzina salii animali non sono riusciti a di- scuoprire tracce di anilina né nel fegato, né nelle orine loro; mentre Lettieby sarebbe stato più fortunato, perchè ripetendo queste medesime esperienze ne avrebbe ritrovata un poco nelle — 121 - orine, nel cervello e nel fegato degli animali soggetto di spe- rimento. Da questi risultati contradittorì parmi, almeno per ora, che si debba concludere che la debole quantità di anilina che può essere messa in libertà nel tubo intestinale e che è assorbita dal sangue, non può essere la cagione della morte, la quale perciò si deve addebitare alla azione dispiegata dalla nitro- benzina, che secondo alcuni possederebbe ad un certo grado le proprietà dell'acido idrocianico, quelle proprietà in grazia delle quali verrebbe a diminuire grandemente o a sospendersi la fun- zione osmotica gassosa dei globetti rossi che al microcopio si offrono diminuiti di volume ed aggrinzati. Tre casi possono darsi nella pratica medico-legale; quello cioè in cui l'avvelenamento e la morte sieno stati l'effetto della respirazione dei vapori di nitrobenzina; l'altro in cui sieno state l'effetto della ingestione della medesima per la via della bocca; ed il terzo in cui il cadavere di un individuo morto per altra ragione sia stato messo colla faccia presso un vaso conte- nente della nitrobenzina, oppure che sia stato immerso in una atmosfèra ricca dei suoi vapori, per simulare un avvelenamento accidentale o volontario e nascondere così un omicidio, Primo caso <— Quello in cui V avvelenamento e la morte sono stali V effetto dei vapori di nitrobenzina che furo- no respirati — Trovando in una stanza il cadavere di un individuo che offra cianotiche le labbra, la faccia e specialmente la parte inferiore degli arti toracici e addominali, e che abbia presso le narici e la bocca una spugna, dell' ovatta, dei panni- lini ec. da cui emana forte l'odore di mandorle amare, oppure che si trovi immerso in una atmosfera ricca dei vapori che hanno questo stesso odore, il perito non potrà sospettare che di avvelenamento per acido cianidrico, oppure di avvelenamento per nitrobenzina avvenuto per inspirazione dei vapori di queste sostanze. Per assicurarsi se si tratta piuttosto dell' uno che dell'altro avvelenamento, esporrà ai vapori che si inalzano dalla spugna, dall'ovatta o dai panni lini, la carta di Schòenbein, perchè se questa si colorirà dopo pochi istanti in bleu, ciò vorrà dire che si tratta di avvelenamento per l'acido idrocianico, —. 122 —- mentre se non assumerà alcuna colorazione, ciò vorrà dire che si tratta invece di avvelenamento per nitrobenzina. In questo ultimo caso l'autossia confermerà la formulata diagnosi medico- legale, perchè dimostrerà in tutte le parti del cadavere mani- festissimo l'odore di mandorle amare, il quale avrà per carat- tere di essere molto persistente e di rendersi sensibile anche a putrefazione avanzatissima; mentre ciò non si osserva nel caso dello avvelenamento per l'acido idrocianico, il quale come di- cemmo, si decompone con facilità in presenza specialmente della materia organica che è in via di putrefazione. Le lesioni ana- tomo-patologiche non dicono nulla, perchè non sono costanti e quando si trovano, sono comuni e consistono in iperemie viscerali; mentre la chimica ha modo di confermare la for- mulata diagnosi medico - legale, dimostrando la presenza della nitrobenzina nelle materie sospette, come vedremo allorché avremo tenuto parola del secondo caso pratico. Secondo caso — Quello in cui la nitrobenzina ha pro- dotto l'avvelenamento e la morte per essere slata ingerita nello stomaco — E qui il perito necroscopo al solito può avere che fare semplicemente con un cadavere, oppure- può avere a sua disposizione anche la storia dei fenomeni morbosi che pre- cederono la morte. Se dalla storia resulterà che un individuo 30, 40, 50 minuti od anche qualche ora dopo avere ingerita una bevanda, un ali- mento, oppure dopo di avere preso un medicamento, ebbe delle vertigini ed esalò dalla bocca e dalle narici l'odore di man- dorle amare; che questo odore emanò pure dalle orine emesse poco dopo; che esso più tardi ebbe dei vomiti di materie alimentari, muccose o biliose, dalle quali spirava molto forte questo medesimo odore e che esaminate poi attentamente con- tenevano delle gocciolette oleaginose insolubili nell'acqua e solu- bili invece nello alcool, al quale comunicavano l'odore di mandorle amare; che la carta di Schòenbein esposta-per 5 o 10 minuti ai vapori che si sollevavano dalle materie dei vomiti, dalla bocca e dalle narici del malato non si colorò di bleu; che quindi egli si fece cianotico alle labbra, intorno agli occhi e alla parte inferiore degli arti toracici e addominali, offrì la pelle fredda, — 123 — i polsi piccoli celeri, e deboli, e dopo non molto cadde nel so- pore e nel coma e cessò di vivere, il perito avrà ragione di ritenere che si tratti di avvelenamento prodotto dalla ingestione della nitrobenzina. In questo caso 1' autossia non farà che confermare la for- mulata diagnosi medico-legale, perchè darà quelli stessi responsi di cui abbiamo parlato a proposito del primo caso pratico; ed anzi non sarà difficile di trovare in oltre sulla muccosa gastrica ed enterica quelle stesse gocciolette oleaginose che il medico trovò nelle materie vomitate e che sono costituite dalia nitro- benzina restata indisciolta perchè insolubile nei liquidi gastrici edenterici. Se in medicina legale le prove non fossero mai troppe, si potrebbe fare di meno dei responsi chimici in questo avvele- namento, che è caratterizzato abbastanza e che si differenzia da quello prodotto dall'acido idrocianico per il suo tardivo dichia- rarsi, per il suo andamento meno rapido e per non rimanere colorata la carta reattiva di Schòenbein tenuta per 5 o 10 minuti d'innanzi alle narici e alla bocca dei malati, alle orine emesse, alle materie vomitate al contenuto stomaco intestinale e al sangue dei loro cadaveri. Il perito chimico sottoponendo alla distillazione le materie sospette, dopo di averle trattate con acido solforico allungato, otterrà come prodotto di questa operazione un liquido nel quale sornuoteranno delle gocciolette oleaginose di nitroben- zina, facili a separarsi coli' etere e colla evaporazione spontanea. Dopo di avere constatato che questo corpo isolato dall'etere ha odore di mandorle amare, e non colora in bleu la carta reattiva più sopra ricordata, il perito potrà conservarne una parte in un tubo di vetro ben chiuso quale prova di convinzione del consu- mato avvelenamento, e l'altra potrà trasformarla in anilina sot- toponendola alla azione dei corpi riduttori, come il ferro e l'acido acetico, nel quale ultimo caso otterrà dell'acetato di anilina. Il dott, Limasset ha pubblicato non è molto nella Union medicale una osservazione di avvelenamento, che però riuscì mortale, avvenuto in un' uomo adulto per frizioni fatte sulla pelle con questa sostanza all'oggetto di guarire dalla rogna. - 124 - Terzo caso. — Quello in cui il cadavere di un indivi- duo morto per altra ragione è stato messo con la faccia presso un vaso contenente della nitrobenzina o è stato immerso in una atmosfera ricca dei suoi vapori, per simulare un avve- lenamento volontario o accidentale e nascondere così un omi- cidio. — In questo caso, se non sarà sempre facile al perito necroscopo di mettere in essere la vera cagione della morte, potrà però escludere agevolmente questa maniera di avvelenamento, perchè all'autossia del cadavere non emanerà dalle interne parti di esso 1' odore di mandorle amare proprio della nitrobenzina, la quale non importa dire che quando la vita era di già 'spenta non poteva farsi strada per le vie aeree nell' interna economia dell'individuo che fu esposto alle sue emanazioni. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA CANTARIDINA E DALLE CANTARIDI. Io parlo qui dello avvelenamento prodotto dalle cantaridi e dalla cantaridina, perchè è oggi dimostrato per le esperienze di Dragendorff e di altri che la cantaridina è un acido organico dei meglio caratterizzati. Questo avvelenamento è meno spesso criminoso che volon- tario e accidentale. Le vittime le più frequenti sono i libertini spossati, i vecchi impotenti, i quali lungi dallo avere trovato in questo rimedio le risorse che vi cercavano, vi hanno sovente trovata la morte. La cantaridina è velenosa non solo quando è amministrata sola, ma anche allorché è pòrta combinata alle basi; e le sue soluzioni potassica e sodica sono irritanti e vescicatorie al pari di essa. La cantaridina e i suoi sali penetrano con prontezza per as- sorbimento nel sangue, si diffondono per tutta l'economia e presto passano nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente nelle orine. La cantaridina sembra sia ajutata nel suo assorbimento dai liquidi acidi e alcalini che incontra nel tubo alimentare, e sembra pure che abbia molta affinità coi materiali — 125 albuminoidi, per cui per estrarla dal sangue e dal cervello bi- sogna distruggere la materia organica. Due casi possono occorrere nella pratica medico-legale, quello cioè in cui sia stata ingerita la polvere di cantaridi, e l'altro in cui sia stata presa la tintura alcoolica o eterea delle medesime, oppure la cantaridina nelle confetture, nella cioccolata, nelle pa- stiglie. In questi due casi si hanno molti fenomeni morbosi che sono comuni; però in quello prodotto dalle cantaridi vi è un fe- nomeno speciale che elevandosi a segno patognomonico dell' av- velenamento ce lo fa facilmente e con sicurezza diagnosticare, anche indipendentemente dall' analisi chimica delle materie sospette. Primo caso. — Quello in cui è stata ingerita la pol- vere di cantaridi. — La polvere di cantaridi a 40 o 50 cen- tigrammi può dare luogo a dei fenomeni seri; e a 2 grammi può produrre la morte. E qui può pure avvenire che al perito necroscopo sia stata come no consegnata la storia dei fenomeni morbosi che precederono la morte. Ora, se nella sto- ria sarà raccontato che l'individuo a cui appartiene il cada- vere da sezionarsi si lamentò di un dolore cuocente vivissimo nella bocca, nella, faringe, lungo 1' esofago e nello stomaco; che ebbe dei vomiti, le di cui materie spiravano un odore nausea- bondo ed erano cosperse qua e là di particelle di un verde dorato visibilissime con una lente, e contenenti dei brani di epi- telio ed anco di membrana muccosa; che aveva la lingua e le glandule mascellari turgide, abbondante la solivazione, la muccosa buccale rossa e tumida; che a questi fenomeni avevano tenuto in breve dietro delle coliche, un tenesmo atroce, dei violenti dolori alla regione renale e vescicale, la disuria, la stranguria e un penosissimo priapismo, o se era femmina l'erezione do- lorosa del clitoride e un bruciore insopportabile nella vagina con forte arrossamento della sua muccosa; che la poca orina emessa era sanguigna, albuminosa e ricca di cilindretti formati dallo epitelio dei tubuli oriniieri; che ai violenti patimenti sto- maco-intestinali e genito-orinari avevano fatto corredo la cefa- lalgia, le convulsioni tetaniche, il delirio più o meno violento ed — 126 — erotico o idrofobico a parossismi che facevano assumere alla malattia il carattere della più orribile satiriasi o ninfomania; che da prima vi fu eccitamento, poi invilimento delle azioni cardiaco- arteriose, vennero i sudori freddi, il coma, le parti genitali caddero in gangrena e nello spazio di 24 o 35 ore avvenne la morte, il perito non esiterà a dichiararsi per l'avvelenamento prodotto dalla polvere di cantaridi. Ma se mancherà la storia dei fenomeni morbosi pregressi, perchè l'individuo morì senza alcuna assistenza medica, il perito si dichiarerà per l'avvelenamento prodotto dalla polvere di can- taridi, quando troverà che la muccosa della cavità buccale, della faringe e dell' esofago è di colore rosso vivo, che quella dello stomaco e delle intestina è flogosata, ed ha 1' epitelio distaccato, e in alcuni punti e specialmente nel colon e nel retto presenta delle vescicole ripiene di un siero torbido e delle ulcerazioni; quando il contenuto stomaco-intestinale osservato con una lente o al microscopio lascerà scorgere delle particelle di un verde dorato, i reni saranno iperemie, i loro tubuli desquam- atati e gli ureteri rossi, la vescica contratta, ecchimotica e la poca orina che contiene sanguigna; quando i corpi cavernosi saranno ingorgati di un sangue nero e aggrumato, la muccosa uretrale infiammata e la verga caduta in gangrena; quando i polmoni, le meningi cerebrali e spinali, le sierose e le sinoviali saranno iperemiche, il cuore flaccido ed il sangue scuro e per la massima parte disciolto; quando infine nelle pieghe della muccosa stomaco intestinale riescirà a mettere in essere con una lente la presenza delle accennate particelle di apparenza metallica e di colore verde dorato. Nei casi di esumazione tardiva e quando la putrefazione abbia cancellate molte o quasi tutte le alterazioni anatomo-pa- toligiche di cui ho parlato, sarà sempre possibile al perito di mettere in essere le suaccennate particelle di color verde do- rato e quindi sarà sempre possibile di formulare la diagnosi medico-legale di questo avvelenamento. In fatti Pomet le ritrovò dopo 210 giorni, e Orfìla dopo 9 mesi. È vero che molti insetti posseggono delle elitre il di cui reflesso rassomiglia a quello delle cantaridi; ma questo fatto — 127 — non infrange il valore diagnostico delle particelle in parola, per- chè le sole elitre delle cantaridi hanno il privilegio di produrre vescicazione applicate sulla pelle e sulle muccose. Il perito potrà serbare come prova di convinzione dell'avve- nuto avvelenamento un pezzo di intestino disseccato sulla cui muccosa sieno manifeste le particelle delle elitre delle can- taridi. Secondo caso. —• Quello in cui è stata ingerita la tin- tila eterea o alcoolica di cantaridi oppure la cantari- dina. ■—■ La cantaridina è velenosa alla dose di 5 centigrammb Le sue proprietà vescicatorie sono talmente energiche, che V2 milligrammo posto su della carta e applicato sulla punta della lingua determina in alcuni minuti una larga flittena. La tintura di cantaridi è egualmente molto attiva e potrebbe avvelenare alla dose di 20 o 30 grammi. In questo secondo caso l'apparato fenomenale morboso e le alterazioni anatomo-patologiche non diversificano da quelle testé descritte altro che in ciò, che in esso manca il segno patognomonico della esistenza nelle materie dei vomiti, nel contenuto stomacale e nelle pieghe della muc- cosa del canale digerente delle particelle d'aspetto metallico verde dorato costituite dagli avanzi (Ielle elitre delle cantaridi, che è immancabile quando 1' avvelenamento è 1' effetto della in- gestione della polvere di questi insetti. Ma se in questo secondo caso manca il fenomeno patogno- monico accennato, l'insieme dei fenomeni morbosi testé descritti, il loro modo di succedersi, 1' avere sede contemporaneamente nel tubo gastro-intestinale, e nello apparecchio genito-orinario, la forma del delirio e la maniera delle lesioni anatomo-patologiche parlano abbastanza in favore dell'avvelenamento di cui ci occu- piamo. E se l'alito del malato, le materie vomitate e quelle che furono trovate racchiuse nel canale digerente del cadavere spireranno manifesto l'odore di alcool o di etere, il perito ne- croscopo avrà ragione di presumere che il veleno ingerito sia stato la tintura eterea o alcoolica di cantaridi. Mentre se nelle materie vomitate ed in quelle contenute nel tubo digerente del cadavere si troveranno dei pezzetti biancastri, di sapore dol- — 128 — ciastro piccante, oppure di colore scuro che sapranno di ciocco- lata, egli- presumerà invece che la cantaridina sia stata ingerita in pastiglie, in confetti ec Il perito chimico potrà caratterizzare la cantaridina per le reazioni chimiche e per le sue proprietà vescicatorie. Fra le sue reazioni io citerò la seguente che è stata designata da Eboii: allorché si tratta questa sostanza con l'acido solforico concen- trato, essa vi si discioglie senza colorarlo, ma se dopo avere riscaldata un poco di questa soluzione acida fino al punto della ebullizione si allontana dalla fiamma e vi si aggiunge un fram- mento di bicromato di potassa, nasce una viva effervescenza e si produce una colorazione verde magnifica. Mettendo poi una quantità minima di cantaridina, come dimostrò Robiquet, sulle labbra, determina in un quarto d'ora la formazione di una vescicola nel punto ove essa è stata appli- cata. Il perito potrà anche col mezzo di una quantità debole di alcali trasformare la cantaridina in un sale che cristallizza per la evaporazione e che offre delle caratteristiche speciali che sono, di essere difficilmente solubile nell' alcool e di essere preci- pitato dalle sue soluzioni mediocremente concentrate, in bianco dai cloruri di calcio e di bario, in verde dai solfati di rame e di nichel, in rosso dai sali di cobalto, in bianco ma però sotto forma cristallina dall'acetato di piombo, dal sublimato corrosivo, dallo azotato di argento ec. Il perito potrà poi serbare come prova di convinzione dello avvenuto avvelenamento la cantaridina cristallizzata od uno dei suoi sali od anche la sua soluzione clo- roformica, per potere ripetere all'occasione l'esperimento fìsio- tossicologico della vescicazione dinanzi al Fòro. Quando manchi la storia dei fenomeni morbosi che prece- dettero la morte, e dal processo putrefattivo sieno state can- cellate o quasi cancellate le lesioni anatomo-patologiche, perchè si tratta di una esumazione e per conseguenza di una autossia più o meno tardiva, allora una volta ehe sia stata trovata nelle viscere del cadavere una sostanza che offra le proprietà fi- sio-tossicologiche accennate, il perito prima di asserire che la ritrovata sostanza è cantaridina, non sarà male che elimini il — 129 — caso ohe si tratti di una qualche altra sostanza vescicatoria, come sarebbe l'olio essenziale di senapa, il principio vescicatorio della euforbia, l'anemone, la anemonina ec. Se il perito per libe- rare dalie materie organiche la cantaridina,si sarà servito della soluzione di potassa bollente, come è di regola, eliminerà il caso che si tratti di olio essenziale di senapa, perchè in grazia di questo processo esso è decomposto e volalizzato; eliminerà il caso che si tratti del principio vescicatorio dell'euforbia o della dafne rnezzeoron, perchè questo non resiste alla azione della potassa; eliminerà la presenza dell'anemone e della anemonina, perchè esse, sebbene sieno disciolte dalla potassa, trattate però con un acido danno un precipitato che non ha più le proprietà vescica- torie; eliminerà finalmente la presenza del cardol, che è il prin- cipio vescicatorio della noce di anacardo, perchè questo sebbene resista alla azione della potassa diluta, quando non ne sia per troppo lungo tempo prolungato il contatto, è trasformato dalla potassa stessa in una massa vischiosa che si colora in rosso al contatto dell'aria. Il perito chimico poi sottoponendo all' azione del vapore di acqua a 100 la polvere di cantaridi bagnata, potrà estrarne un principio volatile, ii quale disciolto nell' acqua ha anche esso una azione vescicatoria, che Rennard ha dimostrato dipendere dalla cantaridina che vi è stata trascinata dal vapore dell'acqua. In questo modo si spiegherebbe 1' azione tossica della celebre acqua tofana che si otteneva, dicesi, sottomettendo le canta- ridi a una distillazione con alcool diluto. I medici legali prima di concludere per l'avvelenamento colla cantaridina o colle cantaridi riconoscono la necessità di eliminare alcune malattie comuni che hanno con esso della ras- somiglianza, e sono l'idrofobia rabica e non rabica, il tetano, la satiriasi e la ninfomania spontanee. Ma quanto alla idrofobia rabica e non rabica ed al tetano dirò, che non vi sono che i soli parossismi convulsivi i quali potrebbero lasciare il diagnostico per un istante sospeso, giacché il fenomeno patognomonico della presenza degli avanzi delle elitre nelle materie vomitate nel caso di avvelenamento per le cantaridi, l'odore speciale nausea- bondo di quelle materie medesime, e i fenomeni morbosi che sca- Bellini 8 I — 130 — turiscono dall' apparecchio stomaco-intestinale e genito-orinario, e che si hanno tanto per le cantaridi che per la cantaridina, non possono tardare a dissipare ogni confusione. La satiriasi e la ninfomania spontanee hanno è vero nella espressione sinto- male una certa rassomiglianza con l'avvelenamento di cui ci oc- cupiamo; tuttavolta queste due affezioni, rare d'altronde sotto la forma idiopatica, non hanno nella loro fenomenologia né il brn- ciore della bocca e della gola, né il dolore epigastrico, né le orine sanguigne, né finalmente le lesioni stomaco-intestinali e genito-orinarie che si constatano sempre negl' individui avve- lenati. AVVELENAMELO PRODOTTO DALLA PICROTOXINA. La picrotoxina ossia il principio attivo della coccola di Le- vante, si comporta come gli acidi deboli ed è per ciò che figura in questo gruppo di avvelenamenti. Essa è assorbita con prontezza e produce effetti gravi. È usata da alcuni fabbricanti di birra in luogo del luppolo; quando però fosse adoperata con una certa generosità potrebbe fare assumere alla birra delle qualità venefiche. Bernet riporta una osservazione di 9 persone che rimasero avvelenate colla coccola di levante, delle quali una sola morì. Anche per questo avvelenamento può accadere nella pratica medico-legale che il perito necroscopo abbia o no a sua di- sposizione la storia dei fenomeni morbosi che costituirono la malattia e precedettero la morte. Ora, se nella storia sarà narrato, che 1' individuo a cui appartiene il cadavere da sezio- narsi, dopo la ingestione di una bevanda, di un alimento o di un medicamento, cadde in una certa apatia, ebbe dell' abbat- timento, si addormentò e così profondamente che vi vollero delle forti e ripetute eccitazioni per svegliarlo; che più tardi si fece inquieto ed agitato e più impressionabile ed ebbe delle convulsioni tetaniformi che dall'alto della persona si diffusero al basso, come se il veleno percorresse rapidamente tutta la midolla spinale dai nervi craniensi fino alla coda equina; che durante le remissioni non era di molto aumentato il potere — 131 — reflesso della midolla spinale e di quella allungata, che le con- vulsioni erano piuttosto parziali che generali, per cui quando avevano sede in un membro, con gli altri il malato poteva assai bene eseguire dei movimenti volontari; e che infine la respira- zione era disturbata, imbarazzata ed anco sospesa durante gli accessi convulsivi, in mezzo ad uno dei quali l'individuo cessò di vivere avendo conservate sempre intatte le facoltà della mente, il perito dovrà escludere l'avvelenamento stricnico e gran- demente sospettare che si tratti di morte per ingestione di picrotoxina o di coccola di Levante. L'autossia però nan gli porgerà alcun criterio per avvalorare questo sospetto, e molto meno per elevarlo al grado di certezza, perchè, tolta qualche iperemia cerebro-spinale che non è co- stante, non- si trova niente né nell'uomo che sia stato vittima di questo veleno, né negli animali che sieno stati sacrificati con il medesimo. Sarà solo la chimica che potrà decidere la quistione e sta- bilire che realmente si tratta di avvelenamento per questo veleno. Le reazioni caratteristiche della picrotoxina sono, quella di assu- mere un colore che varia dal giallo d'oro al giallo zafferano scio- gliendola nell' acido solforico concentrato a freddo; l'altra di assumere questa soluzione solforica addizionata di qualche par- ticella" di bicromato di potassa, una colorazione violetta che si fa bruna; l'altra pure di ridurre le soluzioni alcaline di ossido di rame; di non essere precipitata dalle soluzioni di barite, di ferro, di rame, di piombo, di argento, di platino; quella infine di pro- durre una colorazione rosso-mattone fugacissima aggiungendo un grande eccesso di soda concentrata al miscuglio di acido solforico e picrotoxina. Oltre le reazioni chimiche il perito dovrà cercare di otte- nere col corpo che fu svincolato dalle materie sospette anche quelle fisio - tossicologiche come prova dell' avvelenamento in questione. A questo scopo potrà servirsi delle rane, sotto la pelle delle quali inoculerà il veleno. E se il perito troverà che da prima questi animali si faranno insensibili e poi convulsi, che le convulsioni tetaniformi procederanno dall'alto al basso e che la eccitabilità reflessa sarà di poco aumentata; se dopo una — 132 - convulsione forte succederà una certa insensibilità, e le eccita- zioni esterne per circa un minuto saranno incapaci di produrre delle convulsioni, o quando saranno avvertite l'animale non farà da prima che dei semplici moti reflessi e poi cadrà nelle con- vulsioni; se durante le remissioni eseguirà dei moti volontari e le convulsioni saranno quasi sempre parziali, il perito avrà in questi responsi la conferma che realmente si tratta di avvele- namento per la picrotoxina o per la coccola di Levante perchè, come vedremo a suo luogo, la stricnina e la brucina non danno le reazioni chimiche accennate, e non destano negli animali la serie dei fenomeni fisio-tossicologici di cui abbiamo tenuto di- scorso. — 133 — III. Dello avvelenamento prodotto da quei composti che risultano dalla combinazione di due o più metal- loidi, che hanno a comune la reazione alcalina o che si comportano chimicamente come gli alcali. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA AMMONIACA. Questo avvelenamento in genere è volontario e accidentale. L'ammoniaca è assorbita con molta prontezza e circola li- bera ed immutata per l'organismo animale, giacché non è vero che il di lei azoto si unisca all'ossigeno che incontra nel sangue e nella intima trama organica, e dia luogo alla formazione del- l' acido azotico, come da taluno fu asserito, ed egualmente libera passa nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e specialmente nella aria espirata, nel traspirato cutaneo e nelle orine. Non sappiamo se si unisca o si combini con l'emoglobulina; •quello che è certo si è che la materia colorante del sangue è modificata profondamente dall' ammoniaca. L' emoglobulina os- sidata diviene da prima gialla, *poi giallo-brunastra, e in fine verde-brunastra, e le bande di assorbimento spariscono a poco a poco. Questo modo di azione dell' ammoniaca ha molta analogia con quello dell'idrogene solforato e del solfuro di ammonio, per cui le due bande sono sostituite dalla banda unica di riduzione di Stockes. L'ammoniaca liquida è velenosa a delle dosi poco elevate ; 30;grammi bastano per far perire un adulto. Due casi possono darsi nella pratica medico-legale; quello cioè nel quale sia stato trovato un cadavere in una stanza la di cui atmosfera sia ricca di gas ammoniaco; e l'altro nel quale l'avvelenamento sia avvenuto per la ingestione dell'ammoniaca liquida. — 134 — Primo caso. —■ Quello nel quale un cadavere è stato tro- vato in una stanza la di cui atmosfera è carica di vapori di gas ammoniaco. —• Qui può accadere che realmente si tratti del cadavere di un individuo che sia morto per avere respirato del gas ammoniaco, oppure del cadavere di un individuo che sia morto per un altra cagione e che sia stato posto in una atmosfera carica di gas ammoniaco, per far credere ad un av- velenamento accidentale o volontario, e così per nascondere un omicidio. Questo fatto si può verificare in un laboratorio di chimica o in una fabbrica di prodotti chimici, ove si trovi un apparec- chio purificatore del gas, oppure vi sia ammassato del carbonato di ammoniaca ec. Il perito necroscopo invitato a portarsi nel luogo ove fu rinvenuto il cadavere, dovrà sottrarlo tosto dalla atmosfera accennata; e se vi sarà ragione di ritenere che egli sia in stato di morte apparente, dovrà praticare sul medesimo la respirazione artificiale seguendo la via che è stata tracciata nel secondo vo- lume di questa nostra biblioteca. Una volta che egli abbia constatato che la morte è reale, dovrà mettere nella trachea una grossa siringa eli gomma elastica munita alla sua estremità libera di un aspiratore, e se facendo agire 1' aspiratore 1' aria che uscirà dai polmoni sarà ammo- niacale, avrà cioè l'odore piccante dell' ammoniaca ed arrosserà la carta di curcuma, il perito pe# questo solo fatto potrà con- cludere che si tratta di avvelenamento e di morte avvenuta per avere respirato il gas ammoniaco; perchè immergendo un indi- viduo già morto in una atmosfera inquinata di un tal gas, le vie aeree non lo conterrebbero e non potrebbero contenerlo mai. Un criterio così importante ha però valore solo quando il ca- davere che è stato trovato nelle condizioni accennate, non sia in stato di avanzata putrefazione, perchè allora l'aria estratta dai polmoni potrebbe essere ammoniacale anche per effetto del pro- cesso putrefattivo. Oltre questo che è patognomonico, il perito a\rà altri cri- teri che lo metteranno sulla via di potere decidere la questione — 135 — anche quando, in grazia dell'avanzata putrefazione, sia stato annullato il valore di quello che ho indicato; e se egli troverà che la muccosa delle narici, della trachea, dei bronchi sarà ar- rossata e sede di pseudomembrane come cruppali; se il paren- chima polmonale sarà sede di acuto processo flogistico; se il sangue sarà nero, fluido e come moccioso, e i globetti rossi al microscopio appariranno sformati e rotti; se vi saranno delle ecchimosi sottomuccose, sottosierose ec, potrà concludere che la morte fu l'effetto dell'avere respirato il gas ammoniaco. Se poi le vie aeree si offriranno intatte, o essendo sede del processo flogistico, mancheranno però tutte le altre altera- zioni anatomo-patologiche testé descritte, allora il perito riterrà che si tratti di un cadavere che sia stato posto in mezzo alle condizioni accennate per nascondere un omicidio; nel quale caso si farà con ogni più minuta indagine a ricercare quale possa essere stata la cagione della morte. Secondo caso. — Quello in cui si tratta di avvelenamento prodotto dalla ingestione della ammoniaca liquida. — Qui può avvenire che il perito incaricato dal tribunale della autossia, possa avere la storia che fu scritta dal medico che prestò la sua assistenza all'individuo avvelenato, come può pure avvenire che la storia manchi, perchè non vi fu alcuna assistenza medica. Ora, nel primo caso supposto, se dalla storia resulterà che l'in- dividuo fu in preda a grande agitazione, con fisonomia alterata, occhi rossi e lacrimosi, fu inquietato da frequenti starnuti e da insistenti colpi di tosse; che dalla bocca e dalle narici esalò spic- cato l'odore di ammoniaca, e la carta di curcuma tenuta vicina a quelle aperture si arrossò dopo poco; che vi fu copiosa sali- vazione, e la muccosa buccale e faringea erano rosse tumide e cosperse di pseudomembrane; che le materie vomitate erano sanguigne muccose e davano forte odore di ammoniaca; che ai vomiti tenne dietro ben presto la diarrea sanguigna, e i polsi si offrirono piccoli, celeri, depressibili, la pelle fredda e coperta di glutinoso sudore e cianotica nelle inferiori estremità; se re- sulterà pure che vi furono dei deliqui e minacce di sincope; che la regione dello stomaco fu oltremodo dolente; che le orine furono — 136 — scarse ed albuminose o soppresse; che infine le facoltà della mente si oscurarono e dopo alcune ore o dopo qualche giorno avvenne la morte preceduta o no da qualche convulsione, il perito non esi- terà un momento ad accogliere la conclusione di avvelenamento prodotto dalla ingestione dell' am moniaca, che il curante formulò nella storia consegnata al giudice d' istruzione insieme colle orine, colle materie vomitate e con quelle emesse per secesso dal malato. Ma se mancherà per le ragioni addotte, la storia dei fe- nomeni morbosi pregressi, i periti non avranno che la indagine cadaverica e l'analisi chimica a cui ricorrere per giungere a determinare la causa della morte. In questo caso, se il perito necroscopo troverà nella camera, ove giace il cadavere, l'odore di ammoniacale presso il mede- simo vi sarà una bottiglia od altro recipiente da citi spiri questo stesso odore; se sul letto o per terra vi saranno delle materie sanguigne che avranno tutta l'apparenza di essere state vomi- tate o emesse per secesso e daranno reazione alcalina; se al- l' autopsia la muccosa labiale, buccale e faringea si offriranno ar- rossate, tumide, e cosperse di pseudomembrane come cruppali; se dallo stomaco tosto che sarà stato aperto, esalerà più o meno forte l'odore di ammoniaca, e la sua muccosa si offrirà arros- sata, flogosata ed anche ulcerata ; se queste alterazioni ana- tomo-patologiche avranno sede anche sulla muccosa duodenale e qua e là sugli altri intestini tenui e sui crassi; se la muccosa delle vie aeree sarà arrossata e tumida, il sangue fluido, e scuro e come moccioso, il cuore fermo in diastole e pieno zeppo ■di sangue, egli si dichiarerà per l'avvelenamento prodotto dalla am- moniaca o dal suo carbonato. Se la morte dello individuo che ingerì questo veleno avvenne tardi, cioè dopo due o tre settimane e più, allora mentre il medico curante avrà potuto raccogliere qualche fenomeno mor- boso nuovo, il perito necroscopo troverà alla autossia delle alte- razioni anatomo-patologiche egualmente nuove. Ora, i fenomeni morbosi nuovi sono, l'itterizia, gli eritemi, la porpora e qualche volta l'erisipela, non che la presenza delle albumina nelle orine: le alterazioni anatomo-patologiche nuove, perchè manifestantesi — 137 — tardi, sono la steatosi del fegato e dei reni, e l'inquinamento bilioso del sangue. Ma se in questo caso si allarga il campo cli- nico e anatomo-patologico di un tale avvelenamento, si ristringe non poco quello chimico, e qualora il curante non abbia avuto la avvertenza di raccogliere e di conservare in vaso ben chiuso specialmente le prime materie vomitate od emesse dall' ano e le prime orine, potrà avvenire che il perito chimico sia nella impossibilità di trovare traccia del preso o propinato veleno, perchè l'ammoniaca è uno di quei veleni che esce con molta celerità dalla economia animale. Quando poi mancasse la storia dei fenomeni morbosi che pre- cederono la morte e non fossero state raccolte e conservate le materie dei vomiti, dei secessi e le orine, ed il perito necroscopo non avesse potuto mettere in essere le alterazioni anatomo-pato- logiche proprie di questo avvelenamento, perchè il cadavere era di già in avanzatissima putrefazione, sarà impossibile di formu- lare la diagnosi medico-legale coi soli responsi della chimica, perchè, come è noto, l'ammoniaca è uno di quei veleni che in copia si svolgono nella fermentazione putrida. Escluso questo caso, la chimica potrà sempre corroborare il diagnostico medico-legale che fu desunto dall'apparato fenomenale morboso osservato durante la vita, e dalle lesioni anatomo-pato- logiche, od anche solo da queste ultime, ogniqualvolta ottenga libera l'ammoniaca dalle materie sospette, e specialmente da quelle che per le prime furono vomitate e rese per secesso, dalle orine e dal contenuto stomacale del cadavere. Ora, se le materie sospette daranno reazione alcalina, il pe- rito chimico col mezzo della distillazione potrà mettere in essere l'ammoniaca; ma se non daranno la reazione accennata perchè l'ammoniaca fu, durante la vita dello individuo avvelenato, neutralizzata con gli antidoti chimici, allora la potrà rendere manifesta decomponendo i sali ammoniacali formatisi con la po- tassa o con la soda. Il perito chimico riconoscerà l'ammoniaca all' odore suo spe- ciale piccante, all'arrossamento della carta di curcuma che ot- terrà tenendola a una certa distanza dal prodotto distillato, alla formazione di fumi bianchi avvicinapdo a quel prodotto stesso — 138 — una bacchetta di vetro bagnata nell'acido cloridrico, alla colo- razione nera che assumerà la carta bagnata di azotato mercu- rioso, alla colorazione violetta presa dalla carta bagnata nella tintura di campeggio, alla proprietà di disciogliere il cloruro di argento, gli ossidi di rame, di zinco e di cadmio, e a quella di formare del cloruro doppio giallo di platino e di ammonio, il quale gli potrà servire di prova di convinzione dello avvenuto avvelenamento da presentarsi al Tribunale. Potrebbe venire chiesto, se l'avvelenamento fu l'effetto della ammoniaca semplice del commercio o se invece lo fu della am- moniaca metilica o metilamina che è una ammoniaca composta primaria, la quale ha un odore identico a quello della ammoniaca ordinaria e la sua soluzione conserva pure questo odore. Al perito chimico riuscirà facile di distinguere l'una ammo- niaca dall'altra, perchè l'ammoniaca metilica ha la proprietà che non ha l'altra di disciogliere l'allumina idrata, ed è inca- pace di disciogliere l'ossido di cadmio. Nel caso di avvelenamento criminoso consumato con la am- moniaca, la di cui ingestione.potrebbe essere stata suggerita, come si è verificato qualche volta, anche con scopo abortivo, potrebbe essere dalla difesa, sollevata fra le altre questa obie- zione, che cioè la ammoniaca che fu, ritrovata, . anziché essere di avvelenamento abbia una origine patologica. Se però da un lato l'avvelenamento in discorso può essere confuso con l'uroemia acuta, la quale ordinariamente al modo .medesimo degli avve- lenamenti insorge d' improvviso e senza fenomeni prodromi, e si estrinseca con i vomiti, con la diarrea, con le convulsioni, col delirio e col coma, ed anco con l'odore caratteristico della ammoniaca avvertibile nell'aria espirata; dall'altro lato se ne allontana, perchè, mentre l'avvelenamento in parola si dichiara in genere in mezzo'alla migliore salute degli individui e sempre subito dopo la ingestione di una bevanda o di un medicamento, la uroemia al contrario insorge in coloro che sono sotto iljpeso di una qualche malattia grave, come scarlattina, albuminaria, stato puerperale ec. Ma questo non è tutto; mentre nell'avve- lenamento le maggiori lesioni ^anatomo-patologiche sono nella boeca, nella retrobocca e specialmente nello stomaco, nella — 139 — uroemia acuta invece sono nella muccosa intestinale e consi- stono non in pseudomembrane che si mostrano sopra Un tessuto infiammato, ma in arborizzazioni, in rossori più o meno estesi, in rammollimenti e in abrasioni della stessa membrana. Nello avvelenamento l'ammoniaca si trova in copia maggiore nello stomaco e nelle materie dei vomiti, quando anzi nella uroemia acuta si trova in copia maggiore nelle intestina. Per cui sarà sempre possibile al perito di rigettare questa obiezione. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI SALI AMMONIACALI. Tutti i sali ammoniacali si fanno operosi sulla economia animale per l'ammoniaca che essi abbandonano allo stato libero, tostochè dallo stomaco, ove rimangono indecomposti per tro- varsi in un mezzo acido o neutro, sono venuti nelle intestina, e nel sangue in contatto delle basi alcaline carbonate; per cui mentre l'ammoniaca è introdotta salificata dagli acidi e per la massima parte è così assorbita, se ne esce invece dalla economia allo stato di ammoniaca libera o carbonata, e quindi si ritrova nella aria espirata, nel traspirato cutaneo e nelle orine. A vo- lere che l'avvelenamento si produca e ne nasca la morte vi vuole in genere una^copia di sali ammoniacali maggiore di quella della ammoniaca. Il carbonato però riesce deleterio e mortale nella stessa copia della ammoniaca; produce precisamente gli stessi fenomeni mor- bosi e determina le medesime lesioni anatomo-patologiche, che sono proprie dell' avvelenamento prodotto dall' ammoniaca stessa. Mentre gli altri sali, come sarebbe il cloruro, l'azotato, il tar- trato, il solfato ec. di ammoniaca, in genere non producono le- sioni valutabili nella muccosa buccale, faringea e stomacale, oppure arrossano solamente questa ultima; mentre invece nella muccosa intestinale dan luogo sempre a lesioni più marcate che consistono nel processo acuto di flogosi. Neil' avvelenamento prodotto da questi ultimi sali ammoniacali, il malato esala dalle sue narici 1' odore di ammoniaca come nell' avvelena- mento prodotto da questa o dal suo carbonato, le materie vo- mitate non sono per sé stesse ammoniacali come in questi — 1 40 — due avvelenamenti, ma però possono divenirlo versando sopra una porzione di esse della acqua di calce o della potassa che decompongono i sali ammoniacali che immutati vi esistono; i patimenti stomacali sono lievi, e sono maggiori quelli intesti- nali, rappresentati da delle coliche e dalla diarrea, mentre invece nello avvelenamento per l'ammoniaca o per il suo carbonato sono quelli più intensi di questi; le materie emesse dall' ano sono più ammoniacali ed arrossano la carta di curcuma che ad esse sia tenuta avvicinata, molto'più prontamente di quelle emesse da coloro che sono avvelenati con l'ammoniaca o col suo carbonato All' infuori di queste differenze, che sono importanti a notarsi, abbiamo un apparato fenomenale morboso comune, ed abbiamo le medesime alterazioni anatomo-patologiche e gli stessi responsi chimici che nel caso dello avvelenamento e della morte per V am- moniaca e per il suo carbonato. Nel caso di autossia molto tardiva, a differenza di quello che avviene per i cadaveri di coloro che perirono per 1' ammo- niaca o per il suo carbonato, il perito chimico potrà sempre o quasi sempre mettere in essere la cagione della morte; perchè, quando avvenisse che dal contenuto stomacale del cadavere esumato sottoposto che fosse alla distillazione colla calce o colla potassa scaturisse molta ammoniaca, ciò vorrebbe dire che l'ammoniaca svoltasi è quella di avvelenamento e non quella della putrefazione, e che l'avvelenamento e la morte furono prodotte non dalla ammoniaca o dal suo carbonato, ma dal cloruro, dal solfato, dal nitrato ec, di ammoniaca. Questa ultima conclusione però non potrà essere formulata, finché non sia eliminato il caso che i sali ammoniacali ritrovati nel contenuto stomacale, non sieno quelli che si produssero nello stomaco a spese della ammoniaca o del suo carbonato che furono presi o propinati e degli antidoti chimici (acido acetico, cloridrico, solfo- rico ec diluti) che furono somministrati a titolo di cura; nel quale caso sarebbero invece espressione di avvelenamento per l'ammoniaca o per il suo carbonato. — 141 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL SOLFURO DI AMMONIO. Questo avvelenamento in genere è accidentale. Il solfuro di ammonio, perchè volatile, è assorbito con molta prontezza, e con molta prontezza pure passa nei prodotti delle funzioni di screzione e di separazione e particolarmente nell'aria espirata, nel traspirato cutaneo e nelle orine. Il solfuro di ammonio avvelena tanto che sia respirato allo stato gassoso, quanto che sia stato preso per bocca allo stato liquido. I fenomeni morbosi e le lesioni anatomiche a cui dà luogo sono l'effetto non solo del gas solfidrico, ma anche della ammoniaca ed ecco perchè ho creduto bene di parlarne qui. I cambiamenti a cui il solfuro di ammonio va incontro nella economia sono quelli stessi che vi subiscono i solfuri alcalini di potassio, di sodio ec; per cui nello stomaco dagli acidi gastrici viene o tutto o in parte convertito in lattato di ammoniaca e cloruro di ammonio; e in questa reazione si precipita dello zolfo e si svolge del gas solfidrico. Anche qui può darsi che il perito sia chiamato a decidere se un cadavere presso il quale fu trovata una bottiglia od altro recipiente rovesciato o rotto, nel quale si conteneva del solfuro di ammonio che si era sparso sul pavimento, apparteneva ad un individuo che morì per avere respirati i vapori di quel gas; oppure se era morto per altra cagione, e fu quindi posto in quelle condizioni medesime per nascondere un omicidio e simu- lare una morte volontaria o accidentale. Il perito risolverà una tale questione con quelli stessi criteri di cui abbiamo tenuto parola, allorché ci siamo occupati dall' avvelenamento prodotto dal gas solfìdrico e dal gas ammoniaco. Quando poi l'avvelenamento sia avvenuto per la ingestione del solfuro di ammonio, i periti lo metteranno in essere con quelli stessi criteri clinici, anatomo-patologici e chimici con i quali formularono la diagnosi medico-legale dell'avvelenamento prodotto dai solfuri alcalini. Solamente in questo avvelenamento troveranno nelle materie vomitate e in quelle racchiuse nel canale dige- rente del cadavere, del gas solfidrico, del solfo e una copia più o meno grande di sali ammoniacali. — 142 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI GAS DEI POZZI NERI, DELLE LATRINE E DELLE FOGNE. Ora che abbiamo studiati gli effetti deleteri prodotti dall'acido solfidrico, dall'acido carbonico e dalla ammoniaca, è naturale che dobbiamo trattare qui di questo avvelenamento, quantunque i i corpi che lo producono non appartengano tutti al gruppo dei veleni di cui ci occupiamo. Pozzi neri e latrine. — Le materie fecali in putrefazione in un pozzo nero o in una latrina, possono dare luogo alla pro- duzione di tre corpi gassosi principali, cioè al gas solfidrico, al solfuro di ammonio e all' azoto; i primi due sono velenosi, l'altro non è che asfissiante indiretto. Questi tre corpi gassosi possono esistere insieme oppure isolatamente nella atmosfera dei pozzi neri e delle latrine, e ciò anche allorché questi sieno stati vuotati delle materie putride che contenevano. Nel maggiore numero dei casi non esistono soli, e sono sempre mescolati a molta aria atmosferica. Le esperienze di Thènard tendono a dimostrare che il sol- furo di ammonio si trovi beli' e formato nella parte liquida che "è nel pozzo nero o nella latrina. Talune volte l'atmosfera loro si trova composta di 94 parti di azoto, di 2 parti di ossigene e di 4 parti di acido carbonico o di carbonato di ammoniaca. Il predominio della ammoniaca nella atmosfera in discorso pnò essere qualche volta portato ad un alto grado, ed allora l'odore dell'idrogene solforato e del solfuro di ammonio restano mascherati da quello piccante orinoso dell'ammoniaca. Una circostanza che sovente induce in errore gli operai e che li fa discendere senza alcuna cautela nei pozzi neri che sono stati di già vuotati delle materie fecali, è quella di non esalare alcun cattivo odore; ciò che si verifica quando l'aria è viziata per la presenza del solo azoto o dell' acido carbonico. In questo caso l'avvelenamento avviene lentamente e per uno stato di debolezza a cui i lavoranti cercano invano di sottrarsi. Lo stato di debolezza può essere portato fino alla sincope e anche fino alla estinzione della vita, se non sono amministrati — 143 — in tempo i soccorsi. Un pozzo nero o una latrina vuota può asfis- siare coloro che vi discendono con la stessa rapidità di quando contiene delle materie fecali, e ciò perchè allora lo sviluppo gassoso si fa dalle pareti del pozzo nero o della latrina che ne sono impregnate, e non è che dopo 10 o 15 giorni da che è stata vuotata e mantenuta aperta che la sua atmosfera è quasi priva affatto dei gas accennati. Ora possono darsi nella pratica medico-legale quattro casi; quello cioè in cui un lavorante discenda senza prendere le cautele necessarie in un pozzo nero o in una latrina per farvi dei risar- cimenti e vi muoia; quello in cui un individuo sia invitato o eccitato da un altro a discendere in un pozzo nero o in una latrina vuota o che contenga poche materie dandoli ad inten- dere che vi sono cadute 'delle monete, degli anelli ec. mentre ve lo fa discendere perchè vi testi avvelenato; il terzo in cui sia gettato in un pozzo nero o in una latrina vuota il cadavere di un individuo che sia stato altrimenti ucciso, per nascondere un omicidio; e finalmente quello in cui vi sia stato gettato un feto nato morto, sia per nascondere il frutto di disonesti amori sia per imputare altrui un infanticidio. In tutti questi diversi casi il perito procederà alla ricerca nelle vie aeree e nel sangue di quelle alterazioni anatomo-pato- logiche che sogliono produrre i gas accennati, allorché sono respi- rati, e con un apparecchio aspiratore tenterà di estrarre dalle vie aeree stesse i gas che vi penetrarono durante la vita, per assi- curarsi se sono quelli stessi che si trovano nella atmosfera del pozzo nero o della latrina. E se avrà dei responsi positivi concluderà per questa ma- niera di morte; mentre se li avrà negativi la escluderà, e ri- cercherà allora come la morte possa essere avvenuta: e facendo tesoro di tutte le circostanze estrinseche ai diversi casi, si metterà in grado anche di stabilire se la maniera di avvele- namento in questione avvenne per caso, fu volontaria o fu cri- minosa. Non sempre però sarà agevole al perito di stabilire se la morte avvenne per i gas del pozzo nero e della latrina o per altra cagione, e ciò quando la loro atmosfera consti di poco azoto e — 144 — di molto acido carbonico; perchè potrebbe darsi il caso che un neonato o un adulto fossero stati soffocati fra morbidi guanciali e quindi gettati nel pozzo nero o nella latrina, per nascondere un infanticidio credendo di sottrarsi alle mani della giustizia, oppure per nascondere un omicidio e farlo passare per una morte accidentale o volontaria. In questo caso non si osser- veranno lesioni esterne, perché il neonato naturalmente non potè reagire o perchè l'individuo adulto fu dagli assassini sorpreso nel sonno; d'altronde le vie aeree contengono dell'acido carbonico tanto se l'asfissia è avvenuta nel pozzo nero, quanto se è stato l'effetto della soffocazione; le lesioni anatomo-patologiche sono poi anch' esse a comune nei due casi. Vi potrebbe però essere un criterio che se fosse costante deciderebbe la quistione, e questo consiste nelle piccole e numerose ecchimosi sottopleurali, sottopericardiche, ec, che sogliono manifestarsi nella* soffoca- zione, per cui esistendo queste echimosi il perito potrà grande- mente presumere che si tratta di morte per soffocazione, mentre non esistendo perchè la morte fu pronta, non avrà ragione di escluderla. In questi casi dubbi saranno le circostanze estrinseche al fatto quelle che potranno non raramente fare decidere il perito per l'una piuttosto che per l'altra maniera di morte. Fogne. I gas che si svolgono dalle materie in putrefazione accumulate nelle fogne e specialmente nei loro pozzetti o ser- batoi sono l'acido carbonico, l'azoto, il gas solfidrico e non raramente il solfuro di ammònio. Questi tre gas possono esi- stere nell'aria delle fogne in quantità tale che la respirazione della atmosfera da essi inquinata possa avvelenare immedia- tamente le persone che vi si trovino immerse; ciò si verifica soprattutto quando vengano rimosse le materie solide di cui erano ripieni i pozzetti o i serbatoi. Anche qui possono darsi in pratica i medesimi casi , possono essere sollevate le stesse questioni e possono nascere le medesima difficoltà, delle quali abbiamo parlato quando ci siamo occupati della azione deleteria dispiegata dalla atmo- sfera dei pozzi neri e delle latrine; per cui per amore di bre- vità e per evitare inutili ripetizioni ci dispensiamo dal tenerne proposito. — 145 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA ANILINA La storia registra già dei casi di avvelenamento per l'ani- lina, i quali si sarebbero verificati specialmente in Inghilterra. Questa base chiamata anche fenilamina, come è noto, ha un odore aromatico penetrante ed un sapore acre bruciante; è assorbita con molta prontezza ed è molto più velenosa dei suoi sali; secondo alcuni venuta in contatto dei nostri tessuti e passata nel sangue coagulerebbe i loro materiali albuminoidi; mentre secondo altri sarebbe incapace di questo effetto. I glo- betti rossi però sembra che sieno attaccati da questo veleno; • infatti al microscopio si offrono diminuiti di volume ed aggrin- zati. Dopo essersi diffusa per tutta la economia 1' anilina passa nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, e torna nel mondo esteriore con 1' aria espirata, con la esalazione cutanea e con le orine. Tre casi possono darsi nella pratica medico-legale; quello ciiyè in cui l'avvelenamento e la morte sieno l'effetto della re- spirazione dei vapori di anilina emanati, per esempio, da una bottiglia che la contenga; l'altro in cui sieno l'effetto della introduzione nello stomaco di questo voleno; e quello in cui sia stato simulato un tale avvelenamento con mettere presso la bocca e le narici di un cadavere un recipiente, una spugna od altro che contengano della anilina. Primo Caso — quello in cui V aooelena-nanto e la morte sono l'effetto della respirazione dei vapor-i di anilina. — La diagnosi medico-legale di questo avvelenamento è naturale che si debba fare facilmente, e basta entrare nella stanza ove è av- venuto il fatto, per metterlo subito in essere all'odore speciale che emana dalla bottiglia o da un altro qualsiasi recipiente o corpo che la contengano o ne sieno imbevuti e che si trovino presso la bocca e le narici di un individuo quasi agonizzante o che è di già divenuto cadavere. Se l'individuo sarà tuttavia vivo, il medico chiamato presso di lui lo troverà in preda ad un grande abbattimento, le sue Bellini io — 146 — pupille saranno dilatate, avrà della tosse catarrale insistente, la ispirazione sarà stertorosa, imbarazzata e si eseguirà a scosse, i polsi al carpo mancheranno, la pelle sarà insensibile, fredda e alle estremità cianotica, i muscoli degli arti e quelli del tronco saranno in preda a movimenti clonici o tonici che si rinnoveranno ad accessi, e.l'individuo in breve cadrà in una sincope mortale. Se poi sarà già divenuto cadavere, il perito necroscopo troverà che in esso la rigidità cadaverica persisterà per molto tempo, la muccosa della trachea e dei bronchi sarà iperemica, ed ipere- mico pure il parenchima polmonare, tutto l'albero aereo sarà ripieno di una spuma a bolle più o meno grosse, e compressi i polmoni dalla apertura della glottide sentirà esalare più o meno manifesto l'odore di anilina; le meningi cerebrali saranno iniettate massimamente nella porzione anteriore e superiore degli emisferi, non che del bulbo rachidieno, il quale offrirà iperemica la sua parte cinerea. Il fegato sarà rosso brunastro e friabile, i reni ipere- mia, le orine albuminose, e il cuore e i grossi tronchi venosi conterranno del sangue nero piceo ed aggrumato; finalmente da tutte le parti del cadavere sentirà esalare l'odore dell'anilina. Questi responsi clinici, cadaverici e anatomo-patologici, messi d'accordo con le circostanze accennate del trovarsi cioè presso il malato o il cadavere l'anilina, saranno più che sufficienti a metterlo in grado di asserire che la malattia e la morte fu- rono l'effetto della respirazione dei di lei vapori. Secondo caso. — Quello in cui l'anilina è stata presa per bocca — L'auilina presa per bocca esercita una azione irritante locale sulla muccosa delle prime vie, per cui allo apparato fe- nomenale morboso testé descritto si aggiungono tutti i feno- meni che sogliono rappresentare lo stato irritativo e flogistico della muccosa gastro-enterica, come vomiti, dolore bruciante epigastrico, ccliche, diarrea, tenesmo ec. Il curante diagnosticherà questo -avvelenamento, all' odore di anilina che esalerà dalla bocca e dalle narici del malato, dalle materie dei vomiti, da quelle dei secessi e dalle orine. Il perito necroscopo alla autossia, oltre i fenomeni cadaverici e le alterazioni anatomo-patologiche or ora descritte, che però dal — 147 — lato delle vie aree sono molto meno marcate e talora anche mancano, troverà la muccosa gastro-enterica in più punti ipe- remica e flogosata. In questo caso l'odore di anilina emanerà più forte dal contenuto stomaco-intestinale, che dal resto del cadavere. L'analisi chimica non farà che confermare la diagnosi medico-legale che già formularono il curante ed il perito ne- croscopo. È a notarsi che allorquando l'avvelenamento fu l'ef- fetto della anilina del commercio, il perito chimico troverà nelle materie sospette non solo questa base, ma anche la toluidina e la pseudotoluidina, e può essere molto interessante in taluni casi di sapere se questi ultimi corpi accompagnano o no 1' ani- lina. Questa ricerca la farà molto facilmente seguendo le indi- cazioni date da Rosenstiehl. Il perito chimico riconoscerà l'anilina allo odore speciale del prodotto ottenuto distillando le materie sospette e alle se- guenti reazioni, che sono; di vederla assumere una magnifica colorazione rossa versando in una porzione della sua soluzione alcune gocce di solfuro di ammonio molto diluto; di vederla farsi rossa infondendo in un altra porzione della sua soluzione dello acido nitrico debole, che contenga dell' acido cloridrico, mentre si farà azzurra se quello acido sarà concentrato; di vederla pure prendere questa ultima colorazione mescolandola all' acido solforico e al cromato di potassa; di vederla final- mente, trattandola con gli ipocloriti e specialmente con quello di calce, colorarsi di bleu o di violetto che presto passerà al giallo bruno. , Qualora il perito chimico abbia a sua disposizione una quantità sufficiente di materia, potrà mettere a profitto anche altre reazioni delle quali la più sensibile è la seguente; discio- glierà l'anilina con qualche goccia di acido solforico e la met- terà sopra una lamina di platino che comunichi col polo posi- tivo di una pila di Growe e terrà immerso nel liquido un filo di platino, perchè si determini la corrente, e vedrà la lamina di platino cuoprirsi di un induito bronzino, bleu, o rosa secondo la quantità del veleno. Il cloruro di mercurio poi versato nella soluzione alcoolica di anilina vi produrrà un precipitato bianco — 148 — cristallino; il cloruro d'oro e quello di platino daranno dei pre- cipitati cristallini, colorati in rosso-bruno o in giallo-arancio ec. Terzo caso. — Quello in cui è stato simidalo questo av- velenamento con mettere presso la bocca e le narici di un cadavere un recipiente o una spugna che contengano della anilina. — In questo caso il perito necroscopo asserirà trat- tarsi di simulazione, quando la rigidità cadaverica non abbia persistito oltre l'epoca ordinaria, quando l'apparecchio respira- torio sia nello stato normale e dalla apertura della glottide, comprimendo i polmoni, non esali l'odore di anilina, quando il sangue non sia nero piceo, né molto aggrumato, quando man- chino le iperemie meningee, epatiche, renali, e quando dal sangue* dalle orine ritrovate nella vescica e dai ricordati visceri non esali l'odore di questo veleno; e in caso di putrefazione tanto avan- zata da non potere apprezzare l'odore di questo corpo, quando la analisi chimica non ne metta in essere la presenza nel sangue e nei visceri del cadavere. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA STRICNINA E DALLE PIANTE CHE LA CONTENGONO Non pochi avvelenamenti criminosi, accidentali e volontari sono stati prodotti con la stricnina e con le piante che la con- tengono. Il genere Strycnos è rappresentato da diverse specie che sono quasi tutte eminentemente velenose. Fra le più dannose ricorderemo la Strycnos nux vomica, albero che nasce nell' Indie e nella Cochincina. I grani che sono contenuti nel frutto di questa pianta sono conosciuti col nome di noce vomica, mentre la sua scorza è chiamata falsa angustura. La noce vomica e la falsa angustura contengono oltre la stricnina anche la brucina che è dotata della stessa azione venefica, ma però in grado minore. La noce vomica racchiude più stricnina che brucina; mentre il contrario si verifica nella falsa angustura. Vi è pure la Ignazia amara, i di cui grani, conosciuti col nome di fava di Sant'Ignazio, contengono anche essi non — 149 -— solo i due alcaloidi ricordati e in proporzioni molto più consi- derevoli, ma anche la igasurina la quale è pure dotata della stessa azione venefica, che consiste principalmente nello aumen- tare il potere reflesso della midolla spinale e di quella allun- gata e conseguentemente nel fare contrarre tetanicamente per le più lievi e ordinarie eccitazioni tutti quanti i muscoli. La stricnina è velenosa e mortale per gli adulti alla dose di 1 centigrammo e mezzo o 2, mentre par i fanciulli lo è alla dose di 2 o 3 milligrammi. La brucina invece è velenosa e morta- le alla dose di 15 a 20 centigrammi per gli adulti, ed a quella di 1 centigrammo o 2 per i fanciulli. Lo stesso presso a poco si può dire della igasurina. Questi tre alcaloidi non che le piante che li contengono sono dotate di una estrema amarezza. La stricnina pura è poco solubile e per questa ragione è assorbita con più lentore della brucina e della igasurina che sono più solubili; però i sali della stricnina essendo invece molto solubili sono assorbiti molto presto. La stricnina pura se è ingerita a stomaco pieno è assor- bita più prontamente di quando è presa a stomaco vuoto, e ciò perchè nel primo caso in parte più o meno grande è ridotta allo stato salino dagli acidi gastrici. I sali della stricnina che sono direttamente ingeriti e quelli che si formano nello stomaco in digestione quando si ingerisce questa base pura, giunti che sono nel sangue venoso a contatto delle sue basi alcaline carbonate, vengono in parte più o meno grande spogliati degli acidi salificatori e quindi è resa libera la stricnina, la quale appunto perchè, come dicemmo, è poco solubile, si accumula e si trattiene nel fegato più di quello che farebbe se rimanesse sempre allo stato di sale. Ed è a questo trattenimento ed accumulamento nel fegato che forse si deve il manifestarsi dei fenomeni venefici assai meno pronta- mente quando la stricnina ed i suoi sali sono presi per bocca, di quando sono introdotti nella economia per altra via. Il tratte- nersi ed accumularsi della stricnina nel fegato, è un fatto di altissima importanza specialmente per il perito chimico, il quale nella ricerca di un tale alcaloide non deve mai trascurare di analizzare il fegato. — 150 — La durata dell'avvelenamento stricnico è varia. Orfila aveva già detto essere di 7 od 8 minuti il tempo in cui, data la dose mortale della stricnina, doveva insorgere la morte; mentre Guy stabilisce una media fra 6 minuti e 6 ore; Tardieu dà per media 1 o 2 ore; Casper e Liman non limitano il tempo; Taylor in media segna 2 ore, ma dà pure notizia di due avvelenamenti stricnici finiti colla morte dopo 15 e dopo 10 minuti. Nessuno degli avvelenamenti provocati negli animali da Falck, dal Tamassia e da altri sorpassò però 1 ora; e nelle esperienze del Tamassia il maximum fu di 45 minuti, il minimum di 29, la media fu di 37 minuti all' incirca. In pratica possono darsi quattro casi; quello cioè in cui l'avvelenamento sia stato prodotto dalla ingestione della stricnina pura o salificata; l'altro nel quale sia stato prodotto dalla esterna applicazione del ricordato alcaloide o dei suoi sali; quello in cui sia stato l'effetto della ingestione della noce vomica o della fava di sant' Ignazio raspate, oppure dell' alcoolato di noce vo- mica o della falsa angustura; e quello finalmente in cui un indi- viduo sia morto per tetano comune oppure con fenomeni tetanici dopo di avere fatto uso dell' estratto di Liebig, e scorso un certo tempo sia nato il sospetto che si trattasse di avvelenamento per la stricnina. Primo caso..— Quello in cui l'avvelenamento è stato pro- dotto dalla ingestione della stricnina o dei suoi sali. — In questo caso può accadere che il perito necroscopo abbia, come no, a propria disposizione la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Ora, se dalla storia resulterà che un individuo appena ebbe ingerita una bevanda, un alimento o un medicamento, avvertì un sapore estremamente amaro e persistente (sapore che può mancare quando la stricnina o i suoi sali sieno stati adoperati in pillole), e dopo pochi minuti si fece impressionabile e tanto che i più piccoli rumori e la luce un poco viva gli producevano delle scosse e degli irrigidimenti muscolari dolorosi, e quindi fu colto da convulsioni tetaniche che ben tosto si fecero gene- rali e si ripeterono ad accessi più o meno lunghi e fra loro — 151 - ravvicinati, e in mezzo al quarto o quinto accesso che eb- bero luogo in pochi minuti, sopravvenne la morte, restando intatte fino presso all'ultimo le facoltà della mente, il perito dovrà grandemente sospettare di avvelenamento stricnico, perchè sebbene l'apparato fenomenale morboso accennato e la stessa morte sieno prodotte anche dalla brucina, dalla igasurina, dalla papaverina ec, pure queste sostanze non sono generalmente usate con scopo venefico, e poi in genere producono la «aorte molto più tardi della stricnina e de' suoi sali. La ispezione cadaverica, l'autossia e la sperimentazione fisio- tossicologica non faranno che confermare il sospetto e l'ana- lisi chimica poi lo eleverà al grado di verità dimostrata, come più tardi vedremo. Mancando la storia dei fenomeni morbosi pregressi, perchè l'individuo morì senza alcuna assistenza medica, il perito ne- croscopo comincerà a sospettare di questo avvelenamento, quando trovi che il cadavere è in preda ad una rigidità pronta che si mantenne intensa e si prolungò oltre l'epoca ordinaria per più giorni e per più settimane ed anco per qualche mese, come fu verificato nel cadavere di Cook avvelenato per stricnina, il quale era rigido due mesi dopo la morte, epoca in cui fu esumato. Se però la rigidità non si sarà protratta più del solito^ non escluderà per questo l'avvelenamento stricnico, perchè Liman e Emmert in qualche caso di morte prodotta da questa so- stanza non l'avrebbero veduta decorrere al di là del consueto. La sospetterà inoltre, quando veda le dita piegate, le piante dei piedi rivolte in dentro, la superfìcie cutanea cospersa di macchie rosse , le meningi spinali ed encefaliche sede d'ipere- mia semplice od emorragica, e al microscopio la polpa nervosa disseminata di piccolissime emorragie; quando gli si presenti il sangue fluido o a malapena aggrumato e scuro, i polmoni con- gestionati ed il cuore ora contratto per rigidità cadaverica, ora anche fermo in diastole, e quindi nel primo caso vuoto o quasi vuoto, nel secondo invece pieno zeppo di.sangue in tutti e due i ventricoli, senza mai offrire, come osservò il Tamassia, la straordinaria ripienezza del ventricolo destro e la vacuità del sinistro, come riscontrasi nel maggioo numero delle asfissie. — 152 — Della sperimentazione tìsio-tossicologica ne parleremo più tardi; intanto diremo che la prova chimica dell'avvelenamento in discorso , il perito l'avrà nelle seguenti reazioni ; versando in una soluzione di sali di stricnina il cloruro di platino, avrà un precipitato bianco-giallastro che sarà appena solubile nel- l'acqua e nell'etere, e difficilmente solubile nell'alcool assoluto: la soluzione alcoolica bollente lascerà depositare la combina- zione sotto forma di masse cristalline che hanno l'aspetto del- l' oro musivo. Questa reazione si produce anche nelle soluzioni al millesimo. Versando del cloruro d'oro nella stessa soluzione otterrà un precipitato che sarà poco solubile nell'acqua e nell'etere, e solubilissimo al contrario nell'alcool, dalla cui ultima soluzione si depositerà sotto forma di cristalli di un giallo-arancio, Questo reattivo precipita ancora la soluzione al diecimillesimo. L'acido picrico versato nella soluzione di stricnina o de'suoi sali gli fornirà un precipitato cristallino verde-giallastro, e ciò anche in una soluzione, che per ogni goccia non contenga che %oooo m grammo di alcaloide. L'acido tannico aggiuntovi pro- durrà pure un precipitato. L'ioduro di potassio iodurato o la tintura d'iodio produr- ranno nelle soluzioni acquose e aleooliche dei sali di stricnina un precipitato color kermes. Il precipitato sarà solubile nell'al- cool bollente ; questa soluzione abbandonerà col raffreddamento dei cristalli prismatici di colore rosso bruno, che sono bire- frangenti. Il bicromato di potassa (a l/200) colorirà in giallo la solu- zione di stricnina acidulata con dell'acido solforico, e farà pre- cipitare immediatamente dei cristalli di un giallo d'oro che ver- ranno disciolti dall'acido solforico concentrato, nel tempo stesso che il liquido si colorirà di un bleu carico. Questa reazione è sensibilissima e riesce ancora con dei liquidi che non contengono più di due centesimi di milligrammo d'alcaloide. É questa la reazione caratteristica della stricnina, e la colorazione bleu si manifesta egaalmente quando s'introduce una particella di bicromato nella soluzione solfòrica raffreddata : il colore è molto fugace , passa al violetto, poi al rosso ciliegia, e scompare rapidamente. — 153 — Una buona maniera di fare questo saggio è la seguente, ehe viene suggerita da Otto: il residuo lasciato dalla soluzione dell'alcaloide in un vetro da orologio è messo a contatto con una soluzione acquosa molto allungata di bicromato, si decanta il liquido e si asciugano i cristalli con un pezzo di carta da filtrare e infine si bagna il tutto con dell'acido solforico con- centrato. Il biossido di manganese produrrà nella soluzione in discorso, una colorazione rosso-giallastra molto carica, che persisterà per assai lungo tempo, allorché vi si aggiungerà goccia a goccia quat- tro o sei volte il suo volume d'acqua distillata. La soluzione di- verrà violetto-porpora, se si neutralizzerà esattamente con del- l'ammoniaca; saturata però essa diverrà gialla. L'acido iodico la colorirà in rosso carico: colore che passerà rapidamente al rosso bruno e che persisterà per lungo tempo. Letheby ha proposto di decomporre la stricnina in soluzione solforica colla elettricità : per ottener ciò si mette la soluzione in una cassula di platino che comunichi col polo positivo, vi si introduce un filo di platino che comunica col polo negativo di una pila non molto potente; un elemento di Bunsen basta. Il liquido diviene rosso-porpora. Questa reazione deve essere ten- tata quando il perito abbia molta materia a propria disposizione; perchè quando è poca si dovrà attenere alla reazione del bicro- mato e dell'acido solforico soltanto. L'ossido di cerio messo in presenza della soluzione solforica concentrata, produrrà la medesima reazione del bicromato; la colorazione sarà molto più stabile, volgerà al rosso-ciliegia e persisterà in questo stato per molti giorni. È preferibile il bi- cromato perchè l'ossido di cerio è reattivo di molti altri alcaloidi, non è tanto facile che uno se lo possa procurare, e non è poi più sensibile di quello. La stricnina può trovarsi nelle materie dei 'romiti e in quelle contenute nel tubo alimentare del cadavere mescolata all'eme- tina e alla morfina tutte le volte che durante la vita vennero am- ministrate l'ipecacuana e i sali di morfina; possono il sangue, il fegato ec, che furono sottoposti all'analisi, contenere insieme stricnina e curarina, perchè durante la vita fu questa introdotta — 154 — per via ipodermica a titolo di antidoto dinamico nell' economia dell' individuo avvelenato. Per cui il perito non deve ignorare la influenza che sulle reazioni della stricnina dispiegano questi corpi, e deve saper come comportarsi per rendere manifeste e spiccate, se non tutte almeno le principali e più caratteristiche di siffatte reazioni. Stricnina e emetina.— La colorazione bleu, che si ottiene con l'acido solforico e col bicromato non si manifesta quando è presente l'emetina, perchè tutta l'azione ossidante si porta su questa. In tal caso il perito per ottenere questa reazione, cioè a dire la colorazione bleu, non dovrà fare altro che aggiungere una nuova quantità di bicromato. Oltre a ciò il reattivo di Fròhde, quando la stricnina è me- scolata alla emetina, dà immediatamente un bel colore rosso che passa al verde. Stricnina e morfina. — Anche la morfina impedisce l'azione del bicromato , ma solo però quando essa vi è mescolata in molta copia. In questo caso il perito dovrà separare la morfina, ciò che gli riuscirà facile, e così potrà ottenere questa e le al- tre reazioni proprie della stricnina. Stricnina e curarina. — La curarina è il solo alcaloide cono- sciuto che potrebbe essere confuso con la stricnina, per cui non sarà facile al perito di poter dire se con la stricnina vi sia anche della curarina. Infatti essa dà con il bicromato e l'acido solforico concentrato una colorazione analoga: pure vi è qualche piccola differenza che permetterà al perito di evitare l'errore di prendere un alcaloide per 1' altro. La colorazione dovuta alla curarina non è così fugace, il cangiamento del colore violetto al rosso-ciliegia è più lento, ma la colorazione rossa finale per- siste per qualche ora, ed alcune volte ancora per qualche giorno. La curarina si colora del resto immediatamente per l'acido sol- forico. Ma poi il processo di Stas, di Ermando Uslar e di Dra- gendorff separano del resto nettamente questi due alcaloidi, per cui non abbiamo a temere che anziché di stricnina si tratti di — 155 — un miscuglio di questa e di curarina, allorché fosse stata usata come antidoto dinamico nell'avvelenamento stricnico. Sperimentazione fìsio-tossicologica. — Il perito dovrà consa- crare sempre una certa quantità di materia alla sperimentazione fisio-tossicologica sulle rane. Sei centesimi di milligrammo iniet- tati sotto la pelle di questi animali determinano delle violenti convulsioni tetaniche. Questo saggio dovrà essere sempre ten- tato, sopratutto quando si abbia luogo di credere che la stri- cnina sia stata ingerita allo stato di combinazione metilica o etilica. Né la stricnina, né la brucina modificano il diametro della pupilla degli animali superiori, allorché si applicano diret- tamente; questa dilatazione si produce invece, allorché si am- ministra la stricnina all' interno. Ecco come il perito dovrà fare lo sperimento: dovrà sce- gliere tre rane robuste e vivaci, farà su due di esse un taglio nella pelle della parte interna d' una delle loro estremità infe- riori ; staccherà con una bacchetta di vetro dai sottoposti tes- suti la pelle fin sotto il dorso, e in una delle due rane spingerà per la fatta apertura 1, o 2 milligrammi di stricnina pura o di un suo sale, e nell'altra metterà la stessa dose del residuo sospetto che è stato isolato con le operazioni chimiche ; la terza rana la terrà per termine di confronto. Chiuderà le fe- rite esterne della pelle, e tenendo tutte e tre le rane sopra una tavola starà ad osservare; e se nelle prime due dopo pochi minuti (5 o 6), diverrà molto maggiore la impressionabilità, ed esploderanno delle convulsioni tetaniche intermittenti, le quali terranno in ambedue il medesimo andamento, e si susciteranno di nuovo al più leggero colpo sulla tavola, oppure appena toccate con la punta di uno scalpello ; se avverrà in breve tempo la morte e se dopo di questa, preparandole alla maniera del Gal- vani, apparirà estinta la irritabilità dei nervi motori, egli dichia- rerà'che quel residuo sospetto contiene ode costituito dalla stricni- na, quando però abbia avute tutte o alcune delle reazioni chimiche caratteristiche di essa. Ma allorché queste abbiano fatto difetto o sieno state dubbie ed incerte , non gli sarà permesso di ri- cavare una tale conclusione, perchè la brucina, la igasurina ec — 156 — introdotte nello stesso modo sotto la pelle delle rane le ren- dono egualmente convulse. È interessante a sapersi che la stri- cnina è uno degli alcaloidi che presenta la maggiore resistenza alla decomposizione, e Macadam afferma di averla ritrovata nei resti di animali che aveva avvelenati tre anni innanzi. Il perito allorché si accinge a fare gli esperimenti fìsio-tos- sicologici deve essere sicuro che la materia che gli ha conse- gnata il chimico, e di cui si ricerca con questo modo di espe- rimento di meglio determinare, o di confermare la natura, non contiene né morfina né curarina, perchè in ragione della copia di queste sostanze, le convulsioni tetaniche potrebbero mancare o non essere franche , e avere così un responso bugiardo che farebbe negare l'avvelenamento o lo renderebbe dubbioso. Secondo caso. — Quello in cui V avvelenamento è V effetto della esterna applicazione della stricnina o dei suoi sali. — In questo caso i fenomeni morbosi si dichiareranno con molta prontezza, e terranno dietro alla medicatura di una piaga o di una ferita, ad una iniezione ipodermica, alla medicatura di uno o d'ambedue gli occhi, alla iniezione di un liquido in vagina ec. E mentre nel primo caso l'individuo sente in genere un sa- pore amarissimo persistente e il contenuto stomaco-intestinale e il fegato del cadavere sono inquinati da maggior copia del ve- leno; in questo secondo invece manca il sapore amaro e il conte- nuto stomaco-intestinale non racchiude traccia di veleno, ed il fegato ne contiene presso a poco quanto il sangue, i reni e gli altri visceri, tessuti ed umori. Quando il perito necroscopo non abbia potuto avere alcun ragguaglio storico, perchè l'individuo morì senza assistenza medica, e sia condotto a dubitare di que- sto avvelenamento più per i fenomeni cadaverici che per le al- terazioni anatomo-patologiche, e la chimica e la sperimentazione fisio-tossicologica non sieno riuscite a mettere in essere la stri - cnina nel contenuto stomaco-intestinale, mentre l'hanno disco- perta nel fegato, nel sangue, nei reni ec., dovrà sospettare grandemente che l'avvelenamento e la morte sieno avvenute per l'esterna applicazione del veleno. In questo caso egli dovrà con ogni cura ricercare se alcuno degli organi esterni sia sede di — 157 — malattia, se la pelle offra in qualche punto tracce di punture, se abbia delle ferite, delle piaghe, dei fonticoli ec., oppure se gli oc^hi, la vagina e l'utero sieno malati, e dato che si dovrà isolare col coltello anatomico le varie parti che avrà trovate ammalate e le invierà al perito chimico, il quale se la morte fu pronta, e la dose del veleno generosa vi troverà una quantità di stricnina maggiore che altrove. Terzo caso.—Quello in cui l'avvelenamento è prodotto dalla noce vomica o dalla fava di Sant'Ignazio raspate, o dall'al- cool ato di noce vomica, oppure della falsa angustura. — Nel- l'avvelenamento in discorso l'apparato fenomenale morboso, i fenomeni cadaverici e le alterazioni anatomo-patologiche in ge- nere non differiscono per nulla da quelli che si osservano e si riscontrano nel caso di avvelenamento prodotto dalla stricnina e dai suoi sali; solamente i fenomeni morbosi, se si eccettua l'avvelenamento per l'alcoolato di noce vomica, si dichiarano più tardi. Nelle materie dei vomiti, se ad arte furono promossi, op- pure nel contenuto stomaco-intestinale e nelle ripiegature della muccosa di questo canale il perito ordinariamente vi troverà delle piccole particelle grigio-fulve o scure, di consistenza cor- nea, di sapore acre amarissimo, le quali bagnate con dell'acido azotico concentrato si faranno tosto di colore giallo-arancio o rosse. Se queste particelle avranno un odore simile a quello della liquirizia, ciò vorrà dire che saranno costituite dalla noce vomica, mentre se saranno inodore, staranno a rappresentare o la fava di Sant'Ignazio o la falsa angustura; se poi quelle stesse materie spireranno forte l'odore dell'alcool, ciò vorrà dire che molto probabilmente fu ingerito l'alcoolato di noce vomica. Il perito chimico in questo caso, oltre la stricnina, troverà nelle materie sospette anche la brucina, che riconoscerà alle seguenti reazioni: si colorirà cioè di rosso , versando nella sua soluzione dell'acido solforico che contenga delle tracce di acido azotico. Questa reazione è caratteristica e si ottiene anche col solo acido azotico, ed allora volge al giallo-arancio poi al giallo, — 158 — ed aggiungendovi del solfuro d'ammonio questo colore si cangia in rosso-violetto. Trattando la soluzione di brucina col puro acido solforico, concentrato si produce una colorazione giallo-arancio che passa al giallo, allorché si tratta con un poco di permanganato di potassa. L'acqua clorata concentrata colora questa stessa soluzione, purché sia carica, in rosso chiaro, colore che volge al giallo versandovi dell'ammoniaca. La soluzione cloridrica di brucina sottoposta all'azione del cloro gassoso, si fa color rosa e dopo rosso di sangue: lo stesso avviene allorché si tratta con l'acido fosfo-antimonico. Quarto caso. — Quello in cui un individuo è morto di te- tano comune, oppure con fenomeni tetanici poco dopo di avere ingerito dell' estratto di Liebig, e scorso un certo tempo sia nato il sospetto di avvelenamento per la stricni- na. — Questo sospetto potrà nascere nel primo caso, solo quando le cause occasionali del tetano comune non fossero state ben manifeste e la malattia fosse sorta ad un tratto, cioè senza fenomeni prodromi; e nel secondo, quando avesse tenuto dietro alla ingestione dell' estratto di Liebig ed avesse avuto essa un corso rapidissimo e prontamente mortale. Io ho fatto il caso della ingestione dell' estratto di Liebig, perchè è oggi dimostrato che questo estratto di carne alteran- dosi lascia svolgere nel suo seno uno o più veleni, che ora di- spiegano un'azione narcotica, ora anche tetanizzante. È chiaro che nei casi in quistione ii perito chimico non riu- scirà a mettere in essere nelle materie sospette la stricnina, perchè non esistendovi non potrà a lui rivelarsi con le sue rea- zioni chimiche caratteristiche ; ma però potrà forse ricavare dalle medesime un corpo che cimentato sugli animali determini delle convulsioni tetaniche. Ora, ottenuto un tale risultato dalla spe- rimentazione fìsio-tossicologica, sarà egli per questo autorizzato a concludere che l'individuo in discorso morì per tetano stri- cnico anziché per tetano comune, o per tetano prodotto dai principi venefici che si svolgono nell' estratto di Liebig allorché si altera ? Io credo che no, perchè se il tetano fosse stato realmente stri- — 159 — cnico necessariamente il chimico avrebbe dovuto ritrovare nelle ma- terie sospette la stricnina, e l'avrebbe potuta caratterizzare per le sue speciali reazioni chimiche, molto più che questo alcaloide impiegando molto tempo ad essere eliminato, deve di necessità rimanere nel cadavere di coloro che sono vittima di un tal ve- leno , e deve rimanervi immutato e per molto tempo, perchè il processo putrefattivo è, come dicemmo, impotente a distrug- gerlo. D'altronde il tetano prodotto dall' estratto cadaverico, e quello che si ottiene da uno dei quattro alcaloidi cadaverici di- scoperti dal Selmi, cimentati sugli animali, non ha la precisa fisionomia, né è rappresentato dalle stesse lesioni anatomo-pa- tologiche che sono proprie dell'avvelenamento stricnico. Infatti l'estratto cadaverico, come osservò Hemmer fino dal 1866, produce nei cani disappetenza, diarrea, aumento di tem- peratura, da prima eccitamento nervoso poi depressione, vomiti, convulsioni, miosi' quindi midriasi ec., e gli animali che per questo estratto muoiono, offrono una infiammazione catarrale e difterica della muccosa gastro-enterica, degli stravasi di sangue e la iperemia semplice ed emorragica dei polmoni e dei reni. Il veleno cadaverico del Selmi che è capace di produrre il tetano, non sembra che abbia il sapore amarissimo e persistente della stricnina, ne è poi come questa solubile nell'etere, essendo soltanto solubile nell' alcool amilico. Per cui concludendo diremo , che il perito chimico non ha il diritto di dichiararsi per l'avvelenamento stricnico, quando non gli sia stato possibile di estrarre dai visceri e dagli umori del cadavere, con i processi chimici conosciuti, la stricnina, perchè l'esperimento fisio-tossicologico per se solo è impotente a rappre- sentarci questo alcaloide, potendo l'estratto cadaverico, e uno degli alcaloidi cadaverici del Selmi produrre le convulsioni teta- niche e la morte negli animali nei quali sieno essi stati cimentati. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL CURARE E DALLA CURARINA. Benché il curare e la curarina non sieno fin qui stati giam- mai adoprati come strumenti di delitto nei paesi civilizzati, pure — 160 — ho creduto bene di tenere parola anche di questo avvelenamento che potrebbe verificarsi, se non altro, come colposo, oggi che in non poche malattie vengono consigliati ed usati il curare e la curarina. Il curare è stato dall'America del sud e dalle Indie portato in Europa per la prima volta nel 1595. È un succo che viene estratto da varie piante velenose e specialmente dalla Strycnos toxifera , e col quale gì' indigeni di quei luoghi avvelenano le frecce di cui si servono per la caccia e per la guerra. Esso è velenoso specialmente allorché è introdotto nelle ferite, e ho detto specialmente, perchè dalle esperienze che il Bernard ha istituite sui cani, resulta, che dato ai medesimi per bocca in dose gene- rosa ed essendo essi a digiuno, ha pure prodotto degli effetti venefici. Dal curare e dalla Strycnos toxifera i chimici hanno estratta la curarina, che è un vero e proprio alcaloide. Piccolissime dosi di curare e di curarina introdotte in una ferita bastano per produrre l'avvelenamento e la morte. Tanto il curare che la curarina, penetrate che sono nella economia, vi si mantengono immutate e passano con prontezza nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, e specialmente nelle orine, le quali sotto l'azione di questi veleni si offrono, come osservarono Tardieu e Roussin, zuccherine. In pratica possono darsi due casi; quello cioè in cui si tratti realmente di avvelenamento per curare o curarina : e 1' altro in cui la morte sia avvenuta prontamente per apoplessia nervosa, e non avendo trovato il perito necroscopo nulla nell'asse cere- bro-spinale, nasca il sospetto che si tratti di avvelenamento curarico. Primo caso. — Quello in cui si tratta realmente di avvele- namento curarico. — Qui al solito può avvenire, che il perito necroscopo abbia che fare soltanto col cadavere dello individuo che morì avvelenato, oppure che abbia anche a propria dispo- sizione la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Quando egli sappia dalla storia, che un individuo pochi mi- nuti dopo la medicatura di una ferita o dopo una inoculazione — 161 — ipodermica , si fece ad un tratto talmente debole da non reg- gersi più sui piedi, offrì le palpebre cadenti, le pupille dilatate, gli sifinteri rilasciati, provò difficoltà a muovere le mandibule, gli si fece lento il respiro e poi si sospese affatto, quindi in brevissimo tempo morì in mezzo ad una paralisi generale, mantenendosi le facoltà della mente intatte o quasi intatte fino alla morte, sospetterà che si tratti di avvelenamento pro- dotto dal curare o dalla curarina. 'In questo caso l'autossia av- valorerà questo sospetto per i responsi negativi che darà, per- chè d'ordinario null'altro si rinviene all'infuori del sangue scuro e delle congestioni sanguigne passive, ubicate specialmente negli organi parenchimatosi e che sono la espressione dello^ stato asfittico che fu la conseguenza della paralisi dei muscoli tora- cici. Il perito necroscopo però dovrà escidere i tessuti, sede • delle ferite o delle punture e conservarli per il perito chi- mico , perchè, avvenendo la morte prontamente è ragionevole ritenere che tutto il veleno non sia stato assorbito , e che per ciò la maggior copia di esso si debba trovare in quei tessuti medesimi. Mancando ogni ragguaglio storico, l'autossia per se stessa sarà impotente a fare sospettare di avvelenamento, perchè dessa non dirà al perito altro che ^individuo a cui apparteneva il ca- davere è morto asfìttico. Pure battendo egli la via della elimi- nazione e tenendo conto delle circostanze estrinseche al fatto, potrà in alcuni casi giungere a sospettarlo. Infatti se il cada- vere non sarà stato trovato in un mezzo asfissiante; se at- torno al collo o nella cavità della bocca, sulla faccia e specia- mente nei dintorni dell'apertura buccale, non esisteranno e tracce di violenze meccaniche, che sieno state esercitate su quelle parti; se i centri nervosi si troveranno in condizione fisiologica, il perito escluderà la morte per appiccamento, per stroz- zamento, per apoplessia sanguigna ec, e sospetterà o di soffo- cazione operata col mezzo di morbidi guanciali e per ciò di quella sola maniera di soffocazione che non lascia tracce mecca- niche, oppure di morte prodotta da uno di quei veleni che di- rettamente o indirettamente inducono l'asfissia, come ad esem- pio, gli stricnici, i narcotici, il curare ec. Se però non troverà Bellini u — 162 — all'autossia le piccole ecchimosi pleurali o pericardiche ec; se non potrà escludere il sospetto di soffocazione, la riterrà al- meno per poco probabib, perchè non è vero che tali ecchi- mosi , come vorrebbe il Tardieu , si verifichino sempre nella soffocazione; se la rigidità cadaverica non sarà venuta presto, non sarà molto forte e non si sarà prolungata oltre l'epoca ordinaria, egli Don si mostrerà inclinato a ritenere che si tratti di avvelenamento stricnico; se il cervello o le meningi non sa- ranno sede di congestione e di piccolissime emorragie capillari, egli escluderà l'avvelenamento per l'oppio ec, e quindi sarà così condotto a presumere che molto ragionevolmente si tratti di avvelenamento per il curare o per la curarina. Anche in questo caso ricercherà se sull'ambito esterno del corpo esistono ferite • o punture od altre lesioni, e trovatele esciderà i tessuti ohe ne sono la sede per consegnarli al perito chimico. La chimica poi d'accordo colla sperimentazione fisio-tossicolo- gica saranno quelle che elimineranno ogni dubbio e faranno con- cludere per questo avvelenamento, per cui se la mercè della ana- lisi chimica dei tessuti escisi, nei visceri e nel sangue del ca- davere sarà stata trovata una materia che l'acido solforico con- centrato colorirà in bleu carico o in violetto pallido, se questa colorazione dopo un' ora, o un'ora, e mezzo si sarà fatta più carica e sarà passata al rosso e quindi si sarà fatta opaca dopo due ore, o sarà voltata al rosa persistente dopo 5 orq, se il reattivo di Erdmann da prima la colorirà in violetto brunastro, poi in violetto puro, se l'acido azotico concentrato le farà assu- mere un colore rosso porpora, il perito avvalorerà gli emessi sospetti o le formulate presunzioni. E quando questa stessa ma- teria posta sotto la pelle delle rane o di altri animali farà loro dilatare le pupille, paralizzerà i nervi motori, lasciando intatta la irritabilità muscolare, sospenderà la funzione respiratoria, lasciando eseguire al cuore le sua pulsazioni, egli avrà tanto in mano da elevare il sospetto o la presunzione al grado di verità dimostrata e concluderà per questo avvelenamento. Secondo caso. — Quello in cui la morte è avvenuta pron- tamente per apoplessia nervosa e non avendo il perito ne- — 163 — croscopo trovato nulla alla autossia nell'asse cerebro-spinale, nasca il sospetto che si tratti di avvelenamento curarico. — In questo caso si intende bene che il sospetto nascerà quando an- ziché emiplegia vi sia stata paralisi generale; e quando, non sia esistita, o sia stata lieve l'abolizione delle facoltà mentali, e quando consti che l'individuo aveva subita la medicatura di una ferita, oppure era stato passivo di una inoculazione ipoder- mica a cui era abituato per vincere per esempio una ostinata nevralgia. In questo caso in cui, come è naturale, l'autossia e la chimica non hanno potuto dire nulla, potrebbe avvenire che la sperimentazione fisio-tossicologica, istituita con la materia che il perito chimico estrasse dai visceri del cadavere, desse presso a poco quelli stessi responsi che si ottengono col curare o colla curarina, e in tanto potrebbe avvenire questo in quanto il veleno o i veleni del cadavere o 1' estratto di esso nel modo stesso che producono ora effetti narcotici, ora effetti tetanici, potrebbero benissimo sotto certe circostanze dare luogo ad effetti paralitici. E finché con ulteriori studi non saranno bene conosciuti tutti i veleni propri del cadavere umano e i precisi effetti di cui sono capaci cimentati sulli animali, il perito non potrà accordare va- lore ai soli responsi della sperimentazione fisio-tossicologica, di quella sperimentazione che il Tardieu vorrebbe superiore alla indagine chimica, ma che in fatto gli è invece grandemente in- feriore. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA ATROPINA, O DALLA BELLADONNA. Questo avvelenamento è in generale il risultato di uno sba- glio e si osserva il più spesso dopo la ingestione delle bacche di belladonna, che in grazia del loro sapore dolciastro sono creduti frutti mangerecci; oppure è l'effetto della ingestione della atropina o di una preparazione che la contenga, e che do- veva essere usata all' esterno, o che fu pòrta con uno scopo colpevole e specialmente per abusare delle persone; od anche è l'effetto della esterna applicazione della pomata o dell' estratto di belladonna. — 164 — L' atropina passa rapidamente nel sangue, è si spande in tutta la economia, e con una certa prontezza comparisce nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e special- mente nelle orine. Le dosi della atropina e il numero delle bacche capaci di produrre 1' avvelenamento e la morte sono estremamente variabili secondo la età, la costituzione ec. degli individui. 4 sole bacche sono bastate per uccidere un fan- ciullo, mentre 30 non hanno prodotti effetti deleteri in un a- dulto: l'atropina in soluzione e sotto forma di solfato ha uc- ciso alla dose di 10 centigrammi presa internamente, e dei sintomi gravi si sono prodotti per la iniezione sotto cutanea di 3 o 4 milligrammi di solfato di questo alcaloide. Quanto alle dosi venefiche di belladonna in polvere o in estratto è a avver- tirsi che queste sono variabili, e in genere si può dire che 1 o 2 grammi e mezzo di estratto; 3, 4 o 5 grammi di polvere sono capaci di dare la morte ad un adulto. Non raramente però l'av- velenamento si dichiara anche dopo le dosi terapeutiche, e ciò perchè queste si accumulano nella interna economia animale. Infatti il Tardieu ha veduto dopo dieci giorni di ammini- strazione graduata di 50 centigrammi di estratto per giorno esplodere' tutto ad un tratto dei fenomeni gravi di avvelena- mento. Nella pratica medico-legale possono darsi tre casi, quello cioè in.cui l'avvelenamento si debba alla ingestione delle bacche o di altre parti della pianta; l'altro in cui sia avvenuto per la ingestione della atropina o dei suoi sali; il terzo in cui l'av- velenamento atropinico sia sorto, mentre uno da qualche giorno usava internamente con scopo terapeutico una preparazione di belladonna o la stessa atropina pura o salificata. Primo caso. — Quello in cui V avvelenamento si deve alla ingestione delle bacche o di altre parli della bella- donna. — E qui pure può avvenire che il perito necroscopo abbia che fare col solo cadavere, oppure abbia anche la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Quando venga narrato nella storia redatta dal medico che prestò la sua assi- stenza all'individuo avvelenato che questi dopo poco di avere — 165 — mangiato dei frutti simili alle ciliege, ebbe la vista turbata, oscurata e quasi affatto perduta: le sue pupille si dilatarono enormemente e si fecero insensibili alla azione dalla luce arti- ficiale, si concitarono le azioni circolatorie, vennero delle nausee e subito dopo dei vomiti in grazia dei quali furono emesse delle materie rosso-scure come feccia di vino, di odore viroso, e in mezzo alle quali si trovavano in copia dei piccoli semi reni- formi, oppure furono emesse delle materie scure o verdastre da cui esalava questo stesso odore; la pelle si fece calda e si ri- cuoprì di una eruzione scarlattiniforme, la fisonomia assunse l'impronta della stupidità, la gola si fece secca, vennero in scena delle allucinazioni a cui tennero dietro il delirio ora gajo, ora furioso, il priapismo, si rilasciarono successivamente gli sfinteri la pelle si fece fredda, il respiro ed il circolo sanguigno si ral- lentarono grandemente, vennero la insensibilità e il coma e in breve la morte, il perito non esiterà un momento a dichiarare che si tratta di avvelenamento per le bacche o per altre parti della belladonna. Questa stessa conclusione la formulerà il perito necroscopo anche quando non abbia avuto alcun ragguaglio storico, ancorché rinvenga la muccosa stomacale e talvolta pure la intestinale tinta di un rosso scuro, quando 1' induito colorato che la spalma abbia odore viroso, e quando nelle pieghe della muccosa trovi incuneati dei piccoli semi reniformi. Però nel caso in cui nello stomaco e nelle intestina trovi delle materie verdastre o di colore scuro da cui spiri odore viroso, non potrà dire nulla di preciso, perchè non è la sola belladonna che dia que- sto odore. Né gli potranno in questo caso essere di ajuto le alterazioni anatomo-patologiche, perchè il sangue sciolto e nero, la iperemia meningea e specialmente della base del cervello, la congestione polmonare, sono comuni ad altri avvelenamenti e a delle ordinarie malattie. Più avanti vedremo quello che saprà dirci in proposito la analisi chimica e la sperimentazione fisio- tossicologica. Secoudo caso. — Quello in cui V avvelenamento è V ef- fetto della ingestione dell' atropina o dei suoi sali. — In — 166 — questo caso, meno i caratteri speciali delle materie dei vomiti di cui abbiamo parlato, i fenomeni morbosi sono precisamente gli stessi, e il perito sospetterà soltanto che l'avvelenamento si debba alla atropina o ai suoi sali non perchè, come vedremo più avanti, i fenomeni morbosi sieno tutti affatto esclusivi di questo avvelenamento, ma perchè all'atropina e ai suoi sali esso più comunemente si deve. L'autossia non spargerà, per le ragioni addotte, alcuna luce in proposito, e quando mancheranno i ra- guagli storici, sarà per sé stessa impotente affatto con i suoi responsi ad accennare ad un avvelenamento e molto meno a quello di cui è questione. In questo caso, come vedremo, sarà specialmente la sperimentazione fisio-tossicologica quella che potrà fare concludere per questo avvelenamento. 11 perito necroscopo non dovrà dimenticare, ciò che fu detto nel secondo volume a proposito della autossia nel caso di veneficio, di estrarre i globi oculari dalle orbite del cadavere e conservarli in vaso chiuso, perchè 1' umore acqueo contenendo l'atropina, può be- nissimo applicato sull'occhio di un animale farci presumere questo avvelenamento. Terzo caso. — Quello in cui V avvelenamento atropinico è sorto, mentre uno usava da qualche giorno internamente con scopo terapeutico una preparazione di belladonna o la stessa atropina pura o salificata. — In questo caso può trat- tarsi di avvelenamento volontario, criminoso, oppure di semplice avvelenamento colposo, che sia avvenuto per accumulamento nella economia delle giornaliere dosi terapeutiche che furono somministrate per bocca o esternamente applicate per un dato tempo di seguito senza alcuna interruzione, giacché, come ho di già avvertito, l'atropina è un di quei veleni che si accumulano e che per ciò danno luogo a dei fenomeni di avvelenamento. I fenomeni morbosi con cui si estrinseca l'avvelenamento e le alterazioni anatomo-patologiche sono quelle stesse che ab- biamo testé descritte, per cui interessa qui soltanto di indicare il modo di riconoscere in questo caso quando l'avvelenamento si deve ritenere per volontario o criminoso, quando per sem- plicemente colposo. Ora, sarà il perito chimico quello che potrà — 167 — risolvere la quistione; egli analizzerà perciò separatamente le materie dei vomiti, quelle dei secessi, e quelle contenute nel tubo gastro-enterico del cadavere, il sangue, le orine, ed i vi- sceri interni, come fegato, milza, reni ec, e quando trovi che la quantità del veleno racchiuso nelle materie dei vomiti in quelle dei secessi e nel contenuto stomacale supera di gran lunga quello che estrasse dagli interni visceri e dal sangue, propenderà o si dichiarerà per la somministrazione di una dose venefica di una preparazione atropinica e per ciò per l'av- velenamento volontario o criminoso; mentre se sarà presso a poco eguale, in quelle materie e nei visceri interni e negli umori, allora si dichiarerà per 1' avvelenamento colposo, e lo riterrà 1' effetto dello essersi accumulato nella economia quel veleno che a dosi terapeutiche era giornalmente somministrato. Per decidere poi se l'avvelenamento sia stato volontario o cri- minoso, il perito necroscopo non avrà che da valutare le circostanze estrinseche al fatto. L'analisi chimica in tutti e tre i casi contemplati ha poco e punto valore, perchè l'atropina non ha reazioni nette e carat- teristiche oppure, se ne ha non possono essere in genere messe a profitto dal perito chimico, perchè esigono troppa materia per poterle ottenere. Di questa natura è la reazione che si ottiene con 1' acido solforico concentrato e' caldo, il quale messo in contatto del- l' atropina sviluppa un odore caratteristico: la reazione si pro- duce, è vero, molto facilmente, ma perchè si abbia bisogna di- struggere, una grande quantità di alcaloide: e l'odore del resto non può essere sentito che da qualche persona e non da tutte al medesimo modo; infatti vi è chi ha sentito l'odore di arancio chi invece di prune. L' odore però si sviluppa in una maniera più netta, quando si discioglie 1'-alcaloide in un miscuglio di acido solforico, di cromato di potassa e di molibdato, scaldato ad un grado molto elevato e che vi si projetta qualche goccia di acqua. Facendo difetto per il discoprimento di questo alcaloide le reazioni chimiche, il perito necroscopo è nella assoluta necessità di ricorrere alla sperimentazione fisio-tossicologica, che consiste — 168 — nel ricercare se quel corpo che il perito chimico ha ottenuto dalle materie sospette posto sufi' occhio degli animali dilata o no la pupilla; ma siccome molti altri veleni, cioè a dire la datu- rina, la giusquiamina, la solanina, l'aconitina, sperimentate nello stesso modo dilatano, al pari dell'atropina, la pupilla, così noi ci occuperemo dei criteri fisio-tossicologici e del loro valore quando avremo parlato di questi avvelenamenti, e allora vedremo se è possibile riconoscere e distinguere 1' uno avvelenamento dall' altro. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLO STRAMONIO E DALLA DATURINA. L'avvelenamento prodotto dallo stramonio (datura stramo- nium) è molto meno frequente di quello prodotto dalla bella- donna. È stato un tempo usato con scopo criminoso e special- mente per abusare delle donne e delle giovanette; oggi però questo avvelenamento è quasi sempre accidentale e si osserva sovente nei fanciulli che si mettono in bocca ed ingollano i grani che sono contenuti nei frutti spinosi di questa pianta, la quale è coltivata anche nei nostri giardini per la bellezza dei suoi fiori. La daturina si diffonde con facilità per 1' economia, perchè è assorbita con prontezza, ma ne è pure presto eli- minata. Allorché l'avvelenamento è stato prodotto dai grani che sono contenuti nel frutto dello stramonio, questi si ritrovano nelle materie dei vomiti, in quelle dei secessi, e nelle pieghe della muccosa stomaco-intestinale del cadavere, per cui riesce facile al perito necroscopo stabilire che si tratta di un tale avvelenamento: ma quando 1' avvelenamento è 1' effetto della daturina, che sia stata ingerita per sbaglio o a bella posta, allora a meno che esistano tali circostanze estrinseche al fatto che lo mettano in chiara luce, non è sempre facile dai sintomi e dalle lesioni ana- tomo-patologiche distinguere questo avvelenamento da quello prodotto dalla atropina, perchè tanto quelli che queste sono a comune. E né meno il perito potrà sperare di ritrovare dei criteri — 169 — differenziali nelle reazioni chimiche, perchè neppure per la da- turina abbiamo, almeno fin qui, reazioni nette e precise che ce la facciano distinguere. È vero che Erhard avrebbe trovato delle differenze fra l'atropina e la daturina nelle forme dei loro cristalli, ma non so quanto valore si possa accordare a questo solo criterio, quando distintissimi tossicologi assicurano che non è possibile di distinguere l'uno avvelenamento dallo altro. Per cui, meno il caso che l'avvelenamento sia stato prodotto dalle bacche di belladonna o dai semi dello stramonio, non è possi- bile che il perito risolva la quistione. Più tardi poi vedremo il valore dei criteri fisio-tossicologici. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL GIUSQUIAMO E DALLA GIUSQUIAMINA. L'avvelenamento per il giusquiamo e per la giusquiamina è il più spesso accidentale, qualche volta volontario, rarissima- mente criminoso. L'assorbimento della giusquiamina è pronto, come pure la sua diffusione per l'organismo animale e la sua eliminazione sono pronte. Stando ad alcune esperienze sembrerebbe che la giusquiamina venisse in parte più o meno grande distrutta nel fegato. Quando 1' avvelenamento sia stato 1' effetto della ingestione volontaria o accidentale delle foglie di questa pianta, i vo- miti cacciando fuori dallo stomaco delle materie alimentari che si offrono mescolate a dei residui di un verde scuro da cui spira un odore viroso nauseabondo, mettono sulla via il cu- rante di sospettare o di concludere per questo avvelenamento, allorché s' intende bene vi sieno anche tutti o i principali feno- meni del medesimo; lo stesso si dica quando per sbaglio sieno state mangiate le radici di questa pianta, perchè dai loro residui non per anche digeriti emana sempre lo stesso odore viroso che ó!alle foglie. Ed anco quando è stato l'effetto della ingestione della giu- squiamina sarà facile caratterizzarlo tenendo conto prineipalmente dell' apparato fenomenale morboso, perchè mentre ha con la — 170 — atropina, la daturina, la solanina e la aconitina a comune il fenomeno della dilatazione delle pupille e 1' oscuramento della vista, ha poi dei fenomeni che gli sono propri e speciali. Infatti il giusquiamo e la giusquiamina non determinano che in una maniera eccezionale l'eritema scarlattiniforme della pelle e non producono come l'atropina e la daturina un delirio furioso, ma piuttosto inducono la tendenza al sonno o il sonno stesso, e non determinano come l'atropina e la daturina a così alto grado né con la stessa prontezza la paralisi degli sfinteri dell'ano e della vescica, e agiscono meno presto e meno energicamente sulle pupille, sulle quali però secondo Clin produrrebbero un effetto più durevole di quello che facciano l'atropina e la daturina. E mentre 1' atropina e la daturina danno luogo frequente- mente alla micropsia, il giusquiamo e la giusquiamina producono la megalopsia. All'in fuori di questi criteri clinici differenziali noi non ne abbiamo altri, perchè la giusquiamina produce le stesse alterazioni anatomo-patologiche della daturina e dalla atropina, e mentre non ha reazioni chimiche proprie, ne ha poi di quelle che sono a comune con altri alcaloidi e per ciò anche con la atropina e con la daturina. Solamente il perito chimico si po- trebbe giovare del fatto che la giusquiamina si sdoppia per la ebullizione colla barite in acido josciamico e in una materia al- caloide chiamata joscina. Quando dunque il perito necroscopo possa tenere conto dello apparato fenomenale morboso, che è stato descritto dal medico che vide e curò l'individuo avvelenato, avrà modo di concludere per questo avvelenamento; ma quando gli manchi la storia, per i soli dati anatomo-patologici e per quelli chimici non sarà in grado di formulare quella stessa conclusione. Più avanti però vedremo che la sperimentazione fisio-tossicologica sugli animali gli fornirà dei criteri preziosi in questo proposito. — 171 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLE DIVERSE SPECIE DI SOLANO E DALLA SOLANINA. Il Solarium nigrum il Solanum dulcamara, il Solarium tu- berosum o pomo di terra o patata — sono le piante che inte- ressare possono il medico-legale, perchè è con queste che pos- sono verificarsi degli avvelenamenti specialmente accidentali. — Tutte queste piante riescono* velenose per la solanina che in copia maggiore o minore contengono e la quale .nelle patate si sviluppa solo nei germogli nel cominciamento della germina- zione. L'assorbimento della solanina è pronto, ed è egualmente pronta la sua diffusione per la economia e la sua eliminazione. Quando il perito necroscopo sappia dal curante, che un'in- dividuo poco prima di sperimentare dei fenomeni morbosi aveva fatto uso di patate che erano ricche di piccoli germogli, oppure che aveva mangiate le coccole, le foglie o le radici delle ricor- date solanacee, od anche quando nelle materie dei vomiti sieno stati trovati molti pezzi di patate o dei residui delle foglie e delle radici di quelle piante, e sia sorto un apparato fenomenale morboso che somiglia quello che ho descritto quando ho par- lato dell'avvelenamento prodotto dalla belladonna o dall'atropi- na, egli potrà facilmente concludere per l'avvelenamento prodotto dalle ricordate solanacee, e in questo caso l'analisi chimica e la sperimentazione fisio-tossicologica non faranno che confermarlo nel concetto diagnostico che formulò; ma se l'avvelenamento fu l'ef- fetto della solanina, presa per sbaglio, oppure volontariamente allora non potrà formulare la sua conclusione finché non abbia ascoltati i responsi della indagine chimica, perchè né anche le risultanze anatomo-patologiche saranno capaci di metterlo in grado di differenziare questo avvelenamento dall' altro, essendo comuni è per ciò non caratteristiche. Ora, se risulterà dalle ricerche chimiche che il corpo che fu svincolato dalle materie sospette darà con l'acido solforico concen- trato e col bicromato di potassa una colorazione bleu carica, la quale poi passerà al verde; che scioltone una porzione nell'acido solforico su di un vetro da microscopio ed evaporata si trasfor- — 172 — mera in prismi quadrangolari, che seguitando a scaldare la massa ancora umida si colorirà in rosso, poi in porpora, più tardi in bruno rossastro, per poi divenire col raffreddamento violetta, ne- robluastra, e da ultimo verde; che coli' acido picrico e coll'acido tannico non darà alcun precipitato; e che infine aggiuntovi il bios- sido di manganese e l'acido solforico, allungato e scaldatolo darà per filtrazióne un liquido che col fosfomolibdato di ammoniaca farà luogo ad un precipitato il quale coli'ammoniaca verrà in parte disciolto, e in parte colorito di bleu, il perito allora si confer- merà nella formulata conclusione. Quando avrò parlato dello avvelenamento prodotto dall'aco- nito e dalla aconitina vedremo se dalla sperimentazione fisio-tos- sicologica il perito potrà ricavare altri dati per confermarsi sempre più nel concetto accennato. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ACONITO E DALLA ACONITINA. L'avvelenamento per l'aconito e per la aconitina è acciden- tale. L'aconitina è assorbita con facilità, e con molta prontezza si spande per la economia dalla quale esce specialmente colle orine. — In questo avvelenamento non abbiamo a comune con quelli prodotti dalla atropina, dalla daturina, dalla giusquia- mina e dalla solanina, che la dilatazione delle pupille, le quali, giusta le esperienze di Rabuteau e di Schroff, si dilatano anche quando la aconitina si applica direttamente sul globo oculare. Per il resto tutti gli altri fenomeni morbosi sono in qualche modo simili a quelli prodotti dal curare e dalla curarina. Infatti tanto l'aconito che l'aconitina producono pesezza di testa, nausee e vomiti, formicolameli ti, dilatazione della pupilla, indebolimento della respirazione e della circolazione, e soprattutto infralimento della irritabilità nervosa. Qualche volta si determinano delle convulsioni, vengono poi dei sudori profusi, la cianosi e la morte per asfissia. L'aconito napello sembra che sia velenoso oltre che per l'a- conitina anche per la nepalina, la quale agisce come la aconitina ma in grado minore. — 173 - Le lesioni anatomo-patologiche offrono qualche caratteri- stica, la quale messa d'accordo con ciò che fu osservato du- rante la vita e coi responsi dell' analisi chimica ha valore a fare concludere per l'avvelenamento. Cosi quando il veleno fu preso per bocca la muccosa stomaco-intestinale si trova arros- sata e flogosata, e nel tempo stesso si trovano iperemici i reni, ciò che ravvicinerebbe per questo lato tale avvelenamento a qnello prodotto dalla cantaridina e dalle cantaridi. Per il resto si trovano congestionati i polmoni, il sangue sciolto e scuro ec, come in molti altri avvelenamenti. Anche la nepalina cimentata sugli animali avrebbe dato luogo alle stesse alterazioni anatomo-patologiche ora descritte. L'avve- lenamento prodotto dall' aconito e dalla aconitina differisce poi da quelli che abbiamo ricordati anche per i criteri chimici, che sono propri e caratteristici di questo alcaloide. Hasselt ha in- dicata la reazione seguente come capace di caratterizzare 1' a- conitina: si scalda lentamente in un vetro da orologio con uno o due grammi di acido solforico officinale il corpo che è stato separato dalle materie sospette, e se si vedrà nascere una colora- zione rossa, e se continuando a scaldarla ed agitando la massa si farà violetta e rigonfierà, ciò vorrà dire che è aconitina. È vero, come fa notare Otto, che la digitalina e la delfina si comportano nella stessa maniera; pure questi alcaloidi non po- tranno mai essere confusi con 1' aconitina, perchè le loro solu- zioni solforiche prendono con l'acqua bromata delle tinte che non assume questa ultima. La reazione dell' acido solforico concentrato è però molto più sensibile ed è pure caratteristica: la soluzione solforica da prima gialla, diviene bruna se vi ha abbastanza di alcaloide; questo colore passa per il bruno rossastro, per il bruno rossa- stro-chiaro, per il violetto, e si cambia in 24 ore in un colore bruno di capriolo. Il colore violetto si manifesta da prima sui bordi e si produce tanto più lentamente quanto vi ha più di aconitina; 2 ore bastano allorché dell' alcaloide non ve ne sono che delle tracce, e non si produce che dopo 5 ore allorché vi hanno delle quantità più forti. Questa reazione si produce anche con 7 mil- lesimi di milligrammo di alcaloide. -— 174 — In questo avvelenamento, quando vi sia ragione di ritenere che sia stato l'effetto della ingestione di alcune parti della pianta, oppure di una preparazione ottenuta con le foglie o colla radice della medesima, il perito dovrà cercare di estrarre dalle ma- terie sospette anche l'acido aconitico che è caratterizzato per i suoi sali di calce, perchè una volta trovato questo acido, egli può asserire che l'avvelenamento fu l'effetto dell'aconito e non del solo suo alcaloide. Sperimentazione fisio-tossicologica — Ora che abbiamo ve- duto in che si somigliano e in che differiscono questi diversi avvelenamenti, che hanno a comune il fenomeno della dilatazione della pupilla, fenomeno che tutti i veleni che la producono sono capaci di determinare anche quando vengono applicati diretta- mente sul globo oculare, ci occuperemo della sperimentazione fisio-tossicologica, per vedere quale e quanto valore essa abbia a farci distinguere l'uno avvelenamento dall' altro; lo che inte- ressa più specialmente l'avvelenamento atropinico e il daturinico, che sono quelli che non si possono in alcun modo differenziare, né per i sintomi, né per le lesioni anatomo-patologiche, né per i responsi della indagine chimica. In tutti gli avvelenamenti che abbiamo studiati il perito dovrà cimentare sugli occhi degli animali, oltre quel corpo che fu ricavato dalla materie sospette, anche l'umore aqueo che estrarrà dagli occhi che il perito necroscopo, allorché fece l'au- tossia ebbe cura di togliere dalla cavità orbitale e conservò in un vaso chiuso perchè quando la dilatazione della pupilla è l'effetto della azione di quei veleni che la dilatano tanto in- trodotti nell'interna economia, quanto applicati direttamente sul- l'occhio, l'umore acqueo contiene il veleno, il quale per contatto diretto ed immediato coU'iride produce questo fenomeno speciale della dilatazione pupillare. Sono preferibili per queste ricerche i conigli bianchi, perchè in questi meglio che nei neri o bigi si apprezzano i cambiamenti di diametro delle pupille. Tanto l'umore acqueo che il corpo che fu isolato dalle materie sospette dovranno essere applicati sopra un solo occhio, lasciando 1' altro per termine di confronto; e — 175 — prima di cimentare il corpo accennato è necessari assicurarsi se è o no soverchiamente acido, perchè quando lo sia bisognerà ren- derlo meno acido o neutralizzarlo affatto con qualche goccia di ammoniaca. L'applicazione sul globo oculare deve essere preferita alla via ipodermica, perchè così il perito viene ad eliminare tutti quei veleni che in un modo più o meno indiretto e in grazia della congestione encefalica e dello stato di asfissia che determinano, producono il fenomeno della dilatazione pupillare, come ad esem- pio il curare e la curarina, la digitale e la digitalina, la vera- trina e l'oppio stesso in certe condizioni. Una volta trovato che per l'applicazione diretta la pupilla si dilata, e notato il tempo che impiega a dilatarsi, il grado e la durata della dilatazione, il perito non ha finito il suo com- pito; egli deve cimentare 1' umore acqueo se ne ha sempre a disposizione, se no il solo corpo che fu svincolato dalle materie sospette, sopra delle rane vivaci e robuste per vedere se può ottenere altre reazioni fisio-tossicologiche, che a differenza di questa sieno proprie e speciali di ciascuno dei veleni di cui è questione, onde potere giungere a concludere piuttosto per l'uno che per l'altro avvelenamento. Queste esperienze il perito le dovrà fare spingendo sotto la pelle delle rane, nelle quali avrà innanzi messo a nudo il cuore, il corpo che fu svincolato dalle materie sospette nella dose di 3 o 4 milligrammi, onde essere scuro che l'animale possa risentirne gli effetti venefici; e dopo 2 o 3 ore di avvele- namento dovrà saggiare con la pinzetta elettrica i nervi e i muscoli delle medesime, e se troverà che l'animale dopo 25 o 30 minuti avrà perduto della sua vivacità e si sarà fatto tor- pido nei suoi movimenti volontari e reflessi, e dopo 60 minuti si sarà fatto immobile, e in questo spazio di tempo il suo cuore che batteva da 60 volte al minuto sarà disceso a 50, e più tardi a 45 o a 40 e si sarà mantenuto in questo stato; se i nervi sensibili, i motori e la fibra muscolare offriranno infralita ma non estinta affatto la loro irritabilità, egli mettendo questi risultati d'accordo con gli altri di cui abbiamo parlato, sarà con- dotto a ritenere che si tratta di avvelenamento per l'atropina; — 176 — Se invece troverà che i battiti cardiaci da 60 saranno nello stesso spazio di tempo discesi a 36, e più tardi a 24 o 22, cioè a più della metà, mentre i nervi sensibili i nervi motori e la fibra muscolare volitiva avranno offerta anche esse infralita soltanto, ma non distrutta la loro irritabilità, il perito avrà ra- gione di propendere più per l'avvelenamento daturinico che per quello atropinico. Se poi troverà che i battiti cardiaci saranno discesi a 4 o 6 nello spazio di 15 e 30 minuti, e i nervi sensibili, i nervi motori e la fibra muscolare saranno pressoché muti alla pin- zetta elettrica, egli mettendo d'accordo questi risultati con quelli già ottenuti e di cui ho parlato or ora, inclinerà per l'avvele- namento prodotto dalla giusquiamina, oppure per quello prodotto dalla solanina. Se finalmente troverà che i soli nervi motori offriranno di- strutta la loro irritabilità, e il cuore in breve avrà diminuite grandemente le sue pulsazioni, egli al solito mettendo d'accordo questi risultati con gli altri di cui abbiano parlato si confer- merà che si tratta di avvelenamento prodotto dall'aconitina. Nel caso poi che il perito abbia a sua disposizione assai copia del corpo che fu svincolato dalle materie sospette, potrà anche cimentarlo sui conigli spingendolo, come dissi già nella parte generale, sotto la cute di uno dei loro orecchi. Anche qui sono preferibili i conigli bianchi ai neri e ai bigi. Ora con queste esperienze egli troverà che per l'atropina, la giusquiamina e la solanina si produce una dilatazione vascolare con aumento di calore in tutto l'orecchio, mentre per 1' aconitina si hanno risultati negativi, o al più si ha un poco" di iperemia alla base dell'orecchio medesimo. Quando non si avesse notizia alcuna dei fenomeni morbosi che si dichiararono durante la vita o si avesse incompleta e dubbia, e le lesioni anatomo-patologiche non fossero più apprez- zabili perchè l'autossia fu istituita tardi e dopo che il cadavere era stato da del tempo inumato, potremo noi sperare di ri- trovare gli alcaloidi testé ricordati? e dato che sì potremo noi differenziarli l'uno dall'altro? Quanto a ritrovarli è molto pro- babile che sì, perchè Dragendorff è riuscito ad estrarre l'atropina — 177 — dal residuo di una digestione artificiale abbandonata alla putre- fazione in un luogo caldo per due mesi e mezzo, ed è noto poi come altri alcaloidi sieno capaci di mantenersi in natura per maggior tempo in mezzo alle materie animali in putrefazione. Quanto a differenziarli l'uno dall'altro noi diremo che è possi- bile, perchè sebbene l'atropina e la daturina non abbiano rea- zioni chimiche proprie e speciali e tutte e due dilatino la pupilla applicate direttamente sull' occhio, purnondimeno noi sappiamo, che quella infrange le azioni circolatorie nelle rane meno ener- gicamente di questa; perchè la giusquiamina, la solanina e l'a- conitina, mentre anch'esse dilatano la pupilla applicate diretta- mente sul globo oculare, hanno però reazioni fìsio-tossicologiche proprie e speciali che valgono non solo a caratterizzarle e distin- guerle 1' una dall' altra, ma anche da altri alcaloidi, coi quali hanno pure a comune alcune di queste stesse reazioni fisio- tossicologiche ; la solanina e la aconitina inoltre hanno anche delle reazioni chimiche proprie e speciali. A rendere meno incompleto che per noi si passa lo studio degli avvelenamenti che hanno a comune il fatto della dilatazione della pupilla, dal lato specialmente che-si riferisce alla sperimentazione fisio-tossicologica, non sarà male che riepiloghiamo qui quello che in proposito fu trovato dal Velia e dal Ravaglia, sperimentando sulle rane gli alcaloidi cadaverici che furono estratti a diversi periodi di putrefazione dal Selmi, e di cui è reso conto nel fa- scicolo del giugno 1877 del Bullettino delle scienze mediche di Bologna. Questi diligenti sperimentatori trovarono,' adoperando la sostanza estratta per mezzo dell'etere dalla parte non con- centrata di un cadavere di 1 mese e di quello di 3 mesi, che nelle rane diminuiscono i moti cardiaci, diminuiscono e quindi si * sospendono i moti respiratori, la pupilla si dilata, ma si noti bene temporaneamente, e in breve avviene la morte rimanendo il cuore in sistole. Che adoprando la sostanza estratta con l'etere dalla parte concentrata e non ridiluta del cadavere di 1 mese si hanno gli stessi risultati; solamente la morte avviene più tardi. Che adoprando gli estratti eterei di cadaveri di 4, 6, 10 mesi sulle rane, ora aumentano, ora invece diminuiscono i moti cardiaci e respiratori, la pupilla o si mantiene immobile o si Bellini a — 178 — dilata molto di rado e ad ogni modo sempre momentaneamente. Però le rane così trattate sopravvivono. Che usando la so- stanza estratta col mezzo del cloroformio tanto dalla parte non concentrata, quanto da quella concentrata e poi ridiluta, diminuiscono nelle rane i moti cardiaci e respiratori, si dilata la pupilla ed avviene la morte col cuore in s'stole. Che fi- nalmente usando le sostanze ottenute con questo medesimo ■solvente dai cadaveri di 4, 6 e 10 mesi, il più delle volte si esal- tano i moti circolatori e respiratori e solo qualche volta si dilata la pupilla. Ora, se si confrontano questi risultati con quelli ottenuti con gli alcaloidi delle piante venefiche che abbiamo studiate, ci per- suaderemo di leggieri che sarà quasi sempre possibile al perito di mettere in sodo i diversi avvelenameti di cui ci siamo occupati giovandosi della sperimentazione fisio-tossicologica, pere li è i ve- leni cadaverici del Selmi, stando almeno alle indagini sperimen- tali del Velia e del Ravaglia, producono nelle rane dei feno- meni, alcuni dei quali sono affatto diversi da quelli che sono prodotti dagli alcaloidi delle solanacee virose e dalle altre piante da noi studiate; alcuni altri sono gli stessi, ma fra questi ve ne è uno il più caratteristico che differisce per il modo^d'insor- sorgere e di persistere, voglio dire la dilatazione della pupilla, la quale mentre negli avvelenamenti in discorso è pronta a com- parire e persiste fino alla morte, in quelli invece prodotti dagli alcaloidi cadaverici non si dichiara sempre e quando si mani- festa è temporanea e talora dura solo pochi momenti. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL VERATRO BIANCO, DAL NERO, DALLA SABADIGLIA E DALLA VERATRINA. L'avvelenamento per la veratrina e per i vegetabili che la contengono è quasi costantemente accidentale. La veratrina è assorbita con assai prontezza e giunta nel sangue circola con questo per tutto l'organismo e passa immutata nelle orine. Nella pratica medico-legale può verificarsi il caso di avere che fare col cadavere di un individuo che perì avvelenato per queste piante o per il loro alcaloide e che esista come no la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. — 179 — Allorché dalla storia del medico curante risulti, che un in- dividuo dopo di avere ingerita una polvere, o masticato un riz- zoma di una pianta o bevuta una tintura ec, fu colto da sa- livazione, ebbe delle nausee, dei vomiti e delle dejezioni alvine abbondanti, precedute da senso di bruciore alla regione stoma- cale e da coliche; che ben presto a questi fenomeni tennero dietro una debolezza estrema, dei sudori glaciali, un rallentamento considerevole della circolazione, dei facili deliqui e la sincope stessa, alla quale succedette dopo 10, 12, o 15 ore la morte; che nelle materie dei vomiti vi fu ritrovata della polvere di un colore scuro, di odore piccante, la quale osservata al microscopio si mostrò giallastra e come cristallina e con la tintura d'iodio si fece gialla e colla potassa bruna; oppure della polvere di un bianco grigiastro, di odore piccante, la quale al microscopio si offrì bianca e cristallina, e colla tintura d'iodio si colorò in bleu-scuro, il perito potrà sospettare che si tratti di av- velenamento prodotto dalle piante testé ricordate. Mentre quando le materie accennate non avessero offerta alcuna polvere spe- ciale, allora potrà sospettare o di avvelenamento prodotto dalla veratrina od anche di quello prodotto dalla colchicina, in una parola da quelli alcaloidi che sono dotati di valida azione irritante. E quando in oltre la autossia gli abbia fatto conoscere che ■ la muccosa del canale digerente è sede di una piuttosto forte iperemia, senza che sia avvenuto stravaso di sangue e dalla sto- ria resulti che le dejezioni alvine durante la vita non furono mai sanguinolenti, propenderà per l'avvelenamento prodotto dalla veratrina. Allorché poi il perito chimico trovi che il corpo che estrasse coi relativi solventi dalle materie sospette, scaldato per qualche tempo con una soluzione concentrata di acido cloridrico, pren- derà una magnifica colorazione rossa; trattato con l'acido solfo- rico concentrato dopo 5 minuti si farà giallo-arancio poi rosso- sanguigno e dopo una mezz'ora diverrà rosso-carminio il più vivo, e il colore persisterà per lungo tempo; cimentato infine col reattivo di Fròhde, passerà al rosso-ciliegia che persisterà per 24 ore, egli potrà concludere per l'avvelenamento prodotto dalle piante accennate o dalla veratrina. — 180 — I semi della sabadiglia contengono oltre la veratrina anche la sabadillina, la quale però è poco o punto tossica, e la sua presenza si può escludere o ammettere per mezzo di alcune reazioni chimiche e della sperimentazione fisio-tossicologica, giac- ché l'acqua clorata discioglie e colora la veratrina in giallo, e la ammoniaca fa passare questo colore al giallo d'oro, mentre la sabadillina, non è colorata da questi due reattivi. Venendo ora alla sperimentazione fisio-tossicologica dirò, che se nelle rane per le piccole quantità del corpo estratto dalle materie sospette si avranno effetti tossici, non si dovrà ammettere la presenza della sabadillina ma quella invece della veratrina, la quale introdotta sotto la loro pelle in piccolissima quantità eccita dei vomiti, deprime le azioni circolatorie fino a sospendere affatto i battiti cardiaci, smorza la sensibilità e paralizza il sistema muscolare volitivo, lasciando intatti i nervi motori; e se è in dose un poco meno piccola induce anche delle convulsioni tetaniche, le quali sembra che tengano all' aumentato potere reflesso della midolla allungata e spinale. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL COLCHICO AUTUNNALE E DALLA COLCHICINA. L' avvelenamento prodotto dal colchico è in generale acci- dentale o suicida; è stato raramente criminoso. La colchicina è assorbita piuttosto lentamente ed esce im- mutata colle orine. Se è stato ingerito il bulbo del colchico, viene tosto la sali- vazione e la contrazione spasmodica dei muscoli della faringe: ma se è stata ingerita la tintura o il vino di colchico oppure la colchicina, allora questi fenomeni mancano, e quelli che per i primi vengono in scena sono i vomiti e le dejezioni al- vine che sono preceduti e accompagnati da dolori più o meno violenti stomaco-intestinali. Le materie dei vomiti e dei secessi sono sanguinolente, e dopo un tempo variabile si dichiarano i fenomeni generali, i quali non differiscono che di grado da quelli stessi che sorgono nello avvelenamento per la veratrina o per le piante che la contengono. Le stesse lesioni anatomo- — 181 — patologiche non differiscono da quelle prodotte dalla veratrina e dalle piante che la contengono, se non per il grado intensivo loro e per trovarsi nel tubo alimentare non poco sangue stra- vasato misto a molto mucco. In genere la morte avviene più tardi in questo avvelena- mento che in quello che or'ora abbiamo studiato. Sono reazioni chimiche caratteristiche della presenza della colchicina, quella dello acido azotico puro esente da composti nitrosi, dello acido solforico e del reattivo di Erdmann. L'acido azotico di 1, 4 di densità la colora di un bel violetto che passa al bruno, poi al giallo: se l'acido è fumante la colorazione varia dal violetto all'indaco, la soluzione bruna diviene gialla quando si allunga con dell'acqua e giallo-arancio quando si neutralizza colla potassa. L'acido solforico concentrato la colora di giallo intenso che persiste per lungo tempo. Il reattivo di Erdmann la colora in bleu, ma però in una maniera assai passeggera. hi questo avvelenamento è di poco o punto ajuto la speri- mentazione fisio-tossicologica, perchè le rane sono poco sensibili all' azione della colchicina; infatti 4 milligrammi injettati sotto la pelle conducono è vero a morte questi animali, ma dopo 24 ore e senza avere provocati fenomeni caratteristici; a dosi più alte si possono avere delle convulsioni tetaniche; in questo caso si trova che le rane offrono da prima esaltate le proprietà dei nervi motori e dei sensibili, le quali però in seguito alla pin- zetta elettrica si mostrano infralite o anche distrutte. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA FAVA DEL CALABAR E DALLA CALABARRINA. Fin qui, che io mi sappia, non si conosce fra noi alcun caso di avvelenamento avvenuto nell'uomo con la fava del Calabar, o col suo alcaloide, mentre nel Calabar ne sono avvenuti molti, sia per caso, sia per opera dei sacerdoti che 1' adoprano come mezzo creduto capace di fare riconoscere e distinguere i rei dagli innocenti. La calabarrina è assorbita ed immutata passa nel sangue e nei prodotti dalle funzioni di secrezione e di separazione, per cui si ritrova nella saliva, nella bile, nella orina ec. — 182 — I fenomeni morbosi con cui si estrinseca questo avvelena- mento sono; sguardo stupido, debolezza muscolare e più tardi paralisi, per cui gli individui sembrano come ubriachi quando tentano di camminare; respirazione laboriosa, polso piccolo, sudori freddi, a cui dopo 1 o 2 ore tiene dietro la morte, la quale se non sempre il più delle volte almeno è preceduta da convulsioni e da contrazione delle pupille, contrazione che non manca mai quando la calabarrina è applicata direttamente sul globo oculare. Se però il veleno fu ingerito in molta copia, possono allora so- pravvenire i vomiti e la diarrea, e la vittima scampare così alla morte: e se il veleno fu propriamente la fava raspata se ne possono anche riconoscere gli avanzi in mezzo alle materie vo- mitate. L' autossia non mostra nulla di singolare; solamente la muc- cosa gastro-enterica contiene molta muccosità ed è congestio- nata, e in caso di avvelenamento per la fava raspata se ne pos- sono trovare fra le pieghe di questa membrana dei piccoli fram- menti. La calabarrina offre diverse reazioni chimiche caratteristiche, e possiede poi una reazione fisio-tossicologica tutta sua propria e speciale. Fra le «reazioni chimiche ricorderò quelle prodotte, dall' acido solforico concentrato, il quale la colora in giallo; da questo stesso acido e dall'acqua bromata che la colorano in rosso brunastro; dall' ipoclorito di calce che la colora in rosso; e dal cromato acido di potassa che dopo qualche tempo la colora in rosso di sangue. Applicata la calabarrina sul globo oculare di un coniglio bianco si vede nascere dopo 5 a 15 minuti la contrazione della pupilla; e introdotta sotto la pelle delle rane si trova che paralizza le estremità dei nervi motori e i nervi vaso-motori. La calabarrina presenta una grande resistenza alla decom- posizione. Infatti Dragendorff ha potuto trovare 2 milligrammi di questa sostanza 3 mesi dopo che l'aveva mescolata con 100 centimetri cubici di sangue. — 183 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'OPFlO E DALLA MORFINA. L' avvelenamento criminoso per l'oppio, per le sue prepara- zioni, per la morfina o per i sali di essa (solfato, acetato ec) è piut- tosto raro, mentre è frequente quello volontario e accidontale, e questo ultimo si verifica specialmente, come nota Taylor, nei fanciulli al disotto dei 5 anni, i quali tollerano pochissimo questa sostanza, anche quando è pòrta loro a quelle dosi che ordina- riamente si ritengono per terapeutiche. L'oppio, la morfina ed i suoi sali sono assorbiti prontamente: però il loro assorbimento è più attivo e più rapido, quando queste sostanze sono amministrate per il retto intestino e per iniezione sotto cutanea che per la via dello stomaco; applicati altresì sulla pelle provvista di epidermide possono essere assor- biti, si citano infatti dei casi di avvelenamenti mortali verificatisi per l'uso di cataplasmi riccamente laudanati. Taylor poi ricorda un fatto in cui un avvelenamento mor- tale tenne dietro alla aspirazione di una polvere da prendersi come il tabacco da naso, nella quale la morfina era sta ta intro- dotta per sbaglio. La morfina e i suoi sali passati nella economia sembra che vi subiscano una parziale decomposizione, per cui non vengono allo esterno nella loro totalità con i prodotti delle funzioni di secre- zione e di separazione. Nulla si può dire di preciso relativamente alla dose vene- fica dell' oppio, delle sue preparazioni ( laudano, tintura ec ), della morfina e dei suoi sali, perchè essa varia non poco, non solo in ragione della via par la quale quelle sostanze si fanno strada all' interno, ma anche in ragione di molte altre circo- stanze, quali l'abitudine o no all'uso delle medesime, lo stato di esaltamento o di- depressione delle funzioni cerebrali ec. In genere però si può dire che per produrre degl effetti venefici e mortali, vi vogliono delle dosi di sali di morfina un poco inferiori a quelle della morfina pura, che questa li produce ad una dose minore di quella a cui 1' oppio suole indurli, e che per riu- scire venefici la tintura tebaica, il laudano, la decozione di pa- — 184 pavero, le polveri del Dower ec, devono essere pòrti a dosi molto elevate. Nella pratica medico-legale possono darsi tre casi che pos- sono reclamare l'intervento del perito; può darsi il caso cioè in cui un individuo sia morto per narcotismo con la rapidità del fulmine; quello in cui l'avvelenamento narcotico abbia proceduto acutamente; e quello in cui il narcotismo anziché essere l'effetto dell' oppio o della morfina lo sia della ostruzione della vena porta. Primo caso. — Quello in cui un individuo è morto per narcotismo colla rapidità del fulmine. — Il perito necroscopo in questo e negli altri casi contemplati può avere al solito che fare con il solo cadavere, oppure può avere a propria disposi- zione anche la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Ora, quando egli sappia che un individuo in perfetta salute pochi minuti dopo di avere ingerita una bevanda, un alimento un medicamento o dopo di avere preso un clistere ec, fu colto da sonno comatoso così profondo, che nessuno energico stimolo potè vincere, si fece insensibile, la respirazione divenne sterto- rosa, le pupille si dilatarono ed in brevissimo tempo, cioè dopo 30 o 40 minuti od anche dopo 1 o 2 ore cessò di vivere, non potrà che sospettare o di apoplessia cerebrale fulminante, o di avvelenamento pure fulminante prodotto dai veleni in di- scorso, od anche di avvelenamento per l'acido idrocianico o per un cianuro alcalino o metallico, perchè in questi diversi casi di morte rapidissima l'apparato fenomenale morboso è a comune. Qualora però la istruzione del processo abbia rilevate delle speciali circostanze estrinseche al fatto che militino più in favore dell'avvelenamento, che della apoplessia, od anche qualora presso il malato sieno stati trovati dei residui del preso o propinato veleno, s'intende bene che i fenomeni ricordati egli, secondo le qualità offerte dà quei residui, gli riterrà quale espressione del- l'uno o dell'altro avvelenamento in parola. Facendo difetto le circostanze estrinseche al fatto e non avendo trovato presso il malato alcun residuo del preso o prò- — 185 — pinato veleno, il perito necroscopo si gioverà dei criteri cadaverici e di quelli anatomo-patologici, per escludere od ammettere l'una o l'altra cagione di morte, e ricorrerà poi all' analisi chimica ed anco alla sperimentazione fisio-tossicologica, per meglio e più sicuramente decidere la questione. Ora, se trovò che il cadavere si fece con estrema prontezza rigido, e la rigidità perdurò per un tempo più lungo del solito, se la putrefazione venne in scena più tardi e procede con un certo lentore, se la pelle era livida, le dita contratte, le estre- mità cianotiche, le mascelle serrate, gli occhi brillanti ec, propen- derà più per l'avvelenamento prodotto dall'acido idrocianico o da un cianuro, che per le altre maniere di morte. Se invece l'abito esterno del corpo sarà pallido, decolorato come la carne di pollo, se il calore perdurò più a lungo del solito e anche dopo che la rigidità invase il cadavere, se la putrefazione si offrirà ritar- data, se vi saranno delle macchie livide e specialmente nei siti i più declivi del medesimo, se i capelli per lievi trazioni verranno via a ciocche, egli allora si mostrerà più inclinato per l'avvelenamento narcotico, che per le altre accennate ma- niere di mòrte. Se il cadavere apparterrà ad un individuo di mezza età, toroso, di collo corto, di temperamento sanguigno, e di abito apoplettico, se offrirà la faccia rossa livida, gli occhi injettati ec, se dal naso sarà scolato del sangue, il perito pro- penderà per la morte da apoplessia fulminante, ma nel tempo stesso non escluderà l'avvelenamento, perchè potrebbe benissimo questo essere stato consumato in un individuo che era predi- sposto alla apoplessia cerebrale. L' autossia in questi casi spargerà in genere non poca luce e farà concludere il perito per 1' una o l'altra maniera di morte. Infatti se aprendo il tubo gastro-enterico sentirà l'o- dore di mandorle amare, concluderà per 1' avvelenamento pro- dotto dall'acido idrocianico o da un cianuro; se invece avrà un odore viroso, concluderà per l'avvelenamento per l'oppio; se poi il contenuto stomaco-intestinale e la muccosa di questo canale saranno tinte di giallo e tramanderanno un odore viroso e insieme di zafferano, concluderà per l'avvelenamento per il laudano. Ma se non si avrà alcun odore e se mancherà la colorazione gialla, allora ~ 186 — resterà in forse e attenderà per decidersi a sezionare la testa; e se troverà l'encefalo congestionato e sede di un focolajo apo- plettico, si deciderà per la apoplessia, mentre propenderà per 1' avvelenamento narcotico quando trovi uno stato iperemico, Specialmente periferico, e dei piccoli focolaj capillari con effu- sione sierosa aracnoidea e ventricolare. Secondo caso. — Quello in cui l'avvelenamento narcotico ha proceduto acutamente. — Non sempre il perito necroscopo avrà che fare con casi di avvelenamento fulminante; che anzi il più spesso questo lascia sopravvivere gì' individui che ne sono passivi per qualche giorno, ed allora egli potrà avere una storia tale dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, da po- tere meglio e con più sicurezza formulare il suo concetto dia- gnostico. Se apparirà dalla storia che un individuo pochi minuti op- pure mezz'ora o un ora o poco più dopo di avere ingerita una bevanda, un alimento, un medicamento o di avere preso un clistere, provò della pesantezza alla testa, delle vertigini, un esaltamento tale dei sensi da riuscirgli doloroso il minimo ru- more o la luce un poco viva; che fu invaso da un vivo calore per tutta la persona, con lingua e gola arida, con nausee e ta- lora vomiti, con polso forte e vibrato; che la pelle si fece asciutta e quindi pruriginosa e sede, specialmente alle membra ed al tronco, di una eruzione papulosa o vescicolosa; che le secrezioni e in speciale modo la orinaria diminuirono o si sospesero affatto; che in breve cadde nello assopimento, facendoglisi la respira- zione sublime, sospirosa e rallentata al punto da dare soltanto 4 o 5 inspirazioni per minuto, nel tempo medesimo che perdeva il sentimento e le forze; che la faccia si iniettò, lo sguardo divenne fisso, l'occhio insensibile alla luce, le pupille estremamente con- tratte; che col progredire del male la respirazione di già imbaraz- zata si fece stertoriosa, le pupille di contratte diventarono dilatate, le estremità si fecero fredde, i polsi celeri e deboli, e in mezzo al coma sopravvenne la morte dopo 5, 12 o 15 ore, il perito presu- merà grandemente che si tratti di avvelenamento narcotico. Se poi le materie vomitate spirarono odore viroso, concluderà per l'avve- — 187 — lenamento coli' oppio ; se erano gialle ed esalavano odore vi- roso e insieme di zafferano concluderà per l'avvelenamento col il laudano; mentre se non avevano alcun odore, presumerà che la cagione della morte sia stata la morfina o uno dei suoi sali. Egli si mostrerà inclinato per l'avvelenamento in questione, anche quando resulti dalla storia che, durante il corso del male, l'assopimento si dileguò per qualche istante in una maniera più o meno completa; che il malato fortemente eccitato riprese la conoscenza e potè anche parlare, restando però i sensi più o meno torpidi; ma che dopo ricadde nel sopore, mostrando pure qualche altra cortissima remissione alternata con una grande agitazione e col delirio, al quale tennero dietro di nuovo il so- pore, il coma e in fine dopo 2, 4, o 5 giorni la morte. In questo avvelenamento, oltre le alterazioni anatomo-pato- logiche più sopra notate nell' encefalo ve ne sono altre che molto probabilmente tengono al meccanismo della morte (asfis- sia), quali la congestione polmonare, il sangue nero fluido o coagulato, e talora la iperemia dei reni e degli organi sessuali. Quando sia mancata la storia dei fenomeni pregressi, perchè 1' individuo morì senza alcuna assistenza medica, 1' autossia in genere sarà impotente a fargli diagnosticare questo avvelena- mento. Solamente se il contenuto stomaco-intestinale e la muc- cosa digerente offriranno i caratteri or'ora ricordati, potrà gran- demente presumere che si tratti di avvelenamento per oppio o per laudano ; presunzione che sarà elevata, la mercè dell'ana- lisi chimica, al grado di verità dimostrata. Infatti se il perito chimico troverà nelle materie sospette la sola morfina, si dichiarerà per l'avvelenamento prodotto da que- sta o dai suoi sali; ma se vi troverà anche l'acido meconico, al- lora si dichiarerà per l'avvelenamento coli'oppio, collaudano o con alcuna delle altre sue prepazioni. Ora, i caratteri chimici della morfina sono; quello di colo- rarsi di rosso trattata con 1' acido solforico addizionato di un poco di acido azotico; l'altro di assumere col reattivo di Fròhde una colorazione violetta magnifica, e di divenire ii liquido verde, poi verde-bruno, poi giallo e di tornare bleu-violetto dopo 24 ore; quello di farsi giallo-arancio e quindi di passare gradatamente al — 188 — giallo chiaro, trattata con l'acido azotico di 1, 4 di densità; quello di farsi la soluzione solforica di morfina trattata con 1' acido azotico concentrato da prima rossastra, poi di un bel violetto, e quindi rosso carico e da ultimo giallo-arancio. Scaldando una soluzione di morfina alla temperatura di X 1^0° o per una mezz' ora a quella di X 100°> S1 colora di rosso allorché si lasci raffreddare e quando vi si aggiungano delle quantità molto de- boli di acido azotico, oppure qualche granello di azotato di potassa. Trattandola col percloruro di ferro e scaldando a -f- 150° si colora di rosso carico, poi si fa violetta e infine verde-sporco. La morfina riduce gli acidi iperiodico e iodico, mettendo in li» berta l'iodio; lo stesso fa versata sul nitrato di argento, del quale riduce il metallo ec. Una volta che il perito con queste, che sono le principali reazioni della morfina, abbia constatata la presenza dell' al- caloide, passerà alla ricerca dell'acido meconico che metterà in essere con le seguenti reazioni, che sono: di farsi la sua so- luzione rosso di sangue trattata col cloruro di ferro, e di persi- stere questa colorazione abbenchè sia riscaldato il liquido o sia trattato con l'acido cloridrico, e di sparire invece trattandola col cloruro stannioso, il quale la decolora portando il sale fer- rico allo stato di sale ferroso. Però 1' acido azotoso fa ripristi- nare immediatamente il colore rosso. La soluzione poi di meco- nato di magnesia, giacché è a questo stato che l'acido meconico si toglie dalle materie sospette, è precipitata in bianco dall' ace- tato di piombo ed all'azotato di argento; questo ultimo precipitato diviene giallo quando si scalda. L' azotato morcurioso precipita la soluzione meconico-magnesica in bianco e l'azotato mercurico in giallo. Il perito presenterà come prova di convinzione del consu- mato avvelenamento, la morfina o questa e l'acido meconico oppure il meconato di magnesia. Nel caso però che l'autossia sia stata praticata in un cada- vere esumato e se specialmente corsero molti mesi dal momento della morte, non sarà sempre facile al perito chimico di met- tere in essere l'avvelenamento analizzando i visceri e gli umori, perchè l'acido meconico si decompone assai rapidamente quando — 189 — si trova in mezzo alle materie organiche, e la morfina sebbene resista un poco più di questo alle cause di alterazione, pure stando alle esperienze che in proposito sono state istituite da Orfìla, da Tardieu e Roussin e da Dragendorff non si ritrove- jebbe più nelle materie organiche a cui sia stata mescolata dopo 45 o 50 giorni. Oltre i criteri chimici ricordati, vi è anche la sperimentazione fisio-tossieologica che secondo alcuni può avva- lorare la conclusione di avvelenamento per oppio, laudano, mor- fina, sali di morfina ec. Resulterebbe infatti dalle esperienze che tutti i liquidi della economia della vittima, inoculati sotto la pelle in quantità quasi imponderabile (quanta ne può stare per esempio sulla punta di un ago), farebbero nascere prontamente una pustola, pustola che non si produce adoprando i liquidi della economia di coloro che peri- rono di una malattia comune e non infeziosa. Una volta però che è dimostrato, che la morfina e l'acido meconico danno delle reazioni caratteristiche e speciali, mi pare che sia inutile questa maniera di sperimentazione, per cui il perito può benissimo farne di meno. Ma dato il caso che da un cadavere tardivamente esumato si estragga una sostanza che non abbia i caratteri chimici della morfina o che gli abbia incerti e che inoculato negli ani- mali dia la pustola accennata o dei fenomeni di narcotismo, si domanda se il perito sarà autorizzato a presumere che si tratti di avvelenamento per l'oppio, per la morfina ec? Io credo che no; perchè non è dimostrato che la pustola che tiene dietro alla inoculazione di quantità quasi imponderabili dei liquidi del cadavere, si produca soltanto quando esso è inquinato di oppio o di morfina, e perchè poi possono aversi dei fenomeni narcotici anche per 1' azione del veleno o dei veleni del cadavere; ed è noto che lo stesso estratto di carne di Liebig non raramente anziché a fenomeni tetanici ha dato luogo a fenomeni di narco- tismo. Ed io credo che il perito non potrebbe presumere questo avvelenamento neanche quando si sapesse, che l'individuo a cui appartiene il cadavere esumato morì con fenomeni narcotici, giacché poteva benissimo trattarsi di morte per congestione cerebrale o come volgarmente dicesi colpo di sangue al capo, in — 190 — cui si ha la sola congestione dell'encefalo coma nello avvele- namento in questione. L'avvelenamento per la via della bocca sarà messo in essere facilmente, sia in grazia dell'odore e colore speciali più sopra accennati, delle materie vomitate, del contenuto stomaco-inte- stinale e della muccosa gastro-enterica, sia in grazia della analisi chimica, la quale dirà al perito che l'acido meconico e la mor- fina o questa soltanto erano in copia maggiore nelle materie dei vomiti e nel contenuto stomacale che nei visceri interni. L'avvelenamento per la via dell'intestino retto sarà messo in essere nello stesso modo; solamente f odore e la colorazione speciale saranno limitate al contenuto e alla muccosa rettale; e poi il chimico non troverà nelle materie dei vomiti e nel con- tenuto stomacale maggiore copia di acido meconico e di mor- fìna che nei visceri interni, mentre più ricchi se ne mostreranno U contenuto e la muccosa rettale, se specialmente la morte avvenne prontamente e non si ebbero evacuazioni ventrali. L'avvelenamento poi per la via della pelle dovrà il perito necroscopo sospettarlo, quando abbia saputo che i fenomeni mor- bosi si dichiararono dopo una o più inoculazioni ipodermiche, o dopo la medicatura di una piaga, di una ferita ec e quando il chimico non abbia trovato nelle materie vomitate e nel conte- nuto stomaco intestinale del cadavere maggiore copia di veleno che negli organi Interni e nelle orine. Potrà in qualche caso accadere al perito necroscopico di poter mettere in essere l'avvelenamento consumato per la ingestione di una decozione di papavero, e ciò col trovare nelle materie dei vomiti, in quelle contenute nel tubo alimentare e nella muccosa di questo canale del cadavere i piccoli e numerosi semi rotondi scuri che si trovavano nelle cassule che servirono alla decozione, ed anche col rinvenire nella casa ove avvenne l'avvelenamento molte cassule di papavero cotte. Terzo Caso. — Quello in cui il narcotismo anziché essere V effetto dell' oppio o della morfìna, lo è della ostruzione della vena porta—Alcune esperienze istituite dallo Schiff fine dal 1861 e oggi ripetute e confermate dal dott. Lautembac, ci conducono a — 191 — formulare il caso possibile a verificarsi in pratica, di una morte pronta preceduta da fenomoni narcotici simili affatto a quelli che si verificano nell'avvelenamento prodotto dall'oppio o dalla morfina, e che sarebbero dovuti ad un veleno che normalmente, in grazia dei processi della disassimilazione, si fabbrica nell'econo- mia dell' uomo e degli animali, e che dispiega i suoi effetti letali. quando, impedita la circolazione della vena porta, il fegato è nella impossibilità di eliminarlo o distruggerlo. Infatti questi sperimentatori avrebbero trovato che la legatura della vena porta produce nei cani, nei gatti e nei conigli uno stato simile alla narcosi propria della morfìna che gli conduce a morte in 3 o 4 ore; e avrebbero pur trovato che il loro sangue ve- noso introdotto sotto la pelle delle rane, le avvelena provo- cando gli stessi fenomeni di narcotismo; mentre il sangue venoso di animali nei quali non sia stata praticata la legatura della vena porta, non riesce deleterio. A volere però che i fenomeni di narcotismo si producano sembra necessario che la circolazione della vena porta sia completamente impedita dalla legatura. Quando in pratica si desse un caso come io V ho formulato, sarebbe facile al perito necroscopo di escludere l'avvelenamento peri'oppio o per la morfina ec, perchè alla autossia dovrebbe sempre trovare o una trombosi nella vena porta o un tumore che la comprimesse per modo da renderla impervia: il perito chimico poi dovrebbe avere risultati negativi, non dovrebbe cioè trovare né 1' acido meconico né la morfina, le quali sostanze d'altronde dovrebbe rinvenirle necessariamente nelle materie sospette qualora si trattasse di vero e reale avvelenamento nar- cotico giacche, come abbiamo di già avvertito, attesa la prontezza della morte, rimangono sempre nella interna economia di coloro che furono vittime di questi veleni. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA NARCEINA E DALLA CODEINA. Fin qui la storia non registra alcun caso di avvelenamento criminoso avvenuto nell'uomo per la codeina e per la narcema, che sono, come è noto, due alcaloidi dell'oppio. Con la codeina però — 192 — è stato prodotto qualche avvelenamento volontario e acciden- tale, ma che non è stato seguito dalla morte; per cui tutto ciò che in proposito si conosce è il frutto più specialmente di espe- rienze sugli animali. La narceina, per quanto ce ne dice Dragendorff, non è assor- bita che lentissimamente e soggiorna in conseguenza per un tempo molto lungo nello stomaco e negl' intestini, ma una volta giunta nel sangue sembra che sia eliminata con prontezza dal tor- rente circolatorio specialmente la mercè della bile e delle orine» per cui non sempre il chimico la può ritrovare in assai copia negli organi che sono ricchi di sangue, quali il fegato, la milza ec La codeina invece è assorbita con più facilità e può ritro- varsi oltreché nello stomaco e negl' intestini, anche nel fegato e nella milza; dessa è eliminata più prontamente della narceina ed esce poi principalmente per la via dei reni. Questi due alcaloidi potrebbero a dosi alte riuscire venefici; nel quale caso stando alle esperienze fin qui istituite sugli animali l'avvelenamento si dichiarerebbe e si estrinsecherebbe presso a poco con Io stesso apparato di fenomeni morbosi pro- pri dello avvelenamento prodotto dall'oppio o dalla morfina. Solamente, mentre la codeina dà luogo ad una costrizione durevole della pupilla, la narceina invece la dilaterebbe al modo medesimo delle solanacee fino di principio. Anche le alterazioni anatomo- patologiche sarebbero precisamente le stesse; per cui non vi è che la indagine chimica che possa mettere il perito in grado di concludere per l'avvelenamento prodotto dalla narceina o dalla codeina, piuttosto che per quello prodotto alla morfina. La narceina, una volta che è stata isolata dalle materie sospette, si riconosce alle seguenti reazioni: le soluzioni di questo alcaloide anche molto dilute danno un precipitato giallo con l'acido fosfomolibdico e coli'ioduro di potassio iodurato; l'acido solfomolibdico vi produce una colorazione bruna che diviene in seguito verde, poi rossa, poi bleu. La codeina invece, liberata che sia dalle materie sospette, si riconosce per altre reazioni che sono caratteristiche. L'acido solforico concentrato puro, versato in una soluzione di codeina, dà una colorazione bleu la quale non si manifesta spiccata subito, - 193 — ma dopo molti giorni. L'acido solforico concentrato del com- mercio da prima produce gli stessi effetti dell'acido solforico puro, ma dopo 15 ore la soluzione diviene grigio-bluastra e blu- carica dopo alcuni giorni; ed esponendola al calore assume una colorazione rosso - pallida che diventa lentamente grigiastra. L'acido solforico concentrato addizionato di un poco di acido azotico la colora di bleu molto più vivamente e molto più presto del solo acido solforico. Il reattivo di Fròhde la colora di un verde sporco, che poi passa al bleu-indaco, e dopo 24 ore al giallo. Con l'ioduro doppio di zinco e di potassio dà un precipi- • tato bianco cristallino che non tarda a farsi giallo. L'acqua clorata discioglie la codeina senza colorarsi: l'ammoniaca fa passare la soluzione al rosso bruno; l'acido iodico non è ridotto da questo alcaloide, mentre, come abbiamo detto, lo è invece dalla morfina; come pure il percloruro di ferro non dà alcuna colorazione; il cloruro doppio di iridio e di sodio non la preci- pita, ed è questa una reazione negativa che la distingue dalla narcotina, la quale è pure un alcaloide dell'oppio. La narceina e la codeina mescolate col sangue dal Dragen- dorff ed abbandonato alla putrefazione per due mesi, vi si sono mantenute indecomposte: lo che prova che questo avvelenamento può essere messo in essere anche qualche tempo dopo la inu- mazione dei cadaveri. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA NARCOTINA, DALLA TEBAINA E DALLA PAPAVERINA. L'avvelenamento prodotto da questi tre alcaloidi dell'oppio non si è verificato fin qui; ciò però non ci assicura che non possa verificarsi in seguito. La narcotina è assorbita, passa nel sangue ed è eliminata con le orine; la si può ritrovare nello stomaco, nelle intestina, nel fegato e nella milza, ancora 48 ore dopo che fu somministrata, e il perito chimico può- riuscire ad isolarla pure nello stesso avvelenamento per l'oppio. La tebaina si comporta nello stesso modo; solamente sembra che nella economia sia in parte distrutta, per cui non è elimi- nata in gran copia con le orine. Bellini « — 194 — La papaverina è assorbita con prontezza e si spande e diffonde in tutti gli organi, e passa in copia notevole specialmente nelle orine e nella bile. Ed è singolare che passa con questo alcaloide nel sangue anche una sostanza estranea, che si ritrova in que- sto prodotto commerciale e che si riconosce alla colorazione bleu che piglia trattandolo con l'acido solforico. La tebaina, la papaverina e la narcotina resistono pure al processo di putrefazione delle sostanze animali con cui sono mescolate; mentre, come ha constatato Dragendorff, la sostanza estranea che accompagna spjsso la papaverina non resiste a questa causa di alterazione. I fenomeni morbosi con cui si estrinseca l'avvelenamento prodotto da questi tre alcaloidi, quando in dose molto alta sono somministrati agli animali, consistono in qualche vertigine, nello aumentato potere reflesso dei centri riflessori e per conseguenza nelle convulsioni tetaniche che tengono dietro alle esterne ecci- tazioni. Le convulsioni però si manifestano più tardi che per la stricnina, più lungo è l'intervallo fra l'una convulsione e l'altra, in genere sono meno intense che nello avvelenamento stricnico, ed esigono, per tornare a manifestarsi, delle eccitazioni un poco più energiche. La narcotina è però poco venefica per l'uomo: infatti alla dose di 2 o 3 grammi non riesce tale; purnondimeno in un te- nero fanciullo o in un neonato potrebbe riuscire mortale. La tebaina è più velenosa della narcotina e data all' interno ha la proprietà di ristringere anzi che dilatare la pupilla. La papa- verina è meno attiva della tebaina, ma lo è un poco più della narcotina: sotto la sua azione la pupilla non cambia di diametro. L'autossia in questi casi# ci dice poco o niente; e quando ci dice poco le alterazioni auatomo-patologiche che si rendono sensi- bili, sono relative specialmente alla maniera di morte, che è per asfissia. L'ispezione cadaverica ci fa sapere che la rigidità viene presto e dura più a lungo di quello che avvenga ordinariamente, ed in ciò questo avvelenamento si assomiglia a quello stricnico. La chimica e la sperimentazione fisio-tossicologica in pasti avvelenamenti ci somministrano dei criteri preziosi non solo per stabilire quali di questi tre è stata la cagione della morte, — 195 —. quanto anche per escludere l'avvelenamento per la stricnina, per la noce vomica ec. La narcotina intatti presenta un certo numero di reazioni chimiche caratteristiche. Husemann ha dimostrato che questo alcaloide riscaldato coli'acido solforico concentrato si colora in rosso: 5 milligrammi danno molto nettamente la reazione con 2 d^imi di centimetro cubico di acido, essa si produce anche con 1 o 2 milligrammi. È preferibile di disciogliere la narcotina nell'acido solforico diluto al quinto e concentrare il miscuglio col calore; in questa maniera si può ottenere un residuo rosso ancora ben distinto con 1 milligrammo di alcaloide; questo re- siduo bagnato con una traccia di acido azotico passa al violetto, e allorché si scalda a -j- 200° si può avere questa colorazione anche senza addizione di acido azotico, ciò che costituisce un carattere differenziale fra esso e la curarina, la quale, si colora di già in violetto frai -f- 90° e 100° La stessa narcotina abbando- nata a freddo con dell'acido solforico concentrato prende dopo 2 ore una colorazione rossa molto distinta, purché vi si aggiunga qualche goccia di acido azotico. Questa reazione è nettissima con 5 milligrammi di alcaloide e si produce ancora debolmente con 1 milligrammo. Sostituendo in questo saggio all'acido azotico T acqua bromata si ottengon< ■ delle strie brune. La soluzione sol- forica abbandonata'per 24 ore anche con un milligrammo prende da se stessa una colorazione rossa, la quale si fa di poco più in- tensa per l'addizione dello acido azotico. Il reattivo di Fròhde la trasforma in un liquido verde; aggiungendo a questo reattivo un eccesso di molibdato di soda si ottiene una colorazione rosso- ciliegia molto viva, che si manifesta ancora con 1 milligrammo di alcaloide. 11 cloruro di ferro non la colora in bleu, e l'acido iodico e periodico non sono ridotti da questo alcaloide. La tebaina viene decomposta dai mezzi impiegati per estrarla dalle materie sospette; per fortuna però, come ha dimostrato Dragendorff, la decomposizione e molto limitata, per cui resta sempre assai alcaloide inalterato perchè il chimico lo possa ritrovare. Questo alcaloide dà dei precipitati con i due reattivi prin- cipali degli alcaloidi, cioè a dire con l'acido fosfomolibdico e — 196 — con l'ioduro di potassio iodurato. Uno dei suoi caratteri distin- tivi è di dare una colorazione rossa con l'acido solforico con- centrato; questa colorazione si manifesta anche con un vente- simo di milligrammo di alcaloide. L'acido cloridrico lo colora a poco a poco in giallo, ma se l'acido è molto allungato non produce che lentamente e molto debolmente una tale colorazio- ne; in fine la soluzione dell' acido solfomolibdico sviluppa «&ella soluzione di tebaina una colorazione giallo-arancio che sparisce dopo 24 ore La papaverina dà dei precipitati con l'acido fosfomolibdico e l'ioduro di potassio iodurato. Allorché essa è pura non è colorata a freddo dall' acido solforico, ma si colora leggermente a caldo dando una tinta violetta che è tanto più marcata, quanto più l'azione del calore è protratta. L'acido solfomolib- dico sviluppa nella soluzione di papaverina una colorazione verde che diviene bleu, violetta, poi rosso-ciliegia sotto la influenza del calore. È possibile dunque ottenere dei criteri chimici che ci facciano distinguere non solo l'uno avvelenamento dall'altro, ma anche questi diversi avvelenamenti da quello prodotto dalla stricnina. Vediamo ora quale è il valore della sperimentazione fisio-tossi- cologica. Sperimentazione fisio-tossicologica — La narcotina sali- ficata introdotta sotto la pelle delle rane dà luogo a convul-j sioni tetaniche e da questo lato non si saprebbe distinguere dalla stricnina pura o salificata; ma mentre che la stricnina dà luogo alle convulsioni tetaniche anche quando è posta sotto la pelle delle rane nella dose di 1 o 2 milligrammi, la nar- cotina non le produce a queste dosi, ma solo quando si è elevata a 2 o 3 centigrammi: ma vi e di più, le convulsioni stricniche si dichiarano pochi minuti dopo che il veleno fu posto sotto la pelle, mentre le convulsioni per la narcotina vengono in scena dopo 30 o 45 minuti; quelle prodotte dal- la piccola accennata dose di stricnina sono intense ed energi- che, si ripetono a brevi intervalli fra loro ed in poco tempo troncano la vita, mentre quelle invece prodotte dalle alte indi — 197 — cate dosi di narcotina sono poco intense, si ripetono a più lunghi intervalli fra loro e lasciano sopravvivere gli animali, i quali dopo 24 ore sono tornati quasi al loro stato normale, non pre- sentando altro che una leggera difficoltà nei movimenti. La tebaina salificata, per esempio dall'acido cloridrico, si avvicina più alla stricnina o ai suoi sali, perchè produce le con- vulstoni a più debole dose della narcotina, e queste si manife- stano in brevissimo tempo e conducono presto a morte; pure a fronte di ciò vi vogliono sempre delle dosi più forti di tebaina per produrre gli stessi effetti venefici e mortali che sono pro- dotti dalla stricnina. Adoprando nelle rane la tebaina non sali- ficata si possono rendere anche più manifeste le differenze perchè la tebaina essendo meno solubile della stricnina, messa sotto la pelle delle rane produce le convulzioni dopo 1 o 2 ore e queste poi sono poco intense e tardivamente mortali; mentre la stricnina le determina in poco più di un quarto d' ora, e le determina più intense e prontamente mortali. La stessa papaverina salificata differisce dalla stricnina in ciò, che quella per produrre delle convulsioni deve essere posta sotto la pelle delle rane nella dose di 2 o 5 centigrammi, mentre, come vedemmo, la stricnina salificata le produce alla dose di 1 o 2 milligrammi. Da. questo lato la papaverina salificata si confonderebbe con la narcotina pure salificata, ma però ne differisce perchè questa non riesce alle indicate dosi mortale, mentre l'altra si, ed oltre a ciò le convulsioni sono più pronte- a dichiararsi col'a papaverina salificata che con i sali di narcotina. Adoprando la papaverina non salificata si ottengono dei criteri fisio-tossicologici differenziali anche più netti, perchè la papaverina essendo pressoché insolubile, posta sotto la pelle delle rane eccita le convulsioni dopo 4 e più ore, vale a dire molto più, tardivamente della narcotina e della tebaina non salificate. I criteri fisio-tossicologici hanno dunque valore non solo a farci escludere l'avvelenamento stricnico, ma ci dicono anche se si tratta di avvelenamento prodotto dall' uno o dall' altro dei veleni di cui qui mi sono occupato. — 198 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA STAFISAGRIA E DALLA DELFINA. Si conoscono degli avvelenamenti avvenuti per sbaglio con i semi di stafisagria (Belphinium staphisagria) e la storia'ne registra dei criminosi 'consumati col suo alcaloide, vale a dire colla delfina la quale in questi ultimi tempi ha reso celebre fra noi il processo contro l'assassino del generale Gibbone. Questo alcaloide è assorbito con facilità, circola col sangue ed è eliminato specialmente con le orine. I fenomeni con cui si estrinseca un tale avvelenamento e le alterazioni anatomo-patologiche che esso presenta sono a co- mune con gli avvelenamenti prodotti dalla veratrina, dalla aco- nitina, e dalle piante che le contengano; per cui la diagnosi medico-legale è affidata principalmente ai criteri chimici, e ho detto principalmente, perchè quando un individuo avesse ingollati i semi di stafisagria, si potrebbe riconoscere l'avvelenamento anche ai caratteri botanici propri di questi semi medesimi e poi alla virtù parasiticida che essi posseggono. Venendo ora ai criteri chimici, è a sapersi che il fosforilo- libdato di soda versato nella soluzione di delfina dà un precipitato grigio-giallastro; l'ioduro doppio di bismuto e di potassio la precipita in giallo-arancio; il cloruro platinico rende opalescente la soluzione di delfina e dà luogo poi alla formazione di fìocchi di un grigio-giallastro solubili nell'acido cloridrico. 11 cloruro d'oro dà un precipitato amorfo giallo-citrino; il sublimato corro- sivo versato in una soluzione che contenga */500 di alcaloide, da prima intorbida la soluzione, poi dà luogo ad un precipitato amorfo biancastro solubile nell' acido cloridrico bollente; l'acido picrico dà un precipitato giallo amorfo; il tannino produce un intorbidamento bianco abbondante, solubile parzialmente nei- l'acido cloridrico caldo; l'ioduro di potassio iodurato dà ali'lstante un precipitato amorfo. L' acido solforico concèiitrato forma un precipitato bruno-chiaro o rosso-brunastro, che persiste almeno per 18 ore; l'acido solforico concentrato e addizionato di un poco di acido azotico, produce con prontezza un precipitato bleu; finalmente l'acido azotico di 1,4 di densità rende la soluzione leggermente giallastra. — 199 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL TABACCO E DALLA NICOTINA. Degli avvelenamenti accidentali e qualche volta anche cri- minosi si sono verificati, specialmente in quei casi in cui con scopo terapeutico sono stati pòrti dei clisteri di decozione delle foglie di tabacco. Il tabacco da naso e da fumo sono stati qualche volta me- scolati agli alimenti, al vino, al caffè con scopo criminoso, ojppure qualche suicida l'ha ingerito senza alcun miscuglio od anche ha ingollato lo stesso umore che si condensa nei ser- bato]' di certe pipe; ma l'odore e il sapore disgustoso di questa pianta, e i pronti vomiti che determina, hanno fatto sì che l'avvelenamento quasi sempre si sia residuato allo stato di tentativo, per cui si sono osservati più avvelenamenti mortali quando il veleno è stato introdotto per il retto intestino, che quando è stato preso per bocca. Ordinariamente un clistere fatto con la decozione di 8 grammi di foglie di tabacco uccide un fanciullo, mentre per produrre lo stesso effetto in un adulto ve ne vogliono 30, 40 ed anche 60 grammi. Le foglie di tabacco sono riuscite venefiche anche quando sono state applicate esternamente, ed è noto il fatto di quel contrabbandiere il quale copertosi tutta la superfice del corpo di foglie di tabacco per eludere la vigilanza delle guardie di finanza, dopo non molto provò tutti i fenomeni dell'avvelena- mento. Anche lo stesso fumo del tabacco è capace di produrre degli effetti venefici che potrebbero riuscire mortali nei neonati e nei teneri fanciulli. Gli avvelenamenti criminosi consumati con la nicotina pura sono piuttosto rari ed è oramai celebre quello tentato e consumato a viva forza sul Bocarmè dal co- gnato e dalla sorella. Il tabacco è un veleno a cui si fa l'abitudine; vi sono alcuni che possono fumarlo e usarlo in polvere in larga copia. La nicotina è assorbita facilmente; pervenuta però tutta quanta nel fegato, allorché è introdotta per la via della bocca, sembra che sia da quell' organo distrutta od almeno sdoppiata: si può argomentare ciò all' osservare che quelle piccole dosi che — 200 — per via ipodermica producono negli animali effetti venefìci gravi e mortali, date per bocca riescono senza effetto di sorta. Di più la nicotina mescolata dallo Schiff e dal Lautembach al fegato ridotto in una poltiglia, riesce meno venefica per gli animali sui quali dopo si esperimenta, e non dà luogo che ad alcuni feno- meni dello avvelenamento; mentre invece mescolata nello stesso modo con la sostanza dei reni, non perde le sue qualità venefiche e produce tutto intero l'apparato fenomenale morboso che è proprio di questo avvelenamento. A fronte di ciò anche quando è presa per bocca la nicotina, oltre che nel fegato, si ritrova_ nel sangue, nei polmoni, nei reni, nelle orine ec; ciò vorrebbe dire che la sua distruzione o il ' suo sdoppiamento non sono completi. Essendo la nicotina volatile anche a bassa tempera- tura, è a ritenersi che si faccia strada all' esterno non solo per le orine, ma anche per la pelle e principalmente per i polmoni. Due casi possono darsi nella pratica medico-forense, quello cioè in cui l'avvelenamento sia stato l'effetto della ingestione del tabacco o della nicotina, e quello in cui sia stato sbuffato per più volte di seguito sul volto di un neonato o di un piccolo bambino il fumo di una grossa pipa o di un sigaro, per distrug- gere la loro tenera esistenza, od anche per scherzo. Primo caso. — Quello in cui Vavvelenamento è l'effetto della ingestione del tabacco o della nicotina. — In questo caso può pure avvenire che il perito necroscopo abbia innanzi a se il solo cadavere, oppure che dal giudice d' istruzione gli sia stata consegnata anche la storia dei fenomeni morbosi che pre- cedettero la morte. Se resulterà dalla storia rilasciata dal medico curante, che in un individuo subito o quasi subito dopo avere ingerita una bevanda, un alimento o un medicamento, oppure dopo di avere avuto un clistere, si manifestarono i seguenti fenomeni; si fece cioè pallido e debole, ebbe dei dolori forti di stomaco e di ventre, delle nausee, dei vomiti, delle scariche alvine, dalle cui mate- rie esalava forte l'odore di tabacco, e tutto questo in mezzo ad uno stato come di ebrezza; che nel tempo stesso tumultuose e concitate si fecero le azioni cardiaco-vascolari, venne un poco di — 201 — delirio, la pupilla si offri dilatata e a questi fenomeni morbosi ten- nero in breve dietro lo, stupore, lo invilimento delle azioni circo- latorie, i sudori freddi, qualche convulsione parziale o generale, la respirazione si fece stertorosa, nacque la insensibilità, vennero il coma e la risoluzione delle forze e in pochi minuti la morte, il perito- concluderà per l'avvelenamento prodotto dal tabacco. Se invece dalle materie vomitate non spirò manifesto l'odore caratteristico, ma divenne soltanto sensibile dopo averne riscal- data una porzione, e la morte avvenne quasi colla rapidità del fulmine, allora egli concluderà che si tratti di avvelenamento prodotto dalla nicotina, piuttosto che dalla decozione del tabacco o dal tabacco 'stesso; se poi l'odore di tabacco non sarà mani- festo nelle materie vomitate ed invece sarà sensibilissimo nelle materie espulse dall'ano, allora concluderà per l'avvelenamento avvenuto per mezzo di un clistere. In questo caso, come fra poco vedremo, l'autossia e la chimica non faranno altro che confermare la diagnosi. Ma se il perito necroscopo non avrà avuta alcuna notizia dei fenomeni morbosi che hanno preceduta la morte, potrà l'autossia metterlo in grado di diagnosticare l'avvelenamento in discorso. In qualche caso potranno trovarsi sul letto ove giaceva il cada- vere, delle materie che durante la vita furono emesse per diso- pra o per disotto, e allora l'odore di tabacco esalato dalle medesime sarà una circostanza di fatto che gli farà ammettere questo avvelenamento. Se poi troverà la muccosa stomaco-in- testinale arrossata, flogosata, friabile e rammollita e sulla me- desima esisteranno delle materie da cui spirerà l'odore di tabacco; se esisteranno delle ecchimosi sotto muccose; se saranno ipere- mie gli inviluppi cerebrali e spinali, non che il fegato ed i reni, il perito concluderà che vi fu avvelenamento per la in- gestione del tabacco o della nicotina. E quando trovi che di tutte le materie contenute nel canale digerente, lasciano esalare molto odore di tabacco quelle racchiuse nel retto intestino e pochissimo e punto quelle che sono nello stomaco, e nel tempo stesso trovi più compromessa la muccosa rettale di quella sto- macale, riterrà che l'avvelenamento fra avuto luogo per la intro- duzione del veleno dalla via dell'ano. — 202 - Secondo caso. — Quello in cui un neonato o un piccolo bambino è stato ucciso sbuffandogli sulla faccia per più volte di seguito il fumo di un sigaro o di una pipa accesa. — E da avvertirsi che secondo le ricerche di Vohl e di Eulenburg, il fumo del tabacco non conterrebbe nicotina, ma dello acido car- bonico, dell'ossido di carbonio, del cianuro di ammonio ed alcune sostanze basiche, fra le quali la piccolina, la piriflina, la lutidina, la collidina ec Però Heubel più recentemente ve l'avrebbe trovata, come ve 1' aveva già trovata Malsens. Venendo ora al caso accennato dirò, che prima di .tutto il perito necroscopo avvicinandosi al piccolo cadavere, allorché però la putrefazione non sia avanzata, potrà apprezzare l'odore speciale del fumo del tabacco, che come è noto è un odore abbastanza persistente. Ma poi alla autossia troverà il sangue rosso rutilante tanto nei vasi venosi che arteriosi, e tutti i tessuti di un bel roseo e meno disposti a putrefarsi. Infatti Grehant avendo avvelenato dei cani con far loro respirare il fumo di tabacco, ha trovato nei loro cadaveri il sangue rutilante in tutti i vasi, mentre nello avvelenamento per la nicotina e per il ta- bacco il sangue è completamente nero. Questo risultato curioso si spiega facilmente, tutte le volte che si rifletta a quello che ho detto poco fa, che cioè nel fumo del tabacco vi è dell'ossido di carbonio. D' altronde i globetti rossi si offrono modificati in questo avvelenamento precisamente come in quello prodotto dai vapori di carbone. Con questo però non intendo di escludere che nel meccanismo della morte non abbiano presa parte an- cora la nicotina e il cianuro di ammonio, che entrano nella composizione del fumo del tabacco. Ora che abbiamo veduto ciò che hanno saputo dirci i sintomi e i responsi della indagine anatomica, vediamo ciò che è capace di farci apprezzare la chimica in questi diversi casi. Prima di tutto è bene che si sappia, che la nicotina ha una grande tendenza a decomporsi quando si scalda a contatto del- l'aria in presenza di basi o di acidi potenti, e che si volatilizza egualmente colla più grande facilità; per cui il perito chimico deve bene attendere, quando la isola delle materie sospette, di non disperderla o distruggerla. — 203 — Ora, le reazioni seguenti possono essere messe a profitto per riconoscere la nicotina. Il cloro dà luogo a un prodotto da prima di colore rosso di sangue, poi rosso-bruno, il quale è so- lubile nell'alcool e si separa allo stato cristallino per raffredda- mento. Il cianogene forma la medesima colorazione bruna, ma il prodotto non cristallizza nell'alcool: Dragendorff però non accorda gran valore a queste due reazioni. Il cloruro di platino dà un precipitato rossastro cristallizzato, che si discioglie a caldo e si precipita per il raffreddamento. L' acido gallico dà un precipi- tato fioccoso. Una goccia di nicotina projettata nell' acido cro- mico si infiamma con produzione di un odore canforato di ta- bacco. Questa reazione e quella del cianogene non si possono sempre fare, perchè si esige troppa materia per ottenerle. Vi è poi la reazione di Roussin che è molto netta. Si aggiunge a una soluzione eterea di nicotina a yi00 il suo volume di una solu- zione eterea di iodio e dopo 10 minuti si depositano di già dei cristalli aventi qualche volta la lunghezza di un centimetro; una soluzione a Yi50 si intorbida nel primo momento, poi abbandona un deposito bruno amorfo, che dopo un ora presenta delle tracce manifèste di cristallizzazione; dopo 4 ore tutto il precipitato è sostituito da dei lunghi aghi cristallini. La nicotina si altera quando è conservata in una boccia mal chiusa, perchè ingiallisce molto rapidamente; pure a fronte di ciò sembra che resista al processo putrefattivo più di altri al- caloidi, giacché sarebbe stata ritrovata dopo sette anni nei resti del cadavere di un individuo avvelenato. Oltre i criteri chimici se ne possono avere anche dei fisio- tossicologici che rafforzano essi pure la conclusione ricavata dai periti. Mettendo infatti sulla lingua di un piccione o di un grosso passero una piccolissima quantità di nicotina, 1' animale muore prontamente in mezzo alle convulsioni tetaniche; oppure metten- dola sulla lingua di un cane, quest' organo si tumefà, resta cau- terizzato e la di lui muccosa si distacca con facilità. Le rea- zioni fìsio-tossicologiche il perito non le potrà avere sempre ed in ogni caso, perchè ci vuole molta materia per ottenerle. — 204 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA CICUTA MACULATA E DALLA CICUTINA 0 CONICINA. L'avvelenamento per la cicuta, oltre l'interesse storico che gli ha dato la morte di Socrate, è importante perchè con questa pianta sono stati consumati degli avvelenamenti accidentali, cri- minosi e volontari. La grande cicuta era impiegata presso gli Atienesi come veleno giudiziario. Nella cicuta maculata (Conium maculatum) oltre la cicuti- na o conicina si contiene la conidrina e la metilconicina, le quali si trovano quasi sempre mescolate colla conicina del com- mercio e dalla quale è difficile di poterle separare. Christison riguarda questo alcaloide violento al pari dell' a- cido cianidrico; due goccie applicate sopra una ferita o sull'occhio di un animale, occasionano sovente la marte in meno di 90 se- condi. Questa circostanza spiega perchè riesce spesso impossi- bile di ritrovarlo nei casi di avvelenamento allorché la dose non è stata esagerata. La conicina è assorbita con rapidità e si dif- fonde prontamente in tutta la economia. Nella pratica medico-legale al solito può accadere che il perito necroscopo abbia o no a propria disposizione la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la merte. Quando si narri, che un individuo dopo la ingestione di una bevanda, di un alimento ec. ha avuto delle vertigini, non si è potuto più reggere sui piedi, si è fatto afono, gli si è oscurata la vista offrendo la pupilla piuttosto ristretta; che ha avute delle nausee alle quali hanno tenuto dietro dei vomiti di materie contenenti delle particelle non per anche digerite di un vege- tabile erbaceo, le quali esalavano un odore simile a quello del- l'orina del topo; che questo odore si è reso più manifesto iso- lando alcuni di questi frammenti erbacei, e trattandoli colla potassa; che a questi fenomeni morbosi si è aggiunta la conci- tazione delle azioni circolatorie, susseguita ben presto dal loro invilimento, e che la sensibilità si è ottusa e al ristringimento della pupilla ha tenuto dietro la sua dilatazione ; che la tem- — 205 — peratura si è abbassata, la respirazione rallentata, la debolezza muscolare cresciuta e in pochissimo tempo senza che vi sia stato alcun sensibile disturbo delle facoltà della mente ha ces- sato di vivere in mezzo a delle convulsioni epilettiformi o te- taniche, come si verifico in Socrate, o in mezzo a fenomeni di insensibilità e di paralisi o al contrario ad un delirio più o meno furioso ec, il perito dovrà grandemente sospettare che si tratti di avvelenamento prodotto dalla cicuta. Il sospetto salirà al grado di verità dimostrata, quando coli' esame microscopico di quei frammenti troverà che non sono altro che pezzi di foglie della cicuta maculata. Lo stesso si dica se l'avvelenamento ebbe luogo per la ingestione delle radici della cicuta. E se in tal caso i frammenti della radice raccolti dalle materie vomitate e trat- tati con la potassa, dettero l'odore speciale della cicutina simile come ho detto a quello dell'orina del topo; se osservati al mi- croscopio si furono riconosciuti per frammenti di radice di una pianta; se infine spappolati fra le dita esalarono un odore viroso, il perito necroscopo avrà pure ragione di giudicarlo un avvele- namento per la cicuta. Quando poi 1' avvelenamento medesimo sia stato prodotto dalla cicutina, il solo apparato fenomenale morboso non gli dirà abbastanza per sospettare e molto meno per concludere di que- sto avvelenamento, a meno che il curante non avesse presso il malato trovato un residuo del preso o propinato veleno, o questo fosse stato pòrto in tanta copia da manifestarsi col suo speciale odore nelle materie vomitate. In tal caso la estrema prontezza della morte quando si verifichi, sarà un altro criterio in favore dell'avvelenamento per l'alcaloide accennato. Allorché però manchi la narrativa dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, tolto il caso che presso il cadavere sia stato trovato un residuo del preso o propinato veleno, oppure che le materie vomitate e quelle tuttavia contenute nello stomaco ab- biano presentato le carattistiche di cui ora ho parlato, non è pos- sibile coi responsi della indagine anatomica di concludere per questo avvelenamento; perchè alla autossia qualche volta non si trova niente, ovvero perchè le macchie petecchiali della pelle, gli arrossamenti della muccosa gastro-intestinale, le iperemie — 206 — meningee e degli organi parenchimatosi, il sangue nero e sciolto, che qualche volta si incontrano, sono alterazioni anatomo-patolo- giche comuni ad altri avvelenamenti e a delle malattie ordinarie. E né anche l'analisi chimica potrà dirci nel maggior numero dei casi qualche cosa di concludente in questo proposito, per- chè la cicutina mentre ha delle reazioni caratteristiche, non sono esse poi realizzabili sempre, poiché esigono troppa materia per essere ottenute. D' altronde vi sono delle reazioni che non ap- partengono all'alcaloide puro e che devono essere evidentemente attribuite ai suoi prodotti di decomposizione o alle sue impu- rità. La reazione dell' acido cloridrico di 1, 2 di densità ap- partiene a questa ultima categoria, perchè la colorazione bleu verdastra si produce tanto meno nettamente quanto più è puro il prodotto. L'acido cloridrico gassoso, il cloro, l'acido iodico e l'azotato di argento non danno reazioni sensibili, poiché questi reattivi esigono l'uso d^ una quantità di materia che il perito chimico nei casi ordinari non ha mai o quasi mai a sua dispo- sizione. E nemmeno possiamo pensare a mettere a profitto la coagulazione dell' albumina che è un effetto speciale della co- nicina, perchè anche per questa reazione è necessario molto alcaloide. Ora, dato il caso che il perito chimico abbia ottenuto con i suoi mezzi d'isolamento molto prodotto, la presenza però della conicina non sarà dimostrata se non quando egli potrà costatare in esso le reazioni seguenti. Il residuo abbandonato dalla evaporazione del petrolio, che sarà stato il solvente usato per estrarlo dalle materie sospette, in un vetro da orologio umettato di acido cloridrico, dovrà offrirsi cri- stallizzato, sia alla semplice vista, sia al microscopio; i cristalli dovranno essere aghiformi o prismatici, o simili alle foglie della borraccina e dovranno possedere una azione sulla luce polarizzata presentando le tinte le più vivaci, ed esalare l'odore della conicina soprattutto a inumidirli coli' alito. Disciogliendo i cristalli otte- nuti in J/10 di centimetro cubico di un'acqua acidulata con l'acido solforico ( Y30), la soluzione dovrà intorbidarsi per l'ioduro doppio di bismuto e di potassio e per il fosfomolibdato di sodio. E da notarsi che la conicina si decompone per gli stessi agenti — 207 — che decompongono la nicotina, e che per essere volatile se ne disperde una certa quantità. La sperimentazione fisio-tossicologica istituita sugli animali potrà aggiungere valore a tutti i criteri che abbiamo studiati. Perchè posta la conicina sotto la pelle delle rane ne estingue la irritabilità nervosa e la sensibilità; e posta sotto la pelle di un vivace uccello, si notano in esso da prima delle convulsioni iniziali, poi la paralisi, poi un periodo di ritorno caratterizzato, allorché ha luogo, da un tremolìo, che si produce alla minima eccitazione: tutto il corpo vibra come una molla quando si pone la mano sul dorso dell'animale. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA DECOZIONE DEI SEMI DEL LUPINO Fin qui, che io mi sappia, l'avvelenamento per il decotto dei semi del lupino è stato accidentale e si è manifestato, sia ingerendo dei lupini che non avevano per anche perduto il loro principio amaro, sia prendendo un clistere di questa decozione con scopo vermicida. Però si potrebbero pure verificare degli av- velenamenti criminosi; e qualche madre snaturata potrebbe benis- simo distruggere il frutto dei suoi disonesti amori, iniettandoli nel retto intestino della decozione del lupino. In ogni modo ab- biamo creduto bene di trattare qui anche di questo avvelena- mento, perchè potrebbe se non altro dar luogo a delle quistioni di responsabilità medica. Secondo Sieward gli alcaloidi che sono contenuti nel seme del lupino sono la metilconina, la conidrina e la metilconidrina, cioè dei derivati della conicina o alcaloide della cicuta maculata. Stando alla prontezza dell'insorgere dei fenomeni morbosi e al loro dileguarsi in genere assai presto, si può ritenere che i prin- cipi attivi di cui è questione sieno assorbiti con celerità e che con rapidità si diffondano per la economia animale e ne escano in breve, principalmente con le orine. Anche qui può darsi il caso che il perito necroscopo abbia come no, la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Ora, quando venga raccontato, che un giovanetto dopo 15, 20 — 208 — o 30 minuti dacché masticò dei lupini secchi od ingollò dei lupini che non avevano per anche perduto il loro principio amaro, oppure dacché ebbe un clistere di decozione satura di questa semenza, fu sorpreso da debolezza generale, la vista gli venne meno e più tardi la perse affatto, gli occhi gli si fecero immobili, le pupille dilatate e insensibili alla luce, la faccia pallida e stupida, la re- spirazione rallentata, i polsi piccoli, depressibili lenti, la pelle fredda, la sensibilità ottusa, le azioni nerveo-muscolari sempre di più infralite, e dopo 12, 24 o 36 ore morì nella piena integrità delle sue facoltà intellettuali, e dopo essere caduto in sincope, il perito potrà concludere per T avvelenamento prodotto dai lupini: perchè è oggimai dimostrato per i fatti clinici da me stesso raccolti e per le esperienze che ho istituite, che il prin- cipio ancora di questa semenza è velenoso, come del resto era noto anche ai medici di qualche secolo indietro. Questo avvelenamento, quando pure non avessimo la cognizione della ingestione dei lupini o del clistere fatto con la loro deco- zione, non si potrebbe mai confondere con quello prodotto dalla belladonna e dalle altre solanace viroso, perchè sarebbe facile sentire nell'aria espirata dai malati, l'odore proprio e caratteri- stico del decotto dei lupini; e poi perchè nell' avvelenamento solanaceo abbiamo il delirio, mentre in questo le facoltà della mente si mantengono intatte fino all' ultimo; in quello le azioni circolatorie e respiratorie si deprimono nel secondo periodo dello avvelenamento, in questo subito da principio; in quello vi è l'eri- tema scarlattiniforme, in questo no. Non si potrebbe neppure confondere con quello prodotto dalla cicuta, ad onta che nei lupini vi si trovino dei derivati della coni- cina, perchè nello avvelenamento per i lupini la pupilla è dila- tata fino di principio, mentre nell'avvelenamento prodotto dalla cicuta da prima vi è costrizione e poi dilatazione della pupilla; in quello i fenomeni di depressione delle azioni circolatorie e respi- ratorie si dichiarano fino di principio, in questo invece prendono il posto di quelli di eccitazione che per breve tempo iniziarono l'avvelenamento; in quello non vi sono convulsioni, non vi è delirio, mentre in questo le convulsioni vengono in scena e non di rado si ha anche il delirio che e più. o meno furioso. — 209 — Ma quando manchi la storia e il perito necroscopo abbia dinanzi il solo cadavere di un neonato o di un fanciullo, se egli alla sezione troverà, che nello stomaco o nel retto intestino vi sarà un liquido giailo-scuro da cui esala 1' odore del decotto dei lupini; che le meningi, il cervello, il pavimento del quarto ventri- colo, come abbiam verificato negli animali, saranno iperemici, e le orine raccolte in vescica saranno albuminose e conterranno dello zucchero, il perito avrà ragione di ritenere che si tratti di avvelenamento prodotto dal decotto di lupini: ma se non tro- verà nel retto il liquido ora accennato, i responsi anatomo-pato- logici testé descritti non lo autorizzeranno a formulare questa conclusione, ed egli resterà incerto sulla vera cagione della morte e reclamerà, per togliere il dubbio, l'analisi del chimico. La quale per verità poco o nulla saprà dirgli, perchè la metilco- nina, la conidrina e la metilconidrina che sono contenute nel decotto dei lupini e che potrebbero trovarsi nelle materie sospette, non hanno reazioni proprie e speciali, od almeno non ne hanno delle così nette da potere su di esse fondare una conclusione. E poiché l'egregio prof. Giovanni Campani di Siena sta ora occupandosi ad estrarre dal seme del lupino \i principi attivi, così io voglio sperare che gli studi che egli farà sui medesimi, ci forniranno il modo di trovare delle reazioni chimiche e fisio-tossicologiche capaci di mettere in grado il perito di potere diagnosticare con sicurezza questa cagione di morte. AVVELENAMENTO PRODOTTO LALLA DIGITALE E DALLA DIGITALINA. Quantunque i principi attivi della digitale non sieno degli alcaloidi, ma dei glucosidi, pure solo per comodo abbiamo cre- duto bene di trattare di un tale avvelenamento in questo gruppo. Gli avvelenamenti per la digitale e per la digitalina non sono frequenti, e in generale sono accidentali e raramente volontari, rarissimamente poi criminosi; e quanto a questi ultimi è a notarsi che il succo fresco della digitale è stato dato come mezzo abor- tivo e che la digitalina è stata almeno una volta l'istrumento scelto per consumare un omicidio premeditato. Bellini 14 — 210 — La digitalina non sembra che sia eliminata per le orine. Ho- molle e Quevenne non ve l'hanno giammai potuta ritrovare. Braud e Dragendorff non l'hanno trovata che due volte nell' orina di un gatto; per cui la constatazione dell'avvelenamento diverrà quasi impossibile, allorché il malato non sia morto e non sieno state conservate le materie dei vomiti e quelle dei secessi. La digitalina è lentamente assorbita, e sembra che si de- componga giunta che è nel torrente circolatorio; però la decom- posizione non deve essere molto pronta, tutte le volte che si sa dalla clinica che le dosi terapeutiche di essa si accumulano ed esplodono con fenomeni gravi. Nel cadavere il perito in genere non ne ritroverà che delle tracce, e sarà meglio che anziché nel fegato, nella milza e nel sangue stesso, la ricerchi nello sto- maco e nelle intestina che ritengono sovente per un tempo lunghissimo una certa quantità del veleno. La resistenza di questo alcaloide nel seno delle materie animali in decomposizione è più grande di quello che si potrebbe credere, e si può ritro- vacela dopo qualche mese, per cui sarà quasi sempre possibile al perito diagnosticare questo avvelenamento anche lungo tempo dopo la inumazione dei cadaveri. La digitale è velenosa sotto tutte le sue forme; quelle che hanno maggiore attività sono il succo fresco della pianta e la decozione o la infusione delle foglie; 2 grammi e mezzo di foglie in infusione hanno prodotto la morte. La polvere ha deter- minato dei fenomeni gravi in. un fanciullo di 10 anni alla dose di 5 centigrammi e negli adulti alla dose di 1,2, o 3 grammi. L'estratto, a una dose minore, ha fatto perire una donna che aveva prese 4 cucchiajate di una pozione composta di 150 gram- mi di acqua e 1 grammo di estratto di digitale. Infine la tin- tura ha prodotto un avvelenamento dei più violenti, ma non mortale, nella dose di 5 grammi, e la morte stessa a 25 grammi. La digitalina può produrre degli effetti gravi ed anche mortali, nella dose di 25, 45, 50 e 60 milligrammi. In questo avvelenamento pure può accadere che il perito necroscopo abbia come no a sua disposizione la storia dei feno- meni morbosi che precedettero la morte. Ora, quando un medico racconti nella storia che ha redatto, — 211 — di essersi trovato presso un individuo, che era tormentato da vomiti dolorosi ed incessanti, da cefalalgia violenta, da epiga- stralgia e da coliche susseguite da abbondanti scariche alvine, con diminuzione della secrezione orinosa, che aveva grande an- sietà precordiale ed energici e rapidi i battiti cardiaci, i quali dipoi si fecero fiacchi e lenti; che aveva delle vampe di caldo o invece si lamentava di freddo colla pelle bagnata di ghiaccio sudore; che aveva sospirosa, profonda, ineguale la respirazione, la pupilla dilatata, la vista offuscata, lo sguardo fisso e che vedeva gli oggetti ora colorati di bleu ora bianchi; che ebbe la intelligenza intatta o solo turbata da leggero delirio; che vomi- tava tutto ciò che prendeva; nel quale infine il polso si fece intermittente e manchevole, venne il singhiozzo, le evacuazioni si fecero involontarie, insorsero alcuni moti convulsivi, i quali di poco precederono la morte, che avvenne in mezzo a una sincope dopo 24, 36 ore od anche dopo 4 o 5 giorni, il perito necroscopo potrà sospettare di avvelenamento per la digitale o per la digi- talina, ovvero anche per 1' elleboro o per la elleborina, per la veratrina, per i funghi velenosi ec perchè anche queste sostanze danno luogo a questo stesso apparato fenomenale morboso. Le lesioni anatomo-patologiche non gli offriranno alcun dato per decidersi per l'uno piuttosto che per l'altro avvelenamento, perchè sono presso a poco comuni e consistono nella iperemia della muccosa gastrica, in qualche arrossamento disseminato sulla muccosa enterica, nella iperemia non però costante delle meningi, e nel sangue ora sciolto, ora coagulato e nero. Non vi sarà che la indagine chimica e la sperimentazione fisio-tossicologica che potranno dire qualche cosa di positivo in questa quistione; ammenoché non sieno state ingerite le foglie o la polvere di digitale, e sia stato quindi possibile al «tirante o al perito necroscopo di riconoscerle per i loro caratteri botanici, nelle materie rigettate e in quelle contenute tuttora nel canale digerente. L'indagine chimica e la sperimentazione fisio-tossico- logica però avranno valore positivo solo quando sieno i loro re- sponsi studiati complessivamente e sia eliminata la presenza di tutti quegli alcaloidi che hanno a comune la proprietà di agire sul centro circolatorio infralendone più o meno la irritabilità. — 214 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI FUNGHI VENEFICI E DALLA AMANITINA E MUSCARINA. Ordinariamente l'avvelenamento per i funghi è acciden- tale, ma in alcuni casi dei funghi malefìci ne è stato fatto un uso criminoso, e in altri si è mescolato ai funghi mangerecci qualche veleno, e specialmente l'acido arsenioso, per farli credere venefici e cosi fare passare un avvelenamento criminoso per accidentale. 11 principio o i principi attivi dei funghi malefici, vale a dire l'amanitina e la muscarina, non sembra che sieno assorbiti con tanta prontezza: passati nel torrente circolatorio si diffon- dono immutati por tutta la economia, e tali quali furono assor- biti si mescolano coi prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e vengono fuori principalmente colle orine. Infatti per quello che ce ne dice il Paulet, in alcune contrade del- l'America si compone con l'amanita muscaria un liquido fer- mentato che ha la proprietà di provocare la gajezza, delle allucinazioni, l'ebbrezza, il delirio. I ricchi ne fanno la loro de- lizia, ed il minuto popolo, a cui questo lusso è impossibile, ricorre alle case dei ricchi per farsi dare le orine di coloro che usano di questo liquore, e se le bevono senza disgusto, ricavan- done quelli stessi effetti che sono provati dai ricchi allorché tracannano l'inebriante bevanda. In pratica può pure avvenire che il perito necroscopo abbia che fare col cadavere di un individuo, di cui il giudice d'istruzione gli abbia consegnata la storia dei fenomeni morbosi che hanno preceduta la morte, od invece che manchi affatto ogni notizia intorno ai medesimi. Quando dal medico si racconti, che un individuo dopo 3, 4, 6, 10, 12 ed anche dopo 24 ore da che mangiò un abbondante pietanza di funghi provò della ansietà; della sete, dell'ebbrezza con fugace acceleramento delle azioni cardiaco-arteriose, e aumento dalla calorificazione: che fu preso da dolori di stomaco che si este- sero alle intestina, ai quali tennero dietro delle nausee e dei vomiti e quindi delle scariche alvine, persistenti presso a poco per tutta — 213 —. stato eliminato il caso che si tratti di altre sostanze, che pure producono questi effetti sul cuore. E intanto questa eliminazione sarà indispensabile, in quanto le sostanze che hanno questa spe- ciale proprietà s'isolano dalle materie sospette con i, medesimi processi con cui s'isola la digitalina. Per fortuna le reazioni chi- miche vengono a proposito per fare con facilità una tale elimi- nazione. Trovando nel prodotto che è stato ottenuto coi processi chimici d'isolamento dalle materie sospette, oltre che la digi- talina anche la digitaleina, il perito potrà allora asserire che l'av- velenamento fu consumato con la digitale anziché con la sem- plice digitalina, perchè in tutte le parti di questa pianta esistono questi due glucosidi. Ora la digitaleina la riconoscerà alle reazioni chimiche soltanto, perchè le reazioni fisio-tossicologiche sono a comune con la digitalina. La digitaleina si distingue dalla digitalina in ciò, che quella è solubilissima nell' acqua, mentre di questa vi se ne disciolgono solo delle tracce, anche alla temperatura della ebullizione; la digitaleina ha un sapore amaro e acre, mentre la digitalina lo ha soltanto amaro. L'acido cloridrico colora la digitaleina (amorfa) in bruno-verdastro, quando invece, come abbiamo veduto, colorala digitalina (cristallizzata) in verde. L'acido solforico colora la digitaleina in rosso, quando invece la digitalina da questo stesso acido è colorata in verde brunastro; e mentre la colorazione rossa presa dalla digitaleina passa per mezzo dei vapori di bromo al rosso porpora, e l'addizione dell'acqua non vi produce che una tinta di un verde smorto; la digitalina invece, come di- cemmo già, coi vapori di bromo passa al rosso-ribes, e con l'aggiunta dell' acqua al verde-smeraldo. La digitaleina resiste al pari della digitalina alla decom- posizione. Infatti Dragendorff potè ritrovare dopo 4 mesi della digitaleina nel contenuto stomacale di un porco che aveva in- gollate delle foglie di digitale. Per cui nel cadavere esumato può mettersi in essere anche dopo qualche mese, non solo l'avvelenamento prodotto dalla digitalina, ma anche quello pro- dotto dalla digitale. — 214 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAI FUNGHI VENEFICI E DALLA AMANITINA E MUSCARINA. Ordinariamente l'avvelenamento per i funghi è acciden- tale, ma in alcuni casi dei funghi malefici ne è stato fatto un uso criminoso, e in altri si è mescolato ai funghi mangerecci qualche veleno, e specialmente l'acido arsenioso, per farli credere venefici e così fare passare un avvelenamento criminoso per accidentale. 11 principio o i principi attivi dei funghi malefici, vale a dire l'amanitina e la muscarina, non sembra che sieno assorbiti con tanta prontezza: passati nel torrente circolatorio si diffon- dono immutati por tutta la economia, e tali quali furono assor- biti si mescolano coi prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione e vengono fuori principalmente colle orine. Infatti per quello che ce ne dice il Paulet, in alcune contrade del- l'America si compone con l'amanita muscaria un liquido fer- mentato che ha la proprietà di provocare la gajezza, delle allucinazioni, l'ebbrezza, il delirio. I ricchi ne fanno la loro de- lizia, ed il minuto popolo, a cui questo lusso è impossibile, ricorre alle case dei ricchi per farsi dare le orine di coloro che usano di questo liquore, e se le bevono senza disgusto, ricavan- done quelli stessi effetti che sono provati dai ricchi allorché tracannano l'inebriante bevanda. In pratica può pure avvenire che il perito necroscopo abbia che fare col cadavere di un individuo, di cui il giudice d'istruzione gli abbia consegnata la storia dei fenomeni morbosi che hanno preceduta la morte, od invece che manchi affatto ogni notizia intorno ai medesimi. Quando dal medico si racconti, che un individuo dopo 3, 4, 6, 10, 12 ed anche dopo 24 ore da che mangiò un abbondante pietanza di funghi provò della ansietà; della sete, dell'ebbrezza con fugace acceleramento delle azioni cardiaco-arteriose, e aumento dalla calorificazione: che fu preso da dolori di stomaco che si este- sero alle intestina, ai quali tennero dietro delle nausee e dei vomiti e quindi delle scariche alvine, persistenti presso a poco per tutta - 215 — la durata dello avvelenamento, di materie abbondanti e fetide e talora anche nerastre e sanguinolenti; che in seguito si fece estremamente debole, oon polso piccolo, concentrato e celere, pelle fredda e coperta di copioso sudore, con le estremità cia- notiche ; che più tardi fu invaso da stupore, da vertigini, da oscuramento della vista che gli faceva parere gli oggetti come colorati di bleu; e che mentre vigevano tutti questi fenomeni ed alcuni si erano fatti anzi maggiori, quali l'invilimento delle azioni cardiaco-arteriose e nerveo-muscolari, gli si soppressero le orine, si fece sonnolento , oppure ebbe dei crampi, delle con- vulsioni, poco dopo le quali cessò di vivere, il perito necroscopo presumerà che i funghi ingeriti fossero venefici; e questa pre- sunzione la riterrà molto prossima al vero, quando i fenomeni dell'avvelenamento si sieno manifestati molto tardi, e l'indivi- duo non abbia fatto uso di alcuna bevanda o di alcun alimento sospetti, nell' intervallo di tempo che è corso fra l'ingestione dei funghi e la comparsa dei fenomeni morbosi, e quando abbia in- oltre veduti gli oggetti coloriti di bleu. Mentre se i fenomeni mor- bosi fossero venuti in scena dopo 15, 30 , 40 minuti o dopo 1 ora soltanto, e se fosse mancato il fenomeno speciale ora ricordato, egli per elevare l'apparato sintomale a segno dell'avvelenamento pro- dotto dai funghi, bisognerà che elimini il caso, che a dei fun- ghi mangerecci sia stato mescolato l'arsenico all'oggetto di farli passare per malefici e nascondere così un avvelenamento criminoso. E ho detto 1* arsenico, perchè un caso di questa na- tura si è già dato nella pratica medico-legale, e perchè poi è questo il veleno col quale si possono imitare i fenomeni dell'av- velenamento in discorso meglio che con ogni altro. Questa eli- minazione la farà battendo quella via che indicheremo, allorché terremo parola dell'arsenico. il perito necroscopo potrà ricavare qualche criterio in fa- vore dell'avvelenamento per i funghi malefìci, dai fenomeni cadaverici e dalle alterazioni anatomo-patologiche. E se troverà che il cadavere s'imputridisce con molta prontezza, e dei gas fetidi distenderanno ben presto il tubo digestivo, e lo stomaco conterrà una materia liquida bruna ; che la membrana muccosa dello stomaco e delle intestina offrirà una tinta violacea unifor- — 216 — me, che andrà indebolendosi verso il cieco e disparirà nei grossi intestini, che saranno vuoti e pallidi; che la muccosa stessa dello stomaco sarà disseminata di macchie ecchimotiche ed anche, di placche gangrenose, il fegato cresciuto di volume, rammollito e decolorato, la milza e i polmoni molto congestionati, il sangue nero e fluido, il cuore notevolmente flaccido, egli propenderà per l'avvelenamento prodotto dai funghi malefici, piuttosto che per quello prodotto dall'acido arsenioso che potrebbe essere stato mescolato ai mangerecci. Perchè, come vedremo, mentre alcune delle alterazioni anatomo-patologiche che ho acccennate sono a comune, vi è però il tatto della pronta putrefazione del cadavere che non è proprio dello avvelenamento prodotto dall'acido ar- senioso, il quale anzi più o meno la ritarda ed impedisce. L'analisi chimica fin qui non ci ha indicata alcuna reazione propria e speciale dei principi attivi dei funghi malefici, per cui non vi è, almeno per ora, che la sperimentazione fisio-tossico- logica la quale possa dire al perito qualche cosa e possa met- terlo in grado di far salire il sospetto d'ingestione di funghi ve- nefici al grado di verità dimostrata. Sperimentazione fisio-tossicologica. — Il perito chimico metterà le materie vomitate per le prime, e quelle che dal perito necroscopo furono ritrovate nella cavità dello stomaco, a digerire per 12 o 24 ore nell' alcool o nell' acido acetico allun- gato, filtrerà quindi ed evaporerà a bagno maria il liquido fil- trato ; ciò fatto, riprenderà con un poco di acqua distillata il residuo della evaporazione e lo consegnerà al perito necroscopo. Il quale allora lo cimenterà sulle rane, mettendone una piccola quantità sotto la pelle d'una rana, dopo di averle messo a nudo il cuore con un colpo di forbici; e se vedrà che passato poco tempo il cuore si arresterà in diastole, avendo però conser- vata la sua irritabilità, e che un tale arresto sparirà sottopo- nendo l'animale all'azione dell'atropina, od anche della daturina, della digitalina, della calabarrina, oppure che ponendo una por- zione di questo estratto sotto la pelle di una altra rana atro- pinizzata, non riuscirà altrimenti ad arrestare il cuore, ma riu- scirà invece ad arrestarlo, ponendone una porzione direttamente — 217 — sul cuore; che con le piccole dosi otterrà da prima un acceleramento dell'azione cardiaca, e poco dopo l'arresto del cuore in diastole, egli non solo potrà concludere per l'avvelenamento prodotto dalla ingestione dei funghi malefici, ma potrà anche dire no- vantanove su cento che l'individuo il quale ne fu la vittima, ingerì la Amanita muscaria o falso cocco, od anche YAmanita mappa, perchè sono la muscarina e il principio attivo di quest'ultima ama- nita, che inducono nelle rane il fenomeno accennato dell'arresto del cuore. Il perito medesimo potrà inoltre giungere a stabilire se sia la muscarina piuttosto che il principio attivo nelf ama- nita mappa quello che produce l'arresto diastolico del cuore, perchè un tale arresto è più persistente allorché è l'effetto della prima che del secondo. Quando mancherà la storia dei fenomeni morbosi che pre- cederono la morte, sarà di grande ajuto la ispezione microsco- pica delle materie vomitate e di quelle emesse per l'ano tutte le volte che vi sieno, non che di quelle che il perito necroscopo avrà ritrovate nel tubo gastro-intestinale del cadavere, perchè con questo mezzo vi si potranno discuoprire non poche parti pro- prie dei funghi, alcune delle quali, specialmente le spore, resistono per lungo tempo al lavorio digestivo, come Boudier ha potuto ve- rificare direttamente. Il numero di queste spore è immenso, poiché sorpassa più miliò"hi per un solo fungo adulto, di modo che ne facile la ricerca nelle materie sospette. 11 citato osservatore si è assicu- rato che i funghi sopportano perfettamente la cottura e anche fino ad un certo punto il lavorio digestivo senza essere alterati nella natura dei loro tessuti. Le spore sopratutto resistono per- fettamente bene, sotto questo rapporto, alla cottura nell'acqua pura o mescolata a dei grassi, ed anzi egli non ha trovato alcuna differenza fra le spore che erano fresche e quelle che avevano subita la cozione nell'acqua, esse conservarono presso a poco la medesima grandezza, la medesima forma, lo stesso colore, e si potrebbe dire che si mostrarono con le stesse gocciolette interne. Il tessuto poi dei funghi non era nulla affatto modificato nella forma e nella grossezza delle cellule, solamente esse non avevano più quella turgescenza che hanno allo stato normale ; tutte erano più o meno sbiadite, in diverso modo aggrinzate e — 218 — presentavano nell'interno una massa di granulazioni molto pic- cole, giallastre, dovute probabilmente a delle particelle di albu- mina che si coagulò in grazia della cottura. È sempre facile però di riconoscere la loro natura e le loro forme. Lo stesso può dirsi d'altre parti di questi vegetabili, alcune delle quali sono anche più conservate. Perà una volta verificato col microscopio che le materie dei vomiti constano in totalità o per la massima parte di funghi, resta a provarsi, prima di formulare una conclusione, se questi erano mangerecci o malefici, perchè alla cottura e alla digestione resistono tanto quelli che questi. L'esperimento fisio-tossicolo- gico, come ho detto, offrirà al perito dei criteri preziosi per escludere che si tratti di funghi mangerecci e deciderlo per l'avvelenamento prodotto dai funghi malefici. Oltre a ciò la indagine microscopica accuratamente fatta potrà non tanto con- fermare i responsi della sperimentazione fisio-tossicologica, quanto anche fare conoscere se si tratta di uno piuttostochè d'un altro fungo malefico. Se, per esempio, il perito discuoprirà nelle ma- terie sospette dei filamenti delicati e delle grandi cellule allun- gate , e se per di più nel liquido che otterrà per espressione attraverso un pannolino vedrà delle spore piriformi con un apice molto sensibile, non solo riterrà che si tratta di funghi vene- fìci, ma potrà anche grandemente presumere che si tratti più specialmente della Amanita bidbosa. Se però la ispezione microscopica delle materie sospette non somministrerà al perito questi criteri speciali, e la esperimenta- zione fisio-tossicolog'ca gli avrà dati responsi negativi, allora constando pure le materie dei vomiti in totalità o in parte di residui di funghi, anderà in cerca di un'altra cagione della morte, e se la sezione del cadavere non glie ne rivelerà al- cuna, sospetterà di avvelenamento più specialmente per l'acido arsenioso e si farà a investigare questo veleno. In alcuni casi saranno presentati dal Tribunale al perito dei residui dei funghi che furono ingeriti, oppure dei pezzi di funghi che furono trovati nella spazzatura della cucina, ove furono cotti prima che fossero mangiati. In questi casi egli si studierà di riconoscerli per i loro caratteri botanici, e quando non riesca a — 219 — stabilire se si tratta di frammenti di funghi mangerecci oppure di funghi malefici, ne farà l'estratto alcoolico o acetico e lo cimenterà nel modo accennato, e quando egli ottenga quei fe- nomeni, di cui ho parlato, dal iato del cuore, si pronunzierà per l'avvelenamento in quistione. Le circostanze estrinseche al fatto lo metteranno poi in grado di stabilire se l'avvelenamento sarà stato accidentale, volontario o criminoso. IV. Dell'avvelenamento prodotto da quei composti che risaltano dalla combinazione di due o più metal- loidi che non sono né acidi uè alcalini, ma neutri. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'ALCOOL ORDINARIO L'avvelenamento prodotto dall'alcool non costituisce che una piccola parte del vasto soggetto dell'alcoolismo, che appartiene per molti lati alla medicina legale. Noi non intendiamo di par- lare qui dell'alcoolismo cronico di cui la storia rientra in quella della follia, né della ubriachezza che solleva sovente certe que- estioni in fatto di colpi, ferite od omicidi; ma dei casi soltanto in cui la morte avviene prontamente in seguito alla ingestione di una troppo larga dose di liquori fermentati. Questi casi trovano qui il loro posto, perchè costituiscono un vero avvelenamento nel quale l'alcool agisce come- cagione di morte fulminante, o quasi fulminante. 1 fatti di questa natura quando sono d'altronde la conseguenza di scommesse insensate e colpevoli possono dar luogo a dei processi giudiziari, nei quali è necessaria anzi indispensabile l'opera del perito. Essi però non si osservano ordinariamente su chi è dedito all' ubriachezza od è da lunga pezza abituato a larghe dosi di alcooliei, ma piuttosto su coloro che gli hanno sempre usati con modera- zione e che per caso, per deliberata volontà, per scommessa o per malvagio consiglio bevono tutto in una volta e senza in- terruzione perfino un litro di alcool. — 220 — Questo liquore inebriante è assorbito con prontezza, e allorché è molto concentrato modifica ed altera i tessuti con i quali viene in immediato contatto, togliendoli l'acqua di cui è avidissimo e conseguentemente coagulando i loro materiali albuminoidi. Pas- sato in larga copia nel sangue non vi brucia che in parte, per cui vi si mantiene per molta parte immutato; si diffonde con cele- rità per tutta la economia e perviene nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, e torna nel mondo esteriore- principalmente con l'aria espirata, colle orine e col traspirato cutaneo. Sembra che sotto l'azione dell'alcool i globetti rossi aumentino di volume. Il perito necroscopo in questi casi, per il solito, non ha a sua disposizione altro che il cadavere da sezionarsi, perchè av- venendo la morte con la rapidità del fulmine, o dopo brevissimo tempo è difficile che l'individuo possa essere veduto ed assistito dal medico. Però talune volte potrà accadere che i testimoni del fatto, i quali figurano nel processo che si istruisce, abbiano nar- rato come andò la cosa. Quando sia noto per le deposizioni testimoniali, che un in- dividuo dopo di avere tracannato in una volta e senza interru- zione un litro circa di alcool, cadde a terra immerso in un coma profondo, ebbe qualche convulsione, la sua respirazione si fece stertorosa e imbarazzata, la bocca gli si riempì di spuma sanguigna, emise involontariamente delle fecce e delle orine, e dopo breve tempo non die più segni di vita, è naturale che il perito necroscopo debba ritenere che la morte sia stata l'effetto dell'alcool ingerito e non di altra cagione. Ma anche quando fossero mancate queste notizie, potrà sem- pre con la ispezione cadaverica e con Y autossia, mettere in essere questa maniera di avvelenamento, e di morte. Infatti egli troverà la putrefazione ritardata, e che dalle naturali aperture esalerà l'odore di alcool, odore che emanerà spic- catissimo tostochè avrà aperte le cavità viscerali e soprattutto il tubo gastro-enterico. Troverà poi iperemiche specialmente le meningi cerebrali e spinali, e i tessuti nervosi più o meno induriti; gli stessi polmoni ed anco i reni saranno congestio- nati, ii sangue sarà scuro ed addensato. Con questo reperto ne- — 221 — croscopico egli escfuderà facilmente la morte per apoplessia, ma non potrà escludere sempre ed in ogni caso la morte per l'azione di qualche altro veleno, del quale l'alcool sia stato il veicolo, co- me ad esempio, per l'oppio, la morfina, l'acido cianidrico ec L'intervento del chimico sarà allora necessario, perchè egli solo potrà stabilire se la morte avvenne per T ingestione di dose generosa di alcool, o se avvenne invece perchè ad esso 'erano stati mescolati l'acido idrocianico, l'oppio, la morfina ec Ora, il perito chimico, liberato 1' alcool dalle materie sospette lo riconoscerà al suo odore, alla proprietà che possiede di prender fuoco in contatto di un corpo incandescente, alla forma- zione dell' ossido verde di cromo, versandolo goccia a goccia sull'acido cromico solido; e alla manifestazione dell'odore di aldeide e alla formazione dell'ossido verde di cromo, mescolan- dolo all' acido solforico e" al cromato di potassa. È a notarsi però che la riduzione dell'acido cromico del cromato di potassa non è una reazione caratteristica< della pre- senza dell'alcool, perchè si può avere benissimo per altri corpi, come per l'aldeide, per l'etere, per l'amilene ec. Ma se non lo è isolatamente presa, diviene però caratteristica messa in relazione coll'odore alcoolico nettissimo che avrà innanzi apprez- zato il perito, e cogli altri criteri ora accennati. Nei casi dubbi, in quelli cioè in cui sia mancata la narrativa testimoniale dei pochi fenomeni, morbosi che precedettero la morte e nel cadavere, in grazia dell' avanzato processo putre- fattivo, e nel prodotto ottenuto dalla distillazione delle materie racchiuse nel tubo alimentare, non che del cervello, del san- gue ec, non si sia reso manifesto l'odore caratteristico dell'al- cool o sia stato incerto, il perito chimico dovrà ricorrere alla reazione indicata da Dragendorff, che si ottiene rettificando il prodotto distillato sul carbonato di potassa secco in una storta posta in un bagno di cloruro di calcio, e che abbia il pallone fortemente raffreddato. Dopo un'ora di distillazione in questo modo operata, egli farà scorrere sulle pareti del pallone 2, o 3 centimetri cubici di acido solforico concentrato, e vi aggiun- gerà 2, o 3 goccie di acido butirrico; se nel prodotto distillato vi sarà dell' alcool, si produrrà immediatamente un odore di __ 222 __ fragola dovuto alla formazione del butirrato di etile. Questo odore si svilupperà in una maniera anche più netta, se aggiun- gerà dopo un poco di tempo 4 o 6 centimetri cubici d'acqua. Una .volta constatata la presenza dell'alcool, lo stesso perito chimico si farà in questo caso a ricercare l'oppio, la morfina, l'acido idrocianico, e giovandosi delle loro reazioni caratteristiche delle quali è stato parlato altrove, quando abbia avuti dei responsi negativi, egli concluderà per l'avvelenamento prodotto dal solo alcool ; e come prova di convinzione del medesimo presenterà d'innanzi al Tribunale un poco dell'alcool che avrà ottenuto, dopo averlo rettificato sul cloruro di calcio. In fatto di questo avvelenamento, dalla difesa può essere sollevata una obiezione ; può essere obiettato cioè che 1' alcool che fu ritrovato negli umori, nei tessuti e negli organi della economia del cadavere di un dato individuo che morì in brevis- simo tempo, anziché di avvelenamento sia quello derivato dalla fermentazione alcoolica dei corpi zuccherini che esistevano na- turalmente nelle materie sospette. Prima di tutto se la quantità dell' alcool ritrovato sarà molta, questa obiezione cadrà di per sé., come pure cadrà di per sé quando oltreché nelle materie vomitate o in quelle con- tenute nel tubo gastro-enterico, l'alcool sarà stato rinvenuto nel sangue, nel cervello ec, perchè la invocata fermentazione non si potrebbe ammettere come possibile altro che nelle ma- terie alimentari vomitate o in quelle che erano racchiuse nel canale digerente del cadavere; non essendo dimostrato che nel corpo umano si formi alcool nelle circostanze normali o durante la putrefazione. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL CLOROFORMIO. L avvelenamento per il cloroformio ha luogo sia per inala- zione dei vapori di questa sostanza, sia per ingestione nello stomaco del cloroformio liquido. Nel primo caso l'avvelenamento è il più spesso accidentale, come nella anestesia chirurgica, o suicida e criminoso, come nel caso di quel medico di Berlino che nel 1850 avvelenò la sua moglie i suoi figli e se stesso. Nel secondo caso in genere è volontario. — 223 — Non si sa a (mal dose il cloroformio respirato uccida. Come pure non si può determinare la dose mortale quando sia preso per bocca, perchè ora è avvenuta la morte dietro la ingestione di 4 grammi, ora ne sono stati presi 60 ed anche 120 grammi senza che questa sia avvenuta. Il cloroformio penetra nella economia con maggiore pron- tezza quando è respirato, che quando è introdotto nello stomaco, ed uccide a una dose molto minore nel primo che nel secondo caso. Esso circola col sangue, si diffonde con grande rapidità per la economia, passando in tutti quanti i prodotti delle fun- zioni di secrezione e di separazione, ed esce col traspirato cu- taneo e con le orine, e quando fu preso per bocca anche con l'aria espirata, colla quale viene all'esterno in molto larga copia e prima di essere passato nel sistema arterioso. Ed ecco per- chè riesce velenoso e mortale a piccola dose quando è respi- rato, mentre per la via della bocca vi vogliono delle dosi ge- nerose per ottenere lo stesso effetto. Tre casi possono darsi nella pratica medico-legale, quello cioè in cui il cloroformio sia stato respirato; 1' altro in cui sia passato nella economia per la via dello stomaco; ed il terzo in cui sieno state applicate d' innanzi alle narici e alla bocca di un individuo reso cadavere per altra ragione, delle filaccia o della ovatta imbevuta di cloroformio col fine di fare passare per una morte volontaria quella che era stata 1' effetto di un assassinio. Primo caso. — Quello in cui il cloroformio ha ucciso facen- dosi strada all' interno per la via dei pohnoni. — Questa ma- niera di morte può essere accidentale, volontaria o criminosa. In un modo accidentale può verificarsi specialmente nel caso di inalazione chirurgica od ostetrica dei vapori cloroformici, ed allora si solleva la quistione di responsabilità chirurgica od oste- trica. Nel caso di morte per suicidio il perito necroscopo troverà sempre d'innanzi alla bocca o alle narici dello individuo che è divenuto cadavere o sta per divenirlo, dell'ovatta delle filaccia, — 224 — ec, imbevute di cloroformio e tenute in sito col mezzo di faz- zoletti, scialli, od altro avvolti attorno alla testa. Questo fatto posto d' accordo con tutte le circostanze estrinseche metterà sempre più .il perito necroscopo in grado di stabilire che non solo si tratta di avvelenamento per inalazione cloroformica, ma che questa maniera di morte è volontaria. Nel caso di morte per assassinio sarà possibile, quando il cadavere sia stato ispezionato poco tempo dopo che la vita si spense, di sentire uscire dalle narici e dalla bocca del medesimo l'odore di cloroformio; e poi il perito troverà delle scalfitture e delle echimosi nella faccia, nelle mani o in altre parti del corpo che attesteranno la colluttazione che avrà avuto luogo fra l'as- sassino e la vittima. Non sempre però egli troverà questi segni delia violenza adoperata, e ciò quando l'assassino abbia profittato del sonno naturale della vittima per fargli inalare i vapori di cloroformio. In questo ultimo caso saranno piuttosto le circostanze estrinseche allo avvelenamento, quelle che met- teranno il perito necroscopo in grado di potersi dichiarare per 1' assassinio; dichiarazione che egli farà tanto più volentieri, quando non troverà dinnanzi alle narici e alla bocca del cada- vere fermate con fazzoletti, con scialli ec dell' ovatta o delle filaccia imbevute di cloroformio, perchè è impossibile che un assassino possa adattare un così fatto apparecchio attorno alla testa di chi dorme, senza svegliarlo con le manovre che si ren- dono a questo scopo necessarie. Il cadavere di chi perì avvelenato per cloroformio è pallido, con qualche macchia ecchimotica, ha calma la espressione del viso, dilatate le pupille, resiste poi lungamente alla putrefa- zione e mantiene la rigidità cadaverica oltre i limiti ordinari. Se l'autossia sarà stata fatta presto, riuscirà facile al pe- rito di constatare 1' odore di cloroformio nella aria che esce dalla apertura della glottide nel mentre uno con la mano preme il parenchima polmonare, di costatarlo pure nel sangue e in altre parti del cadavere; ma se l'autossia fu praticata a putre- fazione avanzata, allora questo criterio dell' odore mancherà o sarà incerto e il perito necroscopo si troverà nella impossi- bilità di concludere per la morte da cloroformio coi dati ana- — 225 — tomo-patologici, perchè nel cadavere non rinverrà che delle con- gestioni viscerali e specialmente del polmone ed il sangue nera, sia sciolto sia aggrumato, maniere di alterazioni che sono co- muni a moltissimi avvelenamenti e a non poche malattie ordi- narie. È vero che la muccosa della trachea e dei branchi sarà più o meno iniettata, ma anche questo è un reperto comune. È stata da taluno segnalata nel sangue la presenza di ve- scicole aereiformi, delle quali non è spiegata la origine e che alcuni hanno credute erroneamente effetto della incominciata putrefazione, e ho detto erroneamente, perchè le vescicole aerei- formi in discorso si osservano ancora quando la putrefazione non si è per anche dichiarata. Quello che dovrà fare il perito che eseguisce la autossia, si è di riporre con estrema prontezza i visceri ( polmoni, cuora, cervello) e il sangue in recipienti di vetro a tappo smerigliato e di aggiungere ai medesimi dell'acqua distillata, onde opporsi più che sia possibile al disperdimento del veleno. Prima di dire quali sono i responsi della chimica in questo avvelenamento, ci occuperemo del secondo caso che può darsi in pratica. Secondo caso. — Quello in cui l'avvelenamento è avvenuto per la introduzione del cloroformio nella cavità dello stomaco. — In questo caso il perito necroscopo potrà avere come no la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte, molto più che questa si manifesta meno prontamente di quando il veleno pe- netrò per la via dei polmoni, cioè ora dopo 30, o 60 e più mi- nuti, ed ora anche dopo 12, 15 o 24 ore. Se dalla storia risulterà che il medico chiamato presso un individuo trovò, che questo era in preda a degli acerbi dolori di gola, di stomaco e di ventre, che dalla bocca e delle narici esalava l'odore di cloroformio, che ebbe in breve dei vomiti i quali spandevano fortissimo questo medesimo odora, e che aveva la retrobocca rossa e si lamentava di molta sete; che a questi fe- nomeni tennero presto dietro lo stordimento, la incoerenza delle idee, una specie di ebbrezza, la completa insensibilità, il coma, e che nel tempo stesso la respirazione gli si fece stertorosa e Bellini « — 226 — le pupille si dilatarono, il polso si fece lento, debole, la pelle fredda con tendenza a divenire itterica e che in breve vennero delle convulsioni epilettiformi e la morte; sarà naturale che il perito necroscopo si pronunzi per l'avvelenamento in discorso. In questo caso la ispezione cadaverica e l'autossia conferme- ranno il giudizio emesso. Solamente il perito necroscopo troverà in questo caso a differenza del primo, che nella retroboccaj nello esofago e specialmente nello stomaco esistono i segni della flo- gosi acuta della membrana muccosa, troverà che dal contenuto stomacale esalerà più o meno forte l'odore di cloroformio e che potrà constatarlo in questo contenuto anche quando sarà a malapena avvertibile o non lo sarà più affatto nel sangue, nei polmoni, nel cervello, ec. Ora, i responsi della autossia e spe- cialmente il fatto della flogosi della muccosa faringea, esofagea e gastrica, e quello dello esalare dal contenuto stomacale molto forte l'odore di cloroformio, metteranno il perito in grado di confermare la fatta diagnosi medico-legale. Anche in questo caso, s'intende bene, può accadere, allorché manchi ogni ragguaglio sui fenomeni morbosi che precedettero la morte, che l'autossia, perchè fatta tardi, non permetta di constatare tanto l'odore pro- prio del cloroformio, quanto le lesioni anatomo-patologiche ubi- cate specialmente nella muccosa delle prime vie. Per cui sarà allora più specialmente che il giudizio medico-legale dovrà es- sere affidato ai responsi della analisi chimica e allo studio delle circostanze estrinseche al fatto. Se l'individuo che ingerì il cloro- formio fu assistito dal medico, e vi furono dei vomiti, egli dovrà tosto riporre in un vaso di vetro a tappo smerigliato, le espulse materie, aggiungendovi dell'acqua distillata. Il perito chimico se si tratterà del primo caso, dovrà ricercare il cloroformio prin- cipalmente nei polmoni, nel cervello, nel cuore e nel sangue» perchè appunto per il modo di introduzione del veleno, questi visceri e questo umore ne sono più ricchi di quello che non lo siano il fegato, lo stomaco, i reni, le orine ec: mentre se si trat- terà del secondo caso, il perito dovrà invece ricercare questo veleno, oltreché nei visceri accennati, anche nelle materie vo- mitate, nel contenuto, stomaco-intestinale, nel fegato e nella milza del cadavere. — 227 — Le ricerche chimiche del cloroformio nel seno stesso degli organi e del sangue non offrono serie difficoltà. Quando non sia possibile di apprezzarlo per il suo odore speciale e per le altre qualità che gli sono proprie, il perito dovrà ricorrere alla rea- zione caratteristica dei composti dorici, che si ottiene facendo passare attraverso un tubo di porcellana scaldato a rosso i vapori di cloroformio, e facendo gorgogliare i prodotti della sua decomposizione, cioè il cloro, l'acido cloridrico, l'ossido di car- bonio e l'acido carbonico, in un recipiente che contenga una so- luzione di nitrato di argento; e che consiste nella formazione del cloruro di argento. Potrà anche decomporre i vapori di cloroformio colla calce viva purissima portata al rosso, nel quale caso si formerà del cloruro di calcio, che egli potrà caratterizzare adoprando egual- mente la soluzione di nitrato di argento. Nell'avvelenamento in quistione potrebbe la difesa sollevare " una obiezione, potrebbe cioè opporre che il cloroformio che è stato ritrovato dal perito chimico nei visceri e nel sangue non è di avvelenamento, ma è quello che scaturì dalla decomposizione del cloralio idrato che a titolo di rimedio usato si trovava nella economia dell'individuo creduto avvelenato. S'intende bene che questa obiezione può essere sollevata solo allorquando realmente quell'individuo fece uso dell'accennato rimedio. Dessa è fondata sulla credenza che nel seno del sangue il cloralio idrato sia dai carbonati alcalini convertito in formiato e in cloroformio, tra- sformazione che realmente il cloralio subisce fuori del corpo animale tutte le volte che sotto una data temperatura vi si fa agire sopra un alcali. Però la obiezione sarà facilmente ribattuta dal perito, perchè come Alman ha recentemente dimostrato per mezzo di espe- rienze, che non lasciano alcun dubbio, l'alcalinità e la tempera- tura del sangue circolante per 1' economia non sono giammai così forti da potere operare questa trasformazione. Un altra obiezione potrebbe pure fare la difesa, che cioè il cloroformio trovato coi processi chimici nelle materie sospette non fosse di avvelenamento, ma fosse l'effetto della decomposi- zione del cloralio idrato operata da quei processi medesimi. — 228 — Anche qui com'è naturale, la difesa formulerà questa obiezione solo quando consti che 'realmente l'individuo che è divenuto cadavere, facesse innanzi di ammalare uso di cloralio idrato. Ed in vero se il perito chimico prima di sottoporre alla di- stillazione le materie sospette, non avrà usata la cautela di aci- dularle con un poco di acido solforico, niun dubbio che si possa decomporre il cloralio che vi si trovasse ed avere del clorofo- formio, il quale passando nel tubo di porcellana infuocato ds- componendovisi darebbe luogo alla reazione accennata col nitrato di argento. Ma se avrà acidulate le materie sTTspette, come d'al- tronde è precetto, allora la, decomposizione in questione non potrà avere più luogo, e la reazione del nitrato d' argento ac- cennerà alla presenza del cloroformio di avvelenamento, purché sia eliminato il caso che un poco di cloralio idrato che vi poteva esistere, non fosse stato trascinato dalla corrente d'aria entra 'il tubo di porcellana infuocato, giacché, come risulta dalle espe- rienze di Dragendorff, il cloralio idrato si decompone per il calore rosso in acido cloridrico, in quell'acido cioè che converte il ni- trato di argento in cloruro. Il perito per meglio e più sicuramente rigettare queste due obiezioni, terrà conto anche delle circostanze estrinseche al fatto e della quantità del cloralio idrato che l'individuo avesse usato prima dell'avvelenamento a titolo di rimedio, della durata della cura e del tempo che è corso dalla cessazione della sua sommi- nistrazione alla comparsa dei fenomeni dell'avvelenamento. Allorché poi non gli sia possibile di trovare traccia di cloro- formio, perchè l'autossia fu fatta molto tardi, non avrà da valutare che le circostanze estrinseche al fatto per potere pre- sumere o no questa maniera di morte. Terzo caso. — Quello in cui sono state applicate dinanzi alle narici e alla bocca di un individuo reso cadavere per altra cagione, delle fila o dell' ovatta imbevute di cloroformio per fare passare per una morte volontaria quella che fu l'ef- fetto di un assassinio. •— In questo caso, se il perito necroscopo troverà che il cadavere che ha alla bocca o alle narici adattate con un fazzoletto con uno scialle ec. della ovatta o delle fila — 229 imbevute di cloroformio, si è putrefatto nel periodo di tempo ordinario, tenuto conto della temperatura e della umidità del- l'ambiente; se in esso la rigidità non si è prolungata oltre l'epoca ordinaria, se non sarà pallido, se anzi che offrire delle semplici macchie violacee, offrirà delle scalfitture e delle ecchimosi, se l'espressione del viso non sarà calma e non saranno dilatate le pupille, sospetterà che la morte sia avvenuta per altra cagione, e che si sia voluto nascondere un omicidio simulando una morte volontaria per inalazione di cloroformio. Ed avvalorerà questo sospetto se dai polmoni, dal cervello, dal sangue, dal fegato e dagli altri visceri non esalerà l'odore di cloroformio, quantunque la putrefazione del cadavere non fosse troppo avanzata, e se l'ap- parecchio respiratorio sarà in stato normale, se cioè la muccosa tracheo-bronchiale e il parenchima polmonare non saranno sede di iperemia. Un tale sospetto poi sarà inalzato al grado di ve- rità dimostrata dai responsi negativi della indagine chimica, molto più se la mercè di questa fosse stato travato un altro veleno nelle materie sospette. Qualora la putrefazione fosse molto avanzata, e la morte fosse stata 1' effetto anziché del cloroformio della soffocazione procurata col mezzo di morbidi guanciali e non fosse stato perciò apprezzato l'odore di cloroformio all'autossia e la chi- mica avesse dati dei responsi negativi, il perito sarebbe nella impossibilità di risolvere la quistione e sarebbe di necessità condotto a presumere la morte per volontaria inalazione di clo- roformio, quando però il modo con cui si trovano applicati din- nanzi alle narici e alla bocca del cadavere 1' ovatta e le fila imbevute di cloroformio, la maniera con cui sono fatti i nodi del fazzoletto o dello scialle per mantenere fisse 'alla faccia F ovatta o le fila, ed altre circostanze estrinseche non dimo- strassero che un tale apparecchio fa messo alla bocca e alle narici dell'individuo dopo che fu reso nel modo accennato ca- davere da un assassino. Ma potrebbe egli accadere che il cloroformio applicato din- nanzi alle narici e alla bocca del cadavere, si fosse fatto strada in grazia, della forza espansiva di cui è dotato, nei polmoni ? Io non nego che nei cadaveri, in cui per la maniera di morte ri- — 230 — mase la epiglottide sollevata, non possa ciò avvenire, ma in questo caso mancherà in genere 1' arrossamento della muccosa della trachea e dei bronchi, mancherà la congestione polmonare, ed il perito chimico, mentre troverà delle tracce di cloroformio sottoponendo alla distillazione 1' apparecchio respiratorio, avrà poi responsi negativi distillando il cervello, il sangue ec: per cui vi sarà quasi sempre modo di potere mettere in essere, se si tratta realmente di morte per inalazione di cloroformio, o se invece si tratta di simulazione di questa maniera di avvelena- mento fatta per nascondere un omicidio. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ETERE SOLFORICO E ACETICO. Questi eteri, quanto all' assorbimento, alla diffusione per la economia e alla loro eliminazione della medesima, si compor- tano come il cloroformio, e nella pratica medico-legale possono darsi quei casi medesimi che abbiamo studiati ora parlando del- l'avvelenamento per questa sostanza. Meno l'odore speciale ed alcune reazioni chimiche caratte- ristiche, si hanno in questo avvelenamento gli stessi sintomi o si producono le stesse lesioni anatomo-patologiche che in quello prodotto dal cloroformio, per cui mi limiterò a indicare soltanto i criteri fisico-chimici in grazia dei quali si mettono in essere questi due eteri. L' odore dell' etere solforico e dello acetico sono diversi da quello del cloroformio. L' etere solforico mentre riduce al pari del cloroformio l'acido cromico, se ne distingue in ciò che i prodotti della sua decomposizione ottenuta col farlo attraver- sare un tubo di porcellana scaldato a rosso, e fatti quindi gor- gogliare nella soluzione di azotato di argento, non vi producono alcun precipitato e molto meno quello rappresentativo il cloruro di argento. L'etere acetico poi scaldato in vaso chiuso per qualche ora colla barite si trasforma in alcool e in acetato di barite, il qual sale disseccato e scaldato coli' acido arsenioso dà l'odore di ca- codile che è caratteristico degli acetati. — 231 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA SABINA E DAL SUO OLIO ESSENZIALE. La sabina è velenosa per se e per il suo olio essenziale, è tanto con quella che con questo si sono provocati degli aborti criminosi e non raramente la madre e il feto ne sono stati le vittime. L'olio essenziale di questa pianta ha un'odore speciale e con prontezza è assorbito e si diffonde per la economia, venendo all'esterno principalmente con l'aria espirata, col traspirato cu- taneo e con le orine. Tanto la pianta che l'olio sono dotati di una azione acre ed irritante e producono la morte in. 12, 15 o 24 ore, provo- cando da prima dei vomiti, ma specialmente delle scariche alvine violente, a #ui tengono dietro più o meno presto dell'ebbrezza lo stupore, i movimenti disordinati, il delirio, la dilatazione delle pupille, l'invilimento delle azioni circolatorie e respiratorie, il - freddo della pelle, dei dolori colici uterini, l'aborto, il coma e se la dose del veleno abortivo è stata generosa, in breve la morte. Le materie vomitate spirano forte l'odore della sabina e al microscopio vi possono essere discoperte la polvere delle foglie secche o dei piccoli brani di foglie fresche. L' autossia in questi casi non rivela al perito necroscopo che delle alterazioni locali, ubicate nello stomaco e specialmente nei crassi intestini, comuni e che sono rappresentative del pro- cesso acuto di flogosi e quindi non ha alcun valore a fare dia- gnosticare questo avvelenamento. Però in alcuni casi il contenuto stomaco-intestinale può offrire gli stessi caratteri propri delle materie vomitate, nel qu.al caso le lesioni anatomo-patologiche perdono il carattere di comuni, e si erigono a criterio diagno- stico dello avvelenamento. Il perito chimico isolerà dalle materie che furono vomitate e da quelle che furono rinvenute nel tubo alimentare del cadavere, la mercè della distillazione, l'olio essenziale di sabina, che egli ca- ratterizzerà specialmente per il suo odore particolare, essendoché per ora la chimica non ci ha indicata alcuna reazione che gli sia propria. Non dovrà mai trascurare di analizzare le orine, che egli — 232 — agiterà, dopo averle acidulate con acido cloridrico, con petrolio, quindi evaporerà e scaldando poi leggermente il residuo della evaporazione quasi sempre otterrà l'odore caratteristico dell'olio essenziale. Per concludere però per l'aborto criminoso procurato con la sabina o col suo olio essenziale, egli non solo terrà conto dello apparato fenomenale morboso, delle lesioni anatomo-patologiche, dei caratteri botanici della pianta e dello speciale odore di essa e dell' olio essenziale che avrà isolato dalle materie sospette, ma anche delle circostanze estrinseche al fatto, della posizione sociale della donna, della sua moralità ec. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA RUTA E DAL SUO OLIO ESSENZIALE. La ruta fresca o il suo olio essenziale sono stati e sono amministrati come abortivi; e non di rado è avvenuto che le di- sgraziate che vi hanno fatto ricorso nella speranza di nascon- dere la loro vergogna, per averlo preso a dosi troppo generose ne sono morte poco dopo di essersi sgravate di un feto che più non viveva. Anche l'olio essenziale di ruta è assorbito con prontezza e passa, dopo di avere circolato per la economia, nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione, e viene all'esterno con l'aria espirata, col traspirato cutaneo e colle orine. I fenomeni morbosi con cui si estrinseca questo avvelena- mento sono, vomiti violenti e pronti di materie muccose, biliose e sanguigne, da cui spira forte 1' odore speciale e nauseabondo della ruta; dolori epigastrici, sete intensa, tumefazione e ros- sore della, muccosa buccale e linguale, salivazione abbondante. In genere non si-hanno scariche alvine né dolori colici oppure se delle scariche alvine si manifestano, (meste non sono né abbondanti, né violente. A questi fenomeni tengono dietro l'eb- brezza, il disordine dei movimenti delle membra e della testa, la contrazione delle pupille, il delirio, il decadimento delle forze, il lentore e la piccolezza del polso; e dopo 12 o 24 ore di questa scena, le coliche uterine che vanno crescendo e facendosi seni- — 233 — pre più intense, a cui succede 1' aborto, e se la dose fu alta la morte, non tanto per 1' aborto quanto principalmente per gli effetti locali e generali prodotti da questo mezzo abortivo. Alla autossia il perito necroscopo troverà flogosata la muc- cosa gastrica e quella uterina. Il perito chimico in questi casi si comporterà come nello avvelenamento prodotto dalla sabina e dal suo olio essenziale: Io riconoscerà specialmente al suo caratteristico odore, e quando furono ingerite le foglie fresche ai loro caratteri botanici. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA CANFORA. Lo storia registra qualche caso di avvelenamento prodotto dalla canfora ingerita a dose generosa. La canfora è assorbita con una certa prontezza, passa nel sangue e viene all' esterno principalmente con l'aria espirata, con la traspirazione cutanea e colle orine. I fenomeni da cui è rappresentato questo avvelenamento sono senso di freddo e insieme di calore nello stomaco, sete, ritorni alla gola che sanno di canfora; e ciò anche quando ii veleno sia stato pòrto per clistere; i vomiti non avvengono o si dichiarano tardi, nel quale caso dalle materie che sono rejette spira molto intenso l'odore di canfora che emana anche dall'aria espirata. A questi fenomeni fanno corredo la cefalalgia, un certo stato di ebbrezza, l'ansietà, l'agitazione, una estrema debolezza con rallentamento delle azioni circolatorie e respiratorie, il deli- quio e la sincope, talora qualche convulsione tonica, la dilata- zione delle pupille, l'occhio brillante e rosso, la insensibilità, esplode infine il delirio, in genere leggero, al quale tien dietro la morte ora preceduta dal coma, ora no. L'autossia il più spesso non rivelerà al perito necroscopo alcuna lesione costante, solo la muccosa gastrica gli si offrirà flogosata quando fu presa per bocca, mentre troverà flogosata la muccosa del retto quando l'avvelenamento avvenne per la introduzione della canfora per l'ano. Il sangue sarà scuro e tra- manderà 1' odore caratteristico della canfora, che verrà pure esalato dal tubo gastro-intestinale e dal suo contenuto. — 234 — Il perito chimico metterà a nudo la canfora distillando le materie sospette. Nei casi dubbi però egli dovrà istituire delle esperienze comparative colla canfora pura; ma poi non deve dimen- ticare che la presenza di questa sostanza nelle materie sospette non indica sempre un tentativo di avvelenamento, essendo essa un medicamento popolare di cui si fa uso comune in molte con- trade. Tuttavia quando sia molta la canfora che dal chimico fu ri- trovata nelle materie dei vomiti, nel contenuto stomaco-intesti- nale del cadavere e nelle orine, e quando alla autossia sia stato molto forte 1' odore esalato dal sangue, il perito potrà andare franco e concludere per l'avvelenamento. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL'OLIO DI CROTON TILIUM. L'olio di croton non è assorbito che lentamente, per cui ha tutto il tempo di produrre gravi i suoi effetti locali. Appena è stato ingerito in una dose che sia superiore a quella terapeutica, viene in scena un senso di bruciore nella cavità della bocca e lungo 1' esofago, che si estende e cresce nello stomaco; si manifestano dei sudori freddi, il polso si fa impercettibile, i battiti del cuore appena avvertibili, la respira- zione diviene molto imbarazzata, le estremità delle dita si fanno livide, un cerchio bleu si manifesta intorno agli occhi e bluastre pure divengono le labbra, la lingua fredda, le pupille immobili; il ventre si fa sensibilissimo, vengono delle nausee e dei vomiti di un colore giallastra, da cui spira l'odore speciale e nausea- bondo dell'olio accennato. A questi fenomeni fanno seguito, dopo 1 o 2 ore, delle evacuazioni alvine abbondanti, involontarie, muc- cose, biliose e sanguigne, con senso di forte bruciore all' ano, le orine si sopprimono, le forze decadono sempre di più, il freddo cresce, la cianosi si estende a tutta la pelle, viene la insensi- bilità e dopo 4, 6, 8 o 12 ore la morte tronca questa misera scena. Il perito necroscopo troverà alla autossia la muccosa ga- strica e specialmente la intestinale iperemica, rammollita ed ulcerata, con delle ecchimosi sotto muccose e del sangue misto a mucco stratificato su di essa. — 235 — Questo avvelenamento, come si vede, somiglia molto al co- lera asiatico, solamente ne differisce in ciò che mentre in questo le materie vomitate e quelle emesse dall'ano sono come la la- vatura del riso, nello avvelenamento invece sono muccose e bi- liose, e quelle che uscirono dall'ano sono inoltre sanguigne, e poi spira dalle medesime e specialmente da quelle che furono vomitate, in particolare modo allorché si abbia l'avvertenza di riscardarle, l'odore sgradevole proprio dell'olio di croton. Il perito chimico per estrarre l'olio di croton dalle materie vomitate e dal contenuto stomaco-intestinale del cadavere, le mescolerà a dell'etere solforico, il quale si impadronirà dell'olio che abbandonerà quindi per evaporazione. L'olio che avrà così ottenuto e che sarà giallo rossastro, di consistenza siropposa, di sapore acre bruciante, di odore sgradevole, lo applicherà sulla pelle privata di peli di un coniglio o di un cane, o su quella dell'uomo, e se per questa applicazione si manifesterà un eri- tema vescicoloso a piccole vescicole, concluderà per l'avvelena- mento in discorso. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLA GOMMA-GUTTA. Con la gomma-gutta sono stati prodotti degli avvelena- menti specialmente accidentali, i quali, meno alcune differenze che scaturiscono dalla natura dell'ingerito veleno, in tutto e per tutto dal lato dei sintomi e delle lesioni anatomo-patologiche assomigliano a quello prodotto dall' olio di croton. Le materie vomitate sono di un giallo chiaro e da esse non spira alcuno speciale odore. Il perito chimico quando abbia che fare con un tale avve- lenamento, tratterà a caldo con i carbonati alcalini le materie sospette, filtrerà dopo che ve le avrà tenute in digestione per qualche ora, ed infonderà nel liquido filtrato un acido, per pre- cipitare la gommo-resina, che egli riconoscerà al suo colore giallo e ai caratteri comuni alle gommo-resine. — 236 — IT. Dello avvelenamento prodotto dai metalli propria- mente detti e dalle loro principali e più impor- tanti combinazioni. AVVELENAMENTO PROBOTTO DALL' ARSENICO E DALLE SUE COMBINAZIONI. Questo avvelenamento è stato nelle epoche passate spes- sissimo criminoso, ma oggi di rado è tale e se si verifica è in genere accidentale o volontario. Il maggior numero degli avve- lenamenti criminosi è stato prodotto coli'acido arsenioso, il quale possedendo un sapore che è da prima dolciastro o zuc- cherino poi leggerissimamente stittico, si presta benissimo per la somministrazione insidiosa. Del resto si sono verificati degli avvelenamenti, il più spesso volontari o accidentali, per 1' uso dell' arsenico metallico, dei solfuri rosso e giallo, degli arseniti e arseniati alcalini e metallici, e dello stesso gas idrogene arse- nicale. , L'arsenico metallico e i solfuri di arsenico agiscono come acido arsenioso, perchè il primo in presenza dell' aria umida si ossida fàcilmente e presto, e gli altri lo contengono normal- mente in copia maggiore o minore. Tutti i composti solubili dell'arsenico sono assorbiti con maggiore o minora prontezza. Trattenendosi nel tubo gastro- enterico ed incontrandovi l'idrogene che di continuo nasce dalle materie alimentari, passano in parte allo stato di gas idrogene arsenicale e discesi negli ultimi tratti intestinali, in grazia della presenza del gas solfidricio, si convertono in solfuro insolubile. Giunti nel seno del sangue, sembra che modifichino la costitu- zione dei globetti rossi e tendono anche a distruggerli; infatti non solamente essi si offrono dissociati, ma anche diminuiti di numero, e si vedono comparire con molta rapidità i cristalli di emoglobulina; ed anzi dalle ultime esperienze del Tamassia, istituite con l'acido arsenioso sui cani, risulterebbe che è molta — 237 — la copia dei globetti rossi che resta distrutta, e che quelli che sfuggono a questa maniera di alterazione si offrono sformati e ridotti in più piccole granulazioni rossigne. Non pare che sia vera, rome voleva il Liebig, che l'arsenico entri in combinazione con gli albuminoidi. E stando alle esperienze dello stesso Tamassia si può ritenere che l'arsenico ritardi od arresti non solo la os- sidazione delle sostanze ternarie, ma anche quella delle sostanze albuminoidi, ed eserciti un' azione depressiva sulle attività organiche. Passati quei composti medesimi nella intima,trama dei tessuti e degli organi, vi si accumulano ed in alcuni si fissano più o meno stabilmente, combinandosi con qualcuno dei toro materiali integranti e forse sostituendone altri, come ad esempio, nel cervello il fosforo, nelle lecitine cerebrali e nelle ossa 1' acido fosforico dei loro fosfati. Quello che è singolare si è, che 1' arsenico si fissa e si accumula prima che in ogni altra parte della economia, negli organi nervosi e nelle ossa, per cui comparisce in quelli e in queste assai più presto che nel fegato, nella milza, nei muscoli e nei prodotti delle funzioni di secrezione e di separazione. L'arsenico si trova pure accumulato negli organi caduchi, come capelli, peli, unghie, epidermide e l'epitelio. L' Orlila, che per il primo istituì delle esperienze sui cani con lo scopo di determinare quanto tempo impiega l'arsenico ad uscire dal corpo, stabilì che la eliminazione si completava in 30 giorni. In seguito Chatin asserì che si completava invece in 12 o 15 giorni. Dragendorff poi ricorda la osservazione di un uomo il quale aveva preso per un certo tempo dell'arse- nico e che questo veleno fu ritrovato nelle di lui orine 6 setti- mane dopo l'ultima propinazione e nelle materie fecali 8 set- timane dopo. Questa ultima osservazione, messa d'accordo col fatto del fissarsi 1' arsenico in alcuni organi e tessuti con una certa tenacità, e coli' altro del rallentarsi od arrestarsi sotto l'uso di questa sostanza i processi di ossidazione, ci fa gran- demente presumere che l'eliminazione dell' arsenico debba essere molto lenta, e* perciò non possa nello stato attuale della scienza precisarsi il tempo in cui si sarà compiuta. In ogni modo que- sto tempo dovrà essere lunghissimo, e tanto più quanto più duratura fu la sua lenta e graduale penetrazione nella economia. — 238 — Le preparazioni arsenicali costituiscono tutte dei veleni molto ' energici anche a piccole dosi. Sarebbe di un grande interesse di potere fissare più esattamente che fosse possibile, quale sia la dose venefica e mortale. Il Dott. Lachèse in una memoria molto ben fatta ha tentato di risolvere la questione: stando alle sue conclusioni saremmo condotti ad ammettere, che nell'uomo 6 milligrammi di acido arsenioso possono produrre dei fenomeni morbosi, ma non però gravi; 1 a 3 centigrammi dei sintomi di avvelenamento; 4 a 10 centigrammi la morte; Taylor che ha bene compresa la importanza e la difficoltà del problema, non crede che sia in nostro potere di fissare la dose alla quale il veleno può essere amministrato senza cagionare la morte, e fat- to lo spoglio esatto di un gran numero di osservazioni che si posseggono, stabilisce che 10 a 15 centigrammi possono in certi casi, poco frequenti egli è vero, bastare a dare la morte. D'al- tronde gli effetti mortali di questo, come di tutti gli altri veleni non scaturiscono soltanto dalla dose, ma anche dalle circostanze diverse d'età, di costituzione, di modo di alimentazione, di con- dizioni patologiche ec, in cui si trova l'individuo che prese l'arse- nico e che possono modificare in un senso o nell'altro il grado di attività del veleno. E che sia così ce lo dimostra il fatto clinico, il quale ci fa sapere che l'arsenico e le sue preparazioni possono essere ingerite anche per molto tempo senza che ne succedano ef- fetti venefici alla dose di 15, 20 e 25 centigrammi nelle venti- quattro ore: e vi sono poi dei mangiatori di arsenico che lo tolle- rano a queste stesse dosi. Per fortuna nella pratica medico-legale questa quistione perde della sua importanza, perchè nei casi di avvelenamento acuto criminoso e in quelli di-suicidio, è ben raro che la dose del veleno arsenicale ingerito non sorpassi più o meno la quantità che è necessaria per produrre la morte. E appena necessario di ricordare che gli effetti di questo e degli altri veleni tutti, varieranno secondo lo stato di pienezza o di vacuità dello stomaco, e soprattutto secondo la quantità del veleno che è tornato fuori coi vomiti e colle evacuazioni ven- trali ec. L' abitudine ha in ciò che riguarda questo avvelenamento una incontestabile influenza per smorzarne le proprietà velenose, — 239 — come ci viene dimostrato dagli abitanti della bassa Austria e del Tiralo, i quali mangiano giornalmente l'acido arsenioso, per sostenere meglio le fatiche della montagna e mantenersi grassi e svelti. Dessi si abituano a prenderne giornalmente, còme abbiamo di già avvertito, da 10 a 25 centigrammi. Nella pratica medico-legale possono darsi tre casi, quello cioè in cui si tratti di morte per avvelenamento acuto prodotto dall'ingestione dell'arsenico; l'altro in cui si tratti di morte per avvelenamento acuto prodotto dalla applicazione esterna dell'ar- senico; interzo in cui si tratti di morte per avvelenamento lento: e tanto in quelli che in questo può accadere al perito necroscopo di avere come no a propria disposizione la storia dei fenomeni morbosi che precederono la morte. Primo caso. — Avvelenamento acuto per ingestione del- l' acido arsenioso. — Allorché dalla storia che il giudice d'istru- zione consegnò al perito necroscopo risalti; che l'individuo a cui appartiene il cadavere, dopo 30 o 60 minuti oppure dopo 6, 10 ed anco 18 ore daliajmgestione di una bevanda, di un alimento, di un medicamento, si fece contraffatto nel volto, ebbe delle nause e alle quali tennero dietro dei vomiti di materie alimentari e muc- cose, ove si vedevano o no qua e là dei piccoli frammenti bianchi opachi di aspetto vetroso oppure della polvere bianca; che raccolti alcuni di questi frammenti os un poco di polvere, non che una por- zione delle vomitate materie e bagnatele con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio, assunsero una colorazione giallo-citrina, e proiettati i frammenti e la polvere stessa sopra dei carboni incan- descenti si svolsero dei vapori di odore agliaceo; che il paziente nel tempo che vomitava avvertì un certo allegamento dei denti, ebbe della sete inestinguibile, della salivazione, del bruciore al- l'epigastrio, che si estese al ventre e al quale tennero dietro delle scariche alvine abbondanti e ripetute di materie muccose gialle o verdi, da cui esalava un odore eccessivamente fetido e ribut- tante; che mentre questi fenomeni andavano aggravandosi, cadde in una grande debolezza e deboli e irregolari si fecero i battiti cardiaci, si rallentò la respirazione, la pelle si fece fredda, la faccia plumbea, la lingua pure fredda, le estremità cianotiche e — 240 — sede di crampi dolorosi e spasmodici; che le orine si fecero scarse o si soppressero, mentre per di sopra e per di sotto seguitavano ad uscire le materie del tubo gastro-enterico; che a un tale insieme di fenomeni successe una certa calma, di breve durata però ed ingannevole, giacché essi tornarono ben presto in scena più intensi e più gravi di prima; che vi si ag- giunsero la itterizia, le macchie petecchiali oppure delle vescicole o delle papule; che la poca orina emessa si mostrò albuminosa; che infine in mezzo ad un estremo invilimento delle azioni car- diache, ad un freddo glaciale, restando pure intatta la intelli- genza, avvenne la morte preceduta dalla sincope, allorché dico gli risulti dalla storia un cosiffatto apparato fenomenale, il perito necroscopo potrà ritenere che si tratti di avvelenamento pro- dotto dall' acido arsenioso. Allorché però nella storia mancassero i fenomeni patogno- monici che dovrebbero essere forniti dalle materie vomitate, il perito non potrebbe avere in tal caso che una presunzione più o meno grande di un tale avvelenamento. Infatti potrebbero non esistere in quelle materie i frammenti o la polvere bianca, per- chè il veleno fu ingerito disciolto; potrebbe non apprezzarsi la colorazione giallo-citrina nelle materie dei vomiti, perchè ricca- mente biliose; o questa esistendo potrebbe essere espressione dei sali di cadmio o di quelli stagnici, i quali coll'acqua solforosa o con il solfuro di ammonio danno un solfuro che appunto ha questo medesimo colore; oppure potrebbe la colorazione giallo- citrina essere oscurata dalla presenza del tartaro emetico o del solfato di rame che fossero stati pòrti dal medico curante come emetici, giacché si sa che l'acqua solforosa o il solfuro di am- monio versato sulle medesime materie fa assumere loro nel primo caso una colorazione giallo-arancio, nel secondo scura o nera. I fenomeni cadaverici e i criteri anatomo-patologici confer- meranno la formulata diagnosi medico-legale, oppure aggiunge- ranno valore all' accennata presunzione od anche, quando manchi la storia dei fenomeni morbosi pregressi, avranno valore a fare sospettare di questo avvelenamento. Ora, quando il perito necroscopo sappia od abbia da sé stesso — 241 — constatato, che la putrefazione nel cadavere tardò moltissimo tempo a manifestarsi, e quando trovi il cadavere ben conservato, abbenchè sieno scorsi molti giorni dalla morte, o quantunque la stagione corra caldo-umida, e procedendo alla autossia trovi le gengive, le pareti buccali, il velo del palato di colore rosso vivo; la lingua tumefatta, la faringe e l'esofago cospersi di macchie grigiastre sanguinolenti, la muccosa stomacale nel suo gran cui di sacco sede di 2, 3 o più placche ovali o rotonde, di colore violaceo o nerastre, costituite da sangue raccolto sotto la muccosa che in alcuni punti è escoriata o gangrenata, e che la muccosa duodenale e ciecale è sede, oltreché di queste stesse alterazioni, anche di una eruzione psorica, formata dal rigonfia- mento dei follicoli isolati e in tutto simile a quella che si osserva nel colera; quando trovi nelle pieghe della muccosa delle briciole bianche o giallo-citrine, e che quelle bianche divengono giallo-citrine bagnandole con l'acqua solforosa o col solfuro di am- monio; quando finalmente rinvenga i polmoni iperemici e veda delle larghe echimosi sottopleurali, sottopericardiche, sottoendo- cardiche e sottoperitoneali, e trovi specialmente il fegato, il cuore e i reni sede di degenerazione grassosa, il sangue nero e sciolto od invece imperfettamente congulato e i suoi globetti rossi distrutti o aggrinzati, impiccoliti ec, concluderà per questo avvelenamento. Né accorderà alcun valore diagnostico alla presenza nel sangue di quantità non piccole di vibrioni, bacteri e monadi, perchè questo, che Klob dà come caratteristico reperto dello avvele- namento in parola, è un fatto, come giustamente nota il Tamas- sia, che non è speciale, ma che si verifica sempre là ove vige il processo putrefattivo, Non sempre però il perito necroscopo avrà a propria dispo- sizione tutti questi criteri clinici, cadaverici e anatomo-patologici, perchè si danno in pratica dei casi subdoli da cui il perito non può ricavare alcun dato per formulare la diagnosi medico-legale, e nei quali è di assoluta necessità il ricorrere ai responsi della indagine chimica. Infatti, nella forma di avvelenamento che il Tar- dieu chiama latente, i fenomeni che scaturiscono dal tubo gastro- enterico fanno assolutamente difetto, per cui non vi sono né vomiti, né evacuazioni alvine, e frattanto la morte avviene rapidamente Bellini ic — 242 — nello spazio di alcune ore. Sono stati osservati questi casi soprat- tutto allorché il veleno è stato ingerito disciolto nella acqua, o che in qualsivoglia modo è passato con estrema prontezza nel torrente circolatorio, e così ha prodotto subdolamente la debo- lezza generale, il raffreddamento del corpo, l'invilimento grande delle azioni del respiro e del circolo sanguigno, gli svenimenti e la sincope mortale, senza lasciare nel cadavere le tracce della sua mortifera azione. Secondo caso. -— Avvelenamento acuto per esterna appli- cazione dell' acido arsenioso. — La storia registra qualche caso di avvelenamento mortale avvenuto per la esterna applicazione dell'acido arsenioso: o Roux fra gli altri ricorda di un individuo che perì appunto per questa maniera di applicazione del veleno. I fenomeni morbosi con cui si estrinseca un tale avvelenamento sono precisamente quegli stessi che vengono in scena, allorché questo ed altri arsenicali sono stati ingeriti: solamente nelle materie rejette con i vomiti mancano i piccoli frammenti o la polvere bianca, e l'acqua solforosa o il solfuro di ammonio non fanno assumere a quelle materie la colorazione giallocitrina di cui abbiamo parlato. Anche i fenomeni cadaverici e le alterazioni anatomo-pato- logiche, quelle inclusive della muccosa del canale digerente non differiscono da quelle che si rinvengono nei cadaveri di coloro che perirono per la ingestione del veleno; ciò che è stato ve- rificato nell' uomo, e confermato con esperienze sui cani anche recentissimamente dal nostro Tamassia. Il quale avrebbe tro- vato tanto nel caso di interna, quanto in quello di esterna ap- plicazione del veleno, che le varie tuniche dello stomaco e dello intestino, tranne in quei punti che erano sede di suffusioni san- guigne, erano sempre adese le une alle altre, per cui verrebbe ad essere messa in dubbio l'asserzione di Liman che cioè il distac- carsi delle tuniche dello stomaco e dello intestino sia un fatto proprio dello avvelenamento per l'arsenico. Però in questo caso, il contenuto stomaco-intestinale non offre quelle caratteristiche che possiede quando l'avvelenamento acuto e la morte avven- nero per la ingestione del veleno. — 243 — Per cui, quando l'avvelenamento sia avvenuto per la esterna applicazione dell' acido arsenioso, del cloruro di arsenico ec usati come caustici o come mezzi distruttori d'impiagamenti can- cerosi , il perito necroscopo potrà soltanto ricavare qualche fenomeno patognomonico, portando la sua attenzione sull' impia- gamento stesso o sullo apparecchio di medicatura, e versando su quello e su questo della acqua solforosa o del solfuro di am- monio potrà avere la colorazione giallo-citrina caratteristica; dico caratteristica perchè i sali stagnici e quelli di cadmio, che assu- mono questo stesso colore, non sono mai usati a questo scopo. Allorché il perito necroscopo si imbatterà nel cadavere di un individuo che perì in poche ore, e che per ciò non offrirà al- cuna valutabile alterazione anatomo-patologica irritativa e flogi- stica, e molto meno la degenerazione grassosa del cuore, del fegato ec, sarà nella impossibilità non dirò di diagnosticare, ma né anche di presumere questo avvelenamento, e starà alla chimica a spargere della luce in tal proposito. Tolto però que- sto caso, quando il perito necroscopo stesso si trovi d'innanzi ad un cadavere che resista straordinariamente alla putrefazione, che offra degenerati in grasso il fegato e i reni, e mostri ram- mollita, flogosata, ulcerata o cospersa di ecchimosi e di plac- che gangrenose la muccosa stomacale, specialmente nel suo gran cui di sacco; quando le ulceri sieno grandi, vi sia la psorienteria ed esistano delle ecchimosi sottosierose, sottoendocardiche ec. e molto più se nelle pieghe della muccosa enterica e nel con- tenuto stomacale trovi della polvere o delle piccole briciole dure biancastre o giallo-citrine, e se quelle biancastre si faranno giallo-citrine bagnandole con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio, e spanderanno dei vapori di odore agliaceo scaldandole, egli avrà non dirò ragione di presumere, ma di asserire che ai tratti del cadavere di un individuo che morì avvelenato per la ingestione dell' acido arsenioso. Quando poi sia stato ingerito o usato all'esterno ì' acido arsenico, siccome esso è solubilissimo, così avviene che la morte sia pronta e che perciò questo veleno non lacji tracde di sé nel cadavere; per cui anche in questo caso sarau-o i criteri chimici, anziché i clinici e gli anatomo-patologici, quelli che — 244 — metteranno sulla via il perito di formulare la diagnosi medico- legale dello avvelenamento in discorso; ma di questi criteri chi- mici ne terremo parola, quando ci saremo occupati del terzo caso pratico. Terzo caso. — Avvelenamento lento. — La forma lenta dell'avvelenamento per l'acido arsenioso è l'effetto, il più d'or- dinario, dell' amministrazione di dosi ripetute e successive del veleno ad intervalli di tempo più o meno lunghi. Ora, quando dalla storia del medico resulterà, che un individuo che era affidato alle sue cure, fu colto un tal giorno da nausee e da vomiti di materie muccose e biliose, i quali ebbero corta durata e anziché sollevare il malato lo lasciarono più o meno spossato; che dopo qualche giorno di calma e di miglior essere torna- rono le nausee e i vomiti e questa volta si prolungarono di più ed il malato si lamentò anche di un senso fuggevole di acrezza e di calore bruciante nella, gola e nello stomaco, e rimase molto più de- bole e per maggiore tempo dell' altra,volta; che dopo una inter- missione di qualche giorno, comparvero nuovamente delle nausee e dei vomiti, i quali ora erano dolorosi, inani e difficili, ora si effettuavano con larghezza; che a questi si fecero compagni la disappetenza, delle coliche, delle scariche alvine, dei dolori vaganti per le membra, delle vertigini, una estrema lassezza e tale che il malato non si reggeva sui piedi; che di tanto in tanto perdeva del sangue dal naso, mentre dimagrava a vista d'occhio; che più tardi comparvero alla pelle delle macchie petecchiali e a volta a volta un eruzione migliariforme; che per i più piccoli movimenti della persona sveniva e cadeva in sincope; che mentre seguitavano con frequenza maggiore le nausee, i vomiti e la diarrea, e l'individuo assumeva l'aspetto di una anticipata vecchiezza, vennero in scena delle convulsioni, dei dolori alla colonna vertebrale, delle contratture alle dita, dei tremori, delle alternative di caldo e di freddo, un senso di prurito insopportabile alla pelle, le paralisi specialmente sotto forma di paraplegia e quindi la morte in mezzo ad una sincope, il perito necroscopo sospetterà che si tratti di avvele- namento lento e molto presumibilmente di quello prodotto dal- — 245 — F acido arsenioso. Ed avvalorerà questo suo concetto diagnostico, quando gli sia dato di constatare i fenomeni cadaverici « le alterazioni anatomo-patologiche che abbiamo descritte a propo- sito dell'avvelenamento acuto prodotto dall'acido arsenioso. Il perito chimico, svincolato che avrà il veleno dalle ma- terie sospette, lo metterà nello apparecchio di Marsh. Il prin- cipio che regola il modo di mettere in essere con questo ap- parecchio il veleno nel liquido ottenuto da quelle materie, consiste nello isolare l'arsenico allo stato metallico mettendo a profitto i tre fatti seguenti: 1.° che cioè l'idrogene nell'atto che nasce riduce allo stato metallico i composti ossidati e i sali dell' arsenico 2.° che l'idrogene e l'arsenico tutti e due allo stato nascente finiscono per formare degli idruri di arsenico, l'uno solido che non si forma che in piccola quantità e non è volatile, l'altro gassoso (gas idrogene arsenicale) che costituisce il prodotto prin- cipale della operazione; 3.a» che l'idruro di arsenico gassoso traversando un tubo scal- dato a rosso, si' decompone in idrogene ed in arsenico, che si deposita nella parte raffreddata del tubo sotto forma di un anello brillante. Allorché invece si infiamma il getto del gas a contatto dell'aria, si formano dell'acqua e dell'arsenico il quale si ossida tosto e si converte in acido arsenioso. L'ossidazione si può evitare schiacciando la fiamma col mezzo di un corpo freddo, per esem- pio un piattello di porcellana, che abbassi la temperatura e im- pedisca l'accesso dell'aria; nel quale caso l'arsenico si deposita sul corpo freddo sotto forma di macchie di un grigio-fulvo. La condotta di questa operazione reclama delle numerose precauzioni che devono essere famigliari a coloro che si accin- gono a funzionare da periti chimici. L'idruro di arsenico che si svolgerà nell'apparecchio di Marsh, sarà inodoro e brucerà con fiamma bianco-bluastra se la estre- mità affilata del tubo sarà di platino, ma se sarà di vetro, la fiamma del gas sarà gialla, perchè la soda del vetro, volatiliz- zandosi in parte, gli fa assumere questo colore. Le macchie e l'anello che si saranno ottenuti dovranno offrire le seguenti carat- teristiche e reazioni per poterle elevare a segni rappresentativi la esistenza dell'arsenico nelle materie sospette. — 246 — Esaminate con una lente dovranno presentare F aspetto di uno strato sottile di un bruno metallico. L'anello se sarà arse- nicale, si sarà formato in quel punto del tubo orizzontale che viene dopo la parte di esso che è scaldata, e dovrà spostarsi fàcilmente con riscaldare il tubo in cui primitivamente si pro- dusse, vale a dire in una corrente di idrogene, e ciò in grazia della facile volatilità dell'arsenico; scaldato a contatto dell'aria dovrà trasformarsi in acido arsenioso, che si depositerà sulle pareti raffreddate del tubo sotto forma di uno strato cristallino molto refrangente e composto di ottaedri o di tretraedri, osser- vandolo con una lente. Volatilizzando una parte delle macchie o dello anello si dovrà rendere manifesto un odore agliaceo Una soluzione d'ipoclorito di soda farà sparire le macchie, tosto che sarà stata versata su di esse. Bagnate le macchie arsenicali col solfuro di ammonio ed evaporate con precau- zione diverranno di colore giallo-citrino, e non saranno disciolte dall'acido cloridrico di media concentrazione. Facendo passare una corrente di gas solfidrico per il tubo e al tempo stesso scaldandolo in vicinanza dell' anello, questo assumerà la accen- nata colorazione. Trattando le macchie con l'acido azotico spa- riranno, e bagnando poi con una soluzione di nitrato d'argento il sito in cui esistevano, vi comparirà una colorazione rosso- mattone. L' ozono trasformerà l'arsenico rapidamente in acido arsenico, che arrosserà la carta di tornasole. Questa reazione si otterrà esponendo le macchie ai vapori del fosforo umido. Esponendo le macchie in parala ai vapori d'iodio o a quelli di bromo da prima si faranno giallo-biancastre poi brune, e scadan- dole appena in contatto dell'aria la colorazione sparirà, e proiet- tandovi sopra del gas solfidrico, si vedrà comparire, nel sito in cui esistevano, delle macchie giallo-citrine le quali alla loro volta spariranno anch'esse esponendole ai vapori ammoniacali. Una volta che sieno state constatate queste reazioni, il pe- rito chimico potrà assicurare, che le materie sespette che gli furono consegnate contendono l'arsenico. Spesso però la Giustizia non si limita a domandare se le materie sospette contengono dello arsenico; essa vuole anche conoscere la natura del composto arsenicale che è stato som- — 247 — ministrato. Se il composto che fu preso o propinato era insolubile o poco solubile, il perito chimico con una lente oppure con le lavande che praticherà sulle materie dei vomiti e dei secessi e sul tubo gastro-intestinale del cadavere, potrà giungere a met- tere in chiaro quale esso sia. Se troverà dei piccoli frammenti scuri di aspetto metallico, i quali scaldati spanderanno un odore agliaceo, e messi nell' apparecchio a idrogene nascente daranno un anello e delle macchie che offriranno i caratteri accennati or ora, dirà che fu ingerito dell'arsenico metallico. Mentre se i frammenti saranno bianchi, d'aspetto vetroso come quello della porcellana od anche opachi, e proiettati su dei carboni accesi o sopra un ferro rovente spanderanno un odore agliaceo, e iiell' apparecchio di Marsh daranno 1' anello e le macchie, di- chiarerà che l'ingerito veleno fu l'acido arsenioso. Se traverà una polvere di un verde-chiaro che si farà celeste con l'am- moniaca, dirà che l'ingerito veleno fu l'arsenito di rame. Ma se il veleno ingerito era allo stato liquido, allora s'in- tende bene che non avrà modo con le lavature di isolarlo, e dovrà sottoporlo all' apparecchio di Marsh. Però potrà in qualche caso accadere, che il medico abbia trovato presso il malato un residuo dell'ingerito veleno, e in questo caso sarà possibile al perito di determinare di che natura, esso sia anche quando fosse liquido. Così se sarà acido arsenioso, aggiungendovi qualche goccia di acido cloridrico e facendolo attraversare da una corrente di gas idrogene solforato, avrà un precipitato giallo-citrino di trisolfuro, che sarà solubile nella ammoniaca. Se sarà un arsenito neutro, versando nella sua soluzione l'azotato d' argento neutro vedrà prodursi un precipitato giallo di arsenito di argento, che sarà solubile nell'ammoniaca e nell'acido azotico; mentre se vi verserà del solfato di rame avrà un precipitato verde di arsenito di rame. Se sarà stato preso F acido arsenico, e di questo ne sarà stato'trovato un residuo presso il malato, lo riconoscerà alla forte reazione acida che darà alle carte reattive, l'idrogene solforato non lo preci- cipiterà che lentamente a freddo, pia rapidamente a caldo e il precipitato sarà di un giallo pallido; la soluzione ammoniacale di questo precipitato darà con l'azotato d'argento un preci- pitato rosso-mattone di arseniato di argento, che si discioglierà — 248 — nell'ammoniaca come gli arseniti, ma sarà più difficilmente so- lubile nell' acido azotico; il solfato di rame vi produrrà un pre- cipitato bluastro di arseniato di rame, e il cloruro di ferro un precipitato bianco-giallastro di arseniato di ferro. Se il residuo conterrà degli arseniati alcalini, allora versando sopra una por- zione di esso l'azotato di argento, avrà un precipitato di arse- niato di argento colore rosso-mattone. Il perito chimico ottenuti che abbia questi risultati, non ha terminato il suo compito; egli dovrà inoltre portare le sue ricerche anche sugli antidoti chimici che furono usati dal me- dico curante durante la vita dell' individuo avvelenato, e che egli conservò e consegnò al giudice d'istruzione per vedere se fossero o no arsenicali, molto più che fra questi antidoti figu- rano dei composti del ferro, che, come è noto, hanno quasi sem- pre per compagno l'arsenico. Una volta ritrovato l'arsenico nelle materie sospette, il pe- rito non potrà asserire che si tratti di avvelenamento, finché non abbia eliminato il caso che esso possa avere avute altre maniere di origine. Ma poiché di una tale eliminazione ce ne siamo occupati nella parte generale di questo manuale, così la- sceremo di parlarne qui per non entrare in inutili ripetizioni. Allorché occorra di determinare la quantità dell' arsenico il perito lo potrà fare col mezzo dell' idrogene solforato, oppure trasformando l'arsenico in acido arsenico, e quindi precipitan- dolo allo stato di arseniato ammoniaco-magnesiaco. Come prova di convinzione sarà bene che egli conservi un anello o qualche macchia. É stato domandato se vi è prescrizione nel tempo per un avvelenamento consumato con l'arsenico o con alcuna delle sue combinazioni: si è detto che sì, perchè si è ammesso che le acque di filtrazione del terreno possano togliere qualche volta al cada- vere d'un individuo che fu vittima di questo veleno, tutto l'ar- senico che contiene; e vi è chi ha ritenuto che la eliminazione possa farsi durante la putrefazione allo stato di idrogene arsenicale; od anche che l'arsenico trasformandosi in arseniato di ammoniaca si disciolga a poco a poco nelle acque di piog- gia; o finalmente che convertitosi l'arsenico in solfuro, in grazia — 249 — dell'idrogene solforato che si svolge durante il processo putre- fattivo, ed essendo^disciolto dalle acque ammoniacali del terreno sia da esse portato via e così tolto al cadavere. Pure a fronte di ciò, sarà possibile di ritrovarlo moltissimo tempo dopo la inumazione, e nel caso di morte non pronta e special- mente poi di morte avvenuta in seguito all' avvelenamento lento, anche molti anni dopo, perchè sarà sempre possibile allora al perito chimico di ritrovarlo nelle ossa dello scheletro, nei capelli, nei peli, nelle unghie del cadavere saponificato o ridotto allo stato di terriccio. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLO ANTIMONIO E DALLE SUE COMBINAZIONI. E col tartaro emetico che si sono prodotti degli avvelena- menti, i quali sono stati criminosi, volontari e accidentali. Tardieu 1' ha veduto impiegato come sostanza abortiva in un caso che è terminato con la morte. In genere gli avvelenamenti criminosi sono stati lenti ed hanno dato luogo a dei grandi processi in Francia e soprattutto in Inghilterra. L'avvelenamento per questa sostanza può avere luogo tanto che sia presa all'interno, quanto che sia stata applicata ester- namente sopra degli impiagamenti ec. Il tartaro emetico, contrariamente all' assersione di Mihal, non passa allo stato di cloruro insolubile nello stomaco: sola- mente in presenza dell' idrogene nascente dagli alimenti passa in parte più o meno grande allo stato di gas idrogene antimoniale e pervenuto negli ultimi tratti del canale digerente ed incon- trandovi il gas solfidrico vi è condotto allo stato di solfuro in- solubile. In presenza poi dei carbonati alcalini dei succhi ente- rici e del sangue passa allo stato di carbonato insolubile; ma però con una certa lentezza, a causa principalmente della pre- senza della materia organica, per cui può ritrovarsi benissimo immutato nelle orine di coloro che da poco tempo lo hanno ingerito. Il suo assorbimento è piuttosto pronto, mentre invece la sua eliminazione è lenta e difficile; e ciò perchè il carbonato di antimonio che si è formato non trova nella interna economia — 250 — in copia quei reattivi normali, quali gli acidi organici, che lo rendano solubile, infatti questi esistono solo in alcuni di quelli organi, come i reni, la pelle ec, che sono incaricati delle funzioni di secrezione e di separazione. In questo avvelenamento sembra che diminuiscano i globetti rossi i quali si offrono dissociati, e nel sangue si vedono com- parire con molta rapidità i cristalli di emoglobulina. E a pre- sumersi che anche l'antimonio e gli antimoniali ritardino e arre- stino al pari dell'arsenico l'ossidazione delle sostanze albuminoidi e di quelle ternarie, ed esercitino una azione depressiva sulle attività organiche. È difficile di fissare con precisione il limite nel quale una dose di tartaro emetico può essere mortale; esso varia conside- revolmente secondo l'età e la individualità. Infatti nei bambini Tardieu ha veduto più di una volta avvenire la morte dietro la somministrazione di 5 centigrammi ed anche meno di tartaro emetico. Taylor ha fatto la stessa osservazione. Negli adulti non è permesso di essere così affermativi, e se Taylor ha citato un caso eccezionale in cui la morte è stata prodotta da 10 centigrammi, se Laveran ha osservato a Val- de-Gràce un fatto nel quale 4 decigrammi presi in quattro giorni, cioè a dire 1 decigrammo per giorno, hanno determi- nato un avvelenamento mortale, il più di ordinario questo esito funesto tiene dietro alla somministrazione di 2 a 4 grammi e anche più di tartaro emetico. Alcuni stati morbosi febbrili e specialmente il processo acuto di flogosi, rendono tollerabili delle dosi venefiche di questa sostanza; e in genere si può dire che è tollerata più dai robusti e da coloro che hanno energiche e valide le azioni cardiaco-arteriose, che dai deboli e da coloro che hanno fiacche e lente queste medesime azioni. La distribuzione dell' antimonio nella economia non si fa in tutti gli organi e tessuti nello stesso spazio di tempo. Infatti il Magendie non ha constatata la presenza di questo metallo nelle ossa dei cani se non dopo due mesi che lo somministrava loro a piccole dosi. E in una maniera generale si potrebbe dire, che dalla distribuzione del veleno nelle differenti parti del corpo vi sarebbe modo di presumere da quanto tempo è che quello viene ~ 251 — somministrato; così la sua somministrazione sarebbe stata fatta da poco tempo ed avrebbe avuto breve durata, quando lo si ritro- vasse soltanto nelle pareti gastro-enteriche, nel fegato, nella milza nel sangue e nei reni del cadavere; mentre sarebbe stata fatta in un periodo di tempo piuttosto lungo, quando lo si trovasse anche nel cervello, nei muscoli e nelle ossa: ma in questo propo- sito occorrono nuove ricerche prima di potere stabilire qualche cosa di assoluto. Nella pratica medico-legale possono incontrarsi tre casi, quello cioè di avvelenamento acuto, avvenuto per ingestione del tartaro emetico; l'altro di avvelenamento acuto avvenuto per la esterna applicazione di questo veleno; e il terzo di avvele- namento lento; e in tutti e tre questi casi può accadere che il perito necroscopo ora abbia a sua disposizione il solo cadavere, ora anche la storia particolareggiata dei fenomeni morbosi che pre- cedettero la morte. Primo caso. — Avvelenamento acuto avvenuto per inge- stione del tartaro emetico. — Se al perito è stata consegnata dal giudice d'istruzione la storia scritta dal medico che curò F individuo, di cui non ha dinnanzi a se che il cadavere, e da questa risulti, che poco dopo di avere ingerita una bevanda, un alimento, un medicamento F individuo accusò la sensazione di un sapore metallico sgradevole, a cui in breve tempo tennero dietro un senso di calore alla gola, delle nausee, e dei vomiti copiosi; che vennero in scena dei dolori di stomaco i quali in breve si estesero al ventre, e quindi delle scariche alvine abbon- dantissime e ripetute di materie muccose, biliose ed anco san- guigne, e che una parte delle materie dei vomiti bagnate con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio si fecero di color giallo- arancio; che a questi fenomeni si aggiunsero una estrema pro- strazione delle forze, dei sudori freddi, F invilimento grande delle funzioni del respiro e del circolo sanguigno, il deliquio, una spe- cie di ebbrezza, però di breve durata, la cianosi, la cefalalgia e le vertigini, la perdita della coscienza, il delirio, le convulsioni, la soppressione delle orine, il singhiozzo, una eruzione vescicolo- pustolosa sulle membra o sopra altre parti del corpo, e che dopo — 252 ~ 8 o 12 ore se era un fanciullo, o dopo 1, 4 o 6 giorni se era un adulto, si dichiarò un vero algidismo, le evacuazioni si fecero involontarie, i polsi si perdettero al carpo e venne una sincope mortale, il perito dichiarerà che si tratta di avvelenamento per il tartaro emetico, perchè questo apparato di fenomeni mor- bosi, messo d'accordo col fenomeno patognomonico accennato della colorazione giallo-arancio assunta dalle materie dei vomiti ver- sandovi sopra l'acqua solforosa o il solfuro di ammonio, non può essere l'effetto altroché di questo veleno. Ma se'jl medico curante non avrà potuto ottenere questa spe- ciale reazione nelle materie dei vomiti, perchè le prime materie vomitate che necessariamente sono molto ricche dell' ingerito veleno, furono inavvertitamente o a bella posta disperse, e quelle emesse successivamente essendo sanguigne mascheravano o can- cellavano la colorazione accennata, nò avrà trovato presso il malato alcun residuo del preso o propinato veleno per potere su questo ottenere la reazione caratteristica, il perito necroscopo prima di aprire il cadavere sarà nella impossibilità di formulare una conclusione, perchè quell' apparat o fenomenale morboso è a comune con F avvelenamento prodotto dall' arsenico e da altre sostanze. E né anche potrà formulare una conclusione quando dalla storia resulti, che un individuo dopo che ingerì una bevanda, un alimento o prese un medicamento non ebbe mai vomiti, ma solo delle scariche alvine e contemporaneamente una estrema prostrazione delle forze ed in breve una sincope che lo condusse al sepolcro, perchè anche questa maniera di manifestarsi dello avvelenamento per il tartaro emetico non è propria ed esclusiva di esso, ma può aversi pure per l'acido arsenioso e per altri veleni Per cui l'autossia e la indagine chimica nel primo caso, cioè quando è stata ottenuta dal medico curante la reazione accennata nelle materie dei vomiti, non faranno che confermare questa ma- niera di avvelenamento, mentre negli altri casi saranno esse sole che serviranno a dimostrarlo. Ora, se il perito necroscopo troverà tuttavia nello stomaco delle materie che si faranno di colore giallo-arancio coi reat- tivi di cui abbiamo parlato, o se sulla muccosa della faringe, — 253 — della epiglottide, dell' esofago, dello stomaco e delle intestina, constaterà delle pustole simili a quelle che la pomata stibiata suole produrre sulla pelle; se la membrana muccosa dello sto- maco e delle intestina sarà rossa, ulcerata e sede di sangue stravasato, e vi saranno delle ecchimosi sottomuccose; se i pol- moni saranno congestionati, il sangue nero e ora fluido ora coa- gulato, coi globetti rossi alterati nel modo che abbiamo detto or' ora; se le orine saranno albuminose e conterranno dello zuc- chero, egli si dichiarerà per l'avvelenamento prodotto dal tar- taro emetico; e ciò anche quando manchi ogni ragguaglio sui fenomeni che precedettero la morte: e se mentre avrà verifi- cate tutte queste alterazioni anatomo-patologiche, non avrà potuto ottenere nel contenuto stomacale del cadavere, perchè sanguigno, la ricordata reazione, anche allora avrà ragione di presumere che si tratti di questo piuttosto che di altro avvele- namento, essendo le pustole accennate un criterio diagnostico di molto valore, perchè per quanto sappiamo, esse sono proprie soltanto dello avvelenamento di cui ci occupiamo. Quando però le pustole mancassero, ciò che accade in quelli avvelenamenti ove la morte è sollecita, il perito allora si guarderà bene dal formulare una conclusione, ed attenderà i responsi della indagine chimica per dichiararsi per questo avvelenamento. Secondo caso. — Avvelenamento acuto avvenuto per esterna applicazione del tartaro emetico. — La storia, come dissi in principio, ha registrato dei casi di avvelenamento e di morte avvenuta per F applicazione di questo antimoniale su degli im- piagamenti, che hanno sollevata la questione di responsabilità medica. Un tale avvelenamento si estrinseca con lo stesso apparato di sintomi con cui si manifesta quello prodotto dalla ingestione del tartaro emetico, per conseguenza non mancano né anche le nausee, i vomiti e le scariche alvine abbondanti e ripetute. Solamente fanno difetto la sensazione sgradevole di sa- pore metallico, e la reazione caratteristica delle materie vomitate, che non sono poi mai sanguigne, voglio dire la colorazione giallo- arancio che sogliono assumere, bagnandole coli'acqua solforosa o col solfuro di ammonio, quando in esse vi si trova la solu- — 254 — zione del tartaro emetico. Ma poi, mentre nel primo caso l'av- velenamento si dichiara poco dopo la ingestione di una bevanda, di un alimento o di un medicamento, in questo tiene invece dietro alla applicazione del tartaro emetico sulla pelle sede di impiagamenti. Anche le alterazioni anatomo-patologiche sono quelle stesse che nascono, quando il tartaro emetico è stato ingerito in dose venefica; però differiscono per il grado intensi- vo, specialmente dal lato della muccosa delle prime vie, la quale inoltre non si offre mai sede di pustole e non contiene mai san- gue stravasato, né il contenuto stomacale offre la reazione caratteristica più volte ricordata. Quando il perito necroscopo si imbatterà in questi casi, por- terà le sue indagini sullo ambito esterno dei cadavere ed esci- derà tutte le parti della pelle ove troverà degli impiagamenti e le conserverà per il perito chimico; non importerà che metta da parte per l'analisi il tubo alimentare e il suo contenuto, per- chè in questi casi racchiudono pochissimo o punto veleno. Il perito chimico quasi sempre troverà colle sue analisi mag- giore copia di veleno nel tessuto cutaneo ove esistono gì' im- piagamenti, che nel resto dello organismo dello individuo che fu vittima di questa maniera di avvelenamento. Terzo caso. — Avvelenamento lento. — Questa forma di avvelenamento, quella cioè nella quale esso ha luogo per F am- ministrazione successiva e ripetuta a più o meno lunghi inter- valli di piccole dosi di emetico, assume un andamento insidioso che lo rende difficile a riconoscersi. È in questo modo che si sono consumati dei grandi delitti, che hanno dato luogo a processi celebri, nei quali hanno figurato due medici, Palmer,e Pritchard. I principali sintomi che sono stati descritti dagli autori e che rappresentano questo avvelenamento sono, delle nausee molto do- lorose a cui tengono dietro dei vomiti di materie biliose e muccose, un grande abbattimento, delle evacuazioni diarroiche alternanti con la stitichezza, un polso piccolo, serrato, frequente, il pai loto della faccia, la perdita della voce e delle forze muscolari, il raffred- damento della pelle, dei sudori vischiosi e la morte nella più com- pleta ipostenia. A questi fenomeni fanno corredo la itterizia, le — 255 — sincopi e la eruzione pustolosa che si mostra spesso durante il corso dello avvelenamento lento, il quale procede con remissioni di maggiore o minore durata e con esacerbazioni tanto più in- tense e ravvicinate, quanto più prossime sono le epoche della somministrazione del veleno e le dosi non eccessivamente pic- cole. La durata dell'avvelenamento è varia, e si possono ve- dere le persone avvelenate condurre per più mesi una vita di sofferenze, dimagrare e indebolirsi giornalmente e spirare infine senza agonia e dopo qualche convulsione. Siffatti'avvelenamenti ordinariamente passano inosservati, ed è solo più tardi e quando il cadavere fu già inumato, che rannodando insieme alcune cir- costanze estrinseche al fatto nasce il sospetto di avvelenamento. Purnondimeno i vomiti ripetuti e frequenti, la grande debolezza e i facili deliqui messi d'accordo con l'eruzione pustolosa, potreb- bero talora far sospettare di un avvelenamento lento piuttosto che di una malattia comune; e in questo caso presumibilmente per acido arsenioso o per tartaro emetico, ma più per questo che per quello. La stessa autossia non ha valore a mettere in grado il pe- rito di discuoprire l'avvelenamento lento, e al più può susci- targli nell'animo un lontano sospetto, senza però farlo pre- ponderare più per F uno che per F altro degli avvelenamenti ora ricordati. Il più delle volte non è stato trovato niente d'apprezzabile nel tubo alimentare del cadavere di coloro che lentamente perirono per questo veleno? ed in alcuni casi è stata trovata un' alterazione anatomo-patologica comune, che è la degenerazione grassa del fegato, dei muscoli, del cuore. D'al- tronde F arsenico e F antimonio si assomigliano molto per certi effetti e fra questi per quelli, come ho di già detto, che si ri- feriscono alla diminuita o impedita combustione. Grohe e Mo- sler di Greifswald hanno poi segnalato un fatto assai singolare, che cioè gli abitanti del ducato di Brunswich i quali fanno commercio di oche grasse, introducono nella alimentazione di questi animali una certa quantità di ossido bianco di antimonio con l'intendimento appunto di affrettare la produzione del grasso. Questo fatto verrebbe a ricevere una conferma dalle esperienze — 256 — che sugli animali ha istituito Saikowsky il quale ha studiata comparativamente 1' azione dell' arsenico e dell' antimonio sul fegato. L' analisi chimica delle materie sospette tanto nel caso dello avvelenamento acuto, quanto in quello del lento, ora avva- lorerà il concetto diagnostico che potè essere formulato dietro la storia rilasciata dal curante, oppure che potè essere accolto dopo l'esame anatomo-patologico dei visceri, dei tessuti o del sangue; ora invece sarà essa sola che mettendo in essere il ve- leno, farà concludere per questa maniera di avvelenamento. Le ricerche dell'antimonio si fanno collo stesso apparec- chio di Marsh con cui si ricerca l'arsenico: sono del resto gli stessi i fatti che governano questo processo chimico, per cui passerò tosto ad indicare le reazioni che caratterizzano un tal veleno. Ora, l'idruro di antimonio volatile è inodoro al pari di quello di arsenico, si decompone nelle medesime circostanze che l'idruro volatile di questo metallo. A contatto dell'aria brucia con una fiamma bianco-verdastra, quando l'estremità affilata del tubo sia di platino, mentre pende al giallo allorché sia di vetro, e dà dell'acqua e dell'ossido di antimonio; schiacciando la fiamma con un corpo freddo come sarebbe un piattello di porcellana, vi si deposita sopra F antimonio metallico sotto-forma di macchie, mentre riscaldando il tubo orizzontale si formano invece degli anelli di questo stesso metallo. Il perito per constatare l'antimonio si procurerà all'apparec- chio di Marsh degli anelli e delle macchie. Gli anelli e le mac- chie di antimonio esaminate con una lente si presenteranno sotto l'aspetto di uno strato sottile di color nero vellutato Noi vedemmo che Fanello arsenicale scaldato in una cor- rente d'idrogene si rolatizzava facilmente e che scaldato in contatto dell' aria si convertiva in acido arsenioso: ebbene F a- nello d' antimonio si volatizza con difficoltà nella corrente di idrogene e avanti di volatizzarsi si fonde e forma delle piccole sfere visibili con una lente; scaldato poi in contatto dell'aria si trasforma in una polvere amorfa di ossido di antimonio; e vo- latizzandolo non dà alcun odore, mentre facendo altrettanto con l'anello di arsenico si sviluppa un odore agliaceo caratteristico. — 257 — Vedemmo inoltre che le macchie di arsenico spariscono ap- pena sono bagnate con la soluzione d'ipoclorito di soda; quel- le di antimonio al contrario non ne vengono disciolte. Le mac- chie arsenicali si fanno giallo-citrine col solfuro di ammonio e non sono disciolte dall'acido cloridrico, mentre queste si fanno invece giallo-arancio e sono disciolte dall' acido accennato. Ve- demmo pure che le macchie di arsenico bagnate coli' acido azotico spariscono e che versando, dopo di avere evaporato, dello azotato di argento ammoniacale nel sito ove esistevano, si produceva una colorazione rosso-mattone. Ebbene, le macchie di antimonio che spariscono del pari bagnate che sieno con quello acido, trattandole nello stesso modo non si produce alcuna colo- razione nel punto ove innanzi esistevano. Vedemmo infine che F ozono trasforma rapidamente le macchie di arsenico in acido arsenico, riconoscibile alla carta reattiva di tornasole, e che i vapori di iodio e di bromo a cui sieno state esposte le colorano da prima in giallastro poi in bruno ec. Ebbene, l'ozono non os- sida che lentamente le macchie di antimonio e il prodotto otte- nutone non dà reazione acida, e poi i vapori d'iodio e di bromo le colorano da prima in giallo-bruno poi in giallo-arancio ec. Qualora esistano insieme nelle materie sospette F arsenico e l'antimonio, perchè fu somministrato, per esempio in un caso di avvelenamento per l'acido arsenioso, il tartaro emetico come vomitivo, ovvero perchè l'individuo avvelenato col tartaro eme- tico usava l'arsenico a titolo di cura, oltre le reazioni più sopra notate vi sarà pure quella che si può ottenere mettendo nel tubo orizzontale dell' apparecchio di Marsh dei frammenti di potassa caustica, la quale decomponendo l'idrogene antimoniale si ricuoprirà di uno strato scuro o nero di antimonio ripristi- nato; mentre ciò non accadrà dello idrogene arsenicale contem- poraneamente formatosi, il quale perciò darà luogo soltanto alla formazione dell' anello e delle macchie arsenicali. Se avvenisse però che, a motivo della molta copia del tartaro emetico esi- stente nelle materie sospette, l'idrogene antimoniale non restasse decomposto tutto dalla potassa, si avranno allora delle macchie costituite di arsenico e di antimonio che il perito chimico potrà benissimo riconoscere. Infatti in questo caso trattandole con Bellini i: — 258 — l'ipoclorito di soda sparirà soltanto di esse quella porzione che è costituita dall' arsenico, e F altra che rimarrà offrirà tutti i caratteri fisici e chimici che sono propri delle macchie antimo- niali. L'antimonio può essere ritrovato dopo molti anni in un cadavere esumato, in questo caso il perito chimico non ha da temere, come per l'arsenico, che vi sia passalo la mercè delle ac- que di pioggia che abbiano traversato il terreno circumambiente, e deve ritenerlo come preesistente nel seno del cadavere stesso. Come pure è molto più difficile che F antimonio esistente nel cadavere vada disperso, perchè i prodotti della putrefazione lo convertono in solfuro, vale a dire in un corpo che non è disciolto dalle acque ammoniacali di pioggia, come lo è il solfuro di ar- senico e quindi non può essere da queste tolto al cadavere stesso. Può verificarsi il caso che il perito sia chiamato dal Tri- bunale per giudicare a che si debbano attribuire i fenomeni più o meno gravi di avvelenamento, i quali hanno tenuto dietro alla in- gestione di un composto insolubile di antimonio che era stato pòrto a titolo di rimedio nelle dosi ordinarie. Ora, questo può accadere o perchè gli individui che l'ingerirono avevano la muccosa stomaco-intestinale sede di stato irritativo e flogistico; od anche perchè in mezzo alle materie alimentari contenute nello stomaco e nelle intestina, aveva avuto luogo una abnorme fermentazione a prodotti acidi esuberanti, i quali aggiuntisi a quelli di secre- zione gastrica avevano resa solubile moltissima copia di quei composti insolubili di antimonio, mentre nelle condizioni ordina- rie non se ne rende solubile che una piccola quantità; o final- mente perchè F individuo aveva innanzi, contemporaneamente oppure subito dopo la propinazione del composto antimoniale in- solubile, ingerite delle frutta acide o dei liquidi acidi special- mente per presenza di acido tartarico o di cremore di tartaro, i quali hanno la proprietà di convertalo in un composto solubile. Per cui in simili emergenze il perito dovrà con la più grande premura ricercare se si verificò nel caso speciale Funa o l'altra delle circostanze accennate e trovatala dovrà dichiararla al Tri- bunale, come quella a cui si devono attribuire i fenomeni di avvelenamento che vennero in scena. — 259 — L* analisi delle orine, che dovrà sempre esser fatta in questi casi, rivelando al perito chimico la presenza del composto antimoniale divenuto solubile, escluderà la esistenza di altri veleni e convaliderà la ricavata conclusione. Egli poi presenterà al Tribunale come prova di convinzione del consumato avvele- namento, un anello o delle macchie od anche il precipitato giallo-arancio di solfuro, che avrà conservato sotto F acqua in un tubo sigillato. Una volta trovato l'antimonio nelle materie sospette, il pe- rito non potrà mica sempre ed in ogni caso asserire che vi fu avvelenamento: bisognerà che egli procuri di eliminare qualunque siasi altra maniera d' origine di questo metallo. Ma poiché della via da battersi per fare questa eliminazione ne abbiamo tenuto parola nella parte generale, così preghiamo il lettore a volere richiamarsi alla mente quello che in proposito fu detto intorno ai quesiti formulati dai magistrati e alle obiezioni sol- levate dalla difesa nei diversi avvelenamenti. Nel caso che occorresse di dovere dosare l'antimonio che sarà stato ritrovato, giacché non raramente i magistrati, l'ac- cusa e la difesa avanzano la domanda della quantità dell'ingerito veleno, egli potrà precipitare il composto ottenutone coli' idro- gene solforato, oppure potrà, come vuole Bunsen, convertire l'antimonio in acido ipoantimonico. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL MERCURIO E DALLE SUE COMBINAZIONI. L'avvelenamento prodotto dai composti mercuriali, per fre- quenza viene dopo il fosforo e l'arsenico. Il più comune è quello per il sublimato corrosivo ed è stato osservato criminoso, volon- tario ed accidentale. Tutti i composti mercuriali, sia solubili sia insolubili, non sono assorbiti che allo stato di sale doppio solubile ed in questo stato circolano allora per l'animale economia, dalla quale sono eliminati coi prodotti delle funzioni di secrezione e di separa- zione. La eliminazione si fa piuttosto sollecita ed in poche settimane. I composti insolubili sono resi più prontamente e — 260 — maggiormente velenosi, quando sono pòrti insieme all'acqua di- stillata di lauroceraso, ai cloruri alcalini di potassio, di sodio, di bario e di ammonio, agli ioduri, bromuri, solfiti e iposolfiti alcalini, perchè in grazia di questi agenti si forma una molto maggiore copia di sali doppi. Le condizioni nelle quali si produce F avvelenamento per i composti di mercurio, sono estremamente diverse. Può l'avve- lenamento essere la conseguenza dell'uso diretto del sublimato o del cianuro di mercurio preso oppure pòrto con una inten- zione suicida od omicida; o invece può essere la conseguenza dell'uso immoderato di alcuno dei composti poco solubili od in- solubili affatto di questo metallo, presi come mezzo di cura o per sbaglio.'L'impiego poi che si fa nelle arti del sublimato e dei colori mercuriali rende frequente questo avvelenamento accidentale. La stessa applicazione esterna . di soluzioni, di polveri, di pomate o di paste, di cui il sublimato corrosivo, il nitrato acido di mercurio, il precipitato rosso o il cianuro formano la base, hanno potuto dar luogo ad avvelenamenti gravi e mortali. Infine la unione dei corpi più sopra ricordati al calomelano o agli altri composti insolubili di mercurio, può divenire un'altra occasione di avvelenamento. Anche il mercurio metallico, come nota il Tardieu, ha potuto determinare un avvelenamento mortale amministrato in un caso di volvulo, e ciò in grazia del sale doppio che si è pro- dotto in presenza dei cloruri alcalini che si trovano nel tubo ali- mentare. Un tempo si è creduto, che il precipitato bianco non fosse velenoso; ma il Taylor ha dimostrato falsa questa cre- denza, riportando più casi di avvelenamento mortale prodotto da un tale composto. La forma sotto la quale il .più spesso sono amministrati i veleni mercuriali nei casi di suicidio o di omicidio, è quella di una soluzione acquosa o alcoolica; qualche volta sono mescolati agli alimenti o alle bevande. In tutti i casi, qualunque sia la via per la quale sono stati introdotti essi dispiegano una azione locale ed una azione generale. La quantità dei veleni mercuriali necessaria o sufficiente per produrre la morte, è varia secondo la natura dei composti usati. Il sublimato, il cianuro, il biioduro ec. sono velenosi a pie- — 261 — eolissime dosi, cioè da 10 o 15, a 40 o 50 centigrammi: ma il più spesso nei casi ordinari di avvelenamento il sublimato cor- rosivo è ingerito in quantità molto più considerevoli, di 2 a 15 o 16 grammi. Del resto gli effetti non sono punto in ragione della quantità del veleno ingerito: la storia registra dei fatti in cui è bastato 1 grammo di sublimato per uccidere in 24 ore, mentre in altri casi 4 grammi non hanno prodotto la morte che dopo 16 giorni. La dose più piccola che abbia bastato a pro- durre la morte è di 15 centigrammi. Si citano però dei casi nei quali dosi eccesive hanno dato luogo a fenomeni morbosi più o meno gravi, ai quali ha poi tenuto dietro la guarigione. Taylor riporta a questo proposito un caso che egli ha osservato e nel quale la guarigione ha avuto luogo, malgrado la ingestione di 12 grammi di sublimato. In un altro caso la dose era stata elevata a 20 grammi, e infine a 26 grammi in un vecchio di 65 anni. Queste apparenti anomalie fion sono d'altronde esclusivamente proprie dello avvelenamento per il sublimato corrosivo. Noi ci occuperemo soltanto dell'avvelenamento prodotto dal sublimato corrosivo e dal calomelano in alcune circostanze spe- ciali, e ciò per non andare troppo per le lunghe, d'altronde l'ap- parato fenomenale morboso con cui si estrinseca e le lesioni anato- mo-patologiche che si producono, meno differenze di grado, sono le stesse qualunque sia il composto mercuriale che è stato usato. L'avvelenamento ha luogo egualmente ed è rappresentato dallo stesso apparato sintomale, tanto che il sublimato corro- sivo sia stato preso per bocca, quanto che sia stato injettato nella vagina o nel retto, oppure che sia stato posto sopra un impiagamento o inoculato sotto la cute. Nella pratica forense possono darsi diversi casi; quello cioè di avvelenamento acuto che ha tenuto dietro alla ingestione del sublimato corrosivo, l'altro pure di avvelenamento acuto che si è dichiarato per la esterna applicazione di questo stesso veleno; quello di avvelenamento prodotto dalla ingestione e dalla inocu- lazione ipodermica del calomelano, e l'altro infine di avvelena- mento lento; e in tutti questi casi può accadere di avere che fare con il solo cadavere di un individuo che fu vittima di questo veleno, oppure può il perito necroscopo avere a propria dispo- — 262 — sizione anche la storia dettagliata dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Primo caso. — Quello di avvelenamento acuto che ha tenuto dietro alla ingestione del sublimato corrosivo. — Allorché nella storia sia detto, che l'individuo a cui apparteneva il cadavere da se- zionarsi poco dopo di avere ingerito una bevanda, un alimento o di aver preso un medicamento, provò un sapore metallico orribil- mente sgradevole e si lamentò di un senso di costrizione alla gola e di bruciore che dallo esofago ben presto si propago allo stomaco e alle intestina; che perde la voce, si fece contraffatto e pallido nel volto, ebbe delle nausee a cui succedettero dei vomiti abbondanti ed insistenti di materie da prima muccose, poi biliose ed anco san- guigne; che versando una soluzione d'ioduro di potassio goccia a goccia sopra una porzione delle materie muccose vomitate, queste dopo essersi fatte gialle e quindi giallo-verdastre, as- sunsero una colorazione rossa; oppure che versandovi dell' ac- qua solforosa si fecero gialle e quindi adagio adagio eccedendo col reattivo giallo-scure o scure affatto; che a questi feno- meni fecero prontamente corredo delle coliche più o meno atroci e quindi delle scariche diarroiche frequenti ed insistenti di materie biliose o sanguigne molto fetide, si soppressero le orine, le forze decaddero, il polso si fece piccolo, filiforme e debole, la pelle si fece fredda e sudante, più tardi venne la stomatite con abbondantissima salivazione; che tutti questi fe- nomeni morbosi andarono grandemente crescendo ed il malato si fece insensibile, oltremodo debole, ebbe dei deliqui, si fece it- terico e dopo poche ore od alcuni giorni morì in mezzo a una sincope, avendo conservate intatte o pressoché intatte le fa- coltà della mente, il perito necroscopo avrà ragione di ritenere che si tratti di avvelenamento per il sublimato corrosivo. Però se fosse mancata la reazione accennata nelle materie vomitate, perchè per essere riccamente biliose o sanguigne ne rimase mascherata o cancellata, allora egli potrà solo presumere questo avvelenamento. Mancando ogni dato storico relativo ai fenomeni morbosi che precedettero la morte, l'autossia potrà fornire come no al I — 263 — perita necroscopo i criteri valevoli a fare concludere per F avve- lenamento in questione. Se la morte avvenne in poche ore, egli potrà, aprendo il tubo gastro-enterico, constatare sulla muccosa dello stomaco un induito bianco sporco costituito dal composto albuminoso insolubile che il sublimato formò con i di lei materiali albuminoidi, e con quelli degli alimenti, e potrà, quando non sia tinto di sangue, ottenere le reazioni ricordate versandovi sopra l'ioduro di potassio e il solfuro di ammonio. Ma se la morte av- venne tardi, cioè dopo qualche giorno, potrà allora non trovare sulla stessa muccosa quello induito bianco sporco, e in tal caso egli sarà nella impossibilità di concludere per l'avvelenamento in questione, perchè, come ora vedremo, le alterazioni anatomo-patologiche che d'ordinario si rinvengono, sono comuni a molti altri avvelena- menti. Infatti consistono esse nel processo acuto, di flogosi ubi- cato nella muccosa gastro-enterica e talvolta anche nella cavità buccale e faringea, in ulcerazioni ed in rammollimenti special- mente della muccosa dello stomaco, rarissimamente in perfora- zioni. Né solamente il tubo alimentare si fa sede di alterazioni morbose, ma anche i polmoni, i reni ed il fegato, i quali si tro- vano congestionati più o meno; e se la morte avvenne tardi, il fegato e i reni possono trovarsi sede perfino di degenerazione gras- sosa, i tubuli renali esfoliati e le orine che si sono raccolte in vescica albuminose: è allora specialmente che il sangue si offre nero e disciolto, e che si vedono manifeste delle ecchimosi sot- tomuccose e sottoseriose. La degenerazione grassosa e lo stato dissolutivo del sangue potrebbero militare in favore dell'avvelenamento per fosforo, ma però contro di questo stanno la molta estensione ed intensità del processo di flogosi ubicato nella muccosa stomaco-intestinale e la maniera delle ulceri, perchè mentre nello avvelenamento per il sublimato corrosivo sono queste più o meno grandi e non mai molto numerose, quelle prodotte dal fosforo sono piccolis- sime e in genere numerosissime. La stessa degenerazione grassosa potrebbe militare in fa- vore dell'avvelenamento prodotto dall'arsenico e dall' antimonio; e per verità non sempre il perito necroscopo sarà in grado di potersi decidere, stando a questi soli dati anatomo-patologici, — 264 — piuttosto per l'uno che per l'altro avvelenamento, purnondimeno la molta estensione ed acuità del processo di flogosi ubicato nella muccosa stomaco-intestinale, il trovarsi diffuso questo processo morboso anche al tessuto gengivale e alla muccosa buccale e fa- ringea, militeranno più in favore dell' avvelenamento prodotto dal sublimato corrosivo, che dei due avvelenamenti che ho ricordati. Ma se l'autossia è spesso impotente a farci concludere per l'avvelenamento prodotto dal sublimato corrosivo, lo stesso non può dirsi della analisi chimica, con la quale è possibile di ritro- vare il veleno anche molto tempo dopo che il cadavere fu inumato. Ora, il perito chimico dopo che avrà isolato il mercurio dalle materie sospette, lo metterà in essere sottoponendo la soluzione del bicloruro che avrà ottenuta, all'azione dei seguenti reattivi. Aggiungerà una goccia di cloruro stagnoso a una piccola parte del liquido, e vedrà formarsi un precipitato bianco che annerirà, allorché la riduzione progredirà e finirà col darci del mercurio metallico ripristinato. Immergerà in una piccola quan- tità di liquido, che non dovrà essere troppo acida, un filo di rame ben pulito la di cui parte superiore l'avvolgerà ad una la- mina di zinco, oppure farà lo stesso con la pila di Smithson che consiste, in una lamina d' oro puro a cui sia stata avvolta una lastrolina di zinco, e vedrà dopo un tempo variabile il rame e la lamina d' oro ricuoprirsi di uno strato di mercurio; asciu- gherà il filo e la lamina d'oro con precauzione e quindi li met- terà in un piccolo tubo di vetro che scalderà fortemente, e vedrà volatizzarsi il mercurio e depositarsi sulle pareti fredde del tubo sotto forma di un anello composto di gocciolette isolate. Conserverà questo tubo come prova di convinzione dell'avvelena- mento. L'anello mercuriale che si è formato nel tubo, si volati- lizzerà senza spandere alcun odore, non si ossiderà allorché sarà scaldato al contatto dell'aria, non sarà attaccato dall'ipoclorito di soda allorché la soluzione non sarà acida; F idrogene solfo- rato lo trasformerà superficialmente in solfuro nero, mentre ii solfuro di ammonio lo trasformerà completamente; i vapori d'io- dio lo trasformeranno in ioduro rosso; riscaldando questo ioduro si farà giallo e col raffreddamento tornerà rosso. — 265 — Il perito chimico nel preparare la pila di Smithson dovrà guardarsi bene dall' avvolgere attorno alla lamina di oro una foglia o un filo di stagno, perchè potrebbe accadere che la la- mina d' oro si imbiancasse anche quando non esistesse nel li- quido acido del bicloruro di mercurio, e ciò a spese dello stagno impiegato, il quale sublimatosi per il riscaldamento nel tubo da saggio, potrebbe trarre in inganno adoprando come reattivo soltanto l'iodio, perchè i vapori di questo danno luogo all'ioduro di stagno che è egualmente rosso. È vero che il colore rosso dello ioduro di stagno è un poco diverso da quello dello ioduro di mercurio, pure sarà sempre bene di escludere da questo sag- gio il metallo accennato. Il perito chimico potrà ricorrere anche ad altre reazioni ed alla stessa elettrolisi, quando specialmente abbia a propria disposizione molto veleno. Nei saggi elettrolitici egli non dovrà mai fidarsi dell'aspetto che presenterà il filo d'oro, e dovrà sempre sotto- porlo alla sublimazione in un tubo da saggio e quindi alla azione dei vapori d'iodio, come fece per il filo di rame e per la lamina d' oro della pila di Smithson; e quando con quelli abbia avuta la colorazione rossa, concluderà per la presenza del mercurio, che dichiarerà di avvelenamento quando sia riuscito ad eliminare altre maniere di origine del medesimo, còme quella professionale, quella terapeutica ec. Ma di questa eliminazione noi ne tenem- mo proposito nella parte generale, per cui ci dispensiamo dal tornarvi sopra. Secondo caso. — Quello in cui V avvelenamento si è di- chiarato per la esterna applicazione del sublimato corrosivo. — Questo avvelenamento può venire in scena dopo la medicatura di un impiagamento od anche dopo la introduzione in vagina di stuelli o di fila imbevute di una soluzione di sublimato corrosivo. I fenomeni morbosi che lo rappresentano, e [le alterazioni anatomo-patologiche che sogliono rinvenirsi nei cadaveri sono le stesse di quelle che si osservano allorché il sublimato corrosivo e stato ingerito. Solamente mancano nel caso in parola il sapore metallico orribilmente sgradevole, il senso di costrizione alla gola, le reazioni dell' ioduro di potassio, dell' acqua solforosa e — 266 — del solfuro di ammonio versandoli sulle materie dei vomiti, e sul contenuto stomacale del cadavere; od oltre a ciò la muccosa stomaco-intestinale non è ricoperta dall' induito bianco sporco che suole rinvenirsi allorché il sublimato fu preso per bocca, lo stato irritativo e flogistico di cui è sede sono poco intensi e mancano le ulcerazioni. Gli impiagamenti e 1 >. muscosa della vagina sono vivamente arrostati e cauterizzati, ed il curante può, versando sui mede- simi o sugli apparecchi di medicatura i reattivi di cui abbiamo parlato, avere le reazioni caratteristiche della presenza del subli- mato corrosivo. In questo caso il medico avrà cura di raccogliere e conser- vare per F analisi chimica le fila, gli stuelli ed altro, che avessero servito alla medicatura, ed il perito necroscopo con- serverà allo stesso scopo anche quelle parti della pelle impia- gate che furono medicate col sublimato, e l'apparecchio genitale del cadavere della vittima. Terzo caso. — Quello in cui Vavvelenamento è stato l'ef- fetto della ingestione o della inoculazione ipodermica del ca- lomelano. — Questi casi quando avvengono danno luogo sempre alla quistione di responsabilità medica o chirurgica. Ordinaria- mente si dichiarano, come già dissi, allorché delle dosi terapeu- tiche di sublimato vengono somministrate per bocca, o inocu- late sotto la pelle di coloro che già facevano largo uso di io- duro di potassio, di cloruri, di iposolfiti e di solfiti alcalini, e ciò perchè il calomelano incontrando nella cavità del tubo alimen- tare e sotto la pelle questi corpi è dai medesimi condotto allo stato di sale doppio solubile, e quindi prontamente e largamente assorbibile. Se il calomelano nelle circostanze accennate fu pòrto per bocca, mancheranno il senso di sapore metallico sgradevole e la costrizione della gola, che ordinariamente si hanno nello av- velenamento per ingestione di sublimato corrosivo, e i fenomeni morbosi che scaturiscono dalle prime vie saranno intensi presso a poco quanto in questo ultimo avvelenamento; mentre se il ca- lomelano nelle stesse circostanze sarà stato inoculato sotto la — 267 - pelle, non solo mancherà F accennato sapore e la costrizione della gola, ma i fenomeni morbosi delle prime vie saranno meno intensi. Però nel sito ove fu fatta la inoculazione ipodermica molto pronti e molto intensi saranno i fenomeni irritativi e flo- gistici. In genere in questi casi gli individui non muoiono, e quando la morte avviene, ciò che può verificarsi in teneri fanciulli, le lesioni anatomo-patologiche sono quelle stesse che furono l'effetto della ingestione o della esterna applicazione del sublimato cor- rosivo. Il perito necroscopo quando abbia che fare con il cadavere di un individuo che perì per F inoculazione ipodermica di calo- melano fatta nelle circostanze indicate più sopra, avrà cura di escidere e conservare quelle parti del derma e dei tessuti sot- tostanti in cui fu fatta la inoculazione, perchè quando la morte sia avvenuta con una certa prontezza queste parti sono piut- tosto ricche di una tale sostanza, o del sale doppio mercuriale che vi si formò. Il calomelano, oltre a dare luogo ad un vero e reale avve- lenamento, può farsi cagione di lesioni gravi del globo oculare e della stessa perdita della vista, quando da un oculista o da uno pseu- do-oculista sia applicato sugli occhi malati di un individuo, che era sotto l'uso di dosi generose di ioduri, di bromuri, di iposolfiti e di solfiti alcalini; e ciò perchè rendendosi solubile sulla congiuntiva stessa molta quantità dell'applicatovi calome- lano, si dà luogo ad una infiammazione talmente acuta da di- struggere non di rado i tessuti che ne sono la sede, di che ne abbiamo qualche esempio nella storia clinica della oftalmojatria. Nelle quistioni di responsabilità e del quantitativo della lesione per il rifacimento dei danni, che in simili casi si susci- tano, il perito può essere chiamato a decidere se le alterazioni più o meno gravi del globo oculare e la perdita della vista, si devono al procedimento naturale del male, alle condizioni indi- viduali, a cagioni imprevedibili sopravvenute, o sivvero alle mo- dificazioni subite dal calomelano per opera delle ricordate so- stanze che a titolo di rimedii esistevano già nell' organismo del- l'individuo. Ora, egli si pronunzierà per queste ultime cagioni, — 268 — quando consti che F individuo faceva largo uso di tali medica- menti per bocca, e, quando le orine sottoposte ai relativi reattivi abbiano mostrato di contenerne delle quantità rilevanti. Quarto caso. — Avvelenamento mercuriale lento. — Que- sto avvelenamento ordinariamente è professionale. Io non so se vi sia stato un qualche assassino che si sia propostoJ col subli- mato corrosivo o con alcuno degli altri composti mercuriali so- lubili, poco solubili o insolubili, di distruggere lentamente la altrui esistenza, simulando così una malattia ordinaria. In ogni modo non credo possibile che si possa con i mercuriali simulare una malattia comune, e quindi non credo che si possa dare luogo ad un avvelenamento criminoso lento senza che la vittima o gli astanti e molto più poi il medico se ne accorgano. La malattia che potrebbe essere con questi mezzi imitata è la ca- chessia scorbutica, ma se si mettono a confronto i fenomeni morbosi propri della cachessia scorbutica e quelli dello avve- lenamento lento mercuriale, uno si persuaderà facilmente della grande differenza che possa fra Funa malattia e l'altra. Infatti se è vero che la cachessia scorbutica ha a comune col morbo lento mercuriale le petecchie, le emorragie, le vi- bici, il pallore della pelle, le edemazie, la debolezza ec, se ne allontana poi dal lato della stomatite, della diarrea, dei tre- mori ec. È raro che il Tribunale si contenti che il perito chimico gli dica esservi avvelenamento per il mercurio; esso vuole anche sapere sotto quale forma è stato dato. Ora, se le materie vomitate oppure gli impiagamenti o gli oggetti delle medicature avranno dato reazione acida molto forte, e se si saranno verificati i fenomeni morbosi, non che le alterazioni anatomo-patologiche testé descritte, il perito avrà ragione di concludere per l'avvelenamento prodotto dal nitrato acido di mercurio. Se poi si troverà nelle materie dei vomiti una polvere bianca che si volatizzerà per il calore, e si farà scura versandovi sopra della soluzione di carbonato di soda, e sarà solubile nello ioduro di potassio, egli riterrà che l'avvele- namento è stato prodotto dal calomelano, che allorquando fu — 269 — ingerito trovò nel tubo alimentare un qualche largo solvente che lo rese deleterio. Se però questa stessa polvere bianca avrà assunta la colorazione rossa di sangue dopo che sarà stata ba- gnata con la soluzione del solfato di ferro, egli si pronunzierà per F avvelenamento prodotto dal solfocianuro di mercurio ossia dai così detti serpenti indiani o di Faraone. Ma se la polvere che fu rinvenuta in quelle materie era rossa o gialla- stra e il colore si sarà fatto più carico riscaldandola, e per il raffreddamento avrà ripreso il primitivo colore, e postane una porzione sui carboni accesi si decomporrà in mercurio e ossigene, si dichiarerà allora per l'avvelenamento prodotto dal- l'ossido di mercurio. Allorché poi avrà trovato nelle materie dei vomiti la stessa polvere rossa o giallo-verdastra, e nel tempo stesso le orine gli avranno date le reazioni dell'ioduro e bromuro alcalini, concluderà che si tratti di avvelenamento prodotto dal biioduro, dal protoioduro o dal protobromuro di mercurio. Se non sarà riuscito a mettere in essere in quelle materie le polveri in parola, e solo avrà coi trattamenti chimici ottenuto un liquido che gli darà tutte le reazioni che sono proprie del mercurio, e saggiando le orine avrà avuto le reazioni degli ioduri, bromuri solfocianuri, solfiti e iposolfiti alcalini, allora dichiarerà che si tratta o di avvelenamento per il biioduro, per il protoioduro, per il protobromuro o per il solfocianuro di mercurio, che non si sieno resi sensibili in quelle materie con i loro caratteri fi- sici; o di avvelenamento .per il calomelano che sia stato ammi- nistrato contemporaneamente oppure subito dopo la ingestione degli ioduri, bromuri, iposolfiti e solfiti alcalini, i quali resero deleterio il calomelano per averlo ridotto per la massima parte o nella sua totalità solubile. Finalmente se le materie dei vomiti spireranno odore di mandorle amare e insieme daranno le rea- zioni dei composti mercuriali solubili, egli propenderà per Fawe- lenamento prodotto dal cianuro di mercurio, oppure dal calome- lano che sia stato pòrto insieme o poco dopo la somministra- zione dell'acqua distillata o coobata di lauroceraso od anche dopo la ingestione delle mandorle amare; e si confermerà in questo concetto se avrà saputo che l'individuo avvelenato offrì pronti i fenomeni morbosi e morì in brevissimo tempo. — 270 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL PIOMBO E DALLE SUE COMBINAZIONI. Questo avvelenamento è stato raramente criminoso e volon- tario, spesso invece accidentale. D'ordinario è l'acetato di piombo quello che ha servito per gli avvelenamenti criminosi e volontari, mentre gli avvelena- menti accidentali sono F effetto del piombo metallico, degli ossidi, del carbonato, del solfato, del cromato ec. di questo stesso metallo. I sali solubili del piombo, appena sono venuti in contatto dei nostri tessuti, si combinano coi loro materiali albuminoidi e vi si fissano, per poi passare allo stato di cloruro doppio o di cloro-albuminato solubile, in grazia dell'azione dei cloruri alcalini che di continuo vi sono condotti dal sangue. Il sale doppio formatosi passando per assorbimento nel seno del san- gue vi trova molti reattivi ad esso normali che tendono a con- durlo allo stato insolubile, ed alcuni ve lo conducono di fatto, come sarebbero i carbonati, i fosfati e- i solfati alcalini ; ed è per questa ragione che la eliminazione del piombo è molto lenta ad effettuarsi, e quindi molto prolungato il di lui sog- giorno nella economia. Non in tutti gli individui però il piombo si trattiene per lo stesso spazio di tempo, e in ge- nere si può dire che si trattiene di più quanto minore è la co- pia dei cloruri alcalini della economia e viceversa, perchè è in grazia di questi che si opera la sua eliminazione; la quale può essere affrettata e quindi resa più larga e maggiore da al- cuni corpi che a titolo di cura fossero ingeriti, quali l'ioduro di potassio, gl'iposolfiti alcalini, il bromuro di potassio ec. Se i sali solubili del piombo sono ingeriti insieme coll'ioduro di po- tassio e cogli iposolfiti alcalini, siccome allora si forma maggiore copia di sale doppio, così l'avvelenamento non solo è più pronto, ma anche più grave e più sollecitamente mortale. È difficile di determinare a qual dose il piombo e le sue combinazioni sono velenose. L'acetato di piombo è riuscito vele- noso e mortale alla dose di 25, 36 e 60 grammi sciolto nell'acqua, — 271 — nel vino, nel sidro. Blancks di Harbridge, citato da.Tavlor, ha vedute da circa 500 persone avvelenate a diversi gradi da del pane fabbricato con farina che conteneva l'acetato di piombo nella proporzione di 30 libbre in 80 sacchi di fiore di farina. E nella provincia senese di recente si verificò un avvelenamento in molte persone che avevano mangiato del pane fatto con una farina che conteneva del piombo metallico, col quale il mugnaio aveva ripiene delle fessure che erano nella macina del suo mulino. Due casi possono darsi nella pratica medico-legale, quello cioè dell'avvelenamento acuto, e l'altro dell'avvelenamento lento per il piombo e le sue combinazioni. In tutti e due questi casi può accadere che il perito necroscopo abbia o no la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Primo caso.—Avvelenamento acuto.— Quando sia raccon- tato nella storia, che uri-individuo dopo la ingestione di un ali- mento, d'una bevanda o di un medicamento, ebbe la sensazione di un sapore metallico, che poi si fece zuccherino e quindi stit- tico e sgradevole, e provò un senso di costrizione dolorosa alla gola che gli impediva o gli rendeva difficile l'articolazione delle parole; che a questi fenomeni tenne dietro un dolore bruciante nella gola, nell'esofago, nello stomaco, e quindi delle nausee e dei vomiti di materie muccose biancastre, spumose per il clo- ruro di piombo formatosi, e più tardi gialle o verdi per bile ed anche sanguigne; che versando su quelle che erano muccose e biancastre qualche goccia di soluzione d'ioduro di potassio si fecero gialle, e coli'acqua solforosa o col solfuro di ammonio nere ; che il bruciore e il dolore di stomaco si diffusero alle in- testina e quindi vennero deUe coliche, consociate ora a retra- zione del ventre e ad ostinata stitichezza, ora invece a enfiore e a diarrea di materie biliose o sanguigne o anco nere, per il solfuro di piombo che si formò nelle crasse intestina ; che in seguito a questi fenomeni succedettero il rallentamento consi- derevole della circolazione fino a dare il cuore solo 40 battute a minuto, il pallore del volto, l'itterizia, il freddo della pelle, i crampi e poi la paralisi delle inferiori estremità, l'anestesia, — 272 — l'abbattimento generale, il coma e nello spazio di uno o due giorni la morte preceduta o no da convulsioni, il perito necro- scopo avrà ragione di concludere per l'avvelenamento prodotto dal piombo. Quando però le materie dei vomiti non fossero state biancastre, e versandovi sopra la soluzione di ioduro di potassio non fosse stato possibile di ottenere la colorazione gialla, perchè vennero fuori fin di principio riccamente colorate di bile verda- stra, ed il malato non avesse avvertito il sapore dolciastro ed avesse avuta la diarrea anziché la ostinata stitichezza, il perito sarà allora nella impossibilità di dichiararsi per questo avvelenamento, anche quando le materie stesse si fossero fatte nere coli' acqua solforosa o col solfuro di ammonio, perchè è questo un criterio che accenna alla presenza di un sale metallico, senza però dirci di quale metallo sia, e per conseguenza non è esclusivo della presenza del piombo, e dovrà attendere, prima di dare il suo giudizio, i responsi dell' autossia e più specialmente poi quelli dell'analisi chimica. Ora, se F ambito esterno del cadavere sarà di un giallo pal- lido, se questo offrirà il ventre retratto, se le gengive al col- larino dei denti presenteranno una listarella color lavagna, se la muccosa delle prime vie sarà ricoperta di un induito bianco sporco, se versando su questo induito qualche goccia di ioduro di potassio si farà giallo, e bagnandolo con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio si farà nero argentino, se al di sotto di questo induito sarà rammollita e arrossata, se i tubuli renali saranno alterati e l'orina raccolta in vescica si offrirà albumi- nosa e ricca di cellule epiteliali, il perito, anche quando non abbia potuto avere alcuna contezza dei fenomeni morbosi che prece- dettero la morte, concluderà per l'avvelenamento prodotto dal piombo. Ma se egli non avrà potuto mettere in essere la colo- razione gialla la mercè dell' ioduro di potassio, perchè lo sto- maco era colorato intensamente di bile verde scura o di sangue, caso questo però molto raro, e solo avrà ottenuta la colorazione nera con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio, se il ventre sarà stato tumido, se sarà mancato il colore lavagna al collarino dei denti, allora prima di pronunziarsi dovrà attendere i responsi della indagine chimica. — 373 — I caratteri del sale di piombo (azotato) che il perito chi- mico avrà ottenuto la mercè dei mezzi chimici che impiegò per svincolarlo dalle materie sospette, sono i seguenti. L'acido solforico e i solfati alcalini solubili lo precipitano in bianco; il precipitato poi è colorato in nero dal gas idrogene solforato, ed è disciolto della potassa, dall'acido cloridrico bol- lente, dal tartrato acido di ammonio ec. L' acido cloridrico e i cloruri alcalini solubili vi producono un precipitato bianco, insolu- bile nell' ammoniaca. Il cromato di potassa dà un precipitato giallo salubile nella potassa; l'ioduro di potassio dà un precipitato giallo, che si discioglie a caldo e che raffreddandosi assume la forma di pagliette di un giallo d'oro splendenti. Il ferro cianuro di potassio lo precipita in bianco ; il cianuro di potassio in bianco, ma che non è solubile in un eccesso del reattivo come quello di ar- gènto ; l'ammoniaca lo precipita pure in bianco, ed il precipitato è insolubile in un eccesso del reattivo ; i carbonati alcalini danno un precipitato bianco che è però solubile in un eccesso di po- tassa o di soda: la potassa o la soda lo precipitano egualmente in bianco, e il precipitato si discioglie nell' eccesso del reat- tivo. Il perito si potrà servire del zinco o del manganese, ed anche dell'elettrolisi per isolare il piombo allo stato me- tallico, il quale potrà servire di prova di convinzione del consumato avvelenamento, ' tutte le volte però che il medico curante abbia consegnata al Tribunale una storia del fatto det- tagliata, e nella quale figurino i fenomeni patognomonici di cui abbiamo parlato, e quando il perito necroscopo abbia ottenuto sul- F induito bianco sporco, di cui era spalmata la muccosa stoma- cale, le reazioni accennate. Ma quando sia stato trovato in una stanza, un cadavere che offra poche o poco marcate lesioni gastro-intestinali, oppure quando il cadavere sia stato esumato a putrefazione avanzata, per esser nato troppo tardi il sospetto di avvelenamento e quando per ciò non era più possibile di met- tere in essere le alterazioni anatomo-patologiche del tubo ga- stro-enterico o di altri visceri, allora il perito avanti di potere asserire che il piombo che fu ritrovato è di avvelenamento, bisognerà che escluda il caso che il piombo si sia insinuato du- Bellini s « — 274 - rante la vita nell'organismo dall'individuo che è divenuto ca- davere per ragioni professionali o per ragione terapeutica, oppure che non sia quello che accidentalmente vi può essere passato giornalmente con le bevande e gli alimenti. Ma poiché nella parte generale di questo manuale abbiamo esposta la via in grazia della quale è possibile di fare questa eliminazione, cosi lasceremo di parlarne per non entrare in inutili ripetizioni. Secondo caso. — Avvelenamento lento. — Questo ordinaria- mente è professionale o accidentale. Io non so se la storia me- dico-legale registri dei casi di avvelenamento lento criminoso, consumato con delle piccole e continuate dosi di un composto solubile o insolubile del piombo; in ogni modo ritengo che se si saranno verificati, si saranno residuati sempre allo stato di tenta- tivo, perchè non è possibile di potere indurre con questi composti un avvelenamento che simuli una malattia comune, e sarà sempre facile al medico di riconoscerlo, se non altro, alla colorazione giallo- sporca che dopo non molto assumono la pelle e le sclerotiche, all'odore particolare dell'alito e al gusto speciale metallico zuccherino stittico che più o meno presto si fa sentire, alia re- trazione delle gengive e al farsi esse facilmente sanguinanti, al collarino del denti color d'ardesia , al dimagramento, alla flo- scezza delle carni, alla stitichezza ostinata, alla maniera tutta speciale dei dolori colici, al singhiozzo, alle nausee, ai vomiti biliosi che si affacciano di tanto in tanto, alle orine albumi- nose, alle artralgie, alle paralisi di moto e di senso, alle encefa- lopatie, cioè al delirio, alle convulsioni epilettiche, al coma ec. Il medico curante potrà, concepito il sospetto di avvelenamento, ricercare il piombo nelle orine; e quando non ve lo trovi, potrà farvelo comparire e così avere il segno patognomonico di questo avvelenamento lento, amministrando al malato dell'ioduro di potassio o dell'iposolfito alcalino che, come è noto, rendono solu- bili i composti insolubili del piombo, che si sono formati nella interna economia e li mettono in grado di essere eliminati. Quando si dia il caso che all' avvelenamento lento tenga dietro la morte, il perito necroscopo non potrà sperare di confermare la diagnosi o di mettere in essere con essa sol- — 275 — tanto questo avvelenamento, perchè, come nota il Tardieu, il più spesso le lesioni anatomo-patologiche mancano del tut- to , oppure se la morte avvenne molto tardi, si può rinve- nire una diminuzione del calibro delle intestina, lo stato ane- mico , rappresentato dal pallore di tutti i visceri e tessuti, un aumento di volume e di densità della massa encefalica che ha assunta una colorazione gialla quasi uniforme , e la disquama- zione epiteliale dei canaliculi orinari e tutte le alterazioni re- nali che sono rappresentative della malattia del Bright. In que- sti casi quasi sempre è la chimica quella che dovrà avvalorare la conclusione che fu ricavata dai sintomi e dall'andamento del male, mettendo in essere il veleno nelle materie sospette, e ciò col battere quella via medesima che ho indicata per l'avvele- namento acuto. AVVELENAMENTO PRODOTTO DAL RAME E DALLE SUE COMBINAZIONI. Questo avvelenamento è raramente criminoso e volontario, e quasi sempre è accidentale. Il rame e i suoi composti insolubili sono resi solubili dagli acidi gastrici; il rame metallico però lo è meno. I composti solubili del rame incontrando nella cavità dello stomaco i materiali albuminoidi degli alimenti e della muccosa, si combinano ad essi e formano un albuminato insolubile, il quale in grazia degli stessi acidi gastrici è alla sua volta reso solubile e quindi messo in condizione di essere assorbito. Nelle intestina l'assorbimento del rame allo stato di albuminato sem- . bra che sia favorito e promosso dagli alcali carbonati dei succhi enterici, e la via per la quale esso passa nel sangue pare che sia esclusivamente quella dei vasi chiliferi. L'assorbimento del- l'albuminato di rame sembra farsi con un certo lentore, come pure è lenta la sua eliminazione, perchè esso non trova nell* economia che pochissimi materiali- reattivi che lo rendano solubile ed eliminabile, ed ecco perchè il rame può rimanere per pa- recchi mesi entro F organismo. Prima di passare a studiare i diversi casi che possono ca_ —. 276 pitare nella pratica medico-forense, interessa di risolvere qui una questione, che è relativa alla velenosità dei sali del rame, perchè alcuni tossicologi, fra i quali mi piace di ricordare il Tardieu, ci dicono che i sali di rame sono velenosi in alto grado, mentre vi è chi sostiene che lo sono poco o punto. Se noi consultia- mo i responsi delle numerose osservazioni ed esperienze che su se medesimo e sui malati dello Spedale ha fatto fino dal 1858 il Dott. Toussaint in Prussia, troviamo che non solo il rame puro , ma neanche F ossido nero, il solfuro di questo metallo producono alcun disturbo della salute e che il solfato ammo- niacale alla dose di 7 grammi, l'ioduro di rame a quella di 8, il fosfato e il carbonato a quella di 10, l'acetato e l'azotato a quella di 14 grammi, non danno luogo che a vomiti, e possono essere pòrti a dosi anche più alte senza che sorgano fenomeni gravi. Questi risultati sono stati poi avvalorati da nuove espe- rienze istituite nel 1874 da Burg e Ducom e nel 1875 dal Galippe. Infatti i primi di questi sperimentatori trovarono che il rame metallico e i suoi ossidi amministrati ai cani insieme cogli alimenti, non esercitano su questi animali influenza grave e non determinano alcun fenomeno serio, e che allorquando sono dati a delle dosi elevate, come quella di 8 grammi di rame metallico e 4 di ossido per giorno, alla fine dell'esperienza i cani hanno avuto appena qualche vomito e un poco di diarrea, ed all'infuori di ciò hanno conservata per tutto la durata del- l'esperimento una salute presso a poco completa, e il più spesso sono ingrassati; osservarono poi che il rame a piccole dosi e allo stato di verderame, tale quale si trova negli alimenti che hanno soggiornato per 24 ore in un vaso di rame non stagnato, non producono sugli animali alcun fenomeno grave. Due cani nutriti esclusivamente di siffatti alimenti per 40 giorni non sono stati giammai nauseati, e gli hanno ingeriti sempre sensa ripu- gnanza, riportandone un poco di diarrea per due o tre sole volte, ed eran poi in molto migliore condizione di salute alla fine che al principio dell'esperimento: inoltre verificarono che i sali solubili del rame, quali il solfato, l'acetato neutro, il cloruro doppio di rame e di ammonio dati ai cani progressivamente alla dose di ? — 277 — 10 centigrammi fino a quella di 1 grammo per giorno, erano facilmente tollerati e non davano luogo in generale ad alcun fenomeno morboso; ma allorché veniva sorpassata la dose di 1 grammo e che si elevava a 2,3 o 4 grammi per giorno, gli animali si conservavano in buona salute e mangiavano bene l'ali- mento rameico; il più spesso però dopo un'ora o due vomi- tavano una parte della ingerita razione: pure a fronte di ciò era possibile di seguitare a far prendere loro in queste con- dizioni 2, 3 e 4 grammi del sale di rame per giorno ; però veniva un momento in cui i cani ricusavano ostinatamente il bolo rameico e successivamente anche F alimento ordinario, e allora dimagravano rapidamente e finivano per soccombere dopo alcuni giorni, evidentemente sotto la influenza del regime ra- meico a cui erano stati sottoposti. Il Galippe poi a conferma di quello che ho detto, riuscì a far prendere ai cani, senza vederli morire, 43 grammi di sale di rame in 122 giorni, 65 grammi in 151 giorno, 49 grammi in 107 giorni e 98 grammi in 150 giorni, e i dott. Barduzzi e Levi che nell'anno passato, nella scuola veterinaria di Pisa istitui- rono sugli animali delle esperienze coi sali in discorso, confer- marono questi stessi risultati. Non sono dunque in alto grado velenosi i sali di rame, come dichiarò il Tardieu. Avanti di procedere oltre, è necessario di risolvere pure un'altra questione che ci viene suggerita dai responsi delle accennate esperienze. È egli possibile somministrando delle piccole e ripe- tute dosi di un composto solubile o insolubile di rame, produrre un avvelenamento lento ed anche la morte della vittima? Tar- dieu è fra quelli che ammettono e riconoscono un avvelenameto lento prodotto dai composti del rame e ne descrive i sintomi: ma, come fa giustamente osservare il Toussaint, i medici che si lasciano guidare esclusivamente dalla osservazione che deriva da una lunga pratica, non conoscono né avvelenamento cronico, né colica per il rame, e sostengono al contrario che tutti coloro che per ragioni del proprio mestiere maneggiano il rame me- tallico e si espongono a respirare un' aria che è inquinata delle sue particelle, quali per esempio i tornitori di rame, si distin- guono per le buone condizioni della loro salute, come ci venne confermato da Rademacher, Burg, Audouard, Pietrasanta ec. — 278 — Pécholier e Saint-Pierre poi assicurano che negli opifìci in cui si fabbricano in grande i colori del rame, i lavoranti di ogni età, di ogni costituzione e di ogni sesso che vi sono impiegati, non sono stati mai malati, abbenchè sieno soliti di fare la loro colazione nell' opificio, mangiando il loro pane e portando alla bocca le mani senza mai innanzi lavarsele, e facendo la loro cucina senza usare alcuna cautela. Ed assicurano inoltre che non poche ragazze clorotiche e anemiche, lavorando per alcun tempo in quelli opifici avevano potuto riacquistare la loro sa- lute. A conferma della innocuità delle piccole e ripetute dosi di rame vengono altri esempì che sono della massima importanza. Infatti gli stessi Pécholier e Saint-Pierre osservarono che nelle fabbriche accennate i polli che vi sono e che si nutriscono dei granelli della vinaccia disseccata che contiene sempre del rame, sono rimarchevoli per la loro grassezza e per le qualità delle loro carni. D'altronde ho di già notato come Burg e Du- com verificassero questo stesso fatto in molti dei cani ai quali porgevano delle dosi alte dei composti rameici. Ed io stesso am- ministrando per bocca a due conigli, per lo spazio di tre mesi circa, dell'acetato e del solfato di rame alla dose di 3 centigrammi al giorno, non solo non ho veduto nascere l'avvelenamento lento, ma gli ho veduti mangiare di buono appetito e crescere gran- demente di peso. Non sono poi oggi pochi i medici e più an- cora i veterinari, i quali usano il solfato di rame a piccole dosi come ricostituente. Waring infatti asserisce che il solfato di rame è un tonico valevolissimo. Gubler ne avvicina l'azione a quella dell'arsenico. Finlay Dun afferma amministrarsi volen- tieri nella morva, nel farcino e in molte malattie costituzionali gravi degli animali domestici; ed aggiunge che in Inghilterra è adoperato spessissimo il solfato di rame come tonico e rico- stituente soprattutto negli animali bovini. Il dott. Barduzzi ed altri medici lo hanno nell'anno scorso amministrato, con molto profitto, ad alcuni individui dello Spedale di Pisa , afflitti da pellagra e da altre malattie, che hanno principalmente sede nei processi assimilativi; ed il Galippe ed alcuni suoi amici poi si sono potuti benissimo cibare per alcuni mesi di alimenti in- quinati di rame senza risentirne il benché minimo incomodo. — 279 — Non è dunque possibile di produrre con delle piccole e con- tinuate dosi di un sale di rame , di quelle dosi cioè che non facciano apprezzare alla vittima alcun insolito sapore che la renda avvertita della insidia che le viene tesa, l'avvelenamento lento e molto meno la morte. Che se in coloro che maneggiano il rame si sono alcune volte dichiarati dei disturbi gastro-ente- rici e le stesse coliche, ciò si deve, come fa giustamente osser- vare il Toussaint, ora all' azione del freddo, ora a disordini di- etetici, e forse all'azione di altri metalli che col rame si trovano uniti, quali l'arsenico, il piombo e lo zinco. Vi è in fine un'ultima questione importantissima, ed è quella di sapere se un assassino possa riuscire a propinare delle dosi generose di un sale di rame, senza che la vittima se ne accorga, e dato che vi riesca, se queste dosi possano riuscire mortali. Il Galippe risolve la quistione negativamente, e dichiara che il sapore orribile proprio dei sali del rame si oppone a che la vittima possa ingerirli senza accorgersene, e quando pure li avesse ingeriti, sostiene che non ne potrebbe avvenire la mor- te, a causa dei pronti e larghi vomiti che essi determinano. Io però, mentre ritengo col Galippe che nel maggiore numero dei casi la vittima se ne debba accorgere, non credo che possa es- sere sempre così, perchè gli esempì di avvelenamenti acciden- tali non mancano nella scienza, ed uno luminosissimo F avemmo or non è molto in Colle di Val d'Elsa (provincia senese), i quali stanno a dimostrare che i composti del rame in certe circostanze speciali, relative alla qualità e quantità degli alimenti, al sapore delle salse ec, possono essere ingeriti senza che chi ne fa uso ne sia talmente avvertito da sentirne ripugnanza e da lasciare dopo i primi bocconi di cibarsene. Come pure non credo che possa esser sempre evitata la morte in grazia dei larghi e pronti vomiti, perchè vi sono stati dei casi in cui, a fronte dei vomiti, la morte è avvenuta e con una certa prontezza. Dopo tutto ciò noi possiamo dire che nella pratica medico-legale si daranno raramente casi di avvelenamento acuto mortale per i composti del rame e che il più spesso l'avvelenamento si residuerà allo stato di tentativo ; che l'avvelenamento lento molto probabil- mente non sarà possibile. Per cui nella pratica medico-legale non — 280 —. occorrerà che un solo caso, ed è quello dell'avvelenamento acuto, il quale può essere mortale oppure può residuarsi allo stato di tentativo. Allorché l'avvelenamento acuto sia stato mortale, il perito necroscopo avrà al solito a sua disposizione, ora il solo cada- vere, ora anche la storia dei fenomeni morbosi che precedet- tero la morte. Se dunque il perito necroscopo avrà letto nella storia, che un individuo durante la ingestione di una bevanda, di un alimento o di un medicamento, provò un senso di sapore stittico metallico, orribile, nauseabondo, a cui tenne dietro uno sputare continuo e subito dopo dei dolori di stomaco e delle coliche violenti, atroci e persistenti, delle nausee e dei vomiti di materie verdastre o bluastre, e delle scariche alvine frequenti, abbondanti, dello stesso colore oppur nere e sanguigne; che ver- sando dell'acqua solforosa o del solfuro di ammonio su quelle materie che si erano offerte verdi o bluastre, si fecero nere ; che fu tormentato da cefalalgia, da crampi dolorosi e da una grande debolezza alle estremità inferiori unitamente a cianosi, con senso di freddo, con polso celere, filiforme, con lipotimie e sincopi ; che ebbe la pelle ricoperta di un sudore freddo e glu- tinoso, le orine soppresse, la circolazione e la respirazione gran- demente indebolite; e che infine in mezzo alla paralisi del mo- vimento e ad una prostrazione considerevole mori in un tempo più o meno breve , e in uno stato di vero algidismo colerico , conservando intatte le facoltà della mente, egli potrà asserire trattarsi di avvelenamento per un composto del rame, e potrà con l'autossia confermare questa sua conclusione, oppure se non sempre, almeno il più delle volte, potrà formularla, quando fosse mancata la storia e non avesse avuto per ciò a sua disposizione che il solo cadavere. Se la morte avvenne presto, vale a dire in poche ore, non osserverà nulla di notevole nell'ambito esterno del corpo. Aperto però il tubo digerente, troverà nello stomaco delle materie verdastre o bluastre, le quali bagnate con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio diverranno nere ; la muccosa di questo viscere e talora quella delle intestina, la troverà vi- vamente arrossata e sede di un induito di un verde e di un bleu sporchi, oppure sanguigne. Se poi la morte avvenne tardi, — 281 — troverà la pelle intensamente colorata di giallo, colorazione che qualche volta apparisce nei cadaveri anche quando non fu ma- nifesta durante la vita ; e la muccosa oltre ad essere vivamente arrossata, sarà sede di macchie ecchimotiche narastre, di abra- sioni ed anche, sebbene ci rado, di ulcerazioni. Ma nel mentre troverà queste lesioni anatomo-patologiche, il tubo digerente sarà vuoto e mancherà quasi sempre F induito verde o bleu sporco che è il segno patognomonico di questo avvelenamento. Il perito necroscopo potrà trovare inoltre come no i polmoni, il fegato, la milza, i reni congestionati, il sangue nero, sciolto o semirappreso, le orine albuminose ec. Come si vede in questo ultimo caso soltanto non riuscirà al perito necroscopo con la sola autossia di formulare il suo concetto diagnostico , e dovrà necessariamente attendere i re- sponsi della chimica. Ora, le reazioni caratteristiche delle soluzioni dei sali di rame sono di precipitare in bianco-bluastro con l'ammoniaca e di fare as- sumere con un eccesso di ammoniaca al liquido una bella colorazione bleu-celeste; di precipitare in bruno-rossastro col ferrocianuro di potassio, per ottenere però questa reazione il liquido deve essere acido, perchè il precipitato è solubile nell'ammoniaca e negli alcali; di assumere una colorazione bleu col reattivo di Schòn- bein (un miscuglio di acido cianidrico e di tintura di guaiaco), questa reazione diviene sensibilissima allorché si agita il mi- scuglio con alcune gocce di cloroformio: di essere decomposte tenendovi immersi degli aghi di acciaio , i quali si ricuoprono di uno strato rossastro di rame metallico; di rendere verde la stearina bollita che sia con le soluzioni accennate , e ciò alla condizione che la stearina e il liquido sieno neutri e mantenuti tali durante tutto il tempo della ebullizione; per cui il perito deve usare per questa reazione, che fu proposta già dal nostro Taddei, della stearina ottenuta di recente, inquantochè la ste- arina, come ha verificato il mio distinto aiuto sig. Agnolesi, col- l'invecchiare si fa sede di un acido organico fisso che rende muta la reazione. Queste reazioni sono le principali e più importanti; e fra di esse le più sensibili sono quelle ottenute col reattivo di Schòn- bein, col cianuro giallo, colla stearina e cogli aghi di acciaio. — 282 — 11 rame potrebbe derivare dai reattivi o dagli utensili messi in uso in laboratorio, anziché dalle materie sospette da analiz- zarsi. Per cui il perito chimico dovrà saggiare innanzi con la maggior cura possibile l'acqua distillata, le carte da filtrare e tutti i reattivi di cui dovrà servirsi, perchè il rame è una delle impurità che si riscontra frequentissimamente in tutti i prodotti commerciali. Come pure dovrà evitare di usare sopporti od al- tri oggetti di rame, i quali potrebbero esser causa d'introdu- zione di questo metallo nelle stesse materie sospette. Il perito chimico, una volta dimostrata la presenza del ra- me, deve sempre domandarsi, se questo metallo non fosse po- tuto penetrare accidentalmente nella economia, sia con gli ali- menti, sia in altro modo. Se egli ne avrà trovata una quantità rilevante, 1, 2 o 3 grammi e più, escluderà il rame accidentale, perchè, come resulta dalle ricerche che Bergeron e L'Hote isti- tuirono sul fegato e sui reni di parecchi individui, si rinviene sempre in quantità molto piccola e non sorpassa mai i 2 o i 3 milligrammi. L'avvelenamento per il rame non sarà giustificato che allorquando il perito ne avrà ritrovate delle notevoli quan- tità, perchè delle quantità mediocri se ne rinvengono nel caso in cui i sali di rame sieno stati pòrti a titolo di rimedio per un certo spazio di tempo, ed anche quando ne sia stato abbando- nato l'uso da qualche mese. 11 perito chimico, allorché dovrà istituire le sue ricerche su cadaveri esumati che non erano rin- chiusi nelle casse, ma che in stato di putrefazione avanzata si trovavano a nudo nel terreno del cimitero, dovrà sempre sag- giare tanto la terra che è in contatto del cadavere, quanto quella che n' è lontana, perchè può essere rameica, sia per propria na- tura, sia per dei composti rameici che vi furono trasportati dalle acque di filtrazione, oppure che vi furono lasciati da dei cadaveri che innanzi vi erano stati inumati, e che apparte- nevano a degli individui che avevano usati con larghezza a titolo di rimedie, i sali di questo metallo ec. Come prova di convinzione del consumato avvelenamento, il perito chimico presenterà al Tribunale gli aghi di acciaio che si ricuoprirono di uno strato di rame metallico e che conser- verà in un tubo di vetro ben chiuso. — 283 — AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLO STAGNO E DALLE SUE COMBINAZIONI. Quantunque lo stagno e i suoi composti non sieno molto velenosi, sarà bene che noi parliamo anche di questo avvelena- mento, perchè il cloruro di stagno usato con molta frequenza nelle arti, è stato amministrato qualche volta con una inten- zione criminosa. I sali di stagno sono assorbiti molto probabilmente allo stato di cloruro doppio, in grazia dell'azione che su di essi dispie- gano i cloruri alcalini di cui è ricca l'economia animale. Si co- noscono pochissimi esempì di avvelenamento acuto nell'uomo, infatti non se ne citano che tre; in uno la morte ebbe luogo dopo la ingestione di una mezza cucchiarata da caffè di una soluzione concentrata di cloruro stagnoso; gli altri due, che non furono mortali, avvennero con questo stesso sale, per sbaglio. Nella pratica medico-legale possono darsi due casi, quello cioè in cui l'avvelenamento e la morte sieno stati F effetto della ingestione del cloruro stagnico, e l'altro in cui sieno stati la conseguenza della ingestione del bicloruro di stagno; e nell'uno e nell'altro caso può accadere che il perito necroscopo abbia come no a propria disposizione la storia dei fenomeni morbosi che precedettero la morte. Primo caso. — Quello in cui l'avvelenamento e la morte sono stati V effetto della ingestione del cloruro stagnico. — Quando sarà raccontato nella storia, che un individuo durante la ingestione di una bevanda, d'un alimento, o di un medicamento, provò un senso di sapore metallico, e che poco dopo ebbe dei vivi dolori di stomaco e delle nausee e dei vomiti di materie muccose biancastre e spumose da prima, poi biliose od anco sanguigne; che versata sulle materie biancastre dell' acqua solfo- rosa o del solfuro di ammonio si fecero giallo-citrine ; che a questi fenomeni tenne dietro un'abbondante salivazione, delle coliche, la diarrea biliosa oppure sanguigna, una grande debo- lezza, il freddo della pelle, la soppressione delle orine, l'estre- — 284 — ma concentrazione e debolezza del polso, il rallentamento della respirazione, i crampi, le convulsioni, i deliqui e la sincope in mezzo alla quale cessò di vivere dopo alcune ore o dopo qual- che giorno, il perito necroscopo non potrà che sospettare d'av- velenamento prodotto dall'acido arsenioso, dai sali di cadmio o dal cloruro stagnico, perchè la colorazione giallo-citrina assunta dalle prime materie vomitate, bagnate che sieno con F acqua solforosa o col solfuro di ammonio, è propria, come dicemmo già parlando dello avvelenamento per l'arsenico, di questi veleni. D'altronde i fenomeni morbosi che sono stati descritti, sono comuni affatto agli avvelenamenti prodotti dai medesimi. Pure tenendo conto della loro varia frequenza, inclinerà ad acco- gliere il concetto di avvelenamento arsenicale, piuttosto che di quello prodotto dal cloruro stagnico o dai sali di cadmio. L'autossia sarà il più spesso impotente a fare decidere il perito necroscopo per F uno anziché per F altro avvelena- mento, poiché le lesioni anatomo-patologiche sono in genere egualmente comuni. Infatti nello avvelenamento in parola si rin- viene nel tubo gastro-enterico il processo acuto di flogosi, le ecchimosi, le abrasioni, le ulcerazioni; il contenuto stomacale si colora di giallo citrino bagnandolo con F acqua solforosa o col solfuro di ammonio; i polmoni, il fegato, la milza, i reni sono o no iperemici il sangue scuro sciolto od aggrumato, precisa- mente come negli altri avvelenamenti. Pure, quando nella storia fosse stato notato, che il malato avvertì un sapore stittico per- sistente, e alla autossia fosse stata constatata la psorienteria e manifesta fosse stata la degenerazione grassosa del fegato, dei reni ec. e molte ecchimosi più o meno piccole esistessero sotto le muc- cose, sotto le sierose ec, il perito necroscopo avrebbe ragione di propendere più per l'avvelenamento arsenicale, che per gli altri testò notati; mentre se quel sapore non fosse stato avver- tito, e fossero mancate queste speciali lesioni anatomo-patolo- giche, avrebbe ragione di presumere invece che si trattasse di avvelenamento prodotto col cloruro stagnico, perchè per verità l'avvelenamento per i sali di cadmio o non si è mai verificato od è rarissimo. Più tardi vedremo come l'analisi chimica abbia moltissimo valore e possa essa sola risolvere la quistione. — 285 — Secondo caso. «— Quello in cui V avvelenamento e la morte sono l'effetto della ingestione del bicloruro di stagno. — In questo caso non può accadere di equivocare questo avvelenamento con quello prodotto dallo acido arsenioso o dai sali di cadmio, perchè le prime materie che furono vomitate, bagnandole con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio, non si fanno giallo- citrine, ma scuro-marrone. Però se per questo criterio sarà agevole al perito necroscopo di eliminare gli avvelenamenti accennati, non potrà però asserire, a meno che presso il malato non avesse il curante trovato un residuo del preso o propinato veleno, che si tratta di avvelenamento per il bicloruro di stagno, perchè è questo un criterio che hanno a comune molti altri avvelenamenti metallici. Anche qui sarà dunque l'indagine chimica quella che potrà fare diagnosticare l'avvelenamento di cui ci occupiamo. Ora, il prodotto ottenuto dal trattamento delle materie so- spette operato in una storta col clorato di potassa e l'acido cloridrico, sarà costituito dal cloruro stagnico, il quale sarà rico- nosciuto dal perito chimico la mercè delle seguenti reazioni; precipiterà cioè in giallo-citrino con l'idrogene solforato, ed il precipitato, a differenza di quello ottenuto nella soluzione arse- nicale, sarà solubile nell'acido cloridrico, e l'acido azotico lo trasformerà in una polvere bianca di acido stagnico insolubile nell' eccesso del reattivo; lo stesso solfuro stagnico scaldato con dello azotato di potassa si trasformerà in stagnato di po- tassa solubile, mentre si trasformerà al contrario in uno stagnato insolubile calcinandolo caldo con l'azotato di soda; questi stagnati poi disciolti nell' acido solforico e introdotti nello apparecchio di Marsh non daranno né anello, né macchie, quantunque lo stagno sia ridotto allo stato metallico dall'idrogene, perchè questo metallo resta nello apparecchio. Convertito il cloruro stagnico in cloruro stagnoso, si avranno allora altre reazioni caratteristiche; l'idrogene solforatovi pro- durrà un precipitato bruno - marrone solubile nel solfuro di ammonio; questa soluzione scaldata con qualche goccia di acido azotico, darà un precipitato giallo di solfuro stagnico solubile anche esso nel solfuro di ammonio; versando nella soluzione • — 286 — del cloruro stagnoso alcune gocce di una soluzione molto allun- gata di cloruro mercurico, si avrà un precipitato di calomelano, da prima bianco ma che si annerirà ben presto, perchè la ridu- zione continuando, si ripristina il mercurio; il cloruro d'oro vi produrrà un precipitato rosso o violetto, e il cloruro di platino un precipitato bruno. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALL' ARGENTO E DALLE SUE COMBINAZIONI. L'avvelenamento per il nitrato di argento è stato in genere accidentale, e per quello che sappiamo nessun assassino si è ser- vito di questo veleno per distruggere l'altrui esistenza, molto probabilmente perchè atteso il suo sapore metallico eccessiva- mente sgradevole è di difficile propinazione. Degli avvelenamenti accidentali pure si sono verificati col cianuro di argento che, come è noto, entra nella composizione dei liquidi e delle polveri elettro-argentiche che si vendono libe- ramente nelle stesse pubbliche vie dai venditori girovaghi, i quali le vantano come un segreto per ripulire l'argenteria o per inargentare il rame, l'ottone, il bronzo ec Io ne ho veduto un caso quasi fulminante nel figlio di un mio distinto amico, al quale fu per sbaglio pòrta una cucchiarata del liquido elettro-argentico della farmacia inglese, mentre gli doveva essere data una cuc- chiarata di chiretta. Il nitrato di argento venuto in contatto della muccosa delle prime vie la irrita e la infiamma, ed in presenza dei cloruri alcalini e dell'acido cloridrico del succo gastrico, e dei mate- riali albuminoidi della muccosa e degli alimenti, dà luogo alla for- mazione di composti insolubili (cloruro e albuminato di argento). In questa reazione è messo in libertà l'acido azotico, il quale coi carbonati alcalini della economia forma degli azotati alcalini. Una piccola parte di questi composti insolubili, incontrando nello stomaco stesso nuova copia di cloruri alcalini, è alla sua volta resa solubile, dandosi luogo così alla formazione di un clo- ruro doppio che è quello che è assorbito e circola per la economia, e viene all'esterno per la pelle, per i reni ec; mentre — 287 — • l'altra parte scesa nelle intestina ed incontrandovi il gas solfi- drico vi è condotta allo stato di solfuro, che è eliminato con le fecce. Nei casi di sviluppo anormale di ammoniaca nel tubo ali- mentare, come nella uroemia, nella uroammoniemia ec, l'ammo- niaca libera si fa mestruo solvente del cloruro d' argento for- matosi e ne accresce il suo assorbimento. La eliminazione dalla interna economia del sale doppio ac- cennato si effettua con estremo lentore, perchè giunto esso nella intima trama organica vi rimane per la massima parte allo stato di cloruro insolubile, perchè in quella vi si trova in com- pagnia di minore copia di cloruri alcalini di quando circolava col sangue, in compagnia di quei reattivi normali cioè ai quali esso deve la sua solubilità. Il cianuro di argento che è un potentissimo veleno nel canale digerente si converte anche esso in cloruro insolubile; in questa reazione si ha svolgimento di acido cianidrico, che è quello a cui si devono i fenomeni di avvelenamento e la morte pronta. Noi lasceremo di parlare qui di un tale avvelenamento, perchè ne abbiamo tenuto proposito allorché ci siamo occupati dell' acido cianidrico e dei cianuri, e ci fermeremo soltanto su quello pro- dotto dal nitrato di argento, il quale non dà luogo ai suoi effetti deleteri che ad una dose piuttosto elevata, e alla condizione che lo stomaco sia vuoto o quasi vuoto di alimenti, e che questi non sieno stati riccamente conditi con sale comune. Due casi possono darsi nella pratica medico-legale, quello cioè in cui l'avvelenamento e la morte sieno stati l'effetto della ingestione di una soluzione di nitrato di argento; e l'altro in cui sieno stati F effetto della ingestione di un pezzo di pietra infer- nale; e nelFun caso e nell'altro può accadere come no che il perito necroscopo abbia a propria disposizione, oltre il cadavere, anche la storia dei fenomeni che precedettero la morte. Primo caso. — Quello in cui l'avvelenamento è l'effetto della ingestione di una soluzione di nitrato d' argento. — Quando nella storia sarà detto, che un individuo dopo di avere ingerita una bevanda o un medicamento provò un senso di sapore stit- — 288 — tico metallico sgradevolissimo che lo costrinse a sputare di continuo; che la muccosa delle labbra, della lingua, delle guance e della gola, si fece per una estensione maggiore o minore biancastra, la pelle del mento e la barba, se era bionda o bianca, si offrirono sede qua e là di macchie rossastre scure; che in breve vennero dei vivi dolori di stomaco, delle nausee e dei vomiti di materie muccose biancastre e come costituite da pic- cole briciole, le quali si sciolsero nella ammoniaca e si fecero nere bagnandole con l'acqua solforosa o col solfuro di ammonio; che a tutti questi fenomeni fecero corredo le coliche, la diarrea, i crampi, il freddo intenso della pelle, la debolezza e la picco- lezza dei polsi, l'enfiore del ventre, i deliqui, la sincope e dopo qualche giorno la morte, il perito necroscopo concluderà per l'avvelenamento prodotto dal nitrato di argento. Mancando la storia perchè il malato non fu assistito dal medico, il perito necroscopo potrà pure dalla sola autossia ricavare qualche dato per formulare il suo concetto diagnostico, special- mente quando la morte sia avvenuta con una certa prontezza, perchè allora potrà verificare le macchie rosso-scure sulle labbra, sulla pelle del mento e sulla barba del cadavere; potrà trovare la muccosa buccale, faringea, esofagea e stomacale arrossata e flogosata e sede di placche bianco sporche, e la stomacale in- oltre ulcerata; potrà nello stomaco stesso rinvenire tuttavia delle briciole biancastre, che gli dieno le reazioni caratteristiche di cui abbiamo or'ora parlato; e non raramente potrà vedere la muccosa specialmente degli ultimi tratti intestinali, ricoperta di un induito scuro costituito da mucco misto al solfuro di argento che si formò durante la vita. Quando egli non abbia potuto raccogliere alcuno di questi dati anatomo-patologici speciali o ne abbia avuti degli incerti, allora attenderà i responsi della analisi chimica prima di pro- nunziare il suo giudizio. Il perito chimico dovrà sottoporre all' analisi le materie vomitate, il contenuto gastro-intestinale e le pareti stesse dello stomaco e delle intestina, perchè è pochissimo il veleno che in un avvelenamento acuto passa per assorbimento nella interna economia; e dovrà cercare di ottenere l'argento allo stato di I — 289 — azotato neutro, per fare sul medesimo le seguenti reazioni: verserà nella soluzione dell' azotato ottenuto, F ammoniaca e vedrà comparire un precipitato bianco solubilissimo in un eccesso di reattivo; vi farà cadere la soluzione dei cloruri alcalini o l'acido cloridrico ed avrà un precipitato bianco caseoso di clo- ruro di argento, che si farà violetto sotto l'azione della luce, e sarà solubile nell' ammoniaca, nel cianuro di potassio, nello iposolfito di soda, e calcinato con della soda e del carbone o con dei corpi riduttori lo vedrà trasformarsi in argento metallico; verserà nella soluzione argentica il bromuro di potassio, e vedrà formarsi un precipitato giallastro; mentre con l'ioduro di potassio il precipitato sarà giallo, e con F acqua solforosa e col solfuro di ammonio sarà nero e si distinguerà dal solfuro stagnoso per la sua solubilità in questo ultimo reattivo; con la potassa o con la soda il precipitato sarà bruno e sarà solubile con un eccesso di reattivo; con i carbonati alcalini sarà invece bianco e sarà solubile nell' acido azotico; col fosfato di soda il precipitato sarà giallo e sarà solubile nell' ammoniaca e nell' acido azotico; col ferrocianuro di potassio il precipitato sarà bianco, mentre col ferricianuro invece rosso bruno, e col cianuro di potassio sarà bianco caseoso solubile nell'eccesso del reattivo; col cromato di potassa avrà un precipitato rosso-bruno solubile nello acido azotico e nella ammoniaca; e con l'aldeidato di ammonio un precipitato nero metallico brillantissimo. Questa ultima reazione il perito la metterà a profitto, come prova di convinzione dello avvelenamento di cui ci siamo occupati. Ma se le materie dei vomiti per caso o ad arte furono disperse, se mancarono i dati storici relativi ai fenomeni mor- bosi che precedettero la morte e se il perito necroscopo trovò il tubo digerente affatto vuoto, il perito chimico si dovrà guar- dar bene dallo ammettere questo avvelenamento, quando abbia trovato un poco di argento soltanto nei visceri interni e nel san- gue, perchè questo metallo potrebbe provenire da un trattamento argentico che risalisse anche ad un epoca molto lontana, o po- trebbe anche essere derivato dall'uso di quei dolci o di quelle pillole che taluni confetturieri e farmacisti sogliono ricuoprire di una sottilissima foglia di argento. * Bellini .Q •— 290 — . Per questo avvelenamento non vi è prescrizione nel tempo, perchè l'argento si ritrova nei cadaveri anche quando sono ri- dotti allo stato di terriccio. Tutte le volte che fosse richiesto dai magistrati quanta è la dose dell'ingerito veleno, i! perito chimico lo doserà sotto forma di clorura o di solfuro. Secondo caso. — Quello in cui è stato ingerito un pezzetto di pietra infernale. — Questo avvelenamento spesso è accidentale e rarissimamente è stato volontario. L'accidentale è avvenuto perchè nell'atto di bruciarsi o farsi bruciare delle ulceri, delle afte, delle granulazioni, delle placche difteriche nella gola, è scivolato dalle mani o dal portapietra il pezzetto di pietra in- fernale ed è passato nella cavità dello stomaco. In questo caso può suscitarsi la quistione di responsabilità chirurgica o medica. Il nitrato di argento fuso, per trovarsi in una massa solida, non è o è solo in piccolissima copia assorbito, ma incuneandosi in genere nelle pieghe della muccosa stomacale vi produce delle escare e non di rado una o più perforazioni, che sono quelle che conducono gl'individui al sepolcro. Quando le perforazioni non si producono, allora la morte pa.'i essere l'effetto della gastritide cronica e delle ulceri. In questo caso i sintomi e le lesioni anatomo-patologiche sono comuni alla gastritide e alla gastro-enteritide o alla peritonitide; per cui la diagnosi medico- legale sarà basata principalmente sulla cognizione delle circostan- ze estrinseche al tatto, oppure sulla presenza di un pezzetto di pietra infernale nelle materie vomitate, in quelle dei secessi, o nel contenuto stomaco-intestinale od anche nella cavità perito- neale del cadavere; e ho detto principalmente, perchè anche la maniera delle ulceri e delle perforazioni qualche cosa diranno in questo proposito. AVVELENAMENTO PRODOTTO DALLO ZINCO E DALLE SUE COMBINAZIONI. Il solfato di zinco, conosciuto nel commercio sotto il nome di vetriolo bianco o copparosa bianca, è stato sovente ammini- — 291 — strato con intenzione criminosa. I sali di zinco formano degli albuminati poco solubili che si decompongono ulteriormente. L'assorbimento di questi sali è messo fuori di dubbio da non poche analisi: infatti Marmò ha ritrovato il zinco nel cervello, ed altri lo hanno rinvenuto nel fegato, nella milza, nelle ori- ne ec. Questo metallo sembra che si trattenga nello organismo meno lungamente dal rame e Dragendorff, ne ha ritrovate delle quantità apprezzabili nelle orine di una giovane, che aveva in- gerito a titolo di rimedio il valerianato di zinco 15 giorni ancora dopo che ne aveva cessato Fuso. L'ingestione di dosi un poco forti dei sali di zinco deter- mina prontamente dei vomiti energici, che discacciano quasi tutto il veleno; non raramente a questi tengono dietro delle scariche alvine abbondanti, muccose e sanguinolenti; versando sulle prime materie vomitate del solfuro di ammonio si vedono coprirsi di uno strato bianco costituito dal solfuro di zinco. I vomiti che in seguito possono farsi sanguigni, sono accom- pagnati da senso di sapore stittico, da costrizione della gola e da forte bruciore di stomaco, da grande debolezza, da invili- mento delle azioni respiratorie e circolatorie, da un forte freddo, da dei deliqui, dalla sincope a cui dopo 10, 20 o 30 ore tiene dietro la morte. Alla autossia si trova la muccosa gastrica e duodenale flogosata e sede di ecchimosi. Van Hasselt ha tro- vata questa muccosa, non che quella che riveste la cavità buc- cale, bianca, increspata e inspessita, e questa sarebbe per lui l'alterazione caratteristica dell'avvelenamento prodotto dal sol- fato di zinco. Versando sulla muccosa stomacale e buccale del solfuro di ammonio, il perito necroscopo le vedrà farsi anche più bianche. Questo farsi bianche le materie dei vomiti e la muccosa accennata sotto l'azione del solfuro di ammonio o del gas solfidrico, è un segno patognomonico di questo avvelena- mento, purché però sia esclusa la presenza di un sale alluminico. Si è preteso che il zinco esista normalmente nell'organi- smo, ma però in quantità infinitesimale. In una parola si è agitata la quistione del zinco normale, come quella del rame normale. Ma perchè ciò fosse vero bisognerebbe che gli alimenti lo contenessero normalmente e che esso poi costituisse parte _ 292 __ integrante dei nostri umori e tessuti, ciò che non è: per cui non possiamo che ammettere e riconoscere la presenza acciden- tale del zinco nella economia, per esempio, dopo la ingestione di sostanze preparate o conservate in vasi di questo metallo, oppure del pane proveniente da cereali che avessero vegetato sopra un terreno zinchifero; 114 — ipoazotico. Avvelenamento prodotto dall'.....» 103 — nitrico. Avvelenamento pro- dotto dall'......» 95 ----Delle* macchie prodotte sulle stoffe di lana, di seta, di co- tone, di lino dall' ...» 98 — ossalico . Avvelenamento prodotto dall' .... » 108 — prussico. V. Acido idrocia- nico ........» 114 — solfìdrico. Avvelenamento prodotto dall' . . . pag. 87 — solforico . Avvelenamento prodotto dall' . ...» 90 — Primo caso. Quello in cui esi- stono i fenomeni morbosi e gli anatomo-patologici pato- gnomonici dello avvelenamen- to prodotto dall' ...» 91 — Secondo caso. Quello in cui mancano i soli fenomeni mor- bosi patognomonici, ovvero questi e gli anatomo-patologici pure patognomonici dell'avve- lenamento prodotto dall' . » 93 — Terzo caso. Quello in cui sia stato ingerito il solfato d'in- daco..........94 — — Delle macc' ie prodotte sulle stoffe di lana, di seta, di co- tone, di lino dall' ...» 95 — solforoso. Avvelenamento prodotto dall'......101 Aconitina. Avvelenamento pro- dotto dalla.......172 — Sperimentazione fisio-tostìcólo- gìca nel caso di avvelenamen- to prodotto dalla.....174 Aconito. V. Aconitina.....172 Acqua clorata. V. Cloro . » 49 Alcool. Avvelenamento prodotto dall'.......» 219 Allume. V. Alluminio. . . . 295 Alluminio e sue combina- zioni. Avvelenamento pro- dotto dall'.....» 295 — 314 — Alterazioni arcioni >peto- logiche, che sono prodotte dai veleni.....pag. li Amanitina. V. Funghi male- fici ........» 214 Ammoniaca. Avvelenamento prodotto dall' . . . . » 133 — Primo caso. Quello nel quale nn cadavere è stato trovato in una stanza la di cui atmo- sfera è carica di vapori di » 134 — Secondo cas->. Quello in cui si tratta di avvelenamento pro- dotto dalla ingestione dell' » 135 Ammoniacali. Avvelenamento prodotto dai sali. . . . h 139 Anilina. Avvelenamento prodotto dall'.......» 145 — Primo caso. Quello in cui l'av- velenamento e la morte sono stati l'effetto della respira- zione dei vapori di.....145 — Secondo caso. Quello in cui lo avvelenamento è stato l'ef- fetto della ingestione dell' » 146 — Terno caio. Quello in cui è sta- to simulate questo avvelena- mento con mettere presso la bocca e le narici di un cada- vere un recipiente 0 una spu- gna che contengano dell' . » 148 Antimonio e sue combina- zioni. Avvelenamento prodot- to dall'......„ 249 — Primo caso. Avvelenamento acu- to per ingestione del tartaro emetico.........251 — Secondo caso. Avvelenamento acuto par esterna applicazione del tartaro emetico. . . » 253 — Terzo caso. Avvelenamento len- to prodotto dall' .... 254 Argento e sue combina- zioni Avvelenamento pro- dotto dall' .......286 — Primo caso. Quello in cui l'av- velenamento è l'effetto della ingestione della soluzione di nitrato di argento ...» 287 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento è stato l'effetto della ingestione di un pezzetto di pietra infernale ...» 290 Aria confinata e non rin- novata. Avvelenamento pro- dotto dall' ...,.„ 73 — Primi cxso. Quello di un indi- viduo che è stato trovato chiuso in una stanza in cui non aveva od aveva difficile accesso l'aria . . . pag. 75 — Secondo caio. Quello in cui il cadavere di un individuo è sta- to trovato in una stanza sot- terranea chiusa.....75 — Terzo caso. Quello in cui si tro- vino più cadaveri d'individui sotto una frana, e interessi di sapere chi è morto prima, chi dopo........» 76 Arsenico e sue combina- zioni. Avvelenamento pro- dotto dall'.......236 — Primo oaso. Avvelenamento acu- to per ingestione Tiell' acido arsenioso......» 239 — Secondo caso. Avvelenamento acuto per esterna applicazione dell'acido arsenioso. . . » 242 — Terxo caso. Avvelenamento lento prodotto dall' ?. ...» 244 Assorbimento dei veleni . » 3 Atropina. V. Belladonna. . » 163 Autorità giudiziaria. Dei prin- cipali e più importanti quesiti che suole formulare in fatto di avvelenamento 1' . . » 24 Avvelenamenti, prodotti dai metalloidi......» 49 • prodotti da quei composti che risultano da due 0 più metal- loidi che hanno a comune la reazione acida 0 che si com- portano chimicamente come gli acidi...... » 71 prodotti da quei composti che risultano dalla combinazione di due 0 più metalloidi che hanno a comune la reazione alcalina 0 che funzionano chi- micamente come gli alcali » 133 prodotti da quei composti che risultano dalla combinazione di due 0 più metalloidi che non sono nò acidi ne alcalini, ma neutri......" 219 prodotti dai metalli propria- mente detti e dalle loro prin- cipali combinazioni . . » 236 prodotti dai metalli •lcalini e dalle principali loro combina- zioni ...... • • 298 — 315 — Avvelenamento. Delle circo- stanze nelle quali ordinaria- mente siproducono i fatti dipag. 12 — Dei criteri sui quali il perito deve basare la diagnosi me- dico-legale dello......13 — Dello ufficio del perito necro- scopo in fatto di , . . » 20 — Dei casi di morte naturale o di malattie- spontanee che posso- no essere attribnlte ad un » 22 — Dei principali e più ^importanti quesiti che l'Autorità Giudi- ziaria suole formulare nel ca- so di .......» 24 — Delle principali e più impor- tanti obiezioni che suole for- mulare la Difesa nel caso di » 35 Azotato acido di mercu- rio. Avvelenamento prodotto dall'.......» 104 — di argenòo V. Argento . » 286 B Bario e sue combinazioni. Avvelenamento prodotto dal » 298 Primo caso. Quello in cui l'avve- lenamento è stato prodotto dalla barite caustica . . » 299 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento è stato prodotto dal carbonato di barite . » 300 — Tirzo caso. Quello in cui l'avve- lenamentD è stato prodotto dal cloruro di bario . . » 301 Barite. V. Bario.....» 298 Belladonna. Avvelenamento pro- dotto dalla.......163 — PH o caso. Quello in cui l'av- velenamento si deve alla in- gestione delle bacche e di al- tre parti della . . . . » 164 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento è 1' effetto della ingestione della atropina e dei suoi sali......" 165 -- Terzo caso. Quello in cui l'av- velenamento atropinico è sorto mentre uno usava da qualche giorno internamente con scopo terapeutico una preparazione di belladonna o la stessa atro- pina pura o salificata . • » 166 — Sperimentazione foie-tossicologi- ca nel caso di avvelenamento prodotto dalla . . . pag. 174 Bicloruro di mercurio. Vedi Mercurio........259 — di stagno. V. Stagno . . » 283 Biossido di azoto. V. Acido Ipoazototico......103 Bleu di composizione. V. Aci- do solforico.....» 90 Bromo. Avvelenamento prodotto dal..........56 c Calabarrina. Avvelenamento prodotto dalla.....> 181 Calomelano. V. Mercurio . » 259 Cambiamenti, principali che i veleni subiscono nella economia animale.......» 6 Campo d' azione dei veleni » 10 Canfora. Avvelenamento prodot- to dalla.........233 Cantaridi. Avvelenamento pro- dotto dalle......» 124 — Primo caso. Quello in cui è sta- ta ingerita la polvere di. » 125 — Secondo caso. Quello in cui è stata ingerita la tintura eterea od alcoolica di cantaridi op- pure la cantaridina . . » 127 Cantaridina. V. Cantaridi . » 124 Carbonato di barite. Vedi Bario..........298 — di potassa. V. Potassio . » 303 — di soda. V. Sodio.....303 Ca si . di morte naturale o di malattie spontanee che possono essere attribuiti ad un avvelenamento . . » 22 Cianuri alcalini e metalli- ci. V. Avvelenamento prodotto dall'acido idrocianico . . » 114 Cicuta. Avvelenamento prodotto dalla. . ........204 Cicutina. V. Cicuta ...» 204 Circostanze nelle quali ordina- riamente si producono i fatti di avvelenamento ...» 12 Cloro. Avvelenamento prodotto dal.........-49 — Primo caso. Quello in cui la mor- te è avvenuta per avere respi- rato il gas.....» 50 — Secondo caso. Quello in cui la — 31G — morte è avvenuta per avere ingerita l'acqua clorata pag. 51 — Terzo caso. Quello in cui la mor- te è avvenuta per avere inge- riti gli ipocloriti ...» 52 — Quarto caso. Quello in cui la morte è avvenuta per altra ra- gione e si voglia far credere che sia stata prodotta dalla respirazione del . ...» 55 Cloroformio. Avvelanamento pro- dotto dal......» 222 — Primo caio. Quello in cui il clo- roformio ha ucciso facendosi strada all' interne per la via dei polmoni.....» 233 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento è avvenuto per la introduzione del cloroformio nella cavità dello stomaco » 225 — Terzo caso. Quello in cui sono state applicate dinanzi alle narici e alla bocca di un in- dividuo reso cadavere per al- tra cagione delle fila o della ovatta imbevuta di clorofor- mio per fare passare per una morte volontaria quella che fu l'effetto di un assassinio» 228 Cloruro acido di antimo- nio. Avvelenamento prodotto dal........» 105 — di bario. V. Bario . . » 298 — di stagno. V. Stagno . » 283 Codeina. Avvelenamento prodot- to dalla......» 191 Colchicina. V. Colchico. . » 180 Colchico. Avvelenamento prodot- to dal .......» 180 Conicina. V. Cicuta . , . » 204 Contro-perizia chimica. Dei casi in cui l'Accusa pnò e de- ve chiedere che sia fatta la » 44 Criteri sui quali il perito deve basare la diagnosi medico-le- gale dello avvelenamento. » 13 Cromati. V. Cromo. ...» 293 Cromo e sue combinazio- ni. Avvelenamento prodotto dal........„ 293 Curare. Avvelenamento prodotto dal..........159 — Primo caso.- Quello in .cui si tratta realmente di avvelena- mento curarico......160 — Secondo caso. Quello iu cui la morte ò avvenuta prontamen- te per apoplessia nervosa e non avendo il perito necrosco- po trovato nulla all'autossia nell'asse cerebro-spinale nasca il sospetto di avvelenamento curarico......pag. 162 Curarina. V. Curare . . . » 159 D Daturina. V. Stramonio. . . » 168 Delfina. V. Stafisagria......198 Diagnosi medico-legale del- l'avvelenanti-nto. Dei criteri sui quali il perito deve basare la..........» 13 Difesa. Delle principali e più im- portanti obiezioni che nel casa di avvelenamento suole formu- lare la...........35 Digitale. Avvelenamento prodot- to dalla ...:....» 209 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello avvelenamento pro- dotto dalla.......» 212 Digitalina. V. Digitale ...» 209 E Eliminazione dei veleni dalla animale economia .... » 4 Eserina. V. Calabarrina. . . » 181 Essenza di Mirbana. V. Ni- trobenzina .......» 120 Etere solforico. Avvelenamen- to prodotto dall'.....» 230 — acetico. Avvelenamento pro- dotto dall'.......» 230 P Fai sa Angustura. V. Stricni- na . ........» 148 Fava del Calabar. Avvelena- mento prodotto dalla. . . » 181 — di Sant' Ignazio. V. Stri- cnina .........148 Fisosctimmina.V Calabarrina» 181 Fogne. Avvelenamento prodotto dal gas delle........ 142 Fosforo. Avvelenamento prodot- to dal .........» 60 — 31 7 — — Primo caso. Quello in cui si ab- biano i fenomeni patognomo- nici, e nelle materie sospette vi sia del fosforo in natura, ma non esistano o sieno poco o punto manifeste le altera- zioni anatomo-patologiche pag. 63 — Secondo caso. Quello in cui man- ca la storia, oppure questa consta dei soli fenomeni mor- bosi comuni, le alterazioni ana- tomo-patologiche sono spicca- tissime e manca nelle materie sospette il fosforo in natura e solo vi si trovano le sue combinazioni......» 65 — Terzo caso. Quello in cui sia morto un individuo che abbia offerti durante la vita tutti i fenomeni propri della itterizia e dopo molto tempo da che fu inumato il cadavere sia nato il sospetto di avvelena- mento per fosforo .... » 67 Funghi venefici. Avvelena- mento prodotto dai . . . » 214 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello avvelenamento pro- dotto dai.........216 G Gas ammoniaco. V. Ammo- niaca. . . ........» 133 — Idrogeno solforato, v. Acido solfidrico.....» 87 —Illuminante. Avvelenamento prodotto dal.......» 85 — dei pozzi neri, delle la- trine e delle fogne. Avvelenamento prodotto dai » 142 Giusquiamina. V. Giusquiamo» 169 Giusquiamo. Avvelenamento pro- dotto dal........» 169 — Sperimentazione fisio-toss'cologicm nello avvelenamento prodotto dal..........» 174 Gommagutta. Avvelenamento prodotto dalla...... 235 Iodio. Avvelenamento • prodotto dall'...........58 Ipocloriti alcalini.V.Cioropag. 49 Latrine. Avvelenamento prodotto dai gas delle.......• 1-42 Lupino. Avvelenamento prodotto dalla decozione dei semi di . 207 M Macchie sulle stoffe di lana, di seta, di cotone di lino, prodot- te dall'acido cloridrico . . » 101 — prodotte dall' acido azotico . » 98 — prodotte dall' acido solforico » 95 Medico, come si deve comporta- re quando presta la sua assi- stenza ad un individuo avve- lenato o creduto avvelenato» 15 Mercurio e «ie combina- zioni. Avvelenamento prodot- to dal .........» 259 — Primo caso. Quello di avvele- namento acuto che ha tenuto dietro alla ingestione del su- blimato corrosivo .... » 262 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento si è dichiarato per la esterna applicazione, del sublimato corrosivo. . . 265 — Terzo caso. Quello in cui l'avve- lenamento è stato 1' effetto della ingestione o della inocu- lazione ipodermica del calome- lano ..........» 266 — Quarto caso. Avvelenamento lento prodotto dal . . . . » 268 Mettalloidi. Degli avvelenamen- prodotti dai.......» 49 Morfina. V. Oppio ...... 183 Muscarina. V. Funghi venefici o malefici.........» 214 N Narceina. Avvelenamento pro- dotto dalla........191 Narcotina. Avvelenamento pro- dotto dalla.......» 193 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello avvelenamento pro- dotto dalla.......» 196 — 318 — Nicotina. V. Tabacco . . pag. 199 Nitrato acido di mercurio. Avvelenamento prodotto dal» 104 — di argento. V. Argento. » 286 — di potassa. V. Nitro . . » 309 Nitro. Avvelenamento prodotto dal.........» 309 Nitrobenzina. Avvelenamento prodotto daHa.......120 — Primo caso. Quello in cui 1' av- velenamento e la morte sono stati l'effetto della respira- zione dei vapori di. . . . » 121 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento e la morte sono stali l'effetto della ingestione della............122 — Terzo caso. Quello in cui il ca- davere di un individuo morto per altra ragione è stato mes- so con la faccia presso un va- so contenente della nitroben- zina o è stato immerso in una atmosfera ricca dei suoi va- pori per simulare un avvele- namento volontario o acciden- tale e nascondere così un omi- cidio ..........»124 Noce vomica. V. Stricnina. » 148 0 Obiezioni principali e più impor- tanti che suole formulare la , difesa nel caso di avvelena- mento .........» 35 — Obiezione prima. La sostanza che fu ritrovata nelle materie sospette non è di avvelena- mento, ma derivò invece dai rimedi messi in uso per soccor- rere l'individuo avvelenato » 35 — Obiezione seconda. La sostanza che fu ritrovata nelle materie sospette non è d'avvelenamen- to ma derivò invece dai reat- tivi e dagli apparecchi ado- perati nelle ricerche tossico- logiche .........» 36 — Obiezione terza. La sostanza che fu ritrovata nelle materie so- spette non è di avvelenamento, ma è normale, oppure si tro- vava accidentalmente nello or- ganismo dell'individuo creduto avvelenato......pag. 36 — Obiezione quarta. La fsostanza che è stata ritrovata nelle materie sospette non è di av- velenamento ma esisteva già nello interno organismo perchè passatavi a titolo di rimedio» 38 — Obiezione quinta. La sostanza | che fu ritrovata nelle materie sospette non è di avvelena- mento, ma derivò dalla terra del cimitero in cui rimase per un tempo più o meno lungo inumato il cadavere ...» 41 — Obie»ione testa. La morte non è avvenuta ..per la sostanza che è stata trovata nel canale digerente, ma per altra ra- gione.........» 42 — Obiezione settima. La sostanza che fu ritrovata nel cadavere non è di avvelenamento, ma è costituita dall' nno o dall'al- tro dei prodotti del processo putrefatti vo.......» 43 — Obiezione ottava. La sostanza che fu ritrovata nel cadavere non è di avvelenamento, ma è quella sostanza tossica che si produce nel cadavere uma- no fresco e nel putrefatto per ragioni che per ora ci sono sconosciute.......» 43 Olio di Croton Tilium. Av- velenamento propotto dall' » 234 — essenziale di ruta. v. Ruta..........» 232 — essenziale di sabina. V. Sabina.........» 231 Oppio. Avvelenamento prodotto dall'.........» 183 — Primo caio. Quello in cui un individuo è morto colla rapi- dità del fulmine per 1' . . » 184 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento narcotico ha pro- ceduto acutamente. ...» 186 — Terzo caio. Quello in cui il nar- cotismo anzi che essere l'effet- to della morfina o dell'oppio lo è della ostruzione della ve- na porta........» 190 Ossalato a,cido di potassa. Avvelenamento prodotto dall'» 111 — 319 — Ossido di carbonio. V. Vapo- ri di carbone.....pag. 77 Papaverina. Avvelenamento pro- dotto dalla.......» 193 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello avvelenamento pro- dotto dalla.......» 196 Perito. Dei criteri sui quali deve basare la diagnosi di avvele- namento il.......» 13 — necroscopo. Dell'ufficio in fatto di avvelenamento del « 20 Picrotoxina. Avvelenamento pro- dotto dalla.........130 Pietra infernale. V. Argento» 286 Piombo e sue combinazio- ni. Avvelenamento prò lotto dal..........» 270 — Primo caso. Avvelenamento acu- to prodotto dal.....» 271 — Secondo caio. Avvelenamento lento prodotto dal .... » 274 Potassa V. Potassio e Sodio . » 303 Potassio e Sodio e loro com- binazioni . Avvelenamento prodotto dal.......» 303 — Primo caso. Avvelenamento pro- dotto dalla potassa e dalla soda caustiche......» 304 — Secondo caso. Avvelenamento prodotto dal carbonato di po- tassa e di soda.....» 305 — Terzo caso. Avvelenamento pro- dotto dal nitro .... » 309 Pozzi neri. Avvelenamento pro- dotto dai gas dei.....> 142 Protocloruro di mercurio. V. Mercurio......» 259 Quesiti principali e più impor- tanti che l'Autorità Giudizia- ria suole formulare nel caso di avvelenamento .... » 24 — Quesito primo. La malattia e la morte devono essere attri- buite alla amministrazione o • all'uso di una sostanza vele- nosa, e dato 'che sì quale è questa sostanza? . . . pag. 24 — Quesito secondo. Sotto quale stato il veleno è stato preso • propinato?.....» 25 — Quesito terzo. La sostanza im- piegata può produrre o avere prodotta la morte? .... « 26 — Quesito quarto. A quale dose la sostanta che fu ritrovata è ca- pace di dare luogo alla morte?» 28 — Quesito quinto. La sostanza ve- lenosa è stata ingerita in quantità sufficiente per dare luogo alla moite? .... » 28 — Quesito sesto. Per quali vie il veleno è stato amministrato?» 29 — Quesito settimo. In quale mo- mento ha avuto luogo la in- gestione o la introduzione del veleno?.........» 30 — Quesito ottavo. L'avvelenamen- to può avere avuto luogo e il veleno può essere scomparso senza che se ne trovino delle tracce, e ciò dopo quanto tempo?.........» 31 — Quesito nono. L'avvelenamento è il resultato di un omicidio, di un suicidio, oppure è acci- dentale? ........» 33 — Quesito decimo. L'avvelenamen- to può essere simulato? . » 35 E Rame e sue combinazioni. Avvelenamento prodotto dal » 275 Rapporti Medico-legali in fatto di veneficio ...... 46 Ruta. Avvelenamento prodotto dalla..........» 232 s Sabadiglia. Avvelenamento pro- dotto dalla.......» 178 Sabina. Avvelenamelo prodotto dalla..........» 231 Sale di acetosella. V. Ossa- lato acido di potassa. . . » 111 Sali ammoniacali. Avvelena- mento prodotto dai. ...» 139 Soda. V. Sodio.......» 303 — 320 — Sodio e sue combinazioni Avvelenamento prodotto dal » 303 Solanina. Y. Solano. . . pag. 171 Solano. Avvelenamento prodotto dal..........» 171 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello afvelenamento pro- dotto dal........» 174 Solfato d'indaco. V. Acido solforico........» 90 — di allumina V. Alluminio » 295 Solfidrato d' ammoniaca. V. Solfuro di ammonio . . » 141 Solfuri alealini. Avvelenamen- to prodotto dai.....» 88 Solfuro di ammonio. Avve- lenamento prodotto dal. . » 141 Stafisagria. Avvelenamento pro- dotto dalla.......» 198 Stagno e sue combinazio- ni. Avvelenamento prodotto dallo..........» 283 — Primo caio. Quello in cui l'av- velenamento o la morte sono stati l'effetto del cloruro sta- gnico .........» 283 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento e la morte sono l'effetto del bicloruro di stagno» 285 Stramonio. Avvelenamento pro- dotto dallo.......» 168 Stricnina e piante che la contengono. Avvelenamen- to prodotto dalla.....» 148 — Primo caio. Quello in cui l'a- velenamento è stato prodotto dalla ingestione della Stricni- na o dei suoi sali .... » 150 — Secondo caso. Quello in cui l'av- velenamento è 1' effetto della esterna applicazione della stri- cnina o dei suoi sali...» 156 — Terzo caio. Quello in cui 1' av- velenamento è prodotto dalla noce vomica o dalla fava di Sant' Ignazio raspate o dallo alcoalato di noce vomica op- pure dalla falsa augustara. » 157 — Quarto caso. Quello in cui un individuo è morto di tetano comune, oppure con fenomeni tetanici poco dopo di avere ingerito dell'estratto di Liebig e scorso nu certo tempo sia nato il sospetto di avvelena- mento per la stricnina . . » 158 — Sperimentazione fiiio-tos sicologi- oa nello avvelenamento pro- dotto dalla stricnina . pag. 155 Sublimato corrossivo. V. Morcurio.........» 251) T Tabacco. Avvelenamento pro- dotto dal........» 199 — Primo caso. Quello in cui l'av- velenamento e 1' effetto della ingestione del tabacco o della nicotina.........» 200 — Secondo caso. Quello in cui un neonato o un piccolo bambino è stato ucciso sbuffandogli sul- la faccia per più volte di se- guito il fumo di un sigaro 0 di una pipa accesa.... » 202 Tebaina. Avvelenamento prodot- to dalla........» 193 — Sperimentazione fisio-tossicologi- ca nello avvelenamento pro- dotto dalla.......» 196 T Vapori di Carbone. Avvele- namento prodotto dai . . • 77 — Primo caso Quello in cui si tratta di sapere se uno o più individui che si trovavano nel letto di già cadaveri sono morti per i vapori di carbone e dato che si, se si tratta di morte accidentale, volontaria o cri- minosa .........» 79 — Secondo caso. Quello in cui in una camera si trovano uno o due individui in un letto e non esiste nella medesima né un bracare ne altro che ac- cenni ad una combustione che vi abbia avuto effetto • venga domandato perchè sono morti» 80 — Terzo caio. Quello in cui l'av- velenamento per i vapori di carbone si è verificato in una camera di cui la finestra o la porta non erano chiuse e venga domandato se poteva avvenire questa maniera di morte a — 321 — fronte che la cam«ra non fosse ermeticamente serrata . pag. — Quarto caso. Quello in cui sono stati trovati in una stanza più individui per sesso e per età diversi, alcuni morti in un letto piuttosto alto, altri sul suolo, e interessi di sapere agli effetti civili chi è morto pri- ma chi invece è morto dopo» — Modo di determinare la capacità della camera ove è avvtnuta la morte per i.....> — Ricerche dell'ossido di carbonio nell'aria e nei cadaveri di coloro che perirono per i . » Veleni. Accumulamento nella eco- nomia animale dei .... » — Altirarioni anatomo-patologiche che sono prodotte dai . . » — Assorbimento dei.....» — Campo di azione dei ..." — Diffusione per entro la econo- mia animale dei.....» 81 81 84 85 — Elim'nazione dalla economia ani- male dei......pag. 4 — Fenomeni moibosi che sono pro- dotti dai........» 11 — Itinerario tenuto nello animale organismo dai....... 3 -~ Principali e apprezzabili cani - biamenti che subiscono nella economia i......» 6 — Trattenimento nella economia animale dei.......» 4 Veleno (Del) in medicina legale e in giurisprudenza ...» 1 Veneficio (Del) in medicina le- gale e in giurisprudonza . » 1 Veratrina. V. Veratro . . . » 178 Veratro. Avvelenamento prodot- to dal ........» 178 z Zinco e sue combinazioni. Avvelenamento prodotto dallo» 290 I Errata Corrige Pag. verso 51 22 npenato neonato 57 31 criterf criteri 266 23 sublimato Calomelano BIBLIOTECA MEDICO-LEGALE DEL Cav. Dott. R. BELLINI PROF. DI MKDICiNA-LEQALE E IGIENE PRATICHE E SPERIMENTALI NELL'ISTITUTO DI FIRENZE E DEL DOTT. ANGIOLO FILIPPI AJUTO ALLA CATTEDRA SUDDETTA E LIBERO DOCENTE DI MEDICINA-LEGALE Volume IV» i FISA. TIPOGRAFIA T. NISTRI E C.1 Gli FRATELLI NISTRI 1878 Proprietà letteraria. VOLUME IV- MANUALE DI AFRODISIOLOGIA CIVILE E CRIMINALE E VENERE FORENSE DEL Dott. ANGIOLO FILIPPI. AVVISO AL LETTORE Intendo nella prima parte della Afrodisiologia Civile condurre per mano il Perito in quelle questioni medico forensi le quali possono aver rapporto con l'argomento del Matrimonio: della Gravidanza: del Parto e del Puerperio: delle Nascite precoci e tardive. Nella seconda parte; in quella cioè della Afrodisiologia Criminale; indicherò la guida a tenersi dal Perito nelle que- stioni relative alV Aborto Criminoso ed alV Infanticidio. Nella terza parte di questo libro mi occuperò degli argo- menti relativi alla Venere forènse, ponendo le questioni che possono incontrarsi nella pratica, accennando il modo di risol- verle anco in rapporto alla complicazione delle Malattie Ve- neree. In ogni argomento accennerò la ragione giuridica del quesito, seguendo passo passo le disposizioni legislative vi- genti: — dichiarerà il modo pratico da tenersi per sciogliere i diversi postulati che in rapporto a questi differenti argomenti possono essere proposti dall'1 Autorità giudiziaria. AFRODISIOLOGIA CIVILE Parte I.a INTERVENTO DEL PERITO IN QUESTIONI .MEDICO-FORENSI RELATIVE AL MATRIMONIO. §. 1. È necessario por nettamente queste tre fondamentali cognizioni e cioè: la si può a norma delle disposizioni del Codice Civile fare opposizione al matrimonio:—2* si può domandare nullità o meglio l'annullamento di un matrimonio avvenutane la formale celebrazione : 3a si può far questione di separazione personale dei conjugi. Ora può avvenire che l'opera del perito possa essere messa a profitto in ognuna di queste tre diverse circostanze. Io non mi occuperò che di quelle più comuni ed im- portanti ragioni per le quali possono esser formulati dei dubbii, richiesti dei pareri o proposti dei quesiti. §. 2. Opposizione. — Quando pel solenne atto del matri- monio il Codice Civile vigente stabilisce le condizioni necessarie per contrarlo, oltre a determinare alcuni limiti della età, ad eli- minare dal connubio certi preesistenti vincoli di sangue che po- trebbero correre fra i due contraenti, vuole con filosofica e previdentissima ragione, che non possano contrarre matrimonio — 8 — gli interdetti per infermità di mente e ordina che se l'istanza d'interdizione fosse soltanto promossa, si sospenda la celebrazione del matrimonio fino a che l'Autorità giudiziaria non abbia de- finitivamente pronunziato. In dependenza logica di questo savis- simo disposto quando il Legislatore è stato a dichiarare quali e quante potevano essere le cause di opposizione a quel vincolo che soltanto la morte può sciogliere, ha voluto che si possa fare opposizione (Art. 83, n. 2° Cod. Civ.) « Per l'infermità di mente di uno degli sposi » — Ecco intanto patentemente dimostrata una ragione per la quale il perito può esser chiamato a prestar l'opera sua in causa di opposizione al matrimonio. §. 3. Con quale criterio dovrà mai procedere il pratico a risolvere questa delicatissima questione ? — Qui senza dubbio, si entra nel campo della Freniatria forense e perciò sia oculato il perito a considerare bene il punto dì partenza legale della ricerca ; vale a dire : che la Legge ha espressamente dichiarato doversi stabilire esistente in uno dei due contraenti una infer- mità di mente di tale indole e di tale grado da far mancare al contratto uno dei due elementi essenziali alla sua validità cioè il pieno e libero consentimento intellettivo.—Ora stando al significato di quelle parole contenute nel Codice all'articolo citato, ognun vede quanto sia esteso; ma pensando come nell'effettuare un matrimonio si dà vita ad un Contratto morale che ha per implicita condizione il reciproco assentimento dei contraenti, il pratico si deve porre in grado di considerare se nell' individuo in esame esista o no abolizione della libertà morale da ritenere che in esso vi sia incapacità a prestare il consenso voluto per la validità di un contratto così seriamente combinato. È ufficio sempre grave quello di diagnosticare la forma e il grado di una affezione psi- chica; ma in definitiva è una diagnosi che appunto volendo un grado estremo di prova indubbia, permetterà al perito di pro- nunziarsi quando tutti i criterii della malattia lo condurranno ad ammettere una specie di psicopatia evidentemente capace a menomare la validità legale di un consentimento. Ed ecco per parte del perito la doverosa necessità di aver presenti le più fondamentali e ferme cognizioni della scienza freniatrica per applicarle alla soluzione del quesito forense. — 9 — Cosa insegna dunque questa scienza relativamente alla am- missibilità o non ammissibilità di consentimento morale per parte di individui affetti dalle varie e multiple forme di psicopatia? — Certo è che quanto agli Idioti, cioè quanto a quei disgraziati esseri nei quali esistono anomalie multiple dell' asse cerebro spinale con imperfezioni dei sensi e delle facoltà intellettuali, per essi ogni responsabilità morale è esclusa e quindi non ca- paci a valutare la importanza di un contratto. Quanto agli Imbecilli, eliminato quel primo grado di semplicità di spirito con la quale vi può essere sana conformazione fisica, sufficiente perfezione di linguaggio e manifestazione di senso morale, pure e nell''imbecille propriamente detto e nei gradi più avanzati fino a\Yautomata privo completamente d'intelligenza e di sensibilità morale, non vi può essere legalità di contratto. — Quanto ai Demoni a quelli individui cioè che goderono della intelligenza, ma che presi poi da indebolimento considerabile e progressivo delle facoltà morali e intellettuali, si avviarono ad una paralisi decorrente dal primo al terzo periodo, certo non è a pensarsi possano godere della facoltà civile di sanzionare contratto legale. — Quanto ai Maniaci a coloro cioè che soffrono di disordinata so- vraeccitazione delle facoltà con incoerenza delle idee, con im- possibilità a fissare la loro attenzione , agitati da moti ed im- pulsi violenti, con perdita della coscienza di se medesimi, sog- getti ad illusioni ad allucinazioni, pervertiti nei sentimenti affettivi, nella sensibilità morale, turbati da accessi di furore, incoerenti, per essi pure non è data facoltà legale di formulare contratto. — Né dimentichi il perito come vi possano essere individui che manifestino uno stato intellettuale in apparenza normale, nei quali però e la mobilità delle idee, e la irritabilità del carattere squisitamente morboso, e la quasi manchevole pa- dronanza di sé medesimi, e il turbamento da cui sono presi per idee fisse, per errori di percezione, per false apprezzazioni , per esagerato amor proprio, costituiscono condizioni di effettiva ma- lattia sotto quella forma cosi detta di follia ragionante o follia morale, grave morbo che può colpire con insidioso andamento individui che nel civile consorzio risquotono immeritamente stima di ragionevoli uomini. — E neppure è da doversi dimen- — 10 — ticare dal perito come appunto in questo gruppo di psicopatia, cioè in quello della mania propriamente detta, ed in quello an- cora della follia parziale che comprende tutte le monomanie, possa avvenire un fenomeno di grande importanza; cioè ac- cada che l'esame dell'individuo soggetto di interdizione, coin- cida con uno di quei periodi che i freniatri dicono di inter- vallo lucido. Non deesi confondere dal perito ciò che può es- sere un semplice periodo di remissione di alcune affezioni men- tali, con ciò che può costituire periodo di sanità completa, du- ratura. Dal punto di vista medico-legale come non si potrebbe dare responsabilità giuridica a coloro che commettessero un atto imputabile nel periodo di remissione di una malattia mentale periodica, così non si potrebbe ammettere che in quello stato duraturo di malattia mentale (sebbene declinato) fosse valida una ratificazione di contratto nuziale. La scienza frenjatrica insegna a fare rilevare quali sono i criterii per mettere in maggiore evidenza possibile il sempre difficile fatto del vero intervallo lucido dall'apparente, considerando cioè la completa riabilitazione e funzionante armonia di tutte le facoltà intellettuali dell'indi- viduo e la permanente, lunga, verificata, riprova del ritorno completo della ragione medesima. Ma prima di lasciare queste avvertenze pratiche relative a certi intervalli di apparente quiescenza in alcune forme di alie- nazioni mentali, non debbo omettere di fermar l'attenzione del perito sopra di una singoiar forma morbosa la quale nel suo spe- cial modo di decorrere, ha appunto tale una subdolità da con- durre in grave momento la reputazione del perito. E voglio indicare la forma della follia circolare, nella quale si alternano dei periodi di eccitazione maniaca più o meno intensa con stati di depressione più o meno marcata sotto forma di melancolla o di stupidità, susseguiti poi da un intervallo di ragione, durante il quale (sebbene sostanzialmente non abbia vita che un grado di eccitamento del tutto morboso) pure giungendo nuovo l'indi- viduo all'esame del pratico, potrebbe fuorviare da un retto giudizio il perito medico forense. Ma v' ha di più : che cioè la osservazione clinica sebbene dimostri come in alcuni di questi gravissimi casi si possa talora iniziare il ciclo con una forma — li- di mania ed a questa succedere un periodo di forma melan- colica succeduto da un periodo di eccitamento, pure alcune volte può questo ciclo aprirsi invece con lo stato di melancoli'a più o meno sentito e dopo, aver luogo uno stato di eccitamento o di quasi rianimamento che par salutare, per terminare al- l' attacco maniaco il più manifesto. — In tale caso non v' ha dubbio alcuno ad ammettere che esaminando l'individuo nel primo e nel secondo momento quasi quasi ( se l'accortezza clinica non vi ponesse freno) uno poco pratico potrebbe esser condotto ad escludere la esistenza di un morbo gravissimo e valutare il periodo di eccitazione per un notevole migliora- mento. Ma quello che è della massima importanza a notare si è che in tali forme a volte non molto gravi potrebbe pre- sentarsi lo stato primo di melancolla e con apparenze normali il periodo di eccitazione; ed anzi in questo notare nell'individuo propositi d'animo lodevolissimi, quasi volesse rimproverarsi di essersi lasciato prendere da infondati patèmi d'animo, e fare e dire cose che avessero una certa previdenza pel futuro stato o pensando a provvedersi di mezzi ed arnesi per intraprendere un mestiere, una professione, stabilirsi una posizione sociale ed anco di unirsi in matrimonio, ed intanto nella stessa premura esservi qualcosa di morboso, di esagerato, di troppo sollecitamente con- cepito e finire poi in uno scoppio di vera e propria mania da essere inaspettato a tutti coloro che ignari della scienza stanno intorno all'individuo e fra questi per disgrazia potere essere tra- scinato anco il medico stesso. Ora conoscendo bene queste possibilità, il perito dovrà procedere cauto e con grande sospetto in tali fatti ed appurare bene, pren- dendo cognizioni dello stato precedente dell'individuo, se quel periodo d'apparente risveglio, successivo ad una forte depressione d'animo, non fosse già un momento morboso di questa insidiosa forma della follia circolare. Certo è che anco per questo morbo è a considerarsi che se l'inizio fosse stato rappresentato dall'attacco acuto della mania ed allora non vi sarebbero dubbj possibili: o sa- rebbe stato quello della melancolla e non vi sarebbero ugualmente incertezze ammissibili. Ma quando (lo ripeto volentieri) o mancasse il pi imo avvenimento o fosse presente il secondo, ma con forme — 12 — miti, certo sarebbe facile intendere come il giudizio andrebbe o po- trebbe andare errato. — Queste riflessioni hanno seria importanza nella pratica onde non concorrere ad emettere favorevole il giudizio. ad un matrimonio che anco se consumato avrebbe in sé il pec- cato d'origine e o darebbe luogo ad un' annullamento, o peggio poi e con gravi danni, ad una separazione personale, avveni- mento per ogni ragione più grave. Per le quali considerazioni viene a limitarsi assai nettamente il campo della questione medico forense, tantopiù nettamente quanto più è inutile avanzare contenziosità sui tipi estremi di una alienazione mentale. Per cui a dir vero, ammesso il principio che là dove il difetto del senso morale sia così palese che la in- terdizione civile, quasi direi, colpisce questi infelici come evidente necessità, a ben picciol numero di forme morbose mentali si può restringere la probabilità di una discussione medico forense relativa alla giustezza di un' opposizione al contratto matrimo- niale. Diventano per conseguenza di più frequente discutibilità nella pratica quelle malattie di apparenza non gravi, che per- mettono la convivenza sociale, che permettono agli individui l'esercizio di un mestiere, la rappresentanza di uno impiego anco 1' esercizio di una professione, e che per essere avvertite nella loro totale e reale esistenza vogliono continua e assai lunga conoscenza dell'individuo in sì fatta guisa malato. Così per formularne un esempio si incontrano alcuni individui in società i quali d' altronde ben conformati, con una certa espressione di sguardo, effemminati nel portamento, ricercati nel vestire, ghiot- ti, distratti, a volte petulanti, hanno però integri i loro sensi. Analizzati nel loro intelletto hanno una tal quale lentezza nel- l'apprendere, però dimostrano di aver memoria ; se si vuole non basata sull'apprezzazione dei fatti e sulla valutazione di questi. Però sono educabili ed educati, sebbene leggieri di carattere ; non fondati seriamente negli studii che si danno l'aria di col- tivare , ampollosi, creduloni, pieni di pregiudizi!. Hanno però intero il senso morale e possono essère suscettibili di perfezio- namento ed insomma hanno nel loro organamento quanto è ne- cessario perchè legalmente parlando o sieno responsabili delle azioni che fanno o capaci di intendere e valutare i vincoli che — 13 — un contratto di matrimonio loro impone.— Ma si incontrano del pari in società alcuni individui i quali se anco regolarmente conformati nel fisico, hanno nello sguardo una espressione vaga, incerta, fredda, e nel volto un carattere di deficiente vita intel- lettuale: — sono trascurati di se medesimi, privi di attenzione sulle cose del mondo esterno, quasi in essi non accadesse effi- cace quella interna impressione che desta poi la estrinsecazione della vita intellettuale: sono lenti, pigri nei movimenti: difficili ad imparare, né utili a se stessi, né agli altri: non hanno ini- ziativa di volere , in tutto debbono essere diretti o mossi da un'altra persona: se si attentano a formulare dei giudizii questi sono erronei, avendo corta la intelligenza, manchevole la memo- ria, spenta la immaginazione. Se qualcosa fanno la eseguiscono macchinalmente, per imitazione. Hanno tendenza al furto, a volte ad appiccare il fuoco : sono onanisti, i loro sentimenti affettivi; se ne hanno; sono pervertiti.....insomma sono imbecilli nel vero significato della parola, sono disgraziati esseri nei quali poco è sviluppata la intelligenza e tanto poco da non ritenerli capaci di intendere e sodisfare convenientemente ai doveri della vita sociale. — Qui se si vuole, una distinzione utile a ricordarsi in pratica fra i colpiti da tale infermità sarebbe quella degli imbecilli che sono tali per insufficienza di sviluppo intellettuale o dei cosi detti imbecilli buoni da quelli per lo affatto degenerati nel morale, che per esser facili a commettere cattiverie, dispetti, birbanterie, dimostrano un carattere perverso, maligno, da me- ritarsi dagli alienisti il titolo di imbecilli cattivi. Comunque voglia valutarsi il tipo a cui referire la forma del caso in termini, sono questi degli esseri infelici cui il diritto di fondare una famiglia non può loro competere non potendoli ritener liberi del pieno e sensato consentimento a valutare i doveri che anderebbero ad incontrare per lo stato matrimoniale. Ora brevemente disegnati questi due tipi differenti de' quali pur troppo se ne dà frequente l'esempio in società, chi non vede come a differenziare bene e rilevare gli estremi punti di contatto e di allontanamento vi sia bisogno di un esame antro- pologico condotto con assennatezza per devenire o a stabilire un primo grado di imbecillità o di leggerezza di carattere che — 14 — non dirime né una responsabilità giuridica né si merita una in- terdizione civile, o a dichiarare l'esistenza di una vera e pro- pria imbecillità che può non dare responsabilità giuridica né concedere diritti in faccia alla Legge civile? Quindi essendo questi in realtà i tipi morbosi che possono più frequentemente venire in esame medico forense per questioni di incapacità ci- vile a dar vita ad un contratto di matrimonio, così ho voluto rammentarli al pratico essendo troppo evidente che là dove pa- lesemente si mostra un perturbamento mentale da togliere la coscienza del senso morale o la libera volizione, non vi potrà essere ragione di contenziosità e quindi inutile fermarvisi assai di proposito. §. 4. Ed ecco da questo brevissimo e modesto cenno di alcune cognizioni freniatriche, tratta occasione ad indicare al perito la via da percorrersi quando gli fosse proposto lo studio di una causa di opposizione al Matrimonio basandola sulle parole della Legge relative alla condizione di una esistente infermità di mente. La questione fondamentale se quel dato individuo sia sano o alienato : se alienato, per quale forma morbosa : se questa ri- scontri gli estremi di una irresponsabilità morale e quindi di una incapacità civile a contrarre matrimonio: se dato un lucido intervallo quello sia reale di riacquistata potenza intellettuale o transitorio, saranno tutte questioni alle quali si preparerà il perito ponendo in pratica gli insegnamenti ricevuti dallo studio clinico delle malattie mentali. Qui per comodo della pratica ricordo solo come a ben con- durre l'esame del soggetto che gli è presentato, il perito debba cominciare dal notarne ló UEtà: sapendo che meno la imbecillità e l'idiozia (che possono essere manifeste fino dai primi anni della vita) le altre forme si sviluppano più facili dalla pubertà in poi: così la mania dai 20 ai 40 anni — la lipemania; nelle donne ; dai 40 ai 50 anni : — la demenza nei due sessi, fra i 40 ed i 50 anni 2° L'abito esterno: 3° Lo stato dei sensi: 4° La motilità: 5» Lo stato delle facoltà intellettuali. — 15 — 6° La tendenza degli istinti, delle passioni: 7" La conformazione e volume del cranio; e cioè l'idro- cefalia e la microcefalia nell' idiota ; — la dolicocefalia (testa lunga): —la sfenocefalia (riunione prematura della sutura sagittale con sviluppo compensatore della regione della grande fontanella): — la leptocefalfa (testa stretta, resultato della riunione prematura delle suture fronto sfenoidali): — o la clinocefalfa (testa a forma di sella; resultato della riunione prematura delle suture o sfeno- parietali o temporo parietali: — la machiocefalia (testa corta, re- sultato della riunione prematura o'delle suture della regione posteriore del cranio, o della regione superiore, anteriore o laterale o della regione superiore o media) —o la pachicefalfa (testa grossa, resultato della riunione prematura della sutura lambdoide di ciascun lato: — o la oxicefalia (testa a pan di zuc- chero, resultato della riunion prematura delle suture parieto occipito temporali con sviluppo compensatore della regione della fontanella anteriore): — o la platicefalia (testa schiacciata per la riunione prematura del coronale coni parietali): — o la trococe- falia (testa rotonda, resultato della riunione prematura parziale del coronale e dei parietali alla regione media della sutura fronto parietale di ciascun lato): — o la plagiocefalia (testa obliqua, re- sultato della riunione prematura del coronale e del parietale o da un lato o dall'altro): — la brachicefalia semplice (resultato della riunione prematura dello sfenoide ed apofisi basilare). 8° La Conformazione scheletrica di tutto il corpo onde co- noscere se nel torace, nel bacino e negli arti vi sieno effetti di rachitismo o di ostemalacia, verificabili in cifosi, lordosi, sco- liosi, deviazioni del bacino ec. 9° La Eredità come causa delle cause di alienazione men- tale, sia che si verifichi diretta o per atavismo. 10° L'Epilessia o isterismo nei genitori. 11° L'Alienazioni mentali esistite in essi e specialmente poi se abbiano condotto alla demenza paralitica. Ricercherà poi il perito se vi furono per l'individuo in esame le cause determinanti morali o fìsiche. Stabilirà finalmente la natura, il grado, la gravezza, la forma della infermità della mente, per giudicare se raggiunga quello della — 16 — perduta libertà morale a intendere tutta la importanza di un contratto matrimoniale prima di decidersi a pronunziare il suo vóto favorevole o contrario all'opposizione del matrimonio pro- posto. Rammento al perito di tenersi nello stretto termine medico legale, perchè non sarebbe, difficile che contro il suo parere po- tessero insorgere voti scientifici di diverso tenore, promossi da chi avesse interesse a che andasse effettuato il matrimonio. Questa è la ragione per cui ho creduto bene fermarmi alquanto sopra tale argomento, toccando brevissimamente ancora alcuni tipi più gravi di psicopatie per le quali certo sarebbe impossibile ammettere la esistenza di un libero consentimento. Tenendo quest'ordine di ricerca e su questo guidando lo interrogatorio diretto e le ricerche indirette da raccogliersi dalle persone che stanno intorno all'esaminando, facendo poi tesoro delle osservazioni che sopra all' individuo possa aver fatte ante- cedentemente persona della scienza freniatrica, non gli sarà dif- ficilissimo giungere a formarsi un criterio della capacità intel- lettuale della persona contro alla quale o il padre o la madre o gli avi o le avole o in mancanza di questi ascendenti il fra- tello, la sorella, lo zio, la zia o i cugini germani, maggiori di età, abbiano avanzata opposizione di matrimonio. Del resto la cognizione completa della freniatria darà ajuto maggiore a valutare il caso singolo, ma per il punto della pra- tica medico forense in tale argomento, la domanda che ad ogni istante dee farsi il perito è la seguente : L individuo tale in queste date condizioni fìsiche e intellettuali, può avere coscienza di nettamente valutare la importanza del vincolo che egli an- derebbe ad cssumere e calcolarne prevedibilmente le conse- guenze ? In caso dunque di opposizione legale al matrimonio per ragione morale, il compito del perito è relativo alla valutazione dello stato attuale delle condizioni intellettive della persona contro alla quale si muove interdizione. §. 5. Vi sono poi argomenti di ragione fìsica pe' quali può essere richiesto l'intervento del perito in causa di op- posizione. E prima di tutto voglio avanzare un'avvertenza pra- tica che mi sembra molto opportuna a esporla qui in questo — 17 — paragrafo e cioè: più volte mi sono accorto che persone intel- ligentissime nella professione medica e di fama meritata, ricer- cate di pareri sanitarii, parlando di convenienza fisica e morale a permettere la unione in matrimonio di alcun loro cliente, espri- mevano lamento della manchevolezza della Legge intorno a certe giuste considerazioni di stati morbosi che essi dichiaravano dan- nosi al matrimonio proposto. Ma bisogna che lo chiarisca una tale questione non tanto infrequente a sorgere, avvertendo : che altro è discutere tale convenienza dal punto di' vista medico legale; altro lo è dal punto di vista igienico, officioso e privato. Dal punto di vista medico forense la Legge indica evidentemente lo stato della infermità della mente sia pure la imbecillità, la demenza, la mania, la mania lucida, la monomania ec., quali condizoni legalmente opponentisi : ma per quanto spetta alle condizioni fisiche che morbosamente potrebbero opporsi ad un igienico matrimonio , ha voluto lasciare libero il campo della libertà civile e non vincolata la efficacia del consiglio medico il quale potrà, se occorresse il caso, dissuadere con quanta mag- giore energia è permessa, la celebrazione del contratto. Quindi questo secondo gruppo delle ragioni fisiche che potrebbero opporsi ad un matrimonio salubre è tutto ministero professionale pri- vato, cortese. Così niuno può disconoscere essere giusta e meri- tevole premura sconsigliare le nozze in certi vizii di conformazioni scheletriche specialmente esistenti nella donna; in certe forme di epilessia, nella tise polmonare, nella carie vertebrale, nella sifilide cronica, nei vizii strumentali del cuore.....insomma n tutte quelle morbosità per le quali il medico coscienzioso oltre al danno probabile dei conjugi, prevede il danno della prole e quindi lo sfascio della famiglia e il danno sociale. Ma ciò sarà sempre lodevole consiglio privato, senza poter mai sperare cho per ora possa avere forza esecutiva di Legge civile. Una avvertenza pratica mi sembra giusta in proposito e cioè: che alcune forme morbose a tutta prima giudicabili per primi- genie o come dicono, essenziali, potrebbero poi esser collegate con uno stato gravemente comproraittente la funzionalità dei centri nervosi. Fra queste, senza dubbio la Epilessia con follia ed allora ciò potrebbe rientrare sempre fra le cause legalmente cost> Filippi j — 18 — tuenti una opposizione al matrimonio, ma più dipendentemente dallo accesso di follia anziché dalla estrinsecazione o concomitanza epilettica. Comunque sia, la questione è tutta riposta in una esatta diagnosi né v' ha ragione a distruggere il principio per la eccezione. §. 6. Liberatomi così da tal questione incidentale ed ac- cennata al pratico la giusta via, prendo in considerazione una circostanza fìsica per la quale può essere interrogato il perito in causa di opposizione al matrimonio. Il Codice Civile vigente nel Regno d'Italia all'articolo 57, Sezione II, ordina come non possa conchiudere nuovo matrimonio la donna se non decorsi dieci mesi dallo scioglimento o dall'annullamento del vincolo pre- cedente, eccettuato il caso in cui l'impotenza manifesta e per- petua, anteriore al matrimonio, possa essere stata proposta come causa di nullità dall' altro conjuge — Tal divieto cesserebbe dal giorno in cui la donna avesse partorito. In quale ragione sta essenzialmente riposta la intervenieuza del perito in questa circostanza d'opposizione e quale sarà la condotta pratica da tenersi ì È ben facile scorgere coinè dan- dosi il caso che una vedova contravvenisse alla disposizione voluta dall' articolo qui sopra citato, le ragioni di opposizione al nuovo matrimonio sorgerebbero o per parte dei prossimi di lei ascendenti o da tutti i parenti del primo marito: e tali ragioni o si referirebbero alla gravidanza od all' avvenuto parto. Ed ecco necessaria l'opera del perito a stabilire la esistenza o non esistenza della prima, l'avvenimento o il non avvenuto fatto del secondo. Tutte le regole da seguirsi in tale ricerca saranno indicate più avanti e particolarmente in quei paragrafi, là dove appunto si indicherà la pratica medico forense a ben condursi nelle questioni relative alla Gravidanza ed al Parto, §. 7. Si possono dare altre circostanze di ragiono fisica per le quali nella pratica può essere avanzata la domanda di opposi- zione al matrimonio ; ma queste bisogna che sieno state avver- tite fino dai primi anni sopra l'individuo e perciò di tale evi- denza da far sorgere dei dubbii in chi ne aveva cura. Però il più delle volte accade che tali aberrazioni organogeniche o — 19 - sieno di tale grado da passare inavvertite e all'individuo che ne è affetto ed alle persone che lo avvicinavano, ovvero si rendano palesi nel momento in cui l'unione degli individui per la convivenza matrimoniale le discuopre. Ecco perchè più frequentemente possono essere ragioni di nullità o di 'separazione personale anziché di opposizione: e in vero di queste tenendone parola più avanti nel §. 14 ci sembra più opportuno rimandare il pra- tico a quel punto di questa guida ove troverà indicato quanto sia necessario per sapersi condurre nel caso in termini o formi soggetto di opposizione o di nullità o di separazione personale dei conjugi. §. 8. Piuttosto sarà utile eh' io fermi l'attenzione del pe- rito sopra un' argomento fertile eli importanti considerazioni an- tropologiche e così ricche di serie riflessioni da meritare uno studio vasto e severo. Tale argomento può essere appunto agi- tato in tèsi di opposizione al matrimonio e volere nell'uomo della scienza una ben preparata serie di cognizioni in parte le- gislative in gran parte attinenti alla fisiologia ed alla patologia umana. È l'argomento del Sordo mutismo. — Perchè vi entra e come vi può esser bisogno dell'opera del medico forense dal punto di vista dell'argomento sul matrimonio, in caso di sordo mutismo? Il Codice Civile vigente con ben pensato provvedimento sta- tuisce che il sordo muto dalla nascita (ed il cieco) giunto alla età maggiore si reputerà inabilitato di diritto, eccettochè il Tribunale lo abbia dichiarato abile a provvedere alle cose pro- prie (Art. 340). — D' onde emana che se un'infelice nasce af- fetto da sì grave infermità viene al mondo colpito dal rigore della Legge per la quale non può contrarre né quasi contrarre, né obbligarsi civilmente né naturalmente, né comparire in giu- dizio, né stipulare contratto di compra e vendita, né adire o repudiare eredita, né testare, insomma entra nella vita in mezzo alla famiglia ed alla società, colpito dalla sventura fisica e dalla morte civile. Evidentemente dunque ne consegue che contro questo essere, equiparato ad un mentecatto, si eleva formale la. opposizione al matrimonio. - 20 — Ma ecco subito la luce della scienza e la filosofia della Legge che da questo estremo recedono quando però si riconoscano dei gradi intermedii nei quali in un povero infelice non si sia cu- mulato tanto danno fisico e morale ed ecco il valore provviden- ziale di quella restrizione formulata nel Codice Civile vigente nelle parole « eccettochò il Tribunale lo abbia dichiarato abile a provvedere alle cose proprie ». Per apprezzare questa riserva il perito medico forense ricordi come la osservazione clinica e la patologia dimostrino: 1° Esservi il sordo muto dalla nascita, umano essere in cui né l'audizione né la formazione della parola hanno possibilità fisica di accadere per cui l'intelletto non si svolge e resta morta la vita del pensiero. 2° Esservi i sordo muti diventati così dopo la nascita, ma prima che l'impressioni del mondo esterno destassero le vibrazioni reflessive nell' encefalo, prima cioè che l'uso della ra- gione si svolgesse al punto da fare intendere l'esistenza pel pensiero. 3° Esservi il sordo muto diventato tale per accidentalità, quando ornai aveva potuto dire a se « l'io penso dunque esisto ». 4° V'è poi il sordo muto a nativitate, ma sul quale il benefico soffio della civiltà ha spese cure di metodica educazione e tali da condurre in quel!' infelice reietto dal mondo un raggio di luce nell'intelligenza fino allora muta. 5° V'è finalmente chi nacque o diventò soltanto sordo, chi nacque o diventò soltanto muto. §. 9. Posti così questi due gruppi di cognizioni e legislative e medico psicologiche, quale sarà mai la missione del perito e la condotta che Egli dee tenere quando gli venisse posto il que- sito della validità d'una opposizione a matrimonio di un'indivi- duo colpito da sordo mutismo? È chiaramente resultante da quanto abbiamo esposto sulla importanza e validità del contratto matrimoniale; cioè di un contratto nel quale le due parti deb- bono avere libero e pieno consentimento alla stipulazione del vincolo, quindi necessità per parte del perito a verificare e Giu- dicare se in quello nei contraenti che si dice colpito dalla ina- bilitazione, esista o non esista il grado di legale impedimento.— — 21 — Tutte le cure del medico forense saranno quindi rivolte a sag- giare le condizioni fisiche e la potenza estrinsecutiva della in- telligenza (sia pure espressa con gesti o con suoni fonatorii, o con scrittura e con gesti) onde valutare se quello sia individuo capace o no a contrarre. —■ Certo è che il sordo muto inedu- cabile ed ineducato, non potrà mai avere nessuna capacità civile o responsabilità penale, il sordo muto educato metodicamente, sebbene non raggiunga che raramente la perfezione dello intel- letto, pure si può dare il caso che o l'eccellenza o la diutur- nità del metodo od una singolare disposizione di natura, lo rendano capace ad estrinsecare il sentimento della propria coscienza e della libertà elettiva ed ecco allora trovato il tipo da doversi dichiarare abile a provvedere alle cose proprie, abile dunque a contrarre o stipulare contratto.— Tanto poi più fa- cilmente verificabile questo fortunato resultato, quando il soggetto fosse stato colpito dal sordo mutismo in un momento della vita in cui 1' uso della ragione si fosse formato e tanto più ancora quando tale uso fosse giunto a quel grado di capacità tale da poter poi con la educazione metodica esprimere intelligenza, li- bera volontà sia pure vengano estrinsecate o con segno o con scrittura. — Tali individui possono essere giudicati abili a con- trarre matrimonio e sarebbe andar contro e menomare il bene- fico spirito della Legge vigente il condannarli con un vóto di opposizione ingiustamente sostenuto. — Coloro poi che furono colpiti da sordità soltanto o soltanto da mutismo, possono an- ch'essi riuscire abili a omologare contratto nuziale, perchè o per un modo di mimica e di scrittura o per l'uno o per l'altro mezzo, possono giungere con facilità ed evidenza ad esprimere il loro pensiero e quindi a dare modo al perito di analizzare lo stato intellettuale relativo. L'argomento è così vasto, così intrecciato con una quantità di studii antropologici e di cognizioni fisiologiche, anatomo pa- tologiche ec, eh' io non ardisco entrarvi più a dentro in un la- voro di questa natura; quindi a me basta di avere accennato il possibile che un tal quesito si presenti,'dichiarato perchè possa scaturire e d'onde e quali sarebbero i gruppi di studio da do- versi percorrere in proposito, sempre però partendosi dalla va- — 22 — lutazione del caso in termini con il criterio della soluzione in- dividuale. — Neil' atto pratico il perito medico chieda sempre la intervenienza di uno specialista, cioè di un'educatore di sordo muti di cui la nostra Italia ne ha avuti e ne ha dei coinpeten- tissimi e dei benemeriti della umanità. §. 10. Si potrebbe muovere una questione medico forense in qualche modo succedanea o analoga allo studio che abbiamo fatto fin qui e cioè potrebbe darsi il caso che l'individuo contro cui si muovesse opposizione fosse un afasico. Cioè un essere il i|«ale colpito nei suoi giovani anni da una perturbazione fisica cerebrale gli sopprimesse l'uso della parola che fino allora aveva goduto. L'afasico quindi può non essere un sordo muto a nati- vitate: può non essere un'imbecille: può non essere un demente: può non essere un maniaco. Ma può essere un' individuo che avendo o completa o di poco indebolita la potenza intellettiva non possa esprimerla con la parola convenientemente scelta o corrispondente al pensiero e a volte può anco non scriverla quale la pensa o per essere eraiplegico, impotente in somma a tra- durla in segno. Vi potrebbe correre piuttosto un punto di rasso- miglianza più fondato fra l'afasico e il debole di spirito quanto alla potenza intellettiva, ma come non sarebbe assolutamente e legalmente vietato contrarre matrimonio al debole di spirito (nello stretto limite della parola) perchè fare opposizione all'ufasico? Come dunque regolarsi dal punto di vista medico forense in simili circostanze quando s'offrissero nella pratica? Ancor questo si presenta argomento complesso di studio e di osservazione così ubertosa che sarà conveniente qui accennare brevemente i punti principali da considerarsi e cioè: 1° L'individuo afasico in cui l'intelligenza fosse comple- tamente obliterata da non dar segno né con gesto, né con pa- rola, né con scrittura della vita psichica, sarebbe evidentemente ridotto alla pari del demente, dell'imbecille al grado estremo da essere assolutamente un interdetto. 2° L'individuo afasico in cui un certo grado d'intelligenza si svolgesse o con qualche parola o con segno o con scrittura, sarebbe da uguagliarsi all'inabilitato quando quel grado di in- telligenza non dasse ragione ad ammettere che egli avesse prima coscienza morale ed elettività di giudizio. 23 — 3° L'individuo afasico in cui fosse la intelligenza piena, sia rivelata in parte con la scrittura, in parte con la parola ed anzi (come avviene alciina volta) egli stesso avvertisse per fino di riconoscere di non esprimere il proprio pensiero con la conve- niente parola , in tali casi ben esaminati, la opposizione non potrebbe giustamente sostenersi non essendovi gli estremi di una interdizione o di una inabilitazione. Talché in definitiva il quesito fondamentale sarebbe sempre quello di decidere per parte del perito a quale grado di intelli- genza siamo nell'afasico e per quali e quanti modi possa espri- merla in modo da poter giudicare se il consentimento al con- tratto può esser libero e pieno da calcolare tutti gli estremi delle conseguenze inerenti al contratto medesimo. §.11. Nullità. —Più ricca serie di quesiti, di ricerche, offre al perito medico forense la domanda che può essere avan- zata per nullità del matrimonio. Prima e difficilissima ricerca può scaturire appunto da quella stessa ragione di esistente infermità della mente, la quale se alcune volte è grave argomento a risolversi in caso di opposi- zione, certe» a maggior titolo diventa grave quando ornai cele- brate le nozze si domanda se quella alterazione intellettuale poteva mai rimontare all' epoca nella quale il contratto fu com- piuto. Seconda serie di ricerche provenienti dallo scuoprire a ma- trimonio compiuto che uno fra i due contraenti ha tale vizio di conformazione dell'apparecchio genitale da fare questione di nullità di matrimonio per errore di perso7ia come è letteral- mente dichiarato nel Codice. Terza serie proveniente dalla dimostrata impotenza in uno dei due contraenti a sodisfare fisiologicamente quegli atti fun- zionali che allo scopo della procreazione sono dalla natura preordinati. §. 12. Quanto al metodo pratico per risolvere la questione di nullità di matrimonio appoggiata alla non esistente libertà morale di uno dei due contraenti nel momento in cui il libero e pieno consentimento avrebbe dovuto render valido il contratto, è un metodo da attingersi agli studii dì frenologia. Tale ricerca 24 — è spinosissima non solo in quanto deve mettere in evidenza uno stato morboso che poteva esistere nell'individuo fino da un momento lontano, quanto perchè il perito dee tenere in mente anco il possibile vi sia stato interesse ad una simulazione come ad una dissimulazione. In simili posizioni di caso è evidente come la persona legalmente riconosciuta ad avanzare la domanda di nullità, dovrà sodisfare all'obbligo di annunziare quali sieno i fatti pe' quali si viene ad affermare della esistita infermità di mente per cui si nega il libero consenso morale; e vi sarà pure un documento medico che certifichi lo stato morboso precedente al contratto. La cognizione esatta e ponderata per parte del perito di tali documenti sarà intanto un primo dovere da osservarsi. La cognizione esatta e ponderata di tutte le ragioni genti- lizie, di tutte le condizioni circumstanti all'individuo e di tutto quanto può essere relativo allo esame dello stato attuale di esso sarà un secondo dovere. L'esatto interrogatorio, la finissima ed oculata osservazione oggettiva dell'individuo che vuoisi colpire con la domanda di annullamento, sarà la terza occupazione pratica da doversi met- tere in opra dal perito. Una circostanza non infrequente nella quale può venire avan- zata una tale questione è quella dei così detti malrimohii in extremis, specialmente contratti fra persone una delle quali abbia potuto in alcuna epoca della sua vita essere stata bisognevole di cura o di sorveglianza per alienazioni dello intelletto. Que- stione irta di spine a sciogliersi e rinfocolata spesso dagli aventi interesse a far pronunziare una sentenza di nullità legale del contratto conchiuso. Il perito troverà i punti d'appoggio a formulare il suo pa- rere sopra la importanza e la attendibilità scientifica dei docu- menti che possono venire avanzati da chi per Legge può promovere la causa civile. Non è né facile né possibile qui prevedere tutte le infinite posizioni di quesito che possono incontrarsi, ma certo egli è facile raccomandare una seria ponderazione sul giudizio da emettersi fondato sul più rigoroso e profondo studio della tèsi medico forense freniatrica. — La luce che deve condurre il — 25 — perito in simili complicati quesiti, deve esser quella di giungere a mettere nella maggiore evidenza possibile « se vi poteva essere « libertà morale capace a dare consentimento alla stipulazione « del contratto »: e la scienza freniatrica invocata sempre par- tendosi dalla esatta valutazione delle circostanze speciali del caso in termini, potrà porgere ajuto a giudicare se date quelle circostanze di età, temperamento, provenienza, abitudini, con- dotta di vita anteatta, malattie intervenute, o intervenienti, con- comitanti, ec. possano o no avere permesso pieno e libero svol- gimento e adoperamento di tutte quelle doti intellettive a render legalmente capace l'individuo ad esprimere e intendere la im- portanza dell'atto. — Si dia (ad esempio) un vecchio che fu già ricoverato in un Manicomio e che per doveri morali voglia vicino a morte suggellare con il matrimonio un vincolo di gratitudine o di affetto con donna con la quale convisse. Intanto che il con- tratto si consuma il vecchio è affetto da una paralisi consequen- ziale ad un' apoplessia che pochi giorni avanti lo aveva colpito. —- Avvenuta la morte del vecchio, od anche prima che questa avvenga, coloro che per vincoli di parentela ascendentale si sentono danneggiati negli averi o anco offesi in altri sentimenti morali, avanzano ragioni di nullità di un matrimonio conchiuso in quelle circostanze. — È evidente che i periti in questo caso valutate tutte le condizioni del fatto, prenderanno subito in con- siderazione la ricerca se quell'attacco apoplettico avrebbe mai potuto turbare sì fattamente lo intelletto del malato da non aversi piena persuasione che ogni facoltà intellettiva fosse nor- male da completare un normale acconsentimento. Quindi le con- testimonianze dei medici che curarono il malato sarebbero da invocarsi; le con testimonianze non sospette di coloro che lo as- sistevano, sarebbero da valutarsi e tutti gli atti, i pensieri, gli ordini, le disposizioni emanate in quei giorni in quei momenti di malattia dello stesso individuo, sarebbero da prendersi in con- siderazione. Ma se dopo tutto questo resultasse che quel vecchio benché capace a intendere e a dare qualche ordine avesse di- mostrata apatia o incompletezza funzionale psichica e mai avesse esplicato completo un raziocinio da essere persuasi che tutto l'armonioso concatenamento intellettuale vi fosse a valutare — 26 — l'atto ch'egli compiva e le conseguenze di esso, certo sareb- bero argomenti validi per parte dei periti a pronunziarsi contro la efficacità legale del consentimento medesimo. — Apatia di carattere, prostrazione di forze, risposte monosillabiche, pro- nunzia inceppata, paralisi degli sfinteri, insensibilità alle ecci- tazioni reflcsse ed altri simili fenomeni, messi in rapporto con il fatto d'un primo disturbo mentale sofferto nella vita, sareb- bero criteri per dubitare fortemente che il matrimonio fosse avvenuto in quella libera e piena lucidità di mente quale la Legge civile richiede. Questo breve esempio porrà il perito in grado di regolarsi nella pratica in casi consimili. §. 13. Vi può essere un'altra circostanza molto delicata in causa di nullità di matrimonio e sarebbe quella in cui si do- mandasse al perito un parere intorno alla validità di un con- tratto di nozze stipulato da un'individuo che essendo in un Manicomio e percorrendo una di quelle fasi di quiescenza di un morbo della mente, per ragioni di moralità e di gravissimi in- teressi relativi all' avvenire economico di figli naturali che pel vincolo matrimoniale verrebbero legittimati, fosse necessitato a concludere il contratto. La Legge provvede chiarissimamente al caso statuendo che un simile matrimonio può essere impu- gnato se fosse stato eseguito quando già eravi la sentenza de- finitiva d'interdizione o se la infermità per cui la interdizione fu poscia pronunziata, risultasse esistente al tempo del matrimonio. E di più stabilisce determinatamente perfino il caso in cui ri- vocata l'interdizione, si compia il matrimonio e trascorsi tre mesi di eccellente convivenza l'annullamento non si possa più pronunziare. Quindi è che dopo così particolari regole sarà ben dif- cile che possa sorgere tale quesito che d'altra parte può essere sempre eliminato dall'autorità scientifica direttrice del Manicomio medesimo, tantopiù attendibile quantopiù le opinioni di questa fos- sero quelle della irresponsabilità completa civile e criminale di colui che sia anco da parziale amensia colpito. Ma non voglio occuparmi qui di argomenti discettabili che forse troveranno sanzione legislativa in un futuro prossimo di uniformità codifi- catrice. Del resto la condotta del perito è quella di dichiarare «e nel momento in cui fu stabilito il contratto v' era o no in- fermità di mente ed è troppo chiaro che non si potrebbe am- mettere con facilità che tale atto potesse mai essere consumato primachè non fosse riconosciuto l'individuo in grado d'essere reso libero in seno alla società con tutte le necessarie condi- zioni che la Legge richiede. §. 14. Nullità per errore di persona. — Il perito deve sapere che l'articolo 105 del Ccd. Civ. nel secondo capo- verso ordina : che quando vi fu errore nella persona, l'azione di nullità può essere promossa da quello degli sposi che fu indotto in errore. —- Ma cosa mai vuol significare il Legisla- tore con le parole errore di persona? — Vuole indicare la pos- sibilità che uno degli sposi si sia unito in matrimonio con una persona diversa da quella con cui credeva congiungersi. E ciò può avvenire tanto fisicamente quanto civilmente: fisicamente, per una sostituzione di persona; civilmente, quando la persona conjugata abbia preso nome e qualità e stato civile che real- mente non è il suo. — Ma di tali fatti non deve occuparsi essen- zialmente il perito medico, meno il remoto caso di una questione ' d'identità in vivente: per cui la dizione della Legge in questo caso occupa il perito medico forense principalmente per la pos- sibilità di un dubbio sesso: ed ecco come e perchè fino da questo momento s'apre tutta la importantissima serie delle questioni medico forensi in causa di annullamento di matrimonio per ragione fisica. — È canone fondamentale di Giurisprudenza che i due indi- vidui che contraggono matrimonio, debbano essere di sesso diffe- rente onde non manchino le condizioni volute dalla natura a rag- giungere lo scopo supremo: ora è evidente che se per errore il ■ contratto matrimoniale avesse vincolato due individui che fossero essenzialmente di sesso mascolino, sebbene uno de' due mentisse forme e modi femminini, i termini del contratto giuridicamente parlando, sarebbero nulli. Con molta saviezza la Legge concede che quello degli sposi indotto in errore possa promovere que- stione di nullità segnando però un limite alla legalità della do- manda cioè quello di un mese dopo che uno dei conjugi abbia conosciuto l'errore. Dunque dal punto di vista medico forense la questione può essere quella di riconoscere se fra quei due individui — 28 — > vi possa esserre per avventura identità di sesso proveniente appunto dal fatto che l'uno dei contraenti non abbia riconosciuta la diversità del sesso nell'altro individuo. §. 15. È bene per lo scopo pratico stabilire chiare alcune idee fondamentali e cioè: che vero e proprio Ermafroditismo nella specie umana non è stato verificato; ossia non è stato verificato indubbiamente che nel medesimo individuo possano \ esistere dae completi apparecchi genitali così perfettamente funzionanti che quello maschile agisca sopra quello femminile da avere nello stesso individuo due sessi completi e diversi efficace- mente operosi alla fecondazione. Sibbene si può soltanto verificare un tale miscuglio morboso di apparenze ed anco di parti femminine e di parti organiche maschili, da dichiararlo ermafrodismo neu- tro. — Nel regno vegetale soltanto ed in alcuni tipi animali classabili fra le sottospeci, si può verificare questo fenomeno cioè: la esistenza contemporanea e funzionante di organi di sesso maschile e femminino. — Così nel regno animale ad esempio nei Cestoidi, si osserva che sopra un'anello d'elminto, il pene s'impegna nella vagina; si verifica il doppio sesso nelle mignatte, (Hiru- j dinee) nelle chiocciole (Gasteropodi) ec. Ma fuori di tali esempii, 1 negli individui della nostra specie una perfezione così distinta anatomicamente parlando ed una possibile funzionalità fisiologica per ora non è stata assentita. — Ora a chiarire più opportunamente quale debba essere la condotta pratica da tenersi in simili ricerche, credo bene ricor dare brevemente al perito come procedano le cose di embrio- genià e facile sarà allora indicare i quesiti e il modo più conve- niente di loro risoluzione. Cosa insegna la embriogenià relativamente alla formazione degli apparecchi sessuali nella specie umana ? — Insegna come fino dal 35m0 giorno dello sviluppo embrionale, ai lati della co- lonna vertebrale esistano due organi fondamentali per la definitiva formazione dell'apparécchio genito orinario: e sono questi il * corpo di Wolff ed il canale di Mùller. — Il primo, formato da una massa di canaliculi conglomerati è destinato ad essere testi- colo od ovaja : — il secondo è destinato ad essere o dutto sperma- tico o ovidutto. Se una causa disturbatrice il regolare anda- • — 29 — mento interno di tali organi interviene, allora può darsi che o si abbia una modificazione parziale o generale: se parziale e da un lato, allora quel corpo di Wolff e quel canale di Mailer pos- sono prendere i caratteri dell' ovajo e dell' ovidutto , mentre dall'altro lato svolgersi a testicolo e dutto spermatico: ovvero il turbamento potrebbe investire solo il corpo del Wolff, ed ecco nuova forma di combinazione teratologica: ovvero il turbamento potrebbe prendere i due corpi del Wolff lasciando regolarmente svolgere i due canali del Muller ec. Se il disturbo accade alterno questo può essere incrociato in modo che alteri uno degli ele- menti di destra ed uno di sinistra ed inversamente. Se poi il disturbo embriogenico si fa generale, allora si riscontrano le più singolari alterazioni organiche che già per le condizioni interne sono un primo fatto di uno ermafroditismo neutro. Intanto dunque con tali vicende la scienza ha potuto classificare quattro tipi morbosi di turbamento organogenico cioè laterale, soprap- posto: semilaterale ed incrociato. Ma mentre questi fatti possono avvenire nelle interne parti, <- allo esterno il foglietto blastodermico (quello cioè che provvede alla formazione delle grandi e piccole labbra, della clitoride alla parte vagino vulvare nella donna: ed allo scroto, al pene, ai canali eiaculatori nell'uomo) può essere disturbato nel suo an- damento ed avanzare in coalito formando atresie, ovvero ar- restarsi lungo la linea mediana nel suo naturale incontro nel rafe e dare discontinuità di parti da mentire l'un sesso per l'altro: ovvero possono avvenire arresti di sviluppo di parti esterne o in vece esagerato sviluppo di altre per modo da recare inganno nella qualificazione del sesso. — È facile così intendere come si possano avere svariatissime modificazioni di tipo per aggruppamenti di alterazioni interne con alterazioni esterne fino ad aversi anco un ermafrodismo neutro da occupare più il tera- tologo che il medico legale. ^. 16. Brevissimamente rinfrescate queste notizie, ecco sorgere limpida la necessità pratica del perito il quale chiamato dal- l'Autorità giudiziaria a dare il proprio parere sul caso in ter- mini, in definitiva la domanda più comune che gli verrà rivolta sarà questa: «.Essendo stata avaneata dalle parti interessate — 30 - « la istanza di nullità di matrimonio per dubbio di sesso in « uno dei contraenti, il perito voglia esaminare e decidere se «esista realmente tale alterazione: ed esistendo, dichiari a « quale sesso appartenga veramente V individuo contro al quale « si oppone la idoneità matrimoniale ». Proposto il quesito, in quali più probabili circostanze di fatto si imbatterà il perito? Si preparerà a verificare con molta pro- babilità uno di questi tre possibili che per chiarezza dividerò in tre gruppi. E cioè: 1° — o individui che essenzialmente maschi abbiano con- formazione esterna tale da sembrare femmine: 2° —o individui che essenzialmente femmine, abbiano conformazione esterna da sembrare maschi: 3° — o individui che presentino tale un miscuglio di forme sessuali da restare in forse a qual sesso referirli per classarli fra i casi di ermafrodismo neutro. 1° Gruppo ( Maschi che paion femmine ). — La ragione anatomo patologica per la quale guardando superficialmente i genitali degli individui appartenenti a questo primo gruppo si può cadere in errore si è questa cioè: che in generale hanno un pène di così poco sviluppo da sembrare una clitoride: hanno un grado così pronunziato di ipospadfa da simulare, per la sede e per lo sbocco, l'uretra femminina: hanno poi in generale i testicoli non discesi nello scroto e contenuti nella cavità addominale da dar luogo alla cripsorchidia o criptorchidia, come dir si voglia: hanno la divisione dello scroto formante due sacchi cutanei so- parati in modo da simulare le due grandi labbra femminine. Ma invece bene esaminate tali apparenze, secondo i dettami della scienza anatomica, resulta: 1° che quello che pare clitoride è pène : 2° ciò che sembra uretra femminina non è che un grado marcato di ipospadia maschile : 2° che quelle ripiegature cutanee che mentono le grandi labbra sono lo scroto diviso in due sacca laterali: 3° ciò che può essere manchevole in codeste due sacca > eoe i testicoli, possono esser contenuti tuttora dentro l'addome* Esempii relativi a questo primo gruppo ne abbonda la me- — 31 — dica letteratura e sono in gran parte riepilogati con assai chia- rezza nell' articolo di Maurizio Laugier nel Voi. XVII del nuovo Dizionario di Medicina e Chirurgia pratica, né sarebbe conve- niente referirli in un libro di questa indole. Ma per comodo del perito ne indicherò qui alcuni che possono esser utili alla pratica forense siccome quello presentato dal Dott. Worbe alla società della Facoltà di Parigi e verificato su di un individuo nato nel circondario di Dreux, nella parrocchia di Bu ed ivi con- statatane la nascita il dì 19 Gennajo 1792 imponendogli il nome di Maria Margherita. In questo caso è degno di nota come ai 14 anni accadesse prima la discesa del testicolo destro, poi del testicolo sinistro producendo un dolore ed un gonfiore alle re- gioni inguinali da esser credute due ernie fino a porre un cinto a doppia pallotta che non fu tollerato pel dolore che appunto doveva destare la compressione sopra i due tumori che non fu- rono riconosciuti per i testicoli. A 16 anni questo individuo, ritenuto per donna sotto il nome di Maria, era tanto fresco, biondo e bello da esser chiesto in sposa, ma per ragioni di in- teresse non potendosi effettuare il matrimonio col primo amante dopo tre anni fu nuovamente da altri desiderato per moglie. Ma non convenendo neppur questa seconda occasione non ebbe luogo il connubio. Dopo tale epoca però le tendenze sessuali e tutto il modo di comportarsi cangiarono sì fattamente da destare forte sospetto sulla verità del sesso ed una visita medica pose in chiaro che le due pretese ernie erano i due testicoli contenuti nel canale inguinale e che la sacca scrotale era divisa in due porzioni; che il glande era piccolo, che vi era una ipospadia assai marcata e che l'individuo era di sesso mascolino. Infatti a 23 anni e i capelli e la barba e la voce ed i gesti e tutto l'insieme denotarono chiaramente la verità del sesso. Il Dever- gie alla pag. 156, della sua opera di Medicina legale (ediz. di Bruxelles 1837) referisce per esteso questo caso. — Bellissimo ancora è il caso di Schweikard (nel giornale di Hufeland, To- mo XVII, n. 18, Berlin 1803) osservato in individuo che fino a 49 anni passò per essere un ermafrodito. Singolare fu il fatto di sentirgli chiedere in sposa una donna che egli diceva di avere ingravidata: visitatolo si verificò che egli aveva piccola la verga, - 32 — posta più in basso dell' ordinario, il glande era imperforato per una ipospadia estrema ed esisteva un solo testicolo a destra. Nonostante sentì amore per le donne , esercitò il coito, ingra- vidò prima del matrimonio la donna che egli sposò ed ebbe poi due figlie di buona conformazione. L'immortale Morgagni nella 67m» lettera, Lib V, de sedib. et caus. morb., narra un fatto ana- logo. Così lo Sprengel nelle Istituzioni di Medicina legale, ed il nostro Barzellotti nella 7ma ediz. italica, pag. 65. — Anco il Casper nel Volume II, pag. 61 del suo Manuale cita un'esempio di una ragazza che restò gravida per accoppiamenti di un indi- viduo creduto donna fino alla età di 37 anni. —• Il Tardieu (nelle questioni d'identità (1872) e negli Ann. Ig. e Med. Leg. 1869 —) si occupa del fatto relativo a quell'individuo che nel 1838 venne scritto nei registri dello Stato Civile di Saint Jean d'Angely come di sesso femminino imponendogli il nome di Alexina B. — A 22 anni essendo accolta come maestrina in un Collegio di bambine, sentì emozioni sessuali insolite. Confidatasi al medico del Conservatorio e sottoposta a visita, si scuoprì esistere in essa un testicolo, oltre a chiarire tutte le altre anomalie dipen- denti dalla ipospadia, divisione di scroto ec. Dichiarato il vero sesso, si trovò così umiliata, così afflitta, da ridursi ritirata dalla società in una soffitta ove nel 1868 si suicidò lasciando memorie narrative di tutta la lotta morale che dovè sostenere. L'autopsia eseguita dal Gouyon confermò al Tardieu ed al Re- gnier il giudizio che fu emesso dal primo medico. — Io stesso ho conservato un preparato anatomico di un caso importante che ha qualche analogia con questo suindicato e che ebbi occa- sione di incontrare quando ero ajuto dissettore alla Scuola d'Ana- tomia Patologica. Sono ora parecchii anni dacché lo posi da parte ed allora non pensava minimamente che poi mi sarebbe stato opportuno. Succintamente il fatto è questo. Un individuo gio- vane di età, di circa 17 anni, che portava il nome di Luigia, aveva sempre vissuto in costumi ed abiti femminini fino ad es- sere preso come cameriera in una rispettabile famiglia fioren- tina nella quale eravi pure a servizio un'altra ragazza avvenen- tissima e formata. La Luigia, piuttosto snella, di colore oliva- stro, asciutta, di capello nero, folto, occhio vivace e penetrante, 33 — entrò in codesta famiglia convivendo cori l'altra ragazza, di servizio che era da molto tempo in quella casa e bene veduta per la sua buona condotta e dolcezza di carattere. — Nei primi tempi le cose procederono bene e nulla apparve d'insolito fra loro due: quando nella Luigia incominciarono a svolgersi certe tendenze istintive inverso l'altra un po' troppo confidenziali ed insolite, permodochè questa ne fece lamento alla padrona, dichiarando di volere la sua libertà in camera e non soffrendo di essere con- tinuamente molestata da certe svenevolezze dell'altra. Alle pri- me lagnanze la padrona die poco ascolto, poi spiegò la cosa come gelosia od incompatibilità di carattere , ma finalmente avendo avuti più insistenti rapporti di atti libidinosi che la Luigia avrebbe cercato di consumare su l'altra, la signora interpellò il medico di casa, mio ottimo amico che mi fu gentile di ogni notizia, e questi conducendo le cose con molta prudenza e con ragione scien- tifica; potè indurre la Luigia a farsi visitare. Il resultato fu che la Luigia era appunto un maschio in cui le parti genitali esternò simulavano le apparenze femminine: che in realtà avevamo un caso di ipospadia marcatissima con divisione scrotale: che entro alle due sacche cutanee avevamo i testicoli rimpiccoliti, e che ora accadeva quanto era per forza della natura preparato do- vesse avvenire cioè quella evoluzione organogenia e funzionale per la quale le potenze istintive si andavano manifestando ognora più prepotenti ed efficaci. Schiarito il fatto non restava che annunziarlo alla pretesa Luigia ed assestare la posizione della cosa, ma 1' annunzio fu di tale e tanto dolore allo infelice indi- viduo che se ne accorò in modo da ammalare e ricoverato nello Spedale in breve tempo morì di febbre tifoidea. Ed ecco perchè ebbi occasione di eseguirne la necroscopfa e serbarne il prepa- rato, riconfermando quanto fosse stato giusto il parere emesso dal Dott. C. B......che aveva conosciuto tutto l'andamento dell' affare. — In questo caso ò vero non era accaduta né una illecita fecondazione né un matrimonio, ma nulla v'è in contrario ad ammettere che l'ima o forse l'altra cosa avrebbe potuto av- venire, quando la Luigia non avesse trovata resistenza e ritro- sia nella avvenente ed onesta compagna, o quando non cosi in- tempestivamente proclive al sesso femminino, avesse in qualche Filippi 3 — 34 — momento della sua vita, trovato qualcuno che amoreggiandola l'avesse chiesta o presa in moglie. — Non voglio su tale caso trattenermi molto, ma egli è istruttivo per quanto può avere anco rapporto con le questioni relative alla Venere forènse quando accadessero certi atti libidinosi che potrebbero essere il resul- tato di quella forza istintiva che spinge l'un sesso inverso l'al- tro e sarebbe opportuno spiegare certe misteriose tendenze della nostra macchina per commettere alcuni atti che ben ponderati potrebbero aver loro cagione dalle stesse individuali condizioni in cui può versare uno degli agenti. — Questo fatto dimostra altresì una volta di più la utilità di tali studii, che è necessario conoscere dal medico perito se chiamato a decidere della pos- sibilità del dubbio sesso. Lasciando da parte una ricca serie di fatti consimili che (ripeto) potranno incontrarsi negli autori diversi di Medicina forense tanto nostrani che stranieri, ne rammenterò qui solo un' altro che ce 1' offrono alcuni preparati del nostro Museo Patologico. Il Prof. P. Betti ha illustrato nella sua importante opera di « Medicina Pubblica » questo caso appartenente a certa R. N. di Londa la quale fino dal 1804 erasi congiunta in matrimonio con Dionisio N. parimente di Londa. Ma questi dopo 18 mesi di convivenza, accese causa di separazione personale per inettitudine della mo- glie al debito matrimoniale. Una prima perizia medica confermò che la Rosa era in realtà una donna nella quale essendovi un atretismo delle grandi labbra vulvari, un'operazione chirurgica l'avrebbe liberata. Ma il marito dopo qualche anno da questa sentenza interposto appello, pel parere "del Prof. Vincenzio Chiarugi e del Prof. Michelacci, venne finalmente a sapere come la propria moglie fosse un' uomo affetto da ipospadia di terzo grado. Questo individuo poi venuto a morte fu nel 17 Agosto 1839 dissecato dal venerando ed illustre scienziato il Prof. Ferdinando Zannetti; allora insegnante Anatomia sublime nella Scuola Medica Fioren- tina; e con evidenza anatomica fu dimostrato esser quello un maschio ritrovandovi i testicoli atrofizzati e degenerati in grasso lungo il canale inguinale, come si vede benissimo nei preparati in gesso ed in cera che si conservano tuttora nel Museo. In tale caso io per la importanza medico forense debbo non omettere — 35 — di far sapere (pei documenti che ho raccolti) come questo indi- viduo quando omai giunto ad una certa età e disutile a se e agli altri, vestendo sempre abiti femminini, non potendo gua- dagnarsi da vivere fu ammesso nel Ricovero di Montedomini e di là perchè omai vecchio a 73 anni ed affetto da grave affe- zione catarrale, venne inviato nello Spedale di S. Maria Nuovar il dì 9 del Febbrajo 1839. — In questa epoca era Sopraintendente alle Infermerie il Dr Giuseppe Chiarugi figlio a Vincenzio che ap- punto come perito forense aveva giudicato come quel soggetto fosse maschio e perciò era stato annullato il matrimonio contratto con Dionisio N— Fu ordinato quindi che svestita la presunta Rosa N.. . . dagli abiti femminini fosse passata nelle Infermerie degli uomini e fu posto nel letto di N° 598. — Tale ordine avvilì tal- mente l'animo di questo disgraziato che andava continuamente la- mentandosi di esser condannato a vivere fra gli uomini gli "ultimi giorni della sua vita e con tale una insistenza da fare intendere- a tutti che egli era pienamente persuaso di essere nato e vis- suto donna. — Non fu possibile per calmarlo e per sentimento umanitario togliergli gli abiti e gli abbigliamenti femminini ed avvenne che per soprannome fosse chiamato il Róso. — Fino agli ultimi momenti e finché ebbe fiato non cessò di dire con amarezza e con insistente lamento « lo mi chiamo Ròsa: sono « donna, fui donna: e mi meraviglio e dolgo come lor Signori « mi vogliano far morire qui fra gli uomini ». Ho voluto registrare completamente questo fatto non solo per la importanza medico forense relativa all' argomento della nullità del matrimonio, quanto per raccomandarlo alla valuta- zione dei psicologi. §. 17. Ma non voglio tradire la tessitura di questo lavoro con soverchie citazioni e vengo a stabilire quale debba essere la condotta del perito. A cosa dunque si residua il più delle volte in tali casi la condotta del perito ? A dovere in realtà riscontrare con ogni artifìcio e con ogni accorgimento chirurgico se quel corpo erettile sia o no un piccolo e rudimentario pène non sviluppato normalmente: se il canale dell'uretra anziché percorrere quel pène fino all'apice e formare la fossa naviculare, s'arresti alla radice di esso: — — 36 - deve poi con una adattata siringa vedere se da quella aper- tura presunta come l'uretrale, si entri in vessica come ne sarebbe segno l'uscita di orina dalla siringa stessa. Quanto alle sacche cutanee difficil non sarà che bene esaminandole in alcuna di esse vi si riscontri il corpo testicolare e qualche volta palpeg- giando il ventre di contro l'anello inguinale o nel fondo della fossa iliaca, possano sentirsi esistenti i due corpi testicolari. La vigi- lanza poi dell'individuo potrebbe anco dar modo di avere la dichiarazione che un'uscita spontanea di liquore spermatico po- tesse a quando a quando avvenire e sarebbe allora completata una prova preziosa se raccogliendo di sopra ai panni quelle chiazze umorali per mezzo del microscopio e di alcuni saggi chimici op- portuni si potesse mettere in chiaro la presenza degli sperma- tozzoidi. Tutti riscontri obiettivi i quali poi messi in rapporto con gli altri criterii psicologici relativi ai sentimenti, alle ten- denze, alle abitudini ec, potrebbero guidare il perito a formarsi un concetto chiaro che realmente il dubbio sesso aveva fonda- mento di verità e che anzi tutto può far ritenere che l'individuo appartenga al sesso mascolino e perciò fondatissima la domanda di nullità. §. 18. II0 Gruppo (Femmine che pajon maschi). — Le condizioni anatomo patologiche per le quali a prima giunta guardando alcuni individui si potrebbe cadere in simile credenza, sono le seguenti e cioè : che in essi v' è una clitoride che simula il pène: una tal clitoride può giungere fino a 6 centimetri di lunghezza ed essere erettile, tantopiù poi se quel corpo erettile avesse o accennasse di avere un solco canaliculato od un vero canale per un qualche tratto della sua lunghezza : — che nelle sacche cutanee esistenti ai lati di quel corpo che simula il pène vi possono essere corpi duri, elastici, ovoiformi, da sembrare testicoli ed essere invece corpi fibrosi. A volte una ovaja può uscire dall'anello inguinale e venendo giù nel gran labbro, si- mulare la presenza di un testicolo: che l'atresia vulvare sia tanto completa da simulare lo scroto. Ma il perito bene esaminate quelle parti può invece chiarire: 1° Che quello che pare pène è clitoride. 2° Che quello che pare uretra può essere sbocco vaginale. — 37 — 3° Che quello che pare sia testicolo è corpo fìbroide. 4° Che quello che pare scroto è atresia vulvare. Il pratico può completare tali verificazioni facendo il ri- scontro anale per sentire se esista o no il corpo dell utero: e facendo esame per l'apertura che pare quella dell' uretra potrà conoscere se invece fosse la vagina ovvero se uscendo orina consi- derare come accade in alcuni casi, se l'uretra si fosse aperta nella parte superiore della vagina od anco la vagina nell'uretra e da questo sbocco avere o sgorgo di orina e qualche volta e periodicamente sgorgo di sangue mestruo. Si può alcune volte rintracciare su- bito il vero sbocco della vagina e intendere dove questa vada a completarsi e finalmente attendendo con pazienza verificare anco se giunti al periodo della pubertà si manifesti sgorgo san- guigno mestruale sia che questo esca, come abbiamo detto, dal- l'apertura che parve esser quella dell' uretra , sia che desso si manifesti dall'apertura anale ; quando la vagina s'apra nell'inte- stino retto; sia che questo trapeli da qualche fessura che può esistere nella linea mediana del corpo anco nella regione sopra- pubica o nella parte più declive della membrana cutanea che simulava lo scroto. Anco per questo gruppo io non mi voglio molto diffondere a riportarne esempii, perchè la letteratura medica ne è quanto si dice ricca, nonostante per mettere in rilievo alcuni momenti pratici ne citerò succintamente alcuno più istruttivo, e fra questi per primo quello illustrato magistralmente dal nostro chiarissimo Prof. Luigi De Orecchio ed inserito per esteso negli Annali di Igiene e Medicina Legale 1866, T. XXV, concernente un individuo nomi- nato Marzo Giuseppe il quale presentava abitudini e tendenze ma- schili fino ad avere avventure galanti e prendere per due volte la blenorragia, fumare, portar barba ec. — Tutti i caratteri esterni erano quelli del maschio ed essendo venuto a morte nel suo cinquantesimo anno, alla necroscopia furono riconosciute le due ovaje con le relative tube, l'utero, la vagina lunga 6 centimetri e 4 cent, di circonferenza che si apriva nella porzione prostatica dell' uretra. Non fu trovata traccia di testicoli, d'epididimo né di canal deferente. All'esterno mancava la apertura vulvare ed in luogo dello scroto o delle grandi labbra eravi una ripiegatura — 38 — •cutanea. La clitoride era lunga 6 cent, se in quiete, 10 se in ere- zione : era formata da due corpi cavernosi terminati da un glande di 8 cent, di circonferenza: era percorsa dall'uretra fino alla base del glande. Con essa poteva dunque compiere il coito. La prostata era normale. Questo caso che è rarissimo è esemplar- mente descritto dall'egregio autore ed ha per di più la singo- larità di mostrare come sebbene l'individuo fosse proprio orga- nicamente tutto femmina, pure anco oltrepassato il periodo dello sviluppo le abitudini contratte alla vita libertina impressero con tale suggello il loro stampo da soffocare la voce stessa della natura. Istruttivo molto quello descritto da Beclard e riferito poi dall'Orfila, dal Fodere, dal Devergie, dal Barzellotti ec, rela- tivo alla nominata Maria Maddalena Le Fort, nella quale con tutte le apparenze mascoline e per le forme del corpo e per la voce e per lo sviluppo dei peli, dei baffi e della barba bruna ; poi un attento esame faceva ammettere una clitoride sviluppata tanto da misurare 27 millimetri nello stato di flaccidità, munita di un rigonfiamento grandissimo imperforato: — al di sotto della clitoride scuoprivasi una'vulva rappresentata da due labbra stret- te, corte e guarnite di peli: — nell'intervallo di queste labbra eravi una fenditura molto superficiale sotto della quale per la pressione si sentiva un vuoto aperto davanti all' ano. Alla radice della clitoride eravi un' apertura rotonda che invece di condurre in vessica conduceva al collo dell' utero e se ne aveva conferma quando la siringa introdotta nel periodo delle mestruazioni usciva tinta di sangue. — L'uretra esisteva al di sotto della clitoride prolungandosi un poco in avanti mentendo appunto la confor- mazione del pène. — Le tendenze di questa giovane erano mar- cate pel sesso mascolino.—Il Beclard a 16 anni l'aveva dichia- rata femmina. Morta nel 1866 all'Hotéi-Dieu fu sezionata e si verificò esistere la vagina, le ovaje. le tube, l'utero, il ligamento rotondo. Trascorrendo dunque la medica letteratura bisogna rendersi persuasi della esistenza di questi casi che se non uguali, po- trebbero però con qualche analogia mostrarsi al pratico nello esercizio medico forense ed è allora necessario ricordarsi come — 39 — i caratteri effettivi quali il più delle volte si verificano sono questi e cioè : 1° Esistenza di una clitoride tanto sviluppata che sembra essere un pène. — 2° La presenza di qualche induramento o corpuscolo fi- broide contenuto nella sacca scrotale, corpiciattolo che al ri- scontro può somigliare ad un testicolo disceso. — 3° L'atresia del foglietto blastodermico sulla linea me- diana e di contro al punto ove normalmente s'apre la vulva in modo tale conformata da somigliare ad uno scroto. §. 19. Ma anco per questo secondo gruppo a ben facile cosa si riduce la condotta del perito: cioè a sondare delicata- mente ogni apertura e conoscere se quella uretrale porti real- mente in vessica od invece più o meno direttamente in vagi- na, facendo riconoscere il collo uterino : — praticare il riscon- tro anale e sentire con l'altra mano a contrasto sul pube, se fosse possibile avvertire la forma del corpo uterino: e final- mente assumere criterii dal sapere se mai sangue fosse uscito qualche volta e a tempo determinato insieme con la orina od alle escrezioni anali (per la comunicazione possibile della vagina con l'intestino retto) e considerare lo sviluppo dei capelli, la loro finezza, lunghezza, lucentezza, il timbro della voce, la forma del petto, lo sviluppo delle mammelle, le tendenze, le abitudini, le passioni, le opinioni e tutto quell'insieme psichico ed organico che unitamente ai dati di fatto raccolti possono condurre il perito a formarsi un criterio giusto della sessualità femminina dell' individuo. Emerge evidente che qualora dopo tutti questi esami ajutati dalla conoscenza della anatomia patologica e della Teratologia il perito non potesse per la grave complicanza del caso e dopo molti saggi e riscontri decidere il vero sesso, avrebbe ragione di dichiarare trattarsi di un teratologismo così avanzato da non permettere la validità d' un contratto. §. 20. Ili0 Gruppo. — In questo terzo gruppo a dir vero è contenuta più una serie di osservazioni che servono a deli- mitare il campo della pratica medico forense da quello vastis- simo della Teratologia da non ritenere conveniente di estendermi — 40 — soverchiamente. Il criterio direttivo veramente importante a se- guirsi pei bisogni del fòro è quello di poter decidere a quale sesso possa appartenere l'individuo sul quale pende il dubbio: quando dopo accurato esame fisico e morale di un dato indivi- duo il perito non può giungere a dare un parere efficace al- l' autorità giudiziaria, potrà scrivere un bellissimo paragrafo di antropologia o di teratologia, ma ciò sarà poco utile alla questione in termini. D'altronde è bene ricordarsi che altra cosa è illustrare o studiare questo argomento dopoché il coltello ana- tomico ha parlato, altro è dovere rispondere quando questo mezzo non può ancora adoperarsi. Forse potrebbe in qualche circostanza sciogliere il dubbio il coltello chirurgico, ma egli è altresì vero che a questo non possiamo minimamente forzare alcuno. Anco per questo gruppo abbiamo ricca serie di casi e fra questi quello classico è raccontato dal Mayer il quale nel 1836 notomizzò un individuo che fino al 40m0 anno si chiamò Maria Derrier e visse da donna e poi sotto il nome di Carlo Doerge visse in costumi maschili. — Alla necroscopia mostrò un'utero con le due trombe delle quali la destra finiva ad un testicolo, la sinistra ad un ovaja. — All' esterno mostrava un pène imperforato erettile ed una vagina di 2 pollici di lunghezza. — Si cita un caso di organi promiscui dal Follili (1848), dal Petit (di Namur) e di erma- frodismo bisessuale dal Roshitansky (1869) in individuo nel quale all'esterno aveva un pène imperforato ed uno scroto bifido e nonostante era regolarmente mestruato mostrando alla necro- scopia le due ovaje, le due trombe, un utero rudimentario, un testicolo, un canai deferente, contenente degli spermatozoidi. È famoso il caso narrato da Maret nelle Memorie dell'Accademia di Digione (Tomo 2°) di quel monaco morto nel 13 Ottobre 1767 il quale aveva una verga come ogni altro maschio, ma imper- forata. - Aveva le grandi labbra e sotto di esso da una parte si sentiva il testicolo, dall'altra l'utero.— Vi era una fenditura che pareva la vulva e in fondo un' orificio che era quello della vagina la quale poco dopo si obliterava. — Esistevano le due vessichette seminali benché vi fosse un solo testicolo e desse sboccavano in una eminenza che somigliava al vero-montanum. — Più singolare ancora il caso narrato da Orfila (Med. Legale, — 41 — Tom. I), il quale osservò un'individuo in cui esistevano il pène, i testicoli, lo scroto : il pène era pervio per un canale fino alla metà. — Aveva poi gli organi femminini ben conformati meno che le grandi labbra erano più piccole e più ravvicinate all'ure- tra. — La mestruazione regolare. — L'individuo era capace al congresso venereo come femmina e in quel mentre aveva ere- zione del pene. — Per due volte fu gravida fino al terzo o quinto mese. — Non è molto l'egregio signor Dott. A. Ceccherelli mi narrava d'essere stato testimone durante il corso dei suoi studii di perfezionamento in Vienna (1874) ad una illustrazione che il Prof. Billroth faceva su di un'individuo di anni 51 per nome Caterina Hohmann di Melrichstadt (Baviera) sulla quale ave- vano pure emesse considerazioni scientifiche il Prof. Schultze di Jena, il Friedreich di Heidelberg. — Quando il Dott. Ceccherelli conobbe questo caso si proponeva a questo individuo dal Bil- lroth una operazione per la quale dividendo un setto cutaneo che era nei genitali esterni si sperava di rendere completamente adatti alla copula gli organi genitali femminini. Questo individ uo presentava una verga con glande bene sviluppato ma ipospadico: percorrendo con una sonda per 2 o 3 centimetri il canale che sembrava esser l'uretra, si giungeva ad un'altra apertura situata alla radice del pène ed un poco a sinistra dalla quale effettiva- mente usciva la orina e accadeva la ejaculazione la quale era abbondante e sottopostone il prodotto all'esame microscopico dal Friedreich furono veduti gli spermatozoidi dotati di vivacità la più normale. — A destra dei genitali esterni esisteva lo scroto con un solo testicolo ed il cordone spermatico bene sviluppato ed il prepuzio si mostrava ancor esso assai ricco: quando la verga era flaccida, veniva a formarsi un incavo assai profondo da si- mulare la vulva con una grossa clitoride. Lo Schultze esplorando con il dito spinto profondamente nel setto cutaneo che formava l'atresia vulvare, avvertiva una rilevatezza dura che per esso aveva tutta la forma del collo di un utero infantile e il fatto delle mestruazioni a cui andava soggetto l'individno (verificato anco dal Friedreich esaminandone al microscopio il sangue) facevano persuasi che vi potessero essere se non completi ma certo esi- stenti alcuni organi femminini.—Il riscontro rettale confermava — 42 - la esistenza di un corpo ovale, duro, il quale mentre poteva semprepiù fare intendere la presenza dell' Aero non permetteva di giungere a sentire la prostata e le vessichette seminali. Il Dott. Ceccherelli ne inserì un cenno nel Giornale lo Sperimen- tale.— Ann. 1874, pag. 198. — Di questo stesso caso ne fu te- stimone anco il Dott. Luigi Giuntoli ed egli ne die un sunto nel Giornale medico l'Imparziale (Anno 1873, pag. 682) dove è no- tata una cosa degna di attenzione e cioè: che quando egli col suo dito indice cercò di penetrare dall'apertura esistente alla radice del pene spingendo avanti a se la pelle che ivi era mobilis- sima, agevolmente penetrò in un canale (che sarebbe stato la va- gina) e nel fare un tale saggio sul suo dito sentì quello stringimento che si nota nell'esaminare una donna nella quale non sia sfian- cato il costrittore vaginale. Il Prof. Schultze credeva che tale fatto dipendesse dal muscolo bulbo cavernoso che in questo caso avrebbe agito come costrittore della vulva. Di più il Giuntoli sentì quel corpo duro e grosso quanto un nòcciolo di pèsca di- chiarato dallo Schultze come il collo uterino. In questo caso esisteva comunicazione fra la vagina e 1' uretra. Negli Archi- vii di Anatomia Patologica del Virchow (Tom. 43, 1868, pa- gina 329) si trova la illustrazione di questo caso fatta da Schultze, e nel T. 45 — 1869, pag. 3, si trova quella scritta dal Frie- dreich di Heidelberg. §. 21. Se io mi sono dato premura di accennare al perito la esistenza di tali osservazioni relative a questo terzo gruppo non è stato certo per lasciarmi andare ad una assai nojosa e sterile ricopiatura o citazione di casi, ma solo l'ho determi- natamente fatto per porre in sull' avviso il pratico e della possibilità di incontrarsi in fatti complicatissimi ed insieme per dimostrare a quante cose sia necessario porre atten- zione e scandagliare ed appurare prima di precipitare un giu- dizio che possa non essere infirmato come erroneo da altri che potrebbero venir chiesti del loro parere. — In casi simili cotanto complicati l'obiettivo della Legge non si può rag- giungere completo, perchè (lo ripeto) dal fòro si vuol sapere se indicabile decisamente a qual sesso appartenga l'individuo. —. Nella Hohmann vi era a quanto si dice, uno sgorgo di sangue — 43 — per mestruazione e si dice funzionasse anco nel congresso car- nale da femmina. Ma tutto questo costituisce un modo di fun- zionalità fisiologica? Lo sperma del maschio doveva restar versato nel guanto cutaneo sottile che si avvallava nell'interno del sup- posto canale promiscuo vagino uterino e data codesta atresfa e dato che non si potesse e non si volesse togliere, non sarebbe stato per certo un savio giudizio assicurare che là sotto quella membrana vi doveva esistere una vulva ed una vagina sufficien- temente normale al coito. Si dice e si sospetta che vi fosse un utero rudimentario e forse una tromba e forse anco un ovaja! — Ma questa fu una rispettabilissima opinione emessa da un com- petentissimo ginecologo , opinione la quale accettandola pure a chiusi occhi, vale solo a concludere che eranvi solo alcune parti rudimentarie dell'apparecchio femminino interno, ma non dimo- strano legalmente che se all'età di 44 anni esistevano tuttora così imperfette queste parti, la Hohmann sarebbe stata adatta alla fecondazione e quindi alla gestazione uterina fisiologica. — Si dice anco che dessa avesse forme e maniere femminine, lunghi capelli e neri e sviluppo di mammelle; ma intanto la espressione del volto era rozza, piuttosto virile con guancie provviste di barba che veniva fatta col rasojo e le mammelle avevano cute grossa, cotennosa, con peli ruvidi al capezzolo come si vedono negli uomini obesi a di tozze forme. —Ma intanto d'altro lato v'era e si sentiva bene un testicolo contenuto nello scroto; con ben fornito funicolo spermatico : eravi erezione della verga, ejacu- lazione abbondante di sperma e questo ricco di vivaci sperma- tozoidi carattere molto più caratteristico di quanto al micro- scopio possa dare un sangue che si dice per mestruazione e proveniente da un' utero rudimentario piccolo quanto un nocciolo di pèsca. A buon conto quando la Hohmann si faceva visitare dai curiosi e dagli studiosi al proprio domicilio in Burgerspital (e si faceva pagare) stava vestita da donna, ma viceversa poi a sera vestita da uomo per le vie di Vienna frequentate da eleganti e facili donne le pedinava come giovane libertino.... e perchè ? . . . Perchè evidentemente mentre essa sapeva di de- stare curiosità e importanza scientifica alle dotte ricerche di Scanzoni, di Schultze, di Franque, di Rokitansky, di Friedreich, 44 — di Recklingausem, di Kollicher, di Wirchow e di Billroth, in quanto poteva per bizzarria di natura, o meglio, per circonscritto disturbo organogenico di una parte degli elementi fondamentali di alcuni organi genitali interni importare, poi ubbidiva a tutte le na- turali tendenze che la maggior perfezione degli organi sessuali maschili e interni ed esterni (palpabili) imponevano a quest'essere non so se più infelice che straordinario. Comunque voglia inten- dersi il fatto (che dopo tutte le più premurose riflessioni e le notizie verbali che mi hanno gentilmente favorito due miei ot- timi colleghi degni di fede che studiarono e palparono e segui- rono da veri filosofi in ogni vicenda un caso simile, io non so ancora riconoscerlo per il più bello esempio evidente di erma- frodismo) dal punto di vista medico legale in tali condizioni è forza confessare come la condotta del perito dovrebbe essere non solo riservata, ma pienamente e francamente deciso a con- cludere di non poter decidere legalmente il sesso e quindi classare questi individui fra quegli esseri teratologici a' quali se la na- tura può concedere alcune duplici funzionalità (però sempre im- perfette) la Legge con la Scienza non riconoscono in essi una in- dividualità sessuale distinta da esser validamente autorizzati a contrarre legittimo matrimonio. Io qui non posso né voglio diffondermi ulteriormente ad accennare neppure una parte di tutte le altre possibili combi- nazioni teratologiche che possono incontrarsi e d'altronde la letteratura medica essendo piena zeppa di simili fatti (e fra questi anco di alcuni amenissimi) mi astengo a deliberato ani- mo di trattenermi su tale argomento, bastandomi di avere accennati i veri e giusti termini con i quali e dentro a' quali dee adoperarsi il perito in simili ricerche quando voglia pro- prio applicare efficacemente le cognizioni mediche ai bisogni del Fòro. Piuttosto mi occuperò d'indicare al perito una questione che potrebbe essergli avanzata alcuna volta e presso a poco nei termini seguenti. §. 22. Dato che in causa di nullità di matrimonio per identità di sesso, venga riconosciuto che un individuo sia ma- schio benché con apparenze di femmina: ovvero che uno sia 45 — femmina con apparenze di maschio, una volta annullato le- galmente il primo coniugio può a sua volta quel maschio con- trarre matrimonio con femmina, e quella riconosciuta fem- mina unirsi con maschio? La domanda è importante e può benissimo occorrere, perchè come ognuno scorge, ha possibilità di risorgere come quesito a opposizione di novello matrimonio. — Ma a vero dire il perito in tal caso non ha che un solo criterio giusto da avanzare e cioè il se- guente. Il fine legittimo del matrimonio è la procreazione della spe- cie: quindi se anatomicamente e fisiologicamente può aversi la co- scienza di dimostrare che in quell'individuo (appartenga al primo od al secondo gruppo) vi è tanto quanto vi vuole perchè la feconda- zione accada, egli ha il dovere come perito medico legale di pro- nunziarsi in favore del nuovo conjugio. — Come medico igienista, come conoscitore delle umane vicende, è un' altro par di ma- niche....... potrà anco sconsigliarlo, disapprovarlo; ma in faccia al principio legislativo egli deve esprimere il giusto ed il vero e quando nell'individuo effettivamente maschio, abbia verificato esservi i testicoli, esservi tanta lunghezza di pène da portare anco ai primi penetrali della vulva il liquido fecondatore, egli non dee cercare più oltre e dare il suo giudizio favorevole. Quello che è da considerarsi peli' individuo maschio è da valutarsi con il medesimo criterio per l'individuo che nel legame matrimo- niale funzionerebbe da femmina. — Legalmente parlando basta l'idoneità reciproca a raggiungere lo scopo legittimo dell'unione dei due sessi, perchè il medico perito si pronunzii contro l'op- posizione. — Tutte le altre considerazioni saranno giustissime, bellissime, profonde, saggie, ma in faccia al Codice ed a certe esigenze sociali, si danno casi nei quali un matrimonio può essere necessario anco con alcune aberrazioni organiche dal tipo nor- male, aberrazioni che o la privata iniziativa o l'ajuto della scienza possono anco legittimamente e moralmente modificare, minorare e vincere. — Anco su tal proposito la letteratura me- dico forense è ricca di fatti, né io voglio ora trarompermi il cammino a cose più importanti. Pel pratico basta il criterio che io gli ho porto incontrandosi in sì fatte questioni. La modalità dei riscontri, degli esami o è tutta cosa chirurgica o di istologia normale o patologica e perciò vi passo sopra. - 46 — §. 23. Nullità di matrimonio per impotenza. — Una dispo- sizione legislativa sapientissima del nostro Codice Civile vigente (Art. 107) decreta: che la impotenza manifesta e perpetua, quando sia anteriore al matrimonio, possa essere proposta come causa di nullità dall' altro conjuge. — Io raccomando al pratico di ponderare bene i due aggettivi di manifesta e perpetua dati dal Legislatore al sostantivo « impotenza ». E ciò perchè sem- plicizza efficacemente il mandato del perito , come del pari lo rende nobile e severo per la condizione espressa che quella im- potenza oltre a dover essere anteriore al matrimonio debba al- tresì avere caratteri così visibili o per mutilazioni o per ab- normi conformazioni, da non accontentarsi solo della tanto facile e frequente scusa della debolezza o frigidezza della organica co- stituzione individuale che in verità non potrebbe avere modo di prova sempre che per mezzi incerti, impossibili, scandalosi, im- morali. A mente del Legislatore poi la impotenza deve raggiun- gere tali condizioni da riuscire invincibile alla natura ed all'arte e come tale esistere già al momento della celebrazione del matri- monio. Ora egli è chiaro che quel conjuge il quale porta avanti al Tribunale una domanda di nullità di matrimonio allegando una ra- gione simile, debba necessariamente avanzare la prova positiva della sua asserzione e ciò serve a porre il perito in un campo di ricerche e di valutazione scientifica decorosa, evitando così tutte quelle laide e umilianti necessità che un giorno erano quasi inevi- tabili e per la manchevolezza della scienza e per la deficienza di un concetto filosofico che informasse il codice, non volendo anco considerare quanto quelle famose e scandalose prove del congresso carnale e d'altre anco più immorali, riuscissero e inefficaci e infondate per esprimere un giudizio dal fòro attendibile.— Anco su ciò tralascio una ricchissima illustrazione storica bibliografica che mi sarebbe ben facile lo scrivere, venendo all'indicazione scientifica e pratica. — Prima però di andare oltre mi preme di avvertire il pratico di una cosa che potrebbe essere opportuna a cansare degli equivoci. E cioè: che la impotenza di cui qui parliamo, non è da confondersi con la sterilità, poiché questa non può dirimere il matrimonio. — Può essere vero che la impotenza vada unita alla sterilità, ma non già questa presupponga sempre — 47 — la prima. Si danno uomini a' quali può mancare per ragioni di- verse la normale secrezione e composizione dello sperma ed es- sere attivi e pronti al coito; come si danno femmine che sentono moltissimo i piaceri di Venere eppure sono infeconde.— È poi da considerare come in tali questioni sia necessario rifulga alla mente del pratico un grande principio di fisiologia esperimentale, quello cioè che il movente genesiaco risiedendo nell'asse cerebro spinale si possa avere turbamento di funzione e quindi impotenza derivante appunto da un morbo localizzato in quel centro ner- voso. Ci sono fatti che lo rivelano con chiara prova: —e senza andare tanto lontano non è ignoto a molti come anco con la perfezione degli organi della generazione e con una prospera condizione di generale salute, alcune volte o per patemi d'animo o per certe emozioni morali e per fino nella completa contentezza di possedere una donna o amata o desiderata, pure le forze virili non corrispondere al momento opportuno ed esser costretti a subire la mortificazione di una impotenza temporanea da ogni sforzo di volere invincibile perchè generata da una manchevole innervazione vaso motoria alla quale ni una forza può comandare. D',altra parte, come diceva, vi possono essere condizioni mor- bose profondamente ledenti o il punto circoscritto del centro encefalico d'onde si muove l'incitazione o cause morbose per- manenti che interrompono nella rete nervosa la conduzione fisio- logica dell' eccitamento, ed ecco per questo potersi avere una impotenza genesiaca che non avrebbe né meno importanza né meno assoluta esistenza di quella che provenisse da lesione or- ganogenia dell'apparecchio genitale nei due sessi. §. 24. Enumererò ora succosamente le circostanze più comuni nelle quali può esser chiamato il perito tantoché debba giudicare lo stato del maschio quanto quello della femmina ; cir- costanze le quali oltre ad essere utili a ben rilevare quanto può avere rapporto con l'argomento della nullità di matrimonio, pos- sono poi servire in pratica a risolvere altre questioni di gravissima natura siccome ad esèmpio, quando ammettendo la impotenza incontrata dal consorte durante il matrimonio egli invocasse il diritto di repudiare la prole nata durante quel periodo morboso, siccome quando lo stato di impotenza fosse per riuscir valido a re- — 48 — spingere un' accusa di stupro o di adulterio o di violenza carnale o d'incesto o anco quando data una gravidanza sul prodotto della quale potrebbe passare un diritto ereditario, si ponesse dubbio della sua legittimità allegando la impotenza a cui si diceva vinco- lato il consorte defunto.—Ma qui accennata al pratico tuttala importanza del soggetto, passeremo più particolarmente allo studio di quelle circostanze da valutarsi efficaci per avanzare o sostenere la nullità di un matrimonio appoggiata alla già esi- stente impotenza. Tali cagioni non mi fermerò ad illustrarle dal punto di vista anatomo patologico, essendo condizioni morbose ehe basta accennarle per comprenderne l'importanza o il signi- ficato. Ciò che volentieri ricorderò in ajuto della condotta pra- tica, si è il principio fondamentale della funzionalità sessuale per dirsi quand'è che il coito si possa dichiarare perfetto e cioè: per parte dell'uomo, la erezione della verga: la intromissione di essa nelle parti femminine e la ejaculazione dello sperma. Per parte della donna, abbisognarvi il momento di eccitazione, la recezione e la voluttà — Tutto questo insieme di atti completivi però am- mette che sia attiva la influenza proveniente da quel punto del centro nervoso d'onde parte o dove si desta la incitazione istintiva che diffondendosi per i rami del sistema va a deter- minare la potenza del coito. — Ciò conduce a concludere ( e lo noti bene il perito) che stabilita pure una regolare conforma- zione anatomica dello apparecchio sessuale, quando una causa morbosa agisse in quel punto d' origine del centro nervoso dove ha sede la incitazione genesiaca ovvero una causa morbosa in- terrompesse intermediariamente il trascorrere di quell'impulso, determinerebbe del pari una impotenza della quale la causa sarebbe profonda e grave nel sistema cerebro spinale. Così vi sono le emorragie, i rammollimenti, le mielliti croniche, le scle- rosi, le astassfe locomotrici, le lesioni del plesso sacrale e certe nevrosi (specialmente nelle donne) per le quali circostanze la impotenza può essere ammissibile e perpetua. Queste cognizioni toccate brevemente, basteranno a render cauto il perito a non precipitare giudizii che potrebbero trovare, ed a buona ragione, validi oppositori, dappoiché egli è tempo che la scienza con i suoi progressi di fisiologia esperimentale e di patologia dei centri — 49 — nervosi riprenda il posto che le si compete. Io credo fermamente (e perciò lo noto al pratico) vi sieno casi nei quali la impo- tenza possa esistere manifesta e perpetua per morbo dei centri nervosi tanto nell'un sesso che nell'altro e possa esistere no- nostante la perfezione anatomica degli organi genitali esterni ed interni. — La difficoltà sarà quella pel perito di stabilire e di- mostrare con i mezzi diagnostici la ragione di una impotenza reale e perpetua e come esista e perchè. Ma bisognerebbe di- menticare la clinica osservazione se si negassero tali casi, come bisognerebbe per contrario negarla e ripudiarla quando non si volesse anco convenire come in certi morbi gravissimi e profon- damente intrinsecati nell' organismo e più particolarmente nello stesso asse cerebro spinale, il senso o l'istinto genesiaco perduri vivace e prepotentemente attivo. Così sarebbe insipienza negare il fatto della erezione e della ejaculazione in alcuni malati da paraplegia, in alcuni tisici ridotti pelle ed ossa, in alcuni alie- nati affetti anco da demenza paralitica nei quali tutti il senso erotico (sebbene morbosamente destato) pure esiste ed esiste a segno che è perfino necessario alcune volte sorvegliare questi infelici perchè non si lascino andare alla manustuprazione. Quindi non avrei potuto tralasciare questo punto, che per alcune questioni gravissime di medicina legale può prendere una seria importanza, dichiarando apertamente come oggi a mio credere, sarebbe una restrizione ingiustificata il non dar valore a questi possibili della esistenza dei quali sono convintissimo e invece per un assolu- tismo preconcetto negarli, danneggiando con un parere mal fon- dato l'interesse dei terzi o non coscienziosamente rispondendo alla necessità del fòro civile e criminale. - D'onde emerge il più stretto dovere relativo alla pratica civile e forense d'essere cioè molto guardinghi nel rilasciare certificati in proposito nei quali si convenga delia possibile esistente attitudine 'e potenza al coito sol perché l'esame esteriore avesse fatto conoscere una regolare conformazione anatomica delle parti genitali nell'un sesso o nell' altro. In alcuni individui nei quali esistesse una re- golare conformazione delle parti genitali, può per intera morbo del sistema nervoso avvenire impotenza e da ciò si intende subito come sia dunque necessario che una serie di fenomeni Filippi * — 50 — morbosi abbiano esistito od esistano a rendere ragione della conseguenza e per lo più sono gravi e complessi morbi per la valutazione dei quali la clinica medica e la speciale conside- razione delle malattie del sistema nervoso possono guidare ad un fondato giudizio. Certo è ragionevolmente presumibile come non sia per essere il più frequente caso quello di avere a trattare una causa di nullità di matrimonio per dato e fatto di un conjuge che abbia pensato a condurre moglie sapendosi per grave morbo impotente; ma se questo è presumibile è altresì vero come un tale argomento potrebbe sorgere appunto nelle gravi questioni accennate più sopra per parte del marito impotente , o del sospetto di legittimo concepimento nelle que- stioni di eredità o di colpabilità nelle accuse di stupro, di in- cesto ec §. 25. Avvertito il pratico per quanto credeva bastante intorno a questo soggetto , passo ora a indicare le cognizioni più da vicino concernenti le cause fisiche che a senso del Codice vigente potrebbero costituire ragione fondata di nullità, indicandole però brevemente perchè gli studii di teratologia e d'anatomia pato- logica debbono in gran parte porgere largo ajuto di cognizioni. E per essere ancora più utile alla pratica, farò a meno di referire una grande quantità di divisioni e suddivisioni che i trattatisti sogliono avanzare della impotenza, una volta stabi- lito che coerentemente al Codice vigente le ragioni debbono avere caratteri cotanto evidenti e indubbii da essere e manifeste e perpetue. Al più al più potrebbe essere utile differenziare le congenite dalle avventizie, sempre però, ben'intesi, che ancora quest' ultime debbano provarsi precedenti al matrimonio, essen- doché una lesione morbosa avventizia che rendesse impotente chi era sano e vigoroso anco quando celebrato il matrimonio non fosse avvenuta la prima copula, non avrebbe; giuridicamente par- lando; valore a dichiarare nullo il matrimonio medesimo. Può dunque la impotenza essere addimostrabile: 1° Per Alterazioni congenite opponentisi al coito tanto nell' uomo che nella donna. 2° Per Alterazioni avventizie opponentisi al coito nell'uno *o nell' altro sesso. — 51 — Stabilirebbe ad esempio ragione di impotenza manifesta e perpetua nel Maschio: l'assenza congenita della verga, rara per dir vero a verificarsi ed anco a parer mio cosa strana ad ac- cadere che ad uomo così mal trattato dalla natura salti in testa di pigliar moglie. Sarebbe ragione fondata di nullità Y assenza congenita dei testicoli. Raro avvenimento ancor questo e da non confondersi con la cripsorchidia o criptorchidia. — Se tale assenza fosse ac- cidentale, allora i segni delle cicatrici sarebbero di grande ajuto a pronunziarsi. In questo caso però raccomando al perito di essere molto oculato a profferir giudizio, perchè anco dagli studii breve- mente accennati più sopra, relativamente all'errore di persona per dubbio sesso, si deve avere inteso quante mai combinazioni di fatti possano avvenire. Sarebbe ragione di nullità la direzione viziosa della verga per mancanza di corpo cavernoso ; circostanza morbosa superiore alle risorse dell'arte. Lo stato di biforcazione profonda della verga resultante da ipospadia od epispadia a grado massimo.—La stessa ipospadia od epispadia senza altre modificazioni, ma tanto gravi da portare deperdimento assoluto del liquido sper- matico. Uno stato di eventramento congenito, enorme, irriduci- bile. L'eslrofia vessicale; pure circostanza capace di annulla- mento, tantopiù poi quando (come si verifica nel maggior numero dei casi) sia accompagnata da deformità congenite pur esse gravi. Però essendo semplice estrofia della vessica, debbo notare qui con piacere un bellissimo passo fatto dalla chirurgia italiana per opera di egregi chirurghi i quali hanno trionfato di una simile infermità in alcuni casi con operazioni quanto opportune che of- ficaci: intorno al quale argomento consiglio il lettore a consultare una pregevole Memoria del D. A. Paci inserita nel « Commen- tario Clinico di Pisa, Anno 1878». Circostanze manifeste ed assolute come ragione di nullità di matrimonio per parte della Donna sarebbero : 1' atresia as- soluta della vagina, così grave da dichiararsi invincibile anco dall'arte chirurgica: la mancanza congenita d'ella vagina e dell'utero: tutte le avanzate e complicate forme teratologiche capaci a trasformare in cloaca, come nei gallinacei, l'apparec- chio genito urinario. — 52 — Da tali profonde ed invincibili alterazioni in poi, si presenta al pratico un gruppo innumerevole di modificazioni organiche per le quali è necessario adoperare una prudente discretiva nel giu- dizio di vera impotenza: —perchè, oltre ad essere vincibili o correggibili dall'arte, alcune volte possono essere accampate con esagerata valutazione per parte di alcuno che a ben'altra ra- gione o interesse potrebbe mirare annunziandole. Così io già avvertii come un individuo che avesse piccolo il pène ma ne avesse la erezione, esistendo pure un grado tale di ipospadia o di epispadia da ammettere possibile l'avviamento dello sperma nel- l'osculo vaginale, non possederebbe ragione legale di nullità per impotenza. In tali casi il perito deve porsi nel giusto terreno e cioè descrivere con esattezza le vere condizioni fisiche dell'indi- viduo e concludere che legalmente parlando, esiste la potenza all'atto ed allo scopo matrimoniale e soltanto potrebbe ammet- tersi una questione di insufficienza del tutto estranea all'ap- prezzazione medico forense. Quest'ultima clausula (che non de- rime il punto forènse), può servire opportunamente al Giudice il quale; accogliendo i piati della bramosa donna che in fondo in fondo dice esser quello un coito che non è coito; può come meglio crede nella sua valutazione discrezionale pronunziare una sentenza più opportuna al caso. — Vi è poi il fatto d'un grado non molto avanzato di biforcazione della verga, grado che strettamente parlando dal punto di vista medico forènse, può non impedire la fecondazione. Ed ecco pur qui presentarsi per parte del pe- rito un modo equo, giusto, a districare delicatamente la questione dicendo il vero quanto alla tèsi forènse , porgendo poi al Giu- dice un criterio di compensazione conciliativa con fargli intendere che sebbene possibile la fecondazione pure lo è sotto condizione di accomodamento nei rapporti sessuali. Basta ciò perchè il Giudice possa comporre la cosa come meglio gli parrà conveniente. Vi sono poi tutti i gradi intermedii di ipospadia, di epispadia, irti di nojosissime questioni, meno la estrema forma per la quale già dissi qual sia il criterio da adoperarsi. Ebbene !.... ancor qui il perito può fare il proprio dovere dichiarando possibile la fecondazione e quindi non accettabile il criterio d'assoluta im- potenza, ma concesso un ajutamento, sulla reciproca accettazione — 53 — del quale è necessario, utile e morale, lasciare alle parti discu- zienti il pieno accordo. — Vi sono certe deviazioni della verga, vi sono certe grossezze per dilatazioni vascolari, vi sono poi tutte le forme morbose per vegetazioni, tumori ec, le quali essendo curabili, non hanno in sé la assoluta condizione della nullità del matrimonio ; come potrebbe pure fra queste ri- porsi il soverchio sviluppo del pène circostanza questa che deve essere giudicata dal medico perito come condizione di relativo accomodamento il quale non essendo voluto o non essendo pos- sibile per le condizioni muliebri od essendo causa di malattie, inquietezze morali e via dicendo, potrebbe rientrare piuttosto fra le ragioni di separazione di persona per sevizie o strapazzi con abuso di diritto matrimoniale di quello che esser dichiarato dal perito dal punto di vista di impotenza assoluta per ottenere un'annullamento di matrimonio. Così non costituiscono impotenza assoluta la cripsorchidia o la criptorchidia , la monorchidia, (presenza cioè di un solo testicolo) ed altre combinazioni di stato organico più o meno difettoso pel quale però fosse possibile la fecondazione. Non voglio neppure fermarmi molto sulle questioni relative alla esistenza delle alterazioni del testicolo, e specialmente so- pra il Sarcocele, perchè questi morbi di non sempre facile ed assoluta diagnosi, possono dar luogo ad inganni e potrebbero anco coesistere con una capacità a generare: non calcolando poi che tali morbi hanno necessità di lunga e ben diretta cura prima di giudicare l'assoluta necessità alla estirpazione dell'organo o degli organi malati. D'altronde è evidente che quando il coltello chirurgico avesse dovuto operare una completa ablazione di essi, concesso pure che nei giorni posteriori alla cura potrebbero i serbatoj seminiferi contenere alcun poco di sperma, sarebbe sempre circo- stanza transitoria e il fatto della castrazione completa farebbe rientrare il caso fra quelli della assenza degli organi principal- mente destinati alla completezza delle funzioni generative. Un gruppo omologo si ripete per la femmina : come sarebbe Yatresia semplice dell'osculo vaginale, atresia più o meno com- pleta ma vincibile per mezzo dell'arte chirurgica. La ristret- tezza dell'arcata ossea del Pube per ravvicinamento delle bran- — 54 — che ischio pubiche, menochò impediente assolutamente la introdu- zione anco dell'apice dell'asta virile, non formerebbe per la donna causa di assoluta impotenza ad essere fecondata e tale circo- stanza deciderebbe solo un grado di coito imperfetto. Anzi a questo proposito io debbo ricordare un caso che fino da quando era scolare (una ventina d'anni or sono) mi veniva annunziato dall'ama- tissimo mio Maestro il Prof. A. Corticelli, relativo ad un collega che era già stato discepolo suo, il quale matrimoniatosi non potè mai compiere il coito perfetto appunto per la ristrettezza estrema della arcata pubica che gli offriva la consorte. — No- nostante ciò avvenne Y ingravidamene e giunta a nove mesi la gestazione, mentre tutto era pronto per l'operazione cesarea, iniziatosi il travaglio si compiè felicissimamente: e fu singolare che di là dove passò la testa di un feto, ritornate le parti al loro posto, non fu possibile neppur dopo compiere il coito perfetto non potendo mai il marito introdurre l'apice della verga di comuni dimensioni nell' osculo vaginale. —> Ma di tali fatti pòi ne ho raccolti discreto numero nella mia osservazione spedalinga e specialmente nella Clinica ostetrica ove ho veduto infelici donne gravide e per lo più d'illecita fecondazione, cotanto deformiche per essere adoperate il meno scomodamente possibile al coito hanno confessato di essersi poste a bocconi e come quadrupedi offrire la loro schifosa e piccola apertura vulvare agli appetiti venerei dei (non saprei come dirli) loro favoriti !....Non potrebbesi allora a ragione di esperienza pronunziare più un voto di assoluta impotenza e quindi di nullità per un vizio di bacino così costi- tuito, senza escludere il possibile di un estremo che rasente- rebbe proprio il teratologismo.— Quanto a tutto l'altro gruppo di modificazioni organiche avventizie tanto nell' uomo che nella donna e che pure po- trebbero essere reciprocamente implorate per annullare un ma- trimonio ( siccome sarebbero cicatrici, tumori, ernie, obesi- tà ec.) sarebbero tutte ragioni da valutarsi individualmente e per una considerazione di maggiore o minore curabilità. — D'al- tronde non bisogna confondere le due diverse posizioni di que- stioni cioè: argomenti valevoli ad annidlare un contratto: ar- gomenti valevoli a promovere una separazione più o meno — 55 — temporanea di talamo, perchè per il primo scopo, debbono essere alterazioni manifeste, perpetue ed esistenti prima del matrimonio: per il secondo scopo, possono verificarsi lesioni av- ventizie ed essere temporanee, modificabili e meritevoli solo di una separazione di persona. §. 26. Talché riepilogando brevemente questo punto im- portante di pratica forense i quesiti più comuni che potrebbero essere formulati al perito sarebbero i seguenti: 1° Il tale individuo è assolutamente e permanentemente impotente? 0 lo è in apparenza o temporaneamente? 2° Tale impotenza esisteva prima del matrimonio od è avvenuta dopo? 3° È per vizio congenito od acquisito ? Nell'uno o nel- l'altro caso è suscettibile di rimedio tale alterazione per l'arte chirurgica ? 4° È impotenza reale o simulata? In sequela di tali questioni i doveri pratici del perito me- dico forense, gli obiettivi principali in questioni di impotenza come ragione di nullità di matrimonio si riducono a: 1° Constatare con ogni attenzione e ripetutamente e con ogni adatto e conveniente artificio, la precisa conformazione or- ganica dell'individuo in esame. 2° Appurare e valutare con le cognizioni della scienza se quella data alterazione morbosa che si dice essere esistita prima del matrimonio, abbia gli estremi da generare una impotenza manifesta ed assoluta all'atto fecondativo, sia che si consideri per il lato del maschio quanto per quello spetti alla femmina. 3° Allontanare e respingere fermamente qualunque argo- mento presuntivo nel formulare il giudizio, lasciandosi soltanto guidare dalle condizioni organiche di fatto esistenti nell'individuo in esame. Seguendo tale via di positivismo anatomo fisiologico appli- cato alle esigenze così chiare ed esplicite del Codice Civile vi- gente, si elimineranno nella pratica certe dichiarazioni di compia- cente officiosità rilasciate in argomenti a volte cotanto complessi e misteriosi che compromettono senza volerlo il decoro profes- sionale messo a cimento da gente scaltra che per secondi fini — 56 — vorrebbe svincolarsi da un contratto che tardi si pentì d'averlo concluso. § 27. Scioglimento del matrimonio e della separa- zione dei conjugi. —■ La sola morte di uno dei conjugi scioglie il matrimonio per le nostre leggi civili ; ma non ammettendosi il divorzio assoluto in vita e cioè anco l'abolizione dei legami mo- rali; si ammette però da esse la separazione personale dei conjugi per ottenere la quale vengono dichiarate quali possono essere le ragioni attendibili e fra queste alcune giudicabili o verificabili dal perito medico. Ecco come e perchè entra il medico in questo argomento di separazione personale : — v'entra cioè per decidere e valutare la natura, l'importanza e il grado del quantitativo del danno fisico e morale die gli eccessi le sevizie e le ingiurie gravi denunziate al Tribunale da uno dei conjugi, potrebbero avere indotte sull' altro che avanza la domanda di separazione. A questo gruppo di cagioni che possono occupare il medico forense in faccia al Tribunale, fanno capo una svariata quantità di argomenti che a vero dire in parte rientrano nel trattato della traumatologia, in parte in quello della Venere forènse, in parte nell'argomento della Gravidanza che appartiene appunto all'afrodisiologia civile che ora esaminiamo. Ma per essere utili alla pratica qui enumereremo le principali questioni toccandone brevemente il modo di risolverle e principieremo dagli A. Eccessi: quali sarebbero tutte le lesioni traumatiche, i tentativi di uccisione, di asfissia, di veneficio, atti punibili a seconda del quantitativo del danno, della colpa o del dolo che possono avere in se stessi nel caso in termini e per valutare i quali la condotta del perito si regola con le norme già date e in traumatologia (Voi. 11°) e nel Volume 111° della Tossicologia forense. Qui sarebbe superfluo ricordare quanto abbiamo detto in quei paragrafi, raccomandando solo al perito di tenersi fedele alla valutazione del quantitativo del danno fisico e morale aste- nendosi da qualunque altra considerazione di fatto. B. Sevizie: o quello imperversare con atti dannosi altrui, consumati abusando di una superiorità di forza morale o di di- ritto quasi sapendo e calcolando che la reazione della persona che li soffre non sarebbe né pronta né temibile. In fatto di — 57 — seviz'a matrimoniale ad esempio, sarebbe Yabuso di diritto ma- trimoniale, torturando con modi e atti violenti nei rapporti sessuali la compagna del talamo, adoperando eccessivamente e abusivamente sopra di essa atti carnali che o per disposizioni di parti o per aberrazioni sensuali depravate, o per sfogo di bas- sissima libidine si coercisse a soffrire od a contentare. — Fra queste prevalente e corruttrice la Sodomia coniugale violenta frementemente lamentata ai Tribunali da quelle che ne sono vittima e spesso causa di scioglimento di convivenza matrimo- niale. — Quale debba essere la condotta del perito a risolvere tali questioni lo esporremo nei paragrafi successivi e più parti- colarmente nella parte pratica relativa alla Venere forènse. C) Ingiurie gravi: oltre alle morali (delle quali non spetta occuparsene al medico forènse) vi sono le fisiche e fra queste principalissime la inoculazione del virus sifilitico e del pus venereo, fatto che oltre a poter costituire ragione di separazione personale, può essere riprova di adulterio ed essere ragione di un processo dipendente dal Codice Penale. D) La illecita fecondazione prima del matrimonio e la fecondazione illecita durante il vincolo matrimoniale, costitui- scono pure causa di separazione personale, nel primo caso, per tradita fede e ingiuria; nel secondo, come prova di adulterio. Relativamente al tèma della separazione dei conjugi come questione attinente all'argomento del Matrimonio, qui accennerò le cose utili a sapersi circa al fatto della sodomia coriiugale e dello inquinamento sifilitico, come quei fatti che appunto vogliono un trattamento speciale per la speciale posizione degli individui in faccia al Codice essendo legati da contratto indis- solubile, lasciando le questioni della gravidanza alla parte che le spetta nel presente lavoro. §. 28. Sodomia Coniugale. Intorno a questa ragione di se- parazione di talamo è necessario prima di tutto stabilire bene alcune cognizioni speciali. Stabilito e consumato il contratto nuziale viene ad essere implicitamente convenuto fra le persone dabbene, che quella unione debba avere il fine legittimo del matrimonio. Può acca- dere per molte ragioni fisiche e morali (ma e le une e le altre ■è — 58 — depravate) che la purezza del conjugio sia lordata o prima o poi da atti di violenza contro natura sulla sposa onesta e pu- dica, o con arte sedotta e ingannata sul valore dell' atto car- nale compiuto per via non naturale. — Allora se fu usata vio- lenza, la donna può lagnarsene acutamente e palesemente fino ad invocare il soccorso della Legge che su tal punto la protegge; e rivelando l'inganno atroce ai congiunti suoi, sentendosi of- fesa nel suo onore, può finire per implorare una separazione personale che la Legge le consente. — Fuori di queste due circostanze attendibili dal Fòro, in quelle di connivenza immo- rale o di immorale compiacimento a diversi modi di carnale sfogo, tutto è coperto e reciprocamente tollerato nel mistero del talamo. Ma fuori di quest' ultima condizione la donna può avanzare accusa contro l'autore della brutale concupiscenza ed ottenere libera e legale disgiunzione. E evidente che il perito può esser chiamato a dare il suo parere, cioè a constatare il vero dell'accusa lanciata da un co- njuge verso l'altro ed assodare così le disposizioni legislative. §. 29. Accesa la querela nelle forme legali, il quesito che vien fatto al medico forense è sempre quello fondamentale e cioè: « Se nella donna tale che si dice paziente di sodomia violenta « esistano i segni di tale atto » E l'altro quesito che vi segue facilmente « Se possa indicarsi da quanto tempo sia avvenuto « e continuato l'atto carnale contro natura ». La risposta a tali domande è stata ed è tuttora ricono- sciuta per difficilissima e tanto che si è perfino messo in dubbio che la scienza possa aver mezzo a rispondervi con fondamento di verità. Ma le esagerazioni sono sempre pericolose in tutto e se è severamente necessaria la riservatezza e la prudenza nei giudizii medico forensi è del pari dannosa e condannabile la mi- scredenza nella scienza stessa. Credo che nel mezzo sia la retta via da seguirsi, partendosi dal criterio che il perito medico in simili circostanze (come in altre moltissime) non debba fare altro che rilevare quanto gli si offre ai sensi come non normale stato delle parti che egli è chiamato ad esaminare in quel dato individuo di quel dato sesso, di quella data costituzione, di quella data età e via dicendo. — Ora il fatto possibilmente ac- <* 59 — caduto di una violenta azione carnale nello sfintere anale di una donna per parte del conjuge accusato, si riduce né più né meno che ad una azione traumatica violenta portata sui tessuti che formano l'apertura esterna dell'ano e che potrebbe essere stata protratta nel canale dell'ano stesso, cioè inveendo e sullo sfin- tere esterno e su quello interno. — Quindi il perito nell'esame che egli è chiamato a fare deve cercare e notare se segni di quel traumatismo nell' ano o nei dintorni di quella regione vi sono o non vi sono. E quali mai possono essere dessi? Contu- sioni di diverso grado: abrasioni di muccosa: sgranamento o rottura ragadiforme dei dintorni dello sfintere esterno : sfian- camento dello sfintere interno: cruentamento: arrossamento o turgore delle parti. — Può o non può la scienza credere alla validità di questi segni (quali indicatori) di un'azione traumatica più o meno violenta?.... Lo può; e nessuno può ne- garlo: ed anzi si noti bene (io dichiaro fino da ora) sono i soli segni attendibili, eliminato il possibile che dessi possano dipen- dere o da autolesione, o da cause traumatiche comuni direttamente portate per altrui volontà o accidentalmente incontrato in quelle regioni. E allora qual'altro mai compitò pretende d'addossarsi o si crede si possa addossare un perito in simili circostanze quando il suo dovere è finito qui; cioè nel dire se si trovino o non si trovino segni di un traumatismo in quelle parti e niente altro. Forse deve egli andare a precisare la ragione o l'inten- zionalità di quel fatto? Quando gli verrà domandato se quegli effetti traumatici possano essere prodotti o no dalla verga eretta del conjuge incolpato, risponderà; se potrà rispondervi: che « la « verga eretta di quel dato uomo può essere stata un mezzo « meccanico capace a generare simili lesioni, come altro mezzo « meccanico qualunque che possa offrire analoga resistenza e « forma può benissimo darsi ne sia stata la causa ». — E basta — Tutto tt resto non è del perito medico forense ed in tali quistioni ( sarebbe tempo una volta che entrasse nella persuasione dei pratici) lo speciale assorbe il materiale: l'of- feso pudore, l'offesa morale, la conculcata libertà individuale, sono i criterii o le cause gravi che informano il fatto — le altre resultanze fisiche sono punti di ritrovo, indizii seconda- — 60 — riamente probativi di una patita violenza fisica che ha ser- vito di mezzo a compiere quella più essenzialmente valutabile cioè quella morale!... indizii poi quelli che possono anco mancare e nonostante il fatto essere avvenuto. — Può è vero il magi- strato spingere le indagini alla identificazione speciale dell' a- gente traumatico e allora siccome l'agente traumatico nel fatto in termini di sodomia violenta conjugale, è la verga virile e da questa può essere uscito sperma e questo umore la scienza può specificamente riconoscere, ecco un'altro indizio coadiuvante cioè che trovandosi elementi spermatici dentro alle parti anali o vicino a queste di recente cruentate, potrebbe avvalorare il fatto pre- sunto. Ma senza negare il possibile, chi non vede qui più lo sforzo di un'accomodamento scientifico anzi che il naturale e più pos- sibile andamento dei fatti? Bisognerebbe ammettere che accaduta la violenza carnale la donna fuggendo inorridita dal talamo nuziale senz'altro indugio fosse andata via dal Magistrato e subito, ancora polluta dal liquido seminale, avesse implorata la visita del perito fiscale, e l'esame microscopico sollecito, pronto, prima che anco una necessità corporale la ponesse nella circostanza di disperdere un sì valutabile segno.... Ma via!.... non abbandoniamo in medicina forense quella tanto preziosa guida del senso comune che ajuta più di mille libri artefatti da un ingegnosa trovata anziché da un felice ritrovamento del vero, del naturale, del sicuro. — Una tale possibilità sarebbe più probabile nei casi nei quali ad uno stupro violento, sodomitico, succedesse l'omicidio. Ma poi anco concedendo la attuazione di tutto codesto artificio, a che var- rebbe mai? Tanta coordinazione di momenti preveduti, sarebbe forse riprova di animo incorrotto di donna pudica e inconsape- pevole delle turpitudini umane? E quand'anco si trovasse sperma nei d'intorni o nello sfintere anale di essa, ma una difesa giu- stamente accorta non farebbe intendere che sperma là poteva essere anco depositato o colato senza violenza sodomitica? Talché il perito sia molto guardingo a valutare i segni re- peribili intorno all'ano di donna conjugata che si dicesse paziente di violenta sodomia e per essi invocasse una separazione di persona. — Tali segni sono ben poca cosa e vogliono elimina- zione accuratissima per non compromettere l'ajuto della scienza — 61 — in certe velleità umane, le quali pure potrebbero tendere a fini di ben altra ragione. È ormai noto a coloro che hanno fatti regolari studii di medicina legale, quanto fossero già fino dal 1874 in Italia da quello splendido ingegno del Prof. L. De-Crec- chio saviamente criticate le esagerazioni del Tardieu intorno al valore di segni capaci a riconoscere il fatto dell' avvenuto stupro violento pederastico tanto in maschio che in donna (V. Lez. di Med. Leg. 1874 pag. 210 a 237) osservazioni che poi furono in qualche punto anatomico completate dal Prof. F. Pa- cini (1877) nella circostanza dello scandalosissimo e laidissimo processo dei Vanchetoni. Prendiamo invece in considerazione il caso in cui la donna nella inconsapevolezza dei rapporti sessuali normali e del loro legittimo scopo, fosse stata ingannata con seduzione scaltris- sima fino da quando vergine cedeva ad amplessi impudicamente brutali. Ebbene? Allora l'atto sodomitico preparato e condotto lento e ripetuto, potrebbe non avere impresse traccie di violenza traumatica, siccome quando violentemente nell' ebbrezza della passione erotica può alcune volte lasciare. Ma che cosa significa ciò? Significa forse che se talune volte (come è vero) l'atto con- tro natura anco ripetuto non lasci tracce, per questo venga meno la utilità e l'autorità dalla scienza medico forense? Niente affat - to. — Il perito può allora rispondere sicuramente che «nulla v'ha « di dimostrativo che in quelle parti anali un'azione traumatica « abbia agito violenta, ma nulla vi ha in contrario ad ammet- « tere che possa essere avvenuta una azione dilatatrice lenta, « e gradatamente condotta senza sforzo subitaneo » — I Giudici facciano il resto. Quando poi per il lungo e continuo abuso sessuale al perito si mostrassero i seguenti segni riuniti e senza veruno artificio di riscontro chirurgico palesi, cioè: l'ano infundiboliforme: lo sfi- bramento od il rilasciamento dello sfintere esterno: la dispari- zione delle pieghe cutanee: e ulcerazioni e ragadi e gozzi vari- cosi e lesioni simili che significassero dilatazioni e sforzi con- tinuamente ripetuti, allora il perito avrebbe cumulati tanti segni per potere dichiarare solo come quell' ano non fosse in normali condizioni, ma offrisse modificazioni che potrebbero anco essere ef- — 62 — fetto di azione meccanica, eliminando però che quello aspetto non fosse da ripetersi da morbosa condizione fisica male andata o da altre ragioni individuali morbose modificate. Laonde resulta come il perito sopra tale argomento debba esser cauto ad esprimere giudizii, perchè in tési generale; come già diceva; si può dichiarare non esistere un segno fisico che sia speciale e caratteristico della sodomia. Soltanto si può avere qualche indizio della violenta stuprazione di recente avvenuta nella cruentazione della muccosa che circonda il cercine dello sfintere volontario od esterno dell'ano il quale costringendosi per la vo- lontà dell'individuo paziente, possa avere opposta difficoltà all'au- tore della violenza e questi forzatamente spingendo la verga potesse aver smagliato il tessuto muccoso e quindi cruentati i margini. Questo è un segno ohe può avvenire come ho verifi- cato in qualche caso di recente stupro violento in maschio, ma è evidente come la presenza di questi segni abbisogni poi di una differenziale potendo essi accadere per cause diverse e po- tendo essere alcune volte procurati per simulazione. §. 30. La sifilide come ragione di separazione dei co- niugi. — La comunicazione del virus sifilitico fra due conjugi può essere cagione di domanda a separazione quando non sia invocata da più grave scopo, cioè come prova di adulterio. La difficoltà e la delicatezza di tali questioni sono ad un grado mas- simo nella pratica medico forense ed oltre alla difficoltà v'è per fino una questione pregiudiciale sulla accettabilità giuridica di tale causa a fine di separazione di talamo. — Però non è questo il libro nel quale si possa discutere simile argomento: qui soltanto è a dirsi che siccome nella pratica del fòro una questione medico forense di separazione di talamo promossa per la trasmissione della sifilide può darsi; come può occorrere il processo per adulterio comprovato dall'inoculazione della sifilide; perciò è necessario occuparsi di coordinare quelle cognizioni cho possono essere utili al pratico a saggiamente condursi in pro- posito. A facilitare questo gravissimo argomento formulerò il caso (d'altronde verificabile) di pura e sanissima giovane la quale vada unita in matrimonio ad uno che nei trascorsi anni fu in- — 63 — fetto da virus sifilitico. Le cure più opportune furono da lui per del tempo adoperate: nessuna manifestazione nuova, nessuno fenomeno morboso interno venne a dissuadere il giovane d'essere ancora dominato dal triste morbo. Lieti e tranquilli i primi giorni del connubio passarono nella piena salute di ambedue i conjugi, ma sia per l'eccitamento degli organi genitali del ma- rito, sia perchè il virus sifilitico per alcune modificazioni evo- lutive organiche venisse richiamato a novella manifestazione, si riprodusse in modo che la casta e pura compagna a poco a poco infetta dal velenoso morbo, si rese mesta, deperita e inquieta. Alla madre confidò gli insoliti fenomeni, confidò l'agitazione del- l'animo e i dubbii, mostrò gli inconosciuti mali e i genitori o invocato il parere della scienza o penetrata la natura infeziosa del male, rampognarono acerbamente il marito (d'altronde fidu- cioso di salda guarigione) e vollero la figlia tolta dal letto ma- ritale. Parole aspre e querimonie dall' una parte e dall' altra rinfocolarono gli animi; a nulla valsero i saggi e prudenti consigli dell' uomo della scienza , si adì il Tribunale e la questione di separazione personale per ingiuria grave commessa per inocu- lazione di vergognosa malattia tu posta. — Ecco aperto il campo all'intervenienza del perito, ecco aperta la via a questioni multiple, difficili, delicatissime, nelle quali si sente spesso quanto sia grave la missione del medico forense. Vedremo più avanti il modo di condursi. — Ora faccio un'altro caso e cioè quello della trasmissione della sifilide in donna pu- rissima restata incinta legittimamente da colui che fu già in- fetto di sifilide ed anco si curò convenientemente e senza alcuna nuova manifestazione cutanea trasmise il germe del morbo nel- l'organismo muliebre. Ecco un'altra circostanza perlaquale la donna innocente mentre era per godere le gioje della figliuolanza, insieme si vede inqui- nata dal morbo sifilitico; la vita del figlio che essa portava nel seno, spenta: in preda a sofferenze fisiche e morali ed ogni più caro'vincolo d'affetto rallentato dai dissapori domestici che d'ogni intorno stringendola la costringono a chiedere riparo nel tetto paterno dopo avere accesa domanda di separazione conjugale. Questi ed altri molti casi occorrenti nella pratica civile, possono — 64 — essere cagione di separazione personale più o meno duratura per causa dell'inquinamento sifilitico e tali possono riuscire per av- ventura i meno impegnosi pel medico forense , sia perchè cal- mati gli animi dalla persuasione che per parte dello sposo non vi fu dolo d'animo o dimostrato che quella sifilide non fu ac- quistata per dissolutezza dopo il vincolo matrimoniale e con l'ajuto dell'arte potendo vincere quel male, può rivivere senti- mento di reciproca stima e riconfermarsi duratura la conjugale convivenza. Ma gravissimo diventa il compito quando la avvertita esi- stenza d'una forma sifilitica in uno dei due coniugi potesse essere sospetto di consumato adulterio. Allora non è più questione di danno fisico incontrato anco senza dolo o colpa, ma può doven • tare comprova di colpa e di tanto grave colpa da lanciare l'ac- cusa di adulterio ed accendere un procedimento penale. §. 31. Sopra tale argomento importantissimo e coerente- mente ai casi più comuni nascono alcuni quesiti che più frequen- temente potrebbero essere formulati in causa di separazione personale dei conjugi per allegata e confermata sifilide, e cioè: 1° Esiste veramente o si può ritenere abbia esistito una affezione virulenta di cui si parla nella querela?....... e questa affezione è sifilitica o venerea? 2° Esistendo od essendo indubbiamente esistita od una affezione sifilitica od una venerea si può o si deve attribuire ad una comunicazione passata da uno all' altro conjuge e da qual dei due più veramente? 3° Il conjuge che ha contratta un' affezione virulenta ve- nerea e l'ha comunicata all'altro, si può dimostrare l'abbia con- tratta per mezzo di coito impuro (e quindi commesso un'adul- terio) oppure può averla contratta per accidentalità incolpabile? 4° Si può ritenere nel caso in termini che il conjuge che fu primitivamente affetto da morbo virulento venereo, comunque contratto, abbia potuto ignorare lo stato di infezione in cui si trovava e quindi senza colpa e senza dolo può averlo comuni- cato all'altro senza dovere esser tacciato di sevizia o d'ingiu- ria , commessa verso il conjuge rimasto infetto ? Queste sarebbero le questioni che a mio parere potrebbero - 65 — più solitamente essere incontrate dal perito nella pratica medico forense e poco monta che possano venire in un modo o nel- l'altro formulate, avendo io posta quanta più cura mi sapeva perchè almeno il concetto fondamentale fosse in ognuna giusta- mente contenuto senza guardare gran fatto alla forma. §. 32. La soluzione di tali questioni, perchè proceda chiara e resulti praticamente utile, vuol prima una breve considerazione del- l'articolo del Codice Civile dal quale dipende la origine dei quesiti medico forensi che possono concernere la separazione personale dei conjugi. — Un tale gravissimo fatto adunque è regolato dalla disposizione dell'articolo 150, nel quale viene stabilito come la separazione possa essere « domandata per causa di adulterio o «di volontario abbandono e per causa di eccessi, sevizie, mi- « nacce e ingiurie gravi ». Noi ci occuperemo soltanto di quanto possa aver rapporto con la scienza medica. In generale come abbiamo accennato più sopra, per la interpretazione che in pratica forense si dà a tale contesto, si suole ammettere esservi il carattere di eccesso, in quegli atti violenti che attentano o possono mettere in pe- ricolo la vita di colui che li subì: — di sevizie, in quegli ov'è crudeltà, o durezza meno violenta sì, ma più abituale e quasi continua: di minacce, in quei moti bruschi, severi, accom- pagnati da parole aspre di gastigo o di vendetta che possono anco talvolta rivestire il grado di ingiurie. Ora non vi è dub- bio che e nello eccesso e nella sevizia ( quando al magistrato per una quantità di ragioni che sono tutte di pertinenza giu- ridica) gli sia sembrato opportuno accogliere la domanda della parte offesa, possa esser necessaria l'opera del perito medico a constatare appunto la verità di tale violenza. Ma alcune volte il danno sofferto dalla persona querelante può essere stato generato da una comunicazione di morbo venereo il quale; ol- tre a poter costituire sotto certe complicanze una ingiuria mo- rale ; potrebbe anco turbare profondamente la salute della per- sona offesa e della prole futura. Però è da avvertirsi come nel fòro si ritenga per insufficiente ragione a promovere la separa- zione personale, la sola comunicazione dtl male venereo quando la acquisizione di questo fosse anteriore al matrimonio, od ignorata Filippi 5 66 — o non accompagnata da circostanze aggravanti; essendoché si possano dar casi nei quali in realtà siasi incontrata tale ma- lattia od in lontano tempo prima del consumato contratto, ovvero accidentalmente o inconsapevolmente acquisita da non trovare nel caso né colpa né dolo da sciogliere un legame sociale così importante com' è quello del conjugio. — Ed ecco ancora per questa verificazione di antecedenza come possa riuscire utile la intervenienza del perito medico forense, e quale e quanta sia la importanza che può acquistare un giudizio simile efficace a ristabilire pei principii della scienza la calma e la fiducia nella famiglia e quindi nella società. — §. 33. Né io voglio lasciarmi qui fuggire la [occasione di ricordare un principio di deontologia medica che a dir vero ; sebbene riguardi più da vicino la pratica civile ; può nonostante aver sempre colleganza con le questioni medico forensi attinenti alla Afrodisiologia civile e criminale: alludo alla osservanza stret- tissima del segreto professionale essendo chiama lì a curare per- sone conjugate affette da morbi venerei, usando tale circospezione da non essere mai invischiati nel caso che per un cumulo di diverse circostanze i conjugi, adibendo i tribunali, possano trovare appoggio in documento professionale che potrebbe pure esser carpito sotto altri pretesti e formare un giorno la base princi- pale di un contenzioso giuridico. La rigorosa accettazione di tale principio, mentre nobilita grandemente la missione del medico, viene senza dubbio a dif- ficoltare assai la soluzione delle questioni di sifiliografìa concernenti la separazione di talamo, riducendosi allora il più delle volte a dover prendere a base della causa il giudizio individuale avan- zato da quel conjuge che si annunzia essere stato vittima della comunicazione infeziosa. — In generale nella pratica forense (lo tenga bene in mente il perito) quando si accampano domande di separazione, vengono apparentemente motivate sulla trasmis- sione di tali malori, ma poi in realtà vi sottostanno moventi morali ben più gravi svoltisi nell'intimo della vita conjugale. Spesso l'inquinamento venereo è l'ultima goccia che aggiungen- dosi ai dissapori, alle sevizie, alle ingiurie, fa traboccare l'ama- rezza per cui le parti querelanti prendono risoluzione a troncare — 67 — la convivenza domestica.—Ed è allora, quando la causa; invecechè passare sotto le forme di un processo di materia civile può dar luogo ad un processo di ragione penale per adulterio; il momen- to in cui potrebbe acquistare un grande valore quel certificato medico rilasciato in un istante di poca previdenza. Il medico esercente tenga bene in mente in tali evenienze il consiglio del- l' illustre Ricord il quale imbattendosi ^in tali casi dopo avere tentati tutti i mezzi possibili perchè sopra di altri argomenti si basasse la domanda a separazione personale, rispondeva ai suoi clienti « non dovessero mai da lui sperare un documento con- « cernente il male sofferto, ma se facesse comodo adoperas- « ser pure come meglio loro talentava le ricette ordinate a cu- « rarlo » — Ma certificati — mai ! —. È evidente che se tale dovere è imposto al medico nell'eser- cizio privato della sua professione, tal dovere non potrebbe es- sere annullato quando mai venisse chiamato a deporre in faccia al Tribunale , dovendosi assolutamente tener fermo a serbare quel segreto che può essergli stato confidato appunto nell'eser- cizio del suo ministero. Rammentata questa importantissima massima professionale per la quale oltre ad obbedire ad un dovere umanitario, si viene a cansare il pericolo di impigliarsi come liberi esercenti in un processo giudiziario, è mio dovere passare a dettare le regole principali a seguirsi come periti in simili questioni, senza però nascondere che tutta la parte relativa a tale momento di pratica forense sia una delle più difficili a ordinarsi didascalicamente. §. 34. È evidente come al solo lèggere e considerare il testo dei suesposti quesiti, si intenda sia necessario prendere per mano la dottrina dei morbi venerei e da essa lasciarsi condurre per quelle vie nelle quali può più sicuramente procedere.— Se non che debbo avvertire come in tali questioni vi abbisogni molta oculatezza per adoperarsi con la dovuta cautela, sforzandosi a tener conto soltanto di quanto si possa da quella specialità ot- tenere di più certo e provato, lasciando a parte quanto vi fosse tuttavia (e non è poco) di indeterminato e discutibile. — E dopo avere abbracciato questo salutare consiglio, spero che il perito si vorrà ricordare di tenersi " saldo alla apprezzazione dei dati di - 68 - fatto che potessero essere offerti dal caso, non lasciandosi mai deviare da proposizioni dogmatiche, astratte, le quali se possono trovare conveniente ragione in un ordinamento metodico di scien- za, possono non efficacemente convenire alla intelligenza del fatto in termini posto in speciale rapporto con i bisogni del fòro. Intesi su tali premesse, vengo ad esaminare da vicino i sin- goli quesiti, intrecciandovi a quando a quando e come mi parrà più opportuno, alcuni principii che più possono cooperare alla soluzione delle varie questioni, chiamando così al cimento della medicina forense tutto il più segnalato progresso della sifilio- graffa odierna. §. 35. Quesito 1°. —• Il primo quesito domanda « se in un « dato individuo esista veramente od abbia esistito l'affezione « di cui si parla e se quella sia certamente sifilitica o ve- « nerea ». Non v'è difficoltà alcuna ad intendere che per giungere alla soluzione di questo primo quesito per parte del perito medico forense vi occorra l'applicazione delle fondamentali cognizioni della dottrina dei morbi venerei. A tale compito vi provvede lo insegnamento clinico né io debbo qui decifrare quali sieno i caratteri valevoli a conoscere una ulcera infettante, quali quelli per conoscere una ulcera molle e differenziarle fra loro ; quali i segni e i modi di esperimento a conoscere la simultaneità di un ulcera mista o la esistenza di una blenorragia e di ima mani- festazione cutanea di una generale infezione. — Al più al più io debbo ricordare al perito come tali diagnosi perchè acquistino forza di prova medico forènse, sia necessario constatarle anco per mezzo di argomenti che valgano a differenziare bene quelle forme morbose che per avventura potrebbero assomigliare le veneree e chiudere così l'adito a qualunque obiezione che dal parere av- versario potrebbero esser sollevate. — Tale precauzione è neces- sarissima in medicina forense, dove nell'interesse del vero e del giusto, le assicurazioni recise e pòrte con assicuranza di auto- rità (d'altronde sempre discutibile nelle cose della scienza no- stra), sono da fuggirsi come pericolose e non opportune neppure al trionfo della causa ed alla valentia del nome che le dettò. — Nelle questioni di sifiliografia una tale condotta è anco più racco- — 69 — mandabile perchè è omai unanimemente confessato e ripetuto pub- blicamente dagli stessi specialisti che tale parte di scibile nelle ap- plicazioni medico forensi ha ancora bisogno di una maggior sicurezza e di potenza maggiore a sciogliere questioni complicatissime. No- nostante è vero come il perito essendo chiamato a decidere se esista una malattia sifilitica o venerea, può non incontrare il più delle volte difficoltà gravissime, specialmente quando siasi tenuto in esercizio quotidiano ad osservare tali morbi sopra numeroso gruppo di individui. Certo più difficile compito sarà quello di rispondere alla seconda parte del quesito, cioè se abbia esistito un' affezione venerea o sifilitica. Si sottintende già che anco dopo molte in- dagini sarà abbastanza sodisfatto l'obbligo se all'Autorità giu- diziaria potrà essere avanzato un giudizio di probabilità, senza pur nascondere come il perito in tali estremi dopo tutte le ricerche possibili, possa esser condotto ad annunziare di non poter sciogliere la domanda. Comunque una traccia di condotta utile a vincere le difficoltà del presente punto di quesito, potrebbe essere contenuta nel seguente modo e cioè: esaminare con ogni precisione ii soggetto in questione dirigendogli delle domande dalle quali poter sapere se in un tempo più o meno remoto ebbe affezioni veneree: — se avendole avute erano sotto forma di scolo blenorragico o di ulcera: —• se erano più ulceri od una sola: — se apparvero multiple simultaneamente o successivamente: — se una sola ve ne fu, ov'era localizzata: — qual forma avesse: — se dura o molle. E ciò (si noti bene) non mica per dare completo ed assoluto valore alle risposte dell' individuo o per credere che di buona voglia nel maggior numero- dei casi si [otterrebbero tali confessioni, ma per constatare se nel caso in cui il perito all' esame delle parti trovasse qualche residuo sospetto, le ri- sposte emesse dall'individuo avessero per avventura conferma o contradizione. D'altronde potrebbe darsi benissimo che nel- l'esame si potesse ancora trovare un' induramento (e ciò special- mente nell'uomo) od una cicatrice alle parti pudende, o nello stato dei ganglii qualche carattere fosse possibile apprezzare, ed anco se una cicatrice agli inguini esistesse, capire se la piaga che la originò fu più o meno ulcerosa o semplice. — Dall'inter- — 70 — rogatorio si potrebbe intendere quanto tempo durassero quelle ulceri, e qual cura fosse per esse adoperata ed anco, non sarebbe dispregevole indizio, sapere da chi le cure furono condotte o or- dinate. — Entrati fortunatamente in possesso di uno di questi dati, si potrebbe adagio adagio intendere se vi furono fenomeni concomitanti speciali, siccome il dolore di testa, un senso di debolezza, dolori muscolari notturni, o eruzioni sotto forma di macchie rosee o di bottoni lenticolari senza prurito, o qualche affezione alla gola, od alle labbra, od alla lingua, se i capelli si diradarono, o nel capellizio si formarono croste, ed esaminando appunto lo stato, il colore, la resistenza e la lucidezza dei capelli, ricercando le condizioni delle plejadi cervicali, esaminando la gola, il velo pendulo, le labbra, le gote, la lingua, vedere se placche muccose o psoriasis esistessero ; o sul corpo vi fossero cicatrici di pustule d'ectima, di rupia, a forma rotonda, reti- colate , circoscritte. — Specialmente poi per alcune manifesta- zioni, sarebbero a guardarsi accuratamente la pianta dei piedi, il palmo delle mani ec. A completare l'esame occorrerebbe vi- sitare con accuratezza gli occhi con l'oftalmoscopio, riscontrare tutte le sedi dello scheletro predilette alle gomme sifilitiche, lo stato dei testicoli ec; saggiare la sensibilità nervosa, la tonicità muscolare e così via dicendo. Tutto questo esame, dettato dagli studii elementari della clinica osservazione dei morbi venerei, conducendolo con grande assennatezza, potrebbe in alcun caso esser fruttuoso a porgere un criterio efficace a rispondere alla seconda parte di tale quesito, indicando anco approssimativamente da quanto tempo potrebbe essere stato affetto l'individuo dalla sifìlide. Ma tutto ciò non è che un breve cenno di un indirizzo che potrebbe ajutare il perito nella pratica in caso di dover fare uua diagnosi, e non voglio più oltre occuparmi di cognizioni così comuni e indispensabilmente acquisite da chiunque eserciti la medica professione e per di più se chiamato ad esprimere giu- dizio nelle questioni forensi. §. 36. Il quesito secondo è senza dubbio il più grave e serio postulato che possa dirigersi al perito in causa di separa- zione dei conjugi; e direi quasi a completamente scioglierlo, vuole — 71 — padronanza di tutta la più positiva parte della dottrina dei morbi venerei. È veramente per questo ove non bastando la propria esperienza, ò dovere ed assennatezza rivolgersi a coloro che pro- Tessano come specialità si fatti studii, sebbene non infrequente- mente anch'essi alcune volte sieno costretti dalla difficoltà della cosa a renunziare ad una risposta assoluta quando non convenga meglio darla negativa. Nonostante, traendo profitto dagli insegnamenti ricevuti e dalla non trascurata osservazione di buon numero di casi che per alcuni anni mi è stato dato di esaminare, cercherò ancor qui di tracciare per quanto mi sarà possibile utilmente quali saranno i principii più fondati e più necessarii ad esser presenti alla mente del perito nell'accingersi ad esaminare i casi che pos- sono aver rapporto col quesito presente, accennando in prima le cognizioni necessarie a decidere se vi fu comunicazione di sifi- lide ovvero di forme morbose veneree. Intanto il testo del quesito come più ordinariamente potrebbe venire formulato è il seguente: Quesito II0 — Se esistendo od essendo indubbiamente esi- stita una malattia venerea si possa o si debba attribuire ad una comunicazione passata da uno all'altro conjuge e da quale propriamente ». Il perito ricordi bene prima di accingersi a esprimere opi- nione sopra tali questioni, i principii fondamentali che regolano la dottrina dei morbi venerei in quanto spetta alla sifilide. — Ciò gli sarà di grande ajuto nel momento in cui stabilendo il giudizio per la prova del confronto fra i due individui, vorrà giungere a intendere se realmente sia stata probabile una co- municazione virulenta. §. 37. È omai accettato dalla pluralità degli osservatori che la sifilide nel suo svolgimento ordinario e specialmente nella appari- zione delle forme iniziali, proceda con determinate regole dalle quali non va generalmente discostandosi. In questo e la osservazione cli- nica ed insieme lo esperimento, sono concordi tanto da sanzionare validamente un tale enunciato. — È noto come il primo feno- meno iniziale della ulcera infettante attesti una contagione vio- lenta e voglia un tempo più o meno lungo a manifestarsi, sta- — 72 — bilendo così necessario un periodo di incubazione che per il re- sultato dello esperimento suole essere in media di circa venti- cinque giorni, salvo alcune eccezioni valutabili in pratica con la considerazione di alcune individuali predisposizioni che possono accelerare o ritardare un tal periodo. È altresì utile ricordare come il fenomeno iniziale, caratteristico, della avvenuta infezione, soglia apparire nel punto medesimo ove penetrò il virus ; e come a questo primo fenomeno localizzato, succedano dopo un determinato tempo di circa 42 giorni, i fe- nomeni generali o consecutivi della infezione virulenta. Sono questi gli indizii della universale infezione rappresen- tati e dalle eruzioni alla pelle (sifilidi) e da erosioni od ulcera- zioni della muccosa della bocca, dell'ano, della vulva; e da in- gorghi glandulari, e da lesioni dei tendini e dei muscoli e del periostio e dalla caduta dei capelli, dei peli ec. Relativamente all' andamento cronologico che in generale seguono le manifestazioni eruttive che tengono dietro all' ac- cidente primitivo dell' ulcera, la clinica osservazione avrebbe stabilito un certo ordine da dare luogo alla distinzione di esse in manifestazioni ordinarie — precoci e tardive riassu- mibili nel seguente modo; e cioè: la Roseola apparire ordina- riamente al 45m0 giorno, precocemente al 25ra0; e tardivamente al 12m0 mese: — la sifilide Papulosa ordinariamente al 65m0 giorno, precocemente al 28m0, tardivamente al 12m0 mese: le Papule muccose umide, ordinariamente al 70m0 giorno; precoce- mente al 30m0: tardivamente al 18m0 mese: le manifestazioni se- condarie della gola ordinariamente al 70m0, precocemente al 50m0 giorno, tardivamente al 18m° mese:—la sifilide Vessicolosa ordina- riamente al 90m0 giorno, precocemente al 55m0, tardivamente al 6° mese: — la sifilide Pustolosa ordinariamente all'80m0 giorno, pre- cocemente al 45m0; tardivamente al 4° anno: la Rupia sifilitica ordinariamente al 2° anno, precocemente al 7m0 mese, tardiva- mente al 4° anno: — la Irite sifilitica ordinariamente al 6° mese, precocemente al 60m0 giorno, tardivamente al 13m0 mese: il Sar- cocele sifilitico, ordinariamente al 12m0 mese; precocemente al 6° mese, tardivamente al 34m0 mese: le Periostosi ordinaria- mente al 9n0 mese, precocemente al 4° mese, tardivamente al — 73 - 2d0 anno: — la sifilide Tubercolosa ordinariamente dai 3 ai 5 an- ni, precocemente ai 3 anni, tardivamente al 20m0 anno: la sifi- lide Ulcerosa a forma serpiginosa, ordinariamente dai 3 ai 5 anni ; precocemente al 3° anno, tardivamente ai 20 anni: il tu- more gommoso dai 4 ai 6 anni ordinariamente, precocemente ai 4 anni, tardivamente ai 15: — l'affezioni ungueali, dai 4 ai 6 anni ordinariamente; al 3° precocemente, ai 22 anni tardivamente: le esostosi dai 4 ai 6 anni ordinariamente, ai 2 anni precoce- mente, ed ai 20 anni tardivamente: l'osteite, le ulcerazioni del- l'ossa e delle cartilagini, ordinariamente dai 3 ai 4 anni, preco- cemente al 2d0 anno, tardivamente al 41m0 anno: la perforazione o distruzione del velo del palato, ordinariamente dai 3 ai 4 anni, precocemente ai 2 anni e tardivamente ai 20 anni. Dallo esame di questo riassunto che figura quasi ad unani- mità consentito negli scrittori di sifiliografia dal Ricord ai viventi, scaturisce intanto evidente la conclusione importante di una sen- sibile oscillazione di tempo nelle manifestazioni delle forme sifilitiche, oscillazione che tenendo ragione in multiple condizioni individuali ed in un'infinità di ragioni intrinseche ed estrinseche ad ogni caso, impongono al medico forense il dovere di tenerne conto nel raffronto dei diversi individui. — La sifiliografia non ha scritto, né potrebbe, con fondamento di scienza, scrivere l'orario ufficiale delle manifestazioni sifilitiche nella loro successione ed appari- zione cronologica, perchè omai è saldamente provato dalla clinica che una sifìlide possa principiare con la forma iniziale e presen- tare poi fenomeni terziarii misti ai secondarli, invertendo in una parola tutto l'andamento suo ordinario o prender modo di estrin- secazione tumultuaria e rapida da scoraggiare qualunque osser- vatore a raccapezzarne il tipo classico. — Questa osservazione sia ben ponderata dal perito medico forense dal quale in tanta in- stabilità di cose si pretendesse riandare i fenomeni morbosi per giungere ad intendere il quando ed il come di una trasmissione virulenta fra due individui che a vicenda s'incolpassero. §. 38. Ma oltre a tali cognizioni il perito, [per essere pre- parato a sciogliere quella parte del preposto quesito che si re- ferisce alla probabile comunicazione avvenuta fra i due conjugi e più particolarmente da quale dei due pel primo, tenga ben — 74 — presente il fatto omai accertato della trasmissibilità della sifilide costituzionale oltreché per mezzo dell' ulcera infettante diretta- mente, anco per il prodotto di una forma secondaria. Tale verità annunziata dal Langlebert fino dal 13 Feb- braio 1856, oltre a scoprire un largo campo di osservazione scientifica, ha pòrta la chiave in medicina forense a intendere possibili una quantità di casi che prima o rimanevano inosser- vati o indecifrabili. Ognuno intende quanto valore possa avere questa verità nel momento del raffronto, quando sopra di un' in- dividuo trovando una ulcera infettante e sull'altro incolpato come l'autore della trasmissione, trovando delle forme umide di mani- festazioni secondarie, il rapporto anziché venire infirmato prende- rebbe una forza ed un vigore da essere argomento di dimostra- zione positiva della possibilità dell' avvenimento. Fu questa una grande conquista della dottrina dei mali vene- rei, confermata dipoi nella sua razionalità dal fatto della trasmis- sibilità del virus sifilitico esperimentalmente procurata per mezzo della inoculazione del sangne preso da individui in preda ai fe- nomeni secondarli, esperimento già con buono esito eseguito fino dal 1850 dal Waller di Praga e nel 1862 ripetuto in Firenze dal mio illustre maestro il Prof. P. Pellizzari, confermando pur questi ed anzi con maggiore evidenza di fatto e con maggiore purezza di esperimento, quanto nella scienza fino dall'Omodei nel fatto delle inoculazioni vacciniche si era intraveduto e per molti altri argomenti di analogia si credeva possibile dovesse accadere anco per la sifilide. Dalle quali premesse risulta dunque qual patrimonio utile al medico forense chiamato alla soluzione del presente quesito sieno queste proposizioni e cioè: 1.° L'ulcera infettante essere la porta d'entrata della si- filide.— 2.° Come fra il contagio e la formazione dell' ulcera vi oc- corra un tempo di incubazione in media di 25 giorni.— 3.° Come a questo periodo di incubazione tengano dietro in serie determinata, fenomeni costituzionali che hanno per lo più una certa regolarità di loro apparizione. 4.° Come anco per mezzo del prodotto umido dei fenomeni secondarli si possa comunicare sifilide. — 75 — 5.° Come il sangue di un individuo, in cui decorra il periodo di infezione acuta, sebbene non si abbiano allo esterno manifesta- zioni secernenti e proprie del periodo secondario, possa nonostante inoculandolo in persona vergine da sifilide, comunicargliela. Tali conclusioni importantissime contengono in se medesime i mezzi di intendere qualche volta come sia avvenuta una tra- smissione virulenta e da quale individuo prima che dall'altro. §. 39. Ma ancora un gruppo necessario di cognizioni si presenta per essere a sua volta invocato dal pratico a sciogliere alcuni fatti attinenti alla sifiliografia forense in causa di trasmissibilità colposa o dolosa del contagio sifilitico e cioè quelli relativi a fatto della Sifilide Ereditaria. Per essere brevi e chiari è a rammentarsi come per il pro- gresso attuale della scienza, si possa ritenere in proposito: 1.° Non esser fatale che un padre sifilitico da più o meno tempo ed anco nella decorrenza di manifestazioni secondarie, debba procreare un figlio sifilizzato. Almeno è; per la dichiarazione quasi unanime degli osservatori autorevoli; deciso, essere rari i casi appurati e inattaccabili che accennerebbero il contrario. 2.° Essere molto più frequente anzi avvenire che tale trasmissione ereditaria si compia dalla madre sifilizzata al figlio qualunque possa essere stato il modo con cui essa contrasse la sifìlide. 3.° Essere invece quasi fatale che la sifìlide si trasmetta nella prole quando e madre e padre furono infetti da sifilide. Comunque però possa accadere, è sempre stato verificato che la probabilità di trasmissione acquista forza maggiore quanto più il concepimento è vicino al tempo dell'avvenuta infezione. Ora chi non vede quanta importanza debba scaturire dalla esatta cognizione di tali principii a sciogliere quelle questioni di separazione personale dei conjugi, fondata appunto sullo scuo- primento per parte di uno de' due della sifìlide esistente nella prole? §. 40. Richiamati così succintamente alcuni principii fonda- mentali che hanno rapporto con i fatti clinici delle forme morbose locali e costituzionali della sifilide, onde agevolare la soluzione del proposto quesito formulerò alcuni casi quali si potrebbero — 76 — dare più frequenti nella pratica, per farmi strada ad indicare un po' la via a tenersi dal perito. Caso. I.° — Supponiamo che uno dei due conjugi si dichiari vittima di una ulcera infettante, assicurando di non avere avuto altro rapporto carnale che quello sodisfatto nel proprio talamo e perciò si sospetti che uno dei due abbia commessa una infe- deltà. Converrebbe per prima cosa stabilire dal perito che la forma morbosa presentata dal conjuge fosse in realtà quella accusata, accompagnata dunque da ogni più chiaro e indubitabile corredo dei fenomeni morbosi concomitanti. Di tale lesione dovrebbe il perito registrarne i caratteri, la sede, il periodo di evoluzione e ciò con la più grande precisione, perchè questo riscontro potrebbe contenere il mezzo di risalire con una certa approssimazione a indicare il momento della com- parsa della ulcera e calcolando quindi il tempo che più ordina- riamente si dice esser richiesto per la incubazione, condurre ancor più da vicino a indicare l'epoca del presunto commercio clan- destino. Dopo 1' esame della lesione nella sede di entrata del virus, non debbono esser trascurate le ricerche dello stato dei gangli linfatici che hanno diretto rapporto anatomico con la ulcera stessa, e lo esame della pelle, delle muccose ec; onde anco da queste fonti ricavare un criterio di approssimazione del tempo trascorso dal contagio al momento in cui viene fatta la visita, nonché trarne vantaggio anco per avere una riconferma diagno- stica della natura della lesione morbosa. Dato che fosse possibile e concesso il raffronto fra la per- sona che si dice vittima e l'altro conjuge che sarebbe incolpato d'essere il trasmissore, il perito dee fare un'esame completis- simo di tutto il corpo non trascurando alcuna parte di questo, comprese tutte le naturali aperture e le superflci muccose fin dove l'occhio ajutato anco dagli istrumeuti possa penetrare e notare con la massima diligenza tutto quanto potesse accorrergli degno di nota come elemento opportuno ad aitare la soluzione della ricerca. — 77 — Ma diciamo ora brevemente quali potrebbero esser mai le più probabili circostanze nelle quali potrebbe imbattersi il perito, stabilito in ipotesi che uno dei due conjugi avesse in realtà un' ulcera infettante sifilitica. Ecco le possibilità. l.a 0 nell'altro conjuge potrebbe non trovarsi più ulcera ed anco esser irreperibile lo induramento che l'accompagna per essersi riassorbito e ciò massimamente nella donna. 2.a 0 nell' altro coniuge potrebbero essere esistenti delle manifestazioni secondarie secernenti dei prodotti umidi. 3.a 0 nell'altro conjuge potrebbero mancare alla superficie est ma del corpo segni di manifestazioni specifiche, ma essendo pure inquinato dal virus, per mezzo di inoculazione del sangue versatosi in qualche soluzione di continuo delle parti genitali del conjuge vergine di sifilide, avere in questi trasmesso per tal modo la malattia. Il concetto regolatore che in generale deve guidare il perito nelf apprezzazione dei fatti concernenti la questione delle ma- lattie comunicate, nel momento difficilissimo della visita di raf- fronto: si è che nell'individuo che fu passivo del contagio, le lesioni morbose che stanno a rappresentare il tipo della malattia comunicata, debbano verificarsi ad un periodo più recente o più iniziale di quello non debba verificarsi nelle lesioni morbose che porta l'individuo che fu l'autore della trasmissione. E in vero questo criterio è giusto, è logico, preso da un punto di vista generale. Ma se in pratica medico forense e più specialmente poi in questo intricatissimo argomento della sifi- liografia, si volesse procedere tranquilli ed esclusivamente af- fidati a quella proposizione, il giudizio del perito andrebbe bene spesso lontano dal vero. Ed infatti io raccomando di stare guardinghi ai possibili che ho più sopra accennati, raccomando di bene e nettamente avere intesi i principii fondamentali che io ho creduto di accettare onde non trovarsi fuori di strada. Così egli è un fatto che nella trasmissione di un ulcera infet- tante da un conjuge all'altro (e per esempio dal marito alla moglie) nell'ordinario andamento delle cose, quando ormai il contagio s'è appiccato ai genitali femminili o in altra parte del- l'organismo vergine da sifilide, quel periodo di tempo che or- — 78 - dinariamente è necessario all'incubazione del virus perchè l'ul- cera si indurisca, può esere bastevole perchè nell'uomo la ul- cera diventi piaga e da piaga volga a cicatrice, talché al mo- mento del raffronto e specialmente in alcune ulceri meno ma- ligne ed in certe sedi anatomiche, difficilmente sia dato assicurare esistita l'ulcera. Ma potrebbe senza dubbio avvenire che l'ul- cera nella persona che fu l'autrice della trasmissione si com- plichi o da fagedenismo o da cancrena o da qualsivoglia altra complicanza accessoria, permodochè al momento della ispezione sopra i due individui, possano esistere le due forme contempo- raneamente e presso a poco in uno stato analogo. E quanto si considera qui per il fatto 'del fenomeno iniziale della sifilide, così potrebbe avvenire per i fenomeni successivi ad esso, cioè nelle manifestazioni eruttive le quali o per ritardo nell' un o in- dividuo o per recidiva o ripetizione nell'altro, potrebbero anco palesarsi omonime in ambedue ed allora male corrispondere l'applicazione assoluta del principio generale più sopra accen- nato. Ciò in pratica si riscontra facilmente nel caso delle forme papulari umide ad esempio, e si riscontra ancora quando avven- gono invertimenti di periodi eruttivi o influenze modificatrici per cure adibite o per certe particolari circostanze individuali che hanno forza di accelerare o ritardare l'evoluzione del prin- cipio sifilitico. Talché in pratica, mentre alcune volte la valutazione della forma morbosa più avanzata nella persona che si sospetta autore della comunicazione, affermerebbe il vero, confrontando con quanto può esistere nella persona che si dice vittima della inoculazione, pure si danno casi e circostanze per le quali il perito correrebbe pericolo di ingannarsi se ciecamente senten- ziasse con tale argomento. E perciò la esatta valutazione delle singole circostanze, darà ajuto a intendere il fatto e quindi a porre avanti all'Autorità giudiziaria questi possibili i quali po- trebbero rischiarare di viva luce il postulato in termini. Concludendo dunque appare manifesto che la soluzione di simile quesito resulta difficilissima a darsi positiva, potendo essere attraversata da tante e mai tante modificazioni di circostanze da dovere esprimere il più delle volte una probabilità più o — 79 — meno rafforzata da ragioni plausibili ma quasi mai da certezza completa. E inutile che io rammenti qui come anco giungendo al criterio di probabilità di trasmissione, il perito ha poi il do- vere di eliminare tutti quei possibili pei quali la inoculazione esistendo, potrebbe riconoscere altre ragioni accidentali ed in- colpevoli come vedremo più avanti. Caso II. — Potrebbe fra i due conjugi correre l'accusa di comunicazione di sifilide non più nel periodo primo della forma iniziale, ma correre per manifestazioni relative ai periodi più avanzati della sifilide stessa. La condotta del perito allora sarà precipuamente diretta a verificare di quale tipo eruttivo esistente nell'uno e nell'altro individuo si tratti, a quale periodo si manifesti, se sia di forma trasmissibile e via dicendo. Ma non è a nascondersi che in tali casi le difficoltà crescono a dismisura perchè; come notava al §. 37 quanto alla regolarità delle estrinsecazioni delle sifilidi; se possiamo precisarle quando si compone un insegnamento clinico dogmatico, egli è difficilissimo precisarle nei diversi individui; ed abbiamo poi il caso di certe particolari modificazioni e com- plicazioni che nel dare un giudizio di rapporto di trasmissione per la coesistenza sopra due individui di forme eruttive diffe- renti per tipo e per grado, è cosa della massima difficoltà. La possibilità che i prodotti umidi di forme secondarie (ad esempio nell'uomo) comunichino una sifilide alla consorte e questa se ne avveda solo quando si estrinsechi sopra di lei una eruzione len- ticolare o vessicolare è cosa indubitabile. Al momento però del raffronto nel marito o potrebbe mancare affatto qualunque feno- meno eruttivo ovvero potrebbe per recidiva aversi un tipo eruttivo omonimo a quello esistente nella moglie o più facilmente un segno di sifilide terziaria ossia di sifilide molto antiquata. E allora dato quest'ultimo caso, ecco le seguenti domande di difficile soluzione e cioè:— È egli poi cerziorato che sempre e tutti i fenomeni terziarii abbiano potenza di inoculare sifilide? Ed anco ammesso per alcuni, è egli sempre vero che nella persona che ne fu vittima le manifestazioni tengano tale una regolarità di successione da assicurare chi fu il primo fra i due ad essere contagiato ? E — 80 — e sii poi sempre necessario parlare di estrinsecazioni secondarie o terziarie visibili, palpabili, quando è dimostrato che il solo sangue di un'infetto, specialmente se in un medio periodo di in- quinamento, può esser capace di infettare?— Fra un coniuge che abbia un' ulcera infettante e l'altro che abbia una gomma sifi • litica, potrò con molta ragionevolezza propendere a dubitare che il primo possa avere ad estranea fonte contratto il virus, mentre fra una eruzione papillare in uno ed in una eruzione pustolo-crostacea nell' altro, se non potrò affermarlo recisamente, potrò pur nonostante ammettere una possibile corrispondenza di causa ad effetto. In tali circostanze il più fido criterio è que- sto cioè: che quanto più la sifilide si invetera in un' organismo tanto meno i prodotti morbosi di questa sifìlide hanno potenza infettiva; e quanto meno la sifilide è avanzata, tanto più i pro- dotti morbosi ed il sangue di questo individuo hanno potenza di contagio. Del resto la condotta del perito sarà quella di dimostrare se esistesse accettabile, secondo i più comuni e provati criterii clinici, un certo rapporto fra quelle forme morbose, senza assi- curare che le une abbiano avuta esclusiva origine dell'altre. Caso III. — Accennati brevemente i casi nei quali si sospetti che una trasmissione di sifìlide possa essere avvenuta per contagio diretto da marito a moglie o inversamente, può ora accadere che la moglie restando infetta per il mezzo della fecondazione e successiva gravidanza, si accorga di tale infezione incolpandone il marito non avendo a rimproverarsi altra possi- bile fonte di contagio. Tale caso è senza dubbio non frequente ed occorrendo chiude in se una grave questione tuttora agitata nella sifiliografia. Già al §. 39 ho determinatamente preparati i principii necessarii a conoscersi per sapersi regolare nella pra- tica forense relativamente alla sifilide ereditaria e là segnai come in generale si ritenga difficile il passaggio della sifilide paterna nel germe, ma ancora più raro il passaggio della sifì- lide dal feto alla madre. Pur nonostante, non potendosi annun- ziare che una tale possibilità sia stata recisamente negata, è dovere toccare almeno a quante cose dovrebbe guardare il perito — 81 — prima di formulare una decisione di estrema difficoltà e deli- catezza. Ora nel caso presente per giustificare le asserzioni della donna che dice di essere stata sifilizzata dal marito per mezzo della prole, bisogna provare: 1.° Che il marito nel momento del matrimonio o meglio nel momento in cui avvenne il fecondamento, fosse in preda ad una sifilide o latente o manifesta di tale virulenza da poter tra- smettere per lo sperma, e non altro che per esso, il virus al germe e da questo (per lo più fra il 3.° ed il 6.° mese) passare ad infettare l'organismo della madre dando fenomeni secondarii di infezione. 2.° Che nella madre mai esisterono e molto meno esistono, segni di una sifilide entrata in essa per altra via, nò conseguenze più o meno remote e da sifilide dipendenti. 3.° Che la sifilide nella madre cominciò dai fenomeni se- condarii; soltanto e verso il periodo del 3.° al 6.° mese di ge- stazione. 4.° Che il neonato portava segni indubbii di una sifìlide congenita. Senza di questi quattro argomenti, inattaccabilmente dimo- strati con prove dirette, non è possibile devenire alla intelligenza del caso, caso gravissimo; lo ripeto ancora; perchè tutte le volte che si tratta di passaggio di sifilide nel prodotto del concepimento le probabilità maggiori sono pel passaggio dalla madre al feto; talché se la condotta della donna (meno una accidentale e for- tuita contagione) fosse poco rassicurante, sarebbe invece da su- spicarsi che dessa fosse cagione della trasmissibilità di cui non apparirebbero i fenomeni primarii nella via d'entrata essendo fa- cili essi a disparire. Ed è anzi per tale principio che quando un marito fosse per ogni ragione per suo lato sicuro di non avere mai né ac- cidentalmente né per mala condotta incontrata sifilide in tutta la sua esistenza e vedesse nascere la prole infetta da sifilide, avrebbe pur ragione di dubitare della condotta della consorte, salvo (s'intende sempre) i casi accidentali e incolpevoli per i quali ogni più onesta persona può subire il morbo contagioso. Filippi 6 — 82 — Caso IV. — Può anco avvenire che nel feto la sifilide passi per mezzo della madre infettata dal marito ma da antico tempo sifilitico; e perciò oggi inconsapevolmente autore di una infezione che egli può sospettare essere da altro individuo co- municata. Ma tale caso porta in sé la questione non ancora composta della sifilide latente, la quale non sappiamo quali limiti possa precisamente meritarsi. D'altronde anco per la donna sarebbe da accamparsi questo argomento, potendosi dare il caso che in- consapevole d'essere stata nei teneri anni infetta da sifilide, poi nel perturbamento organico della gravidanza presenti delle manifestazioni specifiche di sifìlide della quale non sia possibile ritrovare né accertare il luogo ed il modo con cui potè entrare in quell' organismo e da questo in quello più tenero che nel suo seno si svolgeva. Quando si pensa a tali casi, dei quali il perito dee pure ammettere coscienziosamente la possibilità, si sente profon- damente quanto sia grave e serio il mandato che 1' Autorità giudiziaria ci affida e come il cumulo della esperienza e della retta osservazione, possano essere istrumenti benefici di carità e di scienza. Io posso assicurare che nel non breve periodo di dieci anni da che curo e vedo curare sifilitici e sifilitiche nello spedale di Santa Maria Nuova, ho avuto luogo di vedere un numeroso gruppo di bambine e giovanissime donne infette da sifilide, creature le quali forse a quest' ora saranno o saranno per essere e spose e madri. Ebbene?! Quand'anche la onestà della loro vita successiva all'uscita dallo Spedale, fosse stata tale da non dare verun appiglio a maldicenza e quand'aneli e poi unite in matrimonio, avessero serbata incorrotta la fedeltà del talamo, chi non vede confesse se non continuamente at- tente alla loro salute, non esperimentando più cura alcuna, po- trebbero o presentare forme sifilitiche o ingenerarle nel pro- dotto del loro concepimento e nelle mani di un sospettoso marito, cadere sotto l'accusa di adulterio ed essere anco inno- centemente torturate pei tribunali, sorvegliate, angariate e di- sonorate? !. — 83 — Non nego che ciò possa verificarsi ugualmente anco pel marito, e bisogna eh' io dica francamente che nel numeroso gruppo dei sifilitici che frequentano lo Spedale e le gratuite Consultazioni, meno poche eccezioni, si nota una trascuranza tale di se medesimi che appena ottenuto un certo miglioramento o tralasciano del tutto o saltuariamente e sregolatamente ripren- dono qualche periodo di cura, senza però intralasciare alcuni di unirsi in matrimonio senza interpellare preventivamente chi li aveva curati, se cioè convenisse in quel dato momento effettuarsi il matrimonio medesimo, esponendosi così a perpetuare anco nel talamo quel veleno che nei lupanari e nei bagordi acquistarono. Perlochè io credo che lo apparire di manifestazioni di sifilide nell'uno e nell'altro sesso, sifìlidi che si credevano guarite, possa essere un fatto molto frequente a verificarsi e perciò la necessità di essere molto cauti a dispregiare questa condizione, senza delia quale bisognerebbe spessissimo convenire che fos- sero più frequenti di quanto non apparirebbe a prima giunta, gli adulterii consumati con persone infette. Se il marito era realmente vergine da sifìlide e fu dalla moglie; infetta dall'adultero; sifilizzato, possiamo avere sott'oc- chio tre gradi differenti di manifestazioni specifiche. Ma potrebbe darsi che il marito stesso avesse sofferta sifi- lide in tempo più o meno remoto e non avere egli infettata la moglie, anzi da questa avere avuti figli sani : poi conosciuto l'inganno, sospettare che la moglie da altri subisse una inocula- zione diretta che da lui stesso non ebbe fino allora. In tale complicatissimo intreccio, se nell'esame di confronto il perito non trovasse alcuna lesione inoculabile nel marito, ed invece trovasse un'ulcera od un residuo di ulcera infettante o manifestazioni capaci a dare prodotti inoculabili nel seduttore, potrebbe pro- pendere a creder possibile il fatto dell'adulterio, ma non sarebbe a negarsi come dalla parte avversa si potrebbe accampare il possibile d' una sifìlide latente nel marito, la quale estrinsecan- dosi avesse potuto portare la infezione nella moglie fino allora immune. Così potrebbe essere molto grave il caso di avere a riscon- trare una moglie con manifestazione sifilitica assai avanzata ed — 84 — anco averla trasmessa al feto essendo rimasta incinta , quando il marito pure avendo sospetto sulla di lei fedeltà, fosse rimasto incolto da una ulcera specifica : in tale caso la disposizione della lesione infettante del consorte, confrontata col periodo assai avanzato della sifilide della moglie , potrebbe avvalorare i so- spetti già concepiti su di un'individuo che si designa come l'au- tore dell'adulterio. §.41. Con le premesse cognizioni fondamentali e con la formulazione di questi quattro casi possibili, ho cercato di ana- lizzare il modo di soluzione del II0 quesito relativamente alle inoculazioni del virus sifilitico. Ora, siccome quello stesso que- sito può prendere di mira le inoculazioni del pus venereo o delle forme catarrali blenorragiche , è necessario farvi uno studio speciale. §. 42. Quanto al gruppo delle forme così dette Veneree, locali e catarrali, per l'Ulcera molle cioè e la Blenorragia, è a considerarsi quanto appresso, prima di procedere ad accennare la condotta del perito. Quanto all'ulcera molle, venerea, accompagnata o no dalla flogosi del ganglio linfatico inguinale, poco è a rammentarsi che non sia di comune cognizione: così la sua facilità di appa- rizione dopo quel brevissimo tempo di incubazione di cui ha bi- sogno ; la sua autoinoculabilità, la sua multiplicità più frequente, sono caratteri e ragioni per le quali (dato che si devenga ad un contenzioso giuridico) gravissime difficoltà di parere non po- trebbero insorgere quando il raffronto cadesse in un periodo di coesistenza sopra i due individui. —• Forse a porre un qualehe ostacolo alla formulazione di un giudizio sempre, s'intende bene, circondato da tutte le riserve differenziali che la scienza im- pone) potrebbe essere la combinazione di un'ulcera molle con il virus sifilitico, costituenti quella forma morbosa detta «ulcera mista» per la quale in un caso di confronto, ci si potrebbe tro- vare presenti a scorgere delle manifestazioni morbose disparate da far nascere dei giudizii errati. Ma il perito sa già che mentre la secrezione dell'ulcera molle inoculata su di altro individuo, non ha bisogno di lunga incubazione a manifestarsi, quello dell'ulcera specifica ne vuole uno assai lungo, né mancherebbero poi tutti — 85 — i caratteri concomitanti locali e generali che potrebbero attestare della presenza anco di un'ulcera di natura specifica, la quale genererebbe una infezione la di cui sorgente potrebbe benissimo essere stata unica, senza aver bisogno d'andarla a cercare in altro individuo in diverso modo ingenerato. §. 43. Ciò che costituisce argomento difficile per la pratica medico forense relativamente- alle questioni di separazione per- sonale dei conjugi, è il fatto della comunicazione della Blenor- ragia, la quale il più di sovente, insieme ad altre ragioni di dissenso, di sevizie, di mali trattamenti, si suole accampare come grave ingiuria sofferta dalla parte querelante. La difficoltà a sciogliere tali questioni, proviene in gran parte dalle stesse perplessità della scienza, la quale a dir vero non può fornire alla prova medico forense tutta quella interezza di efficacia quale abbisognerebbe di possedere in tali circostanze. Si insegna che la blenorragia è prodotta dalla blenorragia, talché contentandosi di questo assioma, sembrerebbe che il re- sultato positivo della contemporanea esistenza della stessa ma- lattia nei due individui, dovesse e potesse bastare a sciogliere ogni difficoltà di diagnosi. Ma cosa sia veramente nella natura sua specifica la blenor- ragia, non si sa; e poi al medico legale la possibilità stessa del confronto può mancare ed è spesso invertito il procedimento delle indagini, inquantochè presentatogli l'individuo che o si incolpa di essere 1' autore della trasmissione , o di esserne la vittima, si richiede t;he desso pronunzii il suo giudizio basato sopra a quanto gli offre il caso, non potendosi sempre per il principio della individuale libertà, imporre violentemente delle fiscali verificazioni. Ed anco poi quando il confronto fosse con- veniente e consentito, si danno molti e molti possibili pei quali il giudizio medico sarebbe tuttavia dubbioso o tale da dichia- rarsi a dirittura la impossibilità di pronunziarne uno decisivo. — Quasi quasi, bene addentrandosi nelle difficoltà dell'argomento e dato che le persone estranee alle mediche discipline potessero conoscere gli scogli che si incontrano a dichiarare quand' è che uno scolo uretrale nell' uomo od uno scolo vagino uterino nella donna sia di natura blenorragica anziché catarrale, si asterreb- — 86 — be ognuno dallo accampare tali questioni. — Ma pure potendo avverarsi, qualche volta, che innanzi ai tribunali e più special- mente quando l'accusa fosse basata nella querela di adulterio, si possa interpellare il perito, così è forza indicare qui i prin- cipali criterii con i quali ci si possa più cautamente comportare in pratica, non nascondendo le molte difficoltà che si incontrano a sistemare tale materia in un libro di questa indole. §. 44. Il primo punto da sciogliersi è quello della diagnosi. Un giorno nella scienza balenò la speranza che si potesse col mi- croscopio stabilirla positiva, accompagnando una differenziale fra uno scolo (più o meno acuto) ed uno scolo venereo blenorragico, ammettendo le ricerche del Thiry : sul virus granuloso; del Josseaume, sull'alga parasitaria genitaìia: del Donne, sul vibrio lineola; o sul Trichomenas vaginale e quelle del Salisbury, sopra l'alga cripta gonor~rhea. Ma furono vane speranze che poco bril- larono , non solo perchè dalla pluralità degli osservatori non vennero costantemente reperiti quegli elementi parasitarii, ma poi perchè anco ammettendoli, il «dubbio tormentava forte po- tessero essere effetto del morbo invece che causa specifica di esso, quand'anche non potessero essere elementi estranei acci- dentalmente contenuti nella goccia del pus tolta dalle parti am- malate. •—> Da questo contributo di studii al perito medico fo- rense non venne; né per ora è derivata certezza; di acquistare prova dimostrativa, nonostante che leggendo alcuni fra i più recenti ed autorevoli scrittori di morbi venerei, non abbiano freno a scrivere senza paventare l'accusa di presunzione, che lo scolo blenorragico è rappresentato da qualcosa di specifico che « ci deve essere, ma che non si sa che cosa sia!» — È evidente, e non ha bisogno di commenti, che la medicina legale non può seguire tali presupposti, né si potrebbe mai sperare di riescire utili alla Giustizia adoperando simili e non dimostrate assicu- razioni. Neppure il perito può gran fatto sperare maggior sicurezza interpellando la clinica dei morbi venerei; la quale; sebbene pos- segga larga copia di preziose osservazioni; messa al cimento della prova medico legale, non porge apertamente sicuro un cri- erio differenziale certo, costante, fra una uretrite catarrale ed — 87 — una uretrite blenorragia acuta e cronica: nemmeno con il criterio della trasmissibilità, la quale prerogativa (sebbene sembri costi- tuire segno più proprio degli scoli che si dicono venerei) pure non può dirsi a questi esclusiva, né d'altronde sarebbe sempre possibile al perito medico forense una riprova simile, chieden- dosi a lui se lo scolo purulento che osserva ai genitali di un dato individuo, possa esser venereo per coito adulterino e perciò comunicabile, ma non già debba inferirne che e' sia venereo perchè dalla parte contraria si può accusare di essere stato comunicato. — Talché il giudizio per questo lato resulta ancor più difficile di quanto non lo sarebbe per un clinico o per un pratico che dovessero curare il morbo, essendoché mentre per essi sarebbe lecito tutto domandare e sapere, pel medico forense sarebbe disdicevole cercare il vero domandando all'individuo in- colpato se fu o non fu in contatto sospetto o adulterino, essendo questa appunto l'incognita cui deve giungere da per se (potendo) con il proprio criterio. •— Sarebbe proprio fanciullaggine credere che gente incolpata confessasse un'adulterio per un'interroga- torio del perito che ha desiderio di far bene una sua diagnosi; e la risposta; quando non fosse per esser negativa; sarebbe certo menzognera. — Le difficoltà poi vanno crescendo a dismisura quand'anche fosse possibile devenire ad un confronto fra l'au- tore presunto e la vittima del contagio, quando specialmente si trattasse di scoli a periodo cronico e più poi nella donna nella quale per la stessa conformazione anatomica dei genitali e per certe funzionalità sue proprie, tale e tanta varietà di condi- zioni si presenterebbero da non poter riuscire facilmente a dimo- strare cosa alcuna sicuramente. — Mi ritorna sempre spiritosa- mente sorridente alla memoria una graziosa osservazione del- l'illustre Ricord, quando disse « che ogni donna non può dare « che quello che ha, tranne la blenorragia che ha sempre il « diritto di dare ». Nonostante però l'incontro di tante perplessità, ricorderò brevemente alcuni principii che potranno essere utili a ricordarsi per la applicazione pratica ai diversi casi possibili. A. Si può verificare uno scolo uretrale acuto nell'uomo ed uno scolo vulvo vaginale ( senza uretrite ) nella donna; e nulla v' ha — 88 — in contrario ad ammettere la possibilità che tali fatti morbosi possano coesistere senza contagio venereo. — In tale circostanza la condotta del perito è indicata dalla necessità di indagare al- cune ragioni che e per l'uno e per l'altro individuo possono avere avuta cagione a generare questo fenomeno morboso, né io debbo qui entrare a insegnare quanto è elementare indagine di clinica medica o di patologia speciale. B. Si può verificare uno scolo uretrale acuto nell' uomo ed uno scolo utero vaginale cronico o leucorroico nella donna: e qui nulla v' ha in contrario ad ammettere che senza bisogno di interve- nienza adulterina, la donna possa aver comunicata l'uretrite al- l'uomo.— Questi casi sono di troppo comune intelligenza perchè mi fermi a dilucidarli. La condotta del perito sarà diretta a ricercare se nella donna possano esistere ragioni e quali sieno le ragioni che abbiano potuto generare la leucorrea. C. Si può verificare uno scolo acuto uretrale nell'uomo ed uno scolo vagino uterino con uretrite nella donna. E qui ò necessario ricordare come essendo stata da tutti gli osservatori notata la estrema rarità della uretrite semplice nella donna, il trovare in essa uno scolo muco purulento uretrale, sarebbe attendibile prova del potere contagioso di un pus che diffondendo; dal punto ove fu depositato; la sua azione irritativa, dasse luogo ad un processo morboso tale che per le comuni cagioni di flogosi non avrebbe forza di stabilirsi e mantenersi. A tale proposito anzi mi piace di ricordare come un'illustre osservatore di morbi venerei, il Cullerier, sarebbe per fino giunto a dichiarare: « essere assolu- « tamente necessario un contagio per sviluppare una uretrite « nella donna ». Sopra tale proposito dunque si può con qualche fondamento avanzare che se non si deve dire essere quella con- comitanza un criterio assoluto, indubitabile, pure per la osser- vazione clinica è un fatto morboso che ha valore a far propen- dere il perito per un giudizio di probabilità che lo scolo sia derivato da contagio venereo. D. Ma io mi affretto ad avvertire il perito come possa avvenire il caso in cui in una donna che soffra di catarro ute- rino cronico , se per diverse cagioni questo prenda un' anda- mento acuto o subacuto, allora acquisti potenza di trasmissi- — 89 — bilità nell'uretra maschile e di tale acutezza da far prendere alla secrezione uretrale del maschio, la virtù di inoculazione nell'uretra della stessa donna che prima comunicò il pus vagino uterino. Possibilità morbosa questa di una tale importanza, come ognuno intende, da porre in sull'avviso il perito medico forense ad es- sere molto e molto cauto a non correre nel giudizio erroneo della intervenienza adulterina, aprende forse per sua colpa un abisso tremendo di rimproveri, di sospetti e di conseguenze in- calcolabili , là dove la parola illuminata della scienza avrebbe potuto rimettere la stima, la calma e. la salute. Resta dunque a concludersi che se (1°) non possiamo ancora avere un criterio specifico di prova indubitabile a riconoscere quando un pus proveniente dai genitali maschili o femminini sia asso- lutamente proprio di un contagio venereo: — e se (2°) anco trovando i fenomeni più acuti di uno scolo dai genitali, da essi soltanto non possiamo cavarne fuori un criterio differenziale d'uno scolo veramente e notoriamente blenorragico : se (3°) anco trovando i fenomeni di acutezza non possiamo serbare allo scolo blenorragico la caratteristica della contagiosità, perchè a tale periodo anco uno scolo catarrale è trasmissibile: se (4°) a generare tali affezioni muco purulenti e nell'uomo e nella donna, si danno una immensa quantità di cause che possono essere state incontrate da quegli stessi individui intorno a'quali verrebbe a gravare l'accusa di acquisizione e trasmissione d'un pus blenorragico: se(5°) e nell'uo- mo e più frequentemente nella donna, possono esistere scoli o ca- tarri cronici ai genitali i quali di cronici divenendo acuti, possono a vicenda essere trasmessi: se (6°) anco uno scolo leucorroico di una donna, acutizzandosi, è capace di destare uretrite acuta nell' uomo e da essa secernersi un pus che può a sua volta ge- nerare una uretrite nella donna medesima ; — è forza concludere che tutti (mesti argomenti impongono al perito medico forense di serbarsi in una tale riserva nel giudizio di confronto ordinato dall'Autorità giudiziaria in tali spinosissimi casi, nei quali il più delle volte è forza propendere alla impossibilità di dare parere assoluto. — Tantopiù, si noti, che anco il caso di esaminare donna che venga incolpata di trasmissione di scolo blenorragico ad uomo che assicurasse di non avere avuto altro contatto carnale — 90 - che con essa e non trovare alcun che di morboso sui genitali di lei, sarebbe sempre un caso nel quale potrebbe essere avvenuta la deposizione di un pus tolto poi dal marito nel coito e non avere avuto modo o tempo di appigliarsi nella muccosa muliebre. Quindi neppure il criterio negativo (m questi modi di trasmissione per deposizione transitoria di un virus o di un pus speciale) sarebbe privo di obiezioni e concludente ad escludere il fatto, mentre altre prove indiziarie potrebbero tutte convergere ad affermare vero il contatto adulterino. Fgrse il criterio del tempo nel quale insorsero i fenomeni morbosi prima nell'uomo che nella donna o prima in questa che in quello, sarebbe di qualche ajuto; ma è sempre un criterio di difficilissima precisazione e dependente da certe indicazioni sempre pregiudicate quando debbono essere raccolte dal labbro delle persone interessate nella questione stessa. Non deve poi dimenticarsi dal perito che quando si tratta di periodo di incu- bazione in fatto di blenorragia è quello un periodo così breve che anco concedendolo, si contiene nello spazio dei due—tre giorni al massimo, ma con oscillazioni fortissime. §. 45. Ma come se ciò fosse poca cosa a rendere anco più complicato il parere medico legale intorno a questo sog- getto, il perito tenga presente alla mente il possibile che uno scolo uretrale possa dipendere od essere complicato dalla esi- stenza di un' ulcera infettante sifilitica. — Tale circostanza nell'esame di confronto, darebbe luogo a serie difficoltà; perchè nella persona contagiata si potrebbero verificare fenomeni e forme morbose che a tutta prima non mostrassero rapporto di indole con quelle lesioni incontrate nel conjuge incolpato e specialmente nell'uomo. Eppure può benissimo avvenire il fatto della combinazione della ulcera molle con la blenor- ragia e della blenorragia con la sifilide ed il perito senza tale cognizione in una relazione forense, potrebbe emettere un giu- dizio infondato, qualora non afferrati i fenomeni ed il legame che li può riunire, avanzasse sospetto di un contagio inoculato da terza persona. Però un > volta affacciatosi il dubbio e studiato bene il caso, vi sarebbe modo di assolvere lodevolmente il pro- blema constatando cioè la esistenza dell'ulcera molle uretrale per — 91 — mezzo dell'autoinoculazione del pus uretrale; e quanto alla esi- stenza dell'ulcera dura infettante, vi sarebbe oltre l'esatto riscontro della uretra a traverso le pareti sue, ancora la valutazione delle adeniti multiple inguinali, specificamente indurate e alcune volte le manifestazioni eruttive e tutto il concatenamento classico di un'inquinamento sifilitico.-—'in quest'ultimo caso non manche- rebbe che esaminare il criterio del rapporto che potrebbe od esistere o mancare fra le reciproche condizioni morbose dei coniugi onde concludere se vi potè essere o no una trasmissione; né per tale esame voglio ripetere i principii fondamentali della sifilio- grafia e quanto ebbi ad accennare nei §§. 37-38 ec. È evidente che data la coesistenza intrauretrale di questi elementi virulenti, la blenorragia sarà la prima a svilupparsi, quindi la prima a farsi palese nella persona che subì la contagione e successiva- mente poi apparirebbero i segni dalla infezione sifilitica,—Nulla vi è però in contrario ad ammettere la possibilità di una suc- cessiva e duplicata contaminazione, e cioè: della comunicazione prima di una forma ulcerosa, e quindi d\ una blenorragia con- tratta posteriormente alla inoculazione di un' ulcera. Basta, spero, la breve esposizione di queste più comuni even- tualità che ho creduto bene di sottoporre alla considerazione del pratico per renderlo avvisato quali e quanti riguardi e riserve debba usare quando venendogli affidata dall'Autorità giudiziaria la spinosa missione di giudicare se « di una lesione « sifilitica o venerea esistente in uno dei conjugi o in tutti « e dite se ne possa ammettere la trasmissione ed in tale caso « da quale primieramente ». A risolvere il quale problema è forza convenire esser necessario aver padronanza della specialità dei morbi venerei, ossia di una intiera parte di scibile medico alla conoscenza esclusiva del quale, elettissimi ingegni dedicarono tutta la loro vita intellettuale. §. 46. Passiamo ora ad esaminare il III0 quesito il quale quasi necessaria conseguenza e complemento del secondo nelle que- stioni medico forensi è forse il benefico correttore di alcuni giu- dizii che riuscirebbero gravissimi in certe questioni complicate di separazione conjugale. — 92 — Quesito IL0 — Se il conjuge che abbia potuto contrarre affezione venerea e comunicarla all'altro, possa ritenersi l'ab- bia contratta per mezzo di un coito impuro e quindi di adul- terio, oppure da una data accidentalità incolpabile ed esclu- dente V adulterio. Ecco il quesito moderatore di tutte le gravi conseguenze che potrebbero alcune volte discendere assai limpide dall'esame di raffronto che fra due sifilizzati è chiamato a fare il perito. — Ed ecco un frequentissimo postulato che se non proviene diret- tamente dall'Autorità giudiziaria, sgorga sollecito dalle labbra delle persone in questione le quali o in buona fede, o per stor- nare dal loro capo la tempesta che minaccia, referiscono la pre- senza della malattia od a casuale circostanza od a morbo in essi nascosto e non di esso consapevoli. Il perito per giungere alla giusta valutazione della accam- pata possibilità, deve per un momento schierarsi avanti alla memoria per quanti modi la osservazione clinica ammetta que- sta infezione senza coito; e dopo, assumendo tutte le circostanze narrate dall'individuo nel caso in questione, provarle al cimento di una sana critica onde conoscere quanto e fin dove possano es- sere accettabili le ragioni addotte. Cominciamo a ordinare qui le possibilità più remote per giungere alle più probabili. la La sifilide ereditaria; la quale restando latente per tempo molto lungo, si rivelasse poi in tutta la sua pienezza nella età virile. — §. 47. Ma a che punto è la scienza in proposito ? E qual limite di probabilità medico forense possiamo assegnare a tale presupposizione ? Si è detto è vero come la sifilide ereditaria possa anco re- stare nascosta fino a 15, 20, 40 anni e al momento o della pubertà, o del matrimonio o di un parto, manifestarsi. — Ma è altresì vero come questa asserzione appoggiata anco da qualche esempio (non del tutto scevro da critica) non abbia acquistato ancora nella dottrina dei morbi venerei una sanzione tale da essere tenuta in serio conto. Molto meno potrebbe dunque pas- sare nel corredo delle prove medico forensi, le quali cominciano — 93 — ad aver vita là dove intorno ad esse finiscono le dubitanze e le deputazioni della scienza. — E poi dato il caso che il perito si trovasse ad interloqu're o ad occuparsi comunque su tale questione (che potrebbe forse nascere dallo zelo di una ar- guta difesa ) sarebbe inevitabile portare avanti tutto il coacer- vamento delle seguenti .prove primachè fosse lecito a chiunque di valersi di un simile argomento. E cioè 1°: dimostrare che i genitori dell'individuo in esame, furono sifilitici ed in modo inqui- nati da avere la sventurata capacità di ingenerare il figlio sa- turo del principio infettivo: 2° che l'individuo dalla sua uscita dall' utero materno fino al periodo di età in cui si trova, non ebbe né poteva incontrare mai causa di infezione acquisita : 3° che realmente le manifestazioni che egli ora così inaspettata- tamente presenta, sono da sifilide e quelle che più particolar- mente hanno carattere di tardive , spiegando poi il fatto della loro inoculabilità nell'organismo vergine che ne fu vittima im- pensata. Il perito od altri che riuscisse a mettere insieme tutto il fascio degli argomenti indubitabili relativi a provare il caso in discussione, comincerebbe allora soltanto ad avere il diritto di dubitare di una tardiva esplicazione di una infezione sifilitica per eredità ricevuta onde riuscire a sciogliere da qualunque colpa o responsabilità colui che fosse accusato quale autore di una trasmissione virulenta. Seconda possibilità: — che la sifilide fosse accidentalmente acquisita senza coito o contatti carnali adulterini. Qui comincia pel perito uno studio alquanto più fondato a farsi e pel quale già molti materiali sono nella osservazione quo- tidiana raccolti. — Ma è necessario che nell' occuparsi di una tale possibilità accampata (com'è naturale) di sovente, il perito sia oculatissimo a non essere trascinato in supposizioni che aves- sero dell' inverosimile. Differenza opportuna a farsi prima di tutto si è quella di stabilire bene se si tratti di forma infettiva (sifilide) o di forma o natura venerea. Perchè è constatato; ed è di facile intelligenza ammettere; come il pericolo di incontrare accidentalmente una affezione venerea sia più comune per il virus sifilitico, che pel — 94 — principio venereo. — La generalizzazione all' organismo di quel potere virulento che dà origine a prodotti morbosi nelle parti più scoperte del corpo e sulle aperture naturali di esso, e la proliferazione di alcuni prodotti umidi che hanno potere di im- portare nuova sifilide, se inoculati in un organismo da essa puro, sono le ragioni fisico chimiche per le quali il fatto s'intende. — Non già che anco il pus d'un'ulcera molle, o il pus virulento d'una blenorragia non possano per accidentalità cadendo o tra- sportandosi su di un punto del nostro corpo o su di una muc- cosa appiccarvisi e ripetere il morbo, ma non è mica vero che le sedi predilette di quelle affezioni (ammettendo anco come verificata esser rara la possibile sede dell'ulcera molle cefalica) sia più nascosta e riservata ai genitali per i quali vi è neces- sità d'andare in qualche modo a trovare rapporto con le forme iniziali da cui emana ii principio purulento. Quanto alle accidentali infezioni delle forme sifilitiche , sa- ranno tanto maggiormente verosimili (e perciò ammissibili) quando una ragione o di professione, o di abitudine o di even- tualità, possa avere aperta la entrata del virus nella regione del corpo più propizia ad incontrarlo: — ed anzi questa condi- zione di lesa continuità di superfìcie o cutanea o muccosa, è necessaria a intendere l'inoculazione del virus «e stabilisce la verità di quei casi nei quali un morso, una abrasione, un' atto ( sia pure confidenzialmente innocente ) possono esser capaci a aprire il varco ad una infezione in organismo sano. — Nulla però v' ha in contrario ad ammettere che in questi casi, seb- bene più verosimilmente si possa intendere l'accidentale od in- nocente incontro di una infezione sifilitica, pure l'individuo ab- bia (consumando il coito) evitato di infettarsi per le vie genitali ma per i lascivi contatti, e i baci, o altri modi d'eccitazione sensuale che nella sfrenata venere si consumano, abbia a caro prezzo compensato la immunità concessagli alle parti genitali. — Immunità forse più acerbamente ingannatrice per la quale il co- njuge infedele, quasi bravando il corso pericolo, disonesto rientra nel talamo e negli amplessi mentitori di fedeltà, trasfonde nel co- njuge innocente il veleno delia vita e l'onta del disonore. —• Dopo o un' ulcera del labbro, o della lingua, o della faccia, gli — 95 — fa intendere il danno incontrato , il danno importato a chi gli era legato con i vincoli più sacri, e tardamente rimpiange l'ac- caduto, mentendo scientemente l'origine e fidandosi nell'appa- renza verosimile di un casuale avvenimento. — Ecco perchè io consiglio al perito di contemperare in simili casi la scienza alla prudenza, di serbare alto il decoro suo e insieme fedele alla missione santa di comporre con l'opera sua tutto ciò che po- trebbe disciogliere i più cari legami di famiglia, attestando pure (se è da attestarsi ) della probabilità molta che quella lesione infettante possa essere accidentalmente incontrala, nulla essen- dovi in contrario ad intenderla anco come tale. A queste possi- bilità fanno capo (e forse con maggiore innocenza, sebbene con una certa minore probabilità) le sifilidi incontrate per avere adoperato utensili o panni, o bevuto a bicchieri, o fumato a sigari, o a bocchini od a pipe, o ad altri modi di contatto ca- suale con oggetti che potevano essere intrisi di prodotti virulenti depositativi da persona infetta ed altri modi consimili, a creder verosimili i quali il perito si ridurrà valutando con accortezza e la sede della lesione, e la indole della medesima, e i dati del racconto che sarà dichiarato in atti dall'individuo incolpato. Quanto alla accidentale inoculazione o di un' ulcera o più ulceri molli o di ana blenorragia, certo (come dissi) non se ne può negare la possibilità; anzi considerando come contro siffatte forme morbose non vi abbisogni negli individui quella speciale condizione di essere stati del tutto scevri da sifilide; come vi oc- corre per incontrare una lesione sifilitica: considerando come il prodotto purulento di tali forme veneree sia più abbondante, più duraturo di quello non soglia essere il prodotto delle sifilidi; sieno pur secondarie : considerando come perfino presto si appic- chino e sviluppino sulle parti del nostro organismo e l'ulcera molle e la blenorragia: considerando come per quest'ultima basti per fino la deposizione su di una muccosa ed anco integra; fa- rebbe meraviglia come non più di frequente di quanto non si verifichi non accadano questi innocenti trasporti di simili forme. Ma come accennai, la sede più ordinaria dove tali forme mor- bose si svolgono essendo più tutelata dalle vesti ec, più difficili potranno essere i contatti accidentali. — 96 — Ed appunto per questo il perito deve tener conto di tale- difficoltà per sapersi regolare nella riconferma che la inocula- zione potè essere accidentale, regolandosi dalla sede dell'ulcera, prendendo luce dalle particolarità narrate nel fatto in specie onde dedurne un criterio di maggiore o minore probabilità. Quanto alla blenorragia uretrale poi le circostanze di acci- dentalità vanno sempre diminuendo, perchè la' sede stessa della malattia è difficile ad un'accesso casuale. — Potrà forse elevarsi il dubbio sulla diagnosi dell' indole venerea del male, potrà anco venire in questione- se quella uretrite che ha preso carattere di blenorragia anziché per coito adulterino non potesse essere generata dall'unione legittima con la propria consorte in parti- colari condizioni di secrezione utero vaginale ; ma quanto alla accidentalità sarà difficile ammetterla, meno casi remoti di pas- saggio di istrumenti nell'uretra per alcuni trattamenti curativi adoperati già intrisi di pus gonorroico contagioso, ma casi que- sti così remoti che l'occuparsene sarebbe tempo perduto. L'unico possibile che possa risquotere maggiore attenzione sarebbe quello di una oftalmia blenorragica contratta accidental- mente da un marito ovvero dalla moglie che o inoculandosela per contatto nei genitali o in qualsivoglia modo comunicata a vicenda, potesse dar luogo a dissidii gravissimi. — Ma pur questo è caso remoto. — §. 48. Laonde concludendo per la pratica medico forense è a tenersi conto della possibilità della comunicazione acciden- tale di una infezione sifilitica e di una comunicazione accidentale di una delle forme veneree — più facile la prima che la se- conda:—ed il perito prendendo conto della sede—delle condizioni individuali — dei modi con i quali si narra sieno state incon- trate — potrà regolarsi con giusto criterio per ammettere il più probabile senza esprimersi in un modo di assolutismo o nell'un caso o nell'altro. È ancora a tenersi sospeso il giudizio medico forense per la possibilità di una sifilide ereditaria tardivamente sviluppantesi, senza altra intervenienza di causa infettante acquisita nel periodo della vita estrauterina. §. 49. A me pare che dentro la soluzione del presente quesito possano ritrovarsi gli elementi opportuni alla soluzione del — 97 — IV. Quesito e cioè : se possa ritenersi che il conjuge primitivamente affetto da morbo venereo, comunque contratto, abbia potuto ignorare lo stato di infezione in cui si trovava e quindi senza colpa o dolo averlo trasmesso, da non potere esser tacciato né di sevizie né di grave ingiuria commessa verso l'altro conjuge. Una tale domanda può essere formulata nella pratica me- dico forense appunto per la stessa narrazione dell' individuo incolpato, il quale può in buona fede o dichiarare d'avere sofferto qualche morbo ai genitali in tempo più o meno re- moto prima del matrimonio, ma o non averne apprezzata la natura o la importanza o credere d'esserne del tutto guarito: ovvero anco aver contratto una malattia venerea in modo del tutto accidentale e non averne avuto sentore notevole. Si noti che per l'appunto questa possibilità risquote conferma di pro- babilità, massima per la forma iniziale della sifìlide e special- mente per la sifilide leggera, nella quale (come se ne osservano dei casi non infrequenti) l'ulcera stessa ben presto guarisce senza dare incomodi gravi o lasciare induramenti persistenti nel luogo ove si iniziò e specialmente nella donna nella quale il più delle volte dispare sollecita. Al perito in tali casi incombe soltanto il dovere di dichia- rare se la scienza ammetta questa eventualità lasciando all'ap- preziazione del Giudice il resto ed alla sua saggezza il modo di conciliare le parti dissipando ogni acerbità di risoluzione. §. 50. Con questi pochi paragrafi che ho voluto a determi- nato animo scrivere intorno ad alcune speciali cognizioni desunte dalla dottrina dei morbi venerei per essere applicate ai quesiti medico forensi più sopra accennati, non ho inteso né di rapso- diare qualche pagina di sifiliografia; d'altronde nojosissimo me- stiere pel quale non son punto tagliato; uè ho preteso di aver provveduto a tutto e a tutto bene. Ma l'ho fatto perchè in generale, i trattttisti di me'icina forense e nostrani e stra- nieri, quando siamo alle questioni che implicano la si eliografia, meno pochi e brevi cenni, se la passano liscia liscia e riman- dano in pace il porto a leggere un libro della specialità. Ma allora, g-azie tan.e del complimento, il pratico ha sempre da Filippi i — 98 - cominciare a rifar la strada per sapere cosa sia e quanto sia della dottrina dei morbi venerei che possa esser con maggior fondamento di vero e di sicuro applicato ai casi forensi. Po- trebbe essere benissimo che io non avessi fatto nulla di buono con quanto sono andato scrivendo fin qui, ma certo è che io vi ho messa tutta quella attenzione che per me si poteva mag- giore, profittando e degli studii e di quella osservazione da molti anni continuata intorno ai casi di malattie veneree. — D'altronde io non conosco (potrei sbagliare) che ancora in Italia alcuno Spe- cialista abbia dato in luce un completo, ordinato, chiaro ed autorevole trattato di sifiliografia forense, libro nel quale in correlazione con le disposizioni legislative vigenti , vi fosse raccolta ricca serie di osservazioni, di perizie, di discussioni so- stenute, di pareri medico forensi, di risoluzione dei più frequenti quesiti, libro che fosse guida, tutto sapore di pratico consiglio e di positiva utilità pel medico pratico. Non si può negare che un lavoro di tal natura non sarebbe per riuscire veramente utile, tantopiù poi se scritto da uno specialista nel quale si potrebbero per avventura cumulare due doveri e quello di fare avanzare la parte di scienza che più da vicino con singolare amore professa, e l'altro di far gustare agli altri tutto il frutto della molta espe- rienza che nella vita medico forense potesse avere acquistata pel privilegio che vien concesso agli specialisti in generale di essere i preferiti alla chiamata nel fòro. Così davvero ; e non altrimenti, si potrebbe salvaguardarsi dal temuto enciclopedismo; d'altronde insussistente; dei cultori speciali della stessa medicina legale! intervento del perito medico forense nelle questioni sulla gravidanza. §. 51. Sarebbe superfluo enumerar prima tutte le ragioni per le quali può essere interpellato il perito in tèsi di Gravi- danza, tanto che desse provengano dalle disposizioni del Codice Civile, quanto provengano da quelle del Codice penale. Un con- cetto direttivo che piuttosto a me sembra utile fissar subito per la utilità pratica, è il seguente; e cioè: che o per una ra- gione o per un'altra, il perito in tale argomento si riduce quasi — 99 — sempre a dover decidere se si simula o si dissimula una gra- vidanza. — Questa verità bene impressa nella mente, ajuta molto la condotta del perito, il quale; in definitiva; è necessario ch'egli sia un buon diagnosticatore delle condizioni diverse e molteplici in cui può trovarsi il viscere uterino tanto per ragioni fisiologiche, quanto per ragioni patologiche: ma è anco supremamente necessario che mentre si accinge a raccogliere direttamente quei segni che lo possono condurre ad una diagnosi ostetrica, tenga conto e scruti lo stato psicologico della donna soggetta ad esame, nella quale internamente s'agitano bene spesso passioni opposte ora di in- teresse morale, ora di interesse pecuniario, ora e le une e le altre, ora l'amore e l'odio e la vendetta. E tali moventi danno animo ad essa a complicare la soluzione del sempre delicato e difficile quesito di una esistente o non esistente gravidanza con l'aggiungervi o atti, o narrazioni, o apparenze, o simulazioni, o soperchierie tali e tanta combinate in modo efficace a seconda dello scopo che dessa vuol raggiungere. In ciò il perito ha da vincere maggiori difficoltà di quante ne abbia pel solito a vin- cerne 1' ostetrico; perché ò molto più raro che una donna sof- ferente e bisognosa di consiglio, voglia pensare a por fuori di strada l'uomo dell'arte chiamato a consolarla o ad aiutarla nei pericoli che le minacciano la vita, di quello che non possa avere interesse a fuorviare colui che con il suo parere può esser causa ora di contrariarla ora di favorirla. Infatti quando nella pratica forense si debba esamincire una fanciulla non anco quindicenne e per legge non unibile in matrimonio, (Art. 55 Cod. Civile) è possibile che essa dichiari d'essere stata fecondata illecitamente onde ottenere la grazia sovrana per esser nupta: ed ecco come in essa e amore ed onore ed interesse possano ardentemente contenderle nell' animo per mostrarsi e condursi in modo da esagerare i fenomeni sim- patici d'una prima fecondazione e simulare tensione di ventre e stanchezza e contrazioni muscolari ed accusare pienezza inso- lita delle mammelle e colorito più cupo dell' areola e in ogni modo persuadere chi la visita, d'essere in uno stato d' inoltrata gravidanza. —■ Così quando una donna rimasta vedova e nel bollore della rigogliosa salute, desiosa di sollecite nozze, inr — 100 — plorasse la grazia di congiungersi in nuovo vincolo, sapendo che per legge prima dei dieci mesi che debbono trascorrere dalla morte del primo marito, essa non può maritarsi senza dimostrare di non esser gravida, ( Art. 57 Cod. Civ. ) può avere tutto il desiderio di dimostrare al perito di non trovarsi in quello stato.— Del pari quando un minorenne sotto tutela, sentisse farsi opposizione al matrimonio o dal consiglio di famiglia o dagl1 ascendenti (Art. 65 Cod. Civ.) annunziasse come ragione estrema, la gravidanza esistente per sua opera nella giovane da lui amata, questa può avere vivo desiderio di essere dichiarata incinta. — E quando d'altro lato si dasse il caso che un marito implorando una se- parazione personale per avere scoperta o sospettata una gravidanza nella moglie con la (male egli si trovava nella fìsica impossibilità di ingravidarla, può esser presentata al perito una donna che abbia mille ragioni per non farsi conoscere gravida, quando invece real- mente lo fosse. —• Per la stessa ragione una donna, restando ve- dova senza figli di marito facoltoso dal quale vi potesse essere speranza di successione ereditaria, può sentir premura di tra- smettere sul capo di un nascituro l'asse paterno, ed annunziare d'essere rimasta incinta per opera del consorte defunto : — ed ecco come per tutte queste diverse ragioni, il perito possa trovarsi a fronte di un delicatissimo compito in cui spesso sono in lotta i desiderii della vedova che si crede fe- conda ed il contrasto degli eredi interessati a negare il con- cepimento od a sospettare di una simulata gravidanza o a du- bitare anco che si premediti una supposizione di parto. Si dia pure uno di quei casi di donazioni a nascituro nel supposto che l'erede sia concepito quando avvenne la morte del donatore, (Articolo 724 Cod. Civ.) la donna allora può chiedere libero possesso della cosa donata, ma gli aventi interesse a stornare il passaggio, possono dubitare di simulato concepimento, e poi di fraudolenta sapposizione d'infante e chiedere una perizia me- dica che decida esattamente il voro. E per più imperiose e gravi ragioni può il perito doversi pronunziare sullo stato di gravidanza di una donna che chiamata a comparre in giudizio per esserne esonerata, alle asse di trovarsi in uno stato interes- sante: e per più seria ragione ancora si puà presentare il mo- — 101 — mento di decidere se una donna diffamata d'illecita fecondazione Io sia o no; e se una vergine rapita e stuprata; dichiarando l'accaduta fecondazione come prova del tempo in cui fu disono- rata; abbia modo attendibile ad ottenere poi il riconoscimento di paternità e i danni e gli interessi per parte di colui che la sedusse. E molte altre occorrenze alcune delle quali esamine- remo più particolarmente in afrodisiologfa criminale, nelle quali può farsi sempre domanda se esista o no una gravidanza in donna nella quale per ragioni diverse, per scopi multipli ed opposti, o senta il desiderio di farsi credere gravida o l'opposto di non esserlo o meglio di esserlo stata. Ed ecco mi sembra a sufficienza tratteggiati i più imperiosi momenti della pratica me- dico forense in fatto di gravidanza, ecco posto così in sull'avviso il perito il quale oltre a dovere essere, come diceva, eccellente ostetrico, deve ancora addimostrarsi savissimo filosofo. Il'decidere di una esistente o non esistente gravidanza, diventa appunto tanto delicata missione per i contrarli moventi di interesse e di passioni, che per fino non manca una pagina nella letteratura medico forense nella quale si consiglia di aspettare lasciando al tempo il decidere. — Consiglio eccellente se fosse in ogni caso accettabile e onesto e umanitario e giusto; ma rifiutabile per esservi casi nei quali è doveroso (entro il possibile della scienza) pronunziarsi, richiedendolo e l'onore e il dovere e la giustizia: né sarebbe poi dignitoso ufficio lappresentare la scien- za che si dice conquistatrice di verità, con umiliarla pronuba ad una massima d'aspettazione inerte. §. 52. V è poi un' altra avvertenza pratica da tenersi in conto dal perito; e cioè: che egli è obbligato a stendere in do- cumento richiesto dal Fòro e legalmente ratificato, tutto il con- catenamento dei suoi giudizii e la conclusione che da essi può emanare. Quindi le difficoltà crescono del doppio per la ragione dei contenziosi che le parti interessate possono accampare contro 0 sopra al documento medesimo, ed i contenziosi in tale argo- mento possono essere acutissimi 0 per ragiona di offeso onore 0 per forza di individuale interesse. — A tal dovere si aggiunga il delicato momento dell'esame e dello interrogatorio periziale che è necessario fare della donna soggetto di questione; intorno al — 102 — qual punto io ricordo i principii della Deontologia medico forense i quali vogliono che mai e poi mai si coarti con fiscalismo obbro- brioso alcuno iadividao; e meno poi una donna, necessitata a farsi visitare per ricerche forensi. — Intorno a questo punto rammento a bella posta al perito esservi casi nei quali è interesse della donna a prestarsi volenterosa a dare la prova di una esistente gravi- danza; e da una troppo e quasi millantata franchezza e libe- ralità si tenga ^udentemente in guardia il pratico. — Vi sono poi casi nei quali la donna ha interesse a porre ogni ostacolo ed ogni difficoltà ai necessarii interrogatorii ed esami che possono mettere in chiaro il vero; e di tali astuzie il pratico prudente non se ne faccia inciampo a compromettere la propria dignità. V'è una persuasiva in questi ultimi casi che vien dettata dalla prudenza, dalla pratica dell' esercizio professionale, dalla cono- scenza del cuore umano, dalla filosofica potenza di un' animo elevato; e consiste nel saper toccare corde che vibrano potenti per giungere allo scopo doveroso, senza urtare la suscet- tibilità di una infelice travagliata dal dolore. È evidente infatti che se ad una donna che dissimula una gravidanza le si fa con dolcezza intendere che persistendo nella repulsa dai ri- scontri necessarii, essa non fa che Confermare i sospetti che sullo stato di lei si sono elevati; e quindi la calunnia e 1' ol- traggio prendere forma di vero; a tale argomento non vi può essere grave resistenza in donna gentile e la non vi può essere neppure per parte di colei che fosse in mala fede, perchè accortamente intenderebbe d' avere scampo nella scusa (che mai non manca) d'essersi ingannata credendo diversa- mente! — Quando il perito, nonostante ogni pacato ed esatto riscon- tro, non sia riuscito di giungere ad una attendibile conclusione e purtuttavia resti qualche fondamento di dubbio, si rammenti d'essere nel diritto e nel dovere di proporre un curatore al ventre, non solo per giungere ad un momento più opportuno di esame, ma anco nel sospetto che potesse esser possibile in quel fra mezzo un parto clandestino od una supposizione di parto. §. 53. Toccate succintamente queste poche e fondamentali •ognizioni, condurrò il perito alla soluzione dei quesiti più — 103 — frequenti e più importanti quali possonsi incontrare nella pratica, dichiarando però fin da questo momento come le indicazioni ed i precetti ch'io detterò non saranno coordinati siccome un dogmatico insegnamento di ostetricia vorrebbe, perchè oltre a tradire 1' indole della specialità medico forense, farei cosa* vana e superflua, volendosi qui considerare la condotta del pe- rito ben diversamente dal comune esercizio dell'arte ostetricia. — Non vi è compenetrazione possibile di questi due nfficii né qui né altrove; e sono veramente meschine le querimonie e le ampollosità di certuni che troppo vanitosi della loro missione, piagnucolano o sprezzano l'intervenienza del perito medico forense jn questioni ch'essi credono dover essere soltanto di loro con- petenza. — Per i bisogni del Fòro, coerentemente allo spirito delle disposizioni legislative in fatto di Gravidanza; come in altri argomenti; vuoisi dal perito mettere in evidenza criterii certi quanti e come si possono avere; le incertezza e le discetti- bilità e le presunzioni vanno lasciate nell'aula della Scuola onde al fatto in concreto non risulti meno adatto periziore forense colui che più sia profondo conoscitore di una specialità, trasformando il fòro nella cattedra e conducendo per lunghe ed inutili vie il criterio della Giustizia. In definitiva il perito forense ha il do- vere di stabilire delle prove le più certe e indubitabili e se questo può fare, s'adopri ad avanzarle; se questo non glie lo con- sente la scienza, o taccia o renunzii. Vediamo dunque quanti e quali possono essere i quesiti che possono essere avanzati in tèsi di gravidanza; quali e quanti possono essere i criterii di certezza che si possono addurre per scioglierli. §. 54. Quesito I.° — La tal donna è gravida o no — e se lo è a qual'epoca è giunta di gravidanza? Siccome il perito deve fare il Verbale, diriga efficacemente lo interrogatorio che egli deve rivolgere alla esaminanda e tenga pur conto delle ri- sposte e del contegno da essa addimostrato. A. Interrogatorio. Questo verterà sulle condizioni di pre- gressa salute e sulle condizioni attuali. — Da una donna che ha interesse a farsi credere gravida, i disturbi della nutrizione, i vomiti, le voglie, la turbe isteriche ed altri fenomeni riflessi, saranno largamente accusati, descritti ed illustrati. — Da colei che — 104 — avrà interesse a dissimulare o a dimostrare di non essere gravida, tutte le condizioni le più normali di salute saranno enumerate, avvalorate, esemplificate con raffronti, argomenti e prove. Ar- gomento principale di questa prima parte dell'interrogatorio sarà quello circa la Mestruazione. — Se una donna vuole non esser gravida dice di averla avuta sempre e regolatissima e forse anco può esser pronta a mostrarne la riprova adulterata già con gli artificii molti che sogliono adoperarsi a tale scopo. ( Ved. Manuale Simulaz. voi. I. pag. il). Il contrario può avanzare colei che abbia interesse a farsi credere gravida, precisando anzi il giorno, il mese e 1' ora, in cui cessarono gli sgorghi uterini e mai più riapparvero, unendosi contemporanei altri fenomeni indiziatori di avvenuto concepimento. Ma il perito tenga presente alla memoria: 1.° che una sospensione di mestrui può dipendere da una non piccola serie di circostanze diverse oltre quella della fecon- dazione: 2.° che una donna può non essere mai stata mestruata (e di questa verità ne ho tre esempii appurati da ogni conte- stazione) e rimanere feconda e per più volte fecondata: 3.° che vi sono donne nelle quali seguitano i flussi me- struali, esistente la gravidanza: 4.° che possono da qualche periodo di tempo ed anco non breve, esser sospesi i ripurghi uterini e la donna esser poi rimasta incinta: 5.° finalmente, che le mestruazioni possono esser simu- late.— Con tali possibilità avverate nella osservazione clinica, il perito procederà a dare il giusto valore di segno al fenomeno della mestruazione la quale o come presente o come mancante, venisse avanzato nell'interrogatorio diretto alla donna. È inutile ch'io qui rammenti il dovere di una esatta differenziale clinica fra ciò che può essere fisiologico e ciò che può essere morboso, dandosi casi nei quali alcuni momenti emorragici simulano un flusso regolare uterino. Per tali ragioni intanto il fatto della cessata o della de- corrente mestruazione, dal punto di vista medico legale, rientra — 105 — fra i segni incerti e di questi non sa che farsene il perito in simili ricerche. B. Segni diretti. È precetto generale di eseguire 1' esame della donna che si vuole conoscere se sia o no gravida, tenen- dola distesa: ma in medicina forense è poi origine di criterio diagnostico l'osservare acutamente il contegno che la donna tiene quando è invitata a coricarsi per subire l'esame diretto. E ciò perchè non è difficile che quella che ha intenzione di di- mostrare o far credere di essere incinta, cammini in modo da mettere in fuori il ventre: mentre quella che cerca di nascon- dere la gravidanza, lo metta in dentro e cammini curvandosi in avanti cuoprendosi pudicamente. All'esame diretto che in gene- rale si vuol fare in tali circostanze ci si sofferma alla maggiore o minor tumidezza del bassoventre. — Ma il perito ricordi come al principio di gravidanza tal segno possa mancare od in- vece possa esistere senza lo stato di pregnezza per altra ra- gione morbosa. — Ad ajutare la valutazione di questo fenomeno vi è la Palpazione, vi è la Percussione, operazioni delle quali tanto per il modo di farle, quanto pei i criterii che possono dare, non debbo io trattare qui particolarmente. Accenno soltanto che non vanno tralasciati per appurare quanto valore di segno si possa o si debba dare al fenomeno « tumidezza » del basso ventre nel caso in termini. Esaminando il bassoventre si può alcune volte apprezzare dal perito una colorazione pigmentaria, nerognola, lungo la linea alba, fenomeno indicato da alcuni come segno di avvenuto con- cepimento. —■ Ma ricordo al perito come questo segno oltre a poter mancare, sarebbe poi utilizzabile soltanto al periodo del 4.° o 5.° mese di gestazione; in un periodo dunque in cui già altri segni più certi possono essere presenti. Delle Mammelle il perito può prendere in esame il volume, o meglio l'aumento di volume che la donna stessa accusa: — ed oltre a ciò il co- lore più cupo dell' area intorno al capezzolo, e la particolare secrezione che da questo può fuoriuscire. — Ma il perito pri- ma di correre a dar giudizio affermativo della gravidanza in que- sti casi, ricordi esservi molti fatti nei quali tutti questi can- giamenti nelle mammelle possono dipendere da altra ragione — 106 — morbosa intrauterina, sema esservi gravidanza normale: —■ l'e- same microscopico di quel liquido secreto dalla gianduia mam- maria, darà qualche indizio né io voglio fermarmi sopra tali cognizioni elementari. Per mezzo del Tatto facendo il riscontro digitale nella va- gina e per la via dell'ano, possono ricavarsi alcuni segni comu- nemente noti. Dal punto di vista medico forense il perito ri- cordi: 1.° Che quanto ai fenomeni ottenibili da tali riscontri (cioè quanto al calore vaginale, alla forma del collo, alla con- sistenza di esso, alla direzione ec) sono fatti che da se soli non hanno alcun valore positivo e potrebbero alcuni di essi o tutti ancora, essere generati da condizioni morbose, od essere resultato non di una condizione presente ma di modificazioni indotte da precedenti gravidanze. 2.° Che quanto al fenomeno così detto del ballottamento (che pure per mezzo del tatto si raccoglie) è fenomeno che dice soltanto come un corpo più o meno solido balzi entro un liquido contenuto nell'utero. — Ma può quel corpo non essere un feto: può questo fenomeno mancare quando vi fossero più feti entro l'utero, ed esservi poca quantità di liquido; o la inserzione della placenta sul collo impedire che venga trasmessa la sensazione del- l'urto al dito esploratore. Può poi mancare il fenomeno ed esservi una gravidanza estra uterina; ed infine, quando il ballottamento avviene nelle condizioni le più favorevoli, è sempre un fenomeno che ha le condizioni di sua origine nel 4.° o 5.° mese di gesta- zione e perciò in un momento in cui potrebbe essere di secon- daria importanza. 3.° Che quanto ai moti attivi del feto sono pur questi un fenomeno incostante, potendo mancare ed esservi il feto, potendo mancare per essere questo morto e possono essere simulati da contrazioni brusche dei muscoli del basso ventre: infine essi cominciano soltanto al 5.* 6.° 7.° mese di gravidanza, dunque in un periodo inoltrato e diagnosticabile forse da più sicuro segno. Per mezzo dell'Udito, può raccogliere il perito dei fenomeni che hanno il più sicuro valore di segno di gravidanza avendo però avvertenza a ricordare: — 107 — 1.° Che quanto ai battiti del cuore fetale, sebbene pos- sano essere avvertibili al quinto mese, pare se esistesse molto liquido amniotico non verrebbero trasmessi all'orecchio e perciò si cadrebbe nell'errore di negare una gravidanza esistente: po- trebbe il feto essere in una posizione entro l'utero da non tra- smettere facilmente o apprezzabilmente all'orecchio il rumore dei battiti, e perciò negarsi una gravidanza d'altronde esistente: potrebbero infine mancare o perchè debole il feto o perchè malato o perchè morto. 2." Che quanto al soffio placenta}e o uterino, è fenomeno che apparisce in un tempo assai incerto, più spesso al 5.° o 6.° mese: è un fenomeno che può essere ugualmente prodotto da tumori ovarici che comprimano dei vasi: e può essere anco generato da tumori vascolarizzati intrauterini od anco periu- terini. Dopo tutte le quali restrizioni che il pratico farà nel rac- cogliere e valutare i diversi fenomeni che possono riscontrarsi sopra la donna soggetto di questione, dee anco tener presente alla mente le circostanze diverse di condizioni patologiche della gravidanza; come sarebbe il possibile'di quella così detta inter- stizia'e che si svolge nelle pareti dell' utero: della gravidanza tubaria, della addominale e della ovarica; tutti, avvenimenti morbosi assai complicati, a diagnosticare i quali vi abbisogna molta e molta sagacita; potendo avvenire lo svolgimento del- l' uovo fuori della cavità uterina e mancare così quelle modi- ficazioni più solite e più palesi che sogliono accompagnare un avvenuto concepimento intrauterino. Per tutte le quali considerazioni, quando il perito è chia- mato a rispondere ad un tale quesito, terminato l'interrogatorio della donna, compiuti gli esami diretti su di essa per mezzo della vista, del tatto e dell'udito, e bene valutato quanti e quali sieno i fenomeni che nel caso in termini possono meritarsi il nome di segni, si riduce a potere concludere esistente gravidanza soltanto quando si cumuli all'esame diretto: 1.° il rumore di soffio placentale: 2.° la esistenza di palpiti cardiaci del feto asincroni a quelli della madre: (120-130 al minuto primo). — 108 — 3.° i moti attivi del feto stesso; i tre segni valevoli a pronunziare il giudizio di esistente gravidanza, giudizio che non dovrà portare seco alcuna ragione di presunzione scientifica ma solo gli argomenti fondati sopra la certa e cerziorabile riprova del vero. — Tutte le altre soluzioni possono avere una con- siderazione giustissima in faccia alla scienza, ma in faccia al fòro hanno quella della incertezza o della incompletezza e perciò non sodisfacenti. §. 55. Ecco dunque per questi brevi tocchi accennato come debba procedere il perito anco nell'esame diretto; cioè mirare a porre in essere i segni che possono avere carattere di prova dimo- strativa, i soli attendibili dal fòro, passarli alla trafila della cri- tica la più coscienziosa e severa, e quando da tale esame al- cuno di essi o tutti insieme resultino evidenti, allora soltanto esprimere un giudizio esplicito. — Tutto il resto intessuto di se e di ma, di riserve e di mistero, non vai nulla, assolutamente nulla in causa medico forense, e più giova allora dichiarare di non potere in quel momento sciogliere il quesito. E quest' ul- tima determinazione è utilissima quando si incontri uno di quei casi (sebbene rari) nei quali pure potendo la donna essere gra- vida, i fenomeni certi anco per un tempo assai inoltrato non si fanno palesi o apprezzabili né alla donna stessa né al medico che la esplorò con la massima attenzione. Ora in simili casi nei quali pure qualche seguo indiretto vi potrebbe essere, la recisa negazione potrebbe venire smentita dal parto ed esporre il pe- rito a forti critiche quando per tempo non avesse avuta la sa- gacia di chiedere una sospensiva alla pronunziazione del parere medesimo. — Talché resta sempre più stabilito essere meglio star fermi ai dati di fatto palpabili e indubbj per dichiarare nella mancanza di questi (meno la esistenza dei negativi assoluti) non essere possibile avanzare in quel momento una opinione decisiva. §. 56. Se è gravida da quanto tempo lo è? Questa seconda parte del primi) quesito prende perciò in medicina forense una semplicità fortissima ad essere sciolto; per- chè fino al quarto mese dal concepimento non si hanno che fe- nomeni incerti; ora con un criterio di incertezza non si può — 109 — rispondere al Fóro nulla di attendibile, per cui il periodo a cui può esser giunta la gravidanza diventa soltanto dichiarabile dal perito dal decorso del 4° mese in poi, ossia da quel momento in cui si può accertare la esistenza dei moti attivi del feto, e dei battiti cardiaci, come segni sovranamente certi. — I periodi successivi di evoluzione organogenica del prodotto del concepi- mento, verificati i fenomeni di certezza qui sopra indicati, sono di minor difficoltà ad essere valutati ed a ciò fare le comuni co- gnizioni della ostetricia sono sufficienti per guidare il pratico in simile ricerca, mantenendo sempre quella riserva d; approssima- zione necessaria in così delicati giudizii. Così per comodità del pratico rammenterò brevemente come verso la fine del 4.° mese l'utero occupi la metà dello spazio fra il pube e l'ombellico: — al riscontro digitale, il collo sia rammollito nel suo contorno ed alquanto risalito: — il ballottamento del feto, sia sensibile. Fra il 4.° e 5.° mese, oltre a questi segni, possono essere palesi ed i battiti cardiaci fetali ed i moti attivi del feto. Al passaggio dal 5.° al 6.° mese e sparita la depressione della cicatrice ombel- licale, il corpo uterino si sente un dito traverso al di sótto del- l'ombellico per salire al di sopra di esso alla fine del 6.°: — a tale epoca palpando il ventre, è dato il più delle volte distinguere i rilievi delle parti fetali persistendo ed anzi aumentandosi i segni positivi più sopra indicati. — Al 7.° mese l'utero sorpassa di buone quattro dita trasverse l'ombellico; ed è verso l'8.° mese che facendosi anco più marcati gli altri segni, diminuisce il senso di ballottamento: — al 9.° mese poi tutti i segni positivi e certi- ficabili aumentano in modo da facilitare molto la diagnosi. Ve- dremo a suo luogo quando e come per alcune urgenze forensi il perito debba cercare di precisare al massimo possibile di rigore, il periodo di tempo in cui può essere avvenuta la feconda- zione. — §. 57. Ma prima di lasciare l'argomento della diagnosi della esistente o non esistente gravidanza io sento il dovere di consegnare al pratico una avvertenza che' sarà per rifondargli a molta utilità e potrebbe salvarlo da rilasciare alla Giustizia un documento che potesse esser dannoso altrui e per la di lui fama scien- tifica compromittente. Raccomando cioè che prima d; seri- — 110 — vere una relazione dichiarativa un giudizio favorevole ad am- mettere esistente la gravidanza, il perito si faccia sempre questa obiezione cioè: ma potrebbe mai darsi che vi fosse in questa donna una falsa gravidanza? E si noti bea-! che un tal quesito oltre ad essere sempre utile per non sentir rimorso di aver ceduto ad apparenze ingannevoli, è argomento opportunissimo a mostrare quanta accuratezza e circospezione si debbano adope- rare in missione così delicata, è quesito anzi che serve alcune volte ad intendere direttamente casi nei quali può per parte della donna esistere la maggior buona fede possibile. — Ed eccone alcuni esempii che lo dimostrano. — Può darsi in verità che una ragazza di ìllibatissima condotta, o per l'avvenenza sua, o per certe combinazioni sociali affatto innocenti, o per una tal quale vivacità ad apertura di carattere, attiri gli sguardi di molti e per causa morbosa sopraggiuntale nel bassoventre, mostri una insolita grossezza ed un particolare andamento nel camminare ed una espressione nel volto da dare calunniosamente appiglio a crederla incinta. — Può correre perfino la somiglianza di tale aspetto a tal grado da lanciare un' accusa di illegittima gra- vidanza come prova d'adulterio, contro donna di costumi onesta; e potrebbe pure avvenire che alcuna donna si credesse in buo- nissima fede gravida e tanto tenesse profonda questa opinione che rimanendo vedova, accampasse diritti a successione eredi- taria. La possibilità di una falsa gravidanza nella pratica civile è innegabilmente verificabile, ed io stesso ne ho osservati nel mio ventenne periodo di esercizio tre casi evidentissimi, tanto evidenti che marito, medico, levatrice, parenti, tutti, con quella premurosa previdenza che in simili condizioni si suole spiegare attorno alla gravida; preparavano le cose opportune al parto: ma poi o con fuoriuscita di abbondante liquido siero albuminoso o leggermente sanguinolento dall'utero, o invece con enterorragìa, dileguarsi ogni apparato e la donna tornare liber.i e pronta alle consuete occupazioni. Niuna cagione (è vero) di dubbio o contestazione suole insorgere in questi ca ,i che poi, per quello inaspettato scioglimento giudicandosi, so. prendono, e da ciò la ragionevole obiezione che l'arte non gli a -,-va scrutati con tutta quella sottile disamina da intenderne 1' h< ; .>le. — Ma dato ap- — Ili — punto il possibile che quei medesimi fatti o consimili possano doventare soggetto di questione medico forense, ecco ii dovere del perito a circondarsi di tutte qaante le riserve che se non valgono sempre a formulare un giulizio certo, valgono però ad avanzarne almeno uno sospensivo e ciò è già molto e per uti- lità della Giustizia e per l'onore della professione medica. Così la pura ed immacolata giovane può per il prudente giudizio della scienza, riacquistare nella società quella aureola di candore verginale che per apparenza morbosa le maligne voci tentarono d'offuscare; e la sposa innocente riottenere l'amplesso affettuoso dell'irato consorte, e dileguarsi la grave accusa dell'adulterio, e nella vedova cessare le infondate pretese che essa in buona fede moveva a tutelare l'avvenire del figlio nascituro, credendo d'a- verlo concepito. §. 58. Al perito non debbo qui aprire una o più pagine di ana- tomia patologica o di ginecologia perchè è in medicina forense sottointeso sempre il perfetto conoscimento di quelle due parti dello scibile medico, ma per comodo dì memoria succintamente toccherò alcune più comuni condizioni che potrebbero da vicino ingannare e dirò il criterio differenziale opportuno ad essere invocato. — Vi sono ad esempio i miomi uterini interstiziali cioè delle pareti muscolari, i quali tumoretti crescendo e mol- tiplicandosi nel corpo stesso dell' utero, possono destare certi fenomeni morbosi riflessi da mentire i primordii d'una gravi- danza e dare aumento del viscere uterino, e destare nell' utero stesso alcuni contraimenti quasi moti fetali, ed alla palpazione sentirli come parti rilevanti d' un feto che si muove e dare senso di soffio vascolare per la compressione che queste neo- formazioni possono fare su qualche vaso di calibro, e dare edema agli arti superiori e produrre varicosità, dare sospen- sione di mestruazione e aumenti di mammelle e ipersecrezione glandulare.... insomma tutto un'insieme di fenomeni da trarre lì per lì in inganno il pratico, specialmente se 1' esame del perito sorprendesse il fatto in uno di quei momenti di mas- simo sviluppo di simili parvenze. — Ma tutto ciò ha egli mai quel regolare e progressivo andamento dei fenomeni normale o se abbia partorito una o più volte — se abbia potuto partorire senza sapere che dessa com- pieva un' atto così speciale credendo invece di compiere una co- mune funzione corporea:— o se abbia potuto partorire senza aver coscienza di una simile funzione ec, — sono ricerche di natura diversa che in parte possono dipendere da alcune dispo- sizioni del Codice Civile, altre ; e forse le più frequenti; dal Codice Penale. — Così; il figlio abbandonato (Cap. V, Art. 352, Cod. Pen.), o chi per esso che reclamasse con la legittimità della nascita il suo stato civile che crede perduto o in seguito a soppressione od a supposizione od a sostituzione di parto, può sperare che venendo sottoposta a visita medica la donna che nega o afferma di essergli madre, si possa chiarire Vav- venuto parto e da quanto tempo possa essersi verificato. Questo fatto una volta cerziorato, può fornire un'elemento di prova uni- tamente ad altre per rintracciare il vero ed assicurare i diritti civili. — Può essere interpellato il perito in questioni di parto, — 145 — quando si voglia stabilire la ricognizione della paternità in caso di ratto (Cod. Civ. Art. 189) allorché la donna rapita rimanendo incinta, nella speianza di un valido matrimonio, per tutelare l'onore abbia tenuta per un tempo celata la gravidanza ed il parto. Se il rapitore ricusasse il matrimonio, la donna potrebbe intentar causa contro di lui per la compensazione dei danni e pregiudizii sofferti dal tradimento e avrebbe tutta la premura di assicurare lo stato civile al figlio naturale, quindi necessità di provare la verità dell'avvenuto parto quando die alla luce quel prodotto di concepimento in lei ingenerato dal rapitore nella convivenza passata dopo il ratto.—Un marito può avan- zare querela criminale di adulterio basandosi sull'avvenuto parto e della esistenza più o meno lontana di uno stato di puerperio, o di nascondimento di parto, e talora di abbandono o di espo- sizione del neonato. — L'autorità giudiziaria può in caso sospetto di aborto criminoso desiderare la prova se la donna incolpata abbia o non abbia partorito o sia in uno stato più o meno avan- zato di puerperio. Così quando una donna indiziata di aver com- messo un'infanticidio e negasse di aver partorito o almeno ne- gasse di aver partorito in quell' epoca alla quale si riferisce la nascita dell' ucciso neonato, è necessario venga sottoposta alla visita del perito medico onde verificare se in essa esistano i segni di parturizione.— Si danno poi altre circostanze nella vita profes- sionale nelle quali può essere avanzato il medesimo quesito: ma qué- ste muovono da ben differenti ragioni, come ad esempio quando si vuol sapere se per lamenti avanzati all'Autorità municipale per far cessare o sospendere alcuni lavori o certe operazioni dan- nose alla salute di una donna che si dice partoriente o puerpera questa lo sia realmente, o quando si dovesser fare dalla Polizia sequestri o arresti presso una donna che si dice soprapparto o puerpera lo sia realmente ec. §. 57. Prima di andar'oltre mi preme precisare alcune cognizioni di linguaggio giuridico che saranno di molta utilità al perito, essendomi accorto; qualche volta ; che da alcuni non troppo familiarizzati a questo genere di studii, si fa nel linguag- gio usuale una confusione non tanto leggier?. Quando si dice esposizione ed abbandono v: iute (Art. 352, Filippi 10 — 146 — Cod. Pen.), s'intendono due fatti diversi e che possono avere intenzione e scopo digerente. — Si può cioè esporre ed abban- donare una creatura impotente col fine di dargli morte, com- mettendo cosi un'omicidio per il mezzo della esposizione la quale contiene o può contenere l'intenzione d'ucciderlo. — Tale inten- zionalità resulta dallo esporre abbandonato un'infante in luogo di solitudine, remoto, in cruda stagione, di notte ec. — In tali circostanze il reato si trasforma in omicidio od in infanticidio. Ma si può esporre l'infante abbandonandolo non per fine di uccider- lo, ma col fine sempre pravo di liberarsi dalle cure di una crea- tura impotente o per distruggere le tracce dei rapporti dell'in- fante con una data persona. Se in questo caso ne accadesse la morte o un danno corporale, potrebbe parlarsi o di omicidio preterintenzionale odi lesione colposa.— Può abbandonarsi un infante col fine di togliergli e nome e diritti patrimoniali che gli pervenissero da una data famiglia e sarebbe allora una sop- pressione di stato. È evidente come per tali circostanze il do- vere del perito medico sia quello di porre in chiaro quale sia stato e quanto il danno risentito dal neonato o se morì, pro- vare che realmente le cause morbifere incontrate furono vera- mente quelle le mortali, s intende bene avendo precedentemente provato che il neonato aveva goduta la vita. Si dice poi soppressione o meglio occultazione di parto quando si allontana il neonato che potrebbe essere prova di il- legittima fecondazione o di adulterio. — In tale fatto si priva il neonato solo dello stato civile senza intenzione di togliergli la vita, anzi si può occultare per carpire una successione o per cuoprire un fallo affidando la creatura a qualche persona amica che sotto mentito nome lo educhi. Si dice sostituzione di parto quando si pone un'infante in luogo di un'altro: così una balia può ad insaputa dei genitori cambiare il neonato: ovvero i genitori stessi desiderosi di avere per esempio un maschio lo cambiano con una femmina; ovvero si cambia un bambino sano con un malaticcio od uno deforme con altro robusto e ben formato : ovvero quando donne che hanno o per vedovanza o per altre ragioni interesse a carpire eredità, a proprio bambino morto, ne sostituiscono uno vivente. — 147 — Si dice supposizione di parto quando o donne vedove o donne sterili per privare i collaterali dei diritti di successione, prendono un bastardo od un bambino altrui e Io fanno passar per proprio. — Così una ragazza per costringere l'amante a spo- sarla potrebbe supporre un parto come già il Capuron ne refe- risce un caso. Si dice rapimento d'infante quando una donna nubile volendo costringere un'uomo a sposarla finge una gravidanza e per coo- nestarla ruba un'infante che lo dice suo, mentre in pari tempo viene a privare quell'infante del suo vero stato civile e lede i diritti dei genitori =»= Il Klein ne riferisce un'importantissimo esempio. Ma o s;a 1' una cosa o l'altra il quesito che sempre può essere avanzato al pratico è in definitiva quello di esaminare e decidere se realmente quella tal donna abbia partorito e avendo partorito se quello che viene presentato sia veramente il neo- nato da essa dato in luce. §. 58. Quesito I. Ha partorito la tal donna? 11 perito tenga ben fermo come in medicina legale occorra an- dar sempre diritti a mettere in essere i segni più positivi che possano dare (per quanto è umanamente possibile) prove dimo- strabili dell'asserto avanzato a sciogliere una data questione. Nell'argomento presente si possono incontrare cangiamenti di condizioni per ogni singolo caso tanto che provengano dalla donna stessa, o dalle condizioni organiche del feto e daU' epoca della gestazione. — Si possono dare parti precoci, e aborti, ed espulsioni di prodotti morbosi che non furono prodotto di vero concepimento e che pure per la loro natura e per il loro volume possono alla uscita dall'utero destar fenomeni da assomigliarsi molto ai fatti che acccadono per la naturale espulsione. Avvertito di ciò , il perito ricercherà e metterà in chiaro per prima cosa se esistano o no i segni generali i più consueti a verificarsi nella donna di recente puerpera e desumibili a) dalla pigmentazione caratteristica nella faccia delle gravide; b) dalla co- lorazione bruna della linea alba; e) dalle esistenti vergature viola- cee del ventre e delle regioni anteriori e superiori delle coscie; d) dallo sviluppo straordinario delle mammelle e dall'accentuazione — 148 — della rete venosa; e) dalla colorazione bruna dell'area del capez- zolo; f) dalla secrezione densa lattescente della gianduia mamma- ria; g) dalla speciale e caratteristica andatura della donna di re- cente partoriente; h) dalla esistenza dell'edema alle estremità in- feriori , dalla debolezza ; i) dall' abbattimento e dal pallore quali segni d'anemia indotta dalla perdita del sangue, e da quello stato di turbamento morale d'un parto clandestino. — Riflet- tendo però il perito come tutti questi fenomeni non essendo e non potendo essere del tutto proprii od esclusivi del parto me- desimo , non sarà prudenza concludere che per la sola enume- razione di alcuni o di tutti fra essi si possa essere ancora in diritto ad inferirne una conclusione. Più direttamente il perito dovrà guardare: 1.° allo stato dei genitali esterni ed interni, essendoché pel travaglio del parto la vulva resti beante : le grandi e piccole labbra si mostrino tumefatte : le pieghe vaginali subìscauo una distensione maggiore e minore, ma pur sempre una disposizione insolita a quanto si vede in condizioni ordinarie. — Dovrà guar- dare allo stato della forchetta la quale potrebbe essere stata lacerata e specialmente nelle primipare, o se esistendo una cica- trice questa sia o no recente : — alle condizioni del perineo, il quale può essere stato rotto e specialmente nelle primipare o quando specialmente il parto fu clandestino e alquanto difficile: 2.° allo scolo sanguinolento che suole avvenire dai geni- tali quando il parto fosse recente, corroborando questo esame del soccorso del microscopio per chiarire se sia sangue di se- crezione mestruale ovvero sangue uscente dalle pt.rti per uno di quegli artifici di simulazione già dichiarati a pag. 17, V. 1° di questa Biblioteca. Per un'esame macroscopico o di prima veduta, il sangue scolante dai genitali dopo subito il parto ha dei coaguli, è abbondante:—non così apparirebbe quello della me- struazione né facile sarebbe simularlo così con sangue preso da animale inferiore. All'esame microscopico si avrebbero come pro- prii segni della secrezione sanguinolenta lochiale dei primi mo- menti, un sangue ricco di leucociti dando una proporzione del 5 per 100 sui globuli rossi: — cellule epiteliali pavimentose della vagina ed alcune sferoidali, cilindriche. Nel decorrere del tempo — 149 — (4-5 giorni) apparirebbero delle granulazioni molecolari grigie e poi maggiormente abbondanti i leucociti i quali facendosi gra- nulosi (al 6° 7° giorno) darebbero quell'aspetto puriforme dotato di quello speciale odore nauseabondo del liquido lochiale del puer- perio, liquido nel quale si troverebbero prevalenti e le cellule epiteliali cilindriche e alcuni granuli grassosi e qualche raro globulo rosso. Una avvertenza pratica da tenersi in conto si è quella di portare attenzione o sulla possibile mancanza o scarsezza o soppressione dei lochii ovvero della presenza di uno scolo uterino vaginale che potesse dipendere da causa morbosa. E evidente che in tali casi il perito dovrà essere oculato a considerare tutto l'insieme degli altri fatti per de- cidere se preponderasser quelli che gli darebbero ragione ad ammettere piuttosto il fatto del puerperio anziché l'esistenza di un morbo dell'utero: 3.° la presenza della secrezione del latte, certificarle dal- l'esame microscopico.— Prima che sia formato il vero latte è noto come si abbia dalla mammella della puerpera il colostro, liquido giallo, vischioso, a reazione alcalina, formato da globuli agglomerati, da corpi granulosi e da gocciolette oleaginose, che al 4°-5" giorno dal parto prende veramente le caratteristiche del latte che va semprepiù formandosi al 10m0 giorno non presen- tando più al microscopio le granulazioni né le gocciolette oleose del colostro, ma veri e proprii globuli sferici, regolari, splen- denti. Gli studii del Donne fino dal 1844 e quelli del nostro Prof. F. Pacini e del Tourdes o Morel intorno a tale argomento sono stati alacremente spinti fino a cercare di stabilire anco un rap- porto di tempo fra il momento del parto e le successive fasi di modificazioni nella composizione istologica e chimiva di tale secrezione. E in verità ripetendo tale osservazioni mi sono per- suaso che se tutto procede con una regolarità fisiologica i due estremi indicati dal Donne il primo cioè che al 10m0 giorno del travaglio il latte non contiene più granulazioni né gocciolette oleose di colostro e che al ventiquattresimo circa, il latte è for- mato completamente da globuli sferici, regolari, lucenti, sono due dati che hanno del vero e perciò mi sembrano attendibili Ma il perito tenga bene in mente che in medicina legale il più — 150 — delle volte si hanno ad ossservare donne nelle quali il perturba- mento fisico e morale è potentissimo e per di più donne nelle quali il più delle volte v' ha tutto l'interesse a disturbare l'an- damento naturale fisiologico dei fatti e finalmente donne sulle quali l'allattamento, nel più dei casi, non si continua; e quindi arresto o perturbamento di una secrezione che io non nego che pj'ocedendo regolarmente secondo il comune andamento potrebbe dare qualche indizio. Niun dubbio poi che anco tale secrezione o possa mancare o invece verificarsi in certe condizioni morbose dell' utero , ma al solito, il perito non può fidarsi su queste solo fatto per de- cidersi ad un giudizio serio come quello di dichiarare se una donna abbia partorito, ma gli abbisogni tutto il fascio degli al- tri argomenti per fargli emettere un parere più prossimo al vero. 4.° II riscontro digitale del collo dell'utero potrà aggiungere a tutti gli altri criterii anco quello relativo allo stato dell'ap- parecchio genitale uterino e tutti i pratici sanno come dopo un parto recente il collo uterino si senta molle, dilatato, avvicinato alla vulva con le labbra gonfie, lacerate in più punti e sensibili alquanto alla pressione che il dito esploratore vi faccia. 5.° Sarebbe poi forte argomento di prova pel perito la fortumata combinazione di raccogliere alcuni frustoli di tessuto placentare prominenti dalla cavità uterina di recente aperta e così con il microscopio constatare un fatto che sarebbe signifi- cantissimo. Sarebbero poi di efficace prova ancora i seguenti dati e cioè: I.° l'esame del prodotto del concepimento e dei suoi an- nessi: 2.° l'esame dei panni o della biancheria requisita presso la donna, onde vedere se macchie o chiazze di liquido amnio- tico o di sostanza sebacea o di mercurio esistessero. — Intorno alla quale possibilità ricordo al perito come debba essere bene attento a serbare tali elomenti probabitivi per sottoporli a prova chimica e microscopica, sapendosi che il liquido ammiotico con- tenendo albumina e dei sali e particolarmente del cloruro di — 151 — sodio, od alla prova del calore o dell'acido nitrico la soluzione riveli l' albumina normalmente contenuta, e col nitrato d'argento dia un precipitato bianco caseoso. E quanto alla sostanza seba- cea, proveniente dallo smegma cutaneo del feto l'esame al mi- croscopio mostri l'esistenza delle cellule epiteliali degenerate in grasso; e quanto poi alle macchie di meconio dopo la macera- zione subita nell'acqua distillata si ottenga con l'acido nitrico la nota colorazione rubea per l'incontro della biliverdina. Io ho verificato questo saggio chimico e me ne sono trovato assai con- tento dichiarando però che forse per la poca quantità della ma- teria colorante della bile che poteva esistere nel meconio esa- minato in più feti la colorazione era sempre di un color roseo chiaro non mai di denso colore rosso sangue anco adoperando l'acido in eccesso. Quando fosse possibile aggruppare in un caso tutti fra loro combinati e regolarmente corrispondenti questi dati, certo è che la soluzione del quesito riuscirebbe la più convincente che si potesse desiderare, ma in verità tenga ben mente il perito come nel fatto pratico questa non sia la più frequente circostanza. E ciò resulta facile ad accadere pensando come la occorrenza di tale ricerca dipenda il più spesso da avvenimenti che potendo includere una azione disonesta o per una ragione o per l'altra si cerchi di tenerli occulti e anco quando per diverso modo vengano scoperti e denunziati vi occorra sempre un certo spaiio di tempo indi- spensabile a che gli ufficii della autorità inquirente promovano le indagini giudiziarie. Quindi corrono dei giorni, durante i quali le persone che possono credersi coinvolte nel fatto per diversi modi cercano di diminuire o sperdere gli elementi della prova e rendano semprepiù difficile il compito del perito. Tantoché in verità è a indicarsi come per il resultato della esperienza pratica di coloro 'me spesero la vita in occupazioni simili, si abbia la confessione che nel maggior numero dei casi ed a circostanze comuni, il periodo di tempo dentro al quale possa mai riuscire evidentemente dimostrabile la verità di un accaduto parto sia compreso fra l'ottavo e deeimo giorno, spazio di tempo nel quale è sempre sperabile di avere tuttora effica- cemente probativi il maggior numero di quei fenomeni che — 152 — danno diritto ad assicurare alla Giustizia come un parto sia av- venuto.— Da questo termine in poi, si comincia ad entrare nel campo delle dubitanze e quindi necessaria una grande prudenza per parte del pratico ad emettere un giudizio che potrebbe di- venire fondamento principale ad un processo gravissimo. Tali principii moderatori della pratica medico forense già erano stati indicati dallo Zacchfa fino da quando scriveva « come i segni « più cospicui a dichiarare l'avvenuto parto si possano verificare « nei primi dieci giorni, molto meno cospicui nei dieci succes- « sivi e molto meno ancora nei susseguente tempo fino ai qua- « rauta ». §. 59. Quesito 11°. Se tal donna ha partorito da quanto tempo può aver partorito ? Il pratico ha già intese le difficoltà che esistono a sciogliere questa domanda, la quale può venire opportuna specialmente nelle imputazioni di infanticidio e nelle cause di sostituzione di parto. Questa è una difficilissima ricerca per la quale bene spesso il perito coscienzioso è costretto a dichiararsi impotente, perchè considerando quanto possano riuscire vaghe le notizie raccolte sullo stato antecedente della salute della donna, quanto possano essere alcune volte difficilmente precisabili i fenomeni che accompagnarono il presunto atto di parturizione in colei che perchè imputata avrà tutto l'interesse a dissimulare, calcolando quanto anco sieno fallaci i criterii desunti dal periodo delle mestruazioni ; quanto di incerta valutazione quei fenomeni deri- vabili dall'aumento del ventre o delle mammelle, si intende chia- ramente come il perito poco potrebbe affidarsi a simili argo- menti. Né è da ripromettersi maggiore efficacia dall'esame diretto, quando massimamente trascorso del tempo e più particolarmente i dieci dodici giorni, si volesse concludere qualche cosa di pro- babile perchè ei segni obiettivi di contusione, distensione, ede- ma delle parti, rilasciamento o turgidezza del corpo uterino, stato del collo, della vagina, secrezione lochiate, possono essere di tanto o modificate o sparite da restare molto perplessi ad avan- zare giudizio — Parere che diverrebbe poi ancor più difficile (e — 153 — a dir vero il più volte è così) quando si avesse ad esaminare una donna giovane, robusta, fresca, la quale prima non essendo stata madre, ed avendo avuto un parto sollecito , con sviluppo moderato del feto, ovvero non giunto a completa maturazione od anche abortivo; da lasciare perfino (sebbene raramente) intatto l'imene; dato che questo avesse naturalmente la forma circolare o annulare tutto fosse già rientrato nell'ordine fisiologico con una certa sollecitudine ajutata dalle premure efficaci a cancellare quanto più si poteva anco gli indizii più remoti. Inversamente poi il perito potrebbe trovare difficoltà quando la donna da esami- narsi fosse stata molte volte madre e di non buona costitu- zione fisica per cui si confonderebbero segni o traccie di mul- tipli travagli e slargameuto di parti genitali e secrezioni morbose più o meno recenti o antiche o insomma tale una coin- cidenza di possibili da non poter aver modo di trarne fuori un giudizio attendibile dal fòro. Per tali ragioni 'tutte cumulate si può stabilire esser tanto più difficile indicare da quanto tempo abbia partorito una donna in ragion diretta del maggior periodo di tempo trascorso dal presunto parto. Per cui la condotta pratica da tenersi in tale circostanza è affatto desumibile dalla saggezza ed esperienza ed oculatezza del perito al quale premendo né di essere ingannato né di precipi- tare un giudizio così grave, metterà in opra tutte le risorse della scienza e della pratica ad appurare con premura quali sieno in realtà le vere condizioni della donna in esame. Debbo qui avvertire il perito come i due quesiti fino ad ora esaminati, po- trebbero essergli posti anco nel caso di avere la donna cadavere ed allora il modo di condursi lo troverà dichiarato nel II0 Vo- lume di questa Biblioteca al §. 90, pag. li9. Se il parto è re- cente per mezzo della necroscopia è anco più facile deciderlo e per lo stato della sinfisi pubica, mobile più dell'ordinario; per lo stato della muccosa uterina arrossata, molle, sanguinolenta, con residui di caduca e nell'utero evidente il segno dell'inser- zione e distacco della placenta ec. : —• di più le fibre muscolari dell'utero avranno acquistato un'aumento verificabile al micro- scopio da 5/100 di millimetro a 7 ec, tutte le altre modificazioni — 154 — comunemente e facilmente riconoscibili sezionando il cadavere di donna di fresco puerpera. §. 60. Quesito 111°. Può una donna partorire senz'ac- corgersene? A tal questione si prepari frequente il perito e vi si prepari con quella calma d'animo che viene dalla non superficiale co- noscenza della medicina legale. Pur troppo dissi è frequente que- sito e pur troppo può prendere veste di scusa avanzata a difesa in particolar modo dalle imputate di infanticidio. La condotta prudente da tenersi è quella di non disdegnare in tèsi generale, che la possibilità di un tale avvenimento può avere giustissimo fondamento scientifico. È evidente che come si è al §. 61 della gravidanza ammessa la possibilità; sotto certe date speciali condizioni o naturali o provocate; che possa avve- nire l'atto della fecondazione senza il consentimento o senza che la donna che fu passiva ne avesse conoscenza, così può avvenire che lo stesso occorra per il fatto della parturizione. Ma appunto per questa uniformità di concetto, il perito dovrà prendere in esatta valutazione quali e quante sieno le circostanze speciali del fatto in particolare onde prepararsi a decidere la que- stione. Ricercherà allora 1°: se nella donna vi potessero esser cause morbose o spontanee o procurate che la rendessero insensibile al travaglio del parto : 2°: se in essa vi potessero mai esistere circostanze tali di alterata mente da intendere come essa non si rendesse consapevole del fatto che in lei succedeva: 3°: se esistendo pure nella donna sanità fisica o morale pur nonostante si potesse intendere possibile e probabile il fatto avvenuto per circostanze tutte speciali. Quanto al 1° gruppo si è assicurato essere possibile che una donna partorisca senza accorgersene: a) in stato di coma b) in stato di narcotismo e) in stato di morte apparente per catalepsi d) in stato di apoplessia e) in stato di sonnambulismo f) in stato di asfissia — 155 — g) in stato di ubriachezza h) in stato di perniciosa letargica. Tutti questi casi sono narrati da illustri nomi ed invero, dato che si possa giungere a dimostrare senza veruna dubitanza che esista tutto quanto vi vuole per accertarli seriamente a rigore scientifico, nulla si avrebbe in contrario ad ammetterli: — per mio conto però; almeno per ora; intendo e dichiaro di non cre- dere sulla condizione del sonnambulismo. Fin qui la condotta del perito medico forense sarebbe deli- neata chiaramente dal porre in essere se vi sia tal cumulo di prove sufficienti a dimostrare come vera la esistenza di uno di quegli stati morbosi e se questi abbiano raggiunto quel grado necessario ad annientare ogni sensibilità fisica proveniente dalla espulsione di quel dato prodotto di concepimento dai genitali di quella data donna. Quanto al IP gruppo vi è da ammettere che nella idiota possa esser vero che avvenga il parto senza che la donna sap- pia df partorire. Quindi la dimostrazione da farsi è questa cioè: se veramente quella donna sia un'idiota con tutto il difetto della intelligenza e della sensibilità e con tutti i difetti di or- ganizzazione assai pronunziati e caratteristici di queste infelici, rachitiche, scrofolose, epilettiche o paraiiticùe ec Della possibilità del parto inavvertito in idiota ne cita un esempio lo Cham- beyron. Quanto al III0 gruppo le ricerche sono più difficili, perchè appunto possono esser casi più questionabili. In esso si com- prendono quei fatti nei quali il perito si trova a fronte di donna nella quale esistono condizioni normali dell' intelligenza, ma si fanno avanti una quantità di combinazioni per le quali si vuole dimostrare che se il parto accadde, avvenne in un modo non avvertibile dalla donna. §. 61. E ad esempio è omai vecchia la questione del parto av- venuto sulla latrina od in altri luoghi ove le donne chiamate dall'ur- genza degli agi corporali, possono andare a deporre la materia intestinale ed è appunto frequente una tale questione perchè fi- siologicamente parlando, si possono combinare o rassomigliare in principio quelle sensazioni del premito di evacuare il ventre con — 156 — l'altra del premito che desta il feto quando si prepara ad essere emesso. Ma altra cosa è concedere che una donna gravida possa andare alla latrina sentendo bisogno di evacuare il ventre e creda in buona fede che quella sensazione venga soltanto dalla neces- sità d'emettere dall'ano delle materie fecali, altra cosa è con- cedere che dessa non avverta tutte le doglie di un passagggio di feto dagli stretti del bacino per confondere l'una cosa con l'altra. — Il travaglio del parto (meno il caso di un'espulsione in massa di piccolo prodotto di concepimento, in donna a largo bacino, che abbia altre volte partorito a termine di gestazione) ha dei periodi di ritardo e di ripresa, suol dare scolo o gemizio di liquido siero sanguinolento dai genitali e per tutto l'insieme delle sensazioni che desta nell'organismo muliebre, ha tale un carattere così speciale che male s'intende possa esser confuso con un'andata del corpo. Pure credo opportuno avvertire il pratico di non procedere tanto precipitoso e quasi animato da uno spirito di presunzione scientifica a pronunziar la risoluzione del presente quesito, ma di adoperare tutta quella maggior finezza di valutazione scientifica che gli sarà possibile, sempre partendosi dai dati positivi del fatto in specie. Tutte le questioni medico forensi, per mio prin- cipio fermissimo, debbono esser valutate con il criterio relativo alle condizioni individuali a seconda delle quali, se rettamente intese, possono ammettersi come probabili certi avvenimenti che in tèsi generale, sarebbero a rifiutarsi anco come possibili. Ragazza o donna sana, ben formata, intelligente, consape- vole d'essere gravida, a completo sviluppo di gestazione o pres- soché a completo periodo nonimestrale, che dica di essersi assisa sulla latrina di comune forma, o peggio poi se dica di esservisi accosciata sopra, ed abbia nel premito di evacuare le feccie, emesso un feto a completo sviluppo senza accorgersene , sarà ragazza o donna che avanzerà racconto non verosimile. Tanto meno verosimile se l'esame del prodotto del concepimento darà ragione al perito di ritenerlo a completo sviluppo. — Il perito ricordi come nei parti normali e non clandestini nella donna in genere, ma nella primipara in specie, le pigiature al perineo e i dolori che da questo si diffondono alle natiche ed — 157 — alla regione del sacro, sieno violenti e tali che esse sentono il bisogno vivissimo di porsi in direzione orizzontale e quasi im- periosamente esse debbano obbedire a questa giacitura. Ora è evidente che una primipara specialmente e in circostanza di parto clandestino, male potrà sostenere la posizione assisa sulla latrina in questo momento in cui le natiche prenderebbero ap- poggio sull'orlo della latrina e il perineo disteso dalla testa del feto sarebbe sede di violentissimo dolore. In seguito alla quale difficoltà potrebbe darsi il caso che la giovane volendo evitare tali gravi sofferenze si ponesse accosciata sulla latrina. Ma in- tanto o resta come essa dice, seduta e allora si destano dolori speciali ai genitali ed alla regione glutea: o si accovaccia; ren- dendo sospeso il piano perineale e le due tubosità ischiatiche; e allora non è verosimile possa sostenere pel dolore espulsivo le forze del suo organismo a lunga prova. Per cui quanto a tali deposti il perito darà poca o nessuna fede di verosimiglianza lasciando il resto della prova alla istruttoria del processo. Ma oltre a tali considerazioni il perito terrà di conto che nella posizione sopraindicata e specialmente in quella assisa, 1' asse utero vulvare ha tale una direzione per la quale il pro- dotto del concepimento anziché essere spinto entro alla latrina, verrebbe espulso avanti alla medesima cadendo in terra. Se si trattasse di donna che specialmente avesse avuti altri parti, e fosse o potesse essere inconsapevole della gravidanza, e .avesse largo bacino a confronto del volume del feto espulso, e la latrina o il luogo nel quale si recò per obbedire ai bisogni corporali, avesse larga bocca, o fosse altro luogo ove il feto vi potesse cadere facilmente anco calcolando la direzione dell'asse utero vulvare, e allora e dalla pelvimetria e dallo stato degli or- gani genitali e dal periodo di sviluppo del prodotto espulso e dalle condizioni in cui si trovano i suoi annessi, si potrebbe verificare che tutto corrispondesse in modo da coonestare il verosimile. Nulla vi sarebbe in contrario per la scienza a dichiarare la pos- sibilità di un parto precoce, precipitato, pel quale la donna impos- sibilitata a prender provvedimenti e circospezioni opportune, potesse essersi ritrovata innocentemente al fatto di una parto- rizione inavvertita. Ma tolte queste ultime circostanze eccezio- — 158 — nali, resta fermo il principio della molta difficoltà a concedere un parto inavvertito alla latrina credendo di espellere le materie fecali dall'ano in donna primipara e tanto meno se vicino al termine. §. 62. Dalle quali cose emerge come il perito dovrà; oltre all'esatta informazione di tutto l'avvenimento del fatto assu- mibile dai deposti già consegnati nell'istruttoria del processo e dei quali ha pieno diritto averne completa contezza ; procedere 1° all'esame della imputata: — 2° all'esame del luogo ove-si dice avvenuto il fatto:—3° all'esame del prodotto del conce- pimento. l.° Quanto all'esame della imputata; non accennando ora se non che quelle cose necessarie a investigarsi e che derivano dalla comune educazione scientifica; il perito segnerà con precisione Yetà: lo stato delle facoltà intellettuali: la costituzione fìsica: le condizioni organiche antecedenti al fatto: noterà se primi- para o no: — farà esattissimo il riscontro e la pelvimetria: specificherà quindi la conformazione scheletrica del bacino: pren- derà nota della attitudine, della posizione e dei particolari relativi al momento ed al modo con cui la donna dice avere compiuto quel parto senza accorgersene. 2." Quanto all'esame del luogo ove si dice avvenuto il parto, prenderà esatta descrizione della ubicazione della latrina: della sua conformazione o costruzione : della altezza : larghezza: apertura della bocca ec. : e di tutto quanto vi sarà in essa .che potesse per qualunque ragione intervenire a spiegare un momento dell'avvenuto fatto. 3.° Non tralascerà il perito di notare con la massima accor- tezza se esistessero o macchie di sangue e dove ubicate e di quale aspetto : cioè se avessero indizio di lavatura, o forme di im- pronte di mani, piedi ec, e fin dove si estendessero e segnas- sero traccie fuori dell'ambiente della latrina per ricongiungersi con altre e guidare l'osservatore in altro ambiente nel quale o potesse essersi iniziato il parto, od ivi si potesse esser compiuto, per intendere meglio se il prodotto del concepimento fosse stato alla latrina portato ed ivi gettato sostenendo poi che vi fosse acci- dentalmente caduto. — 159 — 4.- Quanto all' esame del prodotto del concepimento e dei suoi annessi, prenderà esatta cognizione prima del sesso, del peso, della lunghezza, dei punti d'ossificazione, specialmente dell'epifisi femorale e dei sopimenti intraalveolari nella mascella inferiore ; dello stato del funicolo ombellicale e specialmente del punto della sua inserzione nell'addome, se integro o rotto per strappo o taglio e dove e come strappato: o tagliato. E della superficie esterna del corpo del feto prenderà tutti gli altri caratteri cominciando dal notare se alla superficie del corpo porti ir accie di materie nelle quali si dice caduto: d'onde fu tratto, come e con che mezzi fu tratto : quanto corse di tempo dall' inavvertito parto alla estrazione dal luogo ove si disse caduto: se è o no ben conformato ; se esista o non esista rigidità cadaverica: se vi sia o no putrefazione: se esistendo questa sia enerale o parziale: quale sia la tempe- ratura atmosferica segnata nel luogo e nel momento della vi- sita: quale sia la natura delle sostanze con le quali era venuto a contatto il feto : quale il color della pelle ; se vi sia o non vi sia induito sebaceo: se esistendo sia uniforme od in alcune parti manchevole: se le unghie cuoprano o no le estremità delle dita : — qual ne sia la loro consistenza. se la testa sia fornita di capelli e di qual colore e sviluppo e consistenza: se vi sia o no deformazione della testa: se esista o no Yecchimoma del parto: ove vi sieno tracce di ferite o infossamenti: ne misuri i diametri biparietali, Yoccipito frontale; l'.occipito mentoniero: noti se vi sia o quanto sia l'allontanamento o l'avvicinamento delle ossa del cranio per giudicarne il grado più o meno avanzato d'ossificazione, e la larghezza delle fontanelle: — noti lo sviluppo e lo stato dell'orecchie: — del naso: — della bocca: — degli occhi: — esamini e noti lo stato dell'articolazione della testa con le vertebre cervicali:—esamini se il collo offra all'esterno escoriazioni, ec- chimosi, o altre lesioni e descriva esattamente qualunque im- pronta vi notasse: — esamini il torace se rigonfio o schiaccia- to:— se esista o no alcuna lesione verso la regione cardiaca: — qual sia lo stato del 'addome: noti con special cura se vi sia residuo di cordone ombellicale — o se esista intero : — ed in ogni caso se quel che esiste di esso sia fresco o secco o mum- mificato o avvizzito come meglio dir si voglia: — misuri esat- — 160 — tamente quanta parte v' è di cordone ombellicale: ne misuri la gros- sezza:—ne noti la sua nutrizione: guardi se fosse uniforme o nodoso: dato che fosse reciso o strappato, esamini lo stato dei vasi: — se questi sieno o no obliterati : se diano sangue e di quale aspet- to : —-se non vi fosse più il cordone, allora noti se vi sono in- dizii di strappo o di recisione nell'area dell apertura ombelli- cale : — se il neonato fosse maschio si noti se i testicoli sono discesi nello scroto : — se fosse femmina allora a qual grado di sviluppo sono giunte le parti dei genitali esterni:—misuri poi particolarmente la lunghezza delle membra inferiori e noti se vi sono o no lesioni: uguale esame farà per le estremità superiori. Esaminerà poi lo stato della placenta, misurandola, pesan- dola e descrivendola esattamente anco dal lato delle sue condizioni istologiche. Con tutti questi dati regolarmente raccolti e con tutti gli altri che il buon senso, la destrezza della mente la cogni- zione dell'argomento potranno presentarsi all'intelligenza del pe- rito trovandosi sul luogo in faccia alle circostanze speciali del fatto, sarà probabile che egli possa giungere a formarsi un cri- terio assai giusto del come possano essere accadute le cose. Co- munque 1' ordine tracciato più sopra, mi sembra possa essere guida sufficiente se a non prevedere tutti i possibili, almeno a non omettere le cose principali. Concludendo perciò da tutto quanto abbiamo accennato in questo paragrafo circa alla questione se una donna possa parto- rire senza accorgersene resulta: 1.° Che in tèsi generale è verosimile tale avvenimento. 2.° Che nel fatto in specie il perito dee assumere tutte le condizioni individuali che possono rendere più o meno pro- babile tale evento e vedere se o nella donna vi furono ragioni morbose, spontanee o naturali che lo favorirono: o ragioni mor- bose dolosamente procurate che lo decisero: o condizioni morbose intellettuali, congiunte od acquisite che lo spiegarono: o condi- zioni di circostanze singolari, speciali, allo stato della donna in esame che sebbene scevra da morbi fisici o mentali, pure po- trebbero avere avuta efficacia da indurla al momento della par- — 161 — turizione senza che di questa ne avesse avuta contezza nel- l'attimo che avveniva. Molte riserve e molte cautele però dovrà tenere il perito relativamente a quest'ultimo possibile che seb- bene il più frequente, è il più questionabile. All'argomento, «infanticidio» indicherò il resto che ha rapporto con tale questione. (V.1 2." p.) §. 73. Puerperio Quesito IV. Il puerperio puòporre la donna nel caso di non potere ajutare la prole generata e far commet- tere azioni delle quali la puerpera non ne sia responsabile? Il perito deve in tal domanda riconoscervi due importanti questioni pur esse frequenti a farsi in causa di infanticidio: una di queste e la prima, verrebbe più specialmente avanzata in causa di infanticidio per omissione. Non v'ha dubbio che la forza dei dolori espulsivi in donna primipara e clandestinamente parturiente, il cordoglio dell'immi- nente propalazione del suo disonore, testimoniato dalla prova della colpa, U perdita del sangue, l'esaurimento delle forze fi- siche, e tutto l'insieme del fatto in lei straordinario che va a compirsi, costituiscono cause che insieme riunite possono avere efficacia di togliere alla donna tutta quella calma d' animo ne- cessaria a prestare le cure affettuose al proprio figlio il quale per omissione di assistenza, perde quella vita che forse gli sa- rebbe stata salvata da colei che lo nutrì nel proprio seno. Queste condizioni debbono essere in generale credute possibili dal perito ma solo, per elevarle a prove dimostrative nel fatto in specie, dee occuparsi di valutare dal contesto delle speciali circostanze, se mai poterono giungere al grado di estreme im- periosità da paralizzare affatto la donna tanto da non esser capace di chiedere conveniente soccorso. §. 74. Quanto alla possibilità che la donna possa nel puerperio e perii puerperio commettere azioni meritevoli di pena, nulla v' ha in contrario ad ammetterlo in tési generale. Ma essendo questo o potendo essere frequente argomento addotto a scusa di un infanticidio, il perito ha il dovere di considerare se nel caso in termini vi fossero ragioni sufficienti a dichiarare che le facoltà mentali della donna erano assolutamente turbate da toglierle la coscienza morale e la potenza volitiva a tener Filippi a — 162 — forte contro l'impulso morboso. — Tutto consiglia il perito ad esser cauto nella conclusione di questo possibile, perchè bene spesso, è una scusa che o la donna o la difesa accampano allo scopo di togliere la responsabilità giuridica d'addosso a colei che una data azione commise. — Anco il parere della scienza fre- niatrica è molto riservato su questo, perchè mentre si concede dagli specialisti, in massima generale, che una puerpera possa essere presa da una follìa momentanea, passeggera, e se ne ri- feriscono dei casi veramente singolari, pure alcuni dubitano della gravezza del fatto morboso da crederlo meritevo'e di una dimi- nuzione vera e propria di responsabilità. — Coloro che sareb- bero proclivi ad ammettere il fenomeno lo concedono, purché si cerchino con attenzione gli atti della vita passata della gio- vane onde vedere se in essa esistessero quei segni che fareb- bero ammettere come la mente sua fosse già preparata a ciò. In allora sarebbe con maggior fondamento ammissibile che la con- dizione puerperale avesse potuto decidere lo svolgimento di un morbo che sarebbe in qualche modo esistente in potenza nelle condizioni organiche della donna e perciò più accertabile e de- finibile in faccia alla scienza ed alla giustizia. Queste follie transitorie, in una parola, non sarebbero dalla maggioranza degli alienisti concesse e, nel caso della puerpera, potrebbero piuttosto intendersi con maggior fondamento di causa quali atti dipen- denti da follia isterica o da melancolla con allucinazione anziché da vera e propria manìa. Comunque sia, la miglior condotta da tenersi dal perito sarà la seguente cioè: 1.° Far ricerca e tener esatto conto se esistano ragioni o predisposizioni gentilizie. 2.° Se durante la gravidanza vi sieno state neuropatie acquisite. 3.° Se acuti o lunghi sieno stati o possano essere stati i dolori del travaglio. 4.° Se l'ansietà dell'animo sia stata, per ragioni inerenti al fatto, grande e profonda non solo per le circostanze presenti in mezzo alle quali si compiè l'avvenimento, quanto ancora per il gruppo delle conseguenze fisiche e morali alle quali potè an- dare incontro la donna dopo l'avvenuto parto. 163 — 5.° Se vi erano intervenute ragioni di collera o di eccita- zioni dell'animo di tale natura da determinare un perturbamento delirante nelle facoltà mentali capace a spinger la donna ad atti inconsulti. 6.° Se il travaglio, oltre a tutte le circostanze preac- cennate, fosse stato accompagnato da emorragia capace a por- tare anemia e quindi manchevole irritazione sanguigna nei cen- tri nervosi. 7.° Se il fatto dell' illecito concepimento e quindi della parturizione clandestina, avesse potuto portare a dispiaceri, onte, miseria, abbandoni o impeti di gelosia od anco timore della vita per parte di chi poteva avere rapporti con la donna stessa. 8.° Finalmente valutare la provenienza gentilizia, la rice- vuta educazione, l'esempio, la passata salute o l'influenza di morbi pregressi e tutte quelle circostanze che in un modo o nell'altro avessero potuto mai influire a far perdere il senno a colei che in quelle speciali condizioni commise un fatto che poteva cadere sotto le disposizioni della legge punitiva. Tenga presente alla memoria il perito come si sia verifi- cata l'osservazione che per lo meno la metà delle donne colpite da follia nel puerperio, avessero una predisposizione ereditaria e come nella massima parte di esse si erano verificati dei sin- tomi precursori, quali una straordinaria irritabilità, insomnia, cefalalgia, agitazione, o a volte depressione di carattere, e turba- mento delle funzioni gastro intestinali e di secrezione. Per lo più la forma più frequente a presentarsi si è la mania accompagnata il più spesso da impulsi irresistibili, dannosi altrui, e da eccita- zioni erotiche, con pervertimento del sentimento materno e poi la lipemania con le sue differenti varietà di delirio parziale. Delle nascite precoci e tardive e della vita e vitalità del neonato. §. 75. In verità quest'argomento non contiene che le cogni- zioni necessarie a rispondere ad un quesito di più che si po- trebbe comprendere nel capitolo della gravidanza e parto, do- — 164 — mandando «se il parto accada sempre in giusto rapporto di tempo con il pei-iodo di gestazione ». Ma non è men vero che da Ippocrate fino a noi essendo stato questo argomento delle nascite precoci e tardive, agitato continuamente da opinioni e caldamente sostenute e caldamente combattute, non abbia preso direi quasi un diritto ad un posto speciale nei libri di medicina legale. — Quivi però non avrà altro schiarimento che quello gli si spetta dal punto di vista della pratica applicazione e perciò sarò brevissimo, rimandando il pratico desideroso di molta dottrina al bellissimo articolo del Tourdes inserito nel XI.mo tomo del Dizionario enciclopledico delle scienze ec. Prima di tutto stabiliamo ora quand' è o per quali circo- stanze potrebbe esser chiesto 1' intervento del perito in una questione simile? — Quando si dubitasse della legittimità della prole o perchè nata con uno sviluppo di conformazione fisica superiore al periodo di tempo trascorso entro l'utero dalla ce- lebrazione del matrimonio: o perchè essendo avvenuto uno scio- glimento od un'annullamento del matrimonio, avvenisse la nascita di un essere vivente e vitabile dopo quel periodo di tempo ordinario che si assegna ad una gravidanza normale. Il nostro Codice Civile ha stabiliti già due estremi nel- l'articolo 160 e nell'articolo 169 ed è fuor dell'indole di questo lavoro esaminare se potrebbero essere o no meritevoli di qual- che modificazione. L'Art. 160 dice: « si presume concepito durante il matri- « monio il figlio nato non prima di 180 giorni dalla celebra- « zione del matrimonio né dopo 300 dallo scioglimento o an- « nullamento di esso ». E l'articolo 169; dice: «la legittimità del figlio nato 300 « giorni dopo lo scioglimento o l'annullamento nel matrimonio « può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse ». — §. 76. Annunziati dunque, male o bene che sieno stabiliti, questi estremi fatali della Legge, il perito, può esser chiamato a giudicare se dall'esame delle condizioni fisiche presentate dai neonati in questione, si possa affermare o negare con approssi- mazione prudenziale, che dessi non avevano proporzionato svi- — 165 — luppo al periodo durante il tempo pel quale furono portati entro l'utero e quindi quello precoce potesse mai esser stato concepito prima e illecitamente dell'epoca del matrimonio; e quello tar- divo potesse esser concepito dopo da che il marito fosse o per ragione fìsica o per decisione legale impossibilitato a rapporti sessuali con la consorte. Quindi mi pare abbastanza chiaro che per aver ragione giuridica a muover dubbio di legittimità in caso di parto pre- coce, sia necessaria la condizione della vita e vitabilità del neonato onde non confondere un parto non vitabile con un parto illegittimo. Parli precoci. Non si può negare come l'estremo minimo dei 180 giorni, concesso per legge a presumere per legittimo un neonato, non sia un estremo assai eloquente per contrapporvi il caso in cui a 179 giorni dalla celebrazione del matrimonio possa ormai aversi un neonato già tanto sviluppato da esser vitabile e perciò avere diritto civile. Se al 180.° giorno dalla celebra- zione del matrimonio, (concesso in ipotesi che la donna sia re- stata subito feconda) si ha per lo più un neonato che misura in lunghezza soltanto dai 30 ai 35 centimetri, che segna in peso da 500 a 800 grammi, che ha appena sviluppati i punti di ossificazione nei pezzi superiori dello sterno: il cordone om- belicale inserito a tre centimetri al di sotto della metà deHa lunghezza del corpo; e la pelle ancora di color porporino, gluti- nosa, con la epidermide di fresco formata ec, e se omai la co- mune osservazione ha dichiarato che la vitabilità sia più pre- sumibile in generale al settimo mese, si capisce bene come se al 179° giorno dal nodo matrimoniale nascesse un feto che avesse tutti i caratteri fisici del feto vitabile o settimestre, la ragione del dubbio sulla legittimità potrebbe aver qualche fondamento. Pure non vi è nò vi può essere in forza della legge ragione di contestazione circa a dichiarare illegìttima la prole che nascesse matura o insomma vitabile al 179.° giorno dalla celebrazione del matrimonio. La discutibilità sarebbe più fondata (mi sembra) dai 180 ai 210 giorni (7 mesi) e per questo caso il perito po- trebbe aver modo di portare in campo argomenti più valevoli ad agitare la questione in esame. Nulla vi è in contrario ad — 166 ammettere che in qualche donna lo sviluppo fetale possa proce- dere rigoglioso e attivo talmente da avere al settimo mese un feto che presentasse le qualità fisiche di un ottimestre o presso a poco e potesse giudicarsi legittimo concepimento; benché precoce; ma tutto sarebbe contro alla probabilità che questa energia formativa si palesasse prima del 180.° giorno dal conce- pimento e perciò da questo lato starebbe fermo il disposto legi- slativo. In ogni modo il perito dato che gli si presentasse occa- sione di occuparsi di tal quesito, dovrebbe accuratissimamente esaminare il feto e cioè: 1.° Pesarlo. 2.° Misurarne la lunghezza totale del corpo, partendosi dal vertice o dal bregma fino all'orlo interno del calcagno di destra. 3.° Raddoppiare questa misura totale e partendosi dal bregma vedere a quale distanza sopra la inserzione del funicolo ombelicale cada quella misura. 4.° Misurare poi il diametro biparietale e quello occipito frontale ed il fronto mentoniero. 5.° Esaminare lo sviluppo e la consistenza delle ossa craniensi. 6.° Prender cognizione della larghezza delle fontanelle. 7.° Esaminare il cuojo capelluto e notare lo sviluppo e la consistenza dei capelli. 8.° Esaminare la formazione dell' orecchio e del naso lo stato degli occhi e vedere se disparita fosse la membrana in- terpupillare. 9.° Prender cognizione dello stato della pelle. IO.0 Notare se l'epidermide fosse formata. 11.0 Notare se vi fosse lo smegma sebaceo. 12.° Guardare e valutare la formazione, consistenza e sviluppo delle unghia delle mani e dei piedi. 13.° Esaminare la conformazione dei genitali esterni sia se fosse maschio o femmina. 14. Calcolare i moti del cuore e del polso. 15. Considerare la energia del vagito e dei moti mu- scolari. — 167 — 16. Saggiare l'attitudine a nutrirsi 17. Verificare la secrezione del mecomio e via dicendo raccogliere quanti indizii sono valevoli a stabilire con approssi- mazione 1' età di sviluppo per giudicare se nonostante un pe- riodo relativamente breve di gestazione; computato dalla celebra- zione del matrimonio; si potesse nei termini del giusto ammettere uno sviluppo rigoglioso e rapido da potere ( per quanto spetta al perito medico) giudicare che sebbene singolarmente avanzato nello sviluppo fisico quel neonato possa essere di legittimo con- cepimento ma dato in luce per parturizione precoce. Questo e non altro a parer mio potrebbe essere il compito scientifico del perito in tale argomento. In una parola, la via dovrebb' essere aperta fra le ragioni dell'anatomia e della fisiologia relativa allo sviluppo fetale, non quella arida ed inattendibile del computo matematico dei giorni di incubazione uterina. Ma non posso negare che il periodo di tempo discutibile (mi si passi la frase) sarebbe quello segnato dai 180 ai 210 giorni, cioè un periodo di soli 30 giorni; quando pure giuridicamente fosse ammissibile una tale questione. §. 77. La conclusione dunque la più utile per la pratica relativamente al caso di un parto precoce nel quale si dubiti della legittimità è la seguente: l.° Che la scienza non ammette provato da fatti indu- bitabili che a 179 giorni dalla celebrazione d' un matrimonio possa venire alla luce un neonato e vivo e vitabile da avere i diritti civili che competono ai cittadini. 2.° Che se questo si verificasse, per le ragioni embrio- geniche che regolano la formazione del feto umano, sarebbe a credersi che il concepimento di quell'essere fosse avvenuto prima della celebrazione del matrimonio e quindi illegittimo se scon- fessato dallo stesso marito. 3.° Che al 180.° giorno, cioè nel ciclo di 6 mesi, il pro- dotto del concepimento può solo avere vita, ma non probabile attitudine a continuare la vita, ossia, esser vitabile come lo è al 7.° mese, cioè al 210.° giorno. 4.° Che forse la possibilità di avere qualche accelera- mento di conformazione al 180.° e 210.° giorno, potrebbe dar — 168 — campo alla scienza a sostenere possibili un parto precoce legit- timo. 5.° Che in tal caso al perito non corre altro obbligo che quello di raccogliere le prove fisiche di questa avanzata matu- rità del neonato. Quanto ai Parti tardivi o serotini; sebbene la questione possa essere più frequente, è anco in qualche modo più facile. — Perchè in realtà gli estremi sono più lati; e sono tali dal momento che i termini medii, normali d' un periodo di gravi- danza, sono omai riconosciuti in generale nei seguenti e cioè: se il computo si fa calcolando sui 9 mesi solari, si hanno 270 giorni di gestazione: se si fa con i dieci mesi lunari; di 28 giorni ciascuno; si hanno i 280 giorni, cioè con la differenza in più dei 10 giorni per quest' ultimo computo. — Ora la legge concede l'estremo massimo di 300 giorni entro i quali ammette sempre la legittimità del neonato, il che vuol dire che parten- dosi dai 270 giorni solari v'ha una distanza di oscillazione di 30 giorni, partendosi da quelli lunari di 20 giorni. Pur nonostante si citano casi nei quali si sosterrebbe essere accaduto come legittimo parto anco quello effettuatosi oltre il termine fatale dei 300 ed in verità, dal punto di vista medico forense, sarebbero appunto questi i casi nei quali sarebbe ri- chiesta la intervenienza del perito. Ora io non voglio esagerare; ma come ho fatto sempre fin qui nello studio delle questioni che ho sottoposte alla conside- razione del perito per i bisogni della pratica; mi sembra che vi possa essere modo di entrare nella via positiva della scienza e rendere ajuto alla giustizia con sani principii di clinica osserva- zione. Voglio accennare al possibile che realmente in quei casi il perito debba ricercare quando e come s'iniziasse il travaglio; poiché il termine vero, legale, della fine della gravidanza è il momento vero, cerziorato, che inizia la parturizione. In oggi mi sembra un po' confuso se non nell'idea, almeno nel linguaggio, il concetto di termine di gravidanza e parto, ma in realtà se la fine del travaglio con la fuoriuscita del feto segna la nascita, la fine della gravidanza strettameute parlando e legalmente parlando per mio credere è segnata dall'inizio della parturizione. — 169 — Se così è, ognun vede come in tali questioni il perito avendo ragione a dimostrare e sostenere che non è mai possi- bile conoscere l'istante preciso in cui una donna restò feconda e dall'altra parte, stabilendo che termine legale della gravidanza è l'inizio del travaglio, vi può esser modo sicuro di intendere come mai possa accadere che nell'apparenza del fatto una gra- vidanza travalichi il 300.° giorno di sua durata, appunto perchè si datino dei travagli lunghi e lunghissimi che ritardano la na- scita o la parturizione del feto. Talché quasi quasi dubiterei che in qualche esempio si potesse sostenere con fondamento di vero, essere accaduta una gravidanza prolungata, ma piuttosto, chi sa, non sarebbe stato più proprio pensare al fatto d' una gravidanza della quale non sapendosene il preciso incominciamento non se ne sia neppure conosciuto il vero e preciso momento di termine, cioè non co- nosciuto il momento in cui si è con lento e mite andamento iniziato il travaglio il quale è andato a continuarsi per uno spazio di tempo che doveva del tutto legalmente sottrarsi al vero e solo periodo di gestazione. Ed in vero, raccomando al perito in simili eventualità di non contentarsi di un raziocinio di presunzione scientifica da fuggirsi sempre in medicina forense, ma invece avere premura di esa- minare attentissimamente le condizioni del fatto per mettere in essere quelle ragioni che nel caso in termini potrebbero esistere e render ragione dell'avvenimento. Così la via probativa, seria- mente medico legale, sarebbe quella accennata da Adriano Schmidt e percorrendola nulla prenderebbe di forzato o di strano la tési che qui si sostiene. Infatti il perito assumendo con esattezza le particolarità del caso, potrebbe ritrovare nella donna delle alterazioni nella conformazione del bacino (distocie) e di pari passo delle singo- larità di sviluppo e di posizione nel feto o verificare delle dif- ficoltà nel travaglio della espulsione o insomma altre circostanze speciali per le quali intendere chiaramente come il ritardo oltre il 300.° giorno non sia singolare protraimento della sola gravi- danza, ma bensì trattenimento della espulsione del feto per lungo, lento o difficoltato travaglio, — 170 — Comunque sia o si voglia credere, la scienza; sulla fede di onestissimi osservatori; in donne sulle quali non si potevano ar- ticolare dubbii di onestà, ha verificato il fatto che di qualche giorno oltre il 300.° possa avvenire la nascita di un feto legit- timamente concepito, però con limite estremamente piccolo dai 300 in là — Sarebbero appunto questi i casi nei quali se sorgesse dubbio, il perito avrebbe dovere di rintracciare quelle cause più sopra accennate e che potrebbero condurre alla conclusione di non esser quella una vera e propria gravidanza prolungata, ma anzi un travaglio allungato quando non potesse essere più sem- plicemente un'errore relativo al momento del concepimento. §. 78. Ma o il parto sia avvenuto a termine, o precoce- mente o tardivamente, può occorrere intorno al neonato un'altra questione la quale trae origine dalle disposizioni legislative con- cernenti il « diritto di successione » e comprese negli articoli 723 e 724 (num. 2) del codice civile vigente. — Per quanto può spettare all'ufficio del perito la questione è una sola e cioè « riconoscere e dimostrare se quel neonaa nacque vitale » quesito però questo che dallo stesso disposto legislativo può ricevere una certa latezza di soluzione perchè si statuisce come « nel dubbio si presumono vitali quelli (neonati) di cui consta che sono nati vivi » — Quindi in realtà, al perito medico forense per prima cosa e quale condizione essenziale da desumersi da prove di fatto, si domanda se il neonato nacque vivo. Laonde se per mezzo di prove dirette il perito potrà ri- spondere all' Autorità che quel neonato visse di vita propria estrauterina ed aveva condizioni organiche a credersi possibile la continuazione a vivere, viene stabilito pienamente il diritto di successione ereditaria. — Ma se in qualche caso, nascesse dubbiezza sulla piena dimostrazione della vitalità, la legge con- cede il diritto ereditario, provata però rigorosamente la prima condizione essenziale della goduta vita estrauterina. §. 79. Vediamo ora con quali argomenti il perito può aver diritto ad attestare e la esistita vita extrauterina e l'attitudine a vivere nel neonato. Questi argomenti sono due e cioè: 1.° la effettuatasi respi- razione: —• 2.° la regolare e matura o sufficiente organizza- zione fisica a continuare la vita estrauterina. — 171 — Se la respirazione si effettuò e die segno sensibile della sua completezza fino al pieno vagito, si troveranno nei polmoni del neonato i caratteri dell' avvenuto fenomeno. — Il saggio idrostatico dei polmoni è il mezzo efficace a cerzionare il fatto. — Come debba essere esperimentato questo mezzo si trova dichia- rato più.avanti al titolo Docimazia idrostatica dei polmoni (V. Docimazia). Se oltre al fatto della compiuta respirazione, si riscontre- ranno nel neonato anco tutti quei segni che indicassero una di- sposizione organica eccellentemente preparata a continuare la vita estrauterina, sarà viepiù confermato e il criterio della esi- stita vita e quello della vitalità. §. 80. Ma debbo prevenire come non sempre in pratica le cose possono presentarsi con una completezza ed evidenza così netta da non aver necessità di agitare qualche dubbio e di in- traprendere delle ricerche, e sono appunto queste speciali con- dizioni dubitative per le quali il perito può essere tormentato da'quesiti a'quali è spesso diffìcile il rispondere. — E si noti bene che trattandosi appunto di questioni che hanno il movente da interessi patrimoniali o di passaggio di averi da una famiglia in un'altra, il giudizio da emettersi o quello emesso, può incon- trare contenziosità ostinatissime. È noto per la clinica osservazione come un neonato possa venire alla luce alquanto prima del termine ordinario della ge- stazione e mostrarsi debole, poco nutrito, languido nella estrin- secazione della vita: — è noto come un neonato possa uscire dall'alvo materno a periodo noninestrale completo sì, ma in uno stato d'asfissia e vivere una vita incerta, non manifestata di repente dai quei moti vivaci, irrequieti, insistenti che sogliono mostrare i neonati robusti, nutriti e maturi. — È noto come nel periodo di vita intrauterina una ricca e variata serie d* morbi e speciali morbi, possono affliggere l'organismo umano i vi sono libri pieni di tali studii sebbene non ancora completi nò in tutto chiarissimi. In ogni modo per queste e per molte altre circostanze o dipendenti dal feto o dall'organ;smo materno o anco per un male- fico contributo dall'organismo paterno, il neonato può venire nel - 172 — mondo esterno in condizioni abnormali ed i parenti o coloro che furono testimoni alla nascita, se sopra a questa nuova esistenza posavano titoli e diritti di successione ereditaria, possono a loro volta emettere dubbii, e disparati giudizii sulla manifestata vita e possibile vitalità del neonato e intorbidare o negare recisa- mente con prove il diritto civile. È conseguente necessità di tali possibili che la questione sia portata avanti al tribunale ed è necessaria conseguenza che il rappresentante la Legge richieda il giudizio del perito medico forense. §.81. Come s'ha da comportare questo perito nell' assu- mere la responsabilità di sciogliere la presente questione? Obiettivo capitale, porsi in grado di stabilire la prova posi- tiva, estrema, legale, desunta dalla avvenuta respirazione estrau- terina. Su tale principio non bisogna tergiversare nò lasciarsi trattenere da certe dubitanze scientifiche con le quali si è tan- tato e forse si tenta di sminuire un poco l'assoluto valore della prova idrostatica. La prova palpabile e la più efficace che possa chiedersi a tutt'oggi ad un perito medico per attestare della vita estrauterina legalmente costituita è quella della respirazione completamente effettuatasi. D'altronde la precisione e la lunga esperimentazione del metodo che può riccnoscere se il fenomeno precipuamente caratteristico è avvenuto nei polmoni del neonato, danno modo e di riconoscere ed eliminare alcuna possibilità di inganno e di valutare alcune modificazioni di grado maggiore o minore secondo il quale la funzione respiratoria s' è attuata, anche se si fosse iniziata per un solo minuto primo e quan- d'anche fosse stata turbata o non continuata per ragioni diverse intrinseche od estrinseche. Il caso possibile di una vita celata da uno stato asfittico o da una apparente morte, è caso che non può essere risoluto che per una via induttiva ed è evidente come un'argomento di tale natura non ottemperi per niente al volere della Legge: e d'altro lato è chiaro come a coloro che avranno interesse di so- stenere della vita estrauterina goduta da un neonato, quando accampassero l'argomento della eclissata o celata vita, dovranno anco pur dire per qual prova manifesta giudicarono dell'occulto — 173 — stato: ma eh'io mi sappia, una prova legalmente attendibile di ma- nifesta vita estrauterina nel neonato non è che l'atto respiratorio con tutti i suoi più proprii e sensibili caratteri. — Al più al più, qualche volta, la scienza potrebbe dare modo al perito di verificare nel cadavere del neonato se vi erano ragioni per ri- tenere con qualche probabilità che egli fosse costretto a vivere fuori dell'utero in uno stato di vita eclissata o meglio in uno stato asfittico, ma non so quanto l'avvalorare queste condizioni già per se stesse poco favorevoli in generale al concetto me- dico legale della vita e della vitabilità, vantaggerebbe alla tési legale. In secondo luogo sarà dovere del perito assumere tutti gli argomenti favorevoli a dimostrare la possibilità che avrebbe po- tuto avere quel neonato che già visse, ad essere abile a conti- nuare per un tempo più o meno lungo la vita medesima. Ma qui è necessario che il perito sempre più saldo si tenga al fon- damentale principio medico forense di giudicare sempre con argomenti di prova diretta anziché contentarsi di criterii indut- tivi o di presunzioni' scientifiche. Per lo che la prima cosa da porsi in chiaro dovrà essere quella di investigare se nel cadavere esistessero mai tali vizii di conformazione organica da non per- mettere, secondo i principii della umana fisiologìa, neppure il concetto della possibilità remota alla continuazione della vita. La dimostrata esistenza di una condizione organica impos- sibile alla vitalità ilei neonato è quanto può di più positivamente legale chiedersi ad un perito medico e quando tale' dimostra- zione è possibile il compito del perito è soddisfatto ed il quesito è sciolto. Da questo estremo e palpabile argomento probativo in poi, il perito chiamato a giudicare della più o meno probabile attitudine a continuare la vita in un neonato, non ha avanti a se che la valutazione presuntiva di condizioni morbose più o meno variabili e questa valutazione di natura, di grado, d' an- damento, di curabilità di un morbo non può essere giudicata con un criterio positivo ma soltanto dubitativo o presuntivo. Per cui quando in un neonato in cui si fosse già provata la vita estrau- terina, ed eliminata la esistenza di un vizio organico incompa- tibile con la vitalità, restasse a giudicare solo di comuni morbi, - 174 — sarebbe a cedersi il campo alla disposizione legislativa; cioè al criterio di presunzione legale voluto dal codice pel quale è sta- bilito che nel dubbio si presumono vitali quelli che nacquero vivi. — §. 82. Per cui, in definitiva, cosa rimane di veramente ne- cessario a sapersi fare dal perito quando dimostrata la prova della respirazione estrauterina, gli si domanda il parere sulla vitabilità del neonato? Una cosa soltanto: e cioè riconoscere quali sono quelle alterazioni organiche congenite che non per- mettono di continuare a vivere — È ciò veramente non è che applicazione di cognizioni teratologiche. Io non debbo nò voglio diffondermi in questo libro a rian- dare 1' intricatissimmo cammino della teratologìa pur troppo tuttora imbavagliata in una nomenclatura difficile, aspra e dif- ferente nei diversi trattatisti: — però credo di far cosa utile alla pratica medico forense tentare in qualche modo una semplifica- zione di concetto per avviare il perito a formulare un giudizio il meno erroneo possibile nel decidere se quel tale vizio organico abbia in se gli estremi da non permettere al neonato la conti- nuazione della vita. A me pare che le tre seguenti supposizioni sieno bastevoli a potere contenere la enumerazione di quelle forme teratologiche per le quali si debba decidere con assolutezza della non vita- bilità legale, e la enumerazione di altri vizii organici con i quali si possa pronunziare un giudizio di abilità a vivere, sempre ( s'intende bene ) provato prima la esistita vita estrauterina. — I* 0 ad un neonata può mancare qualche parte necessaria al suo organismo. — II* 0 gli può sovrabbondare alcuna parte. — Ma 0 può avere invertita o disordinata la naturale di- sposizione di alcune parti del suo corpo. 1° Grappo. A. Può mancare la Testa (acefalia) e quindi il Cervello e sue dipendenze e per lo più in questi mostri suol mancare la porzione superiore del Tronco.— Non vitabilità. — 175 — B) Della Testa può mancare il Cervello (anencefalia) e per lo più manca anco il Cervelletto. — Può restare il midollo oblun- gato e perciò verificarsi qualche movimento reflesso ma per breve tempo; senza movimenti coordinati, valevoli ad attestare una vita durabile. — Non vitabilità. C) Della Testa può mancare qualche osso e ad esempio la porzione occipitale ed ecco l'ernia voluminosa del Cervello (Encefalocele). — Non vitabilità. D) Della Testa può mancare la Faccia (Aprosopia) e di- pendentemente l'Esofago, lo Stomaco ec. — Non vitabilità. E) Della Colonna spinale posson mancare in alto le lamine vertebrali ed aversi la Idrorachia: lo stesso difetto può aversi in basso verso il Sacro, ed avvenire più o meno voluminose le Ernie delle membrane spinali con abbondanza di liquido rachi- dieno ec. — In tali casi il perito tenga conto come gli individui possano campare qualche giorno anco qualche mese e qualche anno ed alcuni di questi casi sieno anco operabili. — Però la vera e larga Idrorachia in alto alla porzione cervicale, non è per lo più compatibile con la durabilità della vita. F) Del Torace può mancare lo Sterno ed aversi l'ernia dei visceri toracici. — Non vitabilità. G) D-eli' Addome possono mancare le pareti ed aversi le eventrazioni ed ernie composte viscerali ec. — Non vitabilità. //) La mancanza di un pezzo di un' intestino in qualunque porzione del canale. — Non vitabilità. Se però si avessero mancanze parziali di Labbra, Palato molle, Uretra, piccola porzione di pareti addominali da dare estrofia semplice della Vessica, allora la vitabilità è ammissi- bile e per di più possono essere anco difetti riparabili dall'arte chirurgica. 11° Gruppo. Possono verificarsi in sovrabbondanza A) Due Teste in un sol corpo (Bicipiti). Non è stata di- mostrata ancora la vitabilità di questi esseri. B) Due Teste e due Corpi è questi in modo diverso e — 176 — più o meno intrinsecamente uniti (Bicorporei). — È pienamente dimostrata la vitabilità. C) Una testa, un corpo e per di più in qualche parte del- l'organismo o un rudimento di organo o tessuto più o meno in- completo e incluso o incastrato entro al principale organismo, (Incastro fetale). — La vitabilità è possibile. D) Dita soprannumerarie. — Ed anco un' intiero arto co- me quello Addominale, può essere circostanza non contraria alla vitabilità, ed operabile dall'arte chirurgica come l'ha dimostrato l'illustre Clinico Chirurgico Prof. G. Corradi. Membranelle che occludono palpebre — bocca — ano — uretra — vagina — ute- ro — sono condizioni le quali oltre ad essere operabili dall'arte chirurgica hanno dimostrata la possibilità a continuare la vita. E) Membrane o pseudo membrane che chiudano comple- tamente od una porzione d'esofago od un tratto d'intestino invece possono costituire ragioni potissime di non vitalità e se ne capisce facilmente la ragione. Ili0 Gruppo. Può essere invertito o disordinato in un neonato. A) Tutti i visceri i quali possono aver subita un' inver- sione ; ma pure continuasi la vita ed anco per molti anni. B) L'invertimento singolo del Cuore o di altro viscere od organo molto importante alla conservazione dell' organismo. può costituire più facilmente impedimento a continuare la vita più che l'invertimento generale o quasi correspettivo di tutti i visceri. C) Il disordine anatomico parziale e grave nella conforma- zione di un Viscere importante, Cuore, Polmone, Stomaco, Re- ne ec, può essere cagione manifesta di non vitabilità. Così ad esempio sarebbe assolutamente impossibile la vitalità con un Cuore ridotto ad" un ventricolo o ad una orecchietta — o anco se fosse alterata reciprocamente l'origine dell'Aorta o dell'Ar- teria Polmonale. Ma il perito ricordi che questo non è che un piccolo cenno per agevolargli la via a formarsi un criterio più adeguato a — 177 — seconda delle singole condizioni del caso, tenendo sempre per fermo il sano principio tanto filosofico che in medicina di pre- cetto assoluto non v'ha che questo cioè: che tutto è relativo. Così per esempio in argomento di alterazioni teratologiche mi sono noti nella letteratura medica casi nei quali sarebbe in- credibile a prima giunta che alcuni neonati abbiano potuto vivere con alterazioni teratologiche o con morbi viscerali gravissimi. Ma sebbene ciò non possa negarsi, pure in quei casi eccezionali, sarebbe sempre a domandarsi se dal punto di vista medico fo- rense sarebbero citazioni attendibili a sostenere una vitabilità legale meritevole cioè della acquisizione di diritti civili ad usu- fruire ereditarietà. Ciò che può costituire un raro esempio di prolungazione di una vita morbosa e svolta da visceri assolu- tamente disposti o alterati morbosamente e inevitabilmente tali, non può a mio credere, corrispondere al concetto fondamentale di una vitalità fisiologica presunta dalle disposizioni legislative. Per lo meno io ritengo che al perito medico incomba il dovere di dichiarare il reale valore di quell'avvenimento considerandolo dal punto di vista fisiopatologico, lasciando al giudice la valu- tazione del caso nella sua larga presunzione legale che in tali argomenti la Lègge gli concede. §. 83. Non sarebbe così quando l'alterazione invecechè essere sostanzialmente esistente in qualche viscere od apparecchio organico necessarissimo alla prolungazione della vita e generatosi quasi fino dai primordi dello svolgimento embriogenico, si trat- tasse di un'alterazione morbosa circoscritta, acquisita, ti ansito- ria, sopravvenuta alla evoluzione organica del corpo; come sa- rebbero quelle malattie contratte dal feto nell'utero o incontrate da esso nel nascere. Così i rammollimenti centrali del sistema nervoso, l'emorragie, le sclerosi, l'idrocefalia, la epatizzazione polmonale, l'induramento lardaciforme, l'edema polmonare, la stomatite ulcerosa, la pericardite, l'anasarca ec, sono tutti mali che possono avere dei gradi diversi, incontrare dei miglioramenti inaspettati ed imprevedibili e insomma giudicabili sempre con criterio di presunzione che appunto perchè tale non può essere assoluto. — In faccia a queste circostanze credo che il perito constatata la vita, possa lasciare il resto alla apprezzazione pre- suntiva del rappresentante della Legge. Filippi — 178 — §. 84. Accennati così in breve, quali sono i vizii organici che possono considerarsi come assolutamente contrarii alla con- tinuazione della vita e quali quelli che pure esistendo, lasciano campare per un tempo più o meno lungo; debbo ora indicare il modo essenzialmente pratico di coordinare tutti i dati che servono a mettere in evidenza quale sia il grado di conforma- zione cui è giunto 1' organismo di quel neonato per intendere che questi aveva non solo possibilità ad estrinsecare la vita, ma ancora a continuarla. La guida seguente potrà essere di norma ad esaminare il corpo del neonato soggetto di questione, stabi- lendone il grado più o meno avanzato di maturità. Le cifre che segnerò in parentesi potrebbero essere offerte ad esempio da un neonato che abbia passata di poco la fine del 6° mese di vita intrauterina, concesso un regolare sviluppo orga- nogenico. — Il perito prenderà dunque nota del 1°) Peso — (Kilogrammò 1, 50 a 2). 2°) Lunghezza totale —■ (32-35 centim.). 3°) Misura della metà del corpo, per giudicare a quale distanza corrisponda la inserzione del funicolo ombellicale, in- serzione che nel periodo di maturità capace a potersi ritenere vitabile un neonato, suol essere da 1 a 2 centimetri al di sotto del punto ove cade la metà della lunghezza totale. 4°) Pelle (bianca, fibrosa, elastica, con induito sebaceo o peluria finissima). 5°) Tessuto cellulare sottocutaneo (fornito di grasso gra- nuloso a glebe distinte). 6°) Unghie (Cornee ma non ancora sorpassanti l'apice delle dita come a completa maturità nonimestrale). 7°) Capelli (Lunghi circa un centimetro, folti, coloriti). 8°) Occhi (Palpebre aperte —Membrana pupillare sparita). Per chiarire questa ultima condizione importante, il perito tolga un globo oculare con molta delicatezza: dopo lo ponga in una vaschetta d'acqua per alquanto tempo e quando come avviene per la imbibizione, sentirà che quel globo è bastantemente teso allora eseguisca un taglio perpendicolare al di là del meridiano iridieno e, sempre guardando sott'acqua, sarà facile vedere se il 179 — campo pupillare è tuttora occupato o pervio della membranella. — Io faccio così e a me serve opportunamente questo metodo. 9°) Naso — Bocca — Labbra ( se regolarmente confor- mate. 10°) Lingua (se bene staccata ec). 11°) Palato molle e duro (se normali, completi ec). 12°) Orecchia (se bene conformate, complete negli incavi e nelle eminenze, nell'apertura del condotto uditivo esterno ec,) 13°) Testa-cranio (se solide le ossa—« se pronunziata ab- bastanza la convessità alla parte media delle gobbe frontali). 14°) Misurazione dei diametri principali che in media danno: 1' (a) Occipito mentoniero . . (b) Occipito frontale . . . (e) Sotto occipito bregmatico (d) Biparietale . . . (e) Bitemporale . . . (f) Frontomentoniero . (g) Trachelo bregmatico (h) Cervico bregmatico 15°) Fontanelle (se scomparse meno quella anteriore, lo- sangica, che suol misurare 36 millim. di lunghezza. 16°) Cervello (sufficientemente consistente nella parte ba- silare e nella centrale: — le circonvoluzioni sono assai disegnate; — gli emisferi sopravanzano il Cervelletto. — Quanto però alla apprezzazione della consistenza, il perito calcoli le ore decorse dalla morte e tenga conto del periodo di putrefazione in rap- porto alla stagione. 17°) Polmoni (se il neonato ha vissuto vita estrauterina dee mostrare i segni di una respirazione più o meno completa e quindi appariranno all'apertura del torace amplii, rosei, cre- pitanti e meno uno stato morboso che abbia impedita la com- pleta espansione vessicolare, o una incompleta e stentata respi- razione, si vedranno del tutto galleggiare alla prova idrostatica. Ma il perito quando sarà giunto a questo punto dell'esame che fa su quel dato neonato per giudicare e della goduta vita e della attitudine a vivere consulti il paragrafo — Docimasia idrostatica—«contenuto in questo volume (V.1 Indice). Cent. 8 e2 Mill.rl » 7e5 » » 6 » » 4 e 8 » » 4e8 » » 5e4 » » 6 e2 » » 6e 4 » — 180 — 18°) Laringe, Trachea (se ben conformate— se normale la membrana muccosa 19°) Timo (per lo più da 1 grammo ad 1, 50 di peso). 20°) Cuore (se regolare la conformazione ed ugualmente amplie le cavità —• Foro del Botallo che occupa quasi tutto il setto interauricolare. — Canale arterioso, pervio). 21°) Esofago (se tutto aperto, di normale direzione e con- formazione. 22°) Stomaco (se ben conformato, stato della muccosa — cosa contiene e specialmente se latte succhiato ec). 23°) Fegato (se granuloso, di un colore rosso sangue: — se ne prenda esattamente il peso). 24°) Cistifellea (se contiene liquido bilioso giallognolo, ala- rissimo ec.) 25°) Intestina tenui (debbono essere esattamente tolte e misurate: danno una lunghezza che ripete da 6 a 7 volte la di- stanza che corre dalla bocca alla apertura anale del feto: — si esamini lo stato della muccosa, il contenuto ec). 26°) Cieco (sua normal posizione ec). 27°) Meconio (se esiste nelle ultime porzioni delle inte- stina crasse). 28°) Testicoli (se più o meno vicini all'anello addominale interno). 29°) Organi genitali interni ed esterni e Vessìca (stato — conformazione ec). 30°) Reni ed Ureteri (situazione ec. — stato della super- fìcie esterna — conformazione per lo più alquanto lobulata del Rene — distinte però le piramidi dalla sostanza corticale — per lo più di quelle se ne possono contare 8 da ciascuna faccia di sezione). 31°) Capsule surrenali (assai voluminose e del peso di 1 grammo ordinariamente). §. 85. Fino a qui ho tracciato al perito uno schema di guida pratica per raccogliere dal cadavere del neonato i segni che possono dare una certa ragione a giudicare se il neonato aveva maturità sufficiente a vivere e condizioni organiche suffi- cienti a continuare la vita. — E chiaro mi sembra, che l'estremo — 181'— minimo di queste possibilità relativamente al periodo di evolu- zione organica intrauterina possa, generalmente parlando, esser fissato dal 6° mese compiuto di gestazione in poi, sempre però sottointendendo una valutazione relativa ai diversi casi, per la nota notissima, considerazione che la maggiore o minore maturità di un' organismo fetale non dipende in un modo assoluto dal com- puto del maggiore o minor tempo di trattenimento del feto ' entro 1' utero, ma sivvero dalla maggiore o minore energia di nutrizione e di perfezione organogenia che il prodotto del con- cepimento può risentire per le energiche assimilazioni nutritive provenienti dal pabulo materno. Quindi il perito dalla enumerazione dei caratteri sopraindi- cati, come quelli più elementarmente necessarii, può incontrarsi a raccogliere dati anatomici ancora più manifesti e spiccati, e stabilire per questa via ancora il più o meno avanzato grado di maturità fino al completo sviluppo nonimestrale. Ed allora la (1) Lunghezza, potrà esser segnata dai 48 ai 50 centi- metri. (2) Il Peso da 2 kilogr.. a 4 e ò, 300 (maximum) con una media di kilogr. 3, 500 gr. (3) La Pelle sarà completamente formata con induito seba- ceo, aderente, e abbondante nelle piegature del corpo. (4) I diametri della Testa quello a) Occipito frontale salirà ..ali cent, e 5 mill. b) Ia'Occipito mentoniero. . . a 13 » e 5 » e) Il Fronto mentoniero ... a 9 » e 5 » d) Il Biparietale........a 9 » > » (5) Ossa del cranio si toccheranno con i loro orli. (6) Le Fontanelle posteriori potranno essere sparite, ma tuttavia esistente l'anteriore, losangica. (7) I Capelli (lunghi, colorati). (8) Le Palpebre (aperte). (9) La Membrana pupillare affatto sparita. (10) La Mascella inferiore che mostrerà allo esame ana- tomico la formazione completa dei sepimenti ossificati delimi- tanti i quattro alveoli dentarii per ogni lato della stessa ma- scella. — 182 — (11) L'Inserzione del funicolo ombelicale ravvicinantesi al punto che segna la metà della lunghezza totale del corpo. (12) Le Unghie larghe, assai resistenti, che sorpasseranno la estremità delle dita. (13) Gli Organi genitali completi e se il sesso fosse ma- scolino si potrebbero trovare i testicoli scesi nello scroto, ma preferibilmente il sinistro. (14)11 Centro d'ossificazione nell'epifisi femorale formato nella dimensione nel suo diametro traverso dai cinque ai sei millimetri. Ed alla necroscopia interna si verificherebbero quali segni di avanzata o completa maturazione: 1° Il Cervello con numerose circonvoluzioni assai ben di- stinte dai solchi più profondi ed offrente alla palpazione una consistenza maggiore nelle parti centrali ove sarebbero assai ben distinte le due sostanze, la midellare cioè e la corticale o grigia. 2° I Polmoni amplii, distesi, rosei ec. 3° 11 Cuore con il foro del Botallo in via di chiusura o chiuso. 4° Il Fegato compatto, di un color rosso uniforme. 5° La Cistifellea con bile di un bel colore verde. 6° Le Intestina lunghe per 12 volte la distanza che corre dalla bocca all'ano del neonato. 7° Lo Stomaco che potrebbe anco contenere latte in via di digestione. 8° 11 Meconio nell'ultima porzione dell'intestino retto. È superfluo che io ripeta come tutti questi particolari po- tranno e dovranno essere senza dubbio alcuno raccolti ed enu- merati dal perito nella sua Relazione, sempre però nei loro varii gradi di accentuazione valutati con un criterio relativo alle spe- ciali e individuali condizioni dell' individuo in esame, e semprechè le condizioni del cadavere lo permettano dato che il caso batta su di un neonato che fosse stato da tempo inumato. §. 86. A me resta ora accennare brevemente la guida per emettere un giudizio in cui il perito dovesse esaminare un neo- nato vivo, ma intorno al quale cadesse dubbio di vitabilità. — — 183 - A. tal giudizio concorre senza dubbio tutta la grande serie di quelle cognizioni cliniche ed anatomo patologiche quali ogni me- dico deve possedere, ma i criterii principali da doversi accam- pare per lo scopo forense sarebbero i seguenti e cioè : A. Descrizione esattissima dell'abito esterno del corpo del neonato, cominciando dalla lunghezza, peso, misure dei diametri cefalici e toracici ec. B. Valutazione esattissima delle funzioni di Respirazione e Circolazione, decifrate con la stetoscopia, con la numerazione riportata ad una misura di tempo relativamente ai battiti car- diaci, termometria ec. — % C. Esame della funzione di Nutrizione, e cioè suzione, di- gestione, escrezioni ec D. Esame della motilità muscolare se estrinsecata da moti energici, estesi, regolari ec. E. Saggio della Innervazione in quanto concerne la sen- sibilità reflessa, gustatoria, calorifica ec. ec Insomma quella più completa illustrazione somatica che possa condurre a chiaramente persuadere che data una condizione mor- bosa la quale pure possa aver permesso e permetta [la mani- festazione della Yita, possa anco dare ragione ad ammettere la condizione della Vitabilità e ciò (s'intende bene) in quei casi nei quali la Legge non intenda di applicare senz'altre difficoltà la formula presuntiva cioè che se il neonato ebbe vita, nel dub- bio si presume vitale (V. §. 78). Così spero avere sodisfatto al compito di indicare il modo pratico di occuparsi delle questioni di vita e vitabilità di un neonato relativamente all' argomento delle « Successioni eredi- tarie» completando la ricerca della prova docimastica polmo- nare nel parlare dell'Infanticidio (V. Docimasia ec). AFRODISIOLOGIA CRIMINALE Parte IL Intervento del Perito in causa di Aborto # Criminoso o Feticidio. §. 87. A me pare debba esser di molto ajuto al perito ricor- dare prima con brevità quella definizione medico legale che più completamente armonizzi con le disposizioni legislative statuite intorno all' aborto criminoso. E questo lo faccio a determinato animo per la utilità della pratica, non per vaghezza di dottri- narismo dal quale mi guardo quanto più posso — in questo libretto. — Si può definire l'aborto criminoso « la espulsione « dall' utero del prodotto di concepimento procurata con inten- « zione criminosa »; Dico espulsione, perchè in questa parola comprendo un fatto che ha raggiunto il suo complemento, differenziando il ten- tativo del fatto medesimo. Dico procurata, perchè intendo che la espulsione sia av- venuta per un atto volontario della donna o di chi ne fu correo ed elimino la spontaneità del fatto stesso. Dico con intenzione criminosa ( dolo ) per differenziare tutte quelle necessità ostetriche che possono richiedere 1'.aborto ostetricamente procurato. Dico del prodotto del concepimento, perchè voglio sia ben fermo che non può parlarsi giuridicamente di crimine d' aborto se non è avvenuta la fecondazione e quindi una reale gravidanza. Per questo primo punto è intanto manifesto che non sa- rebbe da accettarsi, né; coordinatamente allo spirito della nostra — 185 — » codificazione penale; si può accettare, la definizione del Tardieu, pel quale è aborto « la espulsione prematura e violentemente pro- « vocata del prodotto del concepimento, indipendentemente da ogni « circostanza di età, di vitabilità, di formazione regolare, di morbo « ec. ». Per quell' illustre autore la espulsione od anco il tenta- tivo di espulsione del prodotto dall'utero è tutta l'essenza giu- ridica del fatto. — Dottrina che mentre viene confessata come necessaria pella urgenza di punire severamente e sempre, un delitto così comune del quale spesso si perde l'ingenere prin- cipale, contiene appunto in se medesima il difetto di non ripa- rare a quei casi nei quali può essere fatta questione se vera- mente si trattasse di una vera gravidanza e per conseguenza di un prodotto di concepimento invece che di un prodotto mor- boso: — dottrina per la quale non si elimina il dubbio possi- bile di una gravidanza afetale: —■ dottrina per la quale non si chiarisce il possibile caso che le pratiche abortive anziché agire sopra un prodottto di concepimento godente della vita organo- genica intrauterina, invece non agiscano che sul prodotto già alterato e morto da tempo per ragioni morbose diverse: —• dottrina che potrebbe condurre a confondere l'aborticida con la infanticida, quando una donna provocando la espulsione violenta di un feto questo uscisse vivente e dopo venisse dalla madre ucciso e disperso: — dottrina infine, che non armonizzando con il concetto fondamentale del nostro diritto penale,.condurrebbe a dover punire quella donna che pure con la intenzionalità d'abor- tire ottenesse la espulsione d' un feto vitale che seguitando a vivere e vegetare costituirebbe un fatto di parto accelerato procurato, ma non essendo accaduta la morte non potrebbe par- larsi di aborto uè d'infanticidio, dunque non esisterebbe reato, dunque non penalità correspettiva a questo. §.' 88. Dopo queste brevi riflessioni e soltanto per chiarezza e precisione di linguaggio, ricordo qui brevemente come nella ostetricia si dica Aborto la espulsione spontanea del feto imma- turo fino al periodo del settimo mese di gestazione: — si dica Parto immaturo spontaneo, se la espulsione avvenne dopo il 7.° mese di gestazione: — si dica Aborto provocato per ra- gioni morbose, la espulsione a bella posta voluta del prodotto — 186 — del concepimento per porre fine alla gravidanza, prima del ter- mine della vitabilità fetale, cioè prima della fine del sesto mese e con lo scopo di salvare la vita della madre: — si dica Parto accelerato quella operazione per mezzo della quale si affretta la nascita con lo scopo e di conservare e tutelare la vita al figlio ed alla madre. §. 89. Stabiliti questi due punti, accennerò ora in quante circostanze più comuni può trovarsi il pratico relativamente alle qualità sociali della donna che è incolpata d'aborto. E prima di tutto e più frequente, si è il caso di esaminare una donna nubile e illecitamente fecondata: una donna maritata ma illecitamente gravida: una donna divenuta vedova la quale in tale stato od abbia provocato l'aborto per rimanere libera a nuove nozze, o contratta un illecita fecondazione, provochi l'aborto: una donna meretrice che rimasta feconda, voglia di- sfarsi del tedio e della gravidanza inoltrata e della fìgliuolanza: una donna e maritata e legittimamente gravida che per iniquità d'animo o per volersi mantenere libera nella vita sociale, o per pusillanimità d'affrontare i dolori e le cure materne, o per odio di portare nel suo seno un figlio di marito da essa non amato o per altre indeterminabili ragioni, si procuri l'aborto violento. §. 90. Stabiliti questi tre punti ora avvertirò il pratico come il fatto dell'aborto possa esser consumato dalla sola donna gra- vida: possa esser consumato sulla donna gravida da altra per- sona : e possa in quest' ultimo caso essere'dalla donna acconsen- tito che su di essa si facessero le pratiche abortive; come anco può darsi che essa non vi abbia acconsentito, ignara essendo dello scopo di quelle manovre o di quei mezzi che su di essa si adoperavano. §.91. Dal che ne discende che in causa d'aborto crimi- noso il perito possa e debba trovarsi nella necessità di occu- parsi e di più persone e di più cose: cioè dei mezzi adoperati a provocare l'aborto, e questi possano essere o mezzi fisici meccanici — o sostanze medicamentose ■—• o mezzi che vogliono quasi un' atto operatorio ad essere impiegati, come sarebbero la dilatazione del collo; o la iniezione di liquidi su di esso e per entro^ad esso; o la puntura del sacco amniotico o il distacco dell' uovo ec. — 187 — §. 92. E siccome per dato e fatto delle pratiche abortive delittuose, la donna potrebbe perdervi la vita; tantoché essa si fosse prestata conseziente, quanto disseziente o inconsapevole; così il perito può esser chiamato a scioglier delle quistioni in donna vivente quanto in donna fatta cadavere. §. 93. Quanto alle disposizioni legislative, tanto considerando quelle degli art. 321, 322, 323 e 324 del Codice Penale Toscano, quanto quelle degli art. 501, 502, 504, 505 del Codice Penale Sardo, quanto quelle del Progetto di Codice Penale Italiano art. 364, 365, 367, poco importa ora fermarvisi: — tanto più che è sperabile una prossima unificazione. Però è meritevole di esser riportato il tenore dell'Articolo 505 del Codice Penale Sardo che contempla il caso in cui se l'aborto procurato non avesse avuto effetto, commina la pena della relegazione estensibile agli anni cinque. Una importante considerazione vuole piuttosto il testo dell'Art. 366 del Progetto di Codice Penale Italiano nel quale verrebbe proposto di «aumentare di un grado le pene stabilite « negli antecedenti paragrafi per i medici, i chirurghi, le leva- « trici ed i farmacisti e loro assistenti ed ajuti, i fabbricanti o « venditori di prodotti chimici che hanno scientemente indicati, « somministrati o adoperati i mezzi pe' quali è avvenuto l'aborto « o la morte » e nei casi di condanna alla prigionia, si aggiun- gerebbe la sospensione dai pubblici ufficii dai cinque anni ai dieci. Però al §. 2 del medesimo articolo si decreterebbe « non essere « imputabili i medici ed i chirurghi quando giustificassero d'avere « agito nello scopo di salvare in tal maniera la vita della donna «messa in pericolo dalla gravidanza o dal parto». §. 94. Esposti questi fondamentali principii non resta che accennare i quesiti principali e indicare quali cose debba saper fare il perito per scioglierli convenientemente. I quesiti principali sarebbero i seguenti: 1.° La tal donna ha abortito? 2.° Se ha abortito da quanto tempo ed a qual periodo di gravidanza è avvenuto l'aborto? 3.° L'aborto è stato naturale, spontaneo o procurato ? ■— E se procurato con qual mezzo? §. 95. Quesito I. — La tal donna ha abortito? — 188 — Prima di tutto (e lo tenga ben fermo il perito) ogni- voltachè sarà chiamato ad esprimere parere su tal quesito di- chiari esplicitamente e senza ambagi all'autorità giudiziaria di ritenere per sottinteso e già dimostrato, che sia stata provata la preesistente e vera gravidanza. In una parola, e per maggior chiarezza, tocca all' accusa provare la gravidanza. — Io racco- mando quanto più so e posso, questo punto sul quale non bi- sogna mai cedere, quando si fosse invitati a dar parere in si- mili circostanze. Diversamente consiglio di declinare il mandato. Stabilito questo, ecco le condizioni [pratiche nelle quali può trovarsi il perito: 1.* Dovere esaminare una donna vivente, sana, e di fresco si supponga abbia abortito. 2.» Dovere esaminare una donna vivente, sana e da qualche tempo si supponga abbia abortito. 3.* Dovere esaminare una donna malata e di fresco si sup- ponga abbia abortito. 4.* Dovere esaminare una donna malata e da qualche tempo si supponga abbia abortito. 5.a Dovere esaminare una donna cadavere e si supponga di recente abbia abortito. 6.' Dovere esaminare una donna cadavere e da qualche tempo si supponga abbia abortito. In tutte queste diverse particolari circostanze di fatto può il perito avere ed esaminare anco il prodotto espulso come può anco mancare, e questo è, a vero dire, il più frequente caso. §. 96. Regola generale, con discretiva accolta,T aborto pro- vocato si verifica più frequentemente fra il 4.°, 5.° e 6.° mese di gestazione; e ciò perchè, è evidente, che la donna si decide a provocarlo quando è certa della gravidanza e mentre nei primi due, tre, mesi, si dà attorno a fare dei tentativi, allorché il dubbio le è tolto, allora o mette in opra i mezzi più efficaci, o sfiduciata ancora da questi cerca ajuto in altri più sicuri, valendosi anco di astuzie o di seduzioni per cercare e trovare dei complici. Premesso questo, veniamo al modo pratico di sciogliere il I.° quesito, - 189 — §. 97. Quesito I.° — La tal donna ha abortito ? Qualunque sia una delle prime quattro condizioni sopraaccennate nelle quali il pratico debba esaminare la donna incolpata, è necessario si prepari a doverle fare un interrogatorio: un esame generale e locale: e formulare poi una particolareggiata relazione. A. Interrogatorio —■ Consideri attentamente il perito il possibile di trovarsi in faccia a donna che abbia ragione o in- teresse di simulare d'essere stata passiva di un' aborto: e guardi poi attento a quej casi (e sono in pratica i più frequenti) nei quali si trovi in faccia ad una donna che abbia interesse a dis- simulare o nascondere l'avvenimento dell' aborto stesso. Nel primo caso, tutto sarà esagerato, tutto con premura serbato a dimostrare che realmente avvenne il fatto; nel se- condo, tutto sarà diminuito, tutto sarà scusato, molto sarà na- scosto con accortezza tale da sperare che non rimangano signi- ficativi quei segni che pure potrebbero essere sufficienti a metter sulla via di scuoprire le traccie dell'accaduto. Importa prevenire il perito su ciò onde il momento ed il modo dell' interrogatorio debbano essere regolati da una squi- sitezza di modi e da una accortezza d'intelligenza quali invero bisogna piuttosto sentirli e possederli che sperare d'apprenderli dai libri. Può dunque "giovare raccogliere qualche notizia tanto da giungere ad una diagnosi psicologica per intendere se si adoperi scaltrezza od esistano ragioni a dissimulare, valutando intanto l'aspetto della fisionomia, la impressionabilità morale, lo stato d'apprensione della donna, ed aver notizie della tra- scorsa salute, del come abbia proceduta la gestazione o se ten- tativi furono consumati, sia adoperando delle sostanze o met- tendo in pratica dei mezzi che si possono credere atti a destare l'aborto. Il perito si governerà in modo da condurre la donna a prestarsi fàcile alla verificazione di quei fatti che possono essere utili allo scioglimento della questione, esaminandoli con ogni precisione e senza lasciarsi traviare o da preconcetti o da troppo- deboli argomenti che tendano a divagare lo scopo del perito Perchè in definitiva il dilemma è questo: o la donna ha ragione di simulare, e sarà libéralissima e contenta di far vedere e — 190 — toccar con mano lo stato delle cose: o la donna avrà ragione di nascondere, e stretta dall'accusa che grava sopra di lei, avrà interesse a far vedere che non è vero quello di cui s'in- colpa : — ma sempre farà vedere — e il perito allora o diminuirà nel suo giudizio nel primo caso; o stabilirà il giusto termine nel secondo. In ogni modo le cose importanti a domandarsi sono le seguenti: 1." Prender contezza delle condizioni di salate precedenti ai sospettato aborto. 2.a Assumere tutte le necessarie e più opportune notizie sul- l'andamento della gravidanza. 3.' Esaminar con attenzione, quandoUa circostanza lo richie- desse, tutte quelle sostanze, o liquide o solide che po- tessero essere |state reperite o venire presentate dalla donna stessa come rimedii terapeutici, serbandole o per l'esame chimico o per l'esame al microscopio. Allo interrogatorio succederà B. l'Esame generale esterno della donna: — tanto più ubertoso di resultati quanto più la visita del perito cadrà vicino al momento della espulsione e quanto più il periodo di svolgi- mento della gravidanza avrà raggiunto il 4.° o 5.° mese di evo- luzione. Così sarà tenuto conto se la faccia e la cute del corpo fosser pallide, qualora avesse avuto luogo una metrorragfa: — se l'espressione del volto accennasse a sofferenze patite e avesse quella particolare modificazione indefinibile, ma caratteristica della donna che di fresco si è sgravata; — se si riscontrassero fiacche le azioni cardio vascolari proporzionatamente a quello stato d'abbandono che non suol mancare nella puerpera: — se in qualche parte del corpo si vedessero traccie di ripetuti salassi o di applicazione di sanguisughe: — se la pelle del ventre si mostrasse grinzosa, rilasciata, vergolata da quelle vibici che in alcune donne avvengono per la distensione forzata prodotta dal volume dell' utero: — se le mammelle mostrassero quel colore più intenso dell'area intorno al capezzolo: — se spremendo la gianduia mammaria uscisse alcuna secrezione più o meno densa da esa- minarsi al microscopio, onde conoscere se fosse colostro o latte. — 191 - C. E venendo a praticare 1' esame dei genitali esterni verificare se la vulva fosse arrossata, se umida, se esistesse lo stato d'edema sottomùccoso; se la vagina fosse dilatata, se ge- mente o no scolo saguinolento o lochiale, se l'imene fosse di fresco sfrangiato più o meno carnoso, rosseggiante; se facetdo il riscontro digitale il collo dell' utero si sentisse molle, rotondo caldo, gemente ancora del sangue; se il corpo dell' utero fosse ancora alquanto grosso, molle, sensibile, alla pressione sopra F arcata del pube; e finalmente, occorrendo, se per mezzo dello speculum, si riscontrasse ancora esistente il rossore vaginale, tumido il collo uterino con sfrangiature recenti e sanguinanti. Ma tali segni tutti riuniti se verificati su di una donna dopo 5 o 6 giorni dacché si sospetti abbia abortito, valgono a indiziare che qualche cosa sia stato espulso dall'utero, dal punto di vista medico legale non hanno ancora la forza di costituire una prova assoluta a potere assicurare che un prodotto di con- cepimento fu violentemente espulso da quell'utero. — Perchè, come ebbi già ad avvertire al paragrafo 58 e 59., questi segni possono pure aversi uno ad uno anco in alcuni stati morbosi dell' utero dal quale finalmente il contenuto anormale sia stato espulso. Quindi il perito sia prudente a dar valore assoluto a questi indizii solo efficaci ad avvalorare un giudizio quando ad essi facciano corredo altri argomenti o provenienti da altra ragione, ovvero confermati dal raffronto del prodotto del con- cepimento espulso dalla donna e reperito presso di lei. Se que- sta ultima circostanza si dasse, allora 1' esame del prodotto; oltre a confermare che vi fu un vero concepimento; potrebbe anco indicare se quel dato prodotto potè essere emesso da essa e tutto insieme far discendere nella persuasione che dessa abbia abortito. — Io non posso fare a meno di ricordare al perito come si osservino casi nei quali la espulsione del prodotto del concepimento avvenendo quando la gravidanza è di poco inco- minciata (4-6 settimane) allora per la picciolezza dell' uovo non richiedendosi molto travaglio all' uscita, né essendovi stato tempo necessario a generare quelle modificazioni a tutti note nell' or- ganismo muliebre, non è possibile decidere se dessa abbia abor- tito. Ed anco la stessa fuoriuscita di sangue dai genitali può — 192 — alcune volte assomigliare ad una mestruazione più o meno ab- bondante: e quand'anco si dasse il caso che la espulsione del- l' embrione o del feto, fosse avvenuta a periodo assai avanzato della gestazione, se la visita del perito cadde in lontano tempo (6-6-10 giorni) dal parto, semprepiù si diminuisce la possibilità di rispondere al presente quesito. Concludendo, quando alla visita periziale che cadesse vi-. cinamente al tempo in cui si sospetta sia avvenuto un aborto (dal 3.° al 5.° giorno) si potranno riassumere (A) tutti i più chiari segni di un vero e proprio travaglio espulsivo dall' utero di un corpo che pel volume potesse modi- ficare le parti genitali siccome vengono modificate all'uscita di un feto giunto ad una fase di gravidanza che abbia raggiunto il quinto mese ed oltre: (B) e quando oltre ai fenomeni locali si potessero racco- gliere quelli che sogliono destarsi nell' organismo d' una donna soprapparto relativi ai diversi periodi di gravidanza: (C) e quando l'esame microscopico delle secrezioni mam- marie, uterine e vaginali, confermasse la indole dei liquidi che soglionsi avere nel parto, tutto concorrerebbe a poter coasegnare nel Verbale la formula seguente e cioè: « vi è molta probabi- « lità a credere che la donna N. N. abbia potuto espellere « dall' utero un prodotto che potrebbe essere di concepimento « e che potrebbe esser dichiarato per tale quando V Autorità « giudiziaria lo presentasse all' esame del sottoscritto ec. ec... E dato che questa ostensione avvenisse, allora il perito riepilogando: 1.° i fenomeni dichiarati dalla donna relativamente allo stato di salute, prima della espulsione: 2.° valutati i fenomeni proprii della precorsa gravidanza: 3.° calcolato il tempo della gestazione medesima con lo svi- luppo presentato dal feto e 4.° messi in corrispondente confronto i segni raccolti dallo stato delle parti genitali della donna con lo sviluppo del feto, potrà allora completare il suo giudizio confermando la formula suespressa col dire che «nulla v'ha in con- « travio a ritenere che quél feto possa essere il corpo ■ — 193 « espulso dai genitali di quella donna » e quindi si possa con molta verosomiglianza concludere che quella tal donna abbia abortito. Meno però tutto il cumulo di queste circostanze cotanto favorevoli, in tutti gli altri casi nei quali non sia possibile né avere evidenti i fenomeni proprii della partorigione, né possibile l'esame del prodotto espulso, né anco avendo un prodotto espulso dall' utero fosse possibile, per le alterazioni subite o per le com- plicazioni, decidere la natura del corpo medesimo, non sarebbe prudente consegnare al Verbale una dichiarazione che avvalorasse il sospetto e quindi lasciare all' autorità inquirente ogni altra decisione dell' affare, senza compromettere menomamente la scienza medica in faccia al fòro. Per maggior ajuLo si legga quanto è indicato nei §§. 58, 59 per constatare il parto avvenuto e da quanto tempo sia avvenuto. §. 98. Ed a rendere anco più difficile la soluzione del presente quesito, non debbo omettere di notare il caso in cui una donna; e specialmente se nubile e di condotta non morigerata; possa accogliere sospetto di essere rimasta illecitamente feconda, sospetto che potrebbe avvalorarsi sia per irregolarità o cessa- zione dei periodi mestruali, o da senzazioni insolite di disturbi nervosi, e in tale credenza darsi a pratiche abortive per le quali dall'utero in un dato tempo espellesse a forma emorragica un corpo qualunque che per essa potrebbe esser ritenuto per il prodotto di una vera concezione. Anzi potrebbe anco in buona fede confessare e gli illeciti rapporti sessuali, ed i fenomeni morbosi che le avvalorarono il sospetto e F adoperamento di sostanze abortive e pur nonostante non essere mai esistita vera gravidanza né potersi per il deperdimento del prodotto nel- l'occulto parto, provare la realtà della cosa. E noto come vi possano essere malattie dell' utero nelle quali fino dal loro insorgere hanno modo di mentire lo stato di gravidanza ed anzi è noto come una fra di esse precipuamente possa anco dare la espulsione dall'utero di membrane accompagnate da atti emor- ragici e da un cumulo di fenomeni tali da far emettere un falso giudizio a danno della giustizia e della verità. — Fortu* Filippi — 194 — natamente però quando al perito fossero presentati tali prodotti, la osserva/ione microscopica dà modo di appurare il dubbio e riandando tutti gli elementi del caso, illuminare efficacemente la giustizia penale onde arresti le sue gravi decisioni. Voglio alludere per esempio alla espulsione di membrane nella Disme- norrea, sulla quale malattia e sulle necessarie differenziali ne parlerò al §. 103. §. 99. Quesito. IL Se lattai donna ha abortito, da quanto tempo e l al qual periodo di gravidanza ha abortito ? Ricordi il perito che se in pratica è alcune volte difficile giudicare quando una donna abbia partorito ed a quale periodo di gravidanza abbia emesso il prodotto del concepimento a più forte ragione è difficile rispondere se una tale donna abbia abor- tito e da quanto tempo abbia abortito. Nonostante, quando F aborto fosse stato recente; il perito terrà conto: (a) dello stato del collo dell' utero, il quale potrebbe avere tuttora l'orificio esterno aperto, molle, cedevole: (b) della attualità dello scolo sanguigno o del particolare odore e colore dello scolo lochiale: (e) della fuoriuscita e reperimento di frustuli placentarii verificabili all'esame del microscopio: (d) delle condizioni della secrezione mammaria: (e) delle condizioni dello stato generale della donna e tanto più valutabili se fosse primipara. Però, ricordi il perito, come tutti questi segni sieno presto dileguabili e speciaimeate quando l'aborto fosse avvenuto fra il 3.° e 5 ° mese dalla fecondazione, non calcolando poi quanto potrebbe anco diminuirli nella loro intensità l'opera premurosa di coloro che avendo interesse a dileguarli, possono adoperare cure efficaci a tale uopo — Se poi a tutto questo si aggiungesse un ritardo di giorni dal momento in cui può essere avvenuta la espulsione al momento in cui cadrebbe la visita del perito, la difficoltà si fa anco maggiore; e il più delle volte, non è possi- li! le esprimere un giudizio neppure approssimativo. Pur tutta- via se certo di una precedente gravidanza, il perito non potesse nascondersi le probabilità di un' avvenuto aborto, per il cumulo — 195 - armonioso di tutti i segni più proprii di un tale avvenimento, allora la formula più equa e praticamente utile da rilasciarsi ufficialmente, sarebbe a mio credere la seguente e cioè: « esser « molto verosimile che la donna NN abbia potuto da 3 o 4 gior- «ni (al più) espellere un prodotto dall'utero, prodotto che «potrebbe esser precisabile nella sua natura quando fosse «presentato ec. ». g. 100. La seconda parte del quesito, cioè quella che do- manda a quale periodo di gravidanza, si può ritenere sia avvenuto l'aborto, è intrinsecamente collegata con le condizioni avvertite più sopra. — La osservazione dimostra come in gene- rale se l'aborto fu provocato nelle prime settimane dal conce- pimento, il prodotto per se stesso di piccolo volume va disperso; ed oltre ad essere accompagnato di rado da gravi modificazioni generali e locali, a volte può perfino andare confuso con una più abbondante mestruazione. — Quando invece accade fra il 4° e 5.° mese; come appunto è questa l'epoca più frequente, perche in allora la gravidanza si è resa nota alla donna; allora può pure avvenire che senza grave travaglio la espulsione violenta del feto si compia — Non sarebbe che quando accadesse al 7.° ed 8.° mese di gestazione che in allora per il più completo sviluppo del feto, si avrebbe necessità di un vero travaglio di parto e le condizioni generali dell' organismo della puerpera ed anco lo stato delle parti locali, potrebbero insieme offrire dei caratteri da'quali dedurre approssimativamente a qual periodo di gestazione fosse giunta la gravidanza. Il perito in tal caso avrebbe modo di fondare il suo criterio sullo stato puerperale più o meno accentuato a seconda dello' sviluppo del feto e tale indagine viene insegnata dalle più comuni cognizioni della oste- tricia. — Se il perito avesse la fortuna che tal quesito gli fosse mosso avendo reperito il prodotto del concepimento sia che questo-fosse allo stato di uovo, o di embrione o di feto, allora la risposta sarebbe più facile; perchè e l'esame dei villi coriali, e delle membrane, o le dimensioni dell'embrione, o il peso e la misura delle parti fetali, analizzando ogni momento di evo- luzione organogenica, sarebbero preziosi dati per risolvere con giusta approssimazione al vero un tal problema. Più avanti al — 196 — §. 113. si troverà specificata ogni più necessaria particolarità relativa ai diversi segni indicativi la fase di sviluppo ordinario di un feto. §. 101. Quesito IH. V aborto e stato naturale, spontaneo, o procurato ? Quando più sopra al §. 97 io indicava al perito il modo e la convenienza di dirigere bene l'interrogatorio alla donna da esaminarsi, preparava in qualche modo la via a sciogliere una parte di questo importante e di Abile quesito. — Perchè è inu- tile nasconderselo, per decidere se un' aborto possa essere stato spontaneo o criminoso, vi occorre il possesso di una parte tutta indiziaria e di una parte tutta obiettiva, positiva. È evidente come in generale la donna incolpata avanzerà ostinatamente che F aborto fu naturale o dipendente da morbi, da accidenta- lità; e quand'anche o per le notizie avute o per l'esame diretto, si fosse venuti a cognizione o in sospetto che qualche pratica abortiva fu da essa consumata o qualche sostanza fu anco presso di lei requisita, essa rovescerà l'ardimento dicendo che tutto quanto fece e adoperò lo pose in pratica per evitare l'aborto. Ma non si potrà negare che se fosse uota la irregolare condotta di vita di-codesta donna, se fosse n.,co che dessa avesse fatto di tutto per nascondere la gravidanza, se fosse noto che avesse acquistato e fatto uso di droghe che risquotono fama d'abortive, se fosse noto che dessa avesse ricercate persone che le indi- cassero mezzi abortivi; se da se e senza alcuna giusta indica- zione medica, avesse fatte applicazioni di mignatte in varie parti del corpo, se avesse fatto uso di purganti drastici, di revulsivi, di pediluvii, se ingannando medici avesse implorate ricette di sostanze ferruginose o mentendo sofferenze uterine avesse voluto l'assentimento a cure dirette sul collo dell' utero nella speranza di raggiungere fraudolentemente il desiderato scopo dell' aborto e simili arti avesse insistentemente da ogni parte sollecitate, non è a nascondersi come con tutti gli altri dati che il perito; come medico; potrebbe mettere insieme, non sarebbero per riu- scire di qualche valore, sebbene di pura presunzione. Ma lanciando a parte tali argomenti, ben più importante ufficio dee sostenere il perito in simili casi e cioè esaminare — 197 — se nella donna vi fossero ragioni che scientificamente valutate conducessero veramente il perito nella persuasione che in quel caso l'aborto potesse essere inteso per spontaneo e non cri- minoso. §. 102. Ecco la necessità pratica di saper bene apprezzare tutta la serie delle cause predisponenti, od eventualmente oc- casionali che potrebbero in realtà essere intervenute a decidere un aborto che fu sospettato per criminoso. Quanto alle predisponenti il perito rammenti essere vero come 1.° una donna di debole costituzione fisica, di abito ner- voso, convulsivo, trovandosi illecitamente gravida, traendo la vita angustiata dal rimorso, da privazioni, da timori di incon- trare disonore e sevizie sia già predisposta ad abortire. La os- osservazione clinica dimostra anco l'estremo opposto e cioè che lo stato pletorico od una eccessiva irritabilità organica possono ugualmente predisporre ad aborto. — 2.° Come certe condizioni morbose lente o congenite od acquisite all' organismo, quali la scrofola, la tubercolosi, la sifilide, lo scorbuto, il miasma palustre il cancro ec. possano non essere favorevoli ad una regolare e completa gestazione. — 3.° Come alcune infezioni tossiche quali la saturnina, l'alcoolica, la mercuriale, l'jodica ec, possano pre- disporre all' aborto. — 4.° Come anco alcune malattìe acute, quali la pneumonite e tutte le febbri eruttive intervenute nel periodo di gravidanza possano determinale l'aborto. — 5.° Come certe conformazioni irregolari della parte scheletrica della donna e specialmente del bacino, o condizioni morbose degli organi genitali interni, come prolasso, retroversioni, anteversioni, ade- sioni, rigidità, nevrosi dell' utero ec, tumori fibrosi, muccosi, benigni e maligni ec, possano predisporre e determinare aborto.— 6.° Come forse per tali condizioni tìsiche preesistenti, si dieno casi nei quali F aborto stesso si ripeta alla medesima epoca circa, nella stessa donna che altre volte fu incinta. E per parte dell'autore della fecondazione il principio sifi- litico o trasmesso direttamente al germe o, come avvenimento più efficace, trasmesso alla madre e da questa al feto, possa de- terminare all' aborto. Quanto alle occasionali il perito rammenti come in gene- -- 198 - rale è vero che commozioni più o meno violenti, cadute, colpi direttamente o indirettamente portati o risentiti dall' utero, coito smodato, equitazione, ballo ec. possano decidere un'aborto pel distacco parziale o completo dei legami che tengono uniti 1' uovo o il feto alla superficie uterina. Né è da trascurarsi la valutazione che quando fosse pre- sente il corpo espulso dalla donna, sarebbe strettamente ne- cessario che il perito facesse attentissime ricerche anatomo patologiche per riconoscere se nello stesso prodotto di con- cepimento potesse mai risiedere la ragione precipua dell'abor- to. Perchè è vero come od una malattia della Placenta ( de- generazione fibrosa, cartilaginea, ateromatosa, calcarea, idati- gena ec.) od una eccessiva lunghezza e sottigliezza o grossezza e cortezza del funicolo ombelicale; o malattie dei vasi ombeli- cali, o attorcigliamenti o annodamenti del funicolo, o alterazioni delle membrane del sacco; o eccessiva quantità del liquido amniotico, o vizii di conformazione del feto, ed anco per malattie e morte di esso avvenuta nell'utero precedentemente alla espul- sione; o inserzioni abnormi di tutto F uovo nella superficie ute- rina, possano essere cause morbose da fare intendere la spon- taneità della espulsione o almeno predisponenti talmente a risentire anco la influenza di lieve causa occasionale, appunto di quella che potrebbe essere stata indiziata come la colpevole o dolosamente adoperata o incontrata. Questi sarebbero i-punti principali che il perito dovrebbe prendere uno ad uno in esame quando procedesse alla visita di Una donna incolpata d'aborto criminoso: ed è evidente che quando e dall'interrogatorio e dalle stragiudiciali informazioni (con ri- serva accolte) e dall' esame diretto della donna, e dalle notizie della trascorsa vita, e dall'esame del prodotto; quando fosse pos- sibile averlo; tutto cospirasse a intendersi come un aborto fosse con probabilità avvenuto spontaneo, il giudizio del perito potrebbe essere espresso sotto la formula del verosimile, attendendo dall'autorità giudiziaria altri quesiti che pure potrebbero sca- turire dalle investigazioni giudiziarie, §. 103. Se dopo tanto accurate ricerche non fosse possibile accogliere neppure come verosimile che in quel caso F aborto — 199 — potesse mai essere stato spontaneo, sarebbe necessità di prepa- rarsi ad assolvere la seconda parte del quesito e ricercare « s? «potè essere provocalo e con quale mezzo ». Pongo come prima avvertenza pratica il seguente principio relativamente alla questione di dichiarare che un aborto potè essere provocato criminosamente e cioè: che perchè si possa cominciare a sostenere dall' accusa che F aborto fu con inten- zione criminosa provocato, è necessario dimostrare evidentemente che il mezzo o il modo adoperato era idoneo a recare quel dato effetto: e ciò perchè sarebbe veramente una inconseguenza giu- ridica incolpare una donna che nel l'adoperare un mezzo inidoneo abortisse eventualmente e si volesse stabilire il broccardo dell'hoc post hoc ergo propter hoc! —■ In diritto criminale è fondamentalmente stabilito esservi conato a delinquere quando il mezzo col quale uno si determina a consumare il delitto sia idoneo a mandarlo in effetto e tale idoneità deve essere intrin- secamente inerente alla natura del mezzo adoperato. Ma a chi spetta mai in tési d'aborto provocato giudicare del- l'idoneità del mezzo se non al perito medico forense ? Stabilito ciò entriamo nella parte pratica dell'argomento. Per essere utile alla pratica divido cosi la natura dei mezzi che potrebbero cadere in esame in simili questioni. I. Mezzi violenti morali, come intimidazioni, spaventi, sorprese ed ogni atto che potesse essere stato dolosameute messo in opra per turbare una donna che si sapeva gravida onde procurarle F aborto. IL Mezzi chimici, farmachi che uccidano il feto o destino contrazioni uterine per le quali si abbia il distacco e la espul- sione del prodotto del concepimento. III. Mezzi meccanici, come urti al ventre, o sulla per- sona, o manovre meccaniche direttamente portate sul collo dell'utero, e dentro F utero stesso o per ledere il prodotto o distaccarlo. §. 104. Quanto alla I." categoria, in pratica potrebbero sorgere difficili e gravi questioni promosse da chi subì il danno: e sebbene tali avvenimenti possano ritenersi per i meno frequenti, pure non ne mancano esempii e la valutazione di tali possibi- — 200 — lità vuole una esatta illustrazione psicologica per parte del perito. Che la quotidiana osservazione faccia fede come non di rado al medico si presentino donne gravide a chieder consiglio per le sofferenze risentite da uno spavento, da una viva impressione morale eventualmente ricevuta, e dopo poco, tali donne abbiano l'aborto, nessun medico vorrà negarlo. Vi sono nella storia me- dica i fatti osservati da Baudelocque di 62 donne o in peri- colo di abortire o avendo abortito per la esplosione nella pia- nura di Grenelle ed i più recenti durante la Comune e l'assedio di Parigi: ed io stesso mi ricordo di avere avuta notizia di casi di aborti determinati rapidamente o per infausta notizia rice- vuta inaspettatamente per lettera, o per essere stata la donna testimone di rissa nella quale era immischiato il proprio marito, o per spavento avuto in caso di pubblico conflitto, e mi ricordo di casi non pochi di aborti avvenuti in donne abitanti nel gruppo o nei dintorni delle case di legno che arsero nella sera del dì 22 Gennajo del 1872 fuori la Porta alla Croce qui in Firenze, e mi ricordo di un caso d'aborto rapidamente avvenuto in donna alla quale fu avventato (per scherzo) un cane da macellaro, e simili casi che ora non voglio seccarmi a registrare. Ma se è così per ragione eventuale, nulla vi è in contrario ad ammettere che possa avvenire in modo colposo o doloso e quindi sorgere contenziosità sull' avvenimento ed il perito doverne dare giudi- zio attendibile ed utile al fòro. — A me pare che la giusta via sarebbe questa: di accettare in tèsi generale la possibilità del fatto e decidere della probabilità dell'effetto nel caso in ter- mini, assumendo gli argomenti con il criterio della soluzione in- dividuale; ossia della scrupolosa dimostrazione come in quella donna, eliminate tutte affatto le cause che diconsi predisponenti, quella causa occasionale d'indole morale destò essa sola un ef- fetto dannoso che per serie intrinsecamente successiva di con- seguenze morbose condusse all'aborto. Se tale concatenamento, provata F importanza e il grado della causa occasionale in rap- porto alla sua intrinseca idoneità e relativamente alle condizioni psicologiche della donna, si spiegò logicamente e continuamente fatale, vi sarebbe ragione a concludere come in quel dato indi- viduo quella data causa potè essere stata efficacemente abortiva r — 201 — È inutile mi sembra ch'io insista ulteriormente a precisare il concetto, perchè in parte è questione di buon senso, in parte è questione di filosofia medica, in parte è questione di elemen- tare cognizione di tutto quanto si sa da lungo tempo in medi- cina sulla famosa influenza del morale sul fisico delle donne gravide. §. 105. Esaminiamo ora la II.a categoria e indichiamo il modo pratico di risolvere le questioni che vi si referiscono. Prima di fare la consueta e nojosa enumerazione di tutta quella farragine di droghe e di preparazioni farmaceutiche, voglio stabilire un criterio fondamentale che dovrebbe sempre esser fisso alla mente del pratico quando dovesse occuparsi di tale argomento per rischiarare i dubbii della Autorità giudiziaria. Non ò errore ammettere in tesi generale che sostanze assolutamente abortive non esistano: ma non si può negare come l'adoperamento di alcune sostanze o vegetali o minerali o sotto una forma od una data combinazione chimico farmace- utica amministrate alla donna gravida, non possano destare tur- bamenti organici da portare come ultimo effetto contrazioni dell'utero e per tali abnormi movimenti il distacco dell'uovo, metrorragie ed aborto. Non si può neppure negare come alcuna di tali sostanze o intempestivamente o smodatamente ingerite non possano invecechè* l'aborto, destare delle perturbazioni alla salute da raggiungere anco il grado di vero e proprio veneficio ; tantoché la donna che tentava la espulsione violenta o le per- sone che su di essa volevano raggiungere quello scopo delit- tuoso anziché questo, abbiano o prima o dopo o contemporanea- mente, data origine ad un avvelenamento alcune volte spinto ad esito letale. Tutti questi differenti effetti sono oggi intel- ligibili per gli studii d'anatomia, di fisiologia e di terapeutica esperimentale, per modo tale che e ricordando le leggi dello assorbimento ed i rapporti anatomici che il sistema nervoso centrale ha con F utero, si può intendere come per F irritazione morbosa destata da alcune sostanze e specialmente sull'ultima porzione del midollo spinale e del plesso ipogastrico, l'utero turbi e se occupato da un prodotto di concepimento lo espella. — Stabilito ciò, è evidente come il perito interpellato su tale — 202 — avvenimento, debba ridurre la questione ai suoi più semplici termini relativamente al caso in specie; e domandare: se accer- tata la ingestione o la propinazione di quella data quantità di sostanza, i fenomeni morbosi che la susseguirono furono di tale efficacia da dar luogo all'effetto finale dell'aborto. — E se nella successione o concatenazione clinica nulla vi fu di dubitativo; e se tutto avesse proceduto con perfetta armonia di qualità, quantità e indole dei sintomi pronunziatisi; sarà legittima ne- cessità coneluderecome quella data sostanza in quel dato caso, possa essere incolpata di abortiva, sebbene nella generale ed astratta valutazione di essa nessuno lo avrebbe potuto asse- rire, né alcun'altro lo avrebbe potuto credere, o verificare.— Io non vedo qui miliardi strano né d'illogico; non vedo nulla di inconsueto da quanto si osserva in pratica allorquando spesso ci si trova a fronte di certe eventualità che secondo il giudizio del più delle volte, erano per lo affatto imprevedibili. — A volte un medicamento comune, pòrto con ogni accorgimento e sapienza terapeutica, desta effetti inaspettati tanto in bene che in male; ed io non capisco come con una certa presunzione scientifica si perda e ingegno e tempo a classare alcune sostanze e come drastiche e come emenagoghe e come deprimenti e come ecci- tanti, quando poi nei diversi e svariati casi della pratica si ve- dono quotidianamente resultati affatto differenti da quelli che uno si aspettava. — Ma dal punto di vista medico legale se il perito sarà chiamato in proposito ad emetter parere sopra la valutazione scientifico pratica di tali avvenimenti, io credo di bene consigliarlo a tenersi nel campo della giusta e provata scienza rispondendo : « che se dalla ingestione o volontaria o « propinata di una data sostanza all' effetto finale aborto vi fu « rapporto strettissimo ed evidentemente diretto, messo in chiaro « con il metodo chimico e clinico, potrà dire che quella sostanza « fu abortiva, qualunque ne sia la natura e la presunta azione » . Detto questo come criterio utilissimo alla pratica, io posso ora enumerare brevemente quelle sostanze che più comunemente sogliono ritrovarsi in simili casi, lasciando libera la mente del pratico a valutare il fatto a seconda della propria convinzione ed esperienza. — 203 — §. 106. Sono sostanze ritenute abortive (indirette) più co- munemente le seguenti: 1.° La Sabina (conifera) la quale o in polvere alla dose di 3 grammi, od in infusione satura, o adoperandone Folio alla dose di 14 goc, ha potuto produrre congestionamento dell'utero, contrazioni, vomiti, coliche, espulsione del feto ed in un caso la morte della donna. 2.° L'lf o Taxus baccalà (conifera) la quale può portare la espulsione del prodotto in mezzo ai vomiti, crampi, trisma, respirazione affannosa, polso lento fino a 24 pulsazioni, il coma e la morte. 3.° La Ruta rave olens (Rutacee) sostanza narcotico acre, della quale tre radici fresche in decozione, sono capaci a destare vomiti, contrazioni viscerali, eritema speciale, gonfiore di lingua, diarree: e l'olio essenziale di essa da 5 a 10 gocce portare effetti gravi. 5.° La Segale cornuta la quale a 3 grammi in polvere desta coliche, vomiti, diarrea, stupore, abbassando a 24 pulsa- zioni al minuto le azioni vascolari, dilatazione di pupilla e pro- ducendo cancrene periferiche. Può accadere anco la espulsione di un prodotto di concepimento dall' utero. E così si è incolpato l'Ioduro di Potassio, i drastici pur- gativi, le irritazioni esterne prodotte dalla senape, i vessicatorii ec. Ma io non debbo più oltre estendermi ad enumerare minuzio- samente quali e quante possono essere le sostanze o 1 farmachi che godendo od a ragione o a torto di una fama di abortivi, po- trebbero venire adoperati allo scopo delittuoso ed occupare il pe- rito in questioni medico forensi. - La conclusione sola che debbo notare è questa e cioè: che essendo tutti d'accordo a convenire come sostanze di per se necessariamente abortive non esistono, ma pure in alcuni casi potendo avvenire la somministrazione o l'ingestione dolosa di esse, il perito dovrà constatare se nel caso in terni'ni fenomeni patologici immediatamente collegati e spe- ciali a quelle date sostanze vi sieno stati; ed esaminando con accuratezza tutti i fenomeni dichiarare se anco F aborto possa essere mai inteso come effetto finale di quell'azione perturbatrice la quale potrebbe anco complicare 1' avvenimento o da un vene- ficio o da uria consecutiva morte. — 204 — §. 107. Passiamo ora all'esame della III categoria cioè ai mezzi meccanici dolosamente messi in opra a cagionare l'aborto. Quali sono i mezzi meccanici che possono venire ado- prati a provocare aborto criminoso? a) Autolesioni confusive o frizioni energiche sul ventre od in altre parti provocate dalla donna, decisa all'aborto. 6) Strapazzi fisici, fatiche smodate, salti, sconci, simu- lazioni di cadute accidentali, stringimenti di fascetta ec, a bella posta praticate dalla donna determinata ad effettuare l'aborto. e) Iniezioni vaginali ripetute e violenti calde (Kiwisch) o fredde fatte da per se dalla donna o consigliata, o per averlo sentito dire qual mezzo efficace, o per averlo altra volta inno- centemente su di se stessa verificato e poi dolosamente ripetuto. d) Le stesse iniezioni intrauterine ripetutamente e re- golarmente procacciate con adattati istrumenti per distaccare l'uovo e dall'utero (Schweighaeuser) operate da mano altrui che venalmente e dolosamente si sia prestata ad effettuarle. e) Applicazioni di spugne preparate o di laminaria digi- tata o di altri apparecchi dilatatorii del collo uterino praticate da altrui mano, consenziente o non consenziente la donna stessa. f) Applicazioni di tamponi eccitanti il collo stesso e spe- cialmente intrisi di miele ed euforbio, od estratto di belladonna applicati dolosamente da mano altrui, consenziente o non con- senziente la donna. g) Dilatazione graduata del collo fatta dal dito di per- sona dell' arte o cognita delle pratiche ostetriche, consenziente o non consenziente la donna con riscontri digitali non ledenti le membrane dolosamente operati. h) Adopramento di sonde, specilli, bacchette, (Hamilton) adoperati dolosamente da mano esperta od anco inesperta a penetrare nei canale uteriuo per distaccare le membrane del- l'uovo, consenziente o non consenziente la donna. i) Adoperamento di istrumenti capaci a pungere le mem- brane dell'uovo e portare espulsione del prodotto del concepi- mento consenziente o no la donna (Louise Bourgeois). j) Applicazione del galvanismo adoperato secondo il me- todo di Schreiber o di correnti interrotte, secondo Barnes, dirette — 205 — criminosamente a destare contrazioni espulsive dell' utero con- senziente o no la donna stessa. E via così altri medi meccanici tutti diritti allo scopo di aprire il collo uterino e destare le contrazioni muscolari ed espellere il prodotto. Ora, se è così, e pur troppo è così, ed a volte si è anco aggrupato l'uno all' altro mezzo adatto a provocare F aborto, si intende come il perito per alcuni di questi mezzi, adoperati delittuosamente, se ne possa trovare traccia diretta sulle parti interne, sebbene non tutti né sempre possano lasciarla. Anzi è a dirsi che quanto meglio e più scientemente vennero adope- rati, tanto meno sarà probabile rinvenirne indizio. Pure, seguendo il dettato popolare « che il diavolo insegna a farle e non a na- sconderle » potrebbe avvenire che qualche volta di tali manovre se ne trovasse indizio bastevole a sospettare che realmente quell'aborto sia criminoso — In conseguenza del qual principio, per l'esame diretto eseguito con lo speculvm si potrà alcune volte verificare che in quella tal donna esistano lacerazioni, ferite, contusioni ed altre consimili lesioni, che abbiano e per sede, e per aspetto, caratteri di soluzioni di continuità violente. — Questo reperto, escluso con ogni accuratezza il possibile che quelle lesioni, od alcune di esse dipendano dal meccanismo na- turale del parto; insieme a tutti gli altri indizii che ivi fu pra- ticato un'aborto criminoso. Ma mentre può darsi questo, può anco darsi il caso che tali pratiche meccaniche (come diceva più sopra) non lascin traccia di sé; ed allora se vi fossero prove indiziare d' altra origine, dovrà per questo il perito negare il presunto ? — Niente affatto— 0 vi sono tali lesioni e il perito le registrerà. 0 vi sono e possono intendersi per ragioni naturali e il pe- rito lo dichiarerà. 0 non vi sono, il perito dirà che lesioni non vi sono, ag- giungendo con piena è fondata coscienza come possa ammettersi che pratiche abortive meccaniche vengano effettuate senzachè tracce di esse si possano determinare. — Il resto spetta all'auto- rità giudiziaria inquirente a risolverlo. — Si pensi pure al caso delle iniezioni d'acqua pura, o medicata, spinta con adatto — 206 — apparecchio sul collo, e la stessa dilatazione graduata, lenta, con spugna preparata, o l'applicazione dell'elettrico, o la dila- tazione del collo con candelette elastiche e il distacco e la pun- zione delle membrane e si vedrà quanto sia possibile ( se da mano esperta guidate) effettuare un'aborto senza traccie.— nonostante l'esame diretto è necessario, è utile, è indispensabile eseguirlo, se non altro per verificare l'assenza di lesioni trau- matologiche. §. 108. L'autorità giudiziazia può dunque aver requisiti od apparecchi od istrumenti per mezzo dei quali si sospetti si sia determinato l'aborto sopra la donna in esame medico fo- rense. È allora che può esser posto alla persona deli' arte me- dica il quesito sopra la valutazione della idoneità di quei sussidii meccanici. Questa valutazione è un giudizio difficilissimo a darsi perchè mentre il mezzo o l'apparecchio meccanico presentato al perito si sospetta sia stato adoperato per effettuare F aborto con uno speciale metodo, può invece essere riuscito ugualmente efficace destando un' azione diversa. — Mi spiego — Supponiamo si giunga a sapere che sulla tal donna si adoperarono istrumenti per iniettar liquidi e realmente e cannelle e schizzetti di varia forma si sequestrino presso F incolpato autore od autrice della espulsione dolosa: — può darsi che all' esame del perito quegli istrumenti possano non apparire idonei a sospingere regolar- mente e con la necessaria energia correnti di liquido capaci a dilatare il collo dell' utero. — È evidente che in allora il perito dovrà dichiarare per la verità come con quegli istrumenti lì non si possano praticare injezioni valide sul collo dell' utero le quali, verosimilmente, possano avere avuta efficacia di recare l'effetto incolpato. — Invece potrebbe essere avvenuto che la mano poco esperta, avesse ripetutamente pigiato con la punta delle cannelle e dello schizzetto sul collo dell' utero gestante e per tali eccitazioni aver finalmente destati moti contrattili nelle fibre muscolari e per essi la espulsione violenta del contenuto uterino. — Non si può negare come in tal caso sarebbero cam- biati i termini della questione scientifica e non si potrebbe più discorrere di iniezioni propriamente dette, ma in quella vece — 207 — di dilatazione forzata del collo, avvenuta per mezzo dì agenti meccanici che mentre sarebbero a giudicarsi come inidonei allo scopo primamente prefisso, poi peraltro effetto sarebbero sempre riusciti malefici. E a volte anco potendosi giudicare quegli istru- ' menti come capaci ad effettuare sotto qualunque metodo un fatto di simil natura, chi vorrebbe mai assicurare che realmente gli istrumenti presentati al perito fossero quelli adoperati nel caso in termini ? — Vi potrebbero essere è vero delle macchie di sangue o di mucco dissecate sovr'essi, da patere in qualche modo avvalorare un sospetto: ma chi potrebbe dire che quelle macchie (se fossero realmente di sangue) erano provenienti dallo adoperamento di quel dato istrurnento su quella tale donna e non provenienti da altre ragioni o accidentali e del tutto estranee al caso in termini ? — Cito questi possibili perchè a me è occorso nella pratica forense sentirmi avanzare tali domande e dico il vero, non ho avuta né fretta né facilità a pronunziarmi favorevole ai presupposti dell'autorità inquirente, la quale non difficilmente e senza animosità di sorta, potrebbe esser proclive a credere fondati degli indizii che potrebbero non essere altro che mera coincidenza di fatti. Ammesso il principio, pur troppo vero, che eoa tutto, aiu-o con il mezzo a prima giunta il meno idoneo, si possa provocare aborto, la identificazione di uno istrurnento requisito vuole molta prudenza e piuttosto dalla contestimonianza dei deposti sarebbe da sperarsi maggior luce di quanta ne possa scaturire dallo esame diretto portato dall'uomo dell'arte in- torno ad istrurnento qualunque. Quanto a mio giudizio sarebbe più da sperarsi poter concretare un parere quando si ponessero insieme desunti dai dati processuali ed il racconto della donna che s'incolpa dell'aborto, e il deposto della persona incolpata quale ausiliatrice nel reato, e l'esame delle proprietà mecca- niche dello apparecchio o dell'istrurnento che si sospetta essere stato adoperato nel caso in termini. Allora dal confronto di tali elementi sarebbe a vedersi se scaturisse tale una corri- spondenza di fatti da rendersi esatta ragione di tutta la dolosa manovra ed emettere un parere più fondato. — Così è innega- bile come per praticare le injezioni sul collo dell'utero vi oc- — 208 — corrono e sedute ripetute a certi intervalli di tempo e la pre- parazione di adatti istrumenti: e per la dilatazione graduata del collo stesso, vi occorra e il passaggio dello speculura e l'uso di pinzette e di spugne preparate o di fusti di laminaria; e per la stessa dilatazione forzata o per la punzione del sacco am- miotico od il distacco dell' uovo, vi occorrano o istrumenti ela- stici o pungenti o spilli od altri simili mezzi che se adoperati con arte, vogliono metodo di preparazione e di esecuzione, se adoperati alla cieca possono essere causa di lesioni che potreb- bero poi dare indizio e mezzo di confronto con quegli istrumenti che.quelle lesioni produssero. Tantopiù poi è peggio se invece furono messe in opera apparecchi elettrici che allora oltre alla specialità degli effetti e della forma dello apparecchio, si riuni- rebbe anco indizio di coadiuvameato di persona istruita e con- sapevole della manipolazione di tali mezzi. Se in ciascuno di questi casi le proprietà meccaniche dello apparecchio, impiegato ed il modo con cui fu posto in azione e la esistenza possibile di qualche indizio t'osse tuttora visibile sovr'essi e tutto collimasse perfettamente con le altre notizie assunte nella istruttoria del processo, allora si potrebbe cominciare ad avere un criterio di probabilità; ma fi ri di questi elementi credo sia di difficilis- sima soluzione il dichiarare che quel dato istrurnento e non altro fu quello che effettuò l'aborto. — Ma nonostante ciò dif- ficoltà grandi sorgeranno sempre dalle condizioni speciali del caso; perchè al solito, o la donna fu consenziente e non vorrà avvalorare indizii imputabili; o fu disseziente e allora poca at- tenzione avrà posta a quanto sovra di lei si operava, senza omettere il possibile che credendosi vittima o esageri o tradisca il vero di quanto le fu fatto. È poi da considerarsi come vi sieno circostanze indivi- duali nelle quali poco può bastare a decidere l'aborto, ve ne sieno altre per contrario nelle quali molto vi voglia a provo- carlo e quindi la valutazione della idoneità del mezzo sfugga alla giusta apprezzazione del perito. — È ormai famoso il pro- cesso penale svolto nel 1868 nella Corte d'Assise della Lozra inferiore, contro un tal contadino che avendo sedotta una gar- zona voleva farla abortire. Scelto un cavallo robustissimo e mes- — 209 — sosi in groppa insieme alla giovane, spinse al galoppo pe' campi il cavallo e giunto ad un tal punto lanciò in terra la ragazza che non abortì. Allora fu ripetuta di comune accordo la prova e neppure questa volta avvenne aborto. Dopo, il contadino provò il mezzo di porre sul ventre della ragazza dei pani caldi appena usciti dal forno e non abortì, fino a che la gravidanza raggiunto il completo termine si ebbe il parto di un neonato vivente, ben conformato e robusto. Talché si può concludere come in pratica in tali eve- nienze sia necessario tenersi sempre molto circospetti a pro- nunziare una decisa opinione, non dimenticando poi di prevedere le obiezioni della difesa la quale potrebbe trovare come quelle manovre fossero per scopo curativo richieste nel caso e come il fatto avvenuto non fosse da intendersi che qual mera coin- cidenza di fatti non un effetto direttamente collegato con la causa meccanica dolosamente presunta. §. 109. Può il perito avere da esaminare il prodotto espulso dall' utero della donna incolpata; e questo è grande ajuto a scio- gliere la questione. Dico può essere di grande ajuto, in quanto si potrà cerziorare se esisteva o non esisteva una vera gravi- danza; poi riconoscere se su di esso esistessero o no tracce di lesioni violenti ed anco aver modo di calcolare il periodo della gestazione precorsa, e dallo stato di esso dedurre anco se godeva nell'utero una vita di regolare sviluppo ossia era affetto da morbo o da più o meno tempo colpito da morte e ridotto a tale da dirsi corpo inerte. Quando al pratico verrà presentato un tal prodotto, stabi- lisca bene nella sua mente le seguenti probabilità e cioè: 1." può darsi che quello sia un prodotto di concepimento nel periodo primo embrionaria: 2.a può darsi sia un prodotto di concepimento nel periodo fetale : 3.a può darsi che quello sia un prodotto di concepimento o embrionale o fetale ma alterato per modificazioni morbose intrauterine : 4.a può darsi che quello non sia mai stato un prodotto Filippi — 210 — di concepimento, ma fino dalla sua origine una produzione anor- male di natura diversa. §. 110. Come si deve comportare il pratico quando il pro- dotto espulso fosse un'uovo nei primi periodi di svolgimento? In pratica accade, e mi son trovato frequenti volte, che si invìi al perito una massa di grumo sanguigno nel quale si so- spetta vi possa esser mescolato il prodotto del concepimento. L'operazione dal punto di vista medico legale è delicatissima, ma fortunatamente non è difficile: — e non è difficile, seguendo questo metodo e avendo le necessarie cognizioni di umana em- briogenià. — Io ho fatto sempre così e così consiglio. — Si pone tutta la massa del grumo in una prima vaschetta di cri- stallo: sotto a questa, con supporti, se ne adatta una seconda più grande: e infine si pone una grande catinella di porcellana od un catino pulito sotto a questa in un piano di acquajo o pila, ove possa sgorgare F acqua che si fa piovere a filo dolce sulla prima vaschetta ov' è il prodotto in esame. A poco a poco dalla prima alla seconda vasca e finalmente nella terza, scola un'acqua rossiccia, sanguinolenta ed a misura che il grumo. battuto dal- l' acqua si rammollisce e si decolora, si vedono cadere nel fondo del bacino grande dei frustuli carnicini formati delle esfoliazioni della fibrina che inglobava F uovo, se questo vi era. Lasciando cadere per ore quante ve ne vogliono; secondo i casi; il fil di acqua sul quel grumo, si comincia a vedere scolpite le parti costituenti F uovo, e primieramente i villi coriali (di già esistono formati al secondo mese di concepimento per giungere a for- mazione completa placentare al 3.° mese) e poi si vede traspa- rire qua e là la membrana ammiotica e può darsi che se \\ germe non uscì e andò perduto per la rottura delle membrane; si traveda un nucleo più compatto, carnoso, rosseggiante che potrebbe essere l'embrione. Allora si chiude il getto dell' acqua e si ricomincia l'esa- me al microscopio di quelle prime villosità fluttuanti, onde verificare se in realtà fossero le villosità placentali o invece fili di fibrina rammollita. Se al microscopio, prendendo un piccolissimo gruppetto di quelle fimbrie più chiare, appariranno le villosità coriali a — 211 — forma di cappucci digitati con cellule e vasi quali competono ai villi formati, sarà riconferma che quello è prodotto di concepi- mento:— e tanto più poi quando entro alla membrana trasparente dell' ammios si trovasse 1' embrione. Questa però non è la più comune circostanza, perchè nei maneggiamenti fatti da persone volgari o da persone che avevano tutto il desiderio di disperdere ogni traccia, o per effetto delle stesse manovre espulsive; le membrane potevano essere state rotte. Anzi, si sarebbe avan- zato dal Le Blond come segno di una espulsione naturale di uovo al terzo mese di sviluppo, la integrità delle membrane; mentre se queste si trovassero rotte ma sane nella loro tessitura, si dovrebbe per questo autore ritenere quale indizio di violenza. §. 111. Lasciando questa troppo facile prova, dirò come qualche volta possa il pratico trovare e le membrane sane e l'embrione e come sia necessario allora che egli lo descriva minutamente in particolar modo nel peso e nella lunghezza non per altro che per indicare con approssimazione il periodo di gravidanza nel quale potè per avventura esser provocata la espulsione. Il quadro seguente servirà di indice di riscontro al pra- tico adoperandolo però con criterio di approssimazione, come sempre debbono esser intesi in questo senso i quadri che si trovano nei trattatisti. Quello che io posso francamente assi- curare si è che avendo da molti anni non tralasciata occasione di esaminare prodotti di concepimento abortivi e raccolti dalla Clinica Ostetrica od inviatimi dai medici esercenti di questa città, ho sempre tenuto conto di ogni misurazione, la quale es- sendo presa sopra uova delle quali era il più delle volte indi- cato il periodo di gestazione, queste misure spero possano aver valore assai approssimativo al vero. A. Villosità coriali non anco vascolarizzate e riconoscibili al microscopio: — Embrione lungo 1 a 2 centimetri: — Fu- nicolo ombelicale con inserzione vicinissima all'estremo coc- cigeo; lungo 4 in 5 millimetri: — naso e bocca formanti una sola cavità: accennati i tubercoletti degli arti toracici e degli addomminali — Periodo di circa 4 settimane. B. Villosità coriali: — Embrione lungo 2 ai 3 cent. Peso — 212 — circa 4 grammi: — bocca e cavità nasale separate: — svi- luppati i tubercoletti carnosi delle estremità, senza però la distinzione delle dita delle mani né dei piedi: inizio di ossi- ficazione delle mascelle, delle clavicole, delle coste e delle vertebre. — Periodo circa 6 settimane. C. Placenta sviluppata: embrione lungo dai 7-9 ceniim. Peso dagli 8 ai 16 grammi: dita delle mani e dei piedi di- stinte: sesso differenziabile: incipiente ossificazione delle ossa del cranio e nelle estremità: placenta approssimativamente pesa dai 30 ai 40 grammi: funicolo ombelicale lungo dai 7 a 12 centimetri. — Periodo di circa 9 settimane. §. 112. Da questo stato in poi il prodotto del concepimento abortivo prende propriamente la denominazione di D. Feto — Lunghezza 17-20 centimetri: peso fino a 20 grammi: sesso distinto: capelli e unghie visibili: placenta del peso di circa 80 grammi: funicolo ombelicale lungo 20 cen- timetri. — Periodo 12 settimane. E. Lunghezza del 20-30 centim.: peso\di circa 280 gram- mi: cute ancora rossa e molle: meconio di colore verde bi- lioso: peso medio della Placenta 170 grammi: lunghezza del funicolo ombelicale 31 centimetro: inserzione del funicolo che va discostandosi dalla sinfisi pubica.......— Periodo circa 20 settimane. F. Lunghezza Feto 30-Z6 centimetri: peso medio di 630 grammi: proporzionato assai lo sviluppo del capo a confronto col tronco: pelle più resistente, ricoperta d'induito sebaceo e soppannata da grasso: capelli più sviluppati: testicoli non discesi: grandi labbra non sviluppate, ma le piccole labbra e la clitoride le sorpassano: cervello mostra le circonvoluzioni: membrana interpupillare esistente: placenta di circa 270 gram- mi: funicolo ombelicale lungo 37 centim. e non ancora rag- giunto il mezzo del corpo — Periodo di circa 24 settimane. G. Lunghezza del Feto 38-40 cent. — peso di circa 1 ki- logrammo e 200 grammi: capelli lunghi dai 5 ai 6 millime- tri: testicoli all' anello inguinale: circonvoluzioni cerebrali più sviluppate ma sempre molle la sostanza: —placenta di circa 370 grammi: funicolo lungo 42 centim. circa. Periodo 28 set- timane. — 213 — Riscontrando questi caratteri nel prodotto in esame, il pento potrà con approssimazione, rispondere ' con sufficiente chiarezza al quesito relativo all'epoca di sviluppo cui può esser giunto quel prodotto di concepimento; non dimenticando mai però che tali risultati valgono soltanto come elementi aceessorii al giudizio hi esame, perchè meglio che la valutazione del peso, delia lunghezza, della maggiore o minore compattezza di uà tessuto e via dicendo, vale lo esatto conoscimento della evolu- zione organica degli elementi istologici dei tessuti e non sarà lontano il tempo in cui tutto questo metodico apprezzamento degli accidenti esterni, sarà più efficacemente sostituito dalla diagnosi al microscopio con il quale sarà dato precisare una serie di fenomeni evolutivi corrispondenti a certe funzionalità organiche le quali con la loro attuazione parleranno più che con la pura macroscopia. Il perito si ricordi come avendo la opportunità di esaminare 1 prodotto del concepimento, intanto che lo esamina per deter- minare a qual momento di sviluppo organico fu violentemente espulso, potrà anco ricercare se porti tracce di morbi o di le- sioni alla testa, al dorso o in altre parti del corpo e così pre- parare anco gli elementi per rispondere al quesito se quella espulsione potè esser violenta. §. 113. Caso III. Può invece essere presentato al perito un prodotto che non abbia l'aspetto consueto e normale di un uovo umano. Sono quei corpi carnosi che prendono il nome di mola e pei quali è utilissimo avere cognizioni di anatomìa pa- tologica. Ora egli è certo come un' uovo fecondato possa andar soggetto nell'utero a morbosità che lo alterino e gli facciano perdere quelle apparenze per le quali comunemente può essere riconosciuto. Il concetto fondamentale è il seguente e cioè: che una mola vera, può essere tuttavia riconosciuta come un pro- dotto di reale concepimento soltanto alterato nei suoi elementi, mentre un corpo di natura affatto diversa e indipendente dalla fecondazione, può per superficiale esame farsi credere per pro- dotto di concepimento. Ma a tale fallacia il perito trova soccorso nelle cognizioni dell'anatomia patologica e nell'ajuto che gli dà la osservazione — 214 — microscopica.—Basta rammentarsi che il villo coriale può farsi ipertrofico per aumento del tessuto muccoso o dell' endocorion e dar luogo alla così detta idropisia dei villi (VTedl) od alla Placenta idatigena (Robin) o per la opinione del Wirchow for- marsi una iperplasia del tessuto muccoso preesistente, dando ori- gine al mixoma (mola idatigena mixomatosa). Mentre secondo gli studii del nostro Ercolani si svilupperebbero alcune vess;cole dall'epitelio delle stesse villosità del corion. Ma o nell'una dottrina o nell' altra sarebbe possibile riconoscere al microscopio le forme morbose di un elemento normale che esistendo indicherebbe la preformazione di un prodotto di concepimento. — Anzi, mentre il perito potrebbe trar profitto di tali ricercheper dilucidare la natura del prodotto espulso, in pari tempo potrà prender con- cetto della cagione dello aborto il quale per tale alterazione pa- tologica si può ritenere per spontaneo come del pari si può in- tendere possibile la morte del feto entro l'utero. Del pari basterà ricordare come la degenerazione grassosa possa prendere più o meno estesamente la placenta ed alterarla nel suo aspetto da restare in forse della vera natura del corpo espulso. — Ma per mezzo del microscopio non sarà difficilissima cosa verificare F esistenza di qualche gruppo di villi con traccia dei vasi interni più o meno alterati per riempimento nel loro interno di granulazioni di ematoidina. — Così si può verificare una trasformazione fibrosa dei villi placentali unita il più so- vente ad una modificazione delle cellule del parenchima mucoso intravillare, cellule che presentano al microscopio una sostanza jalina ed un' avviamento a corpuscolo di tessuto connettivo con atrofia del vaso centrale del villo. Questa alterazione è sovente la causa degli aborti verificabili al 3°, 4°, 5° mese. — Avven- gono anco le false mélanosi nei villi placentali e si noti che questa pigmentazione morbosa si può verificare anco prima che il villo abbia raggiunto il suo completo sviluppo vascolare san- guigno, prima cioè del terzo mese, da dover concludere come quegli elementi coloranti possano provenire dal circolo della pla- centa materna. V'ha poi tutta la serie delle alterazioni prodotte dal principio sifilitico, e quelle prodotte dalla trombosi, e dalle emorragie e quindi dalle permutazioni dei grumi sanguigni e — 215 — finalmente dalle vere e proprie neoplasie. Insomma prima di giudicare per le necessità della medicina legale, se un corpo espulso dall'utero e sospetto di essere stato espulso violente- mente per non mostrare al suo aspetto quelle comuni e normali apparenze che-lo farebbero riconoscere facilmente anco a persona volgare, sia o no un prodotto di concepimento, v' è necessaria la esatta conoscenza della bellissima serie di cognizioni anatomo patologiche relative alle alterazioni placentali non solo, ma anco delle uterine, le quali possono dare prodotti morbosi che il mi- croscopio potrebbe differenziare. Fra queste anzi io rammento con speciale cura al pratico i prodotti della Dismenorrea mem- branosa già dal nostro Morgagni accennata, e dal Collomb, dallo Chaussiere in Francia, dall'Oldham e dal Simpson in In- ghilterra, dal Hausmann e dallo Ziemssen in Germania, larga- mente illustrata. — Tanto le espulsioni di quelle membrane potrebbero a prima giunta mentire un'aborto che Raciboscki stesso con troppo precipizio, espose 1' opinione che fossero da conside- rarsi come residui di aborto di poche settimane. — Ma poi la osservazione clinica e microscopica diminuirono tale valore, la prima dimostrando come anco nelle donne vergini e nelle sterili possa verificarsi la produzione di quelle membrane ; la seconda poi col mostrare le differenziali fra la .caduca uterina per lo più grossa, vascolarizzata e fornita di villi coriali quali manchereb- bero affatto alla membrana dismenorroica. Non si può negare che alcune volte la fenomenologia in seguito alla quale viene espulso un tal prodotto non possa aver somiglianza con l'aborto nelie prime settimane di gestazione; perchè vi sono i fenomeni reflessi uterini presentati dalla malata, i premiti, la espulsione e lo sgorgo di liquido sieroso sanguinolento in principio e poi albiccio che simula i lochii. Ma il perito una volta avvisato di tale simiglianza ha il dovere di chiarire il dubbio e se nulla può ajutare a decidere il vero , egli non deve pronunziarsi in modo veruno a danno gravissimo dell'onoratezza di una donna incolpata. Ciò che potrebbe essere efficace ajuto a pronunziare un giudizio, sarebbe la osservazione microscopica accuratissima delle membrane espulse, ma io debbo anco su questo avvisare che non sempre si riesce ad una differenziale nettissima fra una de- — 216 — cidua uterina ed una membrana espoliativa; specialmente nei primi tempi d'una supposta fecondazione. Io ho voluto appena appena accennare la via al perito perchè messo in avviso sulle diverse possibilità patologiche non preci- piti in un giudizio infondato. Ed ognuno capisce quali gravissi- me conseguenze può portare un errore pronunziato in simile argomento. §.114. Una ricerca molto importante che può alcune volte essere necessario farsi dal perito sul prodotto del concepimento espulso in questione di aborto provocato, si è quella di precisare lo stato di putrefazione e tale dovere per me ha due principali ragioni : la prima perchè la morte essendo avvenuta da qualche tempo prima che si abbia indizio del momento in cui furono cominciate le pratiche abortive, può intendersi la espulsione di questo corpo inerte dall'utero per naturale avvenimento e ridursi ad una mera concomitanza i tentativi d'aborto: e poi perchè (e questo per me è capitale ragione) la constatazione del disfacimento putrido più o meno avanzato di questo prodotto (avvenimento che può non mancar d'essere avvertito dalla stessa madre) distrugge la intenzionalità criminosa di troncare F evoluzione organica od il completamento funzionale di un feto ucciso per mezzo della espulsione violenta o per- lesioni violente direttamente portate su di lui con mezzi meccanici. Comunque sia i caratteri da porsi in chiaro per decidere a qual periodo di tempo possa rimontare la morte del feto nel- l'utero si deducono dai gradi di macerazione e di putrefazione alla quale è andato soggetto il prodotto già morto nel liquido amniotico. Ora per gli studii già fatti sopra tale argomento (Orlila, Chaussier, Sentex, Lampereur, Tardieu ec), non sa- rebbe difficile preparare qui uno dei soliti quadri dogmatici nel quale enumerare passo passo tutte le note caratteristiche a cia- schedun momento di riduzione organica. Ma io lo crederei al- meno per ora fallace ; perchè per quanto abbia potuto osservare in assai lungo periodo di tempo casi di parto con feti già morti nell'utero, sebbene nei cadaveri abbia verificato gradazioni diverse di fenomeni e senza dubbio capaci a stabilire almeno tre mar- cati periodi, pure non ho acquistata mai la persuasione che si — 217 — potessero precisare epoche; sia perchè non sempre le donne avvertirono fenomeni annunciatori dell'avvenuta cessazione della vita nel prodotto di concepimento a qualunque periodo fosse di sua evoluzione, sia perchè troppo variabilmente determinabili sono nella loro natura e composizione gli elementi in mezzo ai quali il fenomeno si compie. — Già io non ho ancora neppure acquistata la persuasione che in tèsi generale si possano con una regolare enumerazione stabilire particolarmente precisi e fatalmente succedentisi i diversi momenti del processo putre- fattivo e sebbene studiandolo esperimentalmente pare si possa con una tal quale sicurezza descrivere, pure sorge sempre nel- l'animo il dubbio ; e davanti al fatto naturale ; la certezza che lo esperimento per se stesso abbia create condizioni speciali, o non complete, o modificate, da condurre a conclusioni non del tutto corrispondenti alla naturale realtà. — Ma lasciando queste riflessioni, nell' argomento presente io debbo avvertire il perito come sia utile non assumere quanto vi può esser di soverchio in tale studio, perchè pei bisogni della pratica certo è che non potrebbe sorgere questione o dubbio quando una donna, sia pure abbia adoprati mezzi abortivi, avesse espulso un prodotto di concepimento o nel periodo della vera putrefazione entro l'utero e molto meno se nel periodo della vera mummificazione. Il vero termine entro al quale si potrebbe circoscrivere la ricerca sa- rebbe quello del periodo di macerazione, vale a dire quel pe- riodo di tempo decorso dalla morte del feto entro il sacco am- niotico intero o chiuso, al momento della espulsione violenta. Ora mi sembra che al perito non rimanga altro compito che quello di indicare in un modo soltanto approssimativo tale di- stanza di tempo e non si possa da lui pretendere sicure deter- minazioni. La specificazione dei caratteri del periodo della ma- cerazione entro l'utero e dentro il liquido amniotico a membrane intere, secondo le osservazioni consegnate alla scienza, può riar- sumersi così. 1» Il corpo del feto dà un odore nauseante speciale assai caratteristico. 2° Le forme del corpo perdono della loro rotondità e si acquattano, si schiacciano, allargandosi in modo che torace ed addome formano un piano. — 218 — 3° Le ossa del cranio s'accavallano, s'imbricano, per la mancata resistenza del cervello. 4° La pelle specialmente all'addome ed alle parti sessuali, prende un colore rosso bruno uniforme, come nella imbibizione cadaverica prodotta dal siero sanguinolento che forma ampolle e riempie le cavità.viscerali. 56 L'epidermide si distacca facilmente lasciando a nudo il derma il quale spalmato di muccosità rende glutinoso e sci- volante il corpo del feto. 6° Il cordone ombelicale è raddoppiato nella sua gros- sezza. 7" I visceri sono rammolliti e avviati alla degenerazione cerea propria del processo putrefattivo. Quanto alla determinazione dei diversi periodi per indurne il criterio di tempo si dice che : 1°) Se la colorazione rosea della pelle apparisse più fosca alla faccia e vi volesse una certa insistenza a portar via l'epidermide: se non vi fosse spandimento di siero sanguinolento sotto il cuojo capelluto e tuttora aderente il periosto all'ossa del cranio: se 1 cervello fosse consistente ancora a presentare la conformazione propria : se i polmoni fossero ancora nelle condizioni dei polmoni fetali, il fegato di normale consistenza e colore, non fossero av- venuti spandimenti sanguigni nelle cavità del cranio , torace e addome; si potrebbe indicare approssimativamente che la morte del feto entro F utero potrebbe essere accaduta da alcuni giorni (da due o da cinque incirca). Il0) Se il colore rosso bruno della pelle dalla faccia va esten- dendosi a tutto il corpo; se sotto il cuoio capelluto vi fosse raccolta di siero sanguinolento: il cervello facilmente liquificabile sotto le dita che tentassero di toglierlo della cavità; la cornea rammollita, distaccabile facilmente dalla sclerotica e colando gli umori dal globo la sclerotica fosse sempre bianca, ma la cor- nea rosea, ingrossata e vuotato F occhio; che le membrane e cristallino avessero sempre il loro normale colore ; il fegato molle, di colore noce moscada, si può giudicare che la mace- razione sia avanzata dal quinto all'ottavo giorno dalla morte. Ili0) Se la flaccidità del cadavere è generale e pianeggiante il — 219 — torace e F addome ; generalmente diffuso il colore rosso bruno di imbibizione e intorno all'ombelico, all'ipogastrio, ai fianchi, alla base del petto si vedesse un colorito lavagna; F epidermide facilmente si staccasse, così il periostio dalle ossa, le ossa cra- niensi si imbricassero, il cervello fluidificato ; la cornea rosea per imbibizione siero-sanguinolenta, ma normale il cristallino; fossero esistenti spandimenti sierosi sanguigni nelle cavità; il timo avesse preso un colore violetto intenso, così i polmoni ed il cuore; il fegato di un colorito uniformemente giallo, le intestina tenui di color grigio cupo ; si può credere che il periodo di macerazione abbia raggiunto F ottavo giorno dalla morte per crederlo giunto al dodicesimo od al quindicesimo, quando tutti questi fenomeni avessero una maggiore intensità fino alla flaccidità marcatissima delle parti, alla fluidificazione del cervello, al rammollimento dei visceri. Tali indicazioni sul procedimento della macerazione fé.ale in gran parte desunte dalle XI osservazioni di Sentex, e poi accettate ed illustrate da altri, presuppongono che le membrane dell'uovo sieno restate intatte, perchè se così non fosse e per qualche ragione fòsse entrata aria atmosferica nel sacco amnio- tico, allora il procedimento putrefattivo avrebbe preso altra in- dole e altre caratteristiche però molto più studiate e decifra- bili. Del pari non sarebbe difficoltà pratica dovere esaminare un feto espulso in stato di mummificazione e perciò non mi fermo sopra cosa tanto evidente. La vera difficoltà; lo ripeto ancora ; sarebbe quella dì dovere emettere giudizio nel caso di espulsione sospettata violenta di un feto nei primi periodi della vera macerazione intramniotica, ed alla difficoltà di indicare il tempo decorso dalla morte nel- F utero ; calcolabile soltanto dalle modificazioni del processo di macerazione ; si unissero le modificazioni del comune processo di putrefazione ad aria libera, od in altro medium, quando si fosse reperito più tardi il prodotto espulso. In tale complica- zione il perito dovrebbe attentamente analizzare le alterazioni presentate dal cadaverino in esame , valendosi dei criterii già accennati intorno a questo argomento nel 2° Volume di questa operetta, pag. 53, §. 53 e seguenti fino al §. 61 , e pag. 144, — 220 — §. 103 e 106 o pag. 214. — La conclusione però più giusta de- sunta dai segni di macerazione , sarebbe sempre quella di un giudizio di approssimazione tanto quando si trattasse di dovere indicare il periodo di tempo trascorso della morte del feto nel liquido amniotico, tanto quando si trattasse di iadbare da quanto tempo fosse morto entro l'utero, se sovra quel cadavere vi potè l'azione dell'aria esterna o alcuno altro medium entro al quale la putrefazione si sia svolta. Questo giudizio è di difficilissima natura perchè è variabi- lissimo lo stesso procedimento della decomposizione dei nostri tessuti relativamente alle moltissime circostanze di tanti ele- menti che lo modificano. Nonostante per avere un ajuto efficace in tali casi, raccomando di nuovo al perito gli studii bellissimi dell' egregio Prof. Tamassia già da me citati nel 2° Volume di questa biblioteca, e per esteso contenuti nella Rivista sperimen- tale di Freniatria e Medicina legale. ■— Reggio Emilia, 1875, 1876 ec §. 115. Abbiamo stabilito più sopra al §. 95 come si possa dare la necessità che il perito; sempre in dependenza di un aborto criminosamente provocato ; debba occuparsi di esaminare la donna incolpata divenuta cadavere o per dato e fatto della violenta espulsione, o per lesioni che avessero accompagnata la espulsione e prodotte da mano correa sulla donna; ovvero per effetti malefici generati nell'organismo della donna perla inge- stione o propinazione di sostanze con F uso delle quali si voleva ottenere l'aborto ed in quella vece accadde anco un venefìcio. È evidente come in generale, in faccia ad avvenimenti così gravi e complessi, l'autorità giudiziaria domandi per prima cosa al perito quale può essere la cagione prossima della morte di quella donna ; ma siccome (pai si può sospettare che prima della morte sia avvenuto F aborto criminoso, perciò è possibile che antecedentemente alle ricerche tanatologiche si voglia un'esatta ispezione giuridica del cadavere e del luogo ove fu rinvenuto, essendoché si possano raccogliere elementi di fatto da chiarire la stessa causa di morte. Una donna sulla quale o per propria iniziativa o per opera altrui o per consentimento insieme ai correi, sieno state effet- tuate dolosamente pratiche abortive può diventare cadavere ; — 221 — A. 0 prima della espulsione del prodotto del concepi- mento. B. 0 durante la espulsione medesima. C. O dopo qualche tempo dalla espulsione. §. 116. Neil'una o nelF altra posizione di fatto può essere necessaria la Ispezione giuridica del cadavere o F atto d'accessit il quale essendo di qualche speciale importanza medica può esser fatto presenziare dal perito fiscale. Nel II0 Volume di questa operetta al §. 16, pagina 20, io già esposi il metodo pratico per bene eseguire la ispezione giuridica del cadavere : — ma qui voglio più specificatamente indicare la guida pel caso di ispezionare una donna morta in seguito di aborto che si sospetta provocato, preparando cosi il modello pel Verbale da consegnarsi all'autorità inquirente. Premesse le intestazioni legali il perito terrà conto e farà descrivere : 1°) il luogo o la camera nella quale giace il 2°) Cadavere della......che ci si dice morta alle 3°) Ore......(indicare approssimativamente deducen- dolo dai segni opportuni il tempo trascorso da che può esser cadavere la donna). 4°) Giace il cadavere sopra un letto (od altro mobile) ......provveduto di lenzuola, materassa ec.......sulle quali abbiamo (o non abbiamo) riscontrate 5°) Macchie di sangue.......o di liquido amniotico ......o di altre materie da verificarsene la natura con gli opportuni mezzi ec.......— Abbiamo anco reperito .... 6°) Boccette o vasetti o polveri in numero di....... nel tal modo formate ....... o etichettate e contenenti le sostanze......che hanno aspetto e caratteri da crederli per tali sostanze......determinabili poi dall' esame chimico o microscopico.......Sostanze tutte che dopo averne presa cognizione abbiamo consegnate sigillandole al Giudice d'istru- zione ec....... 7°) Esaminati poi alcuni panni, pezze ec.......ab- biamo veduto esser su queste macchie di...... 8°) Sopra ai mobili, o sul pavimento, o sul coltrinaggio — 222 — stesso del letto o in altra parte od oggetti abbiamo vedute im- pronte di sangue........figurative di una mano o di più mani ec.......ed abbiamo ritrovato 9°) Massa carnosa che ha le caratteristiche forme di una Placenta di fresco espulsa del peso di......con membrane .....e funicolo della grossezza.....e lunghezza..... strappato o tagliato alla estremità libera.....Od abbiamo trovato 10°) Grumi di sangue entro a'quali ci è apparso un corpo che aveva apparenza di 11°) Embrione o feto umano ec........che abbiamo consegnato all'autorità inquirente onde da questa d'ufficio fosse trasmesso alle necessarie investigazioni anatomiche ec...... Quanto al metodo di esaminare questi prodotti Ved. §.110 e 111. §. 117. fatta la levata del cadavere e inviatolo sul luogo opportuno per la Necroscopia giudiziaria; il perito segue la sua opera come necroscopo e perciò si prepara alla difficilissima ope- razione della necroscopia medico forense dettando il verbale se- condo la seguente guida e conducendosi col metodo generale indicato all'articolo Necrotomia, Volume 11° di questa operetta, pag. 82, §. 75. Nel giorno tale ....... alle ore......nel luogo ......invitati dal Giudice d'istruzione ed alla sua presen- za ec.......ci è stato presentato il cadavere della donna .....che si dice esser moria nel dì.....alle ore .... e perciò procediamo alla necroscopia dopo ore.......dalla morte alla temperatura atmosferica di...... Spogliato il cadavere abbiamo 1° Misurata la lunghezza del corpo che è di...... 2° notata la conformazione (se regolare o no)...... 3° della apparente Età di...... 4° in uno stato di nutrizione (o denutrizione ec). 5° Rigidità cadaverica se ancora esistente o scomparsa e quanto e dove. A.. Abito esterno. 1° Pelle (se pallida, se bluastra, se cianotica e in quali — 223 — regioni, se cosparsa da macchie o vibici o emorragie iuterstiziali o da flittene o escoriazioni. — Se esistenti le macchie per ipo- stasi cadaverica e dove e come distribuite. Se e dove esistono le macchie caratteristiche di putrefazione, e come estese ec). 2° Faccia (se pallida, o livida, o contratta pel dolore ec. 3° Occhi (stato delle pupille ec). 4° Bocca (serrata o aperta.....se con spuma san- guinolenta ......o piena di liquidi per rigurgito stomacale ......del colore ,.....odore...... 5° Labbra, lingua (stato, colorazione ec). Collo (se tumido o no.......se mostri traccie di lesioni violenti o no ec.......) Torace , Mammelle (se tumide o nò.......aspetto dell'areole.......se spremuta la gianduia dava o siero, o colostro, o latte ec.......) Basso ventre (se la pelle liscia o grinzosa, se vergolata o no......se tumido, teso, timpanico, o flaccido, cascante, con pieghe ec......o invece se alla palpazione desse indizio di liquido nella cavità.....o si sentissero rumori ec..... livello del corpo uterino...... Genitali esterni (stato e condizioni delle pudende. . . . piccole labbra......apertura vaginale......condizione della Imene .......— Se usciva sangue, o siero sanguino- lento, o icore, o umore lochiale......grado di putrefazio- ne ec.......) 1° Grandi labbra (se sottili e flaccide o tumide edema- tose ......escoriate o no......) 2° Piccole labbra (se piccole, tumide, rovesciate in fuori ...... se lacerate o no......arrossate.......san- guinose ......ferite ec.......) 3° Ostio vaginale (se dilatato molto o poco, se lacerato o no......se da esso fuori esce o lacerto carnoso, o gru- mo, o frustuli placentali o parti fetali, o funicolo ec....... 4° Forchetta (se integra o no.......se cicatrici di pregresso parto......) 5° Meato orinario (se rosseggiante o no......spor- gente o infossato......) — 224 — 6° Clitoride (suo stato). 7° Monte di Venere (coperto di sangue o no......se aggrumato più o meno.......se vi esistano lesioni e spe- cialmente se ecchimosi sottocutanee in tempo di vita prodot- te ec....... Si raccoglieranno le orine dalla vessica e si serberanno dopo averne preso il peso. Necrotomìa. B. Testa. 1. Ossa (guardare con attenzione se nel tavolalo interno esistano o no osteofiti. 2. Meningi (loro iniezione, od opacamento ec......). 3. Seni venosi (maggiore o minore o normale pienezza ec. ......stato del sangue in essi contenuto). 4. Cervello, Cervelletto ec. (consistenza, vascolarizzazione o anemia ec.......) 5. Vasi encefalici (se vuoti o pieni di sangue...... colore, differenza maggiore o minore ec.......) G. Petto. 1. Polmoni (se pallidi o congestionati.......se esi- stano alla superficie alcune alterazioni e quali e specialmente se ecchimosi sottopleurali inizio d' una deposizione metastica: o infarcimenti prodotti da embolismo ec. ..... .) 2. Pericardio e Cuore (aperto il pericardio esaminare lo stato esterno del cuore: prima di aprire quest'organo notare se fermo in diastole o in sistole. Sarà opportuno serbare a parte del sangue della arteria polmonare. Dopo sarà esaminato il cuore nei suoi orificii). 3. Vasi (se vuoti o pieni di sangue ec.......). ID. Addome. 1. Peritoneo (esaminare lo stato di questa sierosa se flo- gosata o no. — Se nella cavità vi fosse liquido versato racco- glierlo e pesarlo e descriverlo ec, ec. 2. Stomaco ed Intestina (quando vi fosse ragione a sospet- tare che per le materie adoperate o poco dopo l'adoperamento di esse e con sintomi caratteristici è avvenuta la morte della donna, si dovrebbe procedere come nelle necroscople per vene- ficio. — Ved. Volume II0, pag. 99, §. 83, 84, 85. — 225 — 3. Fegato (idem). 4. Milza (idem). 5. Reni (idem). E. Organi genitali interni. Il perito prima di toccare o muovere qualche viscere, descriva esattissimamente quanto vede e specialmente lo stato del Peritoneo retro uterino: dei Ligamenti larghi e plesso Pampiniforme : delle Ovaje: delle Tube Falloppiane: del Corpo dell' utero fsua grossezza, colorito, posizione, for- ma; integrità o rottura ec......). Se nell'imo bacino^esistesse stravaso di sangue si raccolga e si pesi esattamente descrivendone poi i caratteri.'—E se sor- gesse dubbio o vi fossero indizii per credere che quel sangue provenisse da qualche arteria o vena del piccolo bacino ferite per manovra delittuosa praticata inesperientemente dalla vagina; (come se ne è verificato un caso) si adoperi il tubo d'insuffla- zione riempiendo prima d'acqua pura la escavazione, per vedere se da qualche punto del decorso di un vaso potesse mai aversi modo a ubicarne la lesione. Raccolti con precisione tutti i segni delle alterazioni mor- bose esistenti nell'apparecchio genitale interno e sue dipendenze e più specialmente i segni della metro peritonite e della tubo ovarite puerperale, il perito procederà alla estrazione delle parti seguendo precisamente quel metodo che ho minutamente de- scritto nel Volume L°, pag. 119, §. 90. Però si abbia avver- tenza (e 1 o raccomando caldamente al necroscopo) di prendere prima esattissimamente notate le misure del bacino, misure che quando rivelassero normali i diametri potranno permettere di fare il pezzo (come diciamo nojaltri dissettori) e proseguire l'esame delle parti cominciando dalla 1°. Vagina che deve essere esaminata con grande atten- zione, essendo quella la via naturale per la quale si possono compiere manualità delittuose creando tramiti con istrumenti puntuti o taglienti, o lacerazioni, o strappi, o rovesciamenti vi- scerali quali già referiscono diversi scrittori. Filippi 15 — 226 — 2°. Si esaminerà l'Utero e prima di aprirlo, sarà bene mi- surarne i diametri e prenderne il peso. Quanto alla misurazione si può avere per un termine di confronto con le condizioni nor- mali più comuni d'un utero non pregno i seguenti limiti, cioè: Lunghezza dai 6 ai 7 centimetri. Larghezza dai . . . 4 ai . . . 4 l/2 Grossezza dai . . . 2 ai . . . 2 */2 Peso dai......40 ai ... 50 gr. Fatto ciò si esaminerà il Collo onde averne lo stato, la lar- ghezza ec....... Dopo si aprirà F Utero lungo la linea mediana, misurando la grossezza delle pareti delle quali al microscopio se ne potrà constatare le condizioni delle fibro cellule le quali dalle con- suete proporzioni, quando l'utero non è stato mai pieno dall'uovo, acquistano poi per il lavorio di gestazione uno sviluppo notevole e proporzionato al periodo di gravidanza. Si seguiterà l'esame delle pareti per verificarne lo stato d'integrità — se degenerate o no le zone muscolari — quali sono le condizioni dei seni ve- nosi, cioè se pieni o vuoti di sangue, ovvero di pus, d'icore, o di detriti cancrenosi od anco di multiple e minute bolle d'aria, essendosi potuto verificare come nelle iniezioni forzate nel collo dell utero avvenendo un distacco forzato fra le pareti del viscere e le membrane dell'uovo possa penetrare aria nei seni ed essere questo un grave indizio. La Cavità dell' utero sarà diligentemente osservata; e qui potrebbero darsi tre combinazioni: la. 0 esistente in essa tutto il prodotto del concepimento. 2a. 0 ancora esistenti le membrane e sparito il germe. 3a. 0 ancora esistente la placenta o intera o in parte. 4". 0 del tutto vuota la cavità, mostrando però il punto d'inserzione placentare sia nel fondo del corpo uterino, od in una piuttostochè in altra parete o vicino al collo, od anco sul collo vicina all'orificio interno. La sezione cadaverica sarà completata dall'esame dell' Intestino retto: della Uretra: e della Vessica. — — 227 - Dato che il perito alla necrotomia ritrovi o parte o tutto del prodotto di concepimento, è chiaro che egli debba darsi pre- mura di esaminarlo con grande attenzione e specialmente lo stato delle membrane se esistessero, onde giudicare se fossero nor- mali o alterate, se continue o rotte.—Se il Feto fosse tuttora nel cavo uterino, sarebbe necessità esaminarne e descriverne il corpo per definire F epoca del suo sviluppo e porre in chiaro se lesioni violente traumatiche sopra alcune parti di esso si veri- ficassero. — Raccomando poi F esame accurato della placenta e specialmente se adesa ancora, o staccata in tutto od in parte, o lacerata o degenerata, o decomposta o putrefatta. Sarà di molto ajuto poi intendere l'andamento di alcuni casi, portando severa attenzione alle condizioni dei plessi uterini ve- nosi, e del contenuto delle tube falloppiane in rapporto al secreto della superficie uterina, per afferrare la ragione di alcuni proce- dimenti morbosi che sogliono decorrere sotto la forma dell'as- sorbimento icoroso, il quale entrando in circolo genera una fe- nomenologìa che in qualche modo somiglia quella di un lento veneficio per assorbimento di materie putride. §. 118. Dopo quanto sono andato succintamente ricordando al perito, credo di non dovermi fermare ancora a persuaderlo come in queste circostanze si possa cominciare una necroscopia colla mira di verificare se una donna morì per causa di un'aborto criminoso e ritrovarsi poi a dovere trasformare la ricerca se la donna morì per un veneficio. — Talché il serbare il sangue dei diversi sistemi, e i liquidi delle vie intestinali, e le stesse parti del tubo gastro enterico, e alcuni pezzi del fegato, ed il cervello, e alcuni muscoli, e alcune ossa, saranno precauzioni essenzialissime onde potere esser tranquilli che la operazione necroscopica medico fiscale fu condotta con senno e previdenza. Tali materiali saranno posti in vasi a parte, pulitissimi, saranno suggellati, etichettati, sarà tenuto a parte campione dei liquidi conservatori adoperati onde essere inviati all'esame chimico le- gale. — Per il metodo generale da me indicato, saranno anco riposti i resti dei visceri del cadavere nelle respettive cavità e ricucito tutto con precisione, potendosi dare la necessità di una esumazione giudiciaria. 228 — Aliatine del verbale (non vie dubbio) saranno dall'autorità inquirente formulati dei quesiti al perito.. — Io mi permetto di ricordare come, in generale, la risoluzione di simili questioni sia sempre di una grande delicatezza e responsabilità. — Perciò a me parrebbe conveniente che; meno casi di una evidenza po- tente; il perito dovrebbe chiedere la condizione di rispondervi quando si evocasse un parere scritto intorno al caso in que- stione. —i Omai il verbale è dettato, dunque i dati di fatto non si cancellano:—sono quelli: —e sono come vengono rappresen- tati e descritti nel verbale che costituisce sempre un documento giudiziario ineccezionabilmente inviolabile da chicchessia. Perciò trattandosi di decidere se in, quel dato caso si riscontrino segni d'aborto criminosamente provocato, trattandosi di decidere alcune volte se in quel fatto vi abbia avuto luogo la intervenienza di altra persona coadiutrice la espulsione; trattandosi di decidere se alcune lesioni dell'utero potrebbero essere state spontanee o procurate violentemente; trattandosi in fine di indicare la causa della morte fra molte e diverse gravissime alterazioni morbose che possono ritrovarsi in un cadavere di donna che abbia pur anco potuto prendere sostanze venefiche, per tutte queste ra- gioni mi sembra giustificato il consiglio di non consegnare al verbale se non se che i dati di fatto, riserbandosi di conseguire a soluzione dei proposti ques iti in seguito a Relazione richiesta d'ufficio. §. 119. Quale sia il modo di procedere all'esame e d; dis- secare i tessuti che possono essere sede di lesioni traumatiche (come ferite a punta, a taglio, lacere, contuse ec.) io già indi- cai nel Volume 11°, pag. 351, §. 202. — Così non debbo qui fer- marmi per enumerare i criterii con i quali differenziare se quelle lesioni abbiano i caratteri d'essere state fatte in tempo di vita o di morte. Qui piuttosto, per la specialità dell'argomento, credo oppor- tuno avvertire il perito della possibilità di riscontrare una lesione uterina intorno alla ragione della quale pos3a rimanere perplesso il suo giudizio. Alludo alla rottura del corpo dell'utero la quale può avve- nire anco spontaneamente ; e tanto più mi ci soffermo volentieri — 229 — perchè in qualche caso contenzioso potrebbe formare punto di appoggio agli argomenti della difesa. — I criterii fondamentali desunti e dall' osservazione clinico ostetrica e dall'anatomia pa- tologica, insegnano come le rotture spontanee dell'utero sieno avvenimenti piuttosto rari generalmente parlando: — che quando accadono, accadono durante il travaglio del parto e qualche volta (ma raramente) per traumatismi indiretti fuori del periodo, di gestazione : — che quando avviene la rottura dell' utero più ra- ramente ancora si verifica nei primi mesi di gravidanza; ap- punto in quei mesi nei quali F aborto provocato è meno fre- quente pel dubbio di una esistente gravidanza: che quando le rotture spontanee avvengono nel travaglio del parto presuppon- gono una alterazione della fibra uterina verificabile poi al mi- croscopio: o presuppongono un vizio di bacino: o presuppongono presentazioni anormali del feto: o sproporzioni assai notevoli nel feto stesso relativamente ai diametri della filiera : che quando; pure date tutte queste condizioni; la rottura avviene, in generale si mostra in senso longitudinale all' asse dell' utero e più diffi- cilmente in senso orizzontale; meno il caso che il vizio del ba- cino avesse sede in parti sulle quali prendendo appoggio la pa- rete uterina questa restasse schiacciata fra la resistenza ossea del bacino e la potenza comprimente della testa o del corpo fe- tale: che per lo più la rottura è da una parte dell'utero e più frequentemente a sinistra, mentrechè le rotture o le lacerazioni o le punture o le ferite procurate criminosamente, possono esser multiple e in diverse parti e direzioni dell'utero verificate. Ora con tali notizie presenti alla memoria del perito io credo che con grande oculatezza assumendo i dati di fatto del caso in termini, non sarà oltremodo difficile decidersi ad un giudizio onde stabilire se tutto converga ad ammettere o ad escludere come in quel caso la rottura sia stata spontanea o provocata crimi- nosamente. §. 120. Con questi pochi accenni; contenuti in questi ultimi paragrafi, non ho inteso che indicare soltanto i punti principali da essere presi in attenta osservazione dal perito necroscopo al quale; dopo dettato il verbale; vengono avanzati alcuni quesiti ine- renti al caso, in generale, sempre difficile e complicato, quando — 230 — si tratta di sviluppare tutto un concatenamento di fatti morbosi provenienti da cause diverse perturbatrici e ognuna per se o tutte insieme conducenti a speciali lesioni che possono essere state causa di morte della donna incolpata di aborto crimino- samente provocato. Se gli indizii di un veneficio estraintenzionale prevalessero, sia.che venissero generati dalla fenomenologia presentata dalla paziente, sia che venissero avvalorati dal reperimento di sostanze che in certe condizioni ed in certe dosi anziché abortive pote- vano diventare venefiche ; sia che anco tutto il fascio delle le- sioni anatomo patologiche convergesse a quel criterio, allora il responso della chimica legale scioglierebbe in gran parte la questione ed al perito necroscopo ben poco rimarrebbe da fare. Ma se benché sorto il dubbio e condotto l'esame del cada- vere con tutte le precauzioni più sopra indicate, la causa della morte non risiedesse nella forza venefica presunta, allora tutto è compito del perito necroscopo e le risposte che egli consegnerà ai quesiti formeranno il substrato sul quale l'accusa baserà tutte l'incolpazioni dell'avvenuto cercando se vi sarà un correo che possa essere responsabile o della suggestione o della amministrazione o della propinazione della sostanza che divenne letifera o doll'adn- peramento di mezzi meccanici che nell' intenzione criminosa di provocare l'aborto condussero alla morte. Ed io insisto sopra la molta prudenza necessaria ad emettere giudizii nel verbale d'autopsia (o meglio nella Relazione periziale) di tali casi, prevedendo le obiezioni della difesa la quale o si sfor- zerà di far rientrare l'esito funesto in condizioni morbose spon- tanee preesistenti al fatto, o in condizioni morbose sopravvenute straordinariamente e d'indole affatto differente da quelle che più propriamente potrebbero esser generate dalle pratiche abor- tive, ovvero cercherà di trar profitto da alcune stesse condizioni morbose rilevate dal verbale o da altri elementi esistenti in pro- cesso, valutando appunto e ingrandendo una condizione distocica, od una di quelle presumibili cagioni morbose che date certe con- dizioni organiche, risiedenti nella sfera dell'apparecchio genitale, potrebbero fare intendere tutto il caso fino all'estremo letale. Ma se il verbale di necroscopia sarà ben fatto, completo, giù- — 231 — sto , fedele ; se F accuratezza del perito ; eccellente conoscitore dell'anatomia patologica; avrà tenuto conto di ogni più piccolo grado di differenza fra le alterazioni morbose recenti e le pre- esistenti possibili, se bene avrà scoperto il nesso genetico fra lesione e lesione, gli argomenti della difesa saranno ridotti al loro preciso valore e la causa prossima di morte sarà spicca- tamente dimostrata. §. 121. A rendere in qualche modo completa la enume- razione delle questioni che al perito possono occorrergli in fatto di aborto, ricorderò brevemente la possibilità di un aborto simulato. — Già nel 1° Volume della presente Biblioteca a pa- gina 134, si trova accennato l'argomento in discorso e indicata la condotta a tenersi. Non debbo io ora modificare nulla di quanto è ivi detto. Soltanto credo opportuno ricordare al perito come l'aborto possa in qualche circostsmza venir simulato anco per danneggiare alla fama altrui, incolpando l'operato o di una le- vatrice o di un medico come causa di un'aborto del tutto si- mulato. Esempio eloquentissimo è quello citato dal Tardieu ed osservato insieme al Saint-Yves nel 1857 a Melun (Tardieu — Sur l'avortement, Paris 1868, pag. 104 e seguenti):—affare sin golarissimo nel quale la gelosia professionale fra due levatrici fu il movente di tutta quella fraudolenta scena sventata dalla oculatezza e dalla saviezza di due illustri scienziati. Lo studio di questo caso indica evidentemente la condotta del perito in fatti consimili, e riallaccia per così dire tutto lo studio fatto intorno ai principali quesiti già trattati. Infatti è chiaro come la persona che si prepara a simulare l'aborto per raggiungere più sicuramente lo scopo della frode, debba cercare di portare avanti le prove più appariscenti e simiglianti dell' aborto mede- simo. — Ed ecco perchè F opera del perito dev' essere accorta- mente condotta per prima cosa sull'esame di queste prove di convinzione. Quando nel fatto sopraccennato una delle due leva- trici (quella che infamemente voleva calunniare l'altra di pro- vocato aborto professionale) portò al Saint-Yves il prodotto che si diceva espulso dalla donna simulatrice, portò un corpo car- noso sanguinolento che il Saint-Yves riconobbe per un pezzo di milza di montone ! — Quando la levatrice che calunniava F al' — 232 — tra, insegnò alla simulatrice a continuare tutta la scena dei fe- nomeni consequenziali a questo subito aborto, non previde il caso che facendo esagerare i fenomeni morbosi d'espulsione dal- l'utero, di dolori nefritici, di diarrea sanguigna, di metrorragia da necessitare un tamponamento e la somministrazione di due grammi di segale cornuta , bisognava un pochino pensare anco a far suscitare un po' di febbre a quella iniqua commediante! Bisognava anco insegnarle il modo di atteggiare i muscoli della faccia a dolore od a crispamento spasmodico, a simulare anco qualche vibice o vergolatura nella pelle del basso ventre, a far tumide le mammelle irritando il capezzolo ec, a simulare quel grado di sensibilità uterina proporzionato alla forza di pressione che la mano del perito medico le avrebbe fatta nella visita pe- riziale, bisognava insegnarle a simulare qualche colpo di sin- ghiozzo , di vomito , e poi provvedere a che un po' di sgorgo siero sanguinolento con un po'di puzzo lochiale continuasse dai genitali, e questi fossero un po'tumidi, caldi, molli, e il collo dell' utero fosse un po' molle, caldo, dilatabile, sanguignolento e via dicendo, insomma bisognava saper ben mascherare la parte! Cosa avvenne? ! — Accadde che l'intelligentissimo Saint-Yves già destato al sospètto per il riconoscimento della milza di montone, tacque ptfudentemente per buoni sei giorni e poi ac- cettò di andare a visitare la povera inferma e vittima d'aborto provocato professionale, e non trovando appunto proporzionati relativamente al tempo decorso, tutti quei fenomeni mor- bosi che più sopra indicava come necessarii ; se vero fosse stato F aborto violentemente provocato, se veri fossero stati i patimenti sofferti in seguito di questo, se vera fosse stata una gravidanza preesistente ec. ec, giudicò di simulazione e come tale fu confermata dal Tardieu, come tale condannata la calun- niatrice, scolpata la innocente, con piena confessione delle due fraudolenti donne che insieme si erano unite a tanto calunnioso scopo. — Mi pare che il resto possa essere perfettamente inteso dal buon senso e dalla intelligenza dei perito applicando ai casi consimili il modo di condotta esemplarmente tenuto dai due sul- lodati periti. §. 122. Se l'iniquità umana può come mezzo di calunnia — 233 — giungere a tanto da simulare un aborto per farlo credere pro- vocato professionalmente a svantaggio della onoratezza di una levatrice o di un medico, non rifugge alcune volte per cupidigia di guadagno, di pretestare un aborto in seguito a lesione vio- lenta alla quale si attribuisca tutta la colpa di aver fatto scon- ciare la donna che la subì. — Una tal questione può incontrarsi dal perito nelle cause di traumatologia forense ed io già ne ac- cennai qualcosa nel 2° Volume di questa pubblicazione. Non ho da aggiungere molto su tale quesito, perchè in verità il concetto fondamentale che deve guidare il perito in simili circostanze è appoggiato sulla resultanza dei quesiti già esaminati. In primo luogo se realmente la detona era gravida; in secondo luogo quale fosse la potenza e la sede della lesione sofferta; in terzo luogo se realmente quella donna ebbe tutta la successione dei feno- meni morbosi dell'aborto evidentemente dipendenti dalla causa traumatica sofferta ; in quarto luogo se realmente abortì ; in quinto luogo quando abortì; in sesto luogo se l'aborto non po- teva riconoscere altra causa morbosa preesistente e cooperante all'avvenimento spontaneo; e finalmente se il fatto dell'aborto fu solo o accompagnato da successioni morbose che dipenden- temente da esso aggravassero le condizioni fìsiche della donna che lo subì. — È in definitiva una questione di traumatologia forense che può essere aggravata dalle speciali conseguenze del caso e forse può dar luogo ad una grave questione di danni ed interessi. Ma per le indicazioni già date in diversi paragrafi di questo lavoro e specialmente in quello della traumatologia forense non credo vi sia bisogno aggiungere altro in questo punto. §. 123. Piuttosto mi fermerò a ricordare la possibilità di una rara questione relativa al tentativo d' aborto : come quella che per alcune disposizioni di codice e più specialmente del Sardo italiano ed anco (a quanto pare) dal Progetto di Codice penale italiano, potrebbe sorgere in faccia ai Tribunali. In verità non mi pento di avere scritto qui sopra « rara questione » perchè imbevuto dai principii giustissimi del diritto penale dipendentemente dalla nostra codificazione toscana che avrebbe dovuto in maggior parte di quanto non prometta di es- — 234 — serio, generalizzata nella riforma ed unificazione del Codice pe- nale italiano, mi par proprio tanto chiaro che per accusare una donna di tentativo d'aborto bisognerà provare oltre ad impor- tanti dati preliminari, se dessa adoperò mezzi inidonei ossivvero mezzi idonei. — Se adoperò quelli che si possono ritenere come inidonei, nell'uso di questi non esiste tentativo punibile, se ado- però quelli che possono meritarsi la qualifica d'idonei, allora bisognerà provare in concreto del fatto il tentativo. È evidente che l'aborto non essendo avvenuto, si ritorcerà l'argomento sulla idoneità dei mezzi adoperati o per un verso o per l'altro sfug- girà il punto d'appoggio all'accusa ed al perito resterà ben poco da studiare in proposito. — Nonostante essendovi nel Codice Sardo italiano, nel proposto pel Codice penale italiano, la con- figurazione del reato di tentativo d' aborto, mi preme av- vertire che il perito se fosse interrogato in caso di donna vivente e su di essa si fossero fatte pratiche abortive, se con mezzi inidonei, il giudizio del perito sarà negativo, se con mezzi idonei, sarà riservatissimo.— Piuttosto potrà dirsi qualcosa, se avendo indizio che fossero stati adoperati mezzi abortivi sulla donna che poi divenne cadavere, allora il perito chiamato ad emettere parere « se in sequela di quelle sostanze o di quei mezzi meccanici, potè la donna incontrare la morte y% seguendo la pra- tica qnaie ampliamente ho discorso ai §§. 105, 106, 107, 108, 109 e 110, potendosi invece o trattare di un omicidio estrainten- zionale per venefìcio, ovvero di omicidio estraintenzionale per lesione personale violenta.—Del resto non ho nulla da aggiungere a quanto indicai nei paragrafi suaccennati per la condotta del perito in simili estremi eventi ed in generale credo che in tali circostanze la vera tèsi debba porsi sopra altro terreno e più particolar- mente sull' argomento dell' omicidio estraintenzionale. §. 124. V'è un'argomento da indicare brevemente al pe- rito in questioni di aborto criminoso ed è quello che ha rapporto con i doveri dell' esercizio professionale in caso di aborto pro- vocato per ragione ostetrica. Non debbo né voglio largamente trattare un tema scientifico che trae origine dagli studii della ostetricia pratica. — Quali fossero le ragioni di Paolo Zacchia che fino dal 1631 raccomandava che se vi fossero prove per le — 235 — quali se una donna gravida non abortendo e dovesse morire col feto, sarebbe giusta provocare l'aborto per salvar la madre: quali fossero le ragioni per le quali nel 1609 la Luisa Burgeois pro- c'amò che si dovesse estrarre il feto a qualunque tempo per salvare la donna: —quali quelle del Fodere che nel 1813 so- stenne in Francia la necessità di espellere il feto anco prima della vitabilità per salvare la madre: — quali quelle addotte sul medesimo argomento dal Simpson nel 1821 in Inghilterra, quali le altre del Naegele in Alemagna nel 1823 sul medesimo argo- mento: quali quelle del Costa che all'Accademia di Medicina di Parigi nel 1827 la giudicò dottrina immorale e inconveniente: — quali quelle favorevoli all'aborto provocato difese nel seno della stessa Accademia del 1852, meno i voti del Begni e Mo- reau : quali le nuove contese fra la scuola di Parigi e quella capitanata da Stoltz recentemente, sono tutte cognizioni che spettano alla storia dell'arte ostetrica e delle quali ne deve es- sere certamente consapevole ogni medico. — A me importa sta- bilire dal punto di vista medico forense, che la, provocazione dell'aborto ostetrico è operazione che ha dato luogo o può dar luogo a contese giudiziarie mólto gravi e dolorose. A me im- porta stabilire come essendovi o potendovi essere persona del- l'arte che seguendo i proprii convincimenti ( giustificatissimi e rispettabilissimi) si possa trovare nella necessità di eseguire una operazione che o per una ragione o per F altra potrebbe susci- tare una questione di responsabilità professionale. Ed in seguito di tale responsabilità potersi avere la formula del seguente que- sito e cioè: se un medico ostetrico conosciuto autore di un pro- « curato aborto, lo abbia compiuto con fine e indicazione oste- « trica o con fine criminoso ». —■ Per cui io ho il dovere di porre in avviso il pratico sopra i criterii che lo debbono guidare sulla incensurabile via dell' assistenza del caso in termini. — Dato che un'aborto ostetrico si debba provocare è evidente che vi abbisognino indicazioni da una parte e si sieno valutate le controindicazioni dall' altra. — Ora il primo criterio da stabi- lirsi per giudicare della legittima necessità dell'operazione verrà desunto dalle condizioni esistenti nella madre. Ma quali sono tali condizioni che possono autorizzare questa estrema opera- — 236 — zione? 0 ri stringimenti di bacino tali che ogni diametro della escavazione e dello stretto superiore e dello inferiore non offra più di 6 centimetri a 6 centimetri e mezzo. 0 le convulsioni eclampsiche infrenabili ad ogni soccorso d'arte e minaccianti la esistenza della madre. 0 F emorragia insistente, infrenabile. 0 i vomiti incoercibili da ridurre all'estrema denutrizione la ma- dre, vomiti continui, accompagnati da reazione febrile, altera- zione della fisionomìa, da sincopi, da acidità eccessiva dell'ali- to ec, 0 la sopravvenienza di accidenti morbosi gravi che nul- l'altro potrebbe eliminare se non che l'espulsione del prodotto del concepimento artificialmente provocato. — Ma non vi è nep- pur dubbio alcuno ad ammettere che se tali ragioni sono effi- caci in tèsi generale a incoraggiare l'ostetrico od il pratico a dar mano a provocare l'aborto, pure in alcuni particolari casi potrebbero essere suscettibili d'una valutazione di grado da ab- bisognare il giudizio dei più a calcolarne il giusto limite. Ed ecco il secondo criterio pel quale si vuole posto in chiaro che anco tale valutazione fu discussa e discussa apertamente con colleghi autorevoli tanto da condividere la responsabilità di co- lui che effettuò la operazione. — Per cui è necessità dimostrare (non presumere) che le cagioni che spinsero a dar mano ad atto così delicato sono di tale evidenza da potersi da tutti riscon- trare e certificare. Quindi condizione essenziale alla legittimità di un' operazione simile che un consesso di pratici abbia avuto luogo a sanzionare la opportunità della operazione. Stabiliti per tal modo i principii fondamentali, al perito resta soltanto verificare se tutti questi estremi si combinarono ad autorizzale l'avveni- mento e perciò è da raccomandarsi all'esercente ostetricia che per cansare qualunque responsabilità sia sempre pronto di dimo- strare che autorizzato da colleghi competenti devenne a quella operazione come la sola risorsa di Sahare la madre che non operando sarebbe morta insieme col prodotto del suo concepi- mento. Non è poi soltanto per la operazione in se stessa capace a destare una tal quale repugnanza che il pratico deve salvaguar- darsi da ogni accusa; ma è ancora per la possibilità che nono- stante ogni più attenta e premurosa condotta, la madre dipoi mo- — 237 -^- risse e forse quest'esito fatale risvegliasse delle accuse acerbis- sime. Vi sono alcuni dati statistici da' quali si dovrebbe conclu- dere come l'aborto ostetricamente provocato, avrebbe data una mortalità del 42 per 100 (Guéniot) ed è anzi questo uno degli argomenti che si adopera da coloro che vogliono far risaltare la preferibilità del parto prematuro artificiale. — È noto come per questa ultima operazione si debbano porre in essere le se- guenti indispensabili condizioni, e cioè: la che sia indubbiamente assicurata la vitabilità del feto e perciò è operazione che non può cadere che nel settimo mese di gestazione in poi: 2a che sieno palesi e da un consulto constatate le ragioni imperiose più sopra indicate ad.eseguirla nello scopo supremo di salvare eia vita del feto e quella della madre : 3a che il massimo estremo al di là del quale non si dee ricorrere alla operazione è di 8 ai 9 centimetri, il minimo di 6 centimetri per la estensione del più corto diametro del bacino. Con queste brevi considerazioni e con il ricordare succinta- mente quanto sta di più generalmente accettato nella dottrina ostetrica, credo di avere additata al professionista la più sana via di condotta, ed al perito chiamato a giudicare della questione; quando disgraziatamente e dolorosamente sorgesse; quali sareb- bero le circostanze da doversi prendere in esatta e scrupolosa valutazione. Per ogni altra emergenza del caso, si tenga ben presente il principale argomento di deontologia medica, desunto dalle leggi vitali del Diritto penale: che nulla può essere incri- minabile nell'esercizio della medica arte se non quanto può avere in se il dolo: — si potrebbe alcune volte far questione di colpa, di ignoranza, di omissione ec, ed anco per tali mancanze esser meritevoli di pena, ma ciò che sostanzialmente costituisce reato vuole il dolo. Mi sembra inutile trattenermi più diffusamente su così chiara enunciazione. INTERVENTO DEL PERITO IN CAUSA d'INFANTICIDIO. §. 125. Sarebbe superfluità condannevole spendere molte parole a dichiarare la ragione dello intervento del perito medico forense nelle questioni concernenti l'Infanticidio, perchè quando si fosse detto soltanto che senza il giudizio emanato dal perito — 238 — sulla constatazione dell'ingenere principale di questo omicidio scusabile, non si può muovere passo in un procedimento penale, si sarebbe detto tanto quanto basta a dimostrare la importanza e la necessità dell' intervenienza medesima. Decomponendo per mezzo dell'analisi l'intrinseco valore di quelle due parole qui sopra a determinato animo da me segnate, appare manifesto ; per i principii inconcussi del diritto penale; come sia inevitabile che il perito si occupi a dimostrare la prova materiale del cor- pus crimini^ da un lato; dall'altro indaghi se e quanto vi fu- rono negli autori elementi o ragioni della scusabililà del fatto, aprendosi cosi la via a quella profonda valutazione di tutto un mondo psicologico perturbato da passioni acutamente violenti. Nessuna contestazione è possibile sopra il sacro e santo dovere dell' accusa di stabilire prima che il neonato che si dice vittima di morte violenta per opera della madre o di altri, godè vita estra- uterina: — nessuna contestazione è possibile sulla necessità di stabilire per parte dell'accusa stessa quali poterono essere i mo- venti al delitto e quindi indiscutibile il dovere di precisare per F opera del perito forense quali erano le condizioni psicologiche nelle quali versava la persona incolpata del delitto stesso. È que- st'ultima valutazione così tanto seriamente importante che segna d'un solco profondo il contine fra parricidio ed infanticidio, è questa in una parola tutta intera la ragione per la quale nella massima parte delle vigenti codificazioni F Infanticidio prende speciale e singola configurazione e classazione fino a meritarsi una speciale graduazione di penalità. La missione del perito ha dunque una suprema importanza in tale argomento ed è inutile il nasconderlo o il dissimularlo move tutta dallo spirito che informa le disposizioni legislative vi- genti. Le quali tenendo calcolo della temenza che prende la donna illecitamente feconda d'esser disonorata dai vagiti innocenti del neonato che palesa la colpa del fallo commesso; e del presen- timento delle vessazioni, delle minaccie o della vendetta che dai parenti traditi o disonorati le potrebbero sovrastare; e te- nendo pur conto del perturbamento fisico prodotto dall'illecita fecondazione con tanta arte e studio nascosta, e delle funzionali alterazioni che sul sistema cerebro spinale tali condizioni insolite — 239 — dovevano destare, prestabilirono un minorativo di pena che a tale delitto dovesse equiparare. Mai più giusti e bene amalgamati criterii legislativi concorsero unanimi a comporre una configu- razione giuridica così staccata e singolarmente delineata nei di- versi Codici penali; mai più giusto e filosofico criterio di penalità fu con vera saggezza fissato a punire un delitto che in gran parte muove da una disperata condizione psicologica della donna profondamente agitata dall'imperiosa necessità di salvare il proprio onore. In una parola, dalla massima parte dei Codici penali inspi- rati a buoni principii di giurisprudenza, F infanticidio si punì e si punisce meno degli altri omicidii, appunto perchè la voce della scienza medica ha avut ; forza di fare intendere le condizioni fisiche e psicologiche in cui versa la parturiente e la puerpera specialmente nel parto clandestino susseguente ad illecita fecon- dazione. Né io qui voglio diffondermi, quanto potrei, a mettere in rilievo la mia asserzione; ma quello che io debbo fare si è di ricordare quanto sia bello e stupendamente composto il Ti- tolo VII0 del Codice penale Toscano, e specialmente negli Articoli 316 al 320 concernenti l'infanticidio, nei quali già la^ stessa giacitura delle parole, sfidando juasi l'antico adagio «om- nis definilio injure periculosa» comprende con evidenza mas- sima la definizione del delitto dichiarando esser rea d'infanti- cidio «quella donna che nel tempo del parto, o poco dopo di « esso, ha dolosamente o colposamente cagionata la morte della « sua prole, illecitamente concepita» — facendovi poi susseguire una graduazione di pena che è corrispondente al concetto uma- nitariamente informativo il Codice medesimo.—Anco il Codice Sardo italiano dopo aver disposto all'Articolo 525 che è «In- fanticidio l'omicidio volontario di un infante «di recente nato»,. e dopo aver decretata la morte ai colpevoli dei crimini di parri- cidio, di veneficio, d'infanticidio e d'assassinio, pure nell'Arti- colo 532 statuisce che «la pena dell'infanticidio possa esser « diminuita da uno a tre gradi riguardo alla madre che lo abbia « commesso sulla prole illegittima ». Nel Progetto del nuovo Codice Penale pel Regno d'Italia. si è classato un tale delitto fra gli omicidii scusabili, formulando F Articolo 379 con le seguenti parole « È scusabile l'omicidia — 240 — « commesso sopra un infante per salvare l'onore proprio o « della moglie, della madre, della figlia, della sorella » sta- bilendo che la pena possa venir diminuita da uno a tre gradi. Senza volere indagare perchè dai riformatori del 1874 non si abbia voluto riconoscere una sostanziale e caratteristica confi- gurazione giuridica dello infanticidio, serbandola tale quale era nel testo del Codice Toscano ed anzi ( come traspare dal con- testo del Progetto) abbiano voluto ricadere nella vecchia teorica delle condizioni aggravanti desunte dalla barbarie, dalla incapa- cità nel nuovo essere a suscitare odio, dalla soppressione della esistenza civile e dalla facilità d'occultare il reato, a me basta constatare che hanno dovuto anch'essi finire per dichiararlo quale omicidio scusabile con diminuzione notevolissima d'impu- tabilità.— Comunque sia, pel perito non una linea del vasto campo è perduta, né resterà menomata la potenza suprema che la scienza dee rappresentare in questo argomento giuridico che tutto dipende dal responso medico forense. In qualunque modo possa riuscire in futuro formulata la defi- nitiva configurazione giuridica dello Infanticidio, resterà sempre saldo che desso sarà sostanzialmente comprensibile nei seguenti termini e cioè: «nella uccisione di una umana creatura na- « scente o di fresco nata, uccisi' ne effettuata con atti prositivi « o negativi dalla madre il'egittimamente feconda, per il fine « di salvare il proprio onore o di evitare sovrastanti sevizie». §. 126. Da ciò deriva come i pratico potrà trovarsi prin- cipalmente nella circostanza di dover provare: 1° Che il cadavere presentato era quello di un neonato. 2° Che il neonato venne alla luce vivo, perchè se mai dubbio potesse sorgere che le violenze fossero state consumate sopra un cadavere, mancherebbe la essenza di fatto che siasi troncata ut a vita; né basterebbe neppare la confessione della stessa incolpata se nella angoscia dell'animo dichiarasse esserle sembrato che il bambino da lei stessa partorito avesse vagito. 3° Dovrà dare le prove dirette periziali che in realtà il neonato visse vita estrauterina. 4° Dovrà indicare quale fu la causa che ne spense la vita e se questa fu violenta o naturale o accidentale o insieme si aggrupparono. — 241 — 5° Potrà essere anco chiamato a considerare quali fossero la condizioni fisiche e morali della madre incolpata. §. 127. In questo vasto ed importantissimo argomento, per esser fedele allo scopo del presente libro, indicherò passo passo ciò che in pratica si dee fare quando si sia chiamati ad esami- nare un cadavere di neonato che si sospetti vittima di infanti- cidio e così ponendo da parte il dottrinarismo, cercherò di ajutare meglio che sarà possibile il pratico. §. 128. Figurerò dunque d'essere in Camposanto, alla tavola anatomica, come spesse volte mi son trovato, e ri- trarrò dal vero quanto occorre di fare, prendendo a tipo i casi più ordinarii; e dopo; dal semplice passando al complicato; cer- cherò d'intrecciare, quanto più mi riuscirà, indicazioni pratiche per formulare mano mano una guida più sicura e metodica perchè questo lavoro possa riuscire utile a coloro che avranno la necessità di adoperarlo. — Ia Operazione. §. 129. Il primo momento della pratica necroscopica è a dir vero né più né meno che una ispezione giudiziaria del piccolo cadavere; ed a ciò, quanto alle formule d'uso richieste dal Codice di Procedura penale, vi provvedono gli ufficiali di giustizia. — Consultando quanto scrissi nel mio manuale ( Vo- lume 2°) di questa Biblioteca al §. 19, pagina 26, si avrà una guida assai fedele di quanto occorre fare in proposito. E quanto ai primi momenti della necroscopia forense ugualmente, si tro- veranno indicate le avvertenze relative nello stesso volume a pagina 78, §. 74. Nonostante , prevedendo che debba avvenire ad altri quel che accade a me, cioè una stizzosa noia d'andare a scartabellare pagine di un libro per ritrovarvi qualche punto che lì per lì mi urge, io qui toccherò alcune più speciali osser- vazioni relative all'argomento. §. 130. È un fatto d'osservazione pratica che, bene spesso, i cadaveri dei neonati che furono vittima d'infanticidio, si ritro- vino e si traggano da luoghi diversi ed in condizioni assai spe- ciali. Così si possono rinvenire o involti in cenci, in vesti, in carte; o chiusi in scatole, In ceste, o gettati nudi in masse carbonose, di cenere, od in concimaie, in latrine, od in fosse, Filippi ,6 — 242 — in pozzi, in ruscelli, in fiumi, in stagni e trovarli coperti da mota, da rena ec, ovvero si traggono da camminetto , stufe, caloriferi o di sul tetto ec.........Ora, è necessarissima avvertenza che il perito dipinga con la parola tutto quanto può cadérgli sott' occhio relativamente alle condizioni del cadavere, e guardi con finissima diligenza ogni più piccola e minuta acci- dentalità, come quella che nell'insieme dell'avvenimento può dar luce a intenderne F indole, come anco scuoprire qual fu il mezzo adoperato a spenger la vita.— Su questo punto non intendo sminuz- zar troppo le possibilità, perchè già non tutte sarebbe possibile decifrarle; e poi, quando si è accennata la ragione per cui è utile prender nota di tali circostanze, mi sembra che il buon senso possa bastare. — Tutto l'importante è incluso in questo consi- glio: il perito descriva con parola chiara, sobria, efficace, quanto vede del corpo presentatogli e basta. Iia Operazione. §. 131. Se il cadavere fosse involto o coperto o chiuso in cassette ec, il perito alla presenza del Giudice lo discuopra e lo denudi con molta diligenza, per poter essere in grado di dettare il verbale dell'abito esterno del corpo. In tale momento si debbono raggiungere due importantissimi scopi. 1° Decidere se quello sia un cadavere di neonato. 2° Descrivere lo stato esterno del corpo, onde rilevare e il grado di putrefazione e se vi sono o non vi sono lesioni che possano essere state cause di morte violenta. Questi due scopi si possono raggiungere insieme procedendo con la seguente regola. Stabilisco che il cadavere del neonato sia intero e non mutilato come alcune volte avviene di ritro- vare. —■ Allora si dichiari A. Il Sesso e se regolare n' è la conformazione esterna. B. Si prenda F esatto Peso del cadavere : e se vi fossero uniti gli annessi del feto; come più di una volta hot verificato; si pesi prima tutto insieme e dopo separatamente. — E inutile raccomandare F esattezza su tale operazione i resultati della quale saranno consegnati nel verbale. — Tutti sanno come il peso possa fin* a un certo punto cooperare a, indicare la maturità. — 243 — dell' infante relativamente ai diversi periodi di gestazione. — Nulla si potrebbe stabilire di preciso su tal rapporto : — pure un minimo ed un massimo lo abbiamo e volendone indicare una media si potrebbe indicare come a partire dal 6° al 7° mese il peso (in media) segni da 500 a 800 gr. 70 _ g0 mese » » » l kil. a 1, 500 8° — 9<> mese » » » 1 a 2 kil. e 500 A termine » » » da 3 k. a 3 k. e 500 A tali riscontri si unisca il peso della Placenta, quando la vi fosse e se ne faccia poi esatto esame anatomo patologico. 11 peso medio normale della Placenta è da 5 a 600 grammi e misura per lo più da 20-25 centimetri di diametro travèrso. C. Si misuri poi la Lunghezza del cadavere, adoperando un metro metallico od altro metro flessibile che da un punto tangenziale precisato da un piano resistente che tocchi dolce- mente al vertice, raggiunga l'orlo interno del calcagno destro dell'infante: — e si legga il resultato di tal misurazione: — la quale suol dare da 50 a 52 centimetri come media in un neo- nato a termine: — sono rari i casi nei quali l'estremo raggiunga i 58 centimetri di lunghezza. D. Ottenuta quest' ultima misura, si precisi la inserzione del funicolo ombellicale ; inserzione che anco nel feto a termine suol rimanere sempre un poco al di sotto della metà dell'altezza totale del corpo. — Ora per stabilire cou precisione quanto sia la distanza che passa dalla inserzione del funicolo alla precisa metà del corpo, non occorre altro che addoppiare il filo misu- ratore la prima lunghezza, e riportandolo dal punto fino al ver- tice , notare ove cade sulla linea mediana del ventre il rad- doppiato filo. In generale anco nel feto a termine e nel meglio sviluppato, ho veduto sempre che la inserzione del funicolo cade per lo più al di sotto di un centimetro a 1, 50 dalla metà del corpo. — Ciò è perfettamente d'accordo con le leggi embrioge- niche, per le quali è noto come la inserzione del funicolo nel- l'età embrionale essendo vicino al coccige, vada poi per l'accre- scimento delle pareti ventrali a guadagnare un livello prossimo al punto che segna la metà del corpo. — 244 — E. Stabilito il punto d'inserzione del funicolo , potrà se- guitarsi l'esame di tale organo, il quale a) potrebbe essere stato avulso, strappato dalla cicatrice medesima : — ed allora sarà necessario descrivere l'aspetto della piaga resultante. — b) Il funicolo potrebbe essere stato o tagliato o strappato, e per giu- dicare se Funa cosa o l'altra avvenne, si rileveranno con esat- tezza i caratteri presentati nell'estremo libero i quali nel ta- glio, presenteranno una superficie di sezione unita, mentre nello strappo si vedrà un cono la base del quale è disegnata dalla tunica esterna amniotica che riveste gli elementi vascolari for- manti il cordone e cioè le due arterie ombellicali e la vena cen- trale guarnite dalla gelatina del Warton. — e) Potrebbe sul pezzo residuo esservi stata apposta una legatura ed allora è doveroso descrivere e con che era stata fatta quella .legatura e come era stata condotta ed a qual distanza dall'ombelico e segnare i ca- ratteri capaci poi a differenziare se quella fu posta in tempo di vita o di morte. — d) Il funicolo res duo potrebbe presen- tarsi in uno stato di mollezza per infiltrazione edematosa, per congestionamento sanguigno e varicosità dei vasi: ovvero alterato per macerazione intrauterina o per putrefazione cadaverica estra- uterina ovvero presentarsi secco e di tale asciuttezza notarne il grado maggiore o minore per decidere a suo luogo se questo fatto potesse essere effetto del prolungamento naturale della vita per un certo tempo, ovvero l'effetto del contatto dell'aria sul corpo privo di vita, e tali condizioni debbono esser notate esattamente. — d) Potrebbe il funicolo presentare dei nodi formatisi entro F utero o nel travaglio del parto e ciò sarebbe verificabile specialmente quando si avesse la fortunata combina- zione di aver reperiti interi gli annessi fetali ed allora si do- vrebbe 1° misurare con precisione la lunghezza del funicolo: — 2° misurare la grossezza: —■ 3° descriverne esattamente lo stato tanto della sua nutri- zione, quanto delle sue torsioni o assottigliamenti o rigonfiamenti non che le varicosità vasali ec. 4° saggiarne la resistenza con pesi gradatamente appo- stivi : — — 245 — 5° notare anco il modo e il punto di sua inserzione pla- centare. Qualunque sia per essere la quantità di funicolo ombe- licale reperito sul cadaverino, la misura precisa di quanto ne sia rimasto, la misura esatta della sua grossezza, presa con un filo circumdotto a differenti livelli del residuo funicolare; la valutazione della sua maggiore o minore nutrizione e la consta- tazione delle condizioni in cui si trovano i due vasi arteriosi e il venoso, sono imprescindibili notizie che debbono essere conse- gnate al verbale essendo o potendo divenire elementi a scioglier questioni che su quel dato caso potrebbero insorgere quando si dovesse stabilire la causa della morte e di certe possibilità più o meno probabili accampate dalla incolpata o per essa dalla difesa. — §. 132. Si descriveranno ora le condizioni della Pelle e delle appendici cornee. Della Pelle si preciserà 1° lo sviluppo, cioè se formata completamente, se fornita di quella giusta elasticità che in generale si suole avere nei nati a gestazione completa, se provvista del necessario strato epi- dermico e se spalmata di quello smegma sebaceo a volte san- guinolento che specialmente nelle piegature degli arti e nelle regioni del dorso si trova ammassato ed aderente alla pelle dei nati di recente. 2° colore, se più o meno roseo, ovvero pallido, cereo, co- me nei casi di morte per emorragia potrebbe avvenire — e si noterà se in qualche regione vi fossero più accentuate colora- zioni rosso sanguigne sia per ipostasi cadaveriche nelle parti più declivi del corpo, ovvero se tali colorazioni anziché mostrare e per la sede e per la disposizione e pel colore e per lo stato del sangue contenuto nei vasi cutanei le caratteristiche vere e pro- prie delle ipostasi, potessero mai avere od una significazione od una ragione morbosa o violenta. In quest'ultimo caso tali colo- razioni richiedono ancora più esatta e minuziosa descrizione sia per la vera origine che le produce relativamente allo stato del sangue compenetrato negli strati della pelle, sia per la sede ana- tomica, sia per la estensione, direzione e configurazione la quale — 246 — ripetendo a volte la forma di corpi o di parti dell'organismo umano che poterono forse cagionarle, avvia il perito a dilucidare se furono contatti violenti di mani o di agenti violentemente adoperati sul morente in tempo di vita o se non del tutto co- stituissero la causa della morte, potrebbero almeno rivelare un momento di tutto l'atto delittuoso. Dopo le colorazioni rosse sanguigne, noterà se vi fossero le macchie verdognole più o meno avanzate della putrefazione e specialmente in quale regione del corpicino fossero più pronunziate e a differenza della sede ordinaria: e ciò perch^ queste differenze sono in pratica un pre- zioso indizio di ubicare un fatto morboso che abbia alterata una data parte dell'organismo e questo fatto morboso potendo essere appunto di ragione violenta, il perito ; nell' incognita in cui può trovarsi relativamente alla causa della morte ; trovare il filo di tutto l'avvenimento e guadagnare terreno nel problema spesso difficile che gli è presentato. Io non saprei tanto bastevolmente raccomandare questa avvertenza che bene afferrata dal primo momento della ispezione esterna dei cadaveri, mi ha dato dei resultati veramente efficaci alla diagnosi anatomo patologica di sede e di estensione dell' alterazione e tale punto di pratica acquistato nel ventennio di studii sui cadaveri se bene applicato a scopo medico forense può riuscire preziosissimo. — Dopo la osservazione di tali macchie, potrebbe occorrere la necessità di notare altre colorazioni avventizie o accidentali, provenienti da sostanze o liquidi incontrati o sparsi sul corpo del neonato. — È evidente come la esatta descrizione e valutazione di queste acci- dentalità debba esser fatta dal perito per esser poi (quando oc- corra) completata anco dal saggio chimico legale, specialmente o quando insorgesse dubbio sulla loro natura o quando invece po- tessero far nascere il sospetto di azioni chimiche per adopera- mento di sostanze venefiche. 3° Dopo le modificazioni di colore, il perito esaminerà lo stato di tutta la superfìcie cutanea quanto alla sua condizione funzionale in rapporto allo speciale periodo di sviluppo organico in cui si trova il cadaverino che egli esamina. Vale a dire, sa- pendosi come le ricerche di quegli argomenti pe' quali si può stabilire siasi consumato un infanticidio, cadono sopra un essere — 247 — o nascente o di recente nato è evidente che la superficie cuta- nea potrebbe mostrare al perito i resultati di quella particolare condizione funzionale secernente che l'organo cutaneo del neo- nato prepara. E tali secrezioni essendo appunto costituite in quel periodo da un induito biancastro, grassoso, tenace come sostanza sebacea, prodotto da cellule epiteliali caduche e avviate a degenerazione grassosa, impastate da sostanza albuminoide glutinosa, in parte data dalla composizione del liquido amniotico in parte anco prodotto dal plasma sieroso sanguigno che trasuda dal reticolo vascolare del derma, si trovano ammassate qua e là e aderenti in alcune parti del neonato e specialmente in mag- gior copia nelle piegature degli arti e nelle regioni dorsali. Ora, se tali residui esistessero con tutti i loro caratteri, il perito dovrebbe notarli come indicatori che quel cadavere è di infante di recente nato o almeno di un bambino che non ebbe molto probabilmente né quelle cure che le madri o le persone di famiglia prestano subito al neonato, né ebbe tanto tempo di vita estrauterina a che spontaneamente la pelle acquistasse quel- l'energia funzionale che determina una esfoliazione più rapida ed energica per sostituire ai vecchi strati epidermoidei quelli più recenti e giovani che debbono concorrere a formare lo strado epidermico uniforme e capace a tutelare più efficacemente il sottostante derma. 4° Importantissime sono le valutazioni diagnostico diffe- renziali che potrebbero essere richieste da alcune condizioni mor- bose che più frequenti si incontrano alla superficie cutanea dei neonati, come gli edemi, l'eresipele, l'ectima congenito, od il penfigo e quella particolare affezione detta la sclerodermia la quale ultima potendo pur essere espressione di morbo intrau- terino, può riscontrarsi anco nei cadaveri di neonati che mori- rono per freddo. 5° Dopo tali osservazioni, il perito guarderà se esistano sulla pelle segni che abbiano o possano o potrebbero avere ca- rattere di lesioni violente, — lo a posta ho scritto così, cioè; « segni che possano o potrebbero avere ec. » perchè a guidar bene°la osservazione del perito in tale delicatissimo momento della necroscopia giudiziaria non sento d'avere altro mezzo che — 248 questo di interrompere con arte l'andamento del periodo perchè resti fisso che non v'è pericolo più fatate di quello di insospet- tirsi che una accidentalità di colore, di continuità, di consisten- za, di vessicazione ec. della pelle di un neonato che si presume vittima d'infanticidio, debba essere segno di violenza criminosa! —Non v'è più nulla che possa rat tenere nel precipizio se un er- rore tale di valutazione necroscopica spunta fino dai primi periodi di dettatura del verbale; e perchè ciò non avvenga io non sa- prei altro consiglio, altra tutela, altro più efficace mezzo offrire al perito che questo cioè : di sempre domandarsi in faccia a tali accidentalità ed in quel momento decisivo « ma quello che io vedo potrebbe essere alterazione morbosa o cadaverica? » Vi vorrebbe un libretto a posta per sviluppare intero questo solo pa- ragrafo, ma qui procedendo con metodo anatomico, credo di gio- vare al perito ricordandogli che cominciando; ad esempio; dall'esa- me del cuojo capelluto, al vertice si può cadere in errore fatale di insospettirsi che tutte le modificazioni di colore e di consi- stenza della pelle provenienti per dato e fatto della putrefa- zione in quei tessuti per l'ecchimoma originato dal travaglio del parto e per la sierosità sanguinolenta in maggiore abbondanza accumulata, si fossero evidenti segni di lesione violenta. — Sarebbe errore fatale ( e ne conosco casi ) che si credessero ecchimosi, certi rossori circoscritti alle gobbe frontali di neonati che. giacquero; divenuti cadaveri per malattie od anco morti ap- pena nati; in posizioni non supine, ma o di fianco od a bocco- ni. — Sarebbe errore fatale prendere per segni di atti violenti alle parti più prominenti del cranio o della faccia, aree di cute incartapecorite per quei soffregamenti o per quelle compressioni incontrate accidentalmente dopo la morte e che stipando la cute e lasciandola poi denudata all' aria aperta per F evaporaziono delle parti liquide si addensarono e presero aspetto e consistenza coriacea. — Sarebbe errore fatale prendere per segno di morte violenta per soffocazione manuale la depressione o la devia- zione del naso accompagnata da lividura ecchimotica che può vedersi dopo una morte naturale nel cadavere di un neonato o per la posizione data al corpo stesso o per lenta e continua compressione da qualche panno o copertura fosse lasciata inav- — 249 — vertentemente sul cadavere stesso ; quando anche (come ho ve- rificato io pure) tale deviazione e schiacciamento con lividura non fosse l'effetto continuato di quella pigiatura che in certe presentazioni e posizioni cefaliche del feto entro F utero soffre il naso poggiando su orli ossei della escavazione pelvica. — Sa- rebbe fatale errore credere segno di violenza quelle riseghinette cutanee che intorno al collo di un neonato, morto per morbo spontaneo, nello svilupparsi della putrefazione si formano intorno alle pieghe cutanee nella parte più nascosta delle quali mantenen- dosi pur chiara la pelle, potrebbero esser prese per traccia di solco strangolatorio. — Sarebbe errore fatale insospettirsi che segno di violenza fosse il gemizio di sangue spumoso dalle narici o dalla bocca quando specialmente nei casi di morte per congestionamento apoplettico o del cervello o dei polmoni maggior quantità di san- gue fermandosi nelle parti superiori del tronco, più facile e rapida svolgendosi la putrefazione, tutto questo si credesse essere dipen- dente da traumatismo.—Sarebbe errore fatale se esistendo flittene o ampolle sierose in qualche punto della superfìcie cutanea di ca- davere di neonato si prendesse sospetto di azioni di sostanze o di liquidi calescenti o comburenti adoperati dolosamente a danno del neonato.—Sarebbe fatale errore pensare a violenta azione inso- spettendosi di quel [particolare crepitio gassoso sottocutaneo che in alcune regioni del corpo a preferenza d'altre (base del collo, ascelle, lati del torace) ho verificato avvenire in alcune modalità di putrefazione precoce in alcuni neonati che morirono per na- turale morbo......e via così dicendo d'altre accidentalità che tutte essendo o generate o favorite o modificate dalla con- dizione dello stato di cadavere, possono nascere e ad occhio poco esperto servire di disvio dal retto sentiero. — Io non parlo poi di certe sensazioni che potrebbero ottenersi palpando le ossa del cranio rese più mobili ed imbricate dalla diminuita tensione del cervello alterato da putrefazione, e da certe alterazioni di osteogenesi turbata fino dal periodo della vita intrauterina , e da certe soluzioni di continuità prodotte da arresti di sviluppo o da azione potentemente costrittiva del funicolo orni elicale su alcune parti dell'organismo fetale ec. ec. . .'. . . questi errori che pure sono avvenuti, confinerebbero più con una insipienza — 250 — assoluta di quello che con una possibilità di errore dovuto ad una certa parvenza di vero che troverebbe allora una qualche scusabilità di ignoranza relativa. Comunque sia, credo assolutamente utile ricordare come nel- F esame delle accidentalità che turbano le normali condizioni di continuità della superficie cutanea di un cadavere di neonato (sospetto vittima d'infanticidio) il perito debba procedere guar- dingo a consegnare nel verbale ogni più chiara e fedele carat- teristica perchè poi dalla difesa e da tutto il contesto del dibat- timento non debba sentirsi rimproverare delle inesattezze che potrebbero essere state origine di tristiss:me conclusioni. Quante mai potrebbero essere le alterazioni di continuità della pelle per cagione realmente violenta riscontrabili sul corpo del neonato è tropi o evidente come desse non potrebbero che dipendere o da azioni traumatologiche portate in tempo di vita, o da modi di morte violenta app irtenenti al gruppo dell' asfìs- siologfa e alcune volte (ma raramente) da agenti chimici tossi- cogenici che nell'esser propinati al neonato avessero lasciata traccia ancora sulla pelle cadendovi accidentalmente. — Ma questo studio che in gran parte è già stato preparato da me nel 2° volume di questa operetta, richiama il quesito delle cause di morte che più specialmente possono verificarsi in tèsi d'infanti- cidio, quesito che sarà più avanti accennato richiamando oppor- tunamente le cose più strettamente necessarie. §. 133. Esame e considerazione delle appendici cornee. Dettato il verbale sulle condizioni della pelle il perito deve oc- cuparsi di indicare anco lo stato delle appendici cornee, perchè come abbiamo stabilito, si deve per lo esame esterno insieme raggiungere lo scopo, di specificare se quello è cadavere di infante neonato ed a qual grado di maggiore o minore sviluppo di ma- turità sia giunto. Per ciò basterà che il perito noti 1° lo stato dei Capelli, relativamente al loro colore, alla loro grossezza e lunghezza. — Sapendosi come fino dal settimo mese i capelli prendano aspetto loro proprio fino a crescere ai 2 centimetri in lunghezza nel nono mese ed a farsi [più decisi nel lor colore da quella trasparenza setacea che mostrano in «poche più precoci della vita intrauterina — 251 — 2°) lo stato delle Unghie, le quali già consistenti nel sesto mese, ne acquistano maggiore e nel settimo diventano più larghe: nell'ottavo sogliono giungere a cuoprire l'estremità delle dita, e nel nono mese poi si mostrano non solo più consistenti e larghe ma vengono a sorpassare anco di qualche millimetro l'apice delle dita dei piedi e delle mani. Ed a completare con la dovuta esattezza la enumerazione di tutti quanti i segni esterni che possono aiutare poi il perito nella soluzione alla domanda se quello sia un neonato giunto a maturità, non tralascerà di notare anco: 1°) Se sia o nò completamente disparita la membrana in- terpupillare. 2°) Se completatala conformazione esterna del padiglione dell' orecchio. 3°) Quale sia lo stato dei genitali esterni i quali nella femmina sogliono essere al nono mese ben distinti in ogni loro parte e nel maschio lo scroto apparire di color roseo carnicino specialmente sul rafe contenendo^Der lo più un testicolo e qualche' volta ambedue già discesi. 4°) Riscontrare il punto d'ossificazione centrale dell' epi- fisi femorali; al quale segno vi unirà poi il resultato dell'esa- me dei sepimenti alveolari della mascella inferiore, quando a sezione più avanzata o terminata potrà profittare di queste parti scheletriche. 5°) Completerà la ispezione dell'jabito esterno l'esame delle -aperture naturali del corpo e dell'apertura anale per segnare se meconio esista in quelle parti od esca facilmente premendo con dolcezza di contro alla fossa iliaca sinistra sulle parti del ventre. Fin qui la pura e semplice osservazione dell'ambito esterno del cadavere. IIIa Operazione. §. 134. Terminato l'esame dell'Abito esterno del cada- vere, e dettatene le resultanze, il perito comincerà la Necro- tomia ad eseguire la quale, per esser fedele al metodo da me accettato e descritto nel 2° Volume di questa operetta; dovrà principiare dall'apertura della Testa per procedere alle altre cavità. Io così indicherò la esposizione di quanto concerne le — 252 — avvertenze speciali che nella specialità del soggetto vengono richieste, evitando ripetizioni inutili. In pratica però alcuni; forse attratti dal supremo obiettivo di conoscere solleciti la fonda- mentale condizione della esistita vita, testimoniata dalla effet- tuatasi respirazione ; dopo F esame dell' abito esterno vanno di- filati ad aprire il torace del neonato. Io non voglio certo la- sciarmi andare alla pedanteria di obbligare a fare come ho in- dicato io : ma certo è che ragione suprema perchè non si segua il metodo generale della necroscopia, anco in circostanza di so- spetto infanticidio, non ce la vedo davvero quando anzi non vi fossero argomenti a ritenere che sarebbe bene far come il so- lito. — Pur nonostante a chi non garbasse di cominciare dallo esame della testa, vada pure al paragrafo ov'è indicato il modo di esaminare il petto e poi torni al presente punto della pratica necroscopica. —• NecrotomIa. §. 135. Testa. Cranio. È utile che il perito prenda prima di tutto F esatta misura della a) Circonferenza del Cranio; misura che deve esser presa con metro a nastro condotto in giro al di sopra delle arcate sopraciliari, passando sull'orlo del padiglione delle orecchie e terminando alla regione occipitale. — Tale misura è variabilis- sima per ragioni numerose e facili a capirsi ma che in generale a condizioni normali e nel feto a termine suol raggiungere in media i 36 centimetri. Si misurerà con un compasso di grossezza il b) Diametro longitudinale od antero posteriore, che per lo più in feto a termine e di regolare conformazione, suol dare 11 centimetri. U Occipito mentoniero, che in condizioni normali ed a termine, suol dare 15 centimetri. Il Biparietale o trasverso che suole oscillare dagli 8 cen- timetri ai 10. Tali misure, in alcuni casi, precisate fedelmente, possono essere di una preziosa utilità per raffrontarle con le condizioni del bacino materno ed intendere alcuni avvenimenti morbosi — 253 - che potrebbero nel sospetto di un'azione violenta ubicata nel cranio, prender luce da un andamento irregolare del parto. Già con la appurazione di questi dati il perito si prepara gli elementi più sicuri per ben descrivere la e) Forma della testa, la quale o per congenita ragione, o per morbosa causa o per accidentale avvenimento o per violenta azione, potrebbe essere cambiata nella sua naturale e comune figura da far intendere molti punti relativi alla soluzione di quesiti che più avanti incontreremo. — §. 136. Cuojo capelluto. Il taglio dei tegumenti che cuoprono il cranio sarà condotto circolarmente come nel modo generale già da me indicato e salvo speciali circostanze di ferimenti o di altre acci- dentalità che impongano di modificarlo.— L'esame del Cuojo capel- luto, dopo averlo staccato dalla volta del cranio, è di molta impor- tanza perchè vuole l'esatta valutazione differenziale di ciò che può o sopra di esso o sotto di esso verificarsi o per causa acciden- tale o per violenza o per modificazioni che su di esso possono accadere dipendentemente dal travaglio spontaneo del parto più o meno regolarmente compiutosi, sia per ragioni inerenti al volume ed alla conformazione della testa fetale, sia in rapporto alla capacità del bacino medesimo. — Vi sono casi difficilissimi i quali vogliono dal perito un'accuratezza scrupolosa e per i quali quasi tutta la importanza e la ragione della necroscopia giudiziaria risiede nella decifrazione giusta di certe modificazioni che presentano queste parti del cranio, tanto le tegumentarie che le sottostanti od ossee. Si sono registrati casi di infanticidio consumato per mezzo di piccoli istrumenti puntuti, aghi, punteruoli, passati sotto il cuojo capelluto traversando le fontanelle e aprendo i seni e de- terminando una emorragia, o pungendo profondamente la so- stanza cerebrale fino al midollo oblungato da ottenere la morte rapidamente. Il perito descriverà con esattezza le condizioni di questi tramiti e specialmente notando la presenza e lo stato del sangue stravasato. — Vi sono casi poi nei quali o per con- dizioni morbose subite dal feto entro l'utero o per alcuni modi di morte violenta, è necessario porre bene in evidenza se vi siano o no piccole ecchimosi punteggiate sotto alla cuffia apo- — 254 — nevrotica del capillizio. — Si danno poi casi nei quali si verifica di subito che o sgraffiature o complete soluzioni di continuità od ecchimosi o stravasi sanguigni a forma di bozza, esistono nel cuojo capelluto e vogliono essere differenziate dal capo suc- cedaneo o dal vero cefaloematoma dei neonati. Io intendo fer- marmi un momento su questo punto onde ajutare per quanto mi sarà dato, il praico, avendo ragioni di ricordare come alla superficie del cranio del neonato, e preferibilmente al vertice, si sogliono osservare bene spesso intumescenze che sono prodotte dalla compressione valida e prolungata che il capo può aver sofferto nel travaglio del parto e specialmente in certe posizioni del vertice. Si sa che le parti presentate dal feto ed anzi quelle che nel procedimento del parto corrispondono al vuoto del ba- cino, si possono far sede di uno stravaso sanguinolento che forma tumore od al cranio, od alla faccia, od alle natiche, o ad una spalla e ciò a seconda della presentazione. — Più comune- mente è al cranio che si verificano queste tumescenze, perchè più frequente è la presentazione cefalica nel parto ed in tèsi d'infanticidio; trattandosi appunto di esaminare neonati partoriti clandestinamente e perciò con andamento di parto non bisogne- vole di soccorso ostetrico, così non è improbabile che il vertice mostri una tale modificazione. — Ora, è bene che il perito ri- cordi come il così detto Capo succedaneo sia rappresentato da un versamento di siero sanguinolento al di sotto ai tegumenti del capillizio corrispondentemente ai due parietali lungo a su- tura mediana, mentre il vero cefaloematoma è sangue versato fra le ossa ed il pericranio formante una tumescenza meno spor- genti del primo, perchè il sangue restando qui imbrigliato fra le fibre del pericranio, forma un cercine duro come nella bozza sanguigna. Di più il cefaloematoma a differenza del capo succe- daneo, resta circoscritto ai parietali o sopra al destro o sopra al sinistro, ma più frequentemente di contro al destro. E quel che importa supremamente ricordare si è che il cefaloematoma può essere accompagnato da fessura del tavolato osseo e qual- che volta — se la compressione è stata estrema — lo stravaso sanguigno può farsi anco fra l'osso parietale e la dura madre. Ora specificati questi due diversi gradi, mi pare che il perito — 255 — possa essere posto in sull'avviso a non sbagliare fra avveni- menti che sono naturali o almeno innocenti con altri che potreb- bero essere violenti o criminosi ed in quella medesima parte aver sede. Certo un errore simile sarebbe fatale e fuorvierebbe immediatamente il perito, il quale d'altronde dee saper trovare una giusta differenziale fra questi avvenimenti e le Contusioni violentemente portate al cranio del neonato sia perchè queste ultime possono offrire svariate forme, avere sedi multiple nella stessa regione, presentare ciascuna gradi diversi di intensità ed accompagnarsi di stravasi sanguigni nei diversi focolaj contenuti ed essere corrispondenti a rime , a fratture con raggi multipli in diverse regioni più o meno diramati, con stravasi sotto cra- nici, alterazioni delle meningi e a volte della stessa polpa cer rebrale. Aprendo le vecchie pagine di un trattato di medicina legale quello del Valentini in qualche punto tuttora importan- te; si potrà conoscere come ecchimosi alla testa effetto ine- vitabile d'un parto difficile, possano essere state credute contu- sioni per violenza consumata a spengere la vita di un'infante. Tuttavia non posso fare a meno di non prevenire il perito che non sempre tali differenziali sono così nette e palesi da sperare di scioglier sollecitamente ogni dubbio; perchè oltre alla possibilità di imbattersi in un caso misto di lesioni e di cefaloematoma, nell'esercizio quasi ventenue di camposanto mi si sono presentati casi provenienti dalle sale ostetriche di ca- daveri di neonati venuti in luce e che per un tempo più o meno lungo vissero fuori dell'utero, nei quali, sotto ii cuojo capelluto o sotto il pericranio e per F appunto nelle regioni prominenti (gobba occipitale, parietale ec), ho trovati stravasi sanguigni coagulati e talmente disposti da credere che se non si fosse saputo come e quando vennero alla luce quei bambini, si sarebbe stati grandemente perplessi a sciogliere il quesito.—E ciò può verificarsi qualche volta indipendentemente pure da cattiva con- formazione della testa o da grave difetto dei diametri cefalici, come da gravi vizii del bacino spinti a grado tale da reclamare atti operatorii praticati a terminare un parto se si vuole alquanto difficile ma non assolutamelo e distocico. — Quando io penso a quei casi che per l'appunto hanno tale una indole che piutio- — 256 — stochè crederli meritevoli di pubblicazione restano patrimonio di individuale esperienza e mi si fanno poi giganti e si vorreb- bero da mille occhi e da mille lingue testimoniati nelle strette angosciose di un raffronto in questione medico forense , penso con trepidazione al grave compito che si assume un perito ne- croscopo in sospetto d'infanticidio. Quando si ha lo stretto su- periore di un bacino viziato per sporgenza dell'angolo sacro vertebrale, con deformazione della testa ed allungamento del suo gran diametro ; schiacciato ai lati, con depressione di uno dei parietali con fessure omonimamente ripetute all' altro estremo del diametro impegnato, allora capisco si possa avere ajuto molto —'ina in casi nei quali le condizioni del fatto non sono cosi estremamente evidenti, allora il giudizio è di molta difficoltà. — Io non parlo qui a bella posta delle lesioni che potrebbe su di un cranio di neonato imprimere una manovra ostetrica ma- nuale od istrumentale, perchè amo di serbare per ora netti i confini del fatto dell'infanticidio che sottointende un parto clan- destino. Quando non fosse così, bisognerebbe stabilire una estre- ma e tremenda ipotesi giuridica, quella cioè che consenziente la donna, una mano estranea nella intenzionalità di compiere l'infanticidio per mandato ad uccidere, avesse ajutato con arte il parto difficile. Ma questa lo ripeto è complessa e difficile eve- nienza, e perciò non mi trattengo per ora a considerare una differenziale che mi sembrerebbe per lo meno superflua. — §. 137. Ossa del cranio. L'esame delle parti ossee che formano la scatola cervicale del neonato è di una suprema importanza. Si aggruppano intorno a questo punto del verbale una quantità di ardue questioni che oltre la intrinseca difficoltà che s'incontra a bene descrivere tutti i più minuti particolari che alterano lo stato normale di queste parti, poi vi si cumulano anco delle dif- ferenziali delicatissime a doversi stabilire fra ciò che potrebbe essere spontaneo avvenimento e nindiaVa/foue indotta dal mec- canismo del parto naturale, ed accidentalità innocente e violenza criminosa. Nulla v'ha poi in contrario ad ammettere che per fatale combinazioni diverse fra tali possibilità s' aggruppino nel medesimo caso. Per cui, preoccupandomi moltissimo di questo punto di parte necroscopica io ho pensato di avvertire qualcosa — 257 — per ogni singola evenienza, lasciando poi al criterio individuale ed alla efficacia delle necessarie cognizioni la soluzione delle più difficilmente prevedibili circostanze. — Ricordo dunque al perito di prendere prima esatta cognizione dello stato di ossificazione delle ossa del cranio, perchè la irre- golare dstribuzione dei sali nelle fibre fondamentali del tessuto od una alterazione delle ossa per intervenienza di morbo intra- uterino , potrebbero fare intendere la spontaneità o la facilità delle fratture per gli sforzi del parto, senza violenza colpevole Ricordo qui soltanto come nelle ossa del cranio di un neo- nato si possa ritrovare quello che dicesi A. Avvallatura di tavolati ossei con o senza rima per ef- fetto di parto difficile per distocia. Certo è che una siffatta con- dizione non starebbe troppo d'accordo con il parto clandestino essendo forte complicanza che la testa s'impegni nella sua di- scesa tanto da subire depressione permanente delle ossa. Nono- stante nel travaglio del parto potendo avvenire alcune evolu- zioni succedenti a momenti di arresto, non si potrebbe negare assolutamente la possibilità di verificare un'avvenimento simile e ritenerlo per violento. — Ma il perito allora onde rischiarare la questione o sciogliere il dubbio, avrà il dovere di considerare 1°: che quando tali avvallamenti fossero dipendenti da compres- sioni incontrate spontaneamente per mancato rapporto di pro- porzionalità fra i diametri cefalici e pelvici, allora quegli avval- lamenti si verificheranno in due punti diametralmente opposti del diametro rimasto impegnato. 2°: che ad intendere la avve- nibilità del fatto potrebbesi trovare ragione sullo stato di diffe- rente ossificazione delle ossa del cranio: e 3° finalmente che quando tali lesioni esistessero dovrebbero poter venire confermate dalla ispezione del bacino della incolpata. Giova poi che il perito rac- colga i caratteri obiettivi speciali alle rime o fessure, le quali si presentano semplici, con mediocre infossamento, partentisi da un punto centrale con pochissimo stravaso sanguigno od ecchi- mosi ed inefficaci a generare disturbi cerebrali tantoché permet- tono la vita al neonato. S'avvalorerebbe il sospetto per la vio- lenza quando concomitantemente all' avvallamento vi potesse essere stata lesione delle parti centrali del sistema nervoso. Filippi I7 — 258 — B. Fratture. Tali lesioni vogliono prima di tutto una esat- tissima descrizione anatomica ed il perito ne precisi a) la sede; la quale può fare appunto intendere meglio la origine stessa della frattura, essendovi casi e circostanze nelle quali la ubicazione di essa può significare o accidentalità o vio- lenza, come ad esempio le fratture che hanno riscontro in due sedi omonime dell'una parte e dell'altra del cranio, quando la testa del neonato fosse stata forzatamente spinta a traverso un canale od un'apertura stretta per modo che due regioni omonime le più sporgenti avessero dovuto subire tutta la forza di ridu- zione. — Così nello schiacciamento, quando un punto della testa è rimasto compresso sul piano di resistenza e sull'altro opposto ha agito la forza riducente, si può verificare il medesimo resul- tato. Nelle espulsioni violente del cranio del neonato contro terra o nelle cadute dall' alto, la sede della frattura sui punti più cul- minanti che a seconda delle circostanze del fatto si possa am- mettere abbiano potuto per prima incontrare la terra o il punto di resistenza, è prezioso elemento a intendere la verosimiglianza del caso in specie. b) Deve il perito considerare la estensione della frattura medesima; essendo la molta estensione una proprietà caratteri- st'ca delle fratture indotte da grave violenza specialmente in tempo di vita. Non v' è disposizione anatomica più opportuna a trarompere la trasmissione d'una forza traumatica quanto la composizione anatomica del cranio fetale, perchè le intersezioni membranacee che uniscono le diverse valve ossee componenti la scatola ossofibrosa, arrestano o disperdono la forza ledente. Ora se nel cranio del neonato si trovano estese fratture sorpassanti più ossa, con raggi di prolungazione a volte inaspettati, ciò si- gnifica che la forza traumatica è stata capace di riunire quasi in un insieme le parti più resistenti, disponendole così a condurre la oscillazione della forza distruttiva e formare un tutto uniforme quasi come lo potrebbe essere un cranio ossificato, lo tengo molto a questo carattere e mentre mi dà luce a sciogliere il quesito se la lesione fu portata in tempo di vita o di morte, ne indica ancora la potenza dell'atto violento e ne indica anco con qualche dato di approssimazione la estensione di super.icie del — 259 — corpo adoperato a recare l'offesa. In dependenza di tali principii è ragionevole intendere che se la frattura si profonda fino alla base del cranio, essendo questa la più ossificata, la violenza fu grande e agì in tempo di vita, perchè dovendo per le leggi fisiche escludere F effetto del contraccolpo nel cranio fetale non ancora completamente ossificato, è forza ammettere che F agente tra- umatico abbia sorpassata la elasticità delle parti col ravvicinare in modo le più compatte da compensare la poca conducibilità degli intermezzi fibrosi. — Posso del tutto assicurare fino ad ora che per lunga serie di prove non sono riuscito a fratturare la base del cranio d'un feto morto. — La circoscrizione con affossamento dei frammenti limitata ad un punto delle ossa del cranio di un neonato e specialmente se di un punto maggiormente avanzato all'ossificazione, ha per me valore più per indiziare la forma a piccola superficie dell'agente traumatico che per altra ragione. — e) Considererà poi il perito e descriverà la forma della frattura; carattere che più che precisare la forma dell'agente traumatico, dà spiegazione piuttosto della disposizione degli ele- menti ossificanti quella porzione del cranio colpito; anzi; ritengo; vi si modelli perfettamente. —■ d) Si descriverà poi il numero dei focolaj di frattura. E dico apposta il numero dei focolaj delle fratture ; essendoché , m'è parso dover ritenere dai numerosi casi osservati, che un sol colpo nel cranio fetale possa generare più fratture, ma non più focolaj essere resultato di un sol colpo diretto. — Per lo più, se il colpo e più specialmente quando è generato da corpo a larga super- fìcie, investì un punto d'ossificazione o delle gobbe frontali , o delle parietali, o delle occipitali, può fare una frattura stellata cioè i appresentata da più raggi partentisi dal centro colpito; — ma con un sol colpo — nel cranio del neonato — difficilissima- mente si stabiliscono più focolaj. —■ Per mio avviso quando io trovo più focolai propendo ad ammettere moltiplicità di momenti agenti e modi diversamente combinati o ripetuti di violenza —■ e) Si descriverà il numero dei frammenti e la loro po- sizione respettiva; circostanza da notarsi con molta precisione ancor questa, essendo carattere di violenza rinvenire più fram- — 260 — menti, con accavallamento di ossa, stravasi sanguigni nel foco- laio della frattura e lesioni più profonde delle membrane e della polpa cerebrale. — Sono i casi nei quali, pur potendo verificarsi la integrità dei tegumenti craniensi, palpando si sente proprio uno scricchiolio ed una riducibilità della scatola ossea da inten- dere facilmente la cagione che ha così guastato il cranio. Re- sterà poi decidere se quella lesione fu recata in tempo di vita o di morte. f) Si preciserà la direzione. La direzione delle fratture insieme agli altri caratteri qui sopra enumerati, può servir molto a intendere il modo del traumatismo. Così nello schiacciamento della testa del neonato appena uscito dalla vulva, o lo schiac- ciamento della testa fatto dalla stessa madre o da mano altrui, essendo del tutto libero dai rapporti materni il corpo del neo- nato, porge molta luce a intendere il fatto violento. g) Si descriverà lo stato degli orli e specialmente se uniti o dentellati, sfibrati, ed è di molta utilità a dovere esser notato. — L'osservazione dimostra che le piccole segnature che dise- gnano una linea ondulata sull'orlo della frattura sarebbero il più spesso indizio di violenza in tempo di vita unitamente, s'in- tende, agli altri caratteri desunti dallo stato dei tessuti limitrofi e del sangue contenuto nelle superflci di frattura. — h) Il perito valuterà il colorito degli orli, giudicandolo per osservazione diretta e meglio poi rilevandolo ponendo il fram- mento in trasparenza di luce: perchè è vero che il sangue stra- vasato fra le anfrattuosita d' un' osso fratturato, se poi vi si è coagulato in vita s'immedesima talmente fra le fibrille ossee che rimane un colorito roseo molto più evidente e permanente anco al lavacro di quello non si osservi quando il fatto trau- matico avvenne in tempo di morte. Però un tale carattere è affidato troppo ad una individuale e perciò incerta valutazione né io mi sono mai affidato troppo a questo segno, perchè quanto alla immedesimazione o imbibizione del sangue negli orli sottili di una frattura di osso craniense di neonato è cosa ben facile ad avvenire tanto in tempo di vita che in morte; né la presenza dello strato diploico come sarebbe in osso di adulto permette gran fatto nel neonato a valutare con una certa precisione que- — 261 — sto fatto: e poi non bisogna dimentichi ii perito come lesioni possano colpire i nostri tessuti in un istante molto vicino a quello in cui è cessata la vita, cioè fra la vita e la morte, ed allora una differenziale sicura non è dato farla. Su questo particolar punto credo vi sia bisogno di corroborare la scienza e per ora non v'è altra più sincera via nella pratica medico forense che l'adoperamento di una formula che mentre rileva alcuni fenomeni vitali non esclude la probabilità che il traumatismo possa essere stato consumato poco dopo la morte. i) Si considereranno le complicanze, quali sarebbero e gli stravasi di sangue e la loro maggiore o minore abbondanza, e la loro diffusione, infiltrazione, e stato o periodo di maggiore o minore coagulamento del sangue medesimo. — In una frattura delle ossa del cranio può esservi complicata la lacerazione delle Meningi o la rottura dei Seni o la lesione della polpa cerebrale, sia in corrispondenza della frattura sia in diverso luogo. È troppo evidente che tanto profondo sconquas- samento delle parti craniensi non s'intende né per la costrizione delle coscie, né per la caduta accidentale, bisogna proprio am- mettere una palese violenza. §. 138. Presa cognizione di tutte queste accidentalità che possono essere verificabili sulle ossa craniensi di un neonato sul quale si sospetti siasi consumato infanticidio, viene ora il mo- mento d'indicare la parte pratica necrotomica, per la quale vi occorre una speciale indicazione. Certo è che ad aprire convenientemente il cranio del neo- nato non corrisponde né l'adoperamento della sega, e molto meno quello dell' accetta del Dubini. — Meglio corrisponde adoperare un paio di robuste forbici, ma meglio ancora un paio di forbici che in piccolo somiglino a quelle che adoperiamo per incidere gli archi controcostali nell'adulto. — Una delle branche più strette e curva non è tagliente, può essere condotta a traverso le intersezioni fibrose dei diversi pezzi del cranio strisciando sul tavolato interno sul quale sta addossata la dura meninge che si comprende facilmente nel taglio. — L' altra branca più larga e tagliente restando fuori del cranio può per il ravvicinamento dei manichi, tagliar nettamente intorno intorno alla base del cranio — 262 le valve ossee dei frontali, dei temporali, dell'occipite ec. — Nelle condizioni normali comuni potrà il perito togliere così re- golarmente tutta la callotta. — Quando però o in una parte o nell'altra delle ossa craniche vi fossero soluzioni di continuo o condizioni morbose tali da doverne rendere strettissimo conto, allora si faranno i tagli in modo da non attaccare mai per la prima la parte offesa, ma di giungere all'esame.di essa pene- trando nel cranio per la parte opposta a quella lesa. — È inu- tile che io insista sopra l'avvertenza di incidere nettamente le ossa con la forbice senza fare avulsione delle ossa, onde non avvengano infratture delle stesse, essendo tanto elastiche, perchè non nasca dubbiezza alla difesa che le lesioni possano invece essere state create dal dissettore; complimento poco gra- devole e poco gradito eppure non impossibile ad esser pronunziato come una volta ne fui io testimone in un singolarissimo affare d'infanticidio, nel quale la difesa non sentì bruciore sulle labbra a pronunziare dubbio che il perito necroscopo avesse potuto nelle manovre anatomiche creare fratture multiple al cranio del neo- nato, forse ignorando la stessa difesa che ad aprire il cranio di neonato non si adopera (né fu adoperata nel caso in discorso) sega od accetta. Ad onor del vero mi ricordo che il pubblico Ministero rampognò calorosamente la difesa che si era permessa pronunziar quel dubbio, e mi dolse che a difendere l'onor della scienza medica, non fossero più presenti i periti contro a' quali fu lanciata una simile e gravissima osservazione perchè di pro- pria voce respingessero virilmente una supposizione simile. — È con il metodo da me indicato che si può evitare qualunque incon- veniente e difficoltà ed è anzi un metodo sollecito , elegante , facile, ad eseguire il -quale sarebbe bene che in ogni armamen- tario si tenesse pronta una forbice del modello da me ricor- dato. ■— Ottenuti liberi i pezzi ossei, il perito completerà con maggior precisione l'esame delle singole ossa occupandosi anco della loro interna superficie ed anco dello stato delle meningi, acquistando così maggiori argomenti a considerarne ed il periodo di ossifica- zione, ovvero a rilevare se alterazioni morbose esistessero già nel periodo di vita intrauterina, o se esistendo soluzioni di con- — 263 — tinuità vederne bene tutto l'andamento ec. Tale esame verrà completato con la osservazione della base del cranio importan- tissima regione sulla quale si può alcune volte verificare la fine di certe fratture o rime o fessure, che quando si fossero fin laggiù prolungate attesterebbero gravissima e violenta azione traumatica in tempo di vita. — §. 139. A compiere tale ispezione si giunge quando si sia esaminato e tolto il Cervello. — Il perito preciserà da prima lo stato di questo viscere in quanto può concernere lo sviluppo organico, sapendosi come il cervello vada mano mano perfezionandosi nello svolgersi della età fetale. — Da ciò si potrebbe anco togliere indizio di maggiore o minore grado di maturità, perchè la compattezza, la delimitazione delle circonvoluzioni, la maggiore aderenza della pia madre, il colorito bianco latteo che prende il cervello dopo quello stato gelatinoso, tremulo, appiccicaticcio della sostanza cerebrale del feto ai primi mesi (4°—6°) di vita intrauterina ec, costituiscono segni valevoli a sciogliere il quesito della più o meno completa maturità del feto. Tutte queste note però nella massima parte dei casi, sono difficilmente precisabili perchè l'osservazione dimostra come il cervello del neonato anco a termine sia in generale prontissimo alla putrefazione e tantopiù poi se oltre a tutte le consuete ra- gioni favorenti v'è anco la circostanza di una lesione che lo abbia alterato. — Molte volte lo troviamo già allo stato di dif- ìuenza, uscendo dalla apertura della callotta come una pappa fluida più o meno rosseggiante e commisto a gas. — Dato però che ciò non fosse; ma è raro caso; il perito dovrebbe notare ogni minuta particolarità e consegnarla nel verbale , perchè vi sono alcuni stati del cervello del neonato che sono caratteristici di alcune condizioni morbose capaci a fare intendere la morte spontanea, come alcuni ve ne sono che tengono a modo di morte violenta. —io non debbo qui specificarli particolarmente perchè sono resultati così diversi e varii da doversi precisare con le nozioni dell'anatomia patologica. §. 140. Tolta tutta la massa encefalica non tralasci il perito di bene esaminare tutta la base del cranio, non solo per — 264 — prender cognizione di ogni e qualunque alterazione potesse esi- stere in quelle parti, ma per verificare con esattezza lo stato della articolazione occipito atlantoidea.—È noto come in alcuni modi di morte violenta messi in atto per compiere F infanti- cidio (soffocazione, strangolazione ec.) si possa decidere la lus- sazione delle vertebre cervicali. — Tale lussazione potrebbe es- sere anco la lesione principale causa di morte e potendo essere incruenta, agendo soltanto sul midollo oblungato, passare forse inosservata. Qualunque possa essere stata la indole della morte è bene far tali osservazioni. §. 141. Terminato l'esame dell'interno della scatola cra- niense io consiglio il pratico a seguitare la necrotomia con il seguente metodo e cioè : la Incidere a tutta sostanza sulla linea mediana la pelle della glabella nasale , passare sul dorso del naso, dividere il labbro superiore e quello inferiore fino alla mappa del mento. 2a Dopo con una sega a lastra piccola e di eccellente den- tiera, segare sulla linea mediana in due parti la base del cranio, il naso e volta palatina e così porre allo scoperto lucidamente tutta la cavità interna delle fosse nasali, la volta palatina, l'ismo delle fauci, lo sbocco delle tube Eustachiane, la lingua ec. Questo metodo è per mia pratica eccellente ed agevola molto nella esatta osservazione delle parti che dovranno ancora venire esaminate in seguito. § 142. All'esame del cranio, succederà l'esame della Faccia e delle diverse aperture sensoriali che in essa stanno. — Quanto all'esame esterno dei tegumenti della faccia già dissi più sopra alcun cnè (Ved. §. 132, n.° 5). Ora resta precisare quanto può essere importante riconoscere in tale parte più stret- tamente in rapporto con le diverse cause di morte. — Il perito dunque esaminerà gli Occhi e le Palpebre, onde riconoscere lo stato di queste parti e più specialmente se fossero o no sede di lesioni. Esaminerà il Naso, parte prominente la quale per diversi modi di violenza può essere sede di lesioni caratteristiche tanto guar- dandolo allo esterno quanto esaminandolo internamente; perchè — 265 — (come già accennai) per la via delle narici alcune volte vengono introdotti istrumenti acuminati che penetrando per le lamine etmoidali vanno a ledere il cervello. — Quanto alle cose impor- tanti a notarsi all'esterno è da ricordarsi la possibile esistenza di impressioni digitali od ugnature verso le pinne nasali: — o gli schiacciamenti e le deviazioni del naso , segni tutti che esistendo vogliono molto giudizio nella loro apprezza2ione perchè potrebbero essere anco accidentali evenienze, resultato del modo con cui è stato maneggiato il feto sul nascere o dopo la nascita, od anco dal modo nel quale è giaciuto il neonato divenuto ca- davere. Ricordo poi come la non esistenza di questi segni non autorizzi ad escludere la possibilità di una morte violenta per soffocazione, inquantochè la potrebbe essere stata consumata ado- perando corpi molli ec (Ved V. 2°, Tanatologia ec. pag. 198 , §. 127). Orecchi e specialmente per osservare il grado di loro con- formazione o se fossero sede di lesioni in particolare ponendo attenzione all'apertura del condotto auditivo esterno. Bocca. L'esame della bocca richiede prima quello delle labbra, delle arcale mandibulari, poi dello interno fino alla re- trobocca, faringe ec. Delle Labbra, si noti il colore offerto dalla muccosa; cioè se pallido ovvero colorato in violetto per cianosi come accade in alcuni gradi dell'asfissia causata da varie cagioni di morte naturale o violenta. Nelle labbra dei neonati si possono trovare alcune volte so- luzioni di continuo partentisi specialmente dagli angoli buccali e desse offrire un singoiare aspetto da somigliare a volte una ferita a taglio. — Tali soluzioni di continuo invecechè essere da azione violenta, potrebbero essere resultato di trazioni fatte pe- netrando col dito o con più dita nella bocca del bambino la madre stessa nel momento del travaglio. — Sarà molto impor- tante che il perito faccia esatta descrizione di queste lesioni, perchè desse possono dar luogo a diversità di spiegazioni. Certo è che per una sola di tali lesioni male s'intenderebbe la morte del neonato, potendosi anco non ritenere che la emorragia fosse per essere abbondevole tanto da uccidere, per cui si troveranno — 266 — consociate altre multiple lesioni per le quali si porrà insieme il criterio indicato se là vi fu intenzione d'uccidere. Sarà bene però che di tali lesioni si descriva la direzione, lo stato de- gli orli, tanto cutanei della guancia, quanto della muccosa in- terna corrispondente e sarà bene con una lente d' ingrandimento, esaminare se vi sieno piccole ecchimosi nella grossezza delle labbra della ferita. Perchè non difficilmente tali soluzioni sono fatte a strappo nel momento in cui preme entrare sollecitamente nella retrobocca del neonato per impedirne il vagito o con un istru- rnento feritore (forbici, spatole ec.) penetrare più profondamente a ferire. Nulla v' ha in contrario ad intendere che tali squarci la- biali possano essere anco creati da un istrurnento tagliente, seb- bene si trovino piccole ecchimosi negli orli, perchè vi sono istru- menti taglienti che tagliano e contundono e fra questi le forbici ed ecco allora combinati intelligibilmente i due caratteri che sembrerebbero contradittórii, la nettezza dell'orlo cioè e la pre- senza dell' ecchimosi. Del resto quando fosse stata l'unghia del dito materno che avesse creata una lesione simile, non solo il raffronto della di- rezione e sede della ferita dovrebbe dar luce, ma lo stesso aspetto della lesione la quale dovrebbe avere la lacerazione della muccosa buccale con orli estroflessi, dall'indentro all'infuori, ecchimosati, e con le glebe grassose sporgenti dal lato esterno della gota.— Nel più ordinario andamento dei fatti è evidente che la ubicazione di lesioni simili che possono verificarsi intorno alla bocca di un neonato, avranno sempre quell' insieme di segni pe' quali intendere che avvenne per opera della madre una ma- novra aiutatrice la fuoriuscita del feto. — Qualunque soluzione di continuo che non stasse in perfetta concordanza di questo scopo, sarebbe a ritenersi per sospetta, perchè non è concepibile che la donna nel momento del parto possa mai sul feto impri- mere moti contrarli alla uscita di esso. — Quindi il perito sia scrupolosissimo a descrivere ogni più piccola accidentalità che possano mostrare tali lesioni nelle labbra del neonato. Bocca. La cavità buccale può offrire al perito il ritrova- mento di muccosità dense che la occupino tuttavia: o di muc- cosità e sangue, essendo una delle aperture per le quali si — 267 — possono introdurre strumenti, o dita, o corpi che ledano le parti profonde. Sono noti casi di introduzioni di coltelli, punteruoli e cesoje per questa cavità onde raggiungere più profondamente o vasi, o organi da' quali poi sgorgando internamente sangue è avvenuta la morte del neonato. Sarà cura quindi lavare bene questa cavità per vedere a nudo lo stato della muccosa e scor- gere se vi sono o no ferite di punta o lacerate — Si può ritrovare in questa cavità della terra, del carbone, della rena , della crusca, della cenere od altre sostanze nelle quali si sia immerso vivente il neonato onde soffocarlo. Anco liquidi speciali nei quali si sia annegato il bambino , ed allora sarà bene esaminare la loro qualità e fin dove giungano tutte queste sostanze se più o meno profonde ad occupare le vie bucco faringo esofagiche. Nell'esame della Retrobocca, sia pure attento a riscontrare se esistano segni di lesioni sulla muccosa, lesioni che potrebbero essere concordanti con quelle notate al prolabio e nella bocca, ed essere anco sole e indizio di morte violenta. Così se vi sono escoriazioni o punture o tagli accompagnati da lembi o frustoli muccosi con emorragie, lesioni tutte che alcune volte possono riscontrarsi profonde fino all'esofago e aver compromessi vasi profondi ec. È sulle parti profonde della Faringe che possono trovarsi corpi estranei o posti in vita o dopo morte, sia per consumare il delitto soffocando il feto, sia per malignità altrui posti a simulare una morte colposa.— Allora oltre all'accurato esame del corpo estraneo, il perito noterà con molta precisione lo stato della muccosa che corrisponde al contatto col corpo estraneo e delle condizioni di essa al di sopra e al di sotto del punto ove il corpo estraneo stesso agiva. A volte si possono incontrare delle lacerazioni sulla muccosa come ugnature ed anco tali lesioni vogliono accuratissima va- lutazione , perchè possono prestarsi a diversa interpretazione. Certo è che al solito si potrebbero dalla difesa intendere come effetti casuali di pratiche o aiutatrici il parto o di premure fatte con poca maniera o inesperientemente condotte a liberare da muccosità la retrofaccia del neonato. Ma e la moltiplicità e la direzione di esse, e la maggiore o minore profondità, o i — 268 — caratteri di strappo violento, con lembetti ciondolanti in diverse direzioni, o la loro maggiore o minore profondità nei tessuti medesimi della retrogola. Saranno tutti oaratteri che il perito si darà cura di consegnare nel verbale, perchè si possono usu- fruire come criterii utili alla soluzione di alcuni importanti que- siti. — Certo è che la concomitanza di tutte queste lesioni con alcuna altra più grave e avente sede in parte più nobile del corpo o nel cranio o nel petto o nell'addome, male starebbe in accordo con premure benevole, ma anzi si costituirebbe corredo a maggiore indizio di violenza. Oltre a queste lesioni l'esame della retrobocca potrebbe f- frire al perito indizio di azione escarotica destata sulla muccosa da acidi più o meno diluti adoperati a perpetrare l'uccisione, ed a bella posta versati nella retrofaccia del neonato onde sperare di nascondere meglio le traccie del delitto. — Quanto alla os- sibilità di reperire anco in queste parti altre sostanze polveru- lenti o liquide, già dissi più sopra e in verità si può concludere come l'attento esame della retrobocca e della faringe fino al- l'esofago è il completamento dell'esame istituito nella cavità bnccale. Così saranno esaminate le tonsille, il velo pendulo , cioè l'epiglottide, l'apertura glottidea, la base della lingua — la lin- gua stessa, la quale può alcune volte esser ferita, può aver segni di escarizzazione ec. §. 143. Collo. È facile capire come e perchè il perito possa dall'esame di questa regione assumere preziosi indizii a intendere tutto il fatto e perciò debba spiegare molta premura nella esatta enumerazione delle lesioni che possono ivi esistere. 0 perchè in certe posizioni di estensione forzata della testa nei parti difficili, si facciano stravasi sanguigni nelle fibre lacerate de- gli sterno cleidomastoidei: — o perchè fino da quando il feto entro l'utero, il funicolo ombelicale gli s'attorciglia al collo: — o perchè uscendo dagli organi genitali esterni, sul collo possa seguitare l'azione costrittiva del funicolo medesimo:—o perchè la madre stessa sul collo del nascente per aitarne l'uscita, vi apponga le mani e sovr' esso tiri fortemente il corpo in fuori : — o perchè determinata la strage consenziente la donna, alcuno stringa vio- — 269 - lentemente il collo al neonato per ucciderlo: — o perchè dopo uscito dalle vie materne la madre stessa od altri compia su quella regione atti violenti o strozzandolo o soffocandolo o fe- rendolo : — fatto è che la regione del collo del neonato può essere sede di multipli segni di lesioni che potrebbero aver ra- gione o naturale od innocente o violenta. Per giungere più tardi a poter fare questa discriminazione il perito noti dunque se il collo presenti alla superficie cutanea a) Escoriazioni o ecchimosi o impressioni descrivendone con precisione la sede, la direzione, il numero, la forma, la mag- giore o minor profondità od estensione. La precisa determinazione della direzione e della configura- zione di queste lesioni si concatena con la soluzione del quesito se quelle sieno accidentali o involontarie per sforzi fatti dalla madre ad ajutare il parto, ovvero possano essere come indizii di azione violenta per uccidere il feto sia strozzandolo, o sia strangolandolo. E evidente che se fu la madre che agì sul collo per tirare il feto in fuori, la direzione sarà di basso in alto quando il cadavere giacerà supino sulla tavola anatomica. Quanto ai solchi, questi possono essere prodotti della appli- cazione diretta di un laccio di differente natura e di varia gros- sezza, come possono essere prodotti dallo stesso funicolo om- bellicale. Se siamo nel primo caso, il perito potrà riscontrare sul collo del neonato i caratteri proprii del solco che avviene nello stran- golamento in tempo di vita dell'adulto e segnerà del solco a) la direzione: b) la unicità o multiplicità dei giri: e) la maggiore o minore profondità: d) la continuità o discontinuità: e) le condizioni di vascolarizzazione o colorito sanguigno degli orli : f) se esista o no incartapecorimento : g) se appajano escoriazioni più o meno prossime al solco medesimo. Quanto al solco lasciato dall'avvolgimento accidentate del funicolo al collo dell'infante, il perito potrà trovare i segni soliti — 270 — della colorazione sanguigna cutanea, maggiore negli orli di quello che nel centro del solco, appunto per la stasi sanguigna prodotta dalla costrizione del funicolo ; però non dimenticando che tali segni hanno per lo più e poca evidenza e poco valore quando non fossero accompagnati dai reperti molto più importanti che possono trovarsi nelle sottostanti parti del collo e negli altri visceri del neonato quando realmente morì (raro avvenimento) per solo dato e fatto della costrizione accidentale del funicolo al collo. Se poi il neonato fu strangolato dal funicolo ombelicale ado- perato dalla madre o da chi voleva uccidere, come qualunque altro mezzo di costrizione, allora il solco può prendere i carat- teri comuni in proporzione però sempre con la grossezza, mol- lezza e quasi nessuna elasticità del funicolo ombelicale, il quale prima di allungarsi fino a diventare sottile come uno spago od una cordicellina piuttosto si rompe. — Il che significa come in pratica ritrovando al collo d'un neonato un solco che fosse sottile profondo, ecchimosato, discontinuo, incartapecorito, sarebbe segno di apposizione di laccio sottile, rude, e non traccia di compres- sione prodotta accidentalmente da funicolo ombelicale. §. 144. Petto: Ecco il momento importante della sezione del cadavere d'un neonato sospetto vittima d'infanticidio. — Si cumulano in questo punto una quantità di ricerche le quali in parte hanno lo scopo di chiarire se in questa regione esistano o no lesioni od alte- razioni morbose che possano fare intendere la causa della morte e nel medesimo tempo si cerca di stabilire se vi fu vita; quella vita completata delle funzioni di circolo e di respiro che per- mette una esistenza estrauterina e che rappresenta la vita le- gale indipendente dai rapporti materni. §. 145. Ecco prima di tutto la indicazione del modo di procedere in pratica. 1° Si noterà la Forma del torace, se cioè regolare o no; se dilatato uniformemente come può essere nell'individuo che ha completamente respirato. £° Si misurerà F ambito toracico con filo condotto ed a livello della linea mammillare e 1 alla base di esso sull'arcte con- f 1 — 271 — drali. Tali misure però non hanno un valore molto importante, perchè la respirazione potrebbe essere stata incompleta e non avere dilatati bene ed uniformemente i due polmoni. 3° Si potrà anco far la percussione onde rilevare i segni di maggiore o minor risuonanza toracica data dalle condizioni dei visceri. 4° Dopo si comincerà la apertura del torace riprendendo il taglio delle parti molli condotto già fino all'jugulo per l'esa- me che abbiamo fatto della regione del collo e seguitandolo sulla linea mediana si apriranno le pareti del ventre facendo i due lembi come nel metodo generale già indicato. 5° Prima di fare qualunque altra cosa si prenderà nota del punto a cui giunge la volta del diafragma ponendo la punta del dito indice sul diafragma stesso e segnando con l'altro in- dice l'arco costale di contro al quale giunge il centro frenico. Tale indizio dovrà essere dopo e verificato e riscontrato quando sarà aperto il torace. 6° Si aprirà quindi il torace dall'alto al basso dividendo le articolazioni clavicolo sternali e le intersezioni condro costali, seguendo perfettamente la linea segnata dalla congiunzione car- tilaginea. — Dopo si rovescerà in basso il pezzo sternale ed allora, si procurerà di toglierlo, si riscontrerà con più precisione il livello della volta diafragmatica in rapporto all'arcate costali. Avuto questo dato si potrà del tutto togliere lo sterno e la base dell'apofisi mucronata dagli attacchi diaframmatici. A. Aperto il torace e l'addome col taglio secondo le re- gole descritte estesamente in Tanatologia (§. 77. p.8 5 ec), il perito prima di ogni altra cosa prenderà cognizione dello stato dei vi- sceri ivi contenuti. Sarà un esame d'insieme che egli farà pren- dendo cognizione della giacitura dei Polmoni, se spinti indietro nelle doccie vertebro costali o occupanti anteriormente la linea mediastinica e specialmente se il sinistro cuopra più o meno l'area cardiaca. Guarderà lo stato dei Vasi e specialmente dei venosi onde acquistare cognizione se sieno più o meno ripieni di sangue, indizio di morte per asfissia se fossero pieni, turgidi — ovvero indizio di sincope, se vuoti—'Dato che vi fossero bolle di gas sarebbe un indizio di incipiata putrefazione del sangue, indi- — 272 — zio che dovrebbe poi esser messo in rapporto con lo stato di più o meno avanzato grado di putrefazione del cadavere. — Guar- derà se il Cuore fosse o no pieno di sangue a destra, come carat- tere di più per presumere una morte per asfissia. — Guarderà il Timo, se carnoso, molle, senza crepitazione o crepitante per gas di putrefazione. Questo esame di sola vista, senza muovere alcuna parte o praticare alcun taglio, è utilissimo poi a prendere per tempo cognizione se vi fossero condizioni patologiche per malattia in- trauterina, siccome pleuro pneumoniti, versamenti, idropericar- diti, ecchimosi ec, e così regolarsi nel procedimento della ispe- zione. §. 146. Più particolarmente ora ci si occuperà dell'esame fisico dei Polmoni guardando. 1° al Volume dei Polmoni. — Quanta più aria sarà en- trata in questi organi e tanto maggiore ne sarà il volume, re- lativamente alla capacità offerta delle cavità pleuritiche. — Ora è evidente che se i polmoni si saranno mantenuti allo stato fetale, cioè carnosi, e compatti, si vedranno tuttora contenuti nel fondo delle due doccie vertebro costali, senza raggiungere più o meno la linea mediastinica fino a cuoprire una certa quan- tità di superficie dell'area cardiaca, senza avere abbassato il piano del diaframma dell'arco della quinta costola in giù come avviene per una completa aspirazione automatica. — Questo è un primo dato macroscopico che noterà nel verbale. — Noterà il 2°) Colore dei Polmoni. — I Polmoni allo stato fetale mostrano un colorito di fegato, scuro, unito, che pende un poco più nel rosso violetto se vi fu asfissia, mentre può mostrarsi più roseo, chiaro, se mai vi fu emorragia e indi anemia Ma tostochè aria entra liberamente e normalmente nelle cellulette polmonari e le distende, allora va riempiendosi di sangue quella finissima rete di vasellini che stanno sulle pareti delle cellule , od i polmoni acquistano quel colorito rosso san- guigno tHiit" più chiaro e sfumato là dove data la medesima quantità d' aria , meno sangue entrò nelle parti più superiori mantenendosi più intenso là dove piùsangue si sarà portato come — 273 — accade nelle parti declivi e posteriori. — E questo fenomeno pur notato già da Galeno fu quello che gli fece formulare 1' unica domanda che nei libri veramente da Lui scritti (non negli apo- crifi) si trova lasciata intorno a questo argomento con le se- guenti parole: « 0 perchè il Polmone in coloro che stanno « ancora dentro V utero è rosso e non roseo come nei per- ii fetti animali? » — Il colorito che possono offrire dunque i polmoni, può intanto indiziare al perito se aria in maggiore o minor copia potè entrare nelle cellette polmonari ed anco in quale proporzione con il liquido sanguigno, minore nell'anemia, maggiore nella iperemìa prodotta ad esempio dalla soffocazione o da altro morbo congestivo polmonare. È sorprendente la uti- lità di abituarsi a fare questo esame con una buona lente d'in- grandimento ; come sempre io faccio ; per esser persuasi della sicurezza che si acquista a decifrare bene lo stato della rete vasale formante uniformi ed eleganti maglie vascolari ripiene dal sangue in mezzo alle quali appajono numerosissime e rego- lari tante bollicine d'aria contenute entro agli alveoli polmonali, difficilmente spostabili ed unite, a differenza di quanto appare quando vi hanno bolle di gas prodotte da incipiente putrefazione. — Apprezzerà poi la 3°) Consistenza dei polmoni. — Palpando dolcemente i polmoni allo stato fetale, il pratico sentirà un contatto carnoso, compatto, unito, elastico; mentre se quei polmoni avesser respirato, avrà una sensazione soffice, a volte anco spugnosa, crepitante, tutti segni che poi prenderanno luce maggiore quando sarà con- veniente tagliare a piccole porzioni quei visceri e spremerli sot- t'acqua. — Viene il momento di occuparsi del 4°) Peso specifico dei polmoni. Ora conviene che il perito agisca togliendo F apparecchio pulmo cardiaco del neonato onde saggiarlo alla prova idrosta- tica. — Per nettamente eseguire tale operazione deve il perito 1° essersi data cura di preparare un recipiente (e potendo due) o di cristallo od anche una catinella od una secchia; di- scretamente profondi, ripieni d'acqua pura a temperatura ordinaria. Filippi ig — 274 — II0 Per togliere nettamente F apparecchio pulmo cardiaco potrà seguire impunemente il metodo Tardieu cioè: — afferrare con una pinzetta l'estremità superiore della laringe e dell'eso- fago : — tagliare con un colpo netto tutte queste parti fino sulla colonna vertebrale e stirando a se, rasare col coltello ogni attacco lungo la colonna vertebrale fino al diaframma. — Quivi giunto volgerà il coltello orizzontalmente e taglierà con esso tutta la massa dei visceri contenuti nel torace. — Ovvero, come prescrive la scuola germanica, potrà 1) legare la Trachea al di sopra dello sterno, nell'jugulo: 2) aprire il Pericardio ed esaminare il Cuore, aprendolo in posto: 3) aprire ed esaminare la porzione del tubo laringo tracheale al di sopra della legatura: 4) togliere dopo tutto insieme: 5) esaminare allora il Timo ed il Cuore: 6) fare il saggio idrostatico: 7) aprire dopo ed esaminare la parte della trachea arteria e dei bronchj dal di .sotto della legatura. Lascio libero il perito a scegliere come meglio gli aggrada. — Per me, quando giunto a questo punto della necroscopia, ho indizio sufficiente nella sede della causa di morte, opero come indica il Tardieu. — Quando sono nell'incognita assoluta, procedo con quest' ultimo metodo, aprendo cioè prima la trachea in posto ec III0 Od in un modo o nell'altro, liberati i visceri, il perito gli deporrà tutti insieme uniti nel vaso d'acqua preparato e no- terà: 1° se quei visceri restano a galla: 2° ovvero se cadano al fondo del vaso. 3° o se toccato il fondo vi restino, ovvero tendano a risa- lire per una certa altezza della colonna liquida. IV0 Notati uno di questi tre possibili, il perito riprenda quei visceri: — isoli con accuratezza anatomica tutto quanto v'è di più oltre alla trachea ed ai polmoni, togliendo cioè e timo e cuore ed esofago e aorta ec, e così messo a nudo il solo ap- parecchio polmonare lo immerga di nuovo nell'acqua, osservando — 275 — e notando con più speciale attenzione se i due organi ugualmente galleggino ; ovvero se ugualmente affondino, o se sopra nuotino alquanto differentemente 1' uno dall'altro. Avuti tali indizii di- vida l'uno dall'altro polmone e ripeta per ciascuno le stesse osservazioni, tenendo conto di quanto avvenisse esperimentando ora col polmone destro ora con il sinistro. V°Dopo cambiata l'acqua del vaso (o dei vasi) ove esperimenta; riprenda uno dei due polmoni e tagli con forbici piccoli pezzetti di ciascun lobo facendoli cadere nell'acqua, procedendo con re- gola dall'apice alla base e attendendo che ogni pezzetto sia fermo nella prova idrostatica onde leggere giustamente il vero. Lo stesso ripeta nell'altro organo. Tale operazione vuole calma e metodo perchè di ogni polmone potrà essere precisato lo stato di ciascun lobo e così potrà decidersi qual' era il punto ov' era maggiore o minore possibilità di galleggiamento, ovvero se vi fosse stata malattìa precisare in qual punto del polmone esistesse e quanto vi fosse estesa. VP Registrate con precisione queste osservazioni si darà cura di riprendere ciascun pezzetto tanto quelli galleggianti che quelli che affondarono, e portando la mano sotto il livello del- l'acqua purissima, spremerà validamente quei pezzetti traguar- dando se dalla superficie di sezione uscisse spuma a piccole ed uguali bollicine d'aria commiste a sangue, ossivvero se uscis- sero grosse, ineguali, rade e non sanguinolento si facesse il getto, ovvero se non uscisse altro che sangue. — Dai resultati di queste parziali prove eseguite sopra ai pez- zetti dei polmoni potrà intanto il perito ritenere in ipotesi. 1° Che se per la ripetuta compressione sul pezzetto o sopra più pezzetti che affondarono prima, non uscì alcuna cosa e ricaddero tutti al fondo, sarebbe a concludersi che respira- zione in quei pezzetti non ebbe luogo. Se così fosse in tutto un polmone o in tutti e due, la conclusione sarebbe respettivamente la stessa. 2<> Che se con quella compressione uscì dai pezzetti un getto di bolle aeree, estremamente fini, uguali, spumanti, in- sieme a sangue, e dopo aver così compressi e spremuti quei pezzi ritornarono a galla sarebbe a concludersi che fosse avve- — 276 — nuta la respirazione. — Se però non uscisse sangue ma sola aria sì potrebbe dubitare d'insufflazione. — 3° Che se agendo nello stesso modo sopra ai pezzetti che già galleggiavano, e sotto l'acqua spremendoli, escirono grosse bolle, ineguali, che scoppiarono subito appena tocco il pelo del- l'acqua, e dopo ciò i pezzetti che prima galleggiavano andarono al fondo e là restarono sarebbe a concludersi che quel pezzo di polmone non avendo respirato, galleggiava per gas di putrefa- zione. — §. 147. Condotta a tal punto la prova idrostatica, il perito ha fondata ragione di formulare queste generali ma precarie con- clusioni: 1* Se polmoni, cuore e timo ec, restarono a galla sopra- natanti, è logico ritenere che esclusa la putrefazione, l'aria abbia penetrato ovunque i polmoni tanto da far nuotare anco gli altri visceri. 2a Se polmoni, cuore e timo ec: restarono coperti dal- l'acqua senza andare al fondo, ma dopo tolti gli altri visceri galleggiarono, è logico ritenere che la penetrazione dell'aria non fu così completa quanto nel primo caso. 3a Se fu un solo polmone ed il sinistro che galleggiò o furono i frammenti di lui, è logico ritenere che la respirazione fu incompleta. ■—■ 4a Se fu il solo polmone destro che galleggiò o qualche suo frammento, è logico ritenere che la respirazione fu ancor meno completa, perchè l'aria penetra più facilmente in questo che nell' altro per la cortezza e maggior perpendicolarità che il bronco destro tiene del sinistro. 5a Infine se tutto e sempre affondò di questi polmoni e i frammenti ancora restarono al fondo, è logico ritenere che la respirazione non ebbe luogo. §. 148. Ma tutte queste conclusioni per essere assoluta- mente appurate da obiezioni e tali da dar diritto al perito di consegnare al verbale il suo giudizio netto e quanto più è uma- namente possibile scevro da errore, vogliono un'altro cimento e cioè la eliminazione di alcuni obietti che al valore del feno- meno stesso potrebbero farsi, tanto quando si avesse la sopran- — 277 — natazione più o meno completa dei polmoni, quanto se se ne avesse il più o meno rapido affondamento. — §. 149. Ora, prima d'andare oltre nella parte pratica, credo opportunissima decisione consacrare il presente paragrafo ad alcune riflessioni concernenti la valutazione di quanto sarà stato osservato dal perito nel saggio idrostatico dei polmoni. — Pongo qui subito questo gruppo di cognizioni per semprepiù ravvicinare il fatto esperimentale alle necessarie riflessioni onde; quasi amal- gamando azione e pensiero; il perito sappia attivamente inten- dere nella sua più giusta valutazione tutto quanto gli cadde sotto i sensi nell'esame dei visceri toracici. — Mi sia concesso met- tere in luce la ragione di questo rigoroso procedimento diffe- renziale richiesto al perito nelle indagini dello stato polmonale. §. 150. Fino da quando lo Schreger nel 1682 per il primo; in una questione di sospettato infanticidio ; applicò il principio annunziato nel 1667 dallo Swammerdam nel prezioso trattatello «De Respiratione usuque Pulmonum », (Lugd. Batàv. 1667, pag. 38, §. 3 ») scrivendo..........« e da questo (cioè che nella piena respirazione , è necessario sieno i polmoni pieni d'aria) « ne accade che per la presenza di essa i pol- « moni come sono posti sopra all' acqua giammai prendono « il fondo dopoché una sola volta l'animale abbia respirato»; sorsero vive obiezioni a risolvere le quali si occuparono il Da- niel nel 1780 « Commentai io de infantum nuper natorum um- « bilico et pulmonibus », (Halle 1780 in 8.°), il Ploucquet nel 1783 » Nova pulmonum docimasia », (Tubingae 1783) il Bernt nel 18il « Programma quo pulmonum docimasìa hydrostatica proponitur », (Viennae 1821). Ed oggi stesso fino nei più re- centi trattati di medicina forense, si rimanipolano pure le stesse obiezioni che da centonovant'anni in tutte le lingue s'elevarono contro l'applicazione della prova idrostatica praticata dallo Schre- ger. — In definitiva tutto il lavorio scientifico che sorse nel 1682 fino al 1821, e diciamo pure fino al presente, per appurare le manchevolezze che si accusavano al saggio idrostatico ebbe ed ha per suo principale scopo di rimediare alle obiezioni seguenti e cioè: la Che si può avere il galleggiamento in polmoni di neo- - 278 — nato che abbia respirato entro Y utero e sin venuto alla luce morto. — 2a Che si può avere il galleggiamento dei polmoni di un neonato nel quale per tentarne il richiamo alla vita si sia in- sufflata dell'aria o da bocca a bocca o per respirazione artifi- ciale od anche — come supponeva il Morgagni — per calunniare che alcuna donna avesse commesso infanticidio, insufflali Io do- losamente aria nei polmoni del nato morto. — 3a Che si può avere galleggiamento dei polmoni anco per enfisema prodotto da contusione subita dal neonato per atti ope- ratorii ostetrici. — 4a Che si può avere il galleggiamento dei polmoni di un neonato che pure essendo nato morto per il processo di putre- fazione in lui si svolgano dei gas. — 5a E più vicinamente a noi si hsse potersi avere galleg- giamento dei polmoni quando il feto fosse stato gettato in fredda riviera per cui formandosi i ghiaccioli si potesse avere un peso specifico minore. —■ 6a E poi si disse che potevano galleggiare polmoni di feto nato morto, conservati nell'alcool.—• E dall'altro lato — quanto all'affondamento — si disse che 1° potevano affondare i polmoni di un neonato che avesse respirato e vagito. — 2° potevano affondare i polmoni di un neonato che avesse vissuto fuori dell' utero per sola virtù di vita circolatoria, ma per esistenza di morbo polmonare, non avesse potuta compiere la respirazione. •—• 3° E più recentemente si disse, potere affondare i polmoni di neonato che visse e per cottura o combustione del corpo si fecer compatti. — 4° Si disse finalmente, che anco per la stessa dissoluzione cadaverica a grado avanzato, potevano affondare polmoni che re- spirarono completamente. Tutta questa serie di obiezioni si leggono quasi per intiero nella vecchia letteratura del XVII e XVIII secolo e fu per esse che si tentò di sostituire altri metodi per scuoprire se vi fu vita e respirazione nel neonato e fra questi quello della doci- — 279 — masia pulnio corporea del Ploucquet: — quello della puhno car- diaca dell' Orfila : — l'altro della pulmo epatica del nostro il- lustre Puccinotti:—l'altro della epato-corporea e della epatica semplice del Huschze. — Finalmente nei tempi più moderni il saggio stomaco intestinale del Breslau e l'altro auricolare pre- sentito dal Fabbricio d'Acquapendente, illustrato dal Vreden, dal Wendt, dal Gellé, dall'Ogston, ec... ec... Ora, riepilogato succintamente tutto questo importantissimo fascio di studii che comprendono un periodo di quasi due secoli di lavoro, è a vedersi se il perito in pratica abbia o non abbia modo di dare la giusta significazione ai resultati del saggio pol- monare come quello che per ora è l'unico che possa fornir prova legale di un' avvenuta respirazione. — Inquantochè qualunque possano essere le aspirazioni dottrinarie di ogni cultore delle scienze mediche, il perito forense dee tener fermo il principio ineccepibile che ha legalmente vissuto chi ha respirato fuori dell' utero. Non v'è alcuna eccezione possibile su tale enunciato di me- dicina forense; armonizzato con le disposizioni legislative vigenti; che vivere è respirare e sebbene la osservazione clinica qualche volta possa offrire casi nei quali vi possa esser vita e non re- spirazione sensibile, pure questa non assoluta corrispondenza di fatti resta sempre come eccezionalità morbosa, come anda- mento incompleto o aberrazione di un fatto generale che non soffre ancora ragione di sostituirvi altra legge suprema la quale si fonda per di più sopra argomenti di fatto e non sopra argo- menti presuntivi come qualunque altra dottrina. Non avendo dato la scienza fino al presente giorno e dopo molti tentativi, alcun altro metodo assoluto e adatto, scevro da dubbj, che superi quello del saggio polmonare completamente applicato cioè e nel suo elemento anatomico e nello statico e nell' idrostatico, ma anzi per la lunga trafila di obiezioni, di perfezionamenti, di modificazioni essendo restato il più opportu- namente applicabile nella pratica, sebbene lo ripeto; non abbia acquistato valore assoluto; è necessario che il pento s'attenga a questo; traendo profitto di tutte le manchevolezze accusategli, onde trar fuori netto il valore del resultato che può offrire nel- F applicazione al fatto in specie. — 280 — È per questo che il pratico, dopo avere raccolti tutti i dati che dall'elemento anatomico del saggio polmonale avrà potuto ottenere; e quelli che alcuna volta potrebbe prendere dalla sta- tica e gli altri che potrebbe desumere dall' idrostatica, deve domandarsi cosa significhi nel caso in termini il galleggiamento o Y affondamento ; e quando avrà appurato questo primo punto; facendo a se stesso quelle obiezioni che omai sono cognite nella scienza ; o accogliendo tutte quelle che nel caso in termini po- trebbero essergli suggerite, formuli su questa discriminazione il giudizio da presentarsi all'autorità giudiziaria. Per cui ora studiamo a scopo pratico il primo gruppo delle obiezioni e indicheremo a quali cose dee guardare il perito onde pararle ; vedremo poi quelle che potrebbero sorgere dal secondo gruppo e indicheremo i mezzi a dileguarle. — §. 151. A. Nel I Gruppo il perito trova i casi nei quali i polmoni del neonato galleggiano. Ecco la prima domanda che si deve fare. — Questi polmoni galleggiano realmente per aria respirata avendo vissuto il neo- nato fuori dell'utero, o per aria respirata entro l'utero uscendo poi morto dai genitali materni ? — Che un feto possa respirare aria essendo ancora entro F utero rotto il sacco delle acque; o nella filiera utero vaginale, o di poco sorpassato l'ostio vulvare, è omai indubitabile. Haller ad esempio (Elem. Physiolog. T. Vili, Lib. XXIX, Sect. IV, D. 55) dice avere assistito a parti udendo vagire pri- ma che « de vagina caput prodiit sub vestibus malrem ve- « lantibus et inter manus educentes obststricis ; vagire vero « esemplo et fortiter ». È vecchia istoria fino dal Sabatier narrata (Traité d'Anat. 1777, T. 2°, pag. 267), possa avvenire che dopo la rottura delle membrane e lo scolo delle acque, un feto ancora dentro l'utero, riceva aria e poi uscendo morto possa offrire i polmoni distesi. —. Anzi Sabatier cita perfino quattro casi narrati da Overkamp il quale verificò come i polmoni avessero respirato prima che i feti fossero usciti dall'utero. — Hunter', afferma aver veduto respirare nascenti capite edito. — Baudelocque, dice che un'in- fante può respirare anco nel caso in cui la testa riempia la — 281 — cavità del bacino, se si ha cura di dirigere la bocca verso la vulva (Art. des Accouchem. 1789, Tom. 1, §. 1195, pag. 544). Osiander (nel Journal f. Geburtshùlfe ec. B. 1, St. Ili, pag. 581) (1787) narra come nel fare un rivolgimento sentì il feto vagire e lo sentì la madre stessa, il marito ec, e narra più osserva- zioni di tali avvenimenti. — Fickerus nell' eseguire un rivolgi- mento gli si rompe la gamba destra del feto è nel momento della frattura il feto vagì. — Al Tilenius nel 1804 gli accade lo stesso fenomeno del vagito , applicando il forcipe. E così in queste medesime condizioni di parto difficile già rotto il sacco amniotico e necessitando ajutamenti al parto; narrano aver udito il vagito o veduto il moto di respirazione toracica nel ieto il Bredenollio, il Wigaudio, Il Bock, lo Schnitt, lo Zitterland, il Palfyn, l'Henry, l'Andry ec. ec Oltre ai casi nei quali si è verificata la respirazione intra- uterina o v inale per necessità operatorie, vi sono quelli nei quali aria è potuta penetrare anco per semplici riscontri digi- tali. Già il Bakker di Groninga, fino dal 1825 aveva osservato e consegnato alla scienza la notizia che pur senza la necessità di gravi operazioni manuali od istrumentali, ma per il semplice riscontro digitale quale si suole fare ripetutamente assistendo la puerpera, poteva entrare aria nel sacco amniotico non del tutto vuotatosi e uscire alla luce un feto nato morto che avesse respirato entro le vie materne. L'Osiander ancora aveva asse- rito ciò ed oggi si è rinforzata tale osservazione dal Breiscky, dal Moller, dall' Hofmann (Viert fùr gerieht Med. -und off Sa- nit. Januar 1875). E si è anco valutato quali possono essere le condizioni meccaniche più favorevoli alla produzione del fenomeno e cioè la maggiore o minor quantità delle acque scolate, la mag- giore o minor costrizione dell'utero sul corpo del feto (Schatz. — 1872, Hegar 1873), e la più o meno pronta serratura della bocca uterina perchè aria possa entrare più o meno facilmente nelle parti profonde genitali. — Ora si può far domanda se tali fatti e per primo quello della respirazione intrautero vaginale si potrebbero verificare in causa di infanticidio, quando il parto occulto procedendo più o meno lungo e diffìcile, la donna facesse manovre dilatandosi la — 282 — vulva, la vagina da ridar vita a tutte quelle più propizie con- dizioni perchè aria penetrasse fino al feto stesso. Nulla v' ha in contrario a conc dere una tale possibilità. Difficile sarebbe in una questione forense, saperne compiere la dimostrazione, la quale (si capisce chiaramente) potrebbe giovare alla difesa per sostenere come la resultanza del galleggiamento dei polmoni, dovrebbe esser solo rivelatrice di un momento di vita intraute- rina goduta dal feto che poi venne alla luce morto e quando anco il cadavere mostrasse segni di violenza questa non sarebbe che accidentale e consumata su di un cadavere. — Per ora nella letteratura medico forense non conosco caso simile agitato nel fòro, però conosco lo studio clinico patologico di questo fatto stud'ato accuratamente e con molto senno tratto al sicuro da ogni seria contestazione.—■ Ma comunque sia per essere in fu- turo, dico al pratico che se volesse bene condursi nel caso in specie (appunto per ri [tarare a quella manchevolezza di cui vuoisi addebitare il saggio idrostatico in faccia a tali casi eccezionali) oltre a tutti gli altri argomenti dovrebbe corroborare il saggio polmonare con l'esame anatomo patologico e microscopico il più completo dal quale avrebbe a ripromettersi molto ajuto. Perchè nella supposizione che ora si studia, il perito fino dall'esame esterno del cadavere, potrebbe notare e sviluppo eccessivo delle parti, o conformazione irregolare, e segni nella regione del ver- tice di lungo e difficile parto, e alterazioni tali al funicolo om- bellicale, da credere che questo sia stato offeso nel travaglio, e segni di congestione encefalica, o cardio polmonale. E nella bocca e nelle vie aeree e nell'esofago, trovare sostanze sebacee tinte dal meconio, e nei polmoni stessi in parte atelectasiaci ed in altra parte (sebbene in minor grado) crepitanti e galleggianti per la poca aria respirata; notare qua e là sulla superficie di taglio, punteggiature gialloverdognole, insolite. La presenza di quelle sostanze amniotiche e meconiali vedute nelle prime vie e perfino nelle respiratorie, fin dentro al parenchima polmonale, gli darebbero dovere di adoperare il microscopio onde cerziorare della presenza inconsueta di tali sostanze. E una volta che per la osservazione diretta ne fosse accertato, avrebbe il dovere di rendersi conto dello andamento del fatto, oggi non potendosi — 283 — negare F inghiottimento del liquido amniotico nelle vie respira- torie del feto, sofferente per disturbo circolo placento'uterino; e non potendosi negare la possibilità di una respirazione intra- uterina in condizioni difficili di parto; né potendosi negare il ritrovamento delle cellule epiteliali e del meconio formanti em- bolo nei bronchi e nelle cellule polmonari e perfino nelle tube Eustachiane e per entro la cassa del timpano nell'orecchio dèi neonati. Sarebbe questo il modo per giungere a consolidare un tal fascio di argomenti da dare allora la più giusta valutazione al fenomeno galleggiamento il quale per se stesso nou potendo riuscire completissimo, verrebbe ad aitare il perito nel definitivo giudizio. Mi pare molto logico ritenere che se da un lato si fossero raccolti con fedeltà quei segni da me sunnotati e fosse sorto il pensiero che in quel caso il travaglio potesse essere andato lungo e difficile, e fosse nato sospetto per la presenza di quei tappi sebacei e di meconio che il feto avesse potuto ancora in mezzo al liquido amniotico respirare e per l'aria penetrata si fosse disteso qualche lobulo polmonare, chi potrebbe negare la possi- bilità che tutto il deposto della donna collimasse a sufficienza con il reperto anatomico sopra notato e la scienza ; onestamente applicata; risparmiasse i rigori d'una pena gravissima alla sven- turata accusata d'infanticidio? Ma mentre io insisto e raccomando con verace fede questa coscenziosa ricerca di fatti), non posso d' altro lato iàre a meno di avvisare alla necessità di condursi molto cauti e prudenti a giudicare tai casi eccezionali. —■ Concludendo: 1 ° nulla v' è in contrario ad ammettere che nella pratica medico forense possa presentarsi, sebbene assai raro, il fatto ohe per singolari condizioni di un parto clandestino, difficile, lungo e laborioso, un feto possa nascere morto avendo respirato entro F utero. — 2° Che però avvenendo un tal fatto oltre alla ragione per intendere un parto difficile, i segni di respirazione polmonare saranno limitati, parziali, e tali da non dare concetto di com- pleta respirazione. 3° Che al perito nell' esame anatomo patologico completato — 284 — con ogni mezzo più conveniente, non mancherà modo di ritro- vare nello stato dei polmoni e del circolo cardio polmonare, ra- gioni morbose da indicargli le sofferenze subite dal nascente nel soprapparto. —■ Resta sempre saldo il principio che il perito abbia il dovere in casi dubbii di non concludere precipitosamente che aria re- spirata nei polmoni voglia sempre indicare vita estrauterina e quindi tenere in conto la possibilità di una parziale respirazione intrauterina la quale però (giuridicamente parlando) non costitui- rebbe mai un estremo legale. §. 152. E sempre relativamente a questa stessa proposi- zione esaminiamo ora alcune più frequenti circostanze, quando cioè il nascente ; nei parti difficili ; respiri al passaggio con la testa impegnata alla vulva e dopo esca fuori morto o moriente. Abbiamo veduto come tali casi non si possano negare, si veri- fichino al solito nei parti difficilissimi, lunghi, perigliosi, in cir- costanze tali dunque da porre la donna nella necessità di chie- dere soccorso. Perchè altra cosa è stabilire un travaglio di parto difficile quando il corpo del feto può essere sempre dentro l'utero, altra cosa è parlare di difficoltà quando la testa del nascente è già impegnata nello estremo punto vulvare e ivi s'arresti, trovando tanta difficoltà a compiere il momento finale della espulsione.—Ma pur concedendo ogni possibile evento, è chiaro che se un tal fatto morboso avviene, segno è che vi debbono essere cause molto gravi che abbiano potenza a ritenere il feto in quell'angusta posizione. E da tutto questo le necessarie con- seguenze di un turbato circolo placento uterino, e per questo il disturbo della sanguificazione fetale e quindi i congestionamenti viscerali, F asfissia e la sospensione delle funzioni d'innervazione cefalo rachidiena e molto probabilmente la morte del feto meno F intervenienza dell'arte. —11 cne significa doversi verificare la esistenza palese di ostacoli al parto: — o la compressione sul funicolo ombelicale e disturbi gravi sul centro circolatorio e di innervazione, costituzione di uno stato morboso tale che non dà speranza di pensare a vita duratura. — E poi anco concedendo quanto più largamente si può concedere in simili circostanze, è forza convenire che e per il congestionamento cerebrale e per — 285 — il difficultato circolo cardio polmonare non si potranno avere che conati convulsivi, moti spasmodici di aspirazione senza mai po- tersi sperare quei movimenti liberi, franchi, spontanei, pe'quali si compie una larga e completa respirazione sulla quale possa basarsi fermo il concetto della vita del neonato.— Quelle inspi- razioni saranno (anzi sono) brevi, rare, non condotte in modo ritmico da costituire un fatto fisiologico di completo funziona- mento respiratorio e quindi mancanza assoluta di quei caratteri che costituiscono la vita legale: — essendoché la Legge abbia di- chiarato di punire nell' infanticidio F uccisione di un vivente cioè di quello che uscendo od uscito interamente dal seno materno, o che non è più in rapporto secolei che pel cordone ombelicale, vive della sua vita propria respirando direttamente per ufficio de' suoi polmoni. Si pensi di più che a generare simili condizioni non man- cano cause facilmente verificabili nell'andamento del parto, sieno esse dipendenti dal feto o dalla madre. 0 almeno se non fosse dato mettere in chiaro cause distociche gravissime e permanen- temente esistenti o nella genitrice o nel generato, pure possono avvenire alcune accidentalità di travaglio che non insolitamente insorgono in primipara in parto clandestino. Così ad esempio, certe posizioni della parte presentata o certe evoluzioni che il feto può subire nel momento del travaglio; o certi rapporti del funicolo ombelicale, o certe modificazioni provenienti dalle ma- novre stesse della partoriente ec, possono avere efficacia a trat- tenere più o meno il feto entro alla vulva ed ivi iniziare una respirazione che raramente suol rendersi completa. Tutte queste considerazioni desunte e dalla osservazione cli- nica e dal resultato della ispezione anatomica, sono quelle che rendono efficace ajuto a sciogliere i dubbii elevati in questa prima proposizione, nella quale non deesi riconoscere la potenza di distruggere il valore del saggio idrostatico polmpnare, ma di appurarlo da quelle obiezioai che a prima giunta sembrereb- bero valevoli a p"orlo in discredito, pensando oramai come sia vecchia riflessione quella di non prendere a chiusi occhi il fe- nomeno del galleggiamento dei polmoni siccome assoluto segno di i vita estrauterina goduta dall' infante, ma sia necessario e - 286 - prudente depennarlo dal pericolo dell'errore onde possa acquistare forza di ineccepibile prova. Una Ila obiezione che si dee fare il perito prende ragione dalla possibilità ; sebbene remota ; che' la madre o alcun' altra persona anco per fine calunnioso (Morgagni, Lett. XXIX, §. 45), abbiano insufflata aria nei polmoni del neonato o soffiando da bocca a bocca o praticando manovre di respirazione artificiale. — In tale supposto; però molto problematico a verificarsi in tèsi di infanticidio; si potrebbe avere il galleggiamento dei polmoni di un feto che fosse nato morto.—Lasciamo pure in questo momento di occuparsi a fondo di tali suggestioni per le quali resulterebbe che una madre sulla quale cade il sospetto d'infanticidio invece sarebbe stata premurosa di aiutare la esistenza del neonato fa- vorendogli la respirazione : — lasciamo pure da parte che se altra persona fece sul neonato o respirazione artificiale o insuf- flazione con istrurnento portato nelle vie respiratorie , il parto non sarebbe stato più clandestino e quindi distrutto uno degli estremi giuridici: —.....lasciamo pure altre riflessioni e studiamo alla tavola anatomica ciò che deve osservare iì perito per dif- ferenziare ed appurare il fenomeno. Io, contro il mio solito principio negli studii di medicina forense, dichiaro recisamente su tale punto come avendo avute numerose occasioni in camposanto di studiare cadaveri di neonati nei quali e nella Clinica ostetrica e nello Spedale degli Innocenti ed ora nella Maternità, fu con ogni modo tentato di destare la respirazione aiutandola artificialmente, dichiaro di non aver mai verificata la compenetrazione unita, regolare, intrinsecamente avvenuta del- l' aria nelle celluline polmonari, e molto meno il famoso colorito di gambero fritto proclamato dal Casper quando insegnava un carattere a riconoscere l'aria artificialmente insufflata nei pol- moni. — Ma invece ho verificato spesso e specialmente all'apice del polmone destro od alla superficie dello stesso, sotto la pleura, dei gruppetti di enfisema interstiziale singolarmente conformati in modo che a prima giunta sembrano punteggiature o granu- lazioni morbose di un colore croceo, le quali però attentamente esaminate con la lente, si vedono formate da gruppetti di bol- licine d'aria e sono movibili a piacere dell'osservatore che le — 287 — può per dolce pressione far migrare, apparire e disparire. — E tali punteggiature sottopleurali più particolarmente poi le ho verificate quando con insistenza (d'altronde lodevolissima) si era praticato il metodo di respirazione artificiale del Sylvester o del Pacini a differenza di quello del Ludwig. Ed aggiungo di più che alcune volte simile reperto l'ho verificato in quei casi nei quali il neonato; venendo alla luce in uno stato di asfissia per travaglio di parto distocico, aveva dato qualche rapido ed interrotto tratto di aspirazione quasi asmatica, convulsiva e dopo era avvenuta la assoluta cessazione d' ogni moto vitale. —■ Saggiando alla prova idrostatica tutti questi polmoni non ho avuto mai galleggiamento completo e dai frammenti nei quali alcuni di quei gruppetti d' enfisema esistevano, ho ottenuto fuo- riuscita irregolare di qualche bollicina d'aria senza quello sgorgo unito, spumeggiante, sanguigno, continuo , come si ha quando l'aria ha corapenetrate le celluline naturalmente e il frammento denso, polposo, consistente, ha precipitato al fondo del vaso.— Per me dunque, mi sento ; fino a prove in contrario; coscien- ziosamente tranquillo a indicare al pratico che la valutazione più fondata a doversi porre in chiaro alla tavola anatomica per discriminare se F aria esistente nei polmoni che egli esamina fu aria spinta dentro artificialmente ovvero aspirata naturalmente, è quella di vedere come e dove è contenuta quella poca quan- tità di aria che egli riscontra : — e quando la trovasse raccolta a piccoli gruppetti d'enfisema interstiziale sottopleurale e quando anco verificasse qualche gruppetto di enfisema lobulare vessico- lare specialmente all'apice del polmone destro, ed i primi fossero facilmente spostabili ed alla prova idrostatica tanto i primi che i secondi non gli dassero non solo un galleggiamento completo, permanente, anco fatte alcune compressioni su quel frammento di viscere, ma neppure sott'acqua gli dassero sgorgo di spuma, unita, regolare, continua, tinta di un rosso sanguigno prove- niente dal vuotamento dei vasellini pericellulari, io lo ripeto an- cora con tutta la più calcolata responsabilità scientifica, credo che egli avrebbe diritto di dichiarare che quella non fu aria liberamente ed automaticamente respirata sotto F impero della piena potenza vitale. — 288 — In una parola, non credo ancora alla esatta dimostrazione di una parziale o completa ma regolare, uniforme, aereazione d'un polmone fetale mediante una respirazione artificiale, sia pure da bocca a bocca, col cannello o con altro metodo.—I resultati felici che si citano credo valgano per ora a dimostrare soltanto che quelle pratiche poterono esser mezzo atto a destare il fun- zionamento fisiologico cardio polmonare suscitando forse azioni reflesse. Comunque voglia ritenersi, il perito pensi d'altro lato essere difficilissimo che da bocca a bocca si possa spingere colonna di aria che uniformemente penetrando in tutto F albero bronchiale distenda uniformemente quell'immenso numero di cellule polmo- nari; essere ancor più difficile con altro apparecchio ottenere questo fenomeno e piuttosto verificarsi il fatto che l'aria penetri nell'esofago e di là nello stomaco e forse nei primi tratti del- l'intestina tenui. Concludendo dunque in sommi capi è a dirsi 1° Esser poco ammissibile che una donna illegittimamente gravida con un feto che nasce apparentemente morto sappia o voglia darsi briga di salvarlo con una respirazione artificiale. 2° È per osservazione esperimentale chiarito come nei cadaveri dei nati morti per asfissia ajutati dalla respirazione artificiale con qualunque metodo praticata, gli effetti di questa operazione non riescono tali quali sono quelli della naturale re- spirazione : e quando pure qualcosa accade, si vedono poche di- ramazioni bronchiali aver condotta aria a qualche lobulo polmo- nale e più spesso si vede l'aria infiltrare nei sepimenti inter- vessicolari apparendo sotto la pleura viscerale in forma di pun- teggiature coniformi irregolari: — 3° Il polmone in cui è penetrata poca aria acquista un colorito chiaro, roseo, che contrasta spiccatamente con il resto del parenchima che mantiene un colorito di fegato d'adulto co- ni' è nel polmone del neonato asfittico. — 4° Per lo più se l'insufflazione fu energica, ardita, si trova disproporzione fra l'aria esistente nel polmone e quella in mag- gior copia contenuta nello stomaco e nelle intestina. — 5° Al taglio e spremendo i pezzetti di tali polmoni sot- — 289 — t'acqua può uscire come abbiamo detto al §. 150 aria in piccole bollicine, ma non mucco bronchiale e sangue, perchè le dirama- zioni vascolari dell'arteria polmonare e delle vene sono vuote nel feto che non ha di suo respirato, meno i casi di forte con- gestionamento sanguigno. Una IIIa obiezione che si vuole accampare contro la veridi- cità della prova idrostatica è quella di avvertire come per com- pressioni od urti, o maneggiamenti espulsivi subiti dal nascente, nei polmoni possano avvenire ecchimosi o congestionamenti san- guigni de' quali o per i quali nasce svolgimento di gas che fa- rebbero galleggiare polmoni di feto che nacque morto. Non voglio fermarmi molto sopra una tale opinione princi- palmente sostenuta dallo Chaussier -— Non la nego non la com- batto. — Dico soltanto che in medicina forense bisogna stare nel campo dei fatti speciali e perciò se si parla di contusioni deri- vate da manovre ostetriche non siamo più in tèsi di parto clan- destino ; se si parla di contusioni o pressioni fatte dalla puerpera sul nascente per ajutarne l'uscita, allora oltre a tutte le condi- zioni speciali del fatto, si avranno anco i segni di queste contusioni esterne e interne e quand'anco le si avessero credo che il com- portarsi speciale di questi sviluppi di gas nel parenchima pol- monale dovranno esser sempre molto dissimili dalla aereazione vessicolare di una libera ed aperta respirazione e quindi tutti i caratteri più sopra annunziati che corrispondono a riconoscere la naturale dalla morbosa aereazione del polmone, varranno pure a differenziare un' enfisema traumatico da una normale aerifica- zione intracellulare. Una IVa obiezione alla quale deve portare attenzione il pe- rito è quella relativa alla possibilità del galleggiamento dei pol- moni di un nato morto per sviluppo di gas di putrefazione. Gli argomenti opportuni a snodare questo dubbio pullulano dallo stesso operato del perito, quando bene abbia proceduto nell'esame precedente. Prima di tutto nel paragrafo 149 dove ho indicate le avver- tenze da aversi nella osservazione macroscopica, ho detto come attentamente esaminando con lente d'ingrandimento un polmone di neonato che abbia respirato, oltre al più vivace e roseo colore Filippi io — 290 — che offre nel suo insieme il viscere, si vedono chiaramente di- segnate a mosaico le maglie vascolari elegantissime circoscriventi regolarmente le celluline aeree ripiene di piccole ed uniformi bolle d'aria che rendono quel parenchima uniformemente soffice ed elastico. — In secondo luogo ho detto che la ragione di tale aspetto dipende dal fatto che quando l'aria penetra spontanea e libera nei polmoni fetali per la distensione delle cellulette chiama san- gue nei vascolari finissimi che scorrono sulle pareti delle cellule medesime, tantoché il polmone aumenta di volume e di peso. In terzo luogo ho detto che quando al saggio idrostatico ta- gliati in pezzetti i polmoni si spremono dolcemente sott'acqua, dalla superficie di taglio esce un getto regolare di uniformi e multiple bollicine accompagnate da sangue e formanti una spuma finissima e rosea che si travede sotto la superficie dell'acqua nella quale si esperimenta. Questi tre fatti che non si osservano nei polmoni allo stato fetale, ma sempre costanti ; a condizioni normali ; nei polmoni che sappiamo certo aver respirato liberamente aria, danno ragione a ritenere che quando si ha il galleggiamento insieme alle altre due caratteristiche note, si debba preferibilmente cre- dere che esista aria nel polmone anziché altro gas. D'altronde se non fosse aria cosa mai potrebbe essere ? Po- trebbe essere un' altro gas e più specialmente prodotto di pu- trefazione. — Ma a distruggere questa supposizione a me non resta che ricordare al perito quanto scrissi nel secondo volume nella Tanatologia ( §. 56 ) e cioè che quando si svolgono i gas di putrefazione nel polmone del neonato bisogna che prima si abbiano i segni esterni di tale processo distruttivo, inquantochè i polmoni chiusi entro la cavità toracica dell'infante cadavere in generale e meno gravi condizioni morbose; tardi si putrefanno, a confronto delle parti esterne e di altri visceri; per la ragione precipua che nella composizione istologica di questi organi predo- mina la fibra elastica. —• Dopo ciò, quando mai il polmone fosse in preda a putrefazione sollecita e per tale processo fosse avve- nuto svolgimento di gas, lo stesso organo presenterebbe quel particolar colore verde cupo prodotto dalla trasformazione della — 291 — emoglobulina in metaemoglobulina e poi in ematina. — Inoltre essendo per prima cosa il sangue che è preso dal processo pu- trefattivo, avviene che le vessicole gassose si sviluppino nei grossi vasi e il sangue diventi spumoso là dove è in maggior copia e perciò imbevendo il tessuto polmonare forma gruppi cellulari rigonfii irregolarmente a grosse bolle, le quali si mostrano di preferenza sotto la pleura viscerale e specialmente poi alla base dei polmoni. — Tali bolle gassose per putrefazione hanno poi una proprietà indimenticabile ed è che si spostano e si fanno scorrere sotto la pleura per leggera pressione; fatto questo che non avviene quando è l'aria che rende galleggiante il polmone stando dessa a differenza dei gas inclusa entro le cellette pol- monali. — V'è inoltre il carattere della grossezza e della irre- golarità di quelle bolle e quando non bastasse tutto questo vi sarebbe anco il segno caratteristico del puzzo speciale che si sente quando bucando le vessicole si rendon liberi quei gas. — Tutti questi argomenti aggruppati, sono validissimi e di tale costante verificazione, da non lasciare dubbio alcuno che i polmoni tolti dal cadavere del neonato in avanzata putrefazione hanno aspetto differenziabile da quando è aria quella che in essi può esser contenuta. Laonde emerge per la pratica che quando il perito ha condotto a questo punto della sua ricerca lo esperimento e si sia proposta questa obiezione giustissima e prudenziale, non debba fare altro per risolverla che rias- sumere i criterii più sopra accennati e quando avesse ra- gioni a ritener che quei gas fossero resultati di putrefazione, dovrebbe con dolcezza premendo il parenchima cacciarli alla superficie polmonare e bucate quelle grosse ampolle risag- giare via via il polmone e notare come più sopra ho indicato qual fatto avvenga Egli è certo che se dopo tali avvertenze il polmone cade a fondo del vaso e là vi resta, segno era che il primiero galleggiamento proveniva dai gas di putrefazione che facilmente sono fugabili a differenza dell'aria che intimamente entro le cellule si fìssa. Anzi è da aggiungersi qui per comodo del perito, che se mai gli s'offrisse caso in cui si potessero combinare queste due cose, cioè e lo svolgimento di gas per putrefazione e la presenza dell'aria aspi- — 292 — rata per libera respirazione, ho verificato spesse volte la pos- sibilità di differenziarle col cacciare prima le grosse bolle gassose bucando le ampolle e comprimendo il polmoncino rotolandolo involto in un panno di lino assai grosso (telo di Spedale) e dopo ho veduto che galleggiava giustamente, dandomi quelle finissime bollicine piccole, unite, caratteristiche dell'aria inspirata profon- damente nelle cellule polmonari. Debbo ancora dichiarare per ripetute esperienze che mentre nei primi studii io andava molto e molto rilente e delicato a far tali prove, traendo profitto dal ricchissimo numero dei cadaveri di neonati provenienti dalla Clinica ostetrica e dallo Spedale degli Innocenti ; mi sono poi con la esperienza dovuto convincere che la tenacità con la quale resta l'aria aspirata in vita nelle cellule polmonali è tale da non credersi a tutta prima. La facilità con la quale si possono fare sfuggire o si possono cacciare i gas di putrefazione dal paren- chima del polmone a differenza dell'aria respirata è grandissima e tanto notevole che comprimendo assai validamente i pezzetti di polmone fresco che aveva respirato ho sempre avuta diffi- coltà a spremere del tutto F aria contenuta nelle celluline per ottenere F affondamento permanente del frammento. Non così m'è avvenuto studiando il fatto sui polmoni fetali a diverso grado di putrefazione nei quali per lieve pressione poteva ottenere e la dispersione dei gas e l'affondamento permanente del fram- mento in fondo al vaso. Il giusto grado di tali maneggiamenti è evidente non si possa precisare scrivendo, ma è necessario acquistarlo con la continua pratica. — È inutile aggiungere al perito che per tali osservazioni ed esperimenti resti dimostrato che allorquando un polmone i frammenti del [quale prima gal- leggiavano pei gas di putrefazione vadano al fondo, dopo cacciati questi gas, possa allora dichiararsi che quel polmone non respirò «aria. Ognuno intende che quando la putrefazione fosse cotanto avanzata da ridurre in detriti molecolari il parenchima polmo- nare, allora anco il polmone che avesse respirato anderebbe in fondo; ma a questo punto il compito del perito è finito e sarebbe necessità renunziare alla constatazione dell'ingenere principale come esamineremo più avanti. Una Va dubbiezza al valore del galleggiamento dei polmoni — 293 — deriva da una particolare circostanza nella quale può essersi trovato il cadavere del neonato od alcune parti di esso e più specialmente i polmoni, per la quale singolarità dessi possano galleggiare sebbene appartengano a feto nato morto. E quella segnalata dall' Herbert il quale avendo da esami- nare un feto gelato in una riviera, alla prova idrostatica il cuore i polmoni, il timo tutti cosparsi di ghiaccinoli, da prima gal- leggiarono , ma dopo averli disgelati immergendoli nell' acqua tepida raggiunsero il fondo ripetutamente in modo da non re- stare in dubbio che il neonato non aveva respirato. —■ Basta accennare semplicemente una tale accidentalità perchè il perito da tutte le circostanze del caso assumendo il dubbio, possa anco trovarne facile la via a dileguarlo. Una VIa dubbiezza in caso di.galleggiamento può venire dalla osservazione del Lacazc il quale avendo ricevuto da un collega polmoni estratti da un feto nato morto e avendo prima dato segno di non aver respirato per F affondare nel vaso pieno d'ac- qua, dopo messi nell' alcool onde si mantenessero freschi nel- F invio, al Lacaze invece dettero segno di galleggiare.—Questa contradizione però era apparente e ne fu intesa la ragione nella imbibizione del tessuto nel liquido alcoolico per cui eliminata questa sostanza i polmoni tornarono ad affondare. Lo esperi- mento ripetutamente fatto dimostra facilmente la giustezza di questa osserva/ione ed anzi dirò che si verifica anco se il ca- daverino di un nato morto è messo intiero in un liquido alco- olico discretamente saturo quale si suole adoprare nei nostri gabinetti e bastano dai due ai tre giorni d'immersione per con- statarne il fenomeno. In pratica sarebbe però facile cosa preve- dere una tale possibilità per non cadere nell'errore. B. Ecco il II0 Gruppo dei casi nei quali il perito nota che i polmoni o per intero o in massima parte, divisi in frammenti, affondano. — Verificato un tale fatto a quali obiezioni deve provvedere il perito prima di esprimere un giudizio definitivo e quindi quali osservazioni macroscopiche e microscopiche dee per tempo ese- guire per esser tranquillo della giustezza assegnata al fenomeno dell' affondamento ? — 294 — Ia Obiezione potrebbe esser questa cioè: che il neonato « avesse respirato ed anco vagito fuori dell'utero e quindi vis- « suto ed i polmoni non dare al saggio idrostatico segni della « avvenuta respirazione ». — Questa possibilità è vecchia tanto quanto corre da oggi all'opera di Lorenzo Heistero (1710) il quale nella sua dissertazione « Sulla fallacia dello esperimento « idrostatico nella respirazione dei polmoni », cita casi nei quali dopo una vita estrauterina debole ed esternata da languido va- gito, essendo d'altronde sani i polmoni, questi presentavano i caratteri dei polmoni fetali e andavano a fondo nella prova idrostatica. — Anzi il Morgagni stesso (Lettera 19, Volume I, pag. 472, §. 45, Ediz. 1840), esamina le osservazioni di Heistero spiegando appunto il fenomeno con l'ammettere che l'aria non espanda per la debolezza funzionale le cellule polmonali e con alcune esperienze appoggia la ragionevolezza della sua opinione. — A questo medesimo gruppo di osservazioni possiamo aggiun- gere i casi benissimo descritti dal Budin (Annal. Med. Leg. 1872) quando sosteneva come la docimasìa polmonare idrostatica possa essere in alcuni casi impotente a dar la prova della respira- zione ; e ancor più fresche le osservazioni di Hoffmann sul caso in cui si possa avere respiro e vagito in neonato nei polmoni del quale poi non si sia ottenuto galleggiamento, Tali evenienze, sebbene non tanto frequenti, pure non sono certo a negarsi una volta che la clinica le ha verificate. Dal punto di pratica medico forense dandosi pure il caso in cui l'accusa per validità di testimonianze, potesse sostenere che il neonato fu vittima di azione violenta in un momento di funzionalità vitale da permettergli e respiro e vagito nonostan- techè il saggio polmonale dasse prova negativa, sarebbe forza ammettere che un tal fenomeno potesse intendersi per condi- zioni morbose esistenti nel neonato e rappresentato da una mo- mentanea e incompleta respirazione tracheo bronchiale per de- bolezza organica o immaturità del neonato, o per stati morbosi del parenchima polmonale; ovvero da una condizione di spasmo bronchiale o da malattie risiedenti nel Timo o da versamenti intrapleurali. — Ma se è così F unico mezzo possibile a diluci- dare il fatto sarebbe quello di verificare se esistessero tali segni — 295 — di cause morbose capaci a spiegare il fenomeno, almeno rile- vando quelle che possono per il soccorso dell'anatomia patologica avere sufficiente dimostrazione. E fra queste, lasciando l'elemento spasmodico, sarebbero a ricercarsi le alterazioni del timo, e quelle del parenchima pol- monale e sopratutto i versamenti siero sanguinolenti intra- pleurali. Non sarebbero poi in simili casi a trascurarsi dal perito le ricerche microscopiche dello stato del parenchima, perchè con- cedendo pure che aria possa ad un tratto entrare ed uscire dai polmoni, ma pure essere efficace a produrre un vagito, nonostante le celluline polmonali essendo state più o meno dilatate, la circo- lazione dei minimi capillari avrà pure cambiato, ed all'esame mi- croscopico si potrebbe appunto vedere il singoiar fatto d'un paren- chima polmonale che avendo l'aspetto del polmone che fu disteso dà aria per atto di respirazione, pure aria non contiene. Al che potrebbe soccorrere anco la valutazione del peso statico; sebbene con un cri- terio di approssimazione valutato, essendo; com'è noto; incerto il dato assoluto con cui fare un esatto raffronto. — Ma invero non mi sembra veramente tanto giusta l'accusa che si fa alla inefficacia della prova idrostatica se in tali casi non risponde alle esigenze dell'arte, perchè non mi sembra fondato che dalla idrostatica si debba ottenere responso sopra un avvenimento che toglie affatto una condizione essenziale alla possibilità dell' espe- rimento, cioè la non diminuita densità del parenchima. Comun- que sia, tali casi sono proprio rari e richiedono severo studio prima di ammetterli o ricusarli. Lo esperimento avrebbe in qualche modo fatta intendere la ammissibilità razionale del fenomeno che un polmone alquanto disteso da aria possa poi, per la propria elasticità, cacciarla fuori ed il polmone affloscirsi. Così se da una parte data una debole inspirazione e dall'altra vi fosse in un torace di neonato qualche condizione morbosa che aitasse rapido la riducibilità elastica del polmone si intenderebbe il vuotamento completo o quasi completo ed aversi dopo l'affondamento del parenchima al saggio idrostatico benché vi fosse stato e vagito e respiro. È noto come il Kramer opi- nasse che esistendo un pneumotorace potesse esser causa di ciò; ma — 296 — più facilmente poi se vi fosse un versamento sanguigno sieroso nelle cavità pleurali. Già è noto pure che ponendo polmoni che abbiano respirato in acqua fresca dopo 7 o 8 giorni l'aria esce e il polmone avvizzito cade al fondo come Py ed il Billard e l'Orlila ancora, avevano verificato in polmoni di neonati. Quindi la soluzione del dubbio non può ripetersi che dalla esatta valutazione delle condizioni individuali. Una IP obiezione quella di avere l'affondamento di polmoni di un neonato che abbia potuto vivere fuori dell' utero e non respirare. — E questa è davvero importantissima considerazione pratica. Che un feto possa uscire vivo dai genitali materni e non dar segni di moti respiratorii, ma soltanto manifestare la vita pe' fenomeni della circolazione, questo è un fatto innegabile ed anco di non infrequente verificazione. — Se una madre od altra persona commettesse azione violenta su quel neonato in quel momento di non cominciata e neppur tentata vita respiratoria, potrebbesi senza dubbio avere nei caratteri della lesione esterna alcuni segni di reazione vitale ed intanto i polmoni d'altronde sani non dar segno di galleggiamento. Ecco una terza riflessione alla quale potrebbe il perito esser chiamato nella valutazione del saggio idrostatico che sarebbe in qualche modo contrario e quindi manchevole nei suoi resultati a quanto il fatto potrebbe per altre ragioni richiedere. È necessario qui che il pratico faccia prima entro se una importantissima distinzione onde intendere e decifrare F appa- rente contradizione dello esperimento idrostatico. E cioè che pur trovando sani i polmoni e sempre allo stato fetale, un neonato può aver vissuto e non respirato, per una condizione di vera e propria apnea, che differisce essenzialmente dalla asfissia. — Nell'apnea non si è avuto mai inizio o tentativo di aspirazione, perchè il neonato può ancora trovarsi legato per mezzo della placenta e del funicolo ombellicale con l'organismo materno e da esso ricevere tuttavia quel sangue già ricco di gas respirabile che in condizioni normali circola sempre fra madre e feto. — Allora i polmoni affonderebbero, come se (mi si permetta un esempio) un forte traumatismo portato sulle pareti del ventre — 297 — di donna gravida all' estremo punto di gestazione, ferisce il feto vivente entro l'utero poco prima del parto e dopo il ferimento fosse espulso il feto in stato di morte. — Tali condizioni di cose che nel supposto formerebbero il feticidio, possono esser quelle che potrebbero riscontrarsi nel caso in cui un neonato uscito vivente dall' utero si mantenesse apnoico per un certo tempo ed in questo intervallo venisse ucciso. — Una circostanza simile sarebbe per certo di difficilissima soluzione perchè in parto clan- destino male può sperarsi che la stessa donna stia esaminando come procedano le cose e se il bambino non respirando né va- gendo abbia nonostante regolari, energici i moti cardiaci.— Anzi vi sarebbe modo di intendere come in questa incertezza di vita, non estrinsecata con i fenomeni più comuni e sensibili, la donna dichiarasse di credere morta la creatura da essa data in luce e averla voluta soltanto disperderla non ucciderla. — La condotta del perito dovrà esser quella di descrivere esat- tamente ciò che trova nelle lesioni esterne del cadavere nelle quali appunto potendovi essere aspetto di violenti e di lesioni fatte in vita, benché segno di respirazione polmonale non esista, potrebbero pure far supporre che fosse accaduta la combina- zione sopraespressa. Ma non è così nell'asfissia, la quale accadendo spessissimo nel travaglio di un parto diffìcile oltre a recare frequentemente la morte prima della nascita, pure se alcuna volta un sospiro di vita estrauterina è concesso a questi moribondi ed in quel frattempo una causa violenta interviene a spegnere anco quel bagliore di esistenza, il perito trova maggior fascio d'argomenti a chiarire il resultato del saggio idrostatico come quello che sarebbe negativo, mentre il neonato avrebbe pure per qualche altro segno dimostrato di aver vissuto. — Tali segni verrebbero raccolti fino dall' esame esterno del cadavere che potrebbe dare indizio della compressione dal feto subita per la quale ne sia avvenuta sproporzione fra la forza motrice del cuore e la resi- stenza che deve superare quest'organo, per cui nell'esame in- terno dei visceri o si noti disproporzione grandissima d'irrorazione encefalica o disproporzione grandissima di circolazione pulmo cardiaca, e quindi o congestionamento apoplettiforme enee- — 298 — falico, o grande congestionamento cardiaco e così difficoltata la funzionalità respiratoria. A volte poi indipendentemente dal dif- ficoltato meccanismo del parto, gravi malattìe polmonali decor- renti nel periodo fetale, come infarti emorragici, essudati fibri- nosi, stato atelectasiaco, versamenti siero sanguigni intra pleurali, nuclei di pneumonìe lobulari, placche lardacee, affezioni sifilitiche, possono porre in condizioni tali i due polmoni da non potere essere completamente distesi dall'aria che in essi tende a pre- cipitare appena venuto al mondo il neonato, ed ecco anco da questo reperto un ajuto al perito per dare il giusto significato al fenomeno dello affondamento dei polmoni in tali particolari circostanze, sebbene si possa da altre ragioni desumere che il feto die segno di vita estrauterina, meno quello della libera ed aperta respirazione. — Oltre a quei segni poi vi sar bbe quello anco più efficace a intendere il fatto e cioè quando negli stessi polmoni si trovassero pochi e circoscritti punti di enfisema in- tervessicolare il quale (esclusa la insufflazione ; circostanza pro- prio non concordante col supposto dello infanticidio) per se non riuscendo neppur bastevole a far galleggiare un frammento di polmone, intanto per la sua presenza addimostrasse lo sforzo inane che l'aria impedita dal morbo ha fatto per penetrare nel parenchima. Ma se tutto questo può essere riconosciuto e inteso dall'intero andamento del fatto; se può spiegarsi e per lo esame diretto dei polmoni, tanto desunto macroscopicamente che con il mi- croscopio, e per la valutazione del peso assoluto, e per la con- siderazione della pienezza del ventricolo destro del cuore e per la ripienezza dell'arteria e delle vene polmonali, e pel colore, e la consistenza degli stessi polmoni, e per lo stato dell'asse cerebro spinale, a me pare che da tutto questo possa il perito trar profitto a completare quanto v'è di negativo o d'incerto nel solo saggio idrostatico, né vi sia bisogno di scoraggiarsi menomando il valore del saggio polmonale il quale vuole sol- tanto per le eccezionali complicanze essere riaffermato da altri argomenti scientifici. Dopo tali riflessioni mi sembra evidente, che la più saggia condotta del perito sia appunto quella di descrivere con la più — 299 — vompleta esattezza tutte le condizioni dei visceri che egli esa- mina e specialmente registrando quanto la osservazione anatomo patologica gli può offrire, perchè se pure esistesse nel neonato una lesione che si potesse credere causa di morte, si potesse sempre dimostrare che sebbene i polmoni affondarono, la ra- gione era quella di gravi condizioni morbose da ritenere il neonato per un moriente e da intendere il resultato negativo del saggio idrostatico. Una IIP domanda che deve farsi il perito, prevenendo una obiezione, è quella relativa alla possibilità che se un neonato fu ucciso per essere stato gettato sul fuoco o in liquido bol- lente, al saggio idrostatico i polmoni di lui potrebbero affondare per l'aumentata densità del parenchima. Il Thoinnet verificò che cuocendo polmoni di animali infe- riori che avessero respirato non galleggiavano più. E siccome casi nei quali si sia consumato l'infanticidio con la lessatura si conoscono e si potrebbero disgraziatamente ripetere, cosi è bene che il perito sia avvertito di ciò onde il resultato negativo della [trova idrostatica non lo fuorvii. — Ma in tali casi allora venendo meno la prova idrostatica, il perito non insisterà con questa, la quale trova in certo qual modo una eccezione preconoscibile ap- punto del fatto dello esperimento che dimostra come la cottura ponga il parenchima polmonare in tale stato che anco avendo respirato non lo rivela ; e piuttosto cercherà fin dove può, e come può, di trarre argomenti da altri segni quali sarebbero quelli proprii della ustione avvenuta in tempo di vita od invece in tempo di morte. — Questa speciale circostanza non depone però contro il valore della docimasia polmonare, per la chiara ragione che già è conosciuto come l'azione del calore sul pol- mone distrugga le condizioni necessarie a rispondere alla prova del peso specifico, valutabile dal maggiore o minore galleggia- mento sull'acqua. Come IVa obiezione ritorna in campo un fenomeno dipen- dente dalla putrefazione per la quale mentre se è incipiente come abbiamo veduto, può fare galleggiare un polmone che non abbia respirato; a periodo avanzato potrebbe invece far preci- pitare al fondo dell'acqua un polmone che avesse respirato. In — 300 — verità mi sembra che tale dubbio partendosi da una cognita cotanto sensibile; com'è lo stato di avanzata putrefazione; sia facile preve- dere l'errore possibile. — 0 almeno sia facile non precipitare un giudizio che dichiari non essere esistita vita perchè i polmoni affondarono, mentre potrebbero sommergersi ed avere respirato. Eppure non si può negare che un tal quesito; quando lo stato di putrefazione non raggiungesse l'estremo grado della colliquazione da non poter formulare un giudizio; potrebbe do- ventare di difficilissima soluzione dato che si fosse ad un pe- riodo intermedio fra lo stato di putrefazione gassosa e il disfa- cimento putrido. — Sono omai noti gli studii e le opinioni controverse agitate in proposito dall'Eschembach, dal Camper, dal Butner, dal Mayer, dal Morgagni, dal Mahon, dal Capuron, dal 'Billard, dal Py, dall'Hebenstreit, dall'Orlila e dal Devergie e da quest'ul- timo autore sono chiaramente riepilogate in modo da non desi- derare di meglio. — In definitiva tutti questi studii vengono concentrati in due conclusioni dell' Orlala riferite ed illustrate dallo stesso Devergie (Bruxelles 1837, pag. 217-Medie Lega- le ec.) nella prima delle quali viene espresso il fatto già dianzi esaminato più sopra che: « polmoni di feto morto nato a termine, separati dal corpo, pos- « sono in certe circostanze lasciare il fondo del vaso dove sono « restati alcuni giorni e risaliti poi ridiscendere ». Ma qui è ora importante la seconda conclusione: « Che i polmoni di un feto a termine che ha respirato, « messi nell'acqua non restano lungo tempo alla superfìcie del « liquido ma precipitano ». Questa conclusione torna molto importante appunto per i casi nei quali si dovessero esaminare cadaveri di neonati tolti dall'acqua dove soggiornarono per certo tempo e specialmente poi in diverse condizioni di stato del corpo cioè o di mutila- zione o di integrità. Quanto allo stato di mutilazione questa potendo essere stata prodotta nel torace da una azione violenta, avrebbe posto su- bito i polmoni in contatto dell'acqua e quei visceri, dopo alcuni giorni venendo esaminati dal perito, potrebbero offrire difficoltà — 301 — a snodare il giudizio se benché affondando potessero aver respi- rato ; mentre se lo squarcio del torace fosse avvenuto per il solo processo di putrefazione , allora le condizioni dei visceri sarebbero a tal punto avanzate da non dar speranza di una in- vestigazione efficace. È dunque da ristringersi nel suo vero confine di tempo la utilità della obiezione relativa alla possibilità di un affondamento dei polmoni che avendo respirato, per la putrefazione dassero poi il fenomeno del sommergimento. E tale delimitazione ha per me un'altro grande vantaggio cioè quello di portare una giusta differenziale fra il fatto di un avvizzimento polmonale per discacciamento d'aria, da un vero e proprio effetto di pro- cesso putrefattivo. — L'Orfila con l'acutezza del suo ingegno, notò il fatto dicendo, però con frase vaga « che i polmoni di feto a termine che abbia « respirato non restano lungo tempo alla superficie » ma non pre- cisò o almeno non indicò né un massimo né un minimo che sa- rebbero riusciti utili alla pratica forense. È fuori di dubbio la verità di questo fatto esperimentalmente cimentato; ed io stesso mi sono data cura di studiare questo avvizzimento del polmone quando appunto un egregio ed operoso scrittore di Medicina legale il Prof. Giovanardi (Rivista Fren. Med. Leg. 1818) richiamava l'attenzione degli studiosi sulla impor- tante osservazione dell'Orlila già commentata dal Devergie. E mi preme moltissimo constatare come lo stesso Giovanardi con intenzione di pratica utilità, abbia appunto cercato di determi- nare quel periodo di tempo (non indicato dall'Orfila) entro il quale può avvenire il fenomeno dell'affondamento, periodo che certo nessuno vorrà pretendere sia assolutamente determinabile ma approssimativo, oscillabile nel suo significato, come sempre sono oscillabili i resultati degli esperimenti che non possono avere in se stessi tutte mai le possibili e svariatissime circo- stanze in mezzo alle quali si compiono i fatti reali. Anzi a me stesso nel fare tali studii sono venute sott'occhio variabilità fortissime per svariate circostanze ora dipendenti dal periodo di tempo corso dalla morte del neonato al momento in cui poteva levarne i polmoni per metterli in prova, ora dipen- — 302 — denti da influenza di malattie che aveva patite il neonato ; ora da temperature atmosferiche differenti nelle diverse giornate e nei diversi ambienti nei quali lavorava: e fra le altre diversità una efficacissima per avere o non avere coperto il vaso nel quale poneva i polmoni galleggianti. — Quando io non cuopriva il vaso allora nel segmento di viscere che restava a fior d'acqua i vermi rapidissimamente svolgendosi, brulicavano rodendo e consumando le parti organiche in modo che presto il viscere rotto e forato da ogni parte più presto affondava, senza poi che in esso, s'in- tenda bene, mi potessero corrispondere le riprove idrostatiche differenziali annunziate dal Giovanardi. Ora è evidente che se il neonato soggetto di quesito medico forense fu vittima di un delitto è molto ragionevole cosa am- mettere che dalla vita alla morte ed al getto sott'acqua vi sia corso tempo breve, molto più breve di quanto non corre dal momento in cui morto un neonato in una Clinica, l'anatomico possa andare poi a levargli i polmoni (24 ore per Legge). È poi logico ritenere che l'autore del delitto getti il cadavere del neonato in luogo sufficientemente fondo in modo che allora i polmoncini di quel feto vengono a risentire in minor tempo la influenza della putrefazione a circostanze comuni, di quello che non le risentano e i polmoni adoperati da me e dal Giovanardi nello esperimento adoperando cadaveri che cominciarono a pu- trefare all'aria. Comunque sia è lodevolissima la premura del prelogiato scrit- tore a studiare questo avvizzimento del polmone che avviene per l'acqua che caccia l'aria dalle cellette del viscere, e sebbene io abbia avvertito delle differenze sensibili sopra i resultati di questi esperimenti, e d'altro canto lo stesso egregio autore sia tuttora attorno a studiare il fenomeno, io credo mio stretto dovere consegnare qui le conclusioni emesse, le quali sono fino ad ora l'uniche (per quanto mi sappia) che in tale argomento riempiono la lacuna lasciata dall'Orfila. Sarebbe dunque resultato quanto segue: 1° I polmoni d'un feto nato vivo e che abbia respirato anco completamente, se rimangono da 11 a 12 giorni nell'acqua vanno a fondo. — 303 — 2° Che se viene sommerso un feto intero o colla cavità toracica chiusa, i polmoni, purché abb ano respirato, galleggiano sempre fino alla completa loro putrefazione. Se però la cavità del torace è stata aperta e l'acqua vi può penetrare liberamente dopo 15 o 20 giorni i polmoni vanno a fondo. 3° Che nel caso quindi che il neonato sia stato tagliato a pezzi e ne siano trovati i polmoni o il torace aperto, il perito non dovrà concludere che non ha respirato per la sola circo- stanza che i polmoni rimangono sommersi nell'acqua. 4° Che essiccando i polmoni o al fuoco od al sole, il perito potrà verificare se la sommersione loro dipende da non aver respirato, oppure avendo respirato dall'essere stati diversi giorni nell'acqua poiché se hanno respirato così essiccati essi tornano a galleggiare, se non hanno rrspirato vanno a fondo. 5° Che in base a questo fenomeno il perito potrà ancora qualche volta giudicare (in via approssimativa) da quanto tempo il neonato sia morto, sapendo che la sommersione avvien sem- pre-dagìi 11 ai 15 giorni e qualche giorno prima se i polmoni sono stati messi in pezzi e più presto poi se i polmoni sono ipe- remizzati od epatizzati od hanno incompletamente respirato. Non si può negare che tali conclusioni non sieno lusinghie- ramente speranzose e non apportino nello spirito del pratico una fiducia grande di riuscire facilmente in sì spinose congiunture. 11 dilemma sta qui: o la putrefazione è di piccolo grado e piuttosto il polmone fetale tende a galleggiare: o è avanzatis- sima fino alla disgregazione molecolare, e il polmone affonda sempre. — Ma in quest' ultimo caso vi son ben' altri criterii, diretti e indiretti capaci a schiarire il fatto. — La questione importante sta dunque nel precisare questo fatto intermedio fra quei due estremi onde non confondere una cosa con un' altra, un avvizzimento cioè con un disfacimento molecolare putrefat- tivo e se la proposta pratica formulata dal nostro italiano au- tore corrisponderà fedele, allora il perito nel dubbio non avrà da fare altro che chieder tempo a verificare il rigalleggiamenio ottenibile o con il riscaldamento dei polmoni al sole o con il prosciugamento al fuoco. — §. 153. Siamo giunti così a indicare brevemente quali — 304 — possano essere le più importanti riflessioni che il perito deve fare tacitamente per sapere qual valore possa dare al fenomeno del galleggiamento o del sommergimento dei polmoni saggiati alla prova idrostatica. Stringendo intanto per utilità pratica quanto ho di volo espli- cato nel precedente paragrafo ne resulta: 1° che il galleggiamento dei polmoni potrebbe aversi: A. Quando il neonato non avesse respirato fuori dell'utero ma dentro l'utero e la vagina e perciò nascendo morto potrebbe alla prova idrostatica dare quello stesso segno che fa credere alla esistita vita estrauterina: —■ B. Quando il neonato uscendo morto dai genitali materni dopo o per aria insufflatagli da bocca a boc^a o per qualunque altro metodo di respirazione artificiale i polmoni avessero ac- quistato un peso specifico minore dell'acqua.— C. Quando il neonato nascendo morto per la putrefazione si svolgessero dei gas nei polmoni e questi alla prova idrosta- tica galleggiassero più o meno completamente come se aves- sero respirato. II0 Che potrebbe aversi F affondamento dei polmoni: A. Anco quando il neonato avesse dati segni di vita, di moto e di circolazione fuori dell'utero (apnea). — B. Anco quando il neonato avesse dati segni di vita fuori dell'utero, però condotta in più o meno gravi condizioni mor- bose esistenti nell' apparecchio pulmo cardiaco o nell' encefalo (asfissia). C. Anco quando avesse respirato e vagito fuori dell'utero, sebbene debolmente. — Legittima conclusione allora sarebbe la seguente: « Che se aria è entrata nei polmoni di un neonato non « si può affermare abbia avuto luogo la vita estrauterina e « se non si trovasse aria non si potrebbe affermare che il « neonato fosse nato morto ■>. Dalle quali importantissime avvertenze ne consegue che il perito in faccia alla Legge per affermare che un neonato ha vis- suto, non avendo né potendo; per ora; invocare altra prova più sicura che quella desunta dallo stato dei polmoni, avrà dovere — 305 — strettissimo di appurare con ogni sottile indagine il valore dei fenomeni ottenuti dal saggio polmonale resultante dei tre elementi Anatomico, Statico, Idrostatico ; confortati da qualunque altro sussidio diretto e indiretto che l'avanzamento delle scienze affini gli possa offrire perchè ogni più fondato giudizio emerga dall'esame del fatto in specie. Per cui riunendo tutto insieme concentrato quanto il perito ha fin qui analiticamente raccolto dall'esame del cadavere, re- lativamente a quanto concerne la prova di una esistita respira- zione desunta dal saggio dei polmoni, potrà con assai probabi- lità concludere che il neonato visse A., per Respirazione più o meno completa; quando: 1° i polmoni riempissero la capacità del torace fino a ricuoprire F area cardiaca: — 2° quando i polmoni mostrassero un colore roseo con su- perficie disegnata da innumerevole quantità di cellette aeree:—> 3° quando con lente d'ingrandimento si scorgessero dira- mazioni vascolari finissime percorrenti le pareti dalle cellule medesime: — 4° quando alla prova idròotatica soprannuotassero comple- tamente e così facessero se tagliati in frammenti : — 5° quando comprimendo ognuno di quei pezzetti sott'acqua lasciassero sgorgare bolle d'aria finissime, spumeggianti, com- miste a sangue e quando dopo tale maneggiamento ritornassero costantemente a galla. B. Sarebbe indizio che il neonato non respirò: quando: 1° i polmoni mostrassero il loro tessuto compatto: — 2° il loro colore simile a quello del fegato d'adulto: — 3° la loro superficie né ad occhio nudo né adoperando una lente d'ingrandimento, non mostrasse quelle cellulette distese d'aria: — 4° quando posti sull'acqua o intieri o ridotti in frammenti o insieme od isolatamente andassero in fondo del vaso: — 5° quando compressi sott'acqua tali pezzetti restassero al fondo e vi ricadessero pel proprio peso lasciati a loro stessi: — Filippi 20 — 306 — G. Sarebbe a dedursi esistere Putrefazione; 1° quando il tessuto si mostrasse in generale compatto: — 2° avesse colore di fegato : — 3° la superficie dei polmoni fosse cosparsa da bollicelle gassose oblunghe, alcune grosse quanto un grano di miglio irre- golare: — 4° fosse scomparsa la regolare disposizione od apparenza delle celluline aeree che formassero quell'elegante mosaico che si vede nei polmoni che hanno respirato sotto l'influenza della vita : — 5° quando immergendo tutti insieme i polmoni, il cuore, il timo ò soprannuotassero o debolmente andassero al fondo:— 6° quando ciascun polmone e ciascun pezzetto di polmone così si comportasse : — 7° quando compresso ogni pezzetto sotto acqua e ripetu- tamente dasse uscita a grosse bolle che appena giunte a livello dell'acqua subito e facilmente si rompessero, e dopo quel pezzo di parenchima andasse al fondo : — D. Sarebbe segno che nel neonato fosse stata praticata Insufflazione: 1° quando i polmoni fossero di colore roseo pallido in al- cun punto della loro superficie e specialmente all'apice del pol- mone destro ed all'orlo anteriore di esso: — 2° quando alcuni gruppi qua e là di vessicole fossero di- latate : — 3° quando esaminando con una lente la superficie di tali visceri si vedessero qua e là gruppi di cellule dilatate: — 4° quando per tale esame non apparissero quelle finissime ed elegantissime diramazioni vascolari inquadranti i contorni di ogni cel letta: — 5° quando finalmente comprimendo sott'acqua quei fram- menti non uscissero che a tempo a tempo gruppi di bollicine d'aria senza essere accompagnate da quel getto sanguigno spu- meggiante che si nota venire dal parenchima che già respirò. §. 154. Li'opera del perito forense alla tavola anatomica ha dei limiti imprescindibili oltre ai quali non v'è che la conoscenza completa della istruttoria del processo e del pubblico dibatti- mento che la possano completare. — 307 - Non si può pretendere che tutto sia preveduto nel momento stringentissimo (e malissimamente, anzi vergognosamente ricom- pensato) della necroscopia forense. L'enumerazione delle difficoltà da superarsi, soltanto per dare il giusto valore al resultato della prova idrostatica, sia argomento evidente della verità di quanto scrivo. Perciò dichiaro apertamente esser venuta l'ora nella quale ad ogni necroscopia giudiziaria in caso di infanticidio come per tutte le altre funzioni periziali (fatte pochissime eccezioni) il perito recusi addirittura di potere esprimere parere senza l'in- vito ufficiale di una relativa Relazione, la quale; sebbene pur questa sempre male ricompensata; almeno dà modo al perito di non esporre la propria reputazione a censure amarissime nel giorno serio del pubblico dibattimento. Se tutti i colleghi interpellati in proposito indistintamente, valutassero l'efficacia di questo giusto ed onesto consiglio ap- plicato alla grave responsabilità scientifica che uno s'addossa nel redigere un verbale d'autopsìa forense, e specialmente in caso d'infanticidio, si potrebbe troncare una buona volta le spu- dorate esigenze che un Codice inqualificabile di Procedura pe- nale vigente in Italia impone agli esercenti la libera medicina a danno del decoro professionale, della scienza e della giustizia. §. 155. Tutte le considerazioni contenute nei precedenti paragrafi debbono essere lavorìo intellettuale del perito mentre opera alla tavola anatomica, né io ho preteso di scrivere tutto quanto sarebbe a dirsi in proposito perchè sarebbe fuori dei limiti di questo lavoro il farlo. — Ora è necessità esplicare un'altro punto di pratica dipendente da una domanda che si potrebbe fare e cioè: dato che dopo tutte le avvertenze ac- cennate più sopra quando s'indicava il metodo di fare il sag- gio polmonale si restasse nel dubbio; ovvero quando il perito non potesse per singolari circostanze di mutilazione usufruire dei polmoni del neonato, non vi sarebbe altro modo di conva- lidare i resultati dubitativi della prova idrostatica onde sciogliere l'importante problema della avvenuta o non avvenuta respira- zione ? — §. 156. Una ricerca che potrebbe essere fatta in tali cir- costanze, sarebbe quella preconizzata dal Breslau di Zurigo fino - 308 — dal 1862, prendendo cognizione dello stato del contenuto dello Stomaco e delle Intestina. — Il Breslau, ed altri osservatori di- poi, lavorarono intorno al fatto del galleggiamento dello sto- maco del feto che fosse nato respirando, perchè dicevano essere utile a decifrare se vi fu respirazione tener conto di quelle con- dizioni speciali in cui trovasi la cavità dello stomaco nel nato morto a differenza di quanto si osserva nel neonato che avesse vissuta vita estrauterina. —■ Nel primo, si nota ritrovare una sostanza viscosa, jalina, non aereata; —mentre nel secondo; quando v'è stata piena respirazione; l'aria penetrerebbe nel tubo gastro enterico ed insieme alla saliva ed agli altri umori di degluti- zione provenienti dalla muccosa bronchiale, cambierebbe l'aspetto di quelle materie che di glutinose ed omogenee si renderebbero spumeggianti. — Non si può negare che in generale questa mo- dificazione avvenga nel neonato che ebbe per alcun tempo li- bera respirazione e per questa la deglutizione d'aria nello sto- maco e nelle intestina, tantoché nei casi nei quali si potesse eliminare o la presenza di aria insufflata o lo svolgimento di gas per putrefazione legando lo stomaco al cardias ed al piloro e ponendolo sulf acqna si vede galleggiare. Tal prova deve farla il perito subito dopo l'esame dei pol- moni, non sperando però di poter concludere pel resultato po- sitivo di questo esperimento che vi fu vita se gli fosse man- cata la prova del saggio idrostatico polmonale. — E ciò perchè, avendo portata la mia attenzione sopra un tal fatto fino dal 1873 quando faceva il corso pratico di medicina forense, non ho mai trovata costante corrispondenza fra la respirazione polmonale e l'aereamento della viscosità stomacale. — Ho verificato il più delle volte che nello stomaco dei nati morti ed a termine o quasi a termine, vi si trovava una sostanza jalina, colloide, di color bigio chiarissimo, non aereata; ma l'ho veduta poi anco non aereata in neonati che avevano respirato e non erano stati in verun modo nutriti. — Alcune altre volte poi ho verificato esistere aria nei polmoni e spuma nello stomaco ed avere il galleggiamento di questo viscere, ma in tali casi i neonati erano sti i nutriti ed io osservava cadaveri dalle 36 o 48 ore dalla morte con segui manifesti di colorazione cadaverica. — 309 - Ciò nonostante è logico ritenere che la presenza dell' aria commista alle materie di secrezione stomacale sia segno di de- glutizione in tempo di vita e potrebbe costituire segno conco- mitante di esistita vita quando andasse congiunto a tutti gli altri indizii ricavati dal saggio idrostatico dei polmoni. Quindi io consiglio il pratico a seguitare la necroscopia, al- lacciando lo stomaco al cardias ed al piloro; e dipoi staccatolo provarlo alla idrostatica e notare quello che avvenga eliminando però sempre che se si ottenesse il galleggiamento non potesse provenire anzi dal periodo di putrefazione alla quale con faci- lità va soggetto il viscere in esame. Dopo l'esame eseguito a stomaco chiuso dovrebbe succedere l'accurato esame della interna cavità aprendola con le regole generali e prender cognizione delle condizioni in cui si trovano le sostanze contenute relative all'aspetto, alla consistenza, alla quantità, al loro colorito, al loro maggiore o minore stato di aereazione. Ma di questo atto pratico di necrotomia ne dirò più avanti. §. 157. A completare la enumerazione di quei soccorsi che potrebbero concorrere a formulare un più sicuro giudizio dell' av- venuta respirazione di un neonato, mi resta avvertire il pratico di un mezzo applicato dal Wreden nel 1868 in un caso di so- spettato infanticidio in cui il cadavere era mancante degli or- gani toracici, saggiando le condizioni dell' orecchio medio del neonato. — Gli studii su questo punto di pratica medico forense sono stati caldissimi, né io voglio qui comporre un paragrafo di let- teratura medica da Fabbrico d'Acquapendente al Troltsch (1858), al Wreden (1868), al Wendt (1873), al Gellé (1876), alFOgstou, al Blumenstok al Moldenhauer, allo Schmaltz ec Tutto il succo sta in questo e cioè: 1° Che nel periodo della vita fetale l'orecchio medio, nella parte soprammastoidea e nel piano superiore della cassa del timpano è ripieno di una sostanza gelatinosa grigia, bluastra, trasparente, ed appare privo di aria. — 2° Che al momento della nascita per dato e fatto della respirazione e quindi per la penetrazione dell'aria nella tuba — 310 — Eustachiana, sparisce quella sostanza per riassorbimento o se- condo alcuni per trasformazione del tessuto gelatinoso in tessuto fibroso, che avviene nella cavità del timpano. — 3° Che tale modificazione si fa più sollecita (10-12 ore dalla nascita) quanto più libera ed energica è stata la respira- zione : più lenta se la respirazione si effettuò languida, incep- pata, quasi accadesse nell'orecchio medio quel che avviene nel polmone per F asfissia. — Vi sarebbe dunque un equo rapporto di energia o di lentezza fra la aspirazione auricolare e la polmonale. — Dalle quali premesse fisiologiche si sarebbe proposto che se fosse impossi- bile cogliere un resultato dall'esame dei polmoni, il perito nella osservazione dell'orecchio medio del neonato potrebbe trovare segno di una avvenuta respirazione ed insieme anco conoscere se avvenne più o meno pronta. Anzi si disse ancora a) che si sarebbe potuto conoscere dallo stato della cavità timpanica se il parto fosse stato rapido o lento: — b) se la morte del neonato fosse di data lontana o recente:'—e) se era avvenuta ai passaggio dalle parti ma- terne o dopo ; —■ inducendo tutto questo dalla vascolarizzazione esagerata o dall'aspetto emorragico o dalla liquefazione del con- tenuto gelatinoso , tutti caratteri questi indicatori dell' asfissia nel parto. —■ Si disse di più ; che quando la morte del feto ri- saliva ad una data più o meno lontana dalla espulsione, allora la sostanza gelatinosa era opalescente, solida, come pasta gom- mosa ; — la muccosa era pallida e tomentosa. — Si disse anco che se per una condizione morbosa intrauterina il circolo san- guigno utero placentale fosse stato turbato per compressione, annodamento , avvolgimento del funicolo ombellicale, allora il feto costretto ai moti inspiratorii, convulsivi, avrebbe aspirato o inglutito nel travaglio il liquido amniotico misto a meconio od a cellule epiteliali e queste come nei polmoni si sarebbero trovate nell'orecchio a testimoniare così il difficile parto.—.Si disse che se fosse stata insufflata aria nella bocca del neonato venuto alla luce in stato di morte apparente, allora nella cassa del timpano si sarebbe trovata aria commista a siero sangui- nolento. — Si disse anco che se il cranio era stato passivo di — 311 — traumatismo violento si poteva averne indizio dallo stato eda- matoso ed emorragico dell'orecchio medio. — E finalmente si disse che quella gelatina conservava i caratteri suoi proprii ri- conoscibili anco ad avanzata putrefazione e delle parti molli e delle parti dure del cranio.— In una parola si edificò una dot- trina del Saggio auricolare completa tanto quanto lo poteva essere quella del saggio polmonale, basandola sopra il seguente apotefma e cioè: che « constatare la disparizione dello stalo «fetale dell'orecchio medio del neonato ritrovandosi formata «la cavità timpanica ripiena d'aria, era constatare V avve- « nuta respirazione, dunque era assumere prova di vita ». — Ed in conseguenza di tale principio, memori forse della lotta scientifica alla quale fu sottoposta la stessa dottrina del saggio polmonale; si dieder cura di completarla fino alle promesse più sopra enumerate. — Ma di tutto ciò, dopo accurate e dottissi- me ricerche analitiche ed esperimentali, fra le quali importan- tissime quelle annunziate dal nostro Giovanardi e dalle ricerche veramente preziose e con grande chiarezza di metodo fatte dal Dott. Alessandro Cuzzi che sta componendo un pregevolissimo trattatino di Ostetricia legale (felicissimo pensiero) è rimasto ben poco in sodo di tutto quell'apparato scientifico: —perchè; re- stando sempre vere le osservazioni anatomiche relative allo stato fetale dell'orecchio; pure il tempo necessario alle modificazioni che F entrata dell' aria aspirata dovrebbe destare nella cassa del timpano è di gran lunga maggiore di quanto si credeva (24- 48 ore). Per cui la rapidità del fenomeno (che sarebbe stata preziosa condizione) è sparita; anzi sarebbe stato dimostrato che l'aria non entra mai nella cavità del timpano prima d'es- sere entrata nei polmoni. Poi perchè, in nati vivi e vissuti per diverso tempo, aria nel timpano può non trovarsi né ancora es- sere scomparsa la polpa gelatinosa eliminando pure l'otite ca- tarrale facile a verificarsi nei neonati, da far dubitare che vi fosse stato impedimento all' entrata dell' aria aspirata. In terzo luogo poi perchè, si è trovata quasi vuota la cavità timpanica nei feti nati morti, ed anco esistendo il tappo, può alcuna volta soltanto incompletamente riempire la cavità del timpano e an- dare disciogliendosi in modo; anco prima della putrefazione; da — 312 — far trovare un siero sanguinolento che facilmente si potrefà. In quarto luogo perchè, non è vero che F orecchio medio sia tanto tardivo a risentire gli effetti della putrefazione confrontando con quanto avviene nei polmoni, per cui si verifica pure là dentro svolgimento di gas che turbano la verità del fenomeno. — Per tutte queste ed altre gravi ragioni, alcune delle quali andava pur io formulando nel 1877 per renderle di pubblico diritto quando apparve il bellissimo lavoro del Prof. Giovanardi (Ved Spallanzani, T. 1°, 1877 e seg.) resulta come in pratica di tutto il patrimonio delle molto lusinghiere promesse del saggio au- ricolare molto ingigantito specialmente dal Gellé (Tribuna Me- dicai 1876), si possano utilizzare soltanto le due seguenti pro- posizioni e cioè: 1° che quando nella cavità timpanica di un neonato che sia morto da poco tempo dopo la nascita e senza putrefazione si ritrovi aria si può credere che egli abbia respirato riscon- trando a,ico nei polmoni i segni di una vita estrauterina. 2° che quando si fosse trovata soltanto la testa di un neonato e non vi fossero segni di putrefazione, se aria fosse nel timpano, potremmo credere che il feto abbia respirato; ma non trovandone e non avendo i polmoni da esaminare; non si può concludere che quel neonato sia nato morto perchè l'aria nel timpano entra dopo che nei polmoni od almeno paò entrare nei polmoni e non nell'orecchio medio. — Per ora non mi credo di essere autorizzato a dire altro su tal punto di pratica. §. 158. Ma dovrà il perito cadere forse nella esagerazione di omettere la ricerca delle condizioni nelle quali può trovarsi l'orecchio medio del neonato? — Tutt'altro ! — Anzi non po- tendosi concludere che quell'esame sia del tutto inutile e po- tendo riuscire a dare un criterio confortante il fatto principale dell'avvenuta respirazione polmonale, così ora passerò ad indi- care il modo pratico da seguirsi in proposito. Un tal momento di necroscopia giudiziaria è delicatissimo e vuole particolare attenzione. A. Al periodo nel quale ho condotta la guida neorotomica, il necroscopo si trova già sott'occhio il cadaverino con la cal- lotta craniense levata e vuotata la cavità stessa del cranio dal — 313 — cervello e per di più segata in due parti la base del cranio sulla linea mediana (V. §. 141).— Ora per bene eseguire la prova idrostatica relativa al saggio auricolare, dovrà rasare tutte le parti molli che cuoprono le regioni auricolo temporali del cada- vere, compresi (ben s'intende) i due padiglioni dell'orecchio.— Così, vien posto a nudo tutto il contorno dell'orecchio interno ed il fondo del condotto auditivo ove non difficilmente gli ap- parirà una membranella facile a distaccarsi, modellata quasi perfettamente sulla faccia esterna iella membrana del timpano. 0 almeno se non vi sarà questo deposito mucco epiteliale così laminato, si suole trovare un'ammasso di sostanza giallognola, untuosa, bianco giallastra facilmente distaccabile dalla membrana stessa del timpano. B. Così preparate le parti, si immergerà sott'acqua in un catino piuttosto fondo e pulitissimo, la testa ed il collo del neonato ponendo in vista ora la regione temporale destra e dopo quella sinistra. — Lasciato un momento tranquillare ogni cosa, onde non avvengano gurguglii d'aria per altra ragione, si guarderà bene a traverso la superficie dell' acqua la membrana del tim- pano e con un'ago acuto o con una punta di forbice si perfo- rerà. Sarà allora facile vedere se dal fondo dell'orecchio interno esca nulla, o escano bolle d'aria in numero di due o tre, o sole o insieme accompagnate da un umore siero sanguinolento os- sivvero anco non esca che sola sierosità sanguigna. C. Avuti tali resultati, il perito tolto il preparato di sot- t'acqua (o se gli piace anco tenendolo sott'acqua) con un sottile specillo penetrerà entro le tube Eustachiane, trovandone facil- mente il padiglione nella sezione interna faringea. — Le tube Eustachiane nel feto a termine hanno raggiunto il loro completo sviluppo e immettono nella cavità del timpano la quale è così in libera comunicazione con le fosse nasali e con la faringe. — 11 perito per la sondatura che riesce, in tali con- dizioni di preparato anatomico, facilissima, si porrà in grado di avere esatta cognizione dello stato di tali condotti e conoscere se fossero o no otturati, se ben formati o fossero sede di qual- che morbosa alterazione. D. Dopo tali delicati riscontri è necessario procedere al- — 314 — l'esame diretto dell'orecchio medio. Per giungere a questo punto, il perito staccherà con esattezza la dura madre che cuopre inter- namente la fossa media del cranio dall'una parte e dall'altra e così posto a nudo il processo della ròcca potrà con scalpello aprire la cavità superiore della cavità del timpano, rompendo la sottile lamina ossea che la forma ed osservare in posizione gli ossicini dei timpano, la cavità premastoidea, la parete in- terna della membrana e l'orificio timpanico della tuba. — Ad oc- chio armato di lente vedrà se la membrana è iperemizzata e se esiste la sostanza molle gelatinosa la quale per lo più si trova fra gli spazii interossei delle due branche dell'incudine e il mar- tello. E. Preparato tutto quanto occorre a fare una esatta os- servazione microscopica con una pipetta, o con una spato- lina di penna d'oca, cercherà di togliere la materia contenuta nella cavità del timpano, e convenientemente postala sulla lastra porta oggetti, registrerà i dati di tali osservazioni. A comodo del pratico ricorderò qui le più consuete resul- tanze di tali esami e cioè: 1° Ad occhio nudo si mostra una polpa molle, talvolta grigia, talvolta sanguigna, semitrasparente, e assai appiccicosa in modo che aderisce con tenacità alla, lastra di cristallo porta oggetti. — Qualche volta pende ad un colore gialliccio, ma in tal caso è a sospettarsi subito che contenga del mucco pus per il catarro prodotto dall' otite interna facile a verificarsi nel neonato. 2° Trattandola con acqua pura non si ha maggiore o fa- cile diluzione, piuttosto si può ottenere migliore distribuzione della materia, adoperando glicerina freschissima. — Con l'acido acetico non dà precipitato. 3° All'esame microscopico appare una sostanza fondamen- tale amorfa, in mezzo alla quale si vedono alcune esilissime di- ramazioni vascolari e globuli sanguigni liberi. Si vedono cel- lule fusiformi nucleate di varia lunghezza. Alcune volte è dato vedere qualcuna cellula stellala con prolungamenti filiformi che accennerebbero ad anastomosi con altro simile elemento come nel connettivo embrionario: però questo resultato non mi è stato — 315 - chiaro e costante, si vedono ancora e in più abbondanza cellule rotonde con protoplasma granuloso e in gran parte non nucle- ate: si scorgono ancora goccioline adipose che pel reattivo jo- dato del Ranvier, prendono un colore bruno avana. — Si possono trovare poi elementi colorati in giallo e verde per la presenza del meconio e di cellule epiteliali provenienti dall' entrata del liquido amniotico da non confondersi con le cellule epiteliali pro- venienti dalla cavità bucco faringea e dal rivestimento delle tube Eustachiane. — Quanto al ritrovamento del sedimento am- niotico nella cavità timpanica è sempre maggiore se vi furono sofferenze intrauterine nel feto. §. 159. Da tutto quanto fin qui si è studiato intorno ai mezzi di ajutarsi a riconoscere se il neonato in esame abbia respirato, mi sembra potersene concludere come il saggio pol- monale con ogni completezza condotto e nella prova idrostatica e nelle ricerche anatomo patologiche, sia sempre il principale e più fedele metodo che può in alcune circostanze favorevoli avere ajuto o conferma e dal saggio dell'aereazione stomaco intestinale e dal saggio dell'aereazione della cavità timpanica. Ora riprendiamo la via della sezione cadaverica, onde com- pletare il verbale d'autopsia. §. 160. Sistemato questo punto vitale della necroscopia, il perito deve seguitare l'esame del cadavere completando pri- ma quanto è necessario osservare relativamente alle condizioni anatomo patologiche del Cuore e delle sue dipendenze vascolari. — Più sopra è stato indicato quali e quante erano le necessarie avvertenze che il necroscopo doveva porre in pratica nel considerare lo stato del cuore in quanto poteva dipendere dall' essersi fer- mato in sistole o in diastole, condizioni importantissime per avvalorare od eliminare il concetto di una morte per asfis- sia anziché per sincope. — Poi abbiamo indicato che il ne- croscopo deve aprire jn posto il cuore nelle cavità ventrico- lari onde verificare con maggior precisione la quantità di san- gue contenuto nelle cavità medesime. Ora è necessario che il perito riprenda più particolarmente in esame quell'organo onde completare ed una osservazione fisiologica ed anco verificarne alcune patologiche che potrebbero per avventura esistere. — 316 — È noto come dallo stato del cuore e delle sue vascolari de- pendenze un giorno dal Bernt, nel 1824, si volesse dedurre quanto tempo di vita estrauterina avesse goduto il neonato, pre- supponendo come costanti e regolari quei cambiamenti vascolari che intervengono nella effettuazione della libera respirazione estra- uterina. Così mentre nella vita fetale il sangue passa pel canale ar- terioso dalla arteria polmonale nell'aorta e dall'orecchietta destra nella sinistra pel foro del Botallo, avviene che appena iniziata la circolazione cardio pulmonare, quelle vie temporanee si obliterino a poco a poco e sparisca il canale arterioso e si chiuda il foro del Botallo. Però una tale modificazione non è istantanea e può impiegare a rendersi perfetta dai dieci ai quindici giorni e qual- che volta anco tali comunicazioni possono restare fino ad una etu adulta. In conseguenza del quale fatto non regge la dottrina della prova di una goduta vita estrauterina desunta dalle con- dizioni anatomiche del cuore e delle vie circolatorie temporanea- mente attive durante la vita fetale e resta viepiù salda la dot- trina del saggio idrostatico. Nonostante ciò, il perito onde esser preciso , può nell' esaminare il cuore prendere anco cognizione dello stato di queste parti se non altro per assicurarsi ancora delle condizioni normali della intera struttura dell'organo prin- cipale della circolazione sanguigna. Dopo però, come cosa di maggior rilievo nell'argomento dell'infanticidio, porrà attenzione se nel cuore esistano segni di lesioni violente, quali possono essere specialmente punture pro- dotte da istrumenti fini penetrati fin là, ecchimosi per contu- sioni ec.....od effetti morbosi di precedenti malattie quali le pericarditi, le miositi, le endocarditi, le pericarditi ec Richiamo brevemente l'attenzione del pratico sopra l'esame del cuore e di tutte le dependenze vascolari non già col propo- nimento di svolgere, come se lo meriterebbe, un tal punto, ma solo per esigenza di metodo onde non avvengano lacune nel verbale §. 161. Addome. Stomaco. A seconda di quanto s'è indicato più sopra parlando di alcuni criterii adiuvanti il fondamentale quesito se un neonato avesse vissuto fuori dell'utero, ho consigliato di saggiare alla prova idrostatica anco lo stomaco. Per modochè, — 317 — questo viscere, potrebbe già essere stato tolto previa legatura alle due aperture cardiache e pilorica. Comunque il perito, seguendo il metodo generale, deve pren- dere atto dello stato in cui gli si presenta questo viscere e dopo, procedere allo esame delle pareti, della muccosa, e racco- gliere tutto quanto può offrirglisi di importante nello stato della secrezione o dei liquidi che in esso potrebbe trovare raccolti. È chiaro come oltre alle modificazioni già accennate e pro- venienti dalla miscela dell' aria con la sostanza glutinosa jalina contenuta nello stomaco del neonato, ed oltre anco alla qualità dei liquidi che potrebbero in qualche raro caso indiziare un principio di nutrimento, le cose più importanti da tenersi d'oc- chiò saranno le modificazioni morbose che sullo stomaco potreb- bero provenire da ragione violenta, come sarebbe la propinazione di veleno sia arsenico, fosforo, mercurio, acido prussico o pre- parazioni relative o propinazione di sostanze acide corrosive più o meno dilute. — Cosi sarà da tenersi in conto anco se potendo essere avvenuta 1' uccisione del neonato in tempo di vita per immersione in qualche liquido speciale, lo inglutimento ne avesse portata porzione nelle vie digestive. §. 162. Intestina. L'esame anatomo patologico di questa parte dell' apparecchio digestivo, susseguirà a quello dello sto- maco ed a vicenda si completeranno. Non ripeterò le cose ge- nerali a seguirsi nel metodo di aprire queste viscere e neppure mi fermerò sulle più probabili alterazioni che a seconda della causa di morte possono verificarsi in esse. — Ricorderò un reperto che potrebbe esser collegato con una causa di morte la quale pure interviene nella storia dello infanticidio, cioè la morte per inedia, per inanizione. Nel 11° Volume della Tanato- logìa a pag. 237, §. 145 e seguenti, già registrai cognizioni utili alla pratica medico forense intorno a tale argomento. — Qui per maggiore specificazione relativa alle questioni dell'infanticidio, dirò come in generale sia raro che possa sorgere una tèsi di simil natura; perchè menire per dato e fatto dell'abbandono e della mancanza di cure inverso un'organismo umano in età molto più avanzata di quello non siano i pochi momenti di vita estra- uterina di un neonato, gli effetti dannosi di quel modo delittuoso — 318 — sieno o possano diventare assai sensibili, pure nel neonato la privazione di cure o di alimenti non lede così da vicino la esi- stenza quanto nell'infante, nel giovane e nell'adulto. — Forse non vi è proporzionato deperdimento di forze per la lotta col mondo esterno e quindi non ingente il bisogno di ripararvi, forse anco in quel momento F organismo trova in se stesso elementi di autoconservazione:—'fatto si è che anco per otto giorni circa, può resistere un neonato alla vita senza nutrimento alcuno.'—'Non è il momento di discutere se una morte cercata per modo sì lento, debba o possa meritari la qualifica di infanticidio — io non ho ragioni di negarlo secondo la mia opinione. — Comunque nulla v'ha in contrario ad ammettere una simile possibilità ed ecco la ragione del perchè nel cadavere di un neonato per tal modo mancato alla vita, il reperto anatomico dell' « assottiglia- mento delle anse intestinali », potrebbe avere la sua impor- tanza. — È vero che a tal reperto dovrebbe far corredo il di- magrimento esterno , la diminuzione del peso, stabilita con la bilancia, la deficienza delle glebe grassose intracellulari, l'appiat- timento del torace, l'accavallamento delle ossa craniensi, il con- gestionamento sanguigno delle meningi e del cervello ed alcune volte cangrene periferiche ec. Ma comunque sia, il reperto del- l'atrofia delle parti costituenti il tubo gastro enterico può aver sempre il suo molto valore. Il perito nell' esame di questi visceri deve poi guardare alla possibilità delle lesioni traumatiche sia per schiacchiamento, sia per ferimento e questo ultimo specialmente nelle ultime porzioni dell'intestino crasso. Non parlo dei segni di azione venefica caustica per acidi minerali più o meno diluti, come per altre sostanze venefiche che in diluzione per la via del retto possono essere iniettate in tempo di vita e per assorbimento uccidere. Raccomando al perito di stare in guardia sopra di un fatto che io ho verificato più volte e cioè: che aprendo il tubo en- terico nei neonati, è facile osservare un processo di disquamma- zione epiteliale che senza esserne avvertiti, si potrebbe a prima giunta sospettare causato da sostanze acri irritanti ; tantopiù poi perchè vi si unisce un grado di enterite follicolosa con pie- — 319 — cole ecchimosi sottomuccose.— Ma avvertiti di ciò, eliminando altri segni, è facile cansare F errore. — §. 163. Fegato. Per tutto quanto è regola di osservazione macroscopica e di pratica necrotomica, il perito segua la guida da me indicata a pag. Ili del V, II0 Tanatologìa. — Non ho nulla da variare: — soltanto nella specialità delle ricerche da farsi in cadavere di neonato sul quale si sospetti consumato un' in- fanticidio, maggiore attenzione sarà posta nel verificare se esi- stessero segni di azioni violente che avessero potuto ledere il viscere, sia con istrumenti pungenti o taglienti, ma più parti- colarmente con atti di compressione praticata a traverso le pa- reti addominali per stiacciamento o per precipitazione dall'alto del piccolo corpo fetale. Allora le rotture, lo spappolamento del viscere e l'emorragia per tali violenze determinata, sarebbero preziosi segni a intendere l'accaduto. Si ricordi il perito come l'assenza di segni violenti alla superfìcie cutanea dell'addome non è argomento capace a negare la possibilità della violenza, anzi nella storia degli infanticidii i fatti nei quali si è ucciso schiacciando il neonato fra morbide materasse o guanciali, non sono rari e bene spesso sono i casi nei quali si invoca il pos- sibile evento che involontariamente la madre con il corpo suo nell' abbandono delle forze e nello smarrimento dei sensi abbia compresso il tenero corpicino e senza accorgersene abbia ucciso il figlio. Per quel medesimo principio di giustizia e di onestà scien- tifica, non tralasci il perito di assumere tutte le altre altera- zioni morbose che possibiimente può presentare il fegato di un neonato in forza della influenza dei morbi che nella vita intra- uterina lo incolgono onde intendere meglio se realmente la esi- stenza del bambino era già fino dai primordii compromessa, ovvero fu per totale violenza troncata. Massimamente frequenti sarebbero le lesioni caratteristiche dipendenti da morbo sifilitico le quali esistendo nel fegato, potrebbero avviare a ricerche molto importanti e chiarire una causa di morbo che potrebbe anco uccidere prima o poco prima il feto nascituro. Di un reperto possibile nel fegato di un neonato voglio ri- cordare al perito, quello cioè della decolorazione o pallore di — 320 — tale viscere abitualmente sì colorito in cupo sanguigno per quella abbondevolezza di sangue che per ragioni fisiologiche a tutti note, compete a questa così importante gianduia. — È omai ab- bondevolmente saputo come o perchè dolosamente non si sia voluto applicare la legatura sul cordone o perchè accidental- mente la legatura applicata non fosse stata a regola d'arte con- dotta, fatto è che può avvenire una emorragìa che può anco divenir mortale. E specialmente (si noti bene) per il getto delle arterie ombilicali dalle quali il sangue ha disposizioni ad uscire meglio che dalla vena ombellicale, destando una emorragia che si fa risentire subito e potentemente sul fegato, come quel viscere che in maggiori rapporti di circolo epatico si trova. Concedendo pure che questo modo di morte possa essere raro, sia perchè la emorragìa può trovare in se stessa un correttivo, sia perchè prima che la vita sia spenta per la perdita del san- gue intervenne causa letifera più pronta e celere, pure il pallore del fegato e la vuotezza di sangue nei sistemi vascolari che gli appartengono è un reperto molto importante e capace a dar luce al perito medesimo sulla causa di morte. Sarà bene che il perito precisi sempre il peso del fegato del neonato. Milza. Il necroscopo seguirà per questo viscere il metodo generale, e raccoglierà tutto quanto verrà offerto alla precisa osservazione di una tale parte organica; sul conto della quale per quanto abbia cercato di studiare nei cadaveri dei neonati, non ho per ora da notare particolari osservazioni. Per questo viscere però militano le stesse osservazioni che per il fegato quanto ai traumatismi e vi aggiungerò la cognizione di un caso in cui essendo precipitata la madre, nel feto avvenne la rot- tura della milza. §. 164. Reni — Ureteri e Vessica. È inutile ricordare il metodo da adoperarsi a ben togliere ed esaminare i reni, gli ureteri e la vessica. Con maggiore utilità ricorderò piuttosto un punto importante relativo alla osservazione anatomo patologica dei Reni del neo- naio ed è che una delle più celebri autorità scientifiche, il Vir- chow, pensò come la esistenza in essi degli infarti urici fosse — 321 — prova sicura della goduta vita estrauterina prolungata per al- meno due giorni e quindi della attivata respirazione. Questa opi- nione però fu nel 1876 messa in dubbio dal Budin, il quale in un feto estratto morto dai genitali materni per mezzo del for- cipe, trovò infarti urici nei reni. Per quanto io abbia posto oc- chio f. questo reperto posso dichiarare che qualche volta, non sempre, ho verificati gli infarti urici nei reni di neonati che vissero due, tre, quattro giorni e morirono poi per morbi di- versi.—'Quasi quasi inchinerei a sospettare che la presenza di queste formazioni saline potesse indicare alla influenza di qualche avvenimento morboso nell' organismo fetale anziché a necessità fisiologica e costante. Nei cadaveri dei feti nati morti o per parto naturale o manuale, io non ho avuta la occasione di veri- ficarli, almeno per ora. L'applicazione di questa riflessione al- l'argomento dell'infanticidio sarebbe dunqne quella di cansare una induzione che potrebbe essere erronea quando si volesse concludere alla esistita vita estrauterina per la presenza di quei cristalli uro magnesiaci nei reni del neonato. Quanto alle altre necessarie osservazioni necroscopiche, il perito esaminerà se vi sieno segni di ferite, di contusioni, di rotture con emorragìe ec, nonché all' esistenza di morbi che potessero avere avuta influenza sulla morte del neonato ec. §. 165. Così il perito può giungere a completare un ver- bale di autopsia medico forense su di un neonato sospetto vit- tima di infanticidio. — Ma io ho fatta la supposizione che il cadavere fosse intiero, ora resta a indicare qualche ajuto nel caso che il cadavere fosse mutilato. In argomento così difficile si troverà guida negli studii fatti in Tanatologia e sebbene casi consimili sieno (e speriamo per sempre) rari, pure a decifrarli nei limiti di una probabilità, non possono essere di sicuro appoggio che i principii della scienza medico legale bene applicata al caso in termini. In generale la mutilazione del neonato avviene dopo la di lui morte per altra causa e la mutilazione vien fatta per faci- litarne la dispersione, però si citano casi di mutilazioni e feri- menti profondissimi squamanti le membra anco durante la vita. — Coito ò che il quesito primo a risolvere in tali casi si è Fit'ppi 21 — 322 — quello di stabilire se lo squartamento o la mutilazione sia av- venuta in tempo di vita o di morte. Senza negare che la so- luzione di tale problema possa essere possibile , date però al- cune circostanze favorevoli ; non è men vero che il più delle volte possa riuscire difficile e massime nelle piccole parti di un neonato in cm le carni muscolari poco sviluppate, la energia della vita non anco spiegata, tutti quei segni che si possono avere in corpo di adulto robusto e ben formato vanno mancando. Ma poi non si dimentichi il perito che quella domanda nella sua risoluzione conduce sempre al dubbio che sebbene qualche carattere desunto dalla ferita o dalla superficie di taglio accen- nasse a reazione di vita, pur nonostante i medesimi caratteri si possono avere ancora quando da poco fosse spenta la vita medesima, né io saprei in questo bivio tremendo per qual via risolvermi. Ora nella tèsi' di infanticidio tutto si renderebbe estremamente difficile quando la strage fosse pure avvenuta in quell' istante in cui appena uscito alla luce il neonato senza che la completezza della vita estrauterina fosse acquistata, pure una vita esistesse e intanto il ferro squarciasse e mutilasse quelle tenere membra. Nella mia pratica ho veduti due casi, non sono molti anni, in uno dei quali era stata avulsa la testa, nell'altro mancavano ambedue le braccia mutilate in alto nella massa del- toidea. Dico francamente, non ebbi coraggio a decidere un mio giudizio, sebbene nel caso in cui mancavano le due braccia e per la retrazione dei muscoli, e per lo stato dei vasi e dei nervi nella superfìcie di sezione, mi facesse inchinare a riconoscervi con probabilità dei fenomeni vitali. L'esame dei polmoni e il saggio idrostatico in questi due casi aveva dimostrato che vi era stata respirazione estrauterina. Sarebbe follia pretendere di prevedere tutte le possibili mo- dalità di una mutilazione sia fatta in corpo di neonato vivente sotto l'impeto d'una passione, sia in corpo di neonato morto sotto il freddo calcolo di disperderne le parti. Però è forza indicare gli efficaci principii a mettersi in atto per sciogliere i diversi quesiti, enunciando brevemente ciò che deve fare il perito in simili circostanze. Siccome la domanda fondamentale, la prima che un magi- — 323 — strato deve porre al perito in simili evenienze non può essere che questa e cioè: « se quella mutilazione avvenne a corpo vivente od a corpo fatto cadavere » è evidente come il perito debba 1° descrivere con ogni esattezza anatomica i pezzi presen- tatigli : 2° prenderne esatta misura, peso e con minutezza esami- narne lo stato : 3° con particolare circospezione descrivere le condizioni delle superflci di taglio, seguendo a puntino quanto ho dettato nel II0 Volume — Tanatologìa pag. 39, §. 31 e seguenti. La seconda domanda verterà sulla necessità di decidere « se quei pezzi appartengano ad un neonato ». — E qui a seconda delle diverse regioni anatomiche presentate dalle parti mutilate, il perito raccoglierà quei fatti che già indicai allorquando mi occupava delio esame esterno del cadavere e che più amplia- mento verranno decifrati più avanti nel quesito relativo a riconoscere se sia realmente di neonato il cadavere reperito. Tali segni saranno raccolti dall'esame della superficie ester- na , e dovranno e potranno essere più particolarmente con- fortati anco dallo esame di alcuni visceri ed organi che per av- ventura potessero trovarsi intatti nella parte del cadavere in esame ; e finalmente potrebbesi anco domandare se fosse pos- sibile indicare se a maturità o no fosse giunto quel neonato, e ciò sarebbe deducibile dalle misure della parte scheletrica pren- dendo in considerazione lo stato dello sviluppo di ossificazione. È omai consegnato alla scienza per lunghe osservazioni ana- tomiche fatte nel campo della embriogenià, come all'epoca della nascita in feto maturo il cranio presenti sei fontanelle, la su- periore e anteriore losangica : la posteriore e superiore, trian- golare: le due laterali anteriori e pari: le due laterali poste- riori, pari ed irregolari*. — E quanto a dimensioni; prese con una valutazione in media; si abbia pel diametro antero posteriore; misurando dalla radice del naso alla protuberanza occipitale esterna ; — Centimetri 11 a 12. — Pel diametro trasversale o biparietale ; misurando da una bozza parietale all' altra ; cen- timetri 9. — Pel diametro verticale, misurando dal vertice al — 324 — foro occipitale, centimetri 9 ai 10. — Pel diametro obliquo od occipito mentoniero; misurando dalla estremità del mento alla piccola fontanella occipitale ; centimetri 13 a 13 l/2. — La cir- conferenza della testa segni 38 a 40 centimetri. Quanto alla co- lonna vertebrale all'epoca della nascita, si mostri quasi rettilinea, vi si osservi la ossificazione del corpo delle vertebre, e degli archi, esistendo ancora allo stato cartilagineo la lamina fra il corpo e gli archi e l'apofisi spinosa. In particolare poi nell'Atlante non ancora si vede il punto di ossificazione complementare per l'arco anteriore. — NelF2?pi- strofeo i due archi, il corpo e l'apofisi odontoide, sono divisi per tessuto cartilaginoso. — Il Sacro appare diviso in cinque ver- tebre ognuna delle quali ha il punto primitivo di ossificazione. Il Coccige si mostra formato da cinque pezzi cartilaginei meno il primo, partendo dal sacro che mostra il primitivo punto. Nella Faccia alla nascita, il Mascellare superiore si presenta ossificato interamente. — Nella volta palatina si vede una piccola fessura resultante dalla non completa unione dell'osso interma- scellare o incisivo. —- Anco F unguis e le ossa nasali Y arco zigomatico sono ossificati. La mascella inferiore è divisa nelle due porzioni laterali sulla sinfisi. Il Torace mostra le coste ossificate meno che nelle estre- mità anteriori che permangono assai lungamente cartilaginee. — Come pure rimangono cartilaginei la tuberosità e la testa delle costole. Le sterno mostra sei parti. — Il primo pezzo ( manubrio ) mostra il punto di ossificazione e così gli altri, ma gradatamente più piccoli, meno l'ultimo che serba la sua natura cartilaginea fino al 10° mese dopo la nascita. E importante ricordare che se si esamina una sezione tra- sversa del tronco, il Torace di un neonato presenta una forma quadrangolare. —■ Gli Arti superiori nella Clavicola offrono una completa os- sificazione.— La scapola si mostra ossificata nella spina, man- tenendosi cartilaginea l'apofisi coracoide, Yacromion, l'angolo inferiore e in parte la cavità glenoidea. L'Omero alla nascita, mostra ossificato il corpo — ma le due — 325 — estremità sono ancora cartilaginee. — L'ulna ancora ha il corpo ossificato e le estremità cartilaginee. — 11 Radio idem. Le ossa del carpo alla nascita sono cartilaginee ; mentre le ossa del metacarpo hanno il loro corpo ossificato e le re- spettive estremità cartilaginee. — Le Falangi mostrano ossi- ficazione dal corpo alle estremità inferiori, ma la prima loro porzione superiore è cartilaginea. Arti inferiori — Bacino. — L'ossa del bacino all'epoca della nascita sono distinte nelle loro tre parti, ischio, pube ed ileo per intermezzi cartilaginei. Il Femore si mostra ossificato nella diafisi, nell' estremità superiore è cartilagineo, nell' estremità inferiore mostra un nu- cleo di ossificazione. La rotula alla nascita è cartilaginea. La Tibia nella diafisi è ossificata, nelle estremità è carti- ginea. •— In qualche scheletro ho veduta ossificata alla nascita l'estremità superiore della tibia. 11 Perone anch' esso è ossificato nella diafisi, cartilagineo all'estremità. Il Tarso mostra il calcagno e F astragalo ossificati. — Il resto cartilagineo. — Nel metatarso si vedono le parti ossificate nel corpo o diafisi, nell'estremità anteriori cartilaginee. Le Falangi si mostrano ossificate nei corpi, cartilaginose nelle estremità posteriori. Ioide. Può mostrare alla nascita un punto di ossificazione sulle grandi corna. Questi accenni principali e più importanti gli ho desunti stu- diando una ricca e pregevolissima raccolta di scheletri di feti e neonati preparati da un'abilissimo preparatore della Scuola nostra, scheletri che sono serbati nel Museo Fisiologico e me- ritevoli di menzione. —Io non ho voluto esser troppo minuzioso perchè sono studii e ricerche per le quali bisogna o aver la pa- zienza di recarsi nei grandi centri d'istruzione e là studiar sul vero il quesito, o meglio aver da se un corredo di preparati ana- tomici o di studii già fatti per adoperarli alla occorrenza. Ora a completare V argomento mi converrebbe di decifrare alcune misure delle diverse parti scheletriche nel momento della na- — 326 scita di neonato maturo e ben conformato. Già quelle della te- sta le ho accennate, ed ora potrei aggiungere come la Clavicola misuri in media i 6 centimetri di lunghezza, F Omero 8 centi- metri, il Radio i 6 */„ YUlna i 7 %; il Carpo 1 centimetro e 3 millim., le ossa del Metacarpo da 1 centimetro a 1 e 3 millim., le dita da 2 a 3 */8 cent., il Femore 8 centimetri e 3 miFL"; la Tibia 6 centimetri e 8 mill.", la Fibula 7 centime- tri, il Calcagno 1 centimetro e 8 mill. in altezza, il Tarso in lunghezza 1 centimetro e 3 mill.", il Metatarso 1 centimetro e 2 mill." e le dita da 1 centimetro a 1 %, F Ileo in altezza 3 centimetri %; F Ischio 1 centimetro e mill. 8, il Pube 1 cen- timetro e 8 millim., la Scapola in altezza 5 centimetri, il pro- cesso spinoso della Scapola 4 cent, e 3 mill., la Colonna ver- tebrale 16 cent. % in lunghezza. — La grossezza della diafisi omerale 5 mill., quella del Femore 7 e così via dicendo. — Ma sebbene io abbia tirate fuori queste cifre da me stesso avve- rate sopra molti scheletrini eccellentemente preparati, io stesso non potrei consigliare che si dasse loro un valore assoluto a tali misure, perchè tutto può cambiare e credo, secondo un mio fermo e generale principio, che questi imbrigliamenti di misure, di cifre, di pesi ec, sieno tali da doversene fare uso con senno per modochè fondare la soluzione di un quesito medico forense sopra tali indizii ritengo sarebbe erronea e pericolosa cosa Comunque si voglia pensare, il costrutto è questo e cioè; che al perito presentandosegli un pezzo mutilato di neonato per decidere se quello realmente era un corpo di neonato, deve con ogni accuratezza descrivere quanto vede e mettere in rilievo anco le condizioni della ossificazione per tentare con le cogni- zioni anatomiche più accertate nella scienza, di approssimarsi al vero, senza però pretendere di enunciare un giudizio positivo. — Sono troppe (e più si studia più si avvertono) le oscillazioni sensibili nel procedimento della osteogenesi per assicurare su di esse soltanto se un frammento di cadavere sia realmente ap- partenuto a neonato. — Pur nonostante in casi tanto rari e dif- ficili il meglio che possa consigliarsi a fare; se non erro; è quanto ho più sopra accennato alla necroscopia condotta con regola e facendo tesoro di tutto quanto può dettare la Tanatologia me- — 327 — dico forense. — Essendo questi casi di tale indole e difficoltà da volervi tempo a risolverli io indico come possano essere di ajuto i lavori del Letorneau (Tesi di Parigi 1858, n.° 35) — dell'Olivier (d'Angers)—(Annali Ig. e Med. legale 1842, To- mo XXVII): un bellissimo studio nel Libro V, opera di Med. leg. del Prof. G. Lazzaretti, 3a ediz. 1878. §. 166. Ora venendo a specificare qualcosa di pratico, mi sembra che data una parte qualunque del cadavere, il perito riassumendo le cognizioni avanzate nei precedenti paragrafi po- trà trovare una guida alla soluzione di questo importante que- sito. — Così ad esempio, trovando la sola testa più o meno in- tatta, cominciando dalla descrizione del capillizio, mano mano procedendo alle ossa, prendendo le misure- suaccennate, esami- nando il periodo di ossificazione, le condizioni del cervello se ancora fosse in stato di freschezza ec ec, potrebbe pure spe- rare di avvicinarsi alla possibilità di sciogliere una parte del quesito e secondo poi gli studii moderni se fosse domandato se vi fosse stata vita estrauterina per F esame dall' orec- chio interno, potrebbe tentare anco la prova sussidiaria della respirazione, conducendosi con quelle precauzinni che io già ho dichiarato al §. 167. Così trovando il Torace con i pol- moni più facile ancora potrà sciogliere insieme il quesito della esistita vita per mezzo della prova idrostatica ec Insomma acuendo F intelletto e traendo profìtto di ogni pezzo , di ogni circostanza, di ogni accidentalità, non sarà del tutto disperata cosa poter sciogliere, se non tutti, alcuni almeno dei principali quesiti che potranno essergli offerti dall' autorità giudiziaria. Potrebbe anco darsi che oltre a frammenti di parti organiche venissero consegnati alcuni visceri o della cavità craniense, o della toracica o della addominale, e nulla v'ha in contrario ad ammettere possibile che da essi pure qualche segno fosse da trarsi fuori e sciogliere alcuni quesiti e cioè « se quelle parti « appartenessero ad un neonato »; — se « quelle mutilazioni fu- « rouo fatte in tempo di vita o di morte »; — « da quanto tempo « si può credere fosse morto quel neonato » ; — « quale fosse « la causa della di lui morte » e via così tutta quella serie di quesiti che sul tema dell'infanticidio soglionsi avanzare. Nella — 328 — tèsi del Letorneau, anzi; a riguardo dei visceri reperiti e da sospettarsi appartenenti a neonato; v'è perfino una tavola nella quale sarebbe segnato il peso medio dei principali visceri d'un neonato a termine di sviluppo. Però ognuno intende quanta cir- cospezione vi voglia a adoperare tali cifre, specialmente poi nei casi nei quali le parti (com'è più spesso) hanno risentito fasi di putrefazione. Di una cosa sola avverto il perito su tale argomento, e cioè: di non esagerare nell' animo suo F importanza di alcuni fatti, perchè mentre l'esperienza della vita conduce a concludere che l'uomo può farsi autore di qualunque più atroce delitto, pure in fatto di infanticidio che si potesse sospettare consumato per mutilazione, come anco per altri modi, è necessario tener pre- sente alla mente che molta povera gente onestissima, forse ignara delle leggi e dei regolamenti polizieschi, perseguitata dalle vessazioni eccessive delle autorità Municipali che impongono tasse e balzelli gravosi anco sulla morte, per fuggire da simili torture, piuttostochè incontrare e spese e moleste formalità, seppelliscono o abbandonano o mutilano il corpo morto dei loro cari per dargli sepoltura, certo non la più affettuosa, ma al più economica. Di tali casi, pur troppo, nella mia non ancora vecchia età e vivendo pure in una gentile città qual' è Firenze, ne ho avute molte confessioni ed ho vivamente deplorato che gente autorevole conoscitrice profonda della società, conoscitrice dei bisogni morali e fisici d'una popolazione; che si professa ispirata ai liberali principii della Polizia medica di Frank, consumata nelle esigenze della igiene, riformatrice di istituzioni, rinno- vatrice di spedali, di fogne, di mercati pubblici e purificatrice d' acqua potabile, questa gente salita al potere della pubblica amministrazione o alla direzione della pubblica Igiene, mai abbia avuto vampa d'intelletto affettuoso a svincolare almeno dalle «tasse sulla morte » i poveri genitori a' quali o mo rendo il neonato o il piccolo bambino, fosse concesso di piangerlo e deporlo in modesta fossa, senza le noie molestissime d'una burocrazia municipalesca che vi rende sempre nella vita o più amaro il pianto o men dolce la gioia. — Per conto mio, alieno da partiti, da maneggi — 329 — politici e da ambizioni personali, diventerei rivoluzionario quel giorno in cui si trattasse di raggiungere un grande perfeziona- mento sociale quello cioè che nascita e morte, fossero svincolate da tasse e da scabini e l'uomo per l'uomo e il mondo che si spenge pel mondo che sorge, nel principio e nella fine, s'aiutassero a vicenda come sacrosanto e disinteressato dovere, almeno a sep- pellire chi muore, senza conti e senza tare, comune e vicende- vole tributo fra gli elementi di una grande unità che si chiama genere umano. Il fatto è che non infrequentemente cadaveri insepolti d neonati, o lasciati in pubbliche vie, o gettati in fogne, o depo- sti in confessionarj, o sepolti in concimaje, o buttati in latrine, o sotterrati alla peggio in orti, in campi, in giardini, in arene di fiumi, o posti sui tetti ; — più o meno involti in cenci, ia panieri, in ceste, in cassette, più o meno conservati intatti, o soli o insieme a placenta e funicolo ombellicale buttati via, si verificano e su di essi un grande sospetto, e voci, e calunnie, e investigazioni, e interrogatorii, e ricerche medico forensi, e spese e scandalo e sospetti .... e poi?!.....il più delle volte una sola cagione s'appura e quale ?! — La miseria e l'av- versione a disposizioni vessatorie — a tasse — a fiscalismi. — E tutto questo anco in famiglie oneste, ma ridotte a tale stre- mo, a tale una apatia per le strettezze domestiche, da mettere in non cale anco il conforto d'una lacrima e d'un fiore sparsi sulla fossa indicata dove giace cadavere un primo figlio, la spe- ranza d' un avvenire , il conforto dei tardi giorni ! Eh ! via ? — si neghi se se ne ha il coraggio, la verità di quanto scrivo! — §. 177. Finito il verbale della necroscopia fa seguito ora tutta la serie dei quesiti relativi a stabilire F ingenere princi- pale di un infanticidio. Sarò brevissimo da qui in avanti, perchè dopo quanto ho esposto più sopra non rimane che in gran parte raccogliere con discernimento gli elementi già trattati nei di- versi momenti della necroscopia e per ciò che può servire a sciogliere i quesiti relativi alla causa delia morte del neonato non è che continua applicazione di quanto abbiamo studiato nelle altre parti della pratica medico forense nei capitoli della trau- matologìa, della asfissiologìa, della tossicologìa ec. — 330 — §. 178. Quesito 1°. È questo il cadavere di un neonato? Il perito a sciogliere un tal quesito stabilisca se sono o no presenti i seguenti caratteri nel caso in termini. Sono segni di recente nascita: 1° Pelle o superficie esterna del corpo sanguinolenta; o spalmata di smemma sebaceo, più di frequente abbondevoi mente raccolto nelle piegature degli arti e lungo le regioni del dorso. —■ Secondo gli studii del Robin, l'esame microscopico di quell'am- masso caseoso può far conoscere lo stato delle cellule epiteliali sempre riconoscibili anco ad un certo avanzato periodo di pu- trefazione. In pratica la mancanza di questa sostanza non da- rebbe diritto a negare che quel corpo fosse di neonato, perchè od i maneggiamenti o l'adoperamento di liquidi ec, potrebbero aver tolto quell'indulto. — 2° Funicolo ombellicale; meno che fosse stato strappato o tagliato rasandolo dall' anello ombellicale ; si mostra fresco, lucente, polposo, cilindrico, di colore carnicino bluastro ec. — 3° Vasi ombellicali (vena e 2 arterie) sempre aperti nella massima parte, o al più possono contenere piccoli coaguli san- guigni dai 6 ai 7 millimetri di lunghezza. 4° Meconio esistente intorno all'ano od uscente dall'aper- tura anale per lieve compressione sulle pareti addominali cor- rispondenti alla fossa iliaca sinistra. La chimica, come avvertii in altro luogo, (pag. 150, n. 2), può dare riprova al perito che real- mente sieno da meconio formate alcune macchie che potrebbero anco trovarsi sopra i panni che involtavano il neonato, come anco l'esame microscopico può ajutare e corroborare il diagno- stico in casi che fossero dubbii. 5° A completare questi caratteri dedotti dallo esame dello stato esterno, il perito può unirvi anco quelli dedotti dalle con- dizioni delle vie circolatorie sanguigne e più particolarmente dall'esame del A) Condotto venoso dell'Aranzio, comunicante il sistema venoso della v. Porta con la Cava inferiore. — Dall' esame del B) Foro del Botallo, apertura che pone in diretta comu- nicazione l'orecchietta destra del cuore con la sinistra nel pe- riodo della vita fetale e non occludentesi (non sempre però in — 331 — tutti gli individui) che solo al sesto, settimo giorno dalla na- scita. C) Dall'esame del Canale arterioso ; anastomosi esistente nel nato di fresco fra le due biforcazioni dell' Art. Polmonale e la concavità dell' arco dell' aorta. — Debbo però avvertire il pratico di andar cauto a dedurre qualche giudizio dello stato di queste vie sanguigne, perchè in verità si verificano molte oscil- lazioni nei loro cangiamenti e sarebbe infondato dedurne conclu- sione decisiva. 6° Dall'esame dello Stomaco potrebbe trarsi qualche crite- rio, perchè nel neonato si trova non solo privo di alimento latteo, ma dopo la nascita tal viscere non suole contenere che una sostanza muccosa, jalina, non spumeggiante come lo diventa più avanti quando è avvenuta liberamente la respirazione estra- uterina. 7° Le Intestina alla nascita mostrano colorazione verdo- gnola fino aFa porzione del retto intestino nel quale si fa mag- giore l'accumulo dì quel meconio, impasto viscoso formato da detriti di cellule epiteliali, di mucco, di cristalli di colesterina e di granuli di biliverdina. Questi sono i principali segni anatomici che possono dare ajuto al perito per concludere che quel dato cadavere può essere di neo- nato, senza però assicurare che dessi non possano subire delle modificazioni o delle oscillazioni di tempo entro il quale si compiano. Io qui mi credo in dovere di avvertire il pratico intorno ad un punto questionato e questionabile ; e cioè se dato che non si potesse stabilire con tutta la più completa limpidezza i segni d'una recente nascita, si venisse per avventura a distruggere la essenza di un'ingenere di infanticidio.'—Od in altri termini: se nella determinazione dei segni che indicano la nascita recente, si possa precisare un minimo ed un massimo entro a'quali si possa sempre contenere il concetto dell'infanticidio. — A dir vero la questione è importante e difficile e tantopiù diventa oggi importantissima dacché il recente Progetto di uni- ficazione del Codice Penale pel Regno d'Italia, si sarebbe spinto a segnare come estremo termine i trenta giorni dalla nascita — 332 — pur sempre conservando possibile il titolo giuridico dell' infan- ticidio. — Certo è che seguendo questa via (ch'io credo ottima) si è venuti finalmente a riconoscere la incompletezza di quelle parole di neonato e di fresco nato ; eterno e famoso campo di dissidio nella scienza giuridica e medico legale. — Non v'ha dubbio che adoperando invece la parola « infante » si apra un periodo di tempo assai lungo e tale che anco ai cinque, ai dieci, ai dodici giorni dalla nascita, si potrebbe pure intendere sem- pre il reato d'infanticidio. — Mi fermo alquanto su tal punto perché è vivissimamente intrecciato con la pratica medico fo- rense e (lo abbiano o non lo abbiano valutato i riformatori), stabilisce una vittoria splendida pe' principii della psicologia me- dico forense. — Quanto al necroscopo importa pel fatto che anco senza ritrovare o dover dimostrare i consueti caratteri che il cadavere della presunta vittima è realmente quello di un neo- nato , per il freniatre la nuova disposizione codificatrice apre adito a sostenere che dunque può una passione, un turbamento dell'animo anco senza esplodere improvviso esser sempre la causa a delinquere e restare sempre a discolpa del commesso reato. — Ed ecco per questo principio giustissimo come si possa avere il caso in cui una donna illecitamente gravida, essendo stata dall'autore della fecondazione assicurata che avvicinandosi il parto non le sarebbero mancati i soccorsi convenienti a tute- lare la prole, ritiratasi la donna in luogo opportuno a compiere occultamente il parto, tuteli con affetto il neonato aspettando fi- duciosa i promessi ajuti. — Ma dopo giorni, mancandole quelli, si riconosce abbandonata, tradita, vilipesa e disonorata e nel- l'agitazione dell'animo uccide il figlio che le è divenuto testimone di colpa. Certo è che un tale spazio di giorni ha fatto cambiare le esterne apparenze di quel neonato ed ecco da un lato un'in- fante, dall'altro una donna nella quale da prima vivendo la più soave delle speranze e l'affetto di madre facendole battere il cuore di una gioja che non aveva l'uguale, la'passione, il tur- bamento dell'animo esplosero dopo assai tempo dal parto, ep- pure sempre sotto il movente dell'offeso onore, sotto quel mo- vente comune che sorge subitaneo nelle altre infanticide — Ammetto dunque, senza tema di contradizione veruna ,*come — 333 — oltre ai casi nei quali l'animo della infanticida potesse avere formato disegno di strage con la più dichiarata premeditazione, possano darsi casi nei quali la uccisioae dell' infante si compia dopo trascorso alcun tempo ed anco alcuni giorni dalla nascita, e la passione esploda violenta anco dopo un certo periodo di calma iniziale. —• Io non debbo né posso entrare in questioni giuridiche possibilmente derivabili da tali supposte condizioni di fatto : —• a me spetta soltanto non omettere come medico pe- rito che allorquando un caso siffatto si potesse presentare, le mancanti caratteristiche del cadavere di neonato e il reperi- mento anzi di quelle note che accennerebbero a ben più avan- zato periodo di vita estrauterina, avvenuta la morte, possono osservarsi e quindi esservi ragioni di proporre il seguente que- sito. §. 179. Quesito II0. Dimostrato che questo cadavere è quello di un neonato, e dimostrato che ha vissuta vita estra- uterina si può dimostrare quanto tempo può avere vissuto ? Ho incluso a bella posta il quesito relativo alla dimostra- zione della goduta vita estrauterina in questo secondo quesito, per ordine logico, sperando che quanto ho dichiarato qui sopra basti a intenderne la ragione. Quanto alla seconda parte, per comodo della pratica, riepi- logherò brevemente le cose a doversi notare, dividendole in epoche approssimativamente determinabili. I caratteri per approssimarsi al vero, meno una avanzata putrefazione, saranno i seguenti: 1° Dalla nascita alla 4a o 5a ora di tempo. a) Esistenza del tumore cefalico, quando il parto fosse stato difficile. — b) Stomaco vuoto di gas con succhi salivari, jalini. — e) Cordone ombelicale cilindrico, compatto, aderente validamente all'anello addominale. — d) Arterie ombelicali, vena ombellicale, condotto venoso , condotto arterioso, foro del Bo- tallo pervii, contenenti pure del sangue. — e) Meconio tuttora esistente nella porzione dei crassi intestini. Il0 Dalla 5 ora alle 24 ore approssimativamente a) Sto- maco contiene materia muccosa aereata, eliminando; s'intende; lo stato di fermentazir.no putrida, b) Funicolo ombelicale appas- — 334 — sito, .ioscio. — I vasi ombelicali ancora pervii, però vi può es- sere qualche coagulo sanguigno, e) Nel condotto arterioso e nel foro del Botallo lievissimo principio di restringimento, d) Inte- stino retto libero del meconio, però la muccosa colorata in ver- dognolo. Ili0 Dalle 24 ore alle 12, approssimativamente. a) Intestini distesi da gas. b) Funicolo ombellicale pro- sciugato, schiacciato, nastriforme; se il cadavere è stato ad aria libera in luogo asciutto: — sempre aderente all' anello ombelli- cale. e) Arterie ombellicali quasi obliterate verso l'anello, d) Canale venoso e vena ombellicale sempre pervii. e) Foro del Botallo molto diminuito nel suo lume, f) Condotto arterioso idem, g) Intestino retto meno tinto in verde, h) Esfoliazione cutanea della pelle della fronte e della faccia. IV0 Dalle 72 ore alle 120, approssimativamente. a) Stomaco ed intestina molto distese del gas. b) Funi- colo ombellicale o distaccato o vicino a distaccarsi, e) Arterie ombellicali quasi trasformate in ligamenti per la obliterazione. d) Condotto venoso, foro del Botallo, condotto arterioso quasi chiusi, e) Esfoliazione epidermoidea più estesa. V° Dalle 120 ore alle 192, approssimativamente. a) Stomaco, intestini o dilatati in putrefazione digestiva, se vi furono alimenti, o avvizzimento per inedia se vuoti, b) Processo di cicatrizzazione all'anello ombellicale pel distacco del funicolo, e) l condotti venosi, arteriosi ec, quasi chiusi, d) Esfoliazione epidermoidea diffusa anco agli arti ec. VP Dalle 192 ore alle 288, approssimativamente. a) Cicatrizzazione all'anello ombellicale. b) Obliterazione delle vie vascolari fetali, e) Esfoliamento epidermoideo avanzato. d) Nucleo d'ossificazione all' epifisi femorale che oltrepassa i 7 millimetri. Da qui in poi si entra in un periodo di tempo nel quale i fenomeni di modificazione fetale hanno un termine e si entra in una fase di primissima infanzia. §. 180. Quesito III0. Si può stabilire a quale epoca di gravidanza il neonato che si presume vittima di infanticidio sia venuto in luce ? — 335 — Se si guarda bene all' importanza grandissima di un tale quesito, si risolve in una questione d'identità di neonato. In- quantochè si può dare il caso in cui una donna imputata di infanticidio ; senza negare di essere stata gravida, ed anco di aver partorito ; possa impugnare la sua maternità all' infante trovato ucciso e protestare che lo sviluppo corporeo del cada- vere reperito non corrisponda al tempo trascorso della gravi- danza. È facile intendere come tutto il lavoro necessario a scio- gliere il presente quesito sia da trarsi dalle cognizioni comuni che ogni medico ha relativamente ai caratteri offerti dall'orga- nismo fetale nelle sue diverse fasi di sviluppo fino alla maturità. E questi segni avendoli già indicati più sopra, non li ripeterò ora. Certo è che se, ad esempio, il neonato reperito cadavere segnasse uno sviluppo a maturità, ed ogni prova convergesse a testimoniare che la donna presa di mira avesse avuto un parto settimestre o di altra epoca minore, nessuno vorrebbe seguitare a sospettarla come la colpevole. Se si vuole, si potrebbe invertire la tèsi e cioè cominciando a fare una ricerca d'identità di neo- nato finire per fare una ricerca d'identità dell'accusata. — Ed in allora potrebbe darsi benissimo che il perito dovesse anco occuparsi di tanti quesiti relativi alla donna e tutti vergenti sulle questioni parto e puerperio (Ved. Afrodisiol. civile ec.) Tutto lo studio del perito sarà diretto a raccogliere dallo esame del cadavere se egli sia maturo od immaturo, vale a dire se possa avere i caratteri piutto sto del neonato di 5 anziché di 6, di 7, di 8 o di 9 mesi, sempre in rapporto all'epoca pre- sunta della gravidanza della madre. — Tate studio sebbene sia stato da me più sopra indicato; nonostante qui ricordo come i perito debba riunire tutti gli elementi del peso, della lunghezza presentati dal feto, e più dàlia valutazione dello stato della cute, relativamente alla sua consistenza, elasticità, stato dei peli, delle unghie ec, e dello stato di ossificazione della epifisi femorale, degli interstizii alveolari della mascella inferiore ec Daranno luce lo stato degli organi genitali, la forma lobulare dei Reni, la presenza del meconio nelle intestina, lo sviluppo delle circonvoluzioni cerebrali, lo stato della membrana pupillare, e sempre (s'intende bene) valutando questi fatti con un criterio — 336 — lato, non essendovi nulla di assolutamente positivo. Nei §§. 84, 111 ho già accennato quanto basta in proposito. §. 181. Quesito IV. Da quanto tempo è cadavere questo neonato ? Il perito troverà ajuto nella soluzione di tal quesito in quanto assai largamente è registrato nel §. 52 e seg. del II0 Voi. Ta- natologia di questa piccola biblioteca. — Relativamente alla ap- plicazione speciale in cadavere di neonato, debbo soltanto ricor- dare che date le circostanze favorevoli ad una lenta o difficile putrefazione colliquativa (3° periodo) è molto facile che il cada- vere del neonato entri nella fase della mummificazione. Ed è un fatto di pratica che non di rado i cadaveri di neonato, so- spetti vittima d'infanticidio, si trovano appunto in bottini, fosse chiuse, in casse, in nicchie murate ec. Ora è noto come riesca assai difficile indicare con precisione il periodo di tempo tra- scorso dalla morte deducendolo dalle fasi della putrefazione del 1°, II0 e 111° periodo, tanto più è difficile giudicarlo quando so- pravviene il periodo di mummificazione e di saponificazione. — Dato quindi che il caso in termini porti all'esame un cadavere di neonato in stato di mummificazione, il perito potrà solo in- dicare un termine di tempo medio. Forse un'indizio giovevole a dilucidare alquanto l'argomento, potrebbe essere lo studio della metamorfosi di quegli insetti che appunto si nutrono di materie animali mummificate ed a questo proposito la interve- nienza di un dotto conoscitore di scienze naturali può essere preziosa, sebbene per ora; essendomi occupato di precisare al- cune notizie in proposito di un caso a me affidato, abbia dovuto convenire che vi sono delle lacune assai sensibili in tale argo- mento. (Bergeret-d'Arbois, Ann. Ig. Med. Leg. 1855, 2a serie, Tom. IT). La soluzione di tal quesito quando vertesse o nel 1° periodo di colorazione cadaverica o nel II0 di putrefazione gassosa; o nel M0 di colliquazione, deve essere guidata a seconda delle regole indicate in Tanatologìa (§. 105 e seg. Voi. II0), assumendo tutte le condizioni di fatto relative al sesso, età, stato del cadavere, temperatura esterna, natura del medium o dei differenti me- dium entro a'quali si consumò la putrefazione. ec. — Va da se — 337 — che la ragione di tale quesito in causa d'infanticidio è incen- trata nella vitalissima questione della identità di cadavere quando appunto trovandosi un neonato cadavere e volendosi rin- tracciare la donna che potrebbe aver commesso il reato, si deve porre in massima evidenza che è realmente quello il corpo del delitto di cui può essere imputata la donna sospetta, e non altro cadavere di neonato pur possibilmente proveniente da altra donna che fu ugualmente gravida e partorì. E qui, anziché dif- fondermi ulteriormente, consiglio di studiare il belassimo e cal- zantissimo caso illustrato dal nostro illustre medico legale il Prof. G. Lazzaretti, quando fu chiamato come Perito alla Corte di Assise di Padova in causa di imputazione di infanticidio mossa contro la fanciulla Maddalena Montecchio, contadina delle vici- nanze di Monselice. La Montecchio deponeva nel dibattimento orale come nella notte dai 13 al 14 Marzo 1872 partorisse una creatura che credendola morta la gettò nella Canaletta insieme alla placenta. — Accadde che il 27 Marzo, cioè 14 giorni dal- l'epoca del parto, una tale Garbini vedendo un corpicciuolo gal- leggiante nell'acqua, che a prima vista le parve un cagnolino, lo trasse a riva e fu riconosciuto esser cadavere umano. ■— 11 posto ove la Garbini aveva veduto e fermato il cadavere distava da circa 2 kilometri dal luogo ove la Montecchio aveva gettato la creatura la notte del 14 Marzo. I periti chiamati sul luogo deponevano nel Protocollo di vision et repertum « come la cute « del cadaverino fosse pallida, nessuna putrefazione, nemmeno « incipiente : lo che (concludevano essi) fa rilevare che la morte « dello infante sia recente, cioè di uno o due giorni ». Il 28 Marzo eseguita la necroscopia gli stessi periti concludono che quella infante era a termine, bene sviluppata, nata viva e vi- tale, che la causa unica, certa ed irreparabile della morte erano state le lesioni riportate al parietale sinistro, regione cervicale e nasale, inducenti l'apoplessìa.— Lasciando da parte molte importanti riflessioni avanzate dal dottissimo ed acutissimo Prof. Lazzaretti, qui fa soltanto a proposito riferire come egli movesse subito la questione di identità di cadavere.— E come potè so- stenerla ? Basandosi sull' esame scientifico del cadavere della infante, facendo ponderato giudizio degli stessi caratteri esterni Filippi '» ?2 — 338 — registrati dai primi periti e consegnati nel protocollo giurato in data 27 Marzo. Se la morte della neonata in questione, risaliva a 14 giorni indietro del 27 Marzo, e se considerate le condizioni di luogo, di temperatura ec, si giurava che il cadavere non presentava «nemmeno l'indizio di putrefazione » nasceva subito il dubbio che quella neonata non fosse la partorita della Montecchio. — Ed il Lazzaretti a giustificare il dubbio ricordava i principii fondamentali del procedimento di putrefazione sott'acqua in neo- nato, principii di osservazioni innegabili che conducono ad affer- mare che al 14° giorno si hanno manifesti i fenomeni della macerazione (Ved. II0 Voi. Tanatologia, pagina 212 e seguenti). E procedendo poi alla esatta valutazione degli elementi del fatto in termine, trovava ragioni a dimostrare con la più netta evi- denza come quella creatura non potesse essere quella partorita dalla Montecchio, ma fosse appartenente ad altra fanciulla che si fosse trovata in analoghe circostanze. — Per la giusta appli- cazione dei principii scientifici che vigono alla intelligenza del processo di putrefazione sott'acqua in corpo di neonato, dimostrò la mancanza del corpus criminis ed i Giurati pronunziarono un verdetto di non colpabilità, prendendo anco in considerazione altri argomenti calzantissimi dell'illustre scienziato. Dopo tali importanti conclusioni, mi pare dimostrata piena- mente la importanza di questo 4° quesito e mi pare anco di avere a sufficienza indicata la via a scioglierlo sotto la guida di un tanto maestro. §. 182. Quesito V. Qual' è la causa della morte di que- sto neonato che si dimostrò essere nato vivo? Ècco il grande quesito che è poco meno che quasi tutta la medicina legale. Però io sarò molto conciso, perchè ho già di- chiarato che qui non intendo che indicare gli argomenti pratici a sciogliere i quesiti relativi all'infanticidio e non prendo a scio- gliere un quesito su caso in specie. È molto naturale che quando si propone una questione di tal natura il perito debba pensare a mettere in chiaro, prima di tutto, se da tutto F insieme dei dati raccolti possa mai re- sultare o no — 339 — 1 °: se la morte potè in quel dato caso provenire da cause morbose preesistenti, ovvero se a queste se ne aggiunsero al- cune delle violenti : 2 : se pure riscontrando nel cadavere alcune alterazioni che a tutta prima potrebbero aver sembianza di violenti, non po- tessero invece essere che effetti o di avvenimenti morbosi sof- ferti dal feto dentro F utero o di meccanismo di parto difficile : 3°: se pure trovando lesioni sul cadavere del neonato che avessero alcun carattere di traumatismo violento, non si potesse intenderà tutto e schiettamente dimostrare come accidentale avvenimento senza indole dolosa. A me pare che prendendo questa via e ponendo in azione tutte queste tre depurazioni critico-scientifiche per og»i lesione che apparisse nel cadavere del neonato, mi pare; se non sba- glio ; che si dovrebbe giungere con molta prudenza e con grande probabilità a trarre fuori netta e fondata una soluzione al que- sito causa di morte. §. 183. In concatenata ragjpne con queste premesse ne viene la conseguenza che il perito riprenda in memoria prima di tutto A) — la serie delle cause morbose naturali di morte in un neonato; dopo B) — le più comuni accidentalità che può incontrare il na- scente nel parto, e dopo del parto e C) — studii finalmente quella serie infinita di mezzi atti ad uccidere che sono compresi nelle vaste trattazioni della Trau- matologia, della Asfissiologfa, della Tossicologia medico forense. Vi potrebbe essere da enumerare un altro gruppo di cause di morte dell'infante, quello cioè che comprende la omissione di quelle cure senza delle quali può pericolare la vita del neo- nato. Ma io dico francamente il vero, non mi sono ancora per- suaso del perchè quasi tutti i trattatisti ne facciano uno speciale capitolo. — E non me ne sono persuaso nemmeno al presente, perchè in verità, mi sembra che col farne un gruppo a parte il perito, anziché essere il perito medico, si trasformi in un pe- rito giudiziario. — Infatti, quando ad esempio si venga a stabi- lire che in un cadavere di neonato che alla prova polmonare — 340 — ha dati manifesti i segni di goduta vita estrauterina, la causa prossima di morte fu la emorragia per non effettuata lega- tura dol funicolo o per non ben fatta legatura ec., a me pe- rito medico resta sempre il solo dovere di dire alla Giusti- zia , che il neonato è morto dissanguato, ed esclusa altra causa di morte, quello è sempre un'omicidio. Ma se la non ef- fettuata legatura fu omessa per ignoranza dalla donna incol- pata, o se la legatura fu omessa per determinato animo ad uccidere, mi pare che tutto ciò spetti ad altri, spetti al criterio della generica non dello speciale. — E come io dico della omis- sione della legatura del funicolo, così direi delle omissioni a riparare dal freddo il neonato, o del non avergli liberata la bocca dalle glutinosità amniotiche , o dal non averlo a tempo sostentato ec. A me pare che il criterio di maggiore o minore colpabilità non si possa assolvere con la valutazione di certe cause di morte che potrebbero essere anco per omissione o per modo negativo (come alcuni dicono) perchè a sua volta; date certe contestualità del fatto intero; ciò che può in un caso intendersi per colpa può in altro caso esser dolo. Io potrò errare su questo particolare, ma comunque sia, non so decidermi ancora a registrare a parte il gruppo delle così dette cause di omissione in causa di infanticidio, mentre tengo moltissimo a richiamare in ogni caso e il gruppo delle cause spontaneamente morbose e precedenti e quelle che accidental- mente nel travaglio del parto clandestino possono incorrere onde non cadere in un giudizio fatale e irrimediabile. §. 184. Non sarebbe confacente all' indole di questo libretto sviluppare un capitolo di patologìa relativa alla moltiplicità dei morbi spontanei che fino dalla vita intrauterina possono attaccare il feto e possono così causarne la morte o prima della nascita o durante la nascita o appena uscito dai genitali materni. Basterà che al perito ricordi come prima della nascita vi possano avere influenza tutte le malattie placentali in genere o del funicolo ombellicale ed anco effetti di traumatismi diretti e indiretti. Durante la nascita poi a) la lunghezza e la difficoltà del tra- — 341 — vaglio per viziate posizioni o abnormi presentazioni-—e special- mente compressive la testa e quindi il cervello — e stravasi e arresto di cuore e di respiro — b) le contrazioni troppo vio- lenti delle pareti dell'utero che porta costrizione dei vasi e quindi disturbo nella sanguificazione respiratoria o del feto — e) la compressione del funicolo impegnato fra le pareti del bacino e la testa del feto — d) ogni causa di disturbo o d'arresto della circolazione feto placentale, e specialmente il distacco prematuro della placenta, causa di soffocazione fetale: Yattorcigliamento del funicolo, l'avvolgimento multiplo — la cortezza di esso funicolo, cause d'anemia — e) la emorragia durante il travaglio : parti- colarmente proveniente da irregolare inserzione della placenta: — f) morbi congeniti del feto: —g) male conformazioni orga- niche del feto medesimo : — h) malattie acute virulente o no che possono colpire direttamente il feto o dal feto possono es- sere risentite se prima colpirono la madre; tutte queste o consimili ragioni morbose possono intervenire a troncare natu- ralmente la esistenza del neonato. — Il riconoscimento di una di tali circostanze, non v'ha dubbio, servirebbe come argomento prezioso a intendere l'evento letale, ma non è men vero àncora che il perito per valersi ragionevolmente di quella circostanza, non abbia anco il dovere di escludere la intervenienza conco- mitante o sopraggiunta a una causa violenta, potendosi verificare il caso che e l'una cosa e l'altra sieno sullo stesso soggetto avvenute. — E questo è uno dei momenti difficilissimi della pra- tica medico forense a disbrigare il quale non v'è che da un Iato una ben fondata conoscenza clinica dei morbi spontanei e di tutte le naturali accidentalità di un travaglio di parto, e dal- l'altro tutta la più esatta cognizione delle cause violenti di morte, per poter valutare fino a qual punto più o meno l'una o l'altra condizione abbia contribuito all'esito funesto. L'unica remora che deve, in nome della scienza, avere il perito nell' assodare questo punto di pratica forense, si è quella di non dover concludere che non trovando palesi, sensibili ra- gioni per intendere la morte del neonato, debba concludere che dunque la morte fu naturale; perchè appunto studiando poi certe cause letifere fra le violenti (dolose) ve ne sono alcune che senza — 342 — lasciare tracce sensibili a vista d'occhio o di tatto, possono pure avere agito ed efficacemente e da sole avere troncata la vita del nascente o del nato. §. 185. Dopo ciò resta la valutazione di quei segni che potrebbero appunto stare in rapporto con uno dei modi vio- lenti con i quali più comunemente si suole consumare l'infan- ticidio. È noto come la soffocazione, le fratture del cranio, la stran- golazione, l'annegamento completo o incompleto nelle latrine o cloache, o fosse, o fogne ec, le ferite, le mutilazioni, la combustione, le emorragìe o aprendo nuove vie o lasciando scolare sangue dai vasi ombilicali, o lasciando il neonato al freddo, senza cibo, senza cure o avvelenandolo, sieno i più comuni modi di morte, né io voglio qui decifrare dati statistici come superflui in questo momento. — Certo è che il perito conoscendo tutti questi argomenti, non dovrà fare altro che, guidato sempre dal principio della solu- zione individuale, raccogliere i dati che piuttosto per la inter- venienza dell' un genere di morte violenta che per l'altro o per più di uno misto insieme, possono essere presenti in quel cada- vere e levarne quel criterio più fondato che gli sarà possibile. §. 186. Nel IP Volume di questa Biblioteca ho parlato della Soffocazione da pag. 198 a 204 — delle Fratture del Cranio a pag. 362 a 366 —'della Strangolazione a pag. 187 a 192 — dell' Annegamento a pag. 205 a 212—'delle ferite e mutilazioni in tutta la Traumatologia pag. 243 e seg., della morte per Combustione a pag. 217 a 228 — per Venefìcio nel Ili0 Volume scritto dal compianto Prof. R. Bellini e nel II0 Vo- lume a pag. 99, talché mi parrebbe superfluità ripetere quanto è stato indicato, in tutti questi punti. — Pur nonostante, desi- derando di compiere un lavoro utile alla pratica, toccherò qui argomento per argomento, alcune avvertenze proprio tutte spe- ciali al cadavere del neonato e così risparmierò noja a chi vorrà adoperare questo povero libretto. §. 187. I. Morte per soffocazione. Dopo quanto è indicato a pag. 198 del II0 Volume, il pe- rito ricordi relativamente alla morte per soffocazione nel neo- nato, come questo genere sia uno di quei modi violenti che pò- — 343 — tendo esser fatto con corpi molli, a larga superficie ec, possono non lasciare traccie all'esterno del corpo: e ricordi come per F appunto sia uno dei mezzi più frequentemente adoperato da figurare come più che la metà in un totale di casi. —■ Nella soffocazione dunque i reperti anatomo patologici più che gli esterni possono essere quelli interni tanto rilevati dall' esame dei polmoni, quanto dall'esame degli organi della circolazione. Non ho nulla da cambiare a quanto scrissi nel §. 129, pa- gina 200 a 202, Voi. II0. relativamente al reperto delle pun- teggiature ecchimotiche sottopleurali nei polmoni, nel Timo, sotto il cuojo capelluto, sotto l'endocardio, di coloro che mori- rono soffocati, perchè conoscendo gli studii del Krahmer, del- l'Hecker; (The British and Foreign. Med. Chir. Review, n° 66, Aprile 1864), ponderando gli scritti del Tardieu, il quale dichiara (pag. 107, sur l'Infanticid. 1868), di non riconoscere come segno assoluto ma molto positivo e mollo grande di sof- focazione le macchie ecchimotiche sotto pleurali; valutando le differenziali che possono farsi in Anatomia patologica delle ec- chimosi medesime; avendo io stesso già dichiarato di dare a questo fenomeno un valore di segno di probabilità che quando andasse unito a tutti gli altri criterii potrebbe ajutare nella dia- gnosi; tenendo conto degli esperimenti favorevoli fatti sugli ani- mali e a bella posta ripetuti; tenendo pur conto delle resultanze alle quali sono di recente giunti alcuni notevolissimi osservatori che novellamente si sono occupati di tale questione, io non ho nulla da cambiare nella mia antica opinione e cioè che possa esser questo un reperto anatomico coadiuvante la diagnosi di una morte violenta per soffocazione. Anzi aggiungo di aver ve- duto con vero piacere come di recente in Parigi nel seno della Società di Medicina legale siasi ripresa tal questione importan- tissima affidandone lo studio ai più eletti cultori della specialità, quali sono il Devergie, il Gallard, il Riant, il Tenneson, il Gi- raldès e Legroux. — A parte la genesi di tali ecchimosi sotto pleurali per predisposizioni emofìliche o per morbi dissolutivi, quali lo scorbuto, la porpora emorragica, il vajolo maligno, il tifo ec, o per sostanze tossiche decomponenti il sangue ec, la conclusione della Commissione è stata quella di convenire che — 344 — tali ecchimosi sono indizii rivelatori una morte rapida che assalga l'organismo in condizioni normali od almeno in apparenza nor- mali. Così si possono verificare in venefici e più specialmente in quelli che determinano forme convulsive, tetaniche, come nello stricnismo ec, nelle precipitazioni da luogo elevato, nei casi di morte per schiacciamento, per colpi al cranio, per sommersione, per appiccamento, per strangolazione, per soffocazione, per asfis- sia carbonica, o per modi misti di simili violenze, là dove in- somma si ha una morte violenta, brusca, che tronchi la vita in cinque o dieci minuti primi. — Di più si potrebbe verificare questo reperto anco nei casi di asfissia per decompressione ra- pida, quando il nostro organismo trovandosi, per necessità di mestiere , immerso in aria compressa a più atmosfere, ad un tratto rompendosi le pareti della campana ove accadeva la respi- razione, mancasse istantanea quella forza compressiva (Gallard). Ed in questo gruppo faccio un ravvicinamento per tèsi opposta, ricordando le stupende osservazioni fatte da quell'eletto ingegno del Tamassia, il quale in un freschissimo studio esperimentale sul come si muoja nel vuoto, ha pur notato il fenomeno delle ecchimosi sottopleurali ec, nei cadaveri degli animali sagrificati (Rivista Fren. Med. leg. 1818). — Ad esser brevi dunque, il fatto dell' ecchimosi pleurali avvertito dal Bayard fino dal 1844 nei casi di soffocazione; alquanto specializzato dal Tardieu ; più genericamente osservato dal Faure nel 1855-56, anco più veri- ficato in diverse circostanze dal Liman 1867, e dal Dugranges, e dal Page, e dall' Hoffmann e dal Brouardel, e dal Legroux e dal Tamassia e da me, è un fatto morboso che si merita sol- tanto un valore relativo non assoluto e patognomonico di un dato modo di morte violenta e neppure della soffocazione. Quindi aveva ragione quando nel 1877 nel II0 Volume di questa ope- retta a pag. 201 avvertiva il pratico che il reperto delle pun- teggiature ecchimotiche era tale da dare probabilità di giudizio diagnostico quando fosse andato unito ad altri criterii : ed ag- giungeva che lo aveva verificato in casi di morte per asfissia da altri modi violenti derivata; ed aggiungeva di più che aveva osservato questo reperto anco in casi di morte naturale per morbi che finirono con forme asfittiche. — Toccava perfino — 345 — alla possibilità di una differenziale fra le punteggiature ecchi- motiche per morte rapida e le emorragie interstiziali per di- scrasie sanguigne ec, differenziale che [oltre a tutti i criterii clinici, anatomo patologici ec, oggi viene ad essere meglio pre- cisata invocando il soccorso del microscopio come nitidamente viene suggerito dall'egregio Legroux nel suo lavoro inserito ne- gli Annali Ig. Med. Leg. 1878, n° 107. — L'esame microscopico fatto dal citato scrittore avrebbe precisato come la punteggia- tura ecchimotica risulti formata da ammasso di globuli rossi che in forma di piccola lente (a superficie piana in rapporto al parenchima polmonare, ed a superficie convessa in rapporto col velamento pleurale che viene distaccato), si aggruppano insieme senza però penetrare profondi nel parenchima alveolare. — Tale costituzione cotanto semplice, marca una differenziale forte fra le punteggiature e le vere apoplessìe sanguigne, sieno queste più o meno antiche, più o meno profonde nel parenchima polmo- nare. — Un preziosissimo argomento pratico poi efficace a met- tere in evidenza le ecchimosi punteggiate sotto pleurali e nello stesso tempo utile a stabilire una differenziale è quello indicato dal Faure e che io raccomando all'attenzione del perito perchè può trovare immediata applicazione nei casi speciali d'infanti- cidio. — Il Faure avverte come si possano dare circostanze nelle quali i polmoni dell'infante presentino delle false ecchimosi per stasi cadaverica e queste possano per avventura essere prese per punteggiature avvenute in tempo di vita. Allora il Faure consiglia di insufflare il polmone perchè così facendo, le vere ecchimosi diventano più apprezzabili e distinte, mentre le altre spariscono. — Questo è un consiglio veramente utile, facile e persuasivo. — Soltanto nell'applicazione pratica nei casi questio- nabili se vi fu o nò infanticidio, non desidererei che il pratico vi corresse con tanta precipitazione ; perchè è evidente che una insufflazione regolare e ben condotta a voler che esprima qualcosa, deve esser fatta a polmoni intieri. Ora insufflare i polmoni di un cadaverino nel quale prima di tutto in tèsi di sospetto infan- ticidio è necessario assodare la delicatissima e a volte diffici- lissima prova della avvenuta respirazione, mi parrebbe una im- prudenza creare artificialmente un fatto che potrebbe per av- — 346 — ventura complicare o modificare o mascherare le condizioni vere, naturali, dello stato in cui era il parenchima alveolare ; tantopiù poi che la insufflazione fatta a cadavere aperto e direttamente nei polmoncini riesca facile, completa e a volte trasmodi. — Farla dopo, a polmoni tolti ma non tagliati, in qualche caso potrebbe ugualmente non convenire e specialmente là dove la respirazione naturale non si fosse completamente effettuata. Farla a polmoni tagliati in pezzetti per la precisazione della prova idrostatica, è inutile; perchè riuscirebbe impossibile ed erronea esperienza, talché mi pare che il consiglio del Faure, mentre è seducente e può avere la sua applicazione; dato il caso opportuno; in pratica voglia delle restrizioni e dirò anco delle precauzioni molto ma molto pensate. — Venendo allo esame delle conclusioni emesse dalla competentissima Commissione della So- cietà medico legale parigina sopra a tale argomento cosa abbiamo? Primo : « che le ecchimosi sottopleurali sole non avrebbero al- « cun valore tanatognomonico perchè e condizioni spontanee an- « tiche e recenti; indipendentemente da causa violenta di morte «possono originarle»; — Secondo: «Che tali ecchimosi sotto- « pleurali si riscontrano nelle asfissie violenti per impiccamento, « strangolamento, sommersione schiacciamento toracico e sof- « focazione, però a gradi differenti ». — Terzo : « Che queste « ecchimosi a gradi differenti (dice la Commissione suelogiata) « non possono prendere un valore qualunque se non sono « accompagnate da un gran numero di segni che concorrono « a indicare quel tal genere di morte (precisamente come di- « chiarava io fino dal 1877) e allora, (segue il testo della Com- « missione) si può dire, facendo riserve, quando si tratta d'in- « dividui giovani, che le ecchimosi molto numerose indicano la « soffocazione ; un po' meno numerose indicano la strango- « lazione, un po' meno ancora lo impiccamento, ciò che vuol « dire che in nessun caso non si potrà solidamente appoggiarsi « sopra tali lesioni per determinare il genere di morte ». — Quarto corollario finalmente : « Che le ecchimosi sottopleurali « sono nonostante indizio di morte rapida e violenta tanto che « la violenza sia esterna che interna all' organismo ». — Per tutte le quali e recentissime ed attendibilissime considerazioni, — 347 — mi sembra che anziché stare a quell'un po'più un po' meno nu- merose ( avverbii sufficientemente vaghi e senza stabilito ter- mine assoluto di confronto) sia miglior partito ; almeno per conto mio; restare al punto in cui composila valutazione da darsi in pratica a questo reperto, dichiarandolo un segno che unito a tutti gli altri criterii, data o sospettata una causa violenta di soffocazione, possa coadiuvare ad esprimere un criterio di probabilità che atti saffocativi possano o nell' uri modo o nel- l'altro essere stati perpetrati. — Così mi pare, di aver messo sulla via il perito a saper conside- rare e valutare in pratica un reperto anatomico che può aver sempre una grandissima importanza in diverse contingenze medico forensi e specialissima poi nelle questioni da risolversi in caso di infanticidio.— Ma dopo tutto, ho bisogno di dichiarare relati- vamente a questo reperto in causa di infanticidio come oggi si uniscono osservazioni preziose di autorevoli scrittori (e fra que- sti il Pinard), (Annal. Igien. Medie Legale 1877), i quali; as- sodando viepiù gli studii del Krahmer e che ( bisogna essere sinceri) in- Italia a prima beva non s' assaporarono giustamente, hanno ben chiarito come le ecchimosi che si trovano quasi co- stantemente alla sezione dei polmoni e del cuore di feti che soffrirono nel parto, dipendano dalla delicatezza delle pareti dei vasi infantili e per la minor pressione del sangue nei vasi in quella età. — Basta che anco nella placenta ; la quale è né più né meno che in buona parte l'apparecchio respiratorio dentro l'ute- ro ; si interrompa la circolazione, perchè il feto faccia subito degli sforzi con la parete toracica per respirare e se non entra né aria, né gas, né liquido amniotico fino nei polmoni fetali, allora è evidente che il sangue attratto nei polmoni per gli sforzi respiratorii inani, il sangue rompa i vasi e faccia l'ecchimosi. Dunque il fenomeno delle ecchimosi sotto pleurali, cardia- che ec, può essere anco per soffocazione fetale intrauterina e può avvenire in definitiva per quelle stesse ragioni di soffoca-. zione che fuori dell'utero verrebbero rappresentate dalla mano o dal corpo criminosamente adoperato sulla faccia del feto. — §. 188. Avverto il perito come relativamente a questa morte del neonato per soffocazione, potrebbero sorgere obiezioni — 348 — per parte della difesa e specialmente questa; di volere ricono- scere il fatto come «accidentale e soltanto avvenuto per una «posizione della faccia che il bambino nascendo avrebbe te- « nuta ad insaputa della partoriente ». E questa difesa viene per lo più attinta dalla considerazione dello stato della donna la quale si dice aver perduto i sensi. Non si può in tèsi generale negare questa possibilità. — Ma il perito considererà: 1° Che quando alla necroscopia pel saggio idrostatico dei polmoni e per gli altri caratteri si potesse concludere che fosse avvenuta piena respirazione: 2° Che il funicolo ombelicale fosse stato rotto, o strap- pato o tagliato, per modo che il feto, par la mancanza del sangue ossigenato che gli viene dal circolo placentale, non avesse potuto a lungo sostenere la vita estrauterina senza obbedire all'istinto ed alla necessità di cercare aria respirabile: 3° Che tutte le circostanze del fatto e la deposizione stessa della donna non persuadessero a credere ad un lungo tempo di stato sincopale: 4° Che finalmente si trovassero tracce di manovre vio- lente ec, sarebbe mestieri concludere che male si potrebbe ; ammettere l'accidentata soffocazione per una posizione della faccia fetale entro parti otturanti le vie respiratorie del feto. Una seconda obiezione si suole accampare dicendo che la soffocazione è avvenuta perchè la madre s' è adagiata dormendo sul tenero corpo del neonato e senza addarsene se l'è trovato morto daccanto. — Anco questo è possibile, ma non si può ne- gare che il più delle volte possa riuscire poco probabile: per- chè nell'agitazione estrema di un parto clandestino male si può intendere il sonno tanto profondo — tranquillo —da non accorgersi di posare sul proprio figlio, e quand'anche possa accadere, certo è che il perito per ammetterlo od escluderlo nel caso in termini, cercherà di assumere ogni dato e dallo stato della superficie esterna e dalle condizioni viscerali interne ec., onde giudicare la probabilità del fatto. Pure per questa supposizione, quando fosse vera e sostenibile, si dovrebbero trovare sul corpo del neo- nato i segni della pressione fatta dalle parti materne o sulla — 349 — faccia o sul petto o sull'addome e perfettamente corrispondenti a tutta la narrazione del fatto in termini. Una terza obiezione che suol fere la difesa in simile argomento è quella di accampare che il neonato venendo alla luce era in uno stato asfittico, e non dando nessun segno di moto respiratorio fu abbandonato per morto, poi coperto da panni ec, ricominciando la respirazione naturale restò soffocato. — Ancora questo è possibile, ma il difficile sta nel provarlo. — Il perito dovrà cercare se realmente non esista alcun segno di violenza usata. — Dovrà cercare se vi sieno o nò indizii di sof- focazione localizzati nelle vie respiratorie o sul collo, sul torace, sul petto, sul bassoventre. — In terzo luogo dovrà valutare il saggio polmonale in quanto se indicasse una completa respira- zione avvenuta, sarebbe poco compatibile l'idea dello stato asfit- tico in cui si dice esser venuto alla luce il bambino. In questo argomento della soffocazione aggiungo una possi- bilità e cioè: che sia stato consumato il delitto per mezzo di so- stanze polverulenti gettate nelle vie respiratorie del neonato — Non è nuovo il modo, ma può sorgere importante la questione se il neonato sia stato gettato in una massa di polvere essendo in vita o in morte. — Nel 1877 si è verificato un caso, narrato dal Keit Norman Macdonal, nel quale il cadavere fu trovato in un magazzino di carbone. — Il cordone ombelicale era stato la- cerato — si trovava polvere di carbone nella bocca, nella farin- ge , e fino nello stomaco, vuoto d'alimenti. — La trachea , i bronchj ed i polmoni erano congestionati — nel cuore eranvi ecchimosi sottopleurali. — I polmoni avevano respirato. — Il cuore era normale — le 4 cavità vuote di sangue per la emor- ragia proveniente dal cordone — canale arterioso e foro ovale erano pervii. — Il neonato era a termine e nato vivente perchè aveva respirato. — La donna confessò che per impedire le grida del figlio gli empì la bocca con polvere di carbone. §. 189. Con questi pochi cenni relativi alla pratica, credo d'avere completato quanto è più urgente conoscere sulla morte per soffocazione in causa d'infanticidio. §. 190. IP Morte per Fratture del Cranio — Non ho nulla da aggiungere alla guida dettata nel §. 207, pag. 366 e seg. del II0 Volume. — 350 — §. 191. HI' Morte per strangolazione Ved. la guida in- dicata al 126 pag. 192, 11° Volume. Aggiungo solo una graziosa tèsi che potrebbe forse ripetere una difesa al fatto del solco di strangolazione esistente sul collo di neonato, annunziando che quel solco anziché provenire da un comune laccio, possa essere fatto dallo stesso funicolo ombelli- cale, ma allungato e ridotto a funicella o cordoncino per le tra- zioni che la madre durante il parto potrebbe fare sul funicolo. Essendomi occorso di dovermi occupare di quest'argomento per aver sentita avanzare una simile dottrina in un famoso pro- cesso d' infanticidio ; punito poi per colposo ; avvertirò il pra- tico che quella spiegazione non regge né in tèsi generale, né reggeva nel caso speciale. Non regge in tèsi generale, perchè il funicolo ombellicale fresco, di giuste dimensioni, sano, sottoposto ad esperimento ha un limite di elasticità limitatissimo. Piuttostochè allungarsi molto assottigliandosi, si rompe sgranandosi prima il rivestimento am- niotico. — Poi in tèsi generale, la forza di trazione che su di esso già attortigliato al collo di un feto nascente, può fare la stessa donna soprapparto in qualunque posizione la si voglia porre, è lievissima, essendoché le mani scivolino sul funicolo e il funicolo scivoli sul collo del neonato da non essere affatto possibile strin- gere il cappio assottigliando il cordone. — V'è poi da conside- rare che essendo già difficile scuoprire ed avere un solco pro- fondo, netto, prodotto dal funicolo attorcigliato sul collo, durante il travaglio del parto, a fortiori è impossibile marcare un solco profondo, stretto, ecchimosato, sottile, traendo sul funicolo quando la testa del feto è fuori della vulva. — Poi è inintelligibile che quando un funicolo ombelicale è già aggrovigliolato sul collo del nascituro, fino dal travaglio del parto, il feto esca alla vulva senza segni d'asfissia, o possa compiere liberamente, aperta- mente, la respirazione estrauterina al passaggio per esser poi ristrangolato dallo stesso funicolo che si presume ridursi a cor- doncino. — Dato che tutte queste condizioni vi fossero, i segni di asfissia e di incompleta respirazione non dovrebbero né pos- sono mancare; e questo solo basterebbe a far dubitare che se un solco, anco sottile, al collo d'un neonato si vedesse al mo- — 351 — mento della nascita, potesse mai essere prodotto dallo stesso funicolo ombelicale. Quanto alle circostanze particolari del caso in termini, se ne possono trovare notizie nel Giornale l'Imparziale «Anno 1877, n°. 10, mese d'Ottobre. §. 192. Morte per immersione in latrine, cloache. V'ha di speciale in questo genere di morte pel neonato ; dimostrato che realmente fu gettato vivo in quella località; che il cada- vere esala dopo un soggiorno di qualche tempo un odore acre, penetrante che non è quello solamente fecale o di comune pu- trefazione. Anzi a vero dire l'andamento della putrefazione non è il più rapido ed il periodo per eccellenza deformante; cioè quello gassoso ; in generale non è molto sviluppato quanto forse a prima giunta e senza esperienza, si crederebbe. Il volume del corpo non è aumentato, il colorito è bruno verdastro e sarebbe possibile anco dopo qualche mese , verificare le condizioni di alcune soluzioni di continuo delle parti molli e meglio poi le lesioni ossee ec. Pur per questi casi, un criterio che ajuterebbe la risoluzione del quesito—« se il neonato fosse stato gettato nel liquido a corpo vivo o morto» — sarebbe il reperimento delle materie fecali fino nello stomaco perchè ciò indicherebbe atto di deglutizione vitale. Intorno alla possibilità della morte del neonato per parto alla latrina e quindi sommersione di esso nelle materie fecali, io già dissi al §. 71 di questo Volume, pagina 155 e seguenti. Non credo di soffermarmi su altri argomenti particolarmente, rinviando agli articoli Ferite, Combustione, Veneficio contenuti negli altri volumetti quando il perito avesse bisogno di consul- tare alcuna cosa. §. 193. Quesito VI. « Le violenze commesse da una donna « sul suo bambino, furono esse resultato d'un pervertimento di « facoltà mentali o affettive o d'un delirio puerperale ? » Già al §. 73 di questo volume a pag. 161 ho accennato al- cuni criterii relativi alla soluzione del presente quesito. Ora a specificare ancor più da vicino la importanza pratica di tale argomento in causa d'infanticidio, bisogna riflettere che può ren- dersi ancor più difficile per il fatto che si tratta di dovere in — 352 — tempo più o meno lontano da quando avvenne il caso, riconoscere e dimostrare che la incolpata fosse in uno stato morboso delle facoltà affettive che la rendessero irresponsabile o meno respon- sabile dell'azione commessa. Ed è naturale debba esser così, perchè se tuttavia perdurassero fenomeni morbosi delle facoltà naturali si avrebbe a giudicare di una alienata in continua ma- lattìa, non più una donna che lo potè diventare in un dato mo- mento speciale. — Ma l'argomento è di una difficoltà estrema, perchè mentre tutti gli osservatori e gli alienisti convengono che e il travaglio del parto e specialmente clandestino, in donna illecitamente feconda, e le sofferenze morali, e tutto quel con- turbamento fisio psicologico che avviene in quelle circostanze, possa essere capace a spingere quella infelice ad atti incoerenti, strani ec, pure non convengono che ciò sia ancora follia (nep- pur transitoria come opinava il Marce—1858), ovvero perdita assoluta di ragione, di volontà ec, insomma di inconsoienza tale da giudicare di una irresponsabilità. Talché, dandosi il caso par- ticolare, il perito, onde porsi nettamente nella giusta via della scienza, dovrebbe cominciare a proporsi questa domanda e cioè : nella donna tale vi furono o precedentemente alla gravidanza illecita, o durante la stessa gravidanza o anco dopo il parto, sintomi proprii, caratteristici, d'una vera e propria forma di pazzia, e specialmente di follia isterica, o di melanconia lipe- maniaca con allucinazioni, o di vera mania? Tutti i più auto- revoli specialisti oggi convengono che questo sia il più sicuro e fondato punto di partenza per rintracciare una delle cono- sciute forme dell'alienazione mentale e per non cadere in er- rori che comprometterebbero la scienza in faccia alla giusti- zia. In brevi parole, tutto il forte sta qui: di riconoscere se un disordine mentale, ben determinato, abbia e preceduto e accom- pagnato o susseguita F azione omicida. Quale sia il modo di con- dursi in simili casi è dichiarato brevemente al §. 73 di questo libro, né mi pare opportuno diffondermi ancora perchè tali que-v stioni bisogna trattarle con buoni e sicuri fondamenti di pratica freniatrica che sarebbe impossibile pretesa l'enumerarli in una guida com'è il presente lavoro. Credo però render servizio al perito accennando le fonti alle quali può attingere ajuto e cioè: — 353 — in Legrand de Saulle ; in Tardieu, in Dagonet, in Maus- dley ec. §. 194. Enumerati i più comuni quesiti che possono venire avanzati al pratico in argomento di sospettato infanticidio e sol- tanto (s'intende bene) toccate le più vitali cognizioni che deb- bono essere utilizzate a risolverli, non intendo di avere per nulla affatto svolto completamente un sì vasto e ricco argomento. Intorno all'infanticidio più si scrive o più si scriverebbe, e quando bene bene ci si è adoperati a segnarne almeno le più essenziali linee, resta sempre qualche cosa o di sagrificato o di omesso. Ma d'altronde il mio sproposito è solo quello di se- gnare una guida pratica per dar modo ad ovviare sostanziali manchevolezze e non è; né lo poteva essere; l'altro più arduo e complesso di sviluppare intieramente un tema nel quale può comprendersi quasi tutta la medicina legale. Per cui mi sembra che dopo le cose scorse nei precedenti paragrafi, l'enumerare ora ordinariamente un particolareggiato indice delle cose da farsi nella generalità dei casi, possa riuscire il più proficuo riepilogo: — Ed eccolo: 1° Se chiamati dall'autorità inquirente a prender cognizione del fatto dopo l'accaduto, allora si descriva con minuta esat- tezza e lo stato in cui si presenta il presunto corpo e tutte quelle circostanze che lo contornano. — E per questo precipua- mente si deve completare l'esame del neonato e l'esame della donna che si dice lo abbia dato in luce. Quanto alla descrizione del neonato ec, è una pura e sem- plice ispezione giudiziaria (Ved. Tanatolog. Voi. 2°, pag. 20).— Quanto allo esame della presunta madre, si può ridurre a con- statare se dessa abbia o non abbia più o meno di recente par- torito (Ved. più sopra; §. 68 e segg., pag. 147). Con speciale precisione sarà utile prendere cognizione particolareggiata se il travaglio fu preceduto o nò dalla rottura del sacco amniotico: se approssimativamente possa essere indicato il periodo di tempo in cui si è condotto il travaglio : — se la espulsione del feto sia stata o no bisognevole di ajuto per opera della stessa madre e se fosse possibile precisare se il parto fu podalico o cefalico Filippi 23 — 354 — comune. — Se il funicolo ombellicale fosse libero o avvolto a qualche parte del. feto o si fossero avvertiti nodi : — se la pla- centa uscì prima e sollecita o dopo della espulsione del feto o tutto insieme uscisse il prodotto del concepimento —■ in quale po- sizione della donna avvenisse il parto e dove: — se avvenissero o nò perdite di sangue e valutarlo con approssimazione, dato che se ne avessero resti o nei panni o sul pavimento od in vasi ec:—quali sono stati gli altri, le necessità, che la donna possa avere avuto occasione di eseguire durante il travaglio onde rendersi conto di certe accidentalità che potrebbe il perito ri- scontrare sul luogo e intanto formarsi da un lato un criterio sulla causa possibile e più probativa di morte del neonato e dall'altro un più giusto criterio di tutto l'insieme fisico e morale della imputata medesima. II0 Descriverà lo stato esterno del cadavere del neonato: Sesso —peso — lunghezza — inserzione del funicolo—descrizione e misurazione esatta del funicolo — stato della pelle — colorazione di essa in generale e nelle singole regioni anatomiche — svi- luppo delle unghie — peli e capelli — stato delle pupille — verificazione del nucleo d'ossificazione nell'epifisi femorale — misurazione dei diametri della testa e descrizione della sua forma —■ verificazione o della rigidità cadaverica o del pe- riodo di putrefazione. —■ 111° Ricerca e descrizione esattissima delle possibili lesioni esistenti all'esterno del cadavere fatta con somma attenzione a raccogliere i segni che potrebbero poi far differenziare le le- sioni indotte o dal modo con cui si agì sul cadavere del neo- nato onde trarlo dal luogo ove fu trovato ; o da quello che per altra accidentalità potè incontrare il cadavere in tempo di mor- te. — Esame attentissimo di tutte le naturali aperture del corpo e esame poi particolare regione regione, cominciando dalla testa, collo, petto, addome, arti inferiori, superiori, regioni posteriori del tronco ec. IV0 Necrotomia della testa, collo, petto, addome, canal vertebrale esame attento del midollo spinale ec V° Esame dell' apparecchio cardio polmonare onde rag- giungere la suprema cognizione della esistita o non esistita vita — 355 — legale coadiuvandolo con i saggi idrostatici e macroscopici anco dell'apparecchio digestivo, auditivo ec. VI0 Ricerca pazientissima ed oculata della causa mortis. VII0 Risoluzione dei quesiti fondamentali quali più sopra in breve si sono enumerati e altri provenienti dalle circostanze speciali del fatto. Fine della Seconda Parte. VENERE FORENSE Parte III: §. <93. Debbo occuparmi ora di una parte della Medicina legale incredibilmente delicata e difficile cioè della « Venere fo- rense » — e dico proprio delicata e difficile, perchè a tutta pri- ma studiandola sui libri, se spesso ributta svelando fino a qual punto possa insozzarsi la umana creatura trascinata dalla sre- golatezza libidinosa dei sensi, pure la dimostrazione scientifica di questo argomento sembra non richiedere molta difficoltà. — Ma se dai libri si passa a dover giudicare alcuni fatti reali, o se costretti dalla Legge o per amore di studio, ci si sospinge ad investigare la ragione del caso singolo, allora Si sente proprio quanta differenza inaspettata s'incontri in simili occasioni. — Ma pure io sono deciso; dopo lunga e quanto per me si poteva ponderata considerazione; a fare aperta quella opinione scientifica che io mi sono andata formando col dichiarare come in questa parte della medicina legale (per quanto possa spettare al pra- tico) non riconosca altro che un frammento della comune dot- trina della violenza personale; ossia una parte della traumato- logia forense. — Nello accertamento di un fatto che si referisca agli atti carnali violenti commessi da persona su di altra, o di simile o di diverso sesso, vi possono essere senza dubbio due eie- — 358 — menti: un primo, materiale, meccanico: un secondo, morale, of- fensivo al candore dei pubblici e dei privati costumi. — Alcune volte e F uno elemento e F altro si fondono, altre volte possono andare disgiunti. — Quando ad esempio il libertino abusa vio- lentemente di una innocente fanciulla consumando su di lei un atto carnale, compie in uno e la materiale violenza e oltraggia il pudore verginale. — Quando un' individuo o dell' uno o del- l' altro sesso ; sia che versi in uno stato d' ebbrezza, ovvero in un disordine più o meno completo delle sue facoltà mentali; se in luogo pubblico, o con gesti, o con toccamenti impudichi, o mostrando sue nudità genitali, o congiuntamente ad altro in- dividuo consenziente, consumi atti venerei, oltraggia il pubblico pudore né può offrire questione di ricerca medica intorno al fatto materiale.— Quando un uomo sfrenato, rotto a libidine, com- mette a forza atti carnali sopra pubblica meretrice renitente, certo non oltraggia il pudore omai perduto della donna infamata, ma consuma un'atto materiale violento libidinoso che tange la individuale libertà, potendo fors'anco alcuna volta lasciare trac- cia riconoscibile e valutabile dal perito. — Quando il seduttore, avvelenando moralmente il candore di donna pura, sovr' essa consuma mollizie, toccamenti lascivi a fine di libidine, offende moralmente F altrui onestà e può commettere atti materiali dei quali nessuna traccia ne resti sensibile al perito forense. — Vi sono poi casi nei quali (è inutile il negarlo) atti completi carnali possono con arte venir consumati e nonostante, pel modo speciale con cui furono condotti, nessuna traccia aversene di essi, e sono i casi più difficili e contenziosi; quelli forse che hanno imbro- gliato l'argomento della venere forense, quando è stato necessario convenire dall' uomo della scienza che sebbene possa esser fon- data l'imputazione, pure possono far difetto i segni materiali dell'azione e così l'assenza di questi non costituire prova suf- ficiente della innocenza dell'incolpato. V'è dunque in questi fatti nella stessa consumazione del reato una parte che sfugge total- mente al dovere del perito e rientra affatto nel campo giuridico non restando al medico se non che il dovere di verificare se esista o no traccia di violenza fisica nelle parti offese. Se è così, com'è realmente così, a che mai complicare e — 359 — sforzare la missione del perito medico e confondersi con ragioni del tutto estranee allo scopo della medicina forense, la quale, a me pare tanto chiaro, dovrebbe soltanto limitare l'opera sua a riconoscere e dichiarare se nel soggetto che si dice passivo di una data violenza carnale, o in colui che ne fu l'autore, si tro- vino o no segni o tracce sensibili della consumata violenza? So bene che in alcuni casi la non esistenza di lesione sensibile o valutabile, non esclude la consumazione di un'atto violento e punibile !......Ma in allora sempre più viene a restringersi l'ufficio del perito il quale, certamente, non vorrà affermare un positivo con un criterio negativo, lasciando il giudizio di tali eve- nienze alle prove testimoniali che possa avere raccolte il pubblico accusatore. —. Ed in verità è questa la singolare indole di tali argomenti ; cioè che bene spesso lo speciale assorbe il materiale, ossia che più che la dimostrazione obiettiva della patita vio- lenza, è la prova subiettiva che la fa ammettere, è la contesti- monianza di tutto il cumulo delle prove indiziarie e via dicendo. Bisogna pure una volta fissar ben ferma questa verità che eli- mina una apparente contradizione, cioè che quando benché il perito in nome della scienza in alcuni casi vien condotto a formulare un criterio negativo, ciò non distrugge la verità della imputazione la qaa^e per se stessa può efficacemente sostenersi su altro fon- damento giuridico. Ora se da un Iato per la speciale conformazione anatomica delle parti nelle quali viene più di solito sfogato o un atto libidinoso od una carnale violenza, e se dall'altro per la speciale conforma- zione e per la variabilità grandissima di azione meccanica messa in opra dal corpo agente, si possono dar casi nei quali venga anco compiuto un'atto violento, libidinoso, senza ne rimangan tracce sensibili all'occhio medico, a che allora impegnare e compro- mettere la responsabilità medica in giudizii di probabilità ipo- tetica? E se dall'altro canto anco quando nelle parti genitali e nelle anali dell'uno e dell'altro sesso, allo esame diretto del medico, alcune volte appaiono segni di patita violenza meccanica ma per lo più tali da poterli intendere generati anco da co- mune od accidentale o volontaria causa meccanica, a che dunque compromettere il responso medico, specializzando la natura — 360 — de ll'agente traumatico, quasi indicando una colpevole essen- zialità e venendo così senza accorgersene, a trasformare il mi- nistero medico in quello di pubblico accusatore ? — Nei fatti della Venere forense; per quella parte materiale che può per diritto cadere sotto lo esame e la valutazione medica; ben poco e raramente tutto si cumula e combina perfettamente e tanto lucidamente, tanto indubbiamente, da autorizzare un perito ad esprimere giudizio certo sulla indole stessa del fatto. — Questi sono rari casi, sono eccezionali e sono quelli nei quali il cumulo delle circostanze ha condotto ad afferrare il fascio delle prove quasi raccolte in flagrante reato. — Ma se di tutto quanto può appartenere alla generica del fatto criminoso non è dovere se ne occupi il perito medico; se rari sono i casi nei quali tutto quanto può appartenere alla va- lutazione medica è di una evidenza indiscutibile; se molti sono invece i casi nei quali ciò che dee porre in sodo il medico o è dubbio od è indecifrabile, sia per comunanza di caratteri con lesioni di natura innocente, sia per lontananza di tempo e mo- dificazioni subite nelle stesse lesioni ; se molti sono i casi nei quali può essere avvenuto un'atto carnale più o meno violento e di questo non averne segni sensibili; se in generale la scienza ancora non ha registrati segni patognomonici di alcuni speciali modi di violenza carnale e solo quando se ne possa sospettare, sorga un giudizio resultante da un cumulo di valutazioni singole che prendono forse qualche luce da criterii giudiziarii; se poi la storia della scienza narra casi nei quali fanciulle prima carnalmente adoperate da uomini, poi per novello congiungi- mento con individuo fornito di asta virile più grossa, ebbero il segno cruento e lo incolparono di stupro, cosa resta mai allora a farsi dal perito forense? Cos'è mai tutto questo turbamento e tutto questo frequente tempestìo di lotte acerbissime di opi- nioni, di dubbii, di contradittorii resultamenti ? D'onde questo impigliamento di scienza e di scenziati in casi nei quali anco quando nulla può asserire il medico, tutto può provare il giu- dice? Cos'è questo straripamento di ufficio medico anco quando il caso verte in campo tutto affatto giuridico, di pura valuta- zione morale? - 361 — Io credo veramente che se esistono dei pregiudizii in medi- cina legale, quello di ficcarsi per fas o per nefas anco là dove la scienza medica o per manchevolezza di dati positivi, o per convenienza o per decoro o per aureola di indipendenza, sarebbe bene non s'immelmasse in sozzure senza nome, sia certamente questo il più condannevole dei pregiudizii. §. 194. Una cosa sola vera e gravemente vera, esiste in questo speciale campo medico forense; e credo che squattrinando ben bene ogni caso, ogni clamoroso avvenimento, ci si riduca in definitivo a riconoscere come sia imperioso, stretto e sacro- santo dovere che il perito quando debba giudicare se sia o non sia avvenuta una alterazione, una lesione quocumque instru- mento che possa avere modificata la naturale (conformazione e coerenza delle parti genitali o di quelle anali nell'uno o nel l'altro sesso, debba quanto mai è più possibile conoscere per- fettamente lo stato anatomico normale di quelle parti: e debba per lunga esperienza e seria considerazione avere addestrato l'occhio a riconoscere anco piccole differenze di modificazioni che pure es- sendo naturalmente individuali, possono avere importanza im- mensa nel caso speciale : — e poi debba per continua osserva- zione aver presa padronanza a riconoscere tutte quelle modifi- cazioni che in tempo di vita, nelle diverse età, nei diversi sessi, nelle diverse costituzioni fisiche, nelle diverse influenze di morbi di abitudini non colpevoli, possono attuarsi e render d'alquanto modificato dal più frequente aspetto le parti medesime: e debba per lunga esperienza e fortunata combinazione di casi; avere acquistata sicurezza a riconoscere certe modificazioni che F im- pulso istintivo morbosamente sodisfatto per automanustupra- zioni possono avere impresse specialmente nelle parti genitali muliebri: e poi bisogna che per assiduità di osservazione, stando in popolato Spedale o in centro frequentato di pubblica assisten- za, abbia esaminati casi di traumatismi accidentali che pure possono ledere quelle parti come potrebbero lederle atti carnali violenti: e bisogna che per lunga esperienza e per buoni prin- cipii di patologìa medica riconosca certe malattie che alterano le funzionalità secretorie, specialmente delle parti pudende mu- liebri : e per acuta e frequente osservazione condotta con saldi — 362 — principii di clinica delle malattie veneree, conosca tutte le note caratteristiche di certe affezioni catarrali vulvouretrali ed ure- trali maschili e certe specifiche modificazioni che possono in- durre nelle parti genitali ed anali dei due sessi alcune manife- stazioni specifiche, virulente, precedenti o concomitanti o susse- guenti accidentalmente o fortuitamente una sospettata violenza carnale : e poi (e questo ò di una importanza suprema) che di- verse e svariatissime modificazioni morbose potendosi cumulare in ciascun caso particolare, tutto sia riconosciuto e valutato giu- stamente secondo il principio fondamentale della individuale so- luzione. §. 195. Ma se dunque al perito medico forense di tutto ciò che può essere conseguenza tangibile, cerziorabile, unica- mente certificabile di un atto carnale che si dice consumato su di un'individuo, in definitiva non gli resta che il segno d'una lesione personale ubicata o nelle parti genitali o nelle anali dell'uno o dell'altro sesso, da valutarla secondo le comuni leggi di un traumatismo, mi sembra evidente che tutto si semplifichi facendo rientrare questo trattato nella comune traumatologìa forense:—al più al più, si potrebbe soggiungere come la valuta- zione possa essere senza dubbio non facile, non già per la lesione possibilmente esistente considerata ex se, ma relativamente alla speciale conformazione anatomica ed ella funzionalità delle parti ove più generalmente ha sede la violenza. —■ Si danno casi nei quali è vero, per la specialità dell' agente meccanico , si possono avere indizii che piuttostochè un corpo comune fu l'asta virile la quale, ad esempio, agendo depose del- l'umore spermatico o sulle parti organiche o sulle vesti ec, ma questa allora sarà una riprova che darà modo a precisare più da vicino lo istrurnento della violenza, ma saremo pur sempre nel campo della traumatologia. È vero si possono dare casi nei quali la soluzione di continuo può mostrarsi insozzata di una speciale inoculazione che nella possibilità di un raffronto, sarà dato modo di riscontrarne la origine ai genitali maschili dello imputato; ma saremo sempre nel caso della identificazione di quello istrurnento avvelenato che creò la violenza. Ma tutte queste particolari circostanze non mi fanno ristare dal concetto — 363 — fondamentale che intendo di professare e cioè che l'unico com- pito che spetti al perito in fatto di Venere forense in quanto possa servire alla Giustizia per assodare se un individuo fu o non fu passivo d'un atto carnale più o meno violento, sia sem- plicemente quello di riconoscere se esistano o no chiari i segni di una azione traumatica quale potrebbe essere generata da co- mune agente. Quando esistessero o abrasioni, o graffiature, o contusioni, o lacerazioni, o sgranature od altri modi di soluzione di conti- nuo , il perito dee dichiararlo senza ambagi e senza specifica- zioni; quando non esistessero chiari, evidenti, testimoniabili ef- fetti di violenta azione, non avrebbe altro da dire non resultargli a suo giudizio segno di atto violento. Se perchè in quel dato caso esistendo i segni di un traumatismo nei genitali muliebri l'azione violenta fu operata sulla vergine dall'asta virile ed oltre al danno fisico fu oltraggiato il candore de' costumi ; se perchè in qualche particolar caso l'atto libidinoso arrecò danno fisico meno profondo o meno esteso o meno cruento, e perciò l'agente fosse da credersi per uno scaltro seduttore; se perchè anziché la lesione esser limitata ai genitali si ripetè anco alle regioni anali, ed in tale complicanza appaja anco maggiore intenzione di brutalità ; se perchè oltre alla soluzione di continuo vi fa inoculazione di pus blenorragico o di virus sifilitico, e perciò accrescimento di responsabilità e di pena sul presunto autore del delitto; tutto ciò non costituisce a mio modo di vedere, una singolarità di trattato medico forense, perchè tutte quelle que- stioni che si possono fare attorno all'effetto di un'atto libidi- noso più o meno violento, sono questioni accessorie che rien- trano nella comune dottrina medico legale e che possono com- plicare una lesione comune a quel modo che può esser compli- cata una ferita di coltello, di bastone e d'arma a fuoco ec. Alla domanda (molto suggestiva) che spesso si muove al perito e cioè: « se anco senza i palesi segni di un atto carnale più o meno violento, si possa in scienza ammettere possibile la consumazione dell' atto medesimo » io penso che non sia meno- mamente tenuto a rispondere il perito forense. Questo modo di appoggiare gli indizii della giustizia penale con criterii negativi — 364 — (benché nella valutazione scientifica non erronei) a me non piace affatto, perchè mi urta col fermo e fondamentale principio che in medicina legale vuoisi soltanto avanzare prove positive. Se l'autorità giudiziaria ha tanto di provato che il pudore fu offeso, che l'atto libidinoso fu o iniziato o anco consumato e vi fu offesa alla individuale libertà e coazione e scandalo ec. e perchè vuole mai forzare la parola della scienza a dire che può essere avvenuto un dato fatto materiale, meccanico, che avrebbe agito senza lasciare i segni della sua stessa potenza? Lo speciale assorbe il materiale in simili argomenti, né qui si tratta di un' omicidio in cui, prima di tutto, dee esser provato il materiale checché possa esser potente F indiziario. §. 196. Mi sono voluto lasciare andare a posta a tali aperte manifestazioni scientifiche perchè; mi sembra; rimettendomi, che si voglia far troppo o dir troppo in fatto di intervenienza del perito in questioni di Venere forense ed una tal quale conci- tazione; non so come dirla; se ampollosa, se di desiderata ambi- zione specialistica, traluce sempre in tali occasioni nelle quali per me e' entra e ci farei entrare molto più il bisogno dell'in- vestigazione giudiziaria morale che di quella fisico medica o materiale. Cui non piace questa dottrina la lasci pur da parte che non è guasto nulla, né a me preme vederla accolta. — Per conto mio personale, la Venere forense è un brano di trauma- tologia pura e semplice, e tutto il resto non è che o concomi- tanza o complicanza di questioni che appartengono ad altri trattati. — §. 197. Prima d'entrare in materia e indicare la parte pratica relativa alla venere forense; credo bene di precisare al- cune cognizioni dipendenti dalle disposizioni legislative.— Però dichiaro che questo paragrafo ha semplicemente lo scopo di pre- cisare il linguaggio e lo scrivo qui non per altra ragione che perchè il perito dovendo parlare con F uomo della Legge, le idee sieno ricambiate con intelligenza reciproca. Non bisogna dimenticarsi che nel momento attuale, F Italia non ha ancora determinata la unificazione del Codice Penale, ed essendo questo tuttora in proposta, i varii modi di oltraggiata pudicizia — 365 — prendono una denominazione od una cassazione a seconda dei di- versi codici penali che sono vigenti nelle diverse Provincie italiane. Ormeggiando così la Legge, mi preparo intanto la distribuzione degli argomenti da brevemente trattarsi in questa parte. E per prima ricorderò come e nel Codice Toscano, art. 301, e nel Sardo italiano, art. 420, e finalmente nel Progetto del Codice Italiano, art. 343 ec, con pochi cambiamenti di forma, sia prov- veduto al caso che per atto libidinoso si offenda il pubblico pu- dore. — Chiunque senza violenza (sta scritto nel recente Pro- getto di unificazione ) fa oltraggio al pudore od al buon co- stume, commettendo atti impudici ed osceni in modo da eccitare pubblico scandalo è punito con la prigionia ec Questa savia disposizione può dar luogo, come vedremo più avanti, all'intervento del perito forense non per constatare segni o tracce di patita violenza, ma per altre ragioni di in- dole freniatrica. — Venendo ora ad esaminare i fatti possibili che offendono la privata pudicizia è da ricordarsi come in tèsi generale, la di- zione « violenza carnale » comprenda qualunque congresso car- nale o atto libidinoso, commesso con violenza sulF uno o sul- l'altro sesso. Il Codice Toscano però all'art. 298 decreta: «farsi colpevole « di stupro chiunque defiori una fanciulla dopo gli sponsali e poi « l'abbandoni senza giusta causa, o deflori una fanciulla che abbia « compiuto il duodecimo anno e non il decimosesto ; o deflori una « fanciulla circonvenuta con fraudi di seduzione straordinaria, seb- «bene abbia oltrepassato il decimosesto anno e non abbia com- « piuto il vigesimo primo ». Il Codice Sardo (italiano): « decreta esser colpevole di stupro « violento colui che togliendo i mezzi di difesa, od inspirando gravi « timori a persona d'altro sesso abusa della medesima ». — E man- tiene la qualifica di stupro violento quando la persona stuprata non abbia ancora compiuta F età di dodici anni e quando la per- sona di cui si abusa si trovi per malattia, per alterazione di mente, o per altra causa accidentale, fuori dei sensi o ne sia stata artificiosamente privata. Il recente progetto di Codice penale da unificarsi in Italia, — 366 — all'articolo 335 dichiara «esser colpevole di stupro violento « chiunque con violenza costringe una persona dell' uno o del- « l'altro sesso a congiunzione carnale ».— E mantiene la qua- lifica di violento se « nel momento del fatto la persona stuprata « non aveva ancora compiuti gli anni dodici: o non avesse po- « tuto resistere sia per malattia di mente o di corpo, sia per « altra causa indipendente dal fatto del colpevole, sia per effetto « di artifici adoperati per commettere lo stupro ». Il Codice Toscano poi all'articolo 280 provvede alla violenza carnale « dichiarando di rendersene colpevole chiunque mediante « violenza abusa per libidine, di una persona dell'uno o dell' al- « tro sesso, graduando la pena crescente da quando è commessa « in femmina libera, o in femmina conjugata o con voti solenni « sacrata a Dio, o se la violenza carnale fu consumata in ma- « schio ». Qualunque altro atto di libidine poi che sia commesso me- diante violenza in persona dell' uno o dell' altro sesso, purché non sia come tentativo di violenza carnale, viene punito con minor pena cioè con la carcere da uno a cinque anni. Il recente progetto di unificazione penale, dopo lo stupro vio- lento, all'art. 337 statuisce che « chiunque commette con persona « dell' uno o dell' altro sesso un atto qualunque di libidine, che « non costituisca tentativo di stupro violento, è colpevole di vio- « lento oltraggio al pudore, aggravando il massimo della pena « se il reato fosse commesso in persona che non avesse compiuto « gli anni quindici », — Dal quale importantissimo confronto ne discende che la vio- lenza carnale contemplata nel Codice Toscano commessa su individuo dell' uno o dell' altro sesso, in qualunque altra condi- zione di età, fuorché nella minorenne ec, è considerata nel Pro- getto di unificazione all'art. 337 nella qualifica di violento ol- traggio al pudore — e che lo stupro violento, contemplato soltanto in fanciulla nel Codice Toscano all'art. 298, è riunito nell' art. 335 del progetto del futuro Codice Italiano allo stupro violento in maschio, date le condizioni di età minorenne ec. ec. — Resta poi uguale il gruppo degli Atti di libidine che seb- bene non violenti, pure, perchè commessi in pubblico ed oltrag- giaci il pubblico pudore, hanno corrispondente pena, — — 367 — Talché o per un verso o per l'altro, alla utilità scientifica per il pratico esercizio è necessario occuparsi : 1° dello Stupro violento in fanciulla : 2° dello stupro violento in maschio : — della violenza carnale (o dell'oltraggio violento al pudore) tanto in femmina che in maschio. — Laonde la gradazione sarebbe questa. — mollizie: — atto di libidine senza violenza: — stupro violento in femmina e in maschio (minorenni, e quindi vio- lenza presunta): oltraggio violento al pudore nell'uno e nell'altro sesso. Così mi pare; se non mi sono ingannato; di aver messo in chiaro quali e quanti argomenti avremo da esaminare in seguito, qualunque sia per essere la disposizione legislativa vigente sotto la quale possano cadere fino alla nuova ed unificativa procedura italiana. — È inutile, spero , che io dichiari di non aver preso in considerazione per tale confronto altroché i punti che pos- sono occupare il medico forense nella pratica. — Del resto, es- sendo alieno da lardellare di citazioni legali gli studii medico forensi, il lettore; se gli aggrada; ha da sfogarsi a suo bene- placito schierandosi sotto gli occhi il Codice Toscano, il Sardo italiano, il Progetto di Codice del 1874 e quello più recente penale del 1877. §. 198. Cominciamo dunque a vedere quanto e come può aver da fare il pratico dipendentemente dalle disposizioni legi- slative che comprendono i casi nei quali per Atti di libidine non violenti, ma commessi in pubblico ed offensivi il pubblico pu- dore, possono richiedere l'intervento del medico forense. E cosa vien fuori subito da tutto questo gruppo di possi- bilità? — Vien fuori naturalmente una conseguenza logica: — questa cioè: che se l'atto impudico generatore di scandalo, lo eseguì su di se stessa la persona incolpata, al più al più si potrà doman- dare se in qualche speciale caso si possa dalla scienza dimo- strare se il movente di quell' atto impudico possa dipendere da condizioni morbose individuali, o di ragione fisica o di ragione psicologica: o se Fatto fu compiuto in persona però consen- ziente, non violentata, non fosse anch'essa per avventura in stato morboso sia fisico che morale. — 368 — Di segni di violenza libidinosa da mettersi in chiaro non è da parlarsene in questa posizione di quesito ; perchè se pure si avesse ragione di fare questa domanda, allora la configura- zione giuridica costituirebbe un aggravante facendo trasformare il reato in atto libidinoso con violento oltraggio al pudore o in violenza carnale aggravata da scandalo pubblico. — Ma ciò usci- rebbe dai limiti posti a questo primo gruppo di casi. Fermiamoci quindi intorno a questo 1° Gruppo. §. 199. Atti di libidine ( non violenti ) che perchè com- messi in pubblico luogo si procede a misure di ragion penale. Come vi può entrare il perito ? Cosa deve fare ? Il più speciale ufficio che possa in fatto di offesa al pub- blico costume competere al perito forense è quello di occuparsi dello stato psicologico delle persone che furono o autori o coat- tivi di un'atto venereo, entrando anco in questo argomento; come in quasi tutti gli altri della medicina legale; quel filo immanchevole della freniatrìa forense. Anzi a dir vero, quando l'autore o gli autori del pravo atto, non sieno gente corrotta per immoralità di vita da esser piut- tosto degni di immediata pena carceraria, possono alcuna volta invece, abbisognare dello studio severo dell' alienista. Può dunque da alcuno commettersi un atto impudico o so- pra se stesso (venere solitaria) o sopra persona libera consen- ziente o sopra animali (bestialità), e tale atto venendo eseguito in luogo pubblico costituire l'offesa alla pubblica morale. In simili circostanze; nelle quali anco atti venerei leciti o tollerati in privato divengono illeciti e criminosi se commessi in pub- blico, il più sovente si verificano consumati da persone anco per tutta la loro passata vita oneste e di costumi intemerati ma che allora furono prese da un turbamento delle facoltà morali per lussurioso impulso. §. 200. Dato dunque il caso e sorti dei dubbii sulla mag- giore o minore imputabili^ dell'autore, come si dee comportare il perito? Per me la chiave pratica è tutta questa e non altra. — Il perito deve farsi questa semplice domanda : — Quali sono le malattie nevro psichiche nelle quali l'organismo umano possa F — 369 — essere spinto a libidine senza che il freno del senso morale e della elettivi tà, facciano accorto l'individuo della immoralità che va commettendo ? Stabilito ciò non resta che vedere se nell'in- dividuo in termini, esistano o no alcuni segni diagnostici di una delle presupponibili forme morbose. Ed ecco subito sentirmi dire: ma qui si entra in freniatrìa forense ! — Verissimo ! È la freniatria chiamata in soccorso di una questione di venere forense ! Ma è inutile far le meraviglie perchè come diceva in principio, a questo nodo bisogna venirci ! — Quali sono dunque le forme morbose nevro psichiche nelle quali più frequentemente si possano avere tali pervertimenti?— Di tutte non posso né debbo parlarne, perchè mescolerei qui un trattatino di psicopatologia. — Ricorderò solo al pratico che tutti gli alienisti insegnano come nella massima parte dei Maniaci ma più specialmente nelle donne e nel periodo acuto, si verificano degli impulsi erotici. — E nella mania erotica ad esempio, nella quale si sentono pronunziare delle idee lascive con eccitazione genitale che spinge alla manusturbazione che decide la ninfo- mania nella donna e la satiriasi nell' uomo. — Ed è un fatto di clinica osservazione che questi disgraziati, sebbene in prin- cipio possano ancora avere coscenza della loro angustiata con- dizione, poi per breve tempo che incalzi il morbo, dallo stesso morboso impulso peggiorato, sono affatto vinti nella volontà di resistere all'atto lubrico e senza pudore e senza alcun riguardo lo sodisfano in pubblico. Ma un tale esempio non sarebbe per avventura di difficile diagnosi e quasi il volgo stesso ad una di queste scene scandalose, esclamerebbe « quello è un pazzo o quella è una pazza » meno il possibile che si trattasse di corrottissima gentaglia che accortisi di esser sorpresi in flagrante delitto fin- gessero follìa. — Però fuori di tale evenienza è chiaro che se il perito trovasse un individuo in preda ad eccitazione, con idee incoerenti, con loquacità straordinaria, irritabile, perseguitato da illusioni, allucinazioni ec ec, e spento in lui ogni sentimento di decenza, di riservatezza, potrà accogliere subito, se non la cer- tezza, almeno un concetto di grande probabilità, d'avere avanti a se un individuo che può essere in preda ad erotomanìa e quindi irresponsabile dell'oltraggio fatto al pubblico pudore. Ma le cose Filippi u — 370 — potrebbero non presentarsi sempre tanto liscie e con una evi- denza di fatto così subitanea e però sia guardingo il perito a non precipitare giudizii sulla vera natura del fatto, anco quando una schietta forma di follia non possa riconoscersi di subito: perchè a volte in persone d'altronde per lo avanti di una condotta ir- reprensibile, costumate, laboriose, affezionate alla famiglia ec, nei prodromi d'una alienazione mentale possono verificarsi disor- dini impulsivi fra i quali anco i libidinosi e più tardi vedersi spiegata ora una ora altra forma di psicopatìa e più panico larmente quella d'una demenza paralitica. Anzi sono assai nu- merosi gli esempii citati di individui anco di età avanzata e che finirono in uno stato di demenza paralitica, i quali furono presi di mira per atti scandalosi commessi in luogo pubblico. Esami- nati dal freniatre furono riconosciuti malati in preda ad una nevropatia che essendo nel suo inizio; od anco in un periodo di remissione; costituiva F imputato come meritevole di cura e di sorveglianza anziché di pena. Vero è però che in allora il pe- rito avrà dovere di mostrare quali altri dati si unissero nello individuo ad avvalorare il sospetto che si potesse prevedere un tal morbo. E ad esempio; se fosse stato avvertito cambiamento di carattere per capricci o sregolatezze insolite, insonnia, disoc- cupazione dal lavoro abituale, scialacquamento di denaro oltre le proprie possibilità; ec. ricercherà anco se il soggetto presen- tasse o qualche tremolìo muscolare o difficoltà nella pronuncia delle parole o altro disordine che accennasse a principio di una modificazione patologica nei centri nervosi e specialmente cere- brali. In una parola, dovrà occuparsi di riconoscere se esistes- sero o i prodromi della forma congestiva cerebrale d'una demenza paralitica, od anche di una paralisi, complessa malattia nella quale avvenendo irritazioui congestive al cervello , al midollo oblungato ec, si destano impulsi morbosi e fra questi anco ec- citazioni veneree irresistibili. M'astengo da referire casi parti- colari relativi alla demenza paralitica essendo o almeno do- vendo essere, per certo conosciuti dal pratico forense. — Nella donna ancora il perturbamento delle facoltà mentali può prendere la forma della follia uterina, come anco in essa si può verificare l'impulso erotico per isterismo quale causa — 371 — determinante una psicopatia. Comunque sia, quando l'agitazione morbosa partente dall'utero si esagera in modo da vincere la lotta della ragione e del dovere e pervertite le facoltà morali e volitive, allora le parole, i gesti, le azioni, seguono cieca- mente quell'impulso e la donna appena vede un uomo, avidamente desidera il congiungimento carnale e si prostituisce commettendo le più indecenti azioni in pubblico. Mi pare dunque che la condotta da tenersi dal perito in si- mili circostanze, sia nettamente indicata e sia quella di ricer- care con estrema precisione quanto grado vi possa esser di li- bertà morale nell' incolpato, tenendo conto anco della indole insolita e straordinaria dell' atto commesso il quale, non tro- vando ragione o riscontro in tutto un passato privo di macchia, obbliga il perito a ricercarne la ragione nello stato attuale della turbata economia. §. 201. Accennata così la via mi sembra inutile tratte- nermi ancora ; diversamente decamperei dalle linee di questa opericciuola. — Credo più utile forse referire qualche caso cal- zante nel quale si possa vedere scolpito la scena reale di simili avvenimenti. Ed uno fra i molti da scegliersi sarà il seguente, ripescato a bella posta in un libro italiano e da un'italiano tuttora vivente narrato ed illustrato una ventina d'anni fa, desiderando di ci- tare questo per dimostrare come in Italia si fosse entrati nella sana via, né si fosse tanto piccini in questi studii quanto si dà a credere da certi piagnucoloni moderni! Studiando con amore molti vecchi libri nostrani è un fatto che spesso si tro- vano referite delle osservazioni pratiche che sono tant' oro di coppella ma dimenticate, bastevoli però a dimostrare come in alcuni argomenti di medicina legale si pronunziarono da gran tempo certi principii che oggi sotto veste di novità si - rieevono dagli stranieri. — Ad esempio questo caso osservato fino dal 1858 dal nostro egregio Dott. Cesare Taruffi, attualmente de- coro della Università Bolognese come insegnante Anatomia Pa- tologica, è veramente prezioso e qui opportuno. Un tale Sebastiano Poggi, contadino di 50 anni, della pro- vincia di Bologna, da 16 anni ammogliato, con otto figli, aveva — 372 — per unanime opinione condotta sempre vita esemplare di manto affettuoso, di padre amorosissimo, di lavoratore indefesso so- brio nei costumi, alieno da vino, da giuoco, da donne ec ec — Quando tutta questa regolarità di vita si venne in lui a tur- bare da un avvenimento che si ripeteva una volta per mese e talora due nella calda stagione. —In principio fu data poca im- portanza a tal disturbo, perchè presto dileguavasi, ma poi dando nell'occhio, si verificò che il Poggi mentre era in mezzo al campo tutto dedito al proprio lavoro a un tratto fuggiva e dopo due o tre ore tornava in casa con faccia sconvolta, con occhi agitati, vacillante nella persona ed estenuato, con palpito violento di cuore, con mente offuscata, in uno stato di generale disordine. — Chiamato il medico questi non se ne era potuto formare altro concetto che d'una nevropatìa ma di forma indeterminabile. Fatto però singolare si era che tutto si riordinava spontaneo nel breve periodo di due giorni. — Ma cosa accadeva quando il Poggi fuggiva per la campagna? — Si vedeva abbandonarsi alla ma- nusturbazione così violenta accompagnata da gemiti, da urli, da scontorcimenti quasi di belva e se donna di qualunque età e condizione gli si fosse presentata la inseguiva furente per sottometterla alle brame insaziabili. In una di queste dolorose contingenze fu arrestato e fatto prigione. Il medico, l'egregio e dottissimo D. Taruffi, sottoponendo ad accurato esame il povero Poggi quando entrava nel periodo di calma, aveva da questi la se- guente testuale confessione articolata nel più limpido stato delle facoltà mentali : « mi sento preso ad un tratto da una speciale « sensazione all'occipite seguita da un perturbamento in tutto « il cervello, con una erezione sì violenta al pene da non « potere in guisa alcuna resistere al bisogno impetuoso di « voluttà !....». Quanto mai è in povere parole ricca questa breve pittura che di se medesimo fa all'uomo della scienza, il Poggi! E quanto bene operò l'ottimo Taruffi quando nel suo voto medico legale dichiarò che tutto l'andamento del fatto portava alla conclusione che nel Poggi anziché un comune e laido de- linquente, v'era un malato di monomania istintiva di natura erotica che toglieva la libertà d'azione. — Chi non vede la freschezza d'una osservazione tanto giusta, tanto vera e tanto — 373 — consona all'avanzato cammino della scienza? Avendo mezzi di queste gemme scientifiche se ne potrebbe mettere in luce molte e sopra diversi argomenti di medicina legale.....ma !..... §. 202. Si possono dare anco casi nei quali tutto il movente risieda in malattie localizzate negli organi genito uri- narii o nelle parti anali, come sarebbero ad esempio le affezioni ruriginose e cioè l'èrpete prepuziale, l'eczema dello scroto, dei- Fano, il rosìo emoirroidario ec.— Quanto ai casi dipendenti da malattìe degli organi genito urinarii eccone alcuni qui appresso. Il Dott. Laugier(Ann. Med. Leg. n° 106, 1878) ne riferisce sei casi nei quali si era lanciata accusa di oltraggio pubblico al pudore contro individui che soffrivano di malattie diverse e per le quali erano sospinti a sodisfare alcuni materiali bisogni in modo un po' singolare e indecente. — Ad esempio, in un caso si trattava di un giovanetto di 17 anni il quale si tratteneva assai e spesso in alcuni pubblici orinatoj. Era accusato di atti e di esibizioni oscene. — Ma egli soffriva d'incontinenza not- turna d'orina, mentre diceva soffrire difficoltà di mizione diurna per la quale era quasi costretto a fare quello che fanno tutti coloro che hanno un- tale incomodo, cioè a fare trazioni sulla verga per facilitare la mizione. — La verificata esistenza della malattìa minorò la pena all'imputato. — In altro caso si trat- tava di un uomo di 56 anni che soffriva di restringimenti ure- trali, con cistite e incontinenza d'orina. Sorpreso dagli agenti di sorveglianza in attitudine sospetta, fu trovato con la verga fuori dei pantaloni gocciolante un umore denso che aveva lasciato macchia bianco grigiastra sul tavolato della sala nel posto in cui egli stava. —Fu constatato dal D. Laugier che in quell'individuo vi erano gravissime alterazioni di uretra e di vessica e l'imputato confessava che nello spasimo da cui era preso nel sodisfare al bisogno di emettere almeno qualche goccia d'orina, era costretto a chiudersi il soprabito e lasciare fuori pendente la verga per ottenere sollievo dalla fuoriuscita di qualche goccia ec. Anco per questo malato fu mite la condanna. — Così in altro caso di restringimento uretrale per blenorragia, ed in altro in cui esisteva una ipertrofia della prostata con vizio emorroidario, ed in un' ultimo finalmente, nel quale si trattava di un diabetico — 374 ~ incolpato di oltraggio pubblico al pudore, mentre da lungo tempo assicurava non aver più nò erezioni né desiderio venereo , la verificazione esatta e dimostrata della esistenza di tali morbi salvò dalla pena minacciata gli imputati. — Dalle quali considerazioni possiamo tirarne il corollario pra- tico come in simili circostanze F opera del perito sia utile a indicare se esista o non esista o fino a qual grado sia esistente una cagione morbosa che possa esser valevole a rendere scusabile un atto che ha del libidinoso e che, perchè commesso in pubblico, può avere offeso il diritto delle genti le quali vogliono rispettato un sentimento così nobile ed elevato che rendendo costumata una nazione ne aumenta la potenza nell'ordine della civiltà sociale. §. 203. Ora la distribuzione della materia mi porta a in- dicare quali occupazioni pratiche può incontrare il perito nell'im- portante gruppo degli atti carnali violenti che possono offendere la privata pudicizia. Qui però si presenta prima l'analisi di un gruppo di lascivie, di mollizie, di voluttà morbose, di laidezze che nell'età oltre la minorenne non hanno in se stesse neppure il merito da esser colpite apertamente per iniziativa dalla Legge, ma vogliono che per esser punite vengan portate alla luce per pri- vata querela di parte. Eppure sono frequentemente quei modi di libidine che atten- tando alla pudicizia altrui, e specialmente se nella minorenne età, preparano e seminano la corruzione nei costumi, in per- sone, in luoghi, in comunanze nelle quali parrebbe impossibile trovare modo di sapere come la corruzione vi sia entrata. — Sono quelle impudicizie semplici (che prendono solo il carattere di violenti, se commesse in individui dì minorenne età) le quali se compiute in modo occulto e, per inesperienza di età, per poco sopportate, avvelenano la moralità ed il pudore di una tenera creatura, senza, a volte, neppure lasciare traccie sensibili del pa- tito oltraggio. — Alcune volte però, scoperto il fatto, o dai ge- nitori o da persona estranea, può occupare il perito onde veri- ficare se danno fu arrecato e di quale grado a chi subì l'onta Un esempio di simili atti fra i moltissimi che frequentemente ( e che pur troppo frequentemente oggi ascoltiamo su pe' tri- bunali) è quello di esser chiamati a verificare se piccole barn- — 375 — bine fra i nove, dodici anni, attirate da inviti gentili, da ca- rezze , da ninnoli , da chicche, da poco denaro e che so io, condotte in luoghi appartati e sovra di esse sfogate libidini con toccamenti impudici , ripetuti, con confricazioni dell' asta virile nelle parti pudende fino alla ejaculazione , o costrette nolenti, ad altri modi di libidine a particolareggiare i quali non mi lascerò scorrere la penna di fra le dita; abbiano o n( n abbiano patita F offesa e quanto danno da quelle turpi libidini. — Ac- cade il più spesso che o la bambina sorpresa nel fatto, o i ge- nitori avvertiti dei doni insoliti senza saperne la legittima prove- nienza, o alcuno insospettendosi della premurosa tenerezza spiegata per quelle fanciulle da qualche persona in fama di libertino, o la madre accorgendosi di qualcosa trovando macchie imbiozzi- manti le vesti, o la bambina stessa accusando dolore o bruciore ai genitali, si scuoprono i casi ed allora denunziatili si affida al perito di verificare lo stato delle cose. — Per lo più si tratta ora di qualche escoriazione, ora di rossori, ora di rigonfiamenti delle parti pudende, ora di scoli catarro purulenti, senza però i segni di una tentata o consumata deflorazione. Sono manusturbazioni o fatte sopra bambine od anco sopra bambini, o da uomini su fem- mine o da donne su bambini o da adulti sopra giovanetti. — Ed è singolare cosa in questo argomento la seguente, e che io noto perchè è proprio resultato della pratica osservazione: — per lo più ho verificato compromettersi in tali affari o vecchi od uomini anco in età virile e viripotenti e ammogliati e con figli, ma però quest'ultimi in qualche modo costretti o legati ad una professione che li tenga fissi ed obbligati ad un dato ufficio. Più rara cosa è che sieno le donne imputate, sebbene esempii non manchino specialmente in donne di servizio le quali non hanno ritegno ad eccitare piccoli bambini a lascivia guidandoli ad atti che in qualche modo destino su di se stesse voluttà infami. — Quanto alle persone di sesso mascolino che in età adulta (60—70—80 anni) con un'antecedente illibatezza di costumi, con una fama di onestà ineccepibile, ho vedute cadere ad impudicizie su minorenni, il più delle volte (per non dir sempre) ho potuto verificare che la fan- culla che si disse vittima, era una delle più corrotte creature che potesse vivere sotto la cappa del cielo. — Ed ho poi il più — 376 delle volte verificato che dietro a queste minorenni sgualdrinelle, ci stavano sgualdrine adulte che usurpavano il nome santo di madre: tantoché più volte (con forzata reverenza) ho piegato la testa al vóto dei Giurati, deplorando quella Legge che in molti casi allo scopo di difendere la età inesperiente, ma pura, mi confonde irrimediabilmente la minorenne la più spudorata già corrotta e corruttrice che sguinzagliata da giorno a sera nei posti dove può trovare il vecchio danaroso da compromettere, invita a libidine. Capisco tutte le obiezioni, so anch'io che nella fatale evoluzione della natura umana il vecchio può rimbambire e diventar vizioso più di un giovane, e so che non sempre il crine canuto è aureola di virtù I — Ma non mi si neghi esser vero che bambine sfacciate possano corrompere a libidine un vecchio e per questa circuizione o sollecitazione fisica trascinarlo ad atti immorali sì ma che trovo non giusto abbiano a prendere il grado di violenti sol perchè consumati sopra individuo in una età nella quale non si ammette vi possa essere intelligenza o forza a difendersi dal vizio quando nel vizio sono già infangate fanciulle dodicenni che pajono angeli.—To perito a difesa in queste circo- stanze ho sempre perduto ! — Lo dichiaro lealmente — Ma quando aveva il convincimento nell' animo che il vecchio fosse persona onesta e la minorenne una fanciulla spudorata, ho sempre accettato; se non altro per sfogarmi a far capire che una conveniente diagnosi psicologica della pretesa vittima, in codesti casi, doveva temperare la austerità della Legge; e poi perchè sul sagrificio morale d'una reputazione immacolata e pura salvata fin quasi all'orlo della tomba, non vi trescassero nell'orgia infame le madri lenone di future taidi ! — E basta —. Quanto all'altro gruppo ho veduto il rovescio: cioè per lo più uomini corrotti o corruttori con una tal quale tendenza a quegli atti speciali di libidine. — Anzi recidivi, o se non noto- riamente, tradotti ai tribunali, o se anco tradottivi, non condan- nati, o se anco condannati, pure il più delle volte recidivi. — È una corruzione dell'istinto venereo; è una speciale tendenza?!..... N°n lo so..... Ma vi sono uomini che viripotenti, liberi, conju- gati ec, hanno fatale trasporto a consumare impudicizie sopra tenere fanciulle; e si noti bene: neppure per essere infetti da — 377 — blenorragia o da sifilide, nel funesto concetto volgare di liberarsi dal morbo toccando una vergine, ma assolutamente sani da tali malattie. —- Per lo più (non dico sempre ) ho verificato che o sono negozianti, o maestri di scuola, o sorveglianti di personale manifatturiero, o impiegati in qualche azienda dove capitino bambine o fanciulle i quali le attirano con doni, con promesse, in luogo più o meno appartato, per servirsene quale oggetto di sfogo alla loro speciale libidine con toccamenti voluttuosi Gli avvocati non sogliono mancare quasi mai nelle loro spesso enfatiche arringhe di esclamare : vi pare che il tale ; giovane, sano ec. ec, nel tale negozio, di giorno, nella strada tale, fre- quentata , col pericolo di esser sorpreso, possa mai essersi la- sciato andare a simili debolezze ! .... Ma gli avvocati, che non sono medici, e non hanno per lungo studio avuto a mano questa nostra povera organizzazione umana; la quale con le sue fatali tendenze spinge alcune volte ad atti che sono per la Legge punibili onde raffrenare in altri la tendenza istintiva che la organizzazione chiederebbe; non calcolano che purtroppo vi ha buon numero di fatti che tutti si somigliano e che hanno in se stessi un punto stabile da fare pensare piuttosto alla scaturigine di essi da comuni e profonde radici morbose organogeniche. — Per lo più la bambina è condotta in luogo alquanto appar- tato del negozio, o nella retrostanza, o dietro un uscio, o nello scrittojo, o nel palco morto; e là è posta con carezze sulle gi- nocchia: poi cominciano dei toccamenti sotto le vesti, o delle raollizie ai genitali, e queste a volta a volta si ripetono o final- mente è F asta virile che compie il contatto od il soffrega- mento, senza violenta intromissione nelle parti pudende taginali od anali. Accaduta la evacuazione dello sperma, la bambina è rimandata con doni e promesse di non dir nulla a nessuno e specialmente né alla mamma né al babbo. — Questa, poco più poco meno, è la deposizione stereotipata dei fatti e lo spoglio di numerosa serie di processi penali. — A tagliar corto di quanto si va praticando sui minorenni dell'altro sesso, dirò che in pratica si può essere chiamati qual- che volta a verificare se esistano segni o no di contatti o con- frieazioni ec nelle parti che si dissero oggetto di lascivie, — 378 — mollizie ec, e se esistano a qual grado e da quanto tempo possano essere iniziati. — Io per ora raccomando di occuparsi molto a riconoscere in questi casi se esistendo qualche alterazione, anziché effetto del- l'altrui lascivia, non potesse essere effetto di abituali e precoci manovre di venere solitaria o resultati speciali di malattìe di- pendenti dalle condizioni generali di organismo o da altre pos- sibili cause morbose. — Quale il modo dell'esame, quali i segni, quali le differen- ziali ec, il perito le troverà accennate più avanti nel §. 208, perchè ora debbo preparare la distribuzione della materia e non addentrarmi nella essenzialità pratica volendo cansare ripeti- zioni. — §. 204. Per non lasciare indietro nulla che potesse occu- pare la pratica forense, debbo per poco soffermarmi ancora su di un'altro gruppo di fatti; sebbene ristrettissimo; nei quali offendendosi pure la privata pudicizia, il perito può esser chiamato a dare il proprio parere: più però relativo allo stato dell'im- putato di quellochè necessario alle condizioni fisiche nelle quali potè es.sere condotta la persona paziente. — Tale argomento lo tratto qui perchè è anche di congiunzione con quanto ho bre- vemente studiato più sopra al §. 203. — Si citano casi, e si possono presentare tuttavia, nei quali da alcuno, o del sesso mascolino o del sesso femminino, si com- mettono atti lascivi per impulso libidinoso a volte sopra indi- vidui minorenni di sesso diverso, a volte sopra minorenni di sesso uguale ( e perciò con violenza presunta o morale ) e a volte si commettono sopra individui dell'uno o dell'altro sesso però in età adulta e senza violenza. Tali offese al privato pudore, possono per privata querela esser deferite e formare soggetto di studio medico forense. — Se chi ne fu passivo è minorenne; e peggio poi se chi le subì aveva rapporti di sangue con l'incolpato; in allora prendono le configurazioni di stupro, incesto ec, — se non vi sono tali condi- zioni aggravanti, né vi fu violenza, allora possono esser conte- nuti nei limiti di atti di libidine ec, o di attentati al pudore ec. La spinta morbosa tiene sua radice in quello che il Prof. — 379 — Westphal chiamava sentimento sessuale contrario, cioè una tendenza misteriosa che spinge alcuni ad amare individui del proprio sesso con sentimento d'avversione agli individui del sesso differente.—Non bisogna assolutamente confondere questi malati con i pederasti o meglio con quei depravati qui rem ha- bent cum masculo, e a tempo e luogo si satisfanno accedendo ad mulierem ; ma sono individui che sentono repugnanza decisa per quelli di sesso diverso, e come meglio scrive il Gock, sono affetti da pervertimento del senso genitale. — Si domanda in tali casi : sono queste affezioni morbose mentali o sono malattie organiche? 0 meglio, dirò io, sono estrinsecazioni istintive di un perturbamento nevropatico? Ognuno intende come la dimo- strazione di questo delicato argomento di scienza possa minorare la responsabilità penale quando anche non potesse venire del tutto cancellata.—Ma vediamone qualche caso.—Narra il Gock d' avere avuta la confessione da un' uomo intelligente , bravo, educato, sano:, di costumi purissimi, come egli sentisse avver- sione per le donne e trasporto per gli uomini. — Dice il Gock che questo tale lo assicurava di non avere avuti rapporti ses- suali con femmine e si manteneva scapolo.— Nella famiglia non vi erano stati precedenti di psicopatie, però costui com- metteva qualche bizzarria, delle originalità, e divenuto poi me- lanconico, finì col suicidio. — Nessuna anormalità di conforma- zione esisteva ai genitali. — Narra pure il Gock come una donna giovane di 28 anni, di Wursbourg, israelita, si presen- tasse alla Clinica accusandosi malata e desiosa di morire, perchè seriamente diceva, di sentirsi innamorata d'una sua amica e mentre riconosceva di esser presa da tale cattiva passione, assicurava di non poterla vincere. — Raccontava senza mistero che quando poteva abbracciarla e carezzarla se ne sentiva con- solata per una voluttà indefinibile e quando non lo poteva fare entrava in uno stato di furore, di eccitamento al quale succe- deva un periodo di apatia. — Tali morbose tendenze la spin- gevano alla manusturbazione, né poteva d'altronde provvedere alla satisfazione istintiva altrimenti, perchè rifuggiva invincibil- mente dagli uomini. —Questi disturbi avevano aumento marcato nei periodi mestruali. — Nella famiglia di questa malata non vi — 380 — erano precedenti, ma essa aveva però corta intelligenza. — Tentò il suicidio — Ricoverata nello Spedale si innamorò idi una ser- vente— Poi ritentò il suicidio e finalmente morì estenuata.— Gli organi genitali non offrivano anormalità. Lo stesso Gock nel 1869 ha osservato un caso di un giovane istitutore di 22 anni, israelita. — Nella famiglia di lui non vi erano precedenti morbosi. — Aveva facoltà intellettuali poco sviluppate, tantoché per soprannome i compagni lo chiamavano F imbecille ! — Nel 22 Gennajo entrò nello Spedale in uno stato d'ipocondria : era agitato ; ansioso, turbato da allucinazioni. — Nella struttura fisica non presentava nulla di particolare.— Rispondeva assai giustamente alle questioni e sosteneva di non esser folle. — Aveva molta mobilità nello sguardo. — Spesso ripeteva le parole « Hep Hayem! » e nel pronunziarle portava le mani sopra le parti genitali degli assistenti.—■ Confessava di essere manusturbatore. — Uscì dallo Spedale assai tranquillo, ma dopo vi fu rinviato agitato, con fisionomia cattiva, con sguardo lùbrico, occhio scintillante, mobile , urlando sempre: « Hep Hayem ! » mettendo le mani sopra i genitali degli uo- mini e invitandoli al coito contro natura. — Egli s'imponeva un nome di donna ebraica, e per attirarsi uomini a sue voglie, fuggiva nudo dal letto. — Urlando e in preda ad una agitazione straziante morì il 9 Settembre 1869.—Alla autopsia si trovò aderenza callosa del corno destro cerebrale—infarti pioemici pol- monari. — Flebite al plesso prostatico. — Ano dilatato, beante. — Il Krafft-Ebing cita due casi in giovani donne provenienti da madri affette da nevropatfe. In una di queste vi era stato son- nambulismo, ed alla età di 24 anni accenni di mania periodica. — Nell'altra v'erano state convulsioni; delirio di persecuzione ed a 24 anni fu affetta da mania.— E l'una e l'altra erano prese da tali tendenze irresistibili per le persone del proprio sesso con tale avversione al sesso maschile, che fu forza', isolarle, seb- bene e dipoi nell'una e nell'altra, incirca al 28° anno, tali mor- bosità sparissero. Io non voglio più oltre spigolare casi simili, e se ho riepi- logati brevissimamente questi, l'ho fatto in tale circostanza per- chè essendo avvenimenti non tanto frequenti ad essere svelati — 381 — (sebbene sotto le apparenze della più candida purezza di co- stumi vi sieno molte probabilità a ritenere che avvengano) pure possono capitare alla osservazione del pratico, ed in allora sarà anco più utile conoscere tali quali quelli che vengono narrati da nomi autorevoli onde trarne quel tesoro di studio di cui sono meritevoli. Dato che uno di questi disgraziati individui sia sorpreso dagli agenti di polizìa nel momento in cui consuma per impulso ir- resistibile uno di quegli atti libidinosi; o dato che la persona che inaspettatamente si trova offesa in privato da una di co- deste impudicizie ne sporga querela all'autorità giudiziaria, ecco subito F intervento del perito a doversi occupare di casi gravis- simamente importanti e degni di ogni seria considerazione. Ecco come un atto impudico che offenda la privata pudicizia può es*- ser fonte di studio immensamente proficuo ed utile. §. 205. Io certo non avrei inserito questo paragrafo se non vi avessi scòrto una utilità [pratica relativa alle questioni di venere forense, quando una offesa ai privati costumi fosse ori- gine di lagno ai tribunali. Ed ho voluto indicare al perito una importante pagina di psichiatrìa legale, stupendamente riepilo- gata da quel carissimo ingegno del Tamassia (Rivis. Freniat. Fase I, 1878). Ai profani di tali studii, parranno novelline; ma quando si pensa che hanno seriamente occupata la mente d'un Casper, d'un Tardieu, d'un Westphall, di un Legrand di Saulle, di uno Stark, di Krafft Ebing, del nostro Lombroso, dello stesso Tamassia ec., mi pare che le meraviglie debbano sparire. — Già la scienza intorno a questi casi ha segnate le seguenti linee e cioè : 1° Si possono verificare in società individui nei quali, iure essendo regolare la conformazione esterna degli organi sessuali o maschili o femminini, possono nonostante sentire per abnor- malità d'istinto sessuale, sia congenitamente o periodicamente, avversione e ribrezzo per il sesso opposto. 2° Tale pervertimento che per lo più non va disgiunto da disordini psichici; non spinti però a tale estremo da abolire il senso morale e volitivo; può spingere l'individuo a sodisfare l'istinto sessuale invertito o sotto modi di reciproca manustu- — 382 — prazione, o di mollizie e toccamenti lascivi, od anco di con- giungimenti pederastici passivi. 3° Tali individui; quando F impulso libidinoso pervertito venga spinto al massimo grado o per difficoltà incontrate nello sfogo libidinoso che si renda violento o per complicanze mor- bose sopravvenienti nel disordine cerebro spinale; possono essere spinti a recare danno e anco la morte della vittima o per mezzo dello strangolamento , o dello strozzamento, o della soffocazio- ne ec. Ed ecco , come diceva in principio, semprepiù spiccare la verità che mi sta fitta in mente: che quantopiù si studia questo famoso argomento della venere forense, tantopiù mi persuado che proprio proprio di questa specialità di trattato ne resti pochina pochina. — Ed è tanto vero (sarà una fisima la mia) che segui- tando a studiare questo gruppo di casi, in fondo in fondo poi la parte importante che resta al pratico è forse lo studio della modalità dell'alto lascivo; il quale (si noti bene) può non es- sere neppur violento; ovvero lo studio della maggiore o minore responsabilità giuridica dell' atto medesimo ? ! — A sciogliere questa seconda parte in casi simili il perito ha dovere di fare le seguenti ricerche: 1° Se vi fossero influenze ereditarie; e più specialmente a carattere nevrocinetico per instabilità di carattere, eccentri- cità di affetti e tendenze o a forma isterica, epilettica ec. 2° Come progredì lo sviluppo fisico ed intellettuale nella prima infanzia e gioventù e specialmante poi ricercare quanto ha rapporto con le tendenze affettive. 3° Come decorsero la gioventù e la virilità e specialmente ricercare se lo sviluppo intellettuale seguì passo passo lo svol- gimento corporale o se nell'uno elemento e nell'altro si avver- tissero delle irregolarità. — Ricercare se pel passato vi furono fatti disonesti sia relativi ad atti venerei o contro la proprietà altrui. 4° Fare l'esame obiettivo dell'organismo:-e cioè, stabilire la età:—la statura: — l'abito del corpo, se regolare o nò:—come si mantenga la sensibilità della cute, come la sviluppo dei peli corrisponda alla età del soggetto : — quale il tipo cui si può ri- — 383 — portare la conformazione della testa:—descrivere ogni cosa abbia rapporto con i capelli ec, — esame del cranio — della faccia — espressione o atteggiamento del volto —. conformazione delle orecchie—conformazione del tronco:—delle estremità toraciche:— addominali ec, — conformazione degli organi genitali e notare se esista o no qualche alterazione congenita od acquisita. — lare Fsame dell'ano onde rilevare se vi siano tracce di pede- rastia passiva. 5° Prender nota della funzionalità fonatoria—voce — pa- rola ec., ■— della circolatoria, respiratoria — chilopojetica. — Raccogliere note sulle funzioni sessuali, e guidando un conve- niente interrogatorio, formarsi un concetto della facoltà intel- lettiva. Così procedendo il pratico verrà a raccogliere tali dati da formarsi un giusto criterio se quello individuo o possa essere un vizioso od un immorale qualunque: ovvero un individuo ma- lato per un' alterazione psichica della quale sia un effetto im- pulsivo il perturbamento sessuale:—ovvero se congiuntamente vivendo cause che destassero quel pervertimento, a questo s'ag- giunsero, alterazioni psichiche. Nello stato attuale della scienza non vi può essere dubbiezza alcuna ad abbracciare la dottrina più positiva del preesistente stato di alterazione nervosa, come unica e primitiva sorgente d'ogni estrinsecazione psicologica : — e dato appunto che nel- F esame del caso singolo, resultino segni di abnormità psichiche, ottusità iniziale delle funzioni cerebrali, fino all' imbecillità ; niuna nota di sentimento morale affettivo; anzi tendenza a commetter furto, tendenza al suicidio, ad ogni più depravato atto carnale fino a volerlo compiere con una ferocia brutale da ferire ed uccidere, è manifesto che se un tale pervertimento venereo si annunzii come congenito, nell' andare completandosi stabilisca un gravissimo stato patologico da togliere ogni respon- sabilità penale. È chiaro poi che se l'atto venereo o illecito, o scandaloso, o violento e avente indole di invertito istinto ses- suale, è interveniente o transitorio durante una forma di follìa, allora il criterio della maggiore o minore imputabilità è dipen- dente dai caratteri o dai limiti della abnormità fondamentale. — 384 — — A tale punto giunti con la scienza, nulla per me vi è di sfor- zato a ritenere che il trattato della venere forense dalla pedera- stìa al tribadismo inclusive, debba diventare un giorno un capitolo di sintomatologìa freniatrica forense. Concludendo per la pratica è necessario in tali circostanze A) prendere cognizione dello stato della persona che subì F atto libidinoso : — e B) mettere in chiaro quali segni di violenza possa offrire nella sua persona e specialmente nelle parti pudende. — Vedremo più avanti se vi sieno o no segni caratteristici di atti carnali più o meno violenti: e dall' altro è necessario occuparsi seriamente dell'incolpato § 206. Passiamo ora a indicare le cose relative a sapersi per bene disimpegnare l'ufficio del perito nei casi diversi degli atti carnali essenzialmente violenti che possono offendere i pri- vati costumi. — È questo il gruppo dei delitti con i quali si offende la pudicizia individuale. — Prima di andare oltre, fissiamo bene alcune idee per esser chiari nel linguaggio giuridico ed in quello medico forense. — In generale questi atti prendono nome di Stupro, Violenza car- nale ed oltraggio violento al pudore. Stupro, in buon'italiano, significa corrompimento di vergi- nità ed è propriamente quando si toglie il fiore della verginità alla vergine. Però può avere due gradi cioè di tentato stupro e di consumato o completo (deflorazione). D'onde resulta chiaro che a parlare di stupro, bisogna ammettere che sia accaduta una congiunzione corporea, venerea, onde distinguere le mol- lizie e F oltraggio al pudore, senza violenza. — Nella Violenza carnale, può non considerarsi la qualifica di verginità, ma sibbene vi sta sempre incluso il concetto che si sieno consumati atti violenti che offendano e il pudore e la libertà morale e fisica della persona offesa. Tantoché e in donna libera e onesta, come anco in pubblica meretrice (a parte la ca- stità) può essere consumata una violenza carnale e per questo esser punibile chi la effettuò. Nell'Oltraggio violento al pudore, si riconoscono tutti quegli atti impudici commessi sovra altra persona contro la di lei vo- lontà, atti che però non costituiscono tentativo di violenza car- nale. — 385 — Per la necessità pratica medico forense studieremo le ur- genze relative a tale argomento, cumulando però e lo studio medico forense del tentato stupro e del completo ( ossia con deflorazione); e tale studio intendo di riunirlo insieme; perchè; coerente ai principii più sopra indicati; la questione di un ten- tativo di un atto immorale è tutta compresa in una intenzio- nalità della quale non deve occuparsi il medico. Debbo fin d'ora dichiarare che tutte le volte che adoprerò la dizione « donna vergine ec», intenderò sempre di fìsica ver- ginità non d'altro; sapendosi bene che ad una fanciulla o ragazza onestissima ed illibata può essere fatta somma ingiuria fisica, senzachè per questo ne sia corrotta la purezza dei costumi o si debba dire impudica. §. 209. Stupro violento in donna vergine. — (Tentativo e Deflorazione). — Primo fondamento importantissimo in pratica a ben valu- tare se esistano o no modificazioni violente nei genitali d' una donna che si suppone fisicamente vergine, è quello di ben co- noscere la conformazione anatomica normale a seconda della età nella quale si trova la supposta paziente. Questo è un primo punto che vuole seria considerazione; perchè dall'età minorenne fino al periodo di pubertà sviluppata ed oltre, l'aspetto naturale delle parti genitali femminine va mano mano cambiandosi e bi- sogna dichiararlo apertamente, senza avere avuta attenzione a cogliere le occasioni propizie che specialmente nei grandi Spedali possono occorrere a bene studiare tali argomenti, diffidi cosa è impararla sui libri. — Segnerò dunque prima alcuni ricordi ana- tomici relativi alle condizioni più consuete degli organi genitali di fanciulla minorenne impubere: — ricorderò le più ordinarie dif- ferenze in giovane donna, fisicamente vergine — ed i cangia- menti che possono verificarsi in donna abituata ai congressi carnali. - S'intende bene che in questo punto d'anatomia noa parlerò d'altro che di quanto possa avere importanza di appli- cazione medico forense. — §. 210. Ricordo dunque come nella fanciulla intatta, mi- norenne, posta convenientemente supina su letto piano, solido, ed in modo che il perito guardi in faccia le parti, facendo rile- Filippi 25 — 386 — vare il bacino con un guancialetto e con le coscie in non forzata abduzione; senza nessun artificio di riscontro manuale, le parti pudende presentino a) le Grandi labbra piuttosto carnose, coperte-da liscia e tesa pelle, ed in basso gli orli interni d: esse s'accostino al- quanto e possano anco toccarsi più di quanto non avvenga in alto verso F arcata pubica ove si discostano , disegnando così un apertura longitudinale che guarda direttamente in avanti. — b) A traverso quella apertura interlabiale , che prende nome di apertura vulvare, apparisce all'occhio, in condizioni di salute e di pulizia, la muccosa che veste l'interno del canale vulvare di un bel color roseo chiaro e specialmente in alto ove apparisce e) la Clitoride, il cappuccio prepuziale e l'apertura ure- trale. Queste parti (costistituenti il vestibulo) si palesano subito all' occhio perchè ; come ho detto , le grandi labbra in alto y vanno discostandosi, rendendo più amplia naturalmente Y aper. tura vulvare. Notate queste cose, onde prender cognizione esatta del ri- manente, il pratico operi così: e dico, faccia così: perchè la esperienza mi ha insegnato ad avere chiarezza di esame ponendo il palmo delle due mani sopra alle regioni glutee e abbracciando la rad;ce d'ambo le coscie nella loro faccia posteriore:—giungere poi al perineo fissando i polpacci dei due pollici uno di qua uno di là ed al medesimo livello sull' estremo inferiore di ciascuno grande labbro. — Allora con moto uniforme e dolce , stirando per scivolamento prima in basso e poi lateralmente ed in fuori i due pollici, quasi per ritornare indietro colle mani sulla regione dei grandi trocanteri; si ottiene: con una dolcezza ed una evi- denza che non ho mai ottenuto per altri modi ; tutta la mag- gior cognizione vedendosi spiegare sott'occhio d) la Forchetta; la quale ripiegatura cutanea foggiata a mezza linea nella fanciullina intatta, si suole estendere piuttosto in alto nel campo vulvare ed essere assai resistente. — In seguito al dispiegamento della forchetta, si apre la e) Fossa navicolare; piuttosto ampia in quella età e con- cava in modo da ricordare il seno che formano le valvule si- 387 — gmoidee nell' orificio polmonare od aortico. — Si scorge bene allora F f) Orifìcio vulvo vaginale assai stretto, liscio, lucente: e al di dentro di questo apparisce F g) Imene il quale è assai profondo e teso secondo un piano che va dall' alto al basso e dall' avanti all' indietro. — Relati- vamente a questa benedettissima membrana, la regola generale è che la vi sia: però può presentare moltissime modificazioni di forma: ora anellare, ora a mezza luna con la concavità in alto, ora a membranella forata nel centro, ora con orificio unico e fuori di centro, ora doppio e talvolta manca affatto: a volte la membranella è trasversale con incavo superiore ed inferiore, talora si presenta come a boccio di rosa o ad apertura di borsa da tabacco stretta da guaina ec ec, ma in generale esiste ed è rarità la mancanza. Per tale metodo semplicissimo di esame si vedono bene anco le h) Piccole labbra o ninfe, delicatissime ripiegature della muccosa vulvare ; nascosta nella impubere sotto alle grandi labbra. — Le ninfe formano il Cappuccio prepuziale della i) Clitoride, piccolo bottoncino carnoso, roseo, che si vede sotto alla congiunzione superiore delle piccole labbra; e sotto ad esso finalmente apparisce F l) Apertura uretrale che nella fanciullina è piuttosto un po- chino rilevata, protuberante naturalmente. §. 211. Nella giovane donna, robusta, sana e morigerata e fisicamente vergine, oltre alla più o meno ricca produzione pilifera che cuopre il tegumento del monte di venere, e delle grandi labbra, l'apertura vulvare, guarda alquanto in basso e un po' obliquamente indietro, tantoché è un fatto di pratica che per condurre in buon punto d'esame le parti, è necessario sempre porre un cuscino per rialzare il bacino facendo inchinare dolcemente in dietro ed in basso il tronco. — Le grandi labbra tendono piuttosto ad un ravvicinamento nella porzione superiore della vulva e tendono a lievemente discostarsi nel centro ed in basso ; tantoché senza manuale discostamento, si possono vedere gli' orli netti, rosei, lucenti delle piccole labbra. — Nella gio- — 388 — vane donna avviene che tutto il canale vulvare va facendosi ognora più corto o meno profondo di quanto non lo sia nella impubere; e meno, a prima vista, sviluppato tutto l'insieme del cappuccio prepuziale e dello sbocco uretrale, sebbene più pronunziato possa mostrarsi il bottone carnoso vascolare della clitoride. — Ese- guendo la medesima manualità più sopra indicata per discostare le grandi labbra, è un fatto che il moto di scivolamento in basso vuole meno tempo ed è più breve giungere a tendere la forchetta di quanto non vi occorra nella impubere, perchè la mezza luna cutanea che forma la forchetta, sta meno in alto ravvicinata a chiudere la porzione vulvovaginale di quello si mantenga nella fanciulla. Tantoché la fossa navicolare ò nella ragazza svilup- pata, meno profonda che nella impubere, e l'ostio vulvo vaginale si mostra più facile che nella età minorenne. Per questa ragione, Yimene è più presto visibile e quindi più facilmente raggiun- gibile sulla ragazza che nella fanciulla, e F insieme suol essere più carnoso, più resistente di quanto non appaia nella bambina. Qui debbo ricordare con speciale attenzione la preziosa os- servazione già fatta fino da'tempi del Tortosa cioè : come a misura che si forma lo sviluppo organico della donna e tutte le parti muscolari prendono più consistenza, anco le colonne vaginali; cioè l'anteriore e la posteriore; facciano vedere più pronunziata la loro estremità formata da due tubercoletti car- nosi che si vedono dietro l'imene uno in alto e l'altro in basso all'asse maggiore dell'ostio vaginale. Questi due tubercoletti possono talora esser così pronunziati da crederli residui del- l'imene lacerato, ossia prenderli per caruncole mirtiformi e dare un giudizio tremendamente errato. — Dirò di più un' altra av- vertenza, che raccomando seriamente, ed è questa: può darsi che nel procedere • con l'età in ragazze illibatissime e fisicamente vergini, l'imene; e specialmente se per congenita forma assa sviluppato e annulare; venga a rilasciarsi o meglio a piegarsi formando quella figura del boccio di rosa. In allora l'orlo così ripiegato, forma dei piccoli mammelloni i quali, essendo più spor- genti, possono anco ingrossarsi alquanto. E allora un po' che appariscano i tubercoletti delle colonne vaginali, un po'si veg- gano questi tubercoletti imenali, tutto potrebbe portar fuori di — 389 — strada nel giudizio. — Queste osservazioni di modificata struttura anatomica sono preziose nella pratica. Se una ragazza, d'altronde non deflorata, ha viziose abitu- dini di manusturbazione, allora quella freschezza verginale e quella armonica proporzione delle parti interne del canale vul- vare e la stessa apertura labiale, si altera per modo che e la clitoride può presentare sviluppo marcato, e le piccole labbra mostrarsi esuberanti, quasi sorpassare il riorlo delle grandi, ed essere rilasciate, a pieghe, e la muccosa mostrare un color vi- nato , e la secrezione mucipara aumentata e aversi insomma i caratteri d'una vulvite più o meno acuta. — §. 212. Finalmente nella donna defiorata senza violenza e da qualche tempo abituata ai congressi carnali, le grandi labbra vanno perdendo in generale quella carnosità elastica di freschezza verginale e sono quasi vizze; non più di quel colore roseo carnicino della giovane intatta: si vedono l'una dall'altra allontanate* specialmente nell'estremo inferiore della vulva: di- minuita la profondità della fossa navicolare, alcune volte questa è sparita per l'assottigliamento, ed alcune volte per la distru- zione della forchetta; l'imene squarciato lascia vedere i suoi residui nelle caruncole mirtiformi, bottoni carnosi modificati dalla retrazione cicatriziale; non difficile pel riscontro digitale la dilatazione dell'ostio vaginale per la maggiore distendibilità del costrittore della vagina, ìacili a dispiegarsi le pieghe della muccosa vaginale formanti le colonne vaginali ec. ec, §. 213. Ma; c'è un ma!; tutto questo finissimo studio anatomico comparativo; anco dopo essere profondamente posse- duto dal perito, vuole poi una seria considerazione: quella cioè che e nella fanciulla impubere e non deflorata e nella pubere e vergine e nella donna omai copulata, vi possono essere tali mo- dificazioni individuali in parte congenite, anatomiche, in parte acquisite o per libidinosi toccamenti o per comuni, spontanei, morbi destate, che quando sovra tali preesistenti modificazioni, s'aggiunga un'azione che per essere criminosa, cade sotto la valu- tazione del perito, allora le difficoltà sono incredibilmente serie. — Così ad esempio: è verissimo come nella giovinetta non de- florata, pubere o impubere che sia, o per imperiosità precoce — 390 — d'istinto sessuale, o per sollecitazione morbosa locale o per neuro- patie psichiche, dandosi alla manusturbazione, si possano riscontrare e grandi labbra allontanate in basso, e apertura vulvare am- plia, e le piccole labbra sgualcite, esuberanti, di color vinato e tutta la muccosa anziché rosea, liscia, di quella dolce velluta- tezza che offre all'occhio la vulva infantile, esser granulosa per la eccitazione dei follicoli, delle cripte, e la stessa clitoride svi- luppata più dell'usato o del proporzionato sviluppo sensibile: — ed anco la stessa imene può esser lesa o almeno modificata nella sua vascolarizzazione e presentarsi carnosa, rigonfia al margine, e respinta più dell' usato in alto, in dentro. — E questi sono i casi difficili nei quali la immoralità dei costumi, trascinando sul declive della prostituzione la giovane donna, può avvenir che s'in- contri in individuo dell'altro sesso col quale abbia contatti carnali illeciti e poi dall'interesse sospinta e dal turpissimo mercato che su di essa sperino farne i disonesti parenti, faccia cadere nella rete infernale un' uomo, vittima designata alle persecuzioni venali dell'immoralissima famiglia. Allora vantandosi la purezza dei co- stumi, la immacolata verginità della castissima fanciulla e gri- dando allo strazio iniquo che delle parti verginali abbia fatto il seduttore, s'incolpa di stupro violento (presunto o reale che sia) e si spinge sul banco dei rei quel disgraziato che ebbe la sfor- tuna d'inveschiare in rete di turpitudine coonestata dalla giovanile età della corrotta fanciulla, dalla non acquistata conoscenza delle cose del mondo, usbergata dall'onestissima educazione della famiglia, quando sotto quella fresca età, e sotto quel velo di pudicizia e sotto quell'apparente candore, s'annidava ogni più sfrenata corruzione di privati costumi. — Ed ecco il perito che se non seriamente preparato con diuturna esperienza a sapere decifrare e valutare le modificazioni fisiche che le parti genitali per volontaria e scostumata condotta della pretesa castissima fanciulla, possono antecedentemente aver subite, può correre ad affermare essere avvenuta una deflorazione recente e completa, là dove forse vi potè essere un atto libidinoso in gran parte sollecitato e facilitato dalla fanciulla medesima. — Capisco e so che la Legge tutela e deve tutelare la inesperienza della tenera età, capisco e so che l'uomo maggiorenne deve riconoscere e fuggire codeste morbose e pe- — 391 — ricolose nature che strisciano più velenose de'rettili velenosi negli strati sociali ; capisco e so che o mollizie, o atto libidinoso, o tentativo di violenza carnale, è sempre una grande immoralità che un uomo onesto possa commettere. Ma intendo anco che debba essere dovere strettissimo dello scienziato chiamato a giu- dicare di tali fatti, ad esser guardingo a non sanzionare con il responso dell'arte, inesperientemente applicato, un quantitativo di danno fisico che aggravato, dà vita ad una configurazione giu- ridica alla quale corrisponde una graduazione di pena maggiore. — E quindi io sarò sempre ostinatamente fermo a seguire il principio da me ponderatamente abbracciato cioè: che nei fatti di Venere forense non intendo di riconoscere nel perito altro ob- bligo che la verificazione nuda e pura di lesione traumatica e tale che sia suscettibile di una palese, evidente, precisabile descrizione: dunque di recente avvenuta, valutabile, lasciando assolutamente al giudizio legale tutto ciò che può avere va- lore induttivo, indiziario, speciale. Il poco più, il poco meno gonfio; il poco più, il poco meno paffuto e resistente ; il poco più, il poco meno sottileo grosso, sensibile o ottuso, umido o asciutto, è tutto un apprezzamento che non può dare valore se- rio a giudizio medico forense, a criterio di prova legale. E sic- come appunto nella specialità delle parti anatomiche sulle quali il più spesso cadono tali esami, per gli stessi ufficii a'quali dalla natura sono preposte, questa differenza di stato o dì adattamento è o naturalmente o accidentalmente o per volontarie manipola- zioni possibile, così il perito dee fuggire i pericoli ed attenersi sempre al positivo, al reale, a ciò che è misurabile e non ad altro. Tanto; non lo dimentichiamo; la esperienza ha sanzionato senza dubbio alcuno, come giovani donne o per conformazione speciale, o per robustezza insolita, o per certi scaltri accorgi- menti adoperati nell'unione sessuale, possano tuttora mostrare integrità delle loro parti all'occhio il più esperto; e non si può negare si diano dei casi contrarii nei quali cioè, singolari modificazioni o congenite o morbose intercorrenti, possano im- primere aspetto quale a donna che abbia perduta la fisica ver- ginità si appartiene. E perciò migliore e più giusto partito è quello di esser cauti in simili questioni, nelle quali la parte prin- cipale non è a mio credere quella del perito medico. — 392 — §. 214. Dopo le modificazioni fisiche estranee alla violenza carnale che possono cangiare l'aspetto delle parti genitali di donna non deflorata, si debbono ora ricordare alcune cause mor- bose che possono mentire gli effetti di cause ^violenti che agi- rono sui genitali muliebri. E ricordo al pratico 1° la Vulvite semplice o proveniente da irritazione per mancanza di pulizia o per pervertita secrezione glan- dulare in rapporto a talune condizioni discrasiche, o per eruzioni, per irritazioni meccaniche accidentali o per manusturbazioni ec: in forza della quale malattia le parti si fanno rosse, calde, en- fiate, con secrezione che può prendere colore, consistenza, del pus:—e l'epitelio abradersi e formare chiazze ulcerose che in certe costituzioni organiche possono ricuoprirsi di essudazioni crupose, difteriche, cancrenose: e per diffusione prendere anco la regione vestibulare e là irritare il meato uretrale, destarsi dolore e bruciore nella mizione e invitare istintivamente la giovane donna ad atti meccanici. —■ Da questa stessa sorgente potrebbe complicarsi anco la fatale combinazione che il trasporto del pus, più o meno icoroso, si facesse all'ano o si innestasse nella congiuntiva oculare e dato il caso che su quella donna si facessero questioni medico forensi, la oftalmia purulenta benché d'origine non venerea, trascinasse in un giudizio affatto erroneo. 2° La Vulvite follicolare, o come concomitanza della vul- vite semplice o come forma primitiva, dà rilievo ai follicoli mu- cipari con .macchie di color rosso intenso, a volte sanguinanti e localizzati specialmente sui lati delle pieghe vaginali, sulle piccole labbra, accompagnata da fenomeni di vulvismo, da se- crezione irritante da deformazioni delle parti. 3° La Vulvite per eritema erisipelaceo, per pnirigini, per eczema, forme speciali di eruzioni che ciascuna rivelandosi pel tipo proprio, od accumulandosi in connubio polimorfo, può mo- dificare l'aspetto naturale delle parti pudende da ingannare il pratico in questione medico forense. 4° Le stesse affezioni veneree sieno di natura purulenta di ulcera molle, sieno virulenta di ulcera dura infettante, sieno anco blenorragiche veneree, innocentemente, casualmente o con- genitamente acquisite, possono alterare, ulcerare, distruggere le — 393 — parti e dar loro un' aspetto quale nel caso criminoso potrebbero acquistare. 5° Ecchimosi sotto muccose dei pudendi. L'anatomia in- segna come all'interno della vulva sotto gli esterni tegumenti, esista un plesso reticolato detto il bulbo vestibulare, formato da diramazioni che pure potendo essere rotte da causa trau- matica accidentale, possono dare stravasi anco in donna vergine e ingannare nel giudizio il perito quando volesse dargli un signi- ficato indiziante atto violento carnale. 6° Tutte le forme leucorroiche, utero vaginali, destate da conlizioni morbose diverse , per vaginite semplice ed anco granulosa, causate o da influenze reumatiche o costituzionali; o meccaniche ed altre molte, processo di flogosi che non solo modifica le parti vulvo vaginali nel momento in cui ha vita il lavorio morboso, ma che può anco lasciare residui e alterare così fattamente le condizioni anatomiche delle parti da stare molto in sull' avviso a pronunziare un giudizio medico forense. — Sono poi questi i casi difficilissimi ad escludere o ad am- mettere un contagio venereo, anco indipendentemente dalla que- stione di una deflorazione. — Già in altro luogo di questo la- voro (§. 43) mi sono occupato di tale argomento né intendo ri- petermi. — Nelle cause di venere forense , come in altre eve- nienze della medicina legale, la esistenza di una malattia venerea o sifilitica, è sempre una circostanza secondaria, accessoria, che può soltanto entrare qualche volta come un' indizio maggiore a indicare la identità personale del presunto colpevole. Ma egli è un fatto contro il quale è inutile parlar molto e forse troppo, e cioè; che quando tutti ad una voce, compresi gli stessi specialisti, vi dichiarano di non sapere e non potere nella Clinica (si noti bene) differenziare una blenorragia o scolo ve- nereo acuto da una vaginite semplice acuta, a più forte ragione non potranno né saperlo né poterlo assicurare nel fòro, dove non si chiedono né si attendono altri argomenti che quelli che hanno valore di prova legale. — Quindi per questo gruppo di affezioni veneree gli specialisti con tutte le loro giuste dubitazioni scientifiche, fanno capire essi stessi di non potere essere di grande aiuto nelle questioni medico legali — Quanto alle forme mor- — 394 — bose specifiche, sifilitiche, tutti ad una voce, compresi gli stessi specialisti e massime poi i dualisti; affermane, e con ragione, come nel maggior numero dei casi si possa fare una diagnosi e perfino la si possa fare molte volte per il mezzo delle autoinocu- lazioni, suggellandola così con lo esperimento diretto: e allora tali conoscenze rientrano e debbono rientrare nel comune patrimo- nio scientifico. — Ma in verità il punto importante pel medico forense sta in questo, e cioè : che una vaginite acuta semplice può ancora esistere dipendente da ragioni non violenti, im- putabili, criminose. — Che poi una vaginite acuta, semplice, non possa differenziarsi da una vaginite acuta blenorragica, questa è una questione tutta meritevole di investigazione cli- nica. E non dirime la importanza pratica forense che eliminata; nel caso in specie; la esistenza di quelle cause innocenti che pos- sono generare una vaginite acuta benigna, se un'affezione catarrale simile fra due che possono avere avuti contatti carnali criminosi esistesse , la stessa affezione catarrale non sia già indizio ap- prezzabile a rafforzare la prova generica del commesso reato. — Lo specialista insisterà che quello scolo non potrà dirsi scolo ble- norragico venereo ; il pubblico Ministero dichiarerà d'accomodarsi a chiamarlo scolo purulento acuto semplice ma comunicabile ed autoinoculabile, e mi pare allora che quanto alla sostanza del fatto, come elemento di prova legale da unirsi alle indiziarie della generica, le cose restino al medesimo punto di prima. — Per mia aperta e franca opinione non ho mai capito l'arrovel- lamento di alcuni specialisti a incornarsi su tal punto di pra- tica, quando d'altra parte sono loro stessi che con quanto hanno forza di visceri urlano che caratteri speciali sui generis non ha lo scolo blenorragico acuto, essendo una affezione catarrale acuta comune, la quale ultima può perfino comunicarsi ed inocularsi come la prima. — 0 allora ? ! Concludo per ora, che una vaginite acuta semplice indipen- dente da azioni violenti libidinose, può modificare l'aspetto delle - parti vulvari e vulvo vaginali fino alla uretrite ed alle ulcera- zioni dello imene di una donna vergine e può mentire l'aspetto di ciò che gli specialisti (quando hanno chiaro sotto i loro occhi che è acquistata in un congresso carnale) chiamano a lor volta — 395 — scolo blenorragico venereo acuto. — Quindi sia oculato il pe- rito. —■ Nonostante, come già diceva al §. 43 di questa opericcìuola, io non voglio defraudare quanto di patrimonio scientifico su tale argomento ha potuto cumulare fino ad ora la clinica osserva- zione, che quando cioè, si osservano casi di scolo vulvo vaginale provenienti da congresso carnale impuro 1°: la incubazione è sollecita, anzi è verificabile e pare quasi vero che la goccia di pus che cade nelle parti fino allora immuni da contaminazione sia come scintilla che gran fuoco accende: 2°: la infiammazione che si desta è acuta: 3°: la flogosi dà per resultato una secrezione di materia purulenta, densa, viscosa, che sgorga dalla vagina e dalla vulva abbondevole: 4°: I plessi vascolari che circondano l'ostio vaginale sono finissimamente ingorgati: 5°: si ha vera e propria uretrite che conduce o può condurre alla cistite, alla iscuria : 6°: si hanno dolori al basso ventre , senso di peso, dif- ficoltà nella deambulazione, frizzore grande alle parti, ingorghi inguinali acuti e febbre talora : 7°: questo processo flogistico ha un periodo acuto assai lungo e vuole cure energiche. Nessuno nega o può negare queste osservazioni testimoniate da tutti i più autorevoli nomi della scuola francese dal Cullerier al Denville ec ec, ma non si dee dimenticare che in medicina legale non sempre si ha la fortuna di colpire il fatto nella sua più evidente manifestazione come può avvenire nella clinica. E poi non è neppure una osservazione quella di assoluta, indiscu- tibile, prova; ed altra cosa è muoversi da una cognita (se lo rammentino gli specialisti, molto facili diagnosticatori nella cli- nica) anziché dovere da un fenomeno morboso risalire ad una incognita, com'è sempre o quasi sempre in medicina forense. —■ Nonostante ; lo ripeto ; quei caratteri ben raccolti, possono avere importanza diagnostica molto seria; — quando fosse dato avere un confronto col presunto autore della delittuosa azione venerea. §. 215. Rinfrescate queste piccole avvertenze semiologiche veniamo alla pratica. — Si può dare il caso di sentirsi domandare: se una data fanciulla sia stata vittima di tentativo di stupro, ov- vero se abbia subito lo stupro completo, con deflorazione cioè.— -— 396 — Ecco il quesito più solito a sentirsi fare dalla autorità giudi- ziaria.—Logico alle premesse, in pratica io faccio sempre (e me ne trovo contento,) una traduzione a quella domanda. — E dico a me stesso : nel corpo, di questa fanciulla, ci sono palesi se- gni di una violenza personale ? — Se ci sono, in quali partì e fin dove è stalo risentito il traumatismo medesimo ? Si può approssimativamente riconoscere da quanto tempo può essere stato sofferto quell'atto violento? In conseguenza di che il pratico si limiterà a prender nota delle seguenti cose: A. Dello stato della superficie del corpo della presunta paziente e notare quanto vi fosse che accennasse ad azione mec- canica violenta. — Tali riscontri debbono esser fatti con la mas- sima precisione, perchè se la fanciulla subì di recente una vio- lenza dall'autore che la costringeva a sue voglie, quelle vio- lenze debbono aver lasciate impronte caratteristiche o sulle braccia, o sulle mani, o sul dorso, o sulle ginocchia, o sulle coscie. B. Se gli effetti di una violenza meccanica (dolore, bru- ciore , frizzio ec. ) fossero accusati dalla paziente ai genitali, il perito esaminerà se in queste parti vi fossero o rossori vasco- lari od escoriazioni, o segni di contusione e di ecchimosi sotto muccose, ovvero soluzioni di continuo. C. Considererà il pratico fin dove si estendano tali lesioni e se abbiano anco compromesso l'ostio vaginale e l'imene.— In generale è difficile che nelle piccole fanciulle fino alla età dei 10, 12 anni, gli effetti della violenza meccanica nelle parti genitali possa raggiungere tanta profondità da ledere la integrità della imene ; più facilmente può invece accadere in età più avanzata dai 14 anni in poi, perchè la conformazione ossea del bacino nella impubere rende assai stretto e difficile il passaggio ad un corpo estraneo di una qualche grossezza. — Non così nella pubere e nella ragazza ben formata. Descritte nel comune referto (dato che tal documento venga officialmente richiesto dall'autorità giudiziaria e non da altri) le lesioni che egli può avere verificate in diverse regioni del corpo della fanciulla, e seguendo nella descrizione quel metodo — 397 - ch'io indicava in Traumatologia; il perito non pronunzierà giu- dizio veruno sulla natura dell' agente che possa avere originate quelle lesioni medesime. — Ma solo dovrà dichiarare esser ve- rosimile che quelle lesioni possano essere state cagionate da agente traumatico..... §. 216 Esposte queste piccole avvertenze, veniamo alla parte pratica. — Per lo più il primo Quesito che l'autorità Giudiziaria propone al medico è il seguente e cioè: « Esistono « sopra la tal fanciulla 6 ragazza, segni da ritenere sia slata « passiva di tentativo di stupro; ovvero ha subita una deflo- « razione ? » Coerentemente ai principii più sopra indicati, credo utile il consiglio di fare sempre una traduzione a quella domanda e cioè : vediamo se in questa donna esistono visibili e patenti gli effetti di un'azione meccanica in genere ». — Mi sono sem- pre trovato contento di questa traduzione, perchè rispondendo a siffatta questione, e non ad altra, ho evitato d'incalappiarmi in errori, in sotterfugii ed in esigenze fiscali. §. 217. Come si debba comportare il pratico quando è chia- mato a prestar F opera sua in tanto delicate operazioni, è a vero dire un capitolo di deontologia sul quale non debbo molto fermarmi; perchè parlo a medici omai legalmente riconosciuti degni di assumere tali missioni. — Brevemente potrò accennare alla molta utilità di non lasciarsi prendere da prevenzione al- cuna contro la moralità delle persone implicate in simili accuse onde l'esame da farsi con i proprii sensi, non venga in qualche modo alterato da un preconcetto dell'animo. — Ricorderò an- cora come la esperienza pratica insegni che si possan trovare due casi opposti e cioè: in alcuni individui una riottosità così prepotente da doversi sempre rispettare, perchè d'altronde vi sono casi nei quali può esser rimasto o rimanere quel senti- mento di pudore che se sincero, può dare luce dello stato psi- chico della persona. Altre volte invece è prudenza star guar- dinghi verso una tal quale sfrontatezza e premura che alcune esternano, desiose d'avere una visita, desiose a che sia in- viato un documento all'autorità giudiziaria, quando non anelino ardentemente d'averlo in propria balia. E quest'ultima classe — 398 — di gente; bene spesso è circondata da certe persone protettrici; gelose custodi dello altrui candore per farne poi, a volte, in propizie circostanze, mercato turpissimo. — Io temo sempre "molto di quest'ultime. — Nonostante, quando s'offrisse>1 perito caso nel quale neppure la più efficace persuasione non giovasse, meglio sarebbe renunziare al mandato ricevuto, anziché compromettere la propria dignità. — Ricorderò poi e caldamente al perito, di non procedere mai da solo alla visita di persona soggetto di tali ricerche medico forensi, ma se si tratti di fanciulla obbligare ad esser presente la madre o persona indicata dalla fami-dia; se di donna maritata, obbligare il consorte ad esservi presente o donna o persona di comune fiducia.—È poi superfluo il ricordare la convenienza di un interrogatorio velato, non tanto per propria dignità, quanto per non essere trasportati a far intendere ai presenti quel parere che nell' animo proprio va preparandosi ; perchè le bocche volgari non spandano anzi tempo false notizie che potrebbero od essere disdoro agli uni e di arme ad altri. — Come applicazione particolare ai casi di venere forense del generale principio da me sempre raccomandato in tutta questa opericciuola, il perito acquisti tempo a pronunziare giudizii ed a rilasciare documenti. — Non vi sia mai furia, non si ceda mai ad inconsulte o a volte troppo zelanti premure dei giudici istruttori i quali peccano quasi tutti a mandar rapide le pratiche processuali, senza sapere, né capire, che così facendo non giovano né alla ricerca del vero, né alla giustizia, né all'erario pubblico. —Fino a che non avrò la contentezza di vedere in Italia statuita una Legge per la quale coloro che vengono assunti all' Ufficio di Giudice Istruttore abbian data prova di conoscere quella parte di Medicina Legale più attinente ai doveri del loro ufficio, io non sarò mai sollecito né consigliere mai alcuno ad ottemperare alle isteriche pressure di codesti egregi e colendissimi signori.—Anzi in proposito di queste perizie vi sono circostanze speciali per le quali è necessario e dove- roso attendere: come sarebbe ad esempio, se la giovane da esami- narsi fosse prossima o nella decorrenza delle mestruazioni: o se le parti fossero così tumide, dolenti, coperte da pus icoroso, abbondante, da non permettere una calma, chiara e sicura indagine; perchè non saprei proprio come si potesse pretendere di andare — 399 - a precisare alcune piccole e profonde lesioni nell'imene o nella vagina di una donna ridotta a volte in uno stato assai miserevole. — Quindi sarà ottima cosa prender tempo ad esanimare e ripetere i riscontri sulle parti ; sarà ottima cosa aspettare a darne il parere; al più al più dichiarando in un primo certificato o re- ferto, quanto si è verificato pel momento senza esprimere giu- dizio alcuno. — Meglio è dichiarare subito che non si può nulla dichiarare, che trovarsi costretti un giorno a scrivere di proprio pugno od a convenire ad un pubblico dibattimento che si pre- sero lucciole per lanterne. — In tali circostanze il pratico non abbia mai furia, ma vada piano, aspetti, veda e riveda e poi scriva e scriva poco. §. 218. L'esame fisico della giovane donna comincerà: A. Dal prender cognizione della età; della conformazione del corpo ; della statura; dello sviluppo delle masse muscolari ; dello stato di precedente salute; e procedendo dall'osservazione accurata delle regioni anatomiche del corpo e cioè: della testa, della faccia; e di questa con particolare attenzione della boc- ca , prolabio, faringe ec., del collo, petto ec., il perito se- guiterà segnando tutte le più minute particolarità che aves- sero o potessero avere indole di violenza o di traumatismo. — Degli arti superiori le mani saranno le parti che vor- ranno attenzione speciale, quando vi fossero stati atti di di- fesa: e degli arti inferiori la parte interna delle ginocchia, delle coscie, fino alla radice di queste nel solco perineo labiale, saranno esaminate onde rilevare se vi fossero o graffiature od ecchimosi o suggellazioni cutanee disegnate, com' ebbi a verifi- carne un eloquentissimo caso in bambina di circa 8 anni. Anco le regioni posteriori del tronco saranno esaminate, fino giù alla regione sacro coccigea ed anco dell'ano quando specialmente la paziente avesse indicate violenze subite in quelle parti come tentativi ec. B. Alle parti pudende lo esame procederà pure con guida anatomica, prendendo in particolare considerazione ì° l'apertura vulvare: 2° le grandi labbra, lo stato della forchetta e della fossa navicolare: 3° il vestibulo, lo sbocco dell'uretra ed anco l'uretra: 4° il canale vulvare nel suo interno, coperto dalla — 400 — muccosa formante il cappuccio della clitoride e delle ninfe: 5" l'apparecchio ostio vaginale e l'imene: 6° finalmente la vagina: dato che omai fosse strappato il velo imenale. - In ognuna di queste regioni anatomiche e su di ognuna in particolare le parti che concorrono a formarle; si darà cura il perito di notare quelle lesioni che potrebbero esistervi e di esse ne descriverà con esat- tezza rigorosa i caratteri. C. Saranno da notarsi i rossori vascolari, i rilievi prodotti dai follicoli di diversa natura, le abrasioni, le ugnature, le ec- chimosi punteggiate; le contusioni a forma di stravaso sanguigno, le lacerazioni o meglio sgranature, sfibrature della muccosa o vere e proprie lacerazioni di continuità , le secrezioni mucco purulenti, o affatto puriformi, quelle sanguinolenti o miste, se concomitantemente vi fossero ingorghi ai ganglii inguinali, e come e dove pronunziati tali adeniti; ed a compiere tutte le ricerche; sarà, da considerarsi se vi sieno tipi eruttivi sieno di indole costituzionale o specifica ec. D. Di tutto questo né sarà, con ordine, tenuto nota; ma quando si dovesse precisare qualunque più piccola modificazione di lesa continuità, si cercherà che sia calmato tutto ciò che può o simulare o nascondere o mentire il vero, rimettendo a miglior momento il novello esame onde non cadere nel doloroso caso di negare l'esistenza di un fatto oggi per doverlo ammet- tere dipoi o viceversa. —■ E. Tutto questo delicato e paziente riscontro sarà il più possibilmente eseguito con calma né si adopereranno strumenti o pungenti o dilatanti le parti, meno il caso di dovere disten- dere o dispiegare qualche griuza dell'imene e specialmente del suo orlo libero onde giudicare se quest'orlo fosse unito, sottile, dolcemente molle, pure intatto e senza punti di strappo. — Tale riscontro si può eseguire benissimo con una siringa nera di gomma elastica od una spatuliua di corno nero, o di ebano passando al di là della apertura imenale. F. Durante tali ricerche fino dal primo momento, il pe- rito avrà avuta accortezza di formarsi anco un giusto criterio dello stato psichico della giovane. G. Si potrebbe dare il caso che o sulla superficie esterna del — 401 — corpo od anco direttamente nelle parti genitali della giovane, vi fossero malattìe virulente, sifilitiche. Allora se ne determini con molta precisione il periodo onde, se accadesse un confronto con l'indiziato autore dell'oltraggio violento, si possa avere bene sta- bilito i termini di rapporto. H. È dovere del perito stare oculato se nei casi nei quali si ha recente il fatto di presunto stupro o nelle vesti, o negli abiti o altrove, esistano macchie o di sangue o sospette di sper- ma. Tali fatti vanno notati e darsi premura a far requisire le macchie ec, essendo assolutamente parte medico forense la re- coo-nizione ed illustrazione di tali indizii. — Vedremo più avanti cosa possano valere e quali operazioni debbano farsi in propo- sito. — §. 219. Queste sono in generale le regole per condursi me- todicamente a ricercare ed esaminare le lesioni che potrebbero esistere sul corpo d'una fanciulla che si dichiara paziente d'una violenza dispiegata su di lei per atto libidinoso. Ma queste lesioni hanno veramente in se stesse carattere di essere state fatte per tentativo di stupro, o trovando rotta l'imene, possiamo conoscere che è accaduta una deflorazione venerea ? È a questa domanda alla quale credo fermamente che il perito non debba né possa rispondere. — Credo che non debba, perchè qui si cerca una intenzionalità imputabile da lasciarsi pienamente risolvere alla autorità giudiziaria; e credo che non possa, perchè in tali lesioni la scienza non dà prova legale ve- runa a distinguere se quelle lesioni poterono essere generate dall' asta virile in erezione , anziché da altri agenti traumatici comuni. Tutto il nodo sta qui ! Ed è tempo che questo nodo si sciolga per onore e tranquillità dello scienziato. — L'unica cosa da dirsi apertamente alla giustizia è questa e cioè : che per le ra- gioni anatomiche, reflettendo alla sede ed alla struttura dello imene, vi è grande probabilità a ritenere che quando F imene si offre rotto, lacerato, anziché una causa traumatica acciden- tale esterna, comune, moltopiù verosimilmente sia da ritenersi che un agente traumatico di speciale forma e di adatto volume Filippi ?« — 402 — debba esser penetrato in quelle parti per giungere a lacerare quella membranella; e se è vero che il pene umano abbia queste spe- ciali attitudini moltopiù verosimilmente che altro istrurnento può aver prodotta quella lesione. — Ma se quello fu F istrurnento adoperato nel caso in termini, lo indichi la Giustizia e una volta indicatolo al perito, se questi troverà elementi di giusto rap- porto, risponderà con un giudizio di probabilità più o meno di- mostrabile. — Un' altra cosa da potersi dire alla Giustizia e desunta totalmente da leggi anatomiche nel caso che si voglia decidere se vi fu un tentativo di stupro, è questa cioè : che nella bambina di dieci, dodici anni, difficilissimamente avviene la completa deflorazione e raramente anco la incompleta; perchè e l'apertura ischio pubica e F arcata stessa del pube essendo assai ristrette in quella età, la punta del pene in erezione batte e s'arresta nei confini dello spazio vulvo vaginale. — Quindi le contusioni del monte di venere, abrasioni, lacerazioni della muccosa vestibulare, strappo della forchetta, arrossamenti flo- gistici , vulvite purulenta ec., potrebbero anco senza la più o meno completa lacerazione dell' imene, essere segni di lesione traumatica prodotti per tentativo di stupro. — Ma che quelle lesioni sieno certamente o debbano essere repetibili da tale libidinosa azione dee saperlo e deciderlo l'autorità. — A noi medici non è dato ancora differenziare qual sia la contusione prodotta dal pene umano , o quella prodotta da una punta di bastone o da una pedata affibbiata nelle parti genitali di una donna, né se uno sgraffio intorno alla clitoride sia piuttosto prodotto da un'ugnata d'un libertino anziché da un fuscello in una camicia di lino nuova........— Lasciamo, lasciamo per carità , che coloro che hanno F ufficio di assodare e sostenere accuse di simil genere, conducano a fine la loro parte : noi in medicina legale stiamo fermi, sempre fermi, nel campo scienti- fico anatomo clinico. — E anco quando nel caso in specie, potesse esser dato di trovare segno che realmente la verga virile agì in quelle parti, o sia perchè si trovarono macchie spermatiche nei panni della fanciulla che si sospetta deflorata, ossia perchè trovammo comunicazione o inoculazione di morbo venereo specifico che pel maggior numero delle volte può avere — 403 — • a sede prediletta la verga virile, allora; appurati limpidamente questi dati di rapporto; non faremo altro che indicare con una certa maggior precisione l'arme adoperata a ferire, ma anco in tal caso non precipitiamo a concludere che certamente fu quello l'individuo che stuprò, perchè mille circostanze di conco- mitanza possono convergere a fare apparire per certa una cosa che può non esser tale. Talché se il perito dopo accurato esame delle parti pudende d'una fanciulla troverà : 1° Rossori infiammatoci, acuti, sulla muccosa del canale vulvo vaginale : e 2° Escoriazioni o abrasioni fresche, sanguinanti e sulla muccosa labiale o intorno all' ostio vaginale o sulle parti vesti- bulari: e 3° Secrezione muco purulenta che senza proporzione con il grado della irritazione, esista sulla muccosa: e 4° Sanguinanti le pudende o Fostio vulvo vaginale: e 5° Lacerazione unica o multipla ancora fresca con limpi- dezza riconoscibile dei lembi dell'imene, con i caratteri di ferita contusa, con orli sanguinanti ; se vi sarà respingimento in alto, lungo l'asse della vagina, di tali lembi: e 6° Dolori al divaricamento delle coscie e difficile, o almeno stentata, la deambulazione: e 7° Frizzori all'emissione dell'orina: e 8° Contusioni, graffìi, morsi, in diverse regioni del corpo, e specialmente alle mani, collo, viso, ginocchia, coscie della pa- ziente: e se furono trovate 9° Vesti o parte di biancheria ec. macchiate di sangue ec. dal tutto insieme potrà il perito soltanto concludere che una lesione traumatica più particolarmente localizzata sopra le parti genitali fu sofferta da quella fanciulla; ma accertare la inten- zionalità o la natura dell'atto violento è fuori del compito del medico perito. §. 220. Dato che dall'autorità giudiziaria e non da altri, il perito venga richiesto di un documento che attesti dello stato delle cose, la guida fedele da seguirsi è questa, e cioè : segnare le regioni del corpo nelle quali esistono lesioni : — e delle parti genitali esaminare regolarmente: — 404 — 1°: la regione vulvare (apertura labiale, grandi labbra, forchetta, fossa navicolare). 2°: Canale vulvo vaginale (vestibulo-ninfe ec). 3°: Ostio vaginale e l'Imene. 4°: la Vagina, (dato che la lacerazione dell'imene per- metta l'adito in vagina). Di ogni lesione situata in ognuna di queste sezioni degli organi genitali esterni, descriverà tutte le accidentalità , come indicai nella Traumatologia, e così, ad esempio, delle lacerazioni imenali noterà se ne esisteva una e longitudinale, o due con formazione di lembetto, o triangolare, o distacco quasi completo del diaframma dalle parti vaginali. Dopo ciò, quando occorrerà, il perito attenda ad esprimere giudizii, giudizii che egli emetterà solo quando gli fossero indi- rizzati dei quesiti. §. 221. Certo è che dopo la conoscenza di questo docu- mento, il primo quesito che può sorgere è subito la domanda: se dunque quei danni fisici sieno segni di stupro violento.— Dopo quanto ho avvertito, il pratico a tale quesito deve prov- vedere così e cioè: A. Studiare seriamente se quelle lesioni possano o no esser dipendenti da malattie comuni o procuratesi per automanustuprazione o accidentalmente acquisite. B. Elimi- nato tutto ciò; dovendo esser costretti a ritenerle quali lesioni trau- matiche dirette a quelle parti; concluda così : « Tali lesioni pos- sono con molta probahiliià esser cagionate da un corpo resistente diretto a forzare V ostio vaginale ». — Questo è il più che si si possa dire. — Se sia stato un pène, un dito, la punta d'un fuso o qualche altro accidente traumatico, lo ricerchi il Giudice: e quando lo ha trovato, ne ridomandi al perito e quando il pe- rito avrà potuto fare dei confronti, risponderà nei limiti d'una maggiore o minore probabilità, secondo certe concomitanze che più avanti indagheremo. Fra le altre belle difficoltà vi] po- trebbe essere perfino il caso di una simulazione di stupro^per ragioni di interesse personale a costringere un uomo al vincolo matrimoniale o a spargere calunnie contro persone che si vo- gliono assolutamente perdere. §. 222. Tutta la opportunità dell'esame più sopra in- — 405 — dicato, presuppone però tale una freschezza di avvenimenti che in allora le lesioni si mostrano facili tanto e possano avere in se stesse uno spiccato carattere di acutezza da offrire i caratteri di violenti. — Ma a volte non è così, e anzi nei tentativi di vio- lenza carnale può avvenire il più spesso che la paziente, temendo disdoro e rigori, nasconda la sofferta violenza, o che avendo subito intimidamento morale, essa stessa lasci trascorrere dal- l' accaduto alla rivelazione un decorso assai lungo di tempo. Fatto è che il più delle volte o per una ragione o per l'altra, al perito la opportunità della osservazione è ritardata, e per il ritardo viene ad aumentarsi la difficoltà della ricerca. — Non mi ricordo quale autore abbia detto che uno stupro violento al nono o decimo giorno è già vecchio.— Però su questo parti- colare io debbo avvisare il pratico di un possibile e ne racco- mando la memoria, e cioè: che si danno certi casi nei quali anco la troppa sollecitudine della esplorazione piò nuocere; quando specialmente le lesioni subite sieno state quelle più miti di tentativo; imperocché sul momento possono non essersi fatti sensibili alla vista certi guasti sottomuccosi o sottocutanei che soltanto vengono a dar segno di se dopo giorni. Allora potrebbe avvenire (ed è avvenuto) che precipitando un primo referto ne- gativo, le lesioni si facessero poi manifeste e si fosse costretti a ritrattare il primitivo e azzardato giudizio. — È la solita e fondamentale regola che io già ricordai in traumatologìa: di non negare a prima vista la intervenienza di una lesione traumatica là dove in un primo momento non appare nulla, perchè in diverse regioni prima che l'emoglobulina del sangue stravasato sia giunta a colorire i sottostanti e più superficiali tessuti, vi vuol tempo ; come vi vuol tempo a che, stabilitasi una congestione per para- lisi vasomotoria, gli effetti della congestione si appalesino. — Vada dunque cauto il perito. — Nulla però toglie alla possibi- lità che omai sieno sparite e dileguate alcune lesioni, tantoché nulla resti che debba importare al perito; ed ecco anco per questo lato restringersi il campo pratico della Venere forense. Si può domandare quindi « se dato sia stato consumato o tentato uno stupro, si possa indiziare quando fu commesso l'atto». Il che significa: giudicare approssimativamente da quanto — 406 — tempo sia stata indotta una data lesione traumatica, o più modi di lesione nel corpo di una fanciulla o di una donna a fine libi- dinoso. — Ma tale giudizio è derivante dal genere o dalla inten- sità delle lesioni prodotte: e siccome o leggiere contusioni, o abrasioni di epitelio, o rossori flogistici per irritazione mecca- nica, o rigonfiamento di una muccosa infiammata, presto pos- sono calmare, quindi se un tale quesito fosse posto al pratico a distanza di tempo notevole dalla sofferta ingiuria, questi segni che potrebbero o deporre per un tentativo di stupro ovvero per un completo stupro, potrebbero essersi dileguati e nulla potersi rispondere di certo. — Forse un qualche maggiore o più efficace dato potrebbe racco- gliersi dalle condizioni dell'imene, quando l'atto violento fosse giunto a dividere o squarciare questa membranella e specialmente quando nella ragazza formata o nella donna, l'imene fosse stato carnoso od avesse avuta una di quelle forme a diaframma an- ziché una disposizione anulare con perforazione grande nel centro. — In quest'ultime condizioni esaminando i lembetti come resul- tato d'una ferita lacero contusa, con orli irregolari e sangui- nolenti, subendo poi i fenomeni di una infiammazione suppurativa, si potrebbe anco formulare qualche giudizio relativo al tempo, va- riabile però a seconda delle diverse circostanze, fino ai dieci, quin- dici, venti giorni.—Ed avvenendo poi per la continuazione dei con- gressi carnali libidinosi, la formazione delle così dette caruncole mirtiformi, si potrebbe dalla loro maggiore o minore consistenza cicatrizziale, dalla loro maggiore o minore mollezza, dal grado di maggiore o minore sensibilità delle parti ec, ottenere qualche dato relativo al criterio di tempo. Ma anco qui tutto è varia- bile; e in genere si può dire : che tutto è molto limitato, trat- tandosi di lesioni che hanno sede sopra di un semplice velamento muccoso. Il pratico, guidato dai principii della patologia chirurgica, si tenga molto guardingo ad esprimere un giudizio relativo al tempo o al quando in cui può essere avvenuta la violenza come sarebbe desiderio; d'altronde giustificato; della autorità inquirente che avesse avuto bisogno di proporre un tal quesito. — Si intende molto chiaro come la indicazione, sia pure approssimativa, in - 407 — cui si possa credere essere avvenuta la lesione, cooperi a stabi- lire vie meglio gli indizii sul colpevole. §. 223. Di una possibilità pratica; piuttosto seria; e della quale ne ho incontrati due esempii nel mio esercizio civile in rapporto con la questione presente: —se si possa cioè, determinare se sia avvenuto da qualche tempo ; più o meno remoto ; una deflorazione, —■ intendo avvertire il medico esercente. Si danno casi in società nei quali può correre una diffamazione contro una giovane onesta; e per lo più sono casi che vengono a galla quando si tratti di stringere un matrimonio. —A volte si tratta di un matrimonio contrastato, e allora non è difficile che per stornarlo ; o calunniosamente ; o per informazioni se- grete; si elevi il dubbio sulla verginità fisica della giovane. — A volte (e credo il più spesso; come appunto avvenne nei due casi da me studiati) si tratta di giovanotti i quali o per scusa o anco per dubbio improvvisamente insorto, lancino contumelie e diffamazioni contro alla giovane da essi fino allora amata.— Mi spiegherò meglio con i due fatti che mi sono noti e che somigliandosi come due goccie d'acqua, li fonderò insieme. Due giovanotti amavano caldamente e seriamente ognuno la ispet- tiva ragazza di fama e di costumi onestissime. — Avvenne che uno preso da vampa di gelosia infondata, la vigilia del ma- trimonio, piantò la fidanzata, ingiuriandola nell'onor suo vergi- nale.— L'altro; più minchione di carattere che cattivo; aveva talmente ammaliata la povera giovane che questa, una ventina di giorni prima delle nozze, fiduciosissima della fermezza del futuro sposino, si lasciò andare a dei toccamenti libidinosi e finalmente ad un congiungimento non violento. — Appena ini- ziato il quale, il giovanotto ad un tratto si rovescia contro quella povera ragazza meravigliandosi di non aver veduto sangue e urlando di non voler l'avanzo di nessuno (parole testuali) difi- lato se ne va, piantando ragazza, mamma, fratello, matrimonio, prete e sindaco. — il fratello della ragazza venuto a cognizione della scena, si era preparato per vero dire a convertirla in tragedia e ne aveva ragione: ma persone influenti ed autore- Voli e sinceramente persuasi di quella persuasione morale in- tima, sincera, che si Sente inverso persone e famiglie immeri- — 408 — tevoli d'un' accusa così atroce ; portarono la questione a risol- versi con il parere della scienza.— Capitarono a me in tempo differente questi due casi, e come si capisce manifestamente, includevano appunto il quesito se in queste due ragazze vi potevano esser segni da ritenere che in tempo più o meno remoto avessero subita una deflorazione. — Quanto al primo caso, la decisione nella sua immensa deli- catezza e responsabilità, non mi fu difficile: perchè fatti e ri- petuti i più scrupolosi esami, tutto deponeva per una verginità fisica delle più regolari. — L'affare finì col proverbio, « a ne- mico che fugge, ponte d'oro ! » — Al dolore morale sofferto dalla ragazza, riparò il balsamo del tempo ed un novello e tuttavia fortunatissimo marito rese beata la onestissima abbandonata. Ma nel secondo caso (che mi costò pena grande di studio) mi si offrì un fatto dei più importanti e cioè: che in questa giovane, a prima giunta, l'esame delle parti genitali offriva qualcosa d'inconsueto e per l'appunto questo qualcosa non era mica né nella porzione vulvare né nella vulvo vaginale, ma pro- prio nell'ostio vaginale e più specialmente nell'imene. Premetto che la ragazza era di regolare struttura organica, però alquanto linfatica, di forme piuttosto avvenenti, rotonde, ma delicata di pelle, di un colore alabastrino, piuttosto paffuta. — Era di capello nero, finissimo, folto, lucente—d'occhio ce- ruleo — labbra rosse e F inferiore alquanto pronunziato — can- dida la dentatura. — Regolarmente mestruata, ma non infre- quentemente aveva leucorrea, evidentemente mantenuta dalle condizioni organiche generali. — Aveva F età di circa 24 anni. — Tre anni prima aveva sofferta febbre tifoidea. —Di carattere morale dolcissimo, impressionabile. Alla esplorazione dei genitali e specialmente dell'ostio va- ginale, appariva un gruppetto carnoso, sottile, roseo, lucentis - simo, levigato e riducibile al più delicato riscontro. — Fatta attenta e ripetuta osservazione, era l'imene: il quale, formato come petali di rose (questo è l'unico paragone ch'io possa fare) nella quiete naturale delle parti s'affacciava, all' ostio vaginale e d'alcun poco lo sorpassava. Con garbo distendendo le piccole labbra, si veniva a dispiegare quel sottile velamento muccoso, e si po' — 409 — teva allora vedere tutto il contorno di quelle pieghe perfettamente unito, sottile, molle, senza anfrattuosita, senza ingrossamenti e sempre lucente come una membranella clignottante degli ani- mali inferiori.— Era tanto sottile, tanto pieghevole, che tenendo le parti dilatate, veniva quasi a cadere mollemente estroflesso in fuori sull'attacco delle piccole labbra: ma non era possibile vedere traccia di cicatrice, come non era possibile sentirvi durezza alcuna: e facendo rientrare questo sottile velamento, entro all'ostio vaginale alla esplorazione fatta coll'apice del dito, si aveva resistenza contrat- tiva delle più efficaci.— Spingendo dolcemente indentro quell'imene, la sensazione che io n'ebbi non l'ho potuta assomigliare altro che a quella di premere sopra un pacchetto di finissima guttaperca, cosi liscia, molle, fresca, com'è la impressione che si riceve facendo un tale esperimento. — Dopo tutti gli esami fatti ebbi la convinzione fermissima che quella fosse una speciale conformazione dell'imene e fortunatamente ne ebbi anco persuasione leggendo alcun caso simile nel quale tale conformazione estroflessa è notata. — Mi stava sempre innanzi al pensiero come fantasma accusa- tore quella tanto efficace pittura dello Sprengel.....« integri- « tas hymenis superesse potes post coitum primum perpetra- « tum, si mentula parva fuerit, virgo autem est laxior, aut « fluore albo jamdiu vexala ». Dopo varie e pazienti; molto pazienti; conferenze col giovane, tutto fu calmato e mi riuscì di togliergli dal capo certi principii anatomici troppo assolutistici eh' egli aveva bevuto con la volgare tradizione: ed argomento assai valido; e per me di confortante riprova; si fu quella di fargli capire che po' poi egli non era troppo virilmente armato, — ecco il (mentula parva) — avendo poco svi- luppo del pene esaminato (s'intende) in stato di calma naturale. Tutto rientrò in quiete e dopo una mia re'azione in scritto, le tède nuziali splenderono di vivissima luce, sebbene il primo sagrificio fosse stato omai incruento. Se questa povera creatura di ragazza fosse vissuta ai tempi Mosaici, quando si voleva come segno assoluto di verginità fisica lo spargimento di sangue al primo congresso carnale, sarebbe stata maledetta, che ancora né Mer- curiale né Zacchia, per la voce della osservazione diretta, avevano proclamato : « Ilaque quemadmodum potest mulier esse incor- — 410 — « rupia, et sanguinem in primo concubito non effunder e ; « sic potest alia ex parte esse corrupta et sanguinem con- « cumbens effundere ». E questa conclusione la scrive proprio lo Zacchia, dopo aver raccontati due fatti analoghi, in uno dei quali narra perfino, d'una giovanissima e pudicissima vedova la quale passando a seconde nozze effuse sangue ! — Dunque giu- dizio a sentenziare in pratica ! §. 224. Ma non sempre possono andare così liscie le fac- cende e dato il caso di un contenzioso giuridico in seguito a formale querela, il parere contrario di un collega poco esperto, ovvero ; rovesciando la medaglia ; quello di un collega più esper- to, possono essere causa di dolori e di dissapori immensi.— Nulla v'è di più difficile e delicato di tali problemi, perchè in verità la scienza segni assoluti di verginità fisica non ne am- mette. — Non ne ammette, guardando allo stato dell'apertura vulvare, perchè in donne giovani robuste , ben formate, sane, che anco ebbero in un momento di loro ebbrezza amorosa un solo contatto, pur mantengono verginalmente custodite le loro parti: — non ne ammette, guardando alla contrattilità del costrit- tore della vagina; perchè in donne robuste, sane e giovani non poi del tutto debosciate, F apertura vaginale è stretta e resi- stente:—non ne ammette, per Io stato dell'imene, perchè questo può cedere senza rompersi e ritornare al suo primiero stato, può anco rompersi e senza ulteriori toccamenti e congiungimenti cicatrizzarsi: — può né cedere né rompersi, ma resistere e man- tenere la sua fìsica integrità, benché su di esso la punta del- l'asta virile v'abbia scritta anco più volte la parola della ille- cita voluttà. — Prescindendo da tutto ciò poi, vi possono essere i casi di alterazioni prodotte da intercorrenti morbi, oppure vi possono essere modificazioni importate da autotoccamenti .... E siamo sempre lì !. ... : Lasciamo, lasciamo per carità, di cari- carsi di legna verdi in medicina forense; o almeno se d'altro lato imperiosità di dovere ci costringe o se (come mi capitò a me) l'opera nostra la più coscienziosa può riparare a dissidii tremendi, forse anco a scene di sangue, a odii fatali, a tra^ smissioni di vendette, a scioglimenti di famiglie, d'affetti, a perdita d'onore, prestiamoci pure, ma entro al limite della — 411 — scienza, dell'onesto e del giusto. —Se nulla di po'sitivo appare che indichi lesione più o meno remota, si adopri una conveniente formula e cioè; nulla esiste attualmente che possa attestare di una patita violenza carnale ec ) ovvero se qualcosa vi fosse, si dichiari per la verità della scienza quello che e' è, con la ri- serva: nulla v'è in contrario ad intendere come ciò che esi- ste possa esser dipeso da cause morbose avventizie, innocenti. Lo speciale assorbe il materiale nelle questioni di simil genere! — Sia bene scolpito nella mente: — sia guida ferma, positiva, incrollabile del perito, il quale, d' altra parte, non può sperare dalla scienza sicurezza o specialità di segni morbosi. §. 225. Intorno all'argomento dello stupro con deflorazione, vi sarebbero due quesiti sui quali potrebbe per avventura essere richiamata F opera del perito e primo di questi il seguente cioè: « se potrebbe simularsi o pretestarsi la deflorazione ». —• Ma data una simile questione (della quale se ne accennano casi dal Puccinotti, del Fodere, dal Barzellotti ec), bisogna esser chiari di una cosa e cioè: che se si trattasse di vera e completa de- florazione artefatta per lo scopo o di obbligare a matrimonio o di attentare alla fama di un'uomo o per mira d'interesse, comun- que fosse, il perito; descritto con fedelissima esattezza di forma; la estensione, la profondità e direzione, la data approssimativa di tempo, tutto quanto può esistere di violento e sul corpo e nei genitali della trista femmina, non ha altro da sodisfare. — Spetterebbe alle prove giudiziarie il compito di avanzare e sostenere il dubbio di simulata deflorazione o avvalorarla con i dati che la scienza avrebbe offerti. — Se poi si trattasse di caso in cui si fosse profittato di circostanze morbose o acciden- tali o naturali esistenti in una fanciulla, esagerandole ad arte onde prendessero un valore almeno di tentativo, allora questa tèsi come più verosimile; eliminata la deflorazione; si ridurrebbe a questione di diagnosi differenziale fra od una causa morbosa naturale, generatrice quelle alterazioni, od una causa di ragione traumatica.—Resultando una disproporzione, o almeno una non verosimile corrispondenza, tale squilibrio potrà il perito accen* narlo al Giudice onde questi, con tutto il restante della prova generica, decida per qual lato possa propendere la bilancia. — — 412 — Si dia ad esempio ; per essere sempre chiari ; una di queste poco costumate fanciulle, nate in povera e mal condotta famiglia nella quale o F esempio materno o la facile comunanza con per- sone corrotte, o lo sregolato contegno del padre, abbiano troppo per tempo svelato a quell' anima le turpitudini umane: dato che questa povera infelice, non frenata dalla voce dell' educazione, dal sentimento dell'onesto, giunta all'età pubere (o anco prima) obbedendo agli stimoli dell' istinto sessuale con manustuprazioni abbia cominciato a guastare se stessa, già linfatica, scrofolósa, destando malattie vulvari; che per la poca nettezza in cui si tiene il nostro volgo, sono facili a verificarsi nelle giovani; se allettata dagli inviti lascivi di qualcheduno, nulla di più facile che nella corruttela dei costumi materni, nella scaltra previdenza di codeste creature infernali, si pensi a sfruttare la occasione con lo esagerare i danni risentit5 da toccamenti libidinosi ( sieno pure quanto si voglia immorali ed illeciti) e si pretesti il danno risentito; e si sporgano querele, e si faccian questioni di danni e interessi e ci si atteggi a vittime della lussuria altrui. — Di questi casi qui, basta aver frequentati un po' e Spedali e Tri- bunali, nel pubblico esercizio si danno; ed allora è possibile sorga il quesito: « se realmente tutto quanto veniva accampato dalla « parte offesa fosse reale, esistente e quindi se non vi fosse una « simulazione o almeno una forte esagerazione».—Non mi credo in dovere di spender molte parole per indicare al pratico come la via da tenersi in tali contingenze sia quella di un esatta dia- gnosi e nient'altro che questa. Le modalità speciali al caso in termini, tanto relative al meccanismo con cui furono consumati gli atti incriminati, tanto quali sieno le condizioni fisiche del- l' incolpato, se cioè proporzionate a generare il presunto danno, si renderanno manifeste anco più facilmente dall' esame di con- fronto (quando fosse proposto dall'autorità competente) ma in definitiva la via da seguirsi è netta, è facile e tale da condurre a ssiogliere il preposto quesito. §. 226. Mi fermerò un momento ancora sopra il fatto della visita di confronto che può essere chiesta dall'autorità giudiziaria in fatto di tentativo o di consumata deflorazione. — Le avvertenze pratiche che deve avere il perito per risolvere — 413 — la questione: « se vi può essere corrispondenza o proporzione « fra gli organi dell'incolpato e quelli della paziente che subì « l'alto libidinoso » si riducono quasi sempre a dare una risposta semplicemente indiziativa. — In generale si può stabilire : che quanto più v' è differenza di età fra un adulto ed una bambina od una giovane, tantopiù vi sarà presunzione che sia stata dif- ficoltata l'immissione dell'asta virile e quindi le violenze arre- cate avranno, giuridicamente parlando, il carattere di tentativo. — Ma questo generale principio può soffrire delle eccezioni per multiple circostanze; come ad esempio, la piccolezza stessa dell'asta virile, sebbene la età fosse avanzata, ed un reciproco sviluppo di conformazione nella fanciulla.-—A parità di condizioni, allora il criterio di raffronto è più facile ed omai sono noti i casi nei quali un ragazzo di 12 anni aveva rotto violentemente l'imene con rapporto sessuale in bambina di 4 anni e mezzo, e l'altro di congiunzione violenta fra una bambina di ^ I anni e un ra- gazzo di 10 anni e mezzo, come referisce Tardieu. Io non posso però fare a meno di raccomandare al pratico un gran riserbo sopra tale domanda; perchè io rifuggo sempre da essere, o correr pericolo di diventare, un indicatore di col- pevoli. E poi più specialmente in tali argomenti, nei quali; come ho dichiarato più volte; per mio conto il fatto fisico, materiale, è il meno; mentre la parte generica dovrebbe essere il molto. — Quando in pratica io sento agitare la questione se un'adulto sia piuttosto responsabile di un modo o di un grado di oltraggio violento al pudore commesso in fanciulla o in giovanissima e casta donna, perchè un po'più in fuori un po'più in dentro abbia macchiate le parti virginali, un po' più un po' meno abbia so- spinto in dentro o sgranato l'orlo imenale....... e tutto questo si voglia appoggiato al parere del perito il quale con la legge del- l'anatomia vi spieghi il perchè dell'evento, mi sento proprio sdegnato verso tutto e verso tutti. — Perchè evidentemente si dà la valutazione morale dell'atto, desumendola dallo effetto fi- sico: — e se l'adulto in quel caso, non ha squarciato l'imene della vergine impubere, ma invece Io ha potuto rompere nella ragazza più fatta, ne accade che nel primo caso (dov'è massima la violenza morale) resta un tentativo, nel secondo caso ( dove si — 414 — dovrebbe supporre maggiore discernimento e attitudine a difesa) si dice deflorazione.— Vè poi il caso che il seduttore giunga a toccare e spostare lo imene in ragazza formata, senza lacerarlo e non essendovi dunque i segni della deflorazione resti tentativoì.... E così via dicendo, uno squilibrio di cose che in realtà invoglia a tener ferma assolutamente la massima di rispondere sempre poco o nulla in simili faccende, meno per quanto può esser do- vere sopra effetti evidentissimi di violenza. — Forse più bello e sereno campo è riserbato al perito quando vi fosse necessità di bene esaminare lo stato psichico di ambe- due gli individui che presero parte alla venere i congiunzione. Quanto alla vittima, come in altro luogo ebbi a notare, può il perito trovarsi a riconoscervi una idiota; o almeno un' imbe- cille. — Tremendo è il caso riferito dal Dottor Merland che ebbe occasione di conoscere una fanciulla isterica la quale accu- sava di violenze sovr'essa commesse, due fratelli, mentre essa stessa s'introduceva nelle parti sessuali e nel retto, pezzi di ferro ed altri corpi estranei. - Sono poi queste disgraziate che prese da erotismo nel pervertimento di una passione illecita, punte dal desiderio, dalla gelosia, dal dispetto, compromettono la riputazione di un' uomo e denunziano atti immorali i più ca- lunniosi. — Tali incontri hanno talora tentato di compromettere la dignità del medico nell' esercizio delle sue funzioni come di ogni altro onesto uomo che avesse che fare con queste peri- colose creature. Relativamente all'autore poi dell'atto violento si può talune volte scoprire nelle condizioni organico psichiche, fatti degni di valutazione seria:-fatti che ben chiariti e posti nella loro giusta luce, possono minorare la responsabilità dell' avvenuto. — Cai zitissimo esempio che sarà molto utile nella pratica, mi pare il seguente esaminato dal Dott. Motet. Si trattava di un vec- chio di 77 anni che veniva incolpato di avere attentato al pu- dore sulla propria figlia dell'età di 3 anni. - I precedenti di questo disgraziato vecchio erano i seguenti: era stato sempre un' uomo debole di spirito, ed i compagni di camerata ricorda- vano ch'essi riuscivano a metterlo al pùnto di fare su se stesso toccamenti osceni alla loro presenza: era respinto da tutti per — 415 — tale una tendenza alla sensualità che molte giovani rifiutarono proposte di matrimonio secolui. — Di salute però era vigoroso: — d'intelligenza limitata, però non avrebbe potuto dirsi uno idiota , né aveva aberrazioni manifeste : comprendeva tutta la gravezza della incolpazione : — però si tratteneva a descrivere con compiacenza le sue avventure veneree, descrivendo la bel- lezza d'ogni donua che avesse conosciuta, compresa la pro- pria figliolina. — Fu fatta questione se questo fosse perver- timento istintivo o eccessiva lubricità da indebolire la intel- ligenza e la volontà e quindi da diminuire la imputabilità. Per chiarire la questione (ed ecco come deesi guidare il pratico in casi consimili) il Dott. Motet analizzò tutta la vita di que- st' uomo, cominciando : A. Provenienza gentilizia. — Il padre dell' incolpato fu condannato ai lavori forzati a vita — non si sa perchè — ma certo era un dissipatore. — B. Tendenze dell'incolpato. — Teneva registro fedele e continuo delle ragazze da sposare. — Avanzava una dopo l'altra chiesta di matrimonio ed era sempre ricusato. — La sfortuna poi toccò ad una eccellente donna di nobile ma decaduta fami- glia.— Da questo matrimonio ebbe due figli, e di questi, uno era la piccola figliuolina che subì la brutalità. C. Su di lui per fatti consimili, stavano già delle accuse, sebbene non fosse mai stato condannato. — D. Quanto alle condizioni fisiche generali erano eccellenti nò aveva mai sofferto di tendenze congesti ve cerebrali né altri dVfurbi. — Erano dunque tendenze erotiche semplici. Ora la questione della responsabilità in tal caso, fu risoluta parziale, inquantochè la esistente debolezza della mente non dava ragione a arresto di sviluppamento intellettuale, né avevamo dall'altra parte fenomerì d'una demenza senile. — Furono concedute le attenuanti. — Vi è una infinità di casi simili, registrati nei libri e negli Annali dei Tribunali da metter pensiero a scegliere. Bei'^ssimi sono quelli del Casper (o2-53) e bellissimi quelli del Tardieu.— Ma fuori di un pervertimento brutale di senso erotico, il perito potrebbe trovare sopra quei disgraziati vecchi che consumano — 416 — o tentano di consumare; tali oscenità, degli stati di neuropatia psichica da intendere quegli atti morbosi e così trovarvi una diminuente nella colpabilità. — Io già ne parlai più sopra al §. 203; e qui non intendo soffermarmi di più. — L'altra questione alla quale alludevo è fortunatamente assai rara; ma in ogni modo non creerebbe gravi difficoltà.— Se una fanciulla od una ragazza vergine, possano essere defiorate o durante un profondo sonno naturale o durante un'ebbrezza al più forte grado o durante un narcotismo procurato senza che dessa se ne accorga. È questo un' argomento di cui ce ne siamo occupati (Ved. §. 61). Ma qui è a ricordarsi che quanto alla possibilità che si possa compiere uno stupro violento in vergine dormiente, sia pure per sonno profondo è una inverosimiglianza tale da non fermarvisi a confutarla. — Quanto alla possibilità dell'altre molte (e in parte un po'misteriose) condizioni di anestesia, non potendosi recisamente negare, pure è necessario che il pratico rifletta come qui egli ha solo il dovere di chiarire se violenza nei ge- nitali virginei fu consumata o nò. —Quanto a tutte le circostanze speciali che possono avere accompagnato il reato non deve occupar- sene il perito, perchè in verità, costituendo un estremo giuridico di violenza presuntiva, questa spetta al Giudice. — Solo avrebbe il dovere di rispondere, se nel fatto in specie, si trovin tracce di «un « danno organico riferibile non tanto al consumato stupro quanto « alla salute della giovane se per ottenere l'anestesia, si fosse « adoperata una sostanza tossica ». _ E questo a vero dire è tossicologia. — §. 227. Stupro violento in maschio. — Come abbiamo ve- duto , le disposizioni legislative future tendono e considerare analogo nella configurazione giuridica, lo stupro violento in ma- schio a quello consumato in fanciulla vergine. — Ciò chiarisce come dovrebbesi considerare il fatto anco quando contro natura, si commettesse l'atto violento carnale in fanciulla vergine. — M perito può dunque esser chiamato a darne il suo parere onde accertare (se lo può e fin dove lo può) se esistano i segni fisici che attestino della consumazione di questa violenza libidinosa. Dopo le cose accennate un po'più estesamente nei paragrafi — 417 — precedenti, qui sarò più breve, conciso : — tantopiù che essendo omai fuori di ogni seria discussione che in molti casi difficil cosa è lo stabilire se una fanciulla sia o non sia più vergine, difficilissimo è decidere se sia stato o non sia stato commesso stupro contro natura tanto in maschio che in femmina. — Meno la rara cir- costanza, di esser chiamati poco dopo l'avvenuta violenza a ve- rificare palesissimi i segni di una azione traumatica, distensiva e lacerante F anello anale, da avere vero e proprio cruentismo. — Anco in tali casi il pratico ha sempre da tener ferma avanti alla mente la possibilità che quegli effetti traumatici, anziché ge- nerati a sfogo di libidine, possano essere stati generati da altre accidentalità innocenti o morbose che sieno.— E poi v' è al solito la voce della esperienza, la quale depone come un individuo possa essere stato più volte sodomizzato e non averne riportato alcun segno apparente; o per la naturale ampiezza dell' ano, o per la piccolezza del pene intromessovi, o perchè l'atto era antico, quando cadeva alla osservazione del me- dico forense. — Mentre all' opposto, può un' individuo non essere stato-mai sodomizzato ed offrire segni che dieno luogo al so- spetto, a diffamazioni ed a contese. Tali verità sono scritte da molto tempo nei libri di medi- cina forense, e la massima fondamentale che in questo genere di stupro, il corpo del delitto non possa sempre provarsi al fòro con fisica certezza, è quasi unanimemente accettata. Conoscendo la lettaratura medico forense su quest'argo- mento, è forza convenire che eravamo molto più dotti quando eravamo più vecchi; ed oggi c'è la smania; non'so da qual tur- binìo sien presi alcuni; di volersi ficcare a essere sicuri in cose cotanto dubbie che oltre ad essere di difficilissima soluzione,. impegnano pericolosamente la scienza in tali putridumi de' quali perfino la penna poco obbedisce a doverne trattare. — Anco per la conoscenza delle parti anali dominano e le stessa considerazioni di variabilità, di conformazione, e di energia con~ trattile a seconda degli individui, della loro costituzione e della' loro età, delle loro abitudini ec—E così pure quanto alle cause mor- bose di indole accidentale che possono alterare quelle parti; come sarebbero le intertrigini, le escoriazioni, le flogosi, gli esulce- /• ilippi j7 — 418 — ramenti, le verruche, la lassezza dello sfintere, F apparenza im- butiforme dell' intestino retto, i prolassi della muccosa, i vizii emorroidarii e via dicendo, determinano differenze difficilmente prevedibili. Per cui; non volendo divagare l'attenzione del pratico in riflessioni facilmente nascenti; dopo quanto ho già più sopra dichiarato; stabilisco come il solo dovere che possa competere al perito in simili occorrenze, sia quello di bene e fedelmente descrivere le alterazioni di colorito, le soluzioni di continuità, di elasticità ec. che potrebbero trovarsi sul corpo dell' individuo che gli viene presentato dall'autorità giudiziaria, od esistenti più determinatamente nella regione anale o nei suoi dintorni, onde decidere soltanto se desse possano esser dipendenti da azione traumatica o da morbo, ossivvero se F una cosa o l'altra potessero avervi contribuito a generarle. §. 228. Quanto alle condizioni anatomiche relative alla regione anale poi; particolareggiatamente considerate in rapporto ai bisogni della medicina legale; quando questa venga chiamata ad occuparsi di certi traumatismi che abbiano avuta sede in quelle parti; io ricorderò; sotto la scòrta di un gran numero di autori italiani e stranieri e sotto la autorevole disquisi- zione che recentemente sopra tale argomento ha creduto bene di dare alla luce l'illustre anatomico il Professore F. Pacini; ricorderò come: 1°) Lo Sfintere esterno dell'ano sia formato da due grossi fasci muscolari disposti in forma di un ovoide allungato, fasci che essendo composti da fibre striate, risentono la influenza della volontà e quindi possono esser costrette a chiudere più energi- camente o ad aprire l'apertura anale che in condizioni comuni e di quiete sta socchiusa. — 2°) Come sorpassata l'apertura dello sfintere esterno si trovi il canale anale lungo circa un centimetro e mezzo, in media, e limitato in fuori dallo sfintere esterno e in dentro dallo 3°) Sfintere interno, formato ad anello e da fibre musco- lari liscie e quindi indipendenti dalla volontà ; mantenendosi abi- tualmente contratto onde contenere le materie fecali che stanno — 419 — al di sopra di lui nell'intestino retto ed aprendosi solo al mo- mento della loro necessaria espulsione. — Importantissima cosa è per il perito forense 'tener fermo, come, del canale: i due terzi inferiori di esso, sieno abbracciati dalle fibre striate del muscolo sfintere esterno ; mentre il rima- nente del canale o il fondo, sia soltanto costituito dallo sfintere interno, muscolo fuori del dominio della volontà. — 4° Ricorderò come la membrana muccosa che riveste l'in- terno del canale, nelle condizioni normali, sia non visibile dalla apertura dello sfintere esterno, il quale è rivestito dall' 5° Integumento cutaneo; il quale sta disposto intorno al- l'apertura dell'ano a pieghe, formanti un cercine appunto così chiamato in buona lingua toscana come si chiama quel ravvolto di panno piegato in cerchio che si pongono in capo le persone del contado quando voglion portare pesi in testa. 6? Dopo queste particolarità dell' apparecchio anale pro- priamente detto, v' è da considerare dal perito la esistenza delle masse adipose elastiche che riempiono F intervallo fra il canale dell' ano e i due ischii ; e finalmente le 7° Natiche; guancialetti carnosi formati da muscoli e da grasso , che addossandosi F uno all' altro, formano una fessura più o «neno profonda a seconda di diverse circostanze che più avanti accenneremo. §. 229. Ora (come abbiamo fatto nei paragrafi relativi al- l'apparecchio genito urinario femminino) è utile valutare quanto è necessario ricordarsi su di alcune circostanze anatomiche spe- ciali all' età ed al sesso ec. più verificabili nella regione anale e che ; se non avvertite convenientemente dal perito; potrebbero per avventura fuorviare il giudizio medico forense. — 1° L'apertura anale nell'Uomo si suol mostrare molto più elevata (o profonda) nella fessura delle natiche di quel che non sia nella Donna ; perchè nell'uomo le tuberosità ischiatiche ed il coccige, presentano maggiore rilievo, ravvicinamento e pro- lungamento di quanto non sia nel bacino muliebre: per cui nel- l'uomo corre maggior distanza dall'orlo libero di ciascuna na- tica all' apertura dello sfintere esterno , di quanto corra nella donna; nella quale, normalmente, l'apertura anale è più super- ficiale e quasi a livello delle tuberosità ischiatiche. — 4:iU — 2° Tanto nella donna che nell'uomo, lo stato di eccellente nutrizione e di grassezza o lo stato contrario di magrezza, pos- sono naturalmente e per ragione anatomica, far prendere uno aspetto differente alla parte inferiore del canale anale e nella apertura dello sfintere esterno, la quale nei ben nutriti o nei grassi, appare sempre più chiuso di quello che negli individui magri od esili, sempre mantenendo quella differenza di profon- dità relativa al sesso, come abbiamo avvertito più sopra. 3" Tanto nell' un sesso che nell'altro, potendosi verificare per diverse ragioni, una lassezza o poca tonicità dei tessuti ed una poca energica contrattilità muscolare, ne risulta che l'aspetto di quelle parti possa cambiare. Ed allora ne avviene che della pelle; la quale riveste F apertura dello sfintere esterno, essendo sotto la dipendenza di questo muscolo che a volontà può ristringersi o rilasciarsi, quanto più quel muscolo si contrarrà potentemente tanto più fitte si aggrupperanno le pieghe cutanee e viceversa. Ed è altresì evidente che indipendentemente dalla più ener- gica e valida contrazione muscolare alla quale obbedisce, se quella pelle sarà per sua natura consistente ed elastica ; com'è nei giovani robusti; meno si piegherà d'una pelle che fosse sottile, vizza, flaccida d'individuo vecchio e debole. Vi sono poi da rammentare al perito moltissime circostanze morbose naturali che modificano l'aspetto di tali parti e cioè: 1° Negli individui che vanno soggetti spesso alla stiti- chezza, la membrana muccosa che riveste F interno del canale anale, può rigonfiarsi, farsi prominente all'orificio esterno e in- fiammarsi ; essere accompagnata da ingorgo dei vasi venosi emor- roidarii, e tale effetto vedersi anco più facile nelle donne nelle quali F apertura anale è più superficiale. 2° S'aggiunga a tutto questo il ricco contributo che la patologia chirurgica offre di speciale riguardo alle malattie che possono verificarsi naturalmente all'ano e nei suoi intorni e sulle modificazioni accidentali traumatiche che possono modifi- care quella regione, e da tutto questo si avrà una sufficiente idea del come e quanto debba esser preparato il pratico a sa- pere valutare prima di dare un giudizio sopra fatti di simil genere .— — 421 - §. 230. Io ho voluto brevissimamente ritoccare questo gruppo di studii non mica per dubitare che manchino a coloro che hanno modo e tempo da studiare , ma perchè penso che questo mio libruccio possa capitare in mano a quei colleghi che dalla necessità della vita essendo allontanati dai recenti avan- zamenti della scienza, trovandosi in circostanze relative all'ar- gomento che qui si studia, possano avere la guida più opportuna a sapersi orientare in faccia ai casi pratici che li per lì pajon facili ma che nel giorno del dibattimento possono diventare diffici- lissimi.—Il lai lo, immorale, inqualificabile, processo dei Vanchetoni parii ora e nei secoli futuri dei perigli che corre la scienza me- dica quando lasciandosi impigliare in quelle reti giudiziarie nelle quali fu impigliata, si pretende dalla Magistratura togata di farsene punto d'appoggio a persuadere la Magistratura popolare (con vocabolo straniero detta il Giurì) perchè questa si persuada della fondatezza dell'accusa. — Io non so ancora in quel triste affare quanto ne fosse vantaggiata la scienza: se cioè ne fu più van- taggiata quando i Vanchetoni furono condannati o se quando furono assoluti!—Una cosa sola io so:—che quando si agitano quei processi sarebbe bene che i periti si ricordassero che fino da' remoti tempi è detto: che a quelle domande, nulla si può rispondere di preciso: e che potendo rispondere qualcosa di vero, nulla della scienza risolve da solo il quesito ; perchè quei processi lì o si fanno con la validità della prova generica o poco v' è da sperare dalla prova del materiale. — E basti su ciò! — §. 231. Intanto sono a tirarsi delle preziose conclusioni pratiche, dalle considerazioni anatomo cliniche più sopra indi- cate e cioè: 1* Che se lo sfintere esterno è (come lo è per certo) mu- scolo dipendente dalla volontà, e se quasi i due terzi del canale anale sono regolati dalle fibre di quel muscolo che lo abbrac- ciano, può avvenire che nel turpe fatto del coito contro natura se i due soggetti (e l'attivo ed il passivo) a vicenda si corri- spondano , l'atto si può compiere senza che si generino lesioni visibili come accadrebbero nella contrastata congiunzione. — 2* Che se poi per contrario avvenisse o per conformazione individuale, o per una deficienza di tonicità naturale delle masse — 422 — muscolari, o per un'effetto di lento morbo che avesse deterio- rato l'organismo, un rilasciamento di quella zona muscolare dello sfintere esterno che presiede alla porzione maggiore del canale anale , si potrebbe allora avere un' aspetto infundibuliforme in uomo o in donna dei più onesti e che mai si prestarono a sì ributtevole commercio carnale. — 3a Che se è vero (com'è vero) che nell'uomo l'apertura anale sia più profonda di quel che nella donna, e che per vo- lerla bene esaminare sia necessario allargare le natiche ed al- lora possa avvenire che in individui flosci ; stando lo sfintere esterno abitualmente rilassato; nello esame stesso che il pra- tico è costretto a fare e si dispìeghin le pieghe, e si cancelli il cercine formato da esse, o si slarghi l'apertura dell'ano in modo da apparir questo e rotondo e più largo ed il canale anal« foggiato ad infundibulo, allora si corre rischio di giudicare er- roneamente per segni creati dallo stesso perito. — 4" Che se è vero (com'è vero) che lo sfintere interno sia naturalmente circolare, e sia posto in alto nel più profondo del canale anale, e vi si mantenga abitualmente contratto, sarebbe errore gravissimo giudicare che così fosse respinto per effetto di atti libidinosi violenti sofferti dall' individuo, potendo essere per naturale condizione anatomica che si trovi rilasciato lo sfin- tere esterno e largo il canale anale. Queste, senza dubbio, sono preziose conclusioni che scendono limpide dalle premesse anatomiche e di queste; tenendo il fermo contro certe erronee moderne dottrine d'oltremonte; ne faremo tesoro per l'applicazione pratica. §. 232. Intanto fin qui si è venuto a mettere in luce, senza sforzo alcuno, come sia difficilissimo indicare segni elo- quenti che attestino d'un coito contro natura, e come (meno tracce d'una violenza traumatica recente ) possano non aver valore né il rilasciamento dello sfintere esterno, né il cambia- mento delle pieghe intorno all'ano, né quindi la scomparsa del cer- cine, né l'aspetto infundibolifbrme del canale anale; né la estro- flessione della muccosa, specialmente nella donna (che ha la apertura anale più superficiale) e negli stitici, emorroidarii ec. — Abbiamo poi capito come in soggetti che si unissero carnai — 423 — mente con reciproco consentimento, possa avvenire il congiun- gimento contro natura senza tracce. E allora cosa resta al perito ? Resta solo (e soltanto come indizio generale) il possibile accertamento di lesioni per un trau- matismo diretto a vincere violentemente la contrazione dello sfintere esterno in individuo che renuente voglia sfuggire a quell'atto di carnale violenza. — Questa è la conclusione definitiva alla quale, lasciandomi proprio condurre dolcemente dalla dottrina anatomico fisiologica, ho piacere d'esser giunto. Si potrebbe obiettare: ne siete proprio sicuro di codesta dottrina com'è certo che quella luce che splende vien dal sole ? E io domando : e quando è certo com' è certo che quella è luce di sole, che il tale o la tale sono cinèdi con- fessi e non trovate nessun segno speciale a giudicarli ?...... E allora?.... Allora lo ripeto a posta; a costo d'esser nojoso; lasciate, lasciate, lasciate alla Magistratura togata e alla Magi- stratura senza toga che erigendosi giudici del fatto, aguzzino le prove con gli argomenti giuridici e non prostituiamo la scienza che non vi dà certezza nel brago che solo il dovere della morale e della giustizia sublima col candido manto della pubblica morale ! — È inutile confondersi ! In tali affari lo spe- ciale assorbe il materiale!—0 si possiedon prove giudiziarie bastevoli, e allora faccia il Magistrato quel che il dovere gli ispira:—o non le si possiedono, e allora non fate dei processi impossibili, chiedendo alla scienza quel che la scienza non vi può dare ! — §. 233. Quali potrebbero nonostante essere i segni che possono indicare uno stupro violento contro naturai — Non esistono segni speciali, — Questa è F unica risposta logica. — Quando però il perito dovesse rispondere alla domanda « se « violenza fu commessa nelle regioni anali di quel dato in- « dividuo, o come tentativo, o come consumato stupro contro « natura » (o in maschio o in femmina) allora con il metodo indicato in Traumatologia (Ved. Volume 11°), e con le speciali avvertenze discorse nel §. 229 il perito esamini se trovasse nelle regioni del corpo in generale o più specialmente nella regione anale, segni evidenti di traumatismo comune e questi li enu- 424 — meri, li descriva con ogni più precisa maniera, ne prenda ogni più minuto, esatto, particolar carattere, e giunto alla fine del suo referto esprima soltanto il giudizio che un'azione trauma- tica o confusiva, o lacerante, o insieme l'una cosa e l'altra, possa essere intervenuta a generare quelle lesioni. — Le lesioni che potrebbero indiziare una violenza meccanica di recente commessa nella regione anale di un individuo del- l' uno o dell' altro sesso, sono a): quelle comuni di uno stato irritativo della muccosa che veste il cércine anale con arrossamento, gonfiore, senso di bru- ciore, dolore e tenesmo: b): escoriazioni, ecchimosi, specialmente nei dintorni della apertura anale : e): lacerazione alcuna volta, della muccosa ma a forma di sgranatura ragadiforme dolentissima, diretta (o dirette se mul- tiple ) in senso longitudinale o alquanto curvo lungo le pieghe cutanee. d) Quanto alle condizioni di più o meno vinta contratti- lità muscolare dello sfintere esterno è necessario saper bene eseguire tali riscontri che vanno fatti non forzando cioè la contrazione del muscolo stesso, ma attendendo il momento opportuno del massimo rilasciamento, per poi ; comandato al- l'individuo che imprima quel grado di forza costrittiva di cui ancora può esser capace; il dito esploratore del perito lo valuti secondo la propria esperienza acquistata nel riscontro anale eseguito a diverse età, in diversi individui affetti o no da differenti morbi.— Quanto alle condizioni dello sfintere interno (se fosse stato dalla violenza lacerato) mi parrebbe superfluo allora discendere a tanta minuta precisazione di fatti e la conclusione dovrebbe attestare che la causa traumatica penetrò profonda- mente a lacerare i confini anatomici del canale anale. e) Le lesioni che potrebbe il perito riscontrare nel rima- nente del corpo del paziente sarebbero pur esse le comuni le- sioni e, come vedremo più avanti, potrebbero anzi avere un valore significativo non solo ad indiziare una lotta, ma anco a indiziare ben altra circostanza relativa allo stato di colui che consumò il traumatismo sulla vittima — 425 — §. 234. Con tali criterii mi pare di avere esplicato quanto basta per la pratica, chiamati a decidere se od un fanciullo od una fanciulla; ambedue puri di costumi e mai tocchi da atto li- bidinoso; rimasero vittima di stupro contro natura. E mi pare riassumendomi avere fatto capire al perito: 1° Che segni di violenza traumatica caratteristica, spe- ciale, patognonomica, dello stupro violento contro natura, non si hanno. 2° Che esistendo segni di lesione in quelle parti, il pe- rito ha solo il dovere di descriverne con ogni fedeltà il carat- tere e la sede, la estensione, la profondità ec. 3° Che per bene valutare il significato di tali lesioni deve saper conoscere e lo stato anatomico normale di quelle parti tanto nel maschio che nella femmina, vergini da ogni contatto carnale: — che deve anco saper riconoscere tutti i cambiamenti provenienti da circostanze morbose spontanee che a diverse età o condizioni o circostanze della vita, o morbi intercorrenti pos- sono intervenire a cambiare lo atteggiamento delle partì stesse o a complicarlo quando su di esse e vi fosse stato il morbo e vi si fosse aggiunto un tentativo o un completamento d'atto traumatico. 4° Che in definitiva al perito non spetta mai di dichia- rare come violento per ragione libidinosa un' atto che potrebbe anco esser generato da volontarie o casuali azioni traumatiche. §. 235. Sebbene nella pratica forense più frequentemente, ed in armonia con il quesito più sopra indicato, si possa doman- dare al perito se vi possano essere segni di una violenza re- cente , pure qualche volta si potrebbe domandare anco se vi potesse esser modo di riconoscere se da un certo tempo fosse stata consumata o violenza carnale contro natura, ovvero se sul tale individuo vi fossero segni di abituale sodomia. Quanto alla prima parte di un tal quesito poca cosa è a dirsi; perchè dato che un Giudice domandi se si possa indicare da quanto tempo si creda prodotta una data lesione, allora le comuni cognizioni di patologia chirurgica applicate al caso in termini, sono sufficienti a chiarirlo, ricordandosi sempre di espri- mere un giudizio di approssimazione. — 426 — Se poi il Giudice intendesse di voler sapere dal perito da quanto tempo si può ritenere che si consumi su di un tale individuo ii coito contro natura, allora è conveniente rispondere che non si può determinare nulla in proposito.— Ed è proprio qui dove s'è infranta spesso l'opera del perito medico forense; perchè volere o non volere, in tale domanda vi sono incluse due grandi difficoltà: la prima quella di riconoscere se vi fu sodo- mia: e la seconda quella di giudicare da quanto tempo possa essersi e consumato e ripetuto l'atto nefando. — Ma a dir vero si cominciò fin da Zacchia a raccomandare una grande prudenza e cautela in tale giudizio e bene studiando tutto lo insegnamento che su tale argomento ci lasciò scritto quell'illustre scienziato, si sente proprio quanta riserbatezza egli stesso adoperi anco quando viene da vicino a parlare di alcuni fenomeni che potrebbero forse indiziare il coito ripetuto e da molto tempo usato contro na- tura. Il Zacchia. con l'arte della parola, tinge di una tal quale indefinitezza quel laxitas quaedam......et partis dilatatio. Più avanti, quando vuole accentuare quel « Multo magis fre- quenlem significare .... poteril (potrebbe) e lo spianamento delle rughe, e la lassezza e l'apertura dell'ano, avverte subito ehe quei sozzi cinèdi adoperavano medicamenti rilascianti ed emollienti. E appena Unito questo periodo, attacca subito con una frettolosa risolutezza di stile « Adnotandum iamen est quod « plura commemoratorum signorum possimi ex aliis caussis, « quàm ex constuprat'one originem trahere; itaque maxima « cautela utendum ut dignoscamus quando ex stupro, quando « autem ex aliis caussis errata fuerìnt ». E dopo spiegate le cause morbose accidentali che possono generare simili danni, finisce di raccomandare grande cautela, lasciando compiere il giudizio agli indizii ed alle presunzioni giudiziarie ec. Dopo il Zacchia tutti gli scrittori italiani si serbarono pru- dentissimi su tale argomento e bisogna arrivare al Cullerier, medico francese, addetto all'Ospizio dei Venerei, per sentir par- lare che Y apertura del retto (nientemeno) infundibuliforme con il margine dell' ano grosso, gonfio e molle, con lo sfintere che si contrae con difficoltà e la facilità con la quale si può entrare col dito, sieno segni di sodomfa ripetuta, antica ec— Il — 427 — Tardieu incarnò questa scuola, tendendo evidentemente, e con l'au- torità del nome, e con molta arte di dottrina, a condurre sopra un terreno più stabile l'opera del perito forense, avendo amore a to- gliere da un non so che di vago e di timido l'argomento stesso, sebbene né in Germania né in Italia si sia corsi con tanta facilità a dividerne le opinioni. —• Chi apertamente ha con senno arre- stato in Italia quel pericoloso declive in cui era stata spinta la scienza medico forense intorno a questi studii, sono stati prima di tutti il Prof. De Orecchio e recentemente il P. Pacini, e questo ultimo poi valendosi maestrevolmente dei dati anatomici, met- tendo in chiara luce quanto valore debba o possa darsi dal pe- rito a quella apparenza infundibuliforme del retto, a quel rila- sciamento dell'ano, a quel dispiegamento di pieghe e via dicendo. §. 236. Ma lasciando le illustrazioni storiche e venendo alla sostanza pratica, il perito vede facilmente che se si tratta di modificazioni non gravi, non profonde, non evidentemente violenti e spiegabili nei singoli casi con certi criterii attinenti o a condi- zioni generali all'organismo dell'individuo in esame, o a condi- zioni dipendenti da morbi, o ad abitudini viziose contratte dalla persona in esame, allora si entra in una valutazione tutta cli- nica ed il criterio differenziale ajuterà la soluzione del quesito fin dove soltanto può e deve estendersi l'opera del medico fo- rense. Se poi le condizioni fìsiche del soggetto in esame si pre- sentano nella regione anale tanto malmenate da avere vivente F orrendo e schifoso spettacolo che con molta squisita premura il P. Augusto Voisin fece disegnare pel Prof. Tardieu, ma al- lora capisco che ogni difficoltà dovrebbe sparire pel medico fo- rense e che sempre mantenendosi in una discreta riserva nulla azzarderebbe a concludere che: « in simili casi nulla vi sarebbe in « contrario ad ammettere che le parti anali di quel tale individuo « potessero essere ripetutamente e da lungo tempo essere state « così ridotte da azione meccanica dilatatrice », escludendo la intervenienza di cause morbose diverse, e lasciando che al parere della scienza liberamente s'accoppii il criterio indiziario che F uomo della Legge può emettere. — Molto meno poi si rispon- derà alla determinazione del tempo, poiché questa indicazione non ha solida base né sopra dati anatomici sicuri, né sopra il — 428 — riscontro dei fatti, fra i quali anzi ve ne sono alcuni che am- mettono la possibilità di lungo uso , eppure le parti avere re- sistito a conformarsi proporzionatamente. — Così non ajutano il perito nel criterio diagnostico del tempo né la formazione delle caruncole, né delle marisce odi altre produzioni epigenetiche, sia perchè queste ad altre ragioni potrebbero tenere, sia perchè la loro presenza non è costante avvenimento Concludendo per la pratica su questo doloroso, ributtante e difficile argomento. 1° Lo stupro (violento) tanto in maschio che in femmina, puri di costumi, di regolare conformazione, sani ec, può avere indizio in lesioni traumatiche comuni più specialmente raggrup- pate alla regione anale o nello sfintere esterno o nel canale anale. Il perito, quando sia richiesto del suo parere in tempo opportuno, potrà e dovrà considerare e descrivere quelle lesioni come in un comune esame di fatto traumatologico. 2° Quanto al significato da darsi a tutte quelle modificazioni delia regione anale che potrebbero all'autorità inquirente indiziare delle abitudini turpi più o meno abituali per coito contro natura, il perito dovrà regolarsi secondo le leggi anatomiche, secondo le condizioni individuali e secondo la influenza di malattie che potrebbero essere intervenute a produrle.— E dovendo escludere ogni ragione naturale, descr vera con molta precisione il vero stato delle parti, lasciando alla valutazione del Giudice il de- terminare se la vera causa fu per ragione di libidine crimi- nosa. 3° Segni caratteristici, patognomonici di patita sodomìa violenta, non sono ancora specificati dalla scienza, né lo sono quelli di più o meno antica sodomia da indiziare il tempo in cui può essere avvenuto lo stupro contro natura. A me dunque pare molto chiaro come io intenda di ridurre F opera del perito alla sola e pura valutazione anatomo fisiolo- gico e patologica dello stato delle parti che si sospettano offese da un atto più o meno violento; fuggendo il pericolo di credere che vi possano essere segni speciali, caratteristici, proprii, del- l'atto carnale contro, natura, ma invece vi possano essere sol- tanto lesioni che appurate da altra cagione spontanea o natu- — 429 — rale o morbosa o dipendente da men che lodevoli abitudini, possano soltanto servire di indizio (puro indizio!) in mano del Giudice, al quale soltanto, spetta di dare a quelle lesioni un signi- ficato criminoso pel riflesso delle prove indiziarie che egli pos- siede. —• Insomma, è tempo di cansare F errore per me fatale, che l'atto carnale contro natura abbia speciali caratteri di le- sione fìsica e non possa con diversi modi quanto diverse sono e le combinazioni individuali e le modalità meccaniche con cui fu consumato, avere variatissimi fenomeni di estrinsecazione obiettiva soltanto valutabili come segni probativi di atto car- nale dal rappresentante della Legge che possiede le prove in- diziarie. — §. 237. Violenza carnale o oltraggio violento al pudore. Toccate sommariamente e per quanto poteva essere utile al momento pratico, le due configurazioni distinte dello stupro in vergine e dello stupro violento contro natura nell'uno e nel- F altro sesso ; ora viene lo studio della violenza carnale. Si sottointende che il perito in simili casi, non avrebbe più, come scopo supremo, da verificare se un'atto violento libidinoso sia avvenuto sopra parti sessuali non mai tocche da atti car- nali, ma si trova ad esaminare individui che liberi di se stessi furono forzatamente offesi e vincolati nella loro libertà indivi- duale per essere assoggettati renuenti a violenza fisica messa in opera a fine libidinoso.—Talché il perito può avere da esaminare donna libera, donna conjugata, perfino donna meretrice, o ma- schio, in età più avanzata a quella entro la quale il reato pren- derebbe qualifica di stupro anco secondo il Progetto del nuovo Codice Penale. Fortunatamente in tali circostanze l'opera del perito, in quanto possa spettare alla verificazione dei segni della violenza carnale, è anco più accentuatamente inclusa nella comune pratica di trau- matologia forense. Vi possono essere soltanto certe particolarità per le quali, onde nel caso in termini avvicinarsi a specificare più da vicino che quell'atto violento ebbe realmente lo scopo dello sfogo libidinoso, il perito sia chiamato ad esaminare alcune tracce che potrebbero forse diventare sjgni caratteristici del delitto sospettato. E questi iidir-ii sarebbero l'esame di macchie di — 430 — sangue che andasse commisto a macchie di sperma trovate e sui panni dell'individuo che patì la violenza e sopra lo indivi- duo incolpato, siccome anco potrebbe darsi che il perito fosse chiamato a ricercare se esistessero dati di fatto a dimostrare che una malattia virulenta possibilmente esistente sulla persona che soffrì la violenza, fosse verificabile pure nell'individuo indiziato come autore, stabilendo così il fatto della personale identità. — Ma sebbene queste circostanze così speciali al caso possano qualche volta anco non aver luogo, è un fatto che in questa configurazione giuridica si rende doveroso di stabilire se la per- sona che patì il delitto in sequela dei sofferti maltrattamenti sia venuta a riportare una lesione personale grave o gravissima ovvero se anco possa per quelli esser morta. Il perito in simili casi dovrà con ogni esattezza vedere se sul corpo della persona che si dice offesa esistano segni di violenza come sarebbero le contusioni, lacerazioni, distorsioni, anco lussazioni, e fratture e ferite ec, insomma alcuni di quegli effetti trau- matici che possono avvenire in una colluttazione che s'impegni fra chi deve subire l'atto impudico e l'autore che vuole obbli- gare la persona all'abuso delle sue parti sessuali. —Ma è troppo evidente che il reperimento di tali lesioni non può mai dare al perito criterio alcuno della intenzionalità che avesse o potesse avere la persona che le produsse. — Soltanto può e deve registrare il perito con ogni precisione: la la locatila delle lesioni le quali possono essere più specialmente riscontrabili alle mani, alle avambraccia, alle brac- cia , come mezzi di difesa. — E certo sarà valido indizio repe- rirle massimamente accumulate agli organi genitali o alle parti ano perineali, come la mira dello sfogo libidinosa. — E non sarà inutile criterio vedere se fossero anco esistenti intorno alla bocca od al collo nella regione laringo joidea della persona conculcata alla quale forse volevasi impedire le grida di ajuto. 2* la forma e disposizione delle lesioni medesime deve essere valutata e descritta dal pratico, perchè o la grandezza, o la configurazione speciale, potrebber partorire non solo dati di raffronto con chi ne fu autore, ma potendo essere accampate quali resultati di effetti traumatici comuni generati da corpi in — 431 — movimento o da cadute, si possa aver modo di bene ricostruire da chi di ragione tutto l'andamento del fatto intervenuto. — La direzione nella quale si presentano le lesioni medesime, per conoscere se furono o nò incontrate con verosimiglianza per fuggire o impedire un' attentato alla pudicizia altrui, quando spe- cialmente si voleva completare una violenza carnale. La coeta- neità rispondente fra le diverse lesioni che cadono sotto la os- servazione, non per altro che per precisare ; fin dove é possibile; che tutto l'insieme cospira a persuadere che là si tratti di un traumatismo misto però determinato in un sol momento e tutto diretto allo scopo di vincere quella resistenza che si voleva opporre alla congiunzione corporea violenta. — Contemporaneità che se non sufficientemente determinata, potrebbe forse essere adoperata a fuorviare dal vero o sia per parte dell'accusato che trarrebbe profitto dal dubbio che potrebbe sorgere da tutto il deposto della lagnante, o anco potrebbe essere sfruttata dalla paziente stessa la quale, a rincarare la prova dell'accusa, dichia- rerebbe come quelle lesioni poterono essere effetto di ripetute sevizie, coercizioni, offese, alle quali poi per forza sopraeccedente non potè resistere. Queste sono le avvertenze pratiche quanto alla ricerca e valutazione di quelle lesioni che possono essere sul corpo di una persona che dichiara aver sofferta violenza carnale. §. 238. Si può elevare una ricerca importantissima in pratica come confermatrice della consumata violenza e cioè con la esistenza di macchie, o di sangue, o di pus, o di sperma o variamente combinati in diversi punti dei panni, dei vestiti ec. o da solo ciascuno di essi reperibili o addosso alla vittima, o all'incolpato, o intorno agli oggetti che stavano nel luogo ove accadde il fatto ec. Un tale argomento sarebbe vastissimo e meritevole di molte riflessioni, ma per la utilità di questo li- bro, dopo avere riassunti molti studii in proposito e fatte ricer- che dirette, stringerò concisamente quanto basti indicando cosa deve fare il pratico in tali circostanze. Rara evenienza può esser quella di dovere esaminare se un liquido denso, opalescente, glutinoso, trovato fresco o in panno o sopra oggetti o sulle parti stesse dell'umano organismo sia — 432 — sperma. — Ciò presuppone tale un cumulo di circostanze, di quasi flagrante delitto, da ritenersi per rarità. — Più facile sa- rebbe quando si trovasse un individuo fatto cadavere per assas- sinio o preceduto o concomitato da violenza carnale come più avanti nel §. 244 parleremo. — Ovvero questa circostanza si può in pratica presentare nell' esaminare individui che morirono per morte violenta, o vi sia sospetto che abbiano perduto la vita per uno dei modi di morte rapida. Così nell'impiccamento, nello strozzamento, nello strangolamento ec, come avvertii nel 11° Volume, si può avere occasione di fare una tale verificazione. Nelle questioni di venere forense, e specialmente nel gruppo delle violenze carnali susseguite da uccisione, si può dare una complicazione singolare e cioè: che vi sia occorrenza di esaminare se un liquido ritrovato fresco o nell'ano o nei dintorni dell'ano del cadavere, sia veramente sperma e se ugualmente sia sperma F umore che può colare o facilmente uscire dall' uretra d'un ca- davere. — Vedremo più avanti un gruppo di fatti orribili (§. 244) nei quali si combinano due individui ambedue depravati e corrotti in modo tale che consumando fra loro il coito contro natura, poi uno dei due rimane vittima della brutalità dell'al- tro. — Allora il perito può trovarsi nella circostanza suindicata, circostanza però nella quale giova ricordarsi che se quello che rimase vittima fu assassinato per modo violento rapido; come sarebbe strangolamento, strozzamento, soffocazione ec. ; allora la presenza dello sperma nell' uretra potrebbe dipendere dal fatto comune della spermatonea nelle morti rapide anziché dall'essre quello un pedinatore. — Comunque sia in questo caso il micro- scopio decide la questione per la presenza degli spermatozoidi come caratteristico elemento, meno circostanze eccezionali, né io voglio trattenermi a indicare cose tanto elementari che deve certamente sapere il perito. Lo sperma però può essere prosciugato su di un panno, un oggetto ec, e formare la così detta macchia, e questo è il modo il più frequente in cui è presentato alle ricerche periziali. Il perito deve cominciare 1°: dal descrivere con esattezza minuta il panno od i tes- suti o la qualità dell'oggetto sul quale esiste la sospetta mac- — 433 — chia. — Se invecechè essere presentati pezzi di panno o di bian- cherìa fosse presentato intero un capo di vestiario (come sa- rebbe, camicia, mutande, calzoni, pezza ec. ec.) allora il perito descriva- con precisione la sede delle sospette macchie relativa- mente alla forma ed all'uso del capo di vestiario. Così per esser chiari: se fosse una camicia specificare se la macchia o le mac- chie si trovano sulla parte anteriore o posteriore o laterale della camicia, se si corrispondano per altezza o no ec: — e se fosse una mutanda , o un calzone, allora dichiarare se la macchia è dentro al calzone, davanti, di dietro ec. Ciò ha una importanza vera nella pratica per ricomporre tutto F andamento del fatto. 11° Seguirà poi la descrizione minuta di ciascuna macchia in particolare e saranno posti con chiarezza questi dati cioè: il colorito della macchia ■— il disegno — e F estensione. Quanto al colore in generale si vede che lo sperma sulla tela bianca, dà un colore grigiastro alquanto gialliccio — sul tessuto colo- rato, rende un color biancastro — sulla lana, alquanto lucente, come bava di lumaca. —Si capisce poi che può essere diverso per la promiscuanza di sangue , di pus , di mucco, dì materie fecali, di sudiciume ec. — Quanto al disegno si sa che nelle più comuni condizioni il modo con cui si coagula o si coarta il tes- suto sul quale è caduto lo sperma fresco dà una ondulazione di curve miste nei contorni della macchia, ma questo può essere stato modificato appunto per manovre occorse nella specialità del fatto e tutta la macchia stessa o di puro sperma, o di sangue e sperma, prendere un disegno che può essere caratteristico. Quanto alla estensione si capisce che potrebbe indiziare un tra- sporto di quella materia ; o accidentalmente avvenuto per i moti che la persona violentata ha l'atti per difendersi, ovvero per manualità premurose dell'agente a cancellare tracce che potreb- bero attestare il conlmesso delitto ec. Ili0 Ora conviene procedere alla ricerca microscopica: e dico subito a questa, perchè tutti i tentativi di saggi fisici, chimici ec non hanno sicuro valore.— A seconda del numero, della estensione, delle macchie ec il perito procederà sempre in modo da adoperarne tanta quantità che sia tale da lasciarne ancora a novelle ricerche. — Taglierà Filippi ss — 434 — dunque in piccoli frustoli intorno intorno il tessuto sul quale esiste la macchia e porrà ognuno di essi in tanti vetri da orologio ove sia stata posta un poca d'acqua purissima. — Cuoprendo tutto con piccole campanelle di vetro, si lascerà a rammollire il tessuto per cinque, sei ore, tanto quanto sarà sufficiente perchè l'imbibi- zione abbia sciolto quanto era da sciogliersi dal panno. — Le macchie di sperma hanno la proprietà di sciogliersi nell'acqua e dare un liquido gommoso che il cloro, F alcool, il bicloruro di mercurio, l'acetato e il sotto acetato di piombo, precipitano in bianco e che il calore non coagula. — Sarà su quella por- zione di liquido accolto nei vetri da orologio che saranno fatti i primi saggi microscopici. Ora a quante possibilità può trovarsi il perito nell'esame di queste macchie ? Od a vedere elementi organici provenienti dal membro virile — o a riconoscere elementi provenienti da- gli organi soggetti alla violenza. — E perciò un' ammasso pro- miscuo di globuli sanguigni, di epitelio pavimentoso od a forme diverse—globuli di pus — sostanza fibrinosa,-albumina — sper- matozoidi e diverse altre sostanze provenienti da accidentali complicazioni come fili di tessuto ec ec La valutazione ed i modi pratici per mettere in evidenza ora l'una ora l'altra di queste materie è tutto un'insegnamento di elementare microscopìa, sul quale non mi fermo. Quanto all'elemento importante nella ricerca dello sperma è lo spermatozoide il quale (con ingrandimento 300 a 500 dia- metri), o può apparire nel campo del microscopio con le sue forme caratteristiche in stato di quiete o (più raramente) do- tato ancora dei suoi movimenti. — Se tali filamenti sono con- servati in un elemento liquido, omogeneo, od in un ambiente umano caldo umido, possono conservare il moto per un tempo assai lungo e anco dopo delle ore (10-15) si sono trovati viventi negli organi genitali della femmina e nel retto delle persone sodomizzate. —• O nell' un caso o nell' altro è sempre un grande resultato che attesta della natura della sostanza che formava la macchia, senza però dare altro diritto al perito che quello di dire che quell' umore conteneva sperma — Se si trovasse privo di moto l'elemento spermatozoide o dotato di movimento, 435 — non sarebbe neppure permesso di indicare con precisione il pe- riodo di tempo trascorso dalla sua emissione, perchè ancora non si sono precisate le influenze variabilissime che danno ori- gine, accelerano o sospendono o troncano affatto, la vita di questi elementi. — Dato che il filamento spermatozoide unico o multiplo, intiero o troncato (come a volte si trovano o per il tempo lungo di essiccamento o per le manovre subite dal pezzo di panno) fosse riuscito visibile, certo non sarebbe inutile saggiarne la sua esi- stenza con fargli risentire la influenza di acqua tepida onde co- noscere se ancora abbia mantenuto qualche proprietà vitale: come a rilevarne maggiormente la forma e lo stato, potrebbe il perito adoperare la soluzione jodurata composta secondo le indicazioni del Roussin di 100 p. d'acqua distillata; una parte di jodio e quattro parti di joduro di potassio ; perchè con tale artifizio si viene a togliere la trasparenza molta del filamento spermatico ed a vederne nettissimi i contorni.— Questo è il più semplice e sicuro metodo di ricerca né io; conoscendo pure quelli del Bayard, del Robin, del Bono, del Lassaigne, del Pin- cus, del Martino e di altri; ho voluto fermarmi a descriverli. Tanto in pratica ho veduto che tutto sta nel sapere far ram- mollire le macchie nell'acqua e cogliere il giusto momento di rigonfiamento.—• Quanto al re«to è tutta pratica di microscopio e questo non si insegna né scrivendo né leggendo, ma occupan- dosene giorno giorno. — Mescolate anco abbondevolmente vi possono essere cellule epiteliali pavimentose dell' uretra che possono presentare una forma prismatica, mantenendosi però sempre molto più piccole delle cellule pavimentose della muccosa vaginale. — Si vedono anco spesso dei cumuli granulosi che provengono da alterazione dei leucociti e dei globuli di mucco, e se la mac- chia fosse recente, per mezzo della imbibizione potrebbe anco dare dei corpuscoli opalescenti subrotondi che sono formati nelle vessicole seminali e conosciuti col nome di Sympexions da Gosse che gli illustrò. Si vedono pure; specialmente nelle macchie che da qualche tempo si condensarono ; dei cristalli prismatici obliqui a base — 436 — romboidale, formati da fosfato di magnesia che possono anco prendere la forma losangica. — Quali materie eterogenee appajono facilmente ; e dirò anco noiosamente incomodi; i fili di canapa, di lino, di cotone, di seta, di lana, specialmente se si è o raschiato o compresso il tes- suto, mostrando alcuni il colore di cui sono imbevuti nella stoffa e ricoperti spesso da granuli di polvere od anco di ossido o carbonato di ferro che all'azione dell'acido cloridrico si sciol- gono sviluppando delle bollicine di gas. Vi possono anco esistere dei globuli d' amido provenienti appunto dall' insaldatura della camicia ec, e finalmente detriti di cellule epiteliali più o meno vecchie date dalla confricazione delle parti, delle mani ec. Ma lo sperma anziché venir raccolto da macchia essiccatasi su di un tessuto direttamente cadutovi, può essersi mescolato con umori provenienti dalla vagina ed aversi miscuglio di mucco vaginale, di sangue, di sperma e di pus uretrale maschile o di pus vulvo vaginale. Qui le difficoltà- si accrescono ed a scioglierle vi vuol grande pratica di microscopio, avendo fatto osservazioni comparative. Se si trova l'elemento caratteristico dello sperma tutto è chia- rito; ma non trovandolo ; la risposta è estremamente difficile perchè non può essere per eliminazione affermativa. Su questo particolare già il Casper aveva destata F attenzione dei pratici e sono importantissimi i casi che egli riferisce di individui a diverse età nei quali possono mancare i filamenti spermatici od almeno si possa credere che in qualche momento possano man- care. — Lo stesso Casper fu messo in sospetto dal Duplay il quale sopra 51 vecchio, in 14 non aveva ritrovato filamenti sper- matici. — Recentemente il Laugier negli Ann. di Med. legale T. 47, — 1877 — ha inserito un pregevole lavoro su tale argomento del valore degli spermatozoidi, lavoro utile a consultarsi. — Ma poi vi sono difficoltà non piccole a riconoscere se una mac- chia essiccata provenga da mucco, vaginale o da mucco pus vulvo vaginale o da pus uretrale mascolino. — Si dice che una massa di mucco vaginale deposta su di un panno comune (ca- micia) per l'esame fatto col metodo suaccennato, offra delle gra- — 437 — nulazioni molecolari, con cellule epiteliali pavimentose, a nucleo piuttosto voluminoso, con leucociti, o globuli muccosi.— Mentre le macchie formate da scolo blenorragico, offrono sul panno un colore giallo, lo induriscono, ma non lo imbiozzimano siccome fa il liquido colloso dello sperma, e al microscopio dà soltanto le cellule pavimentose, o dell'uretra, che sono molto più piccole delle pavimentose o della mucosa vaginale o vulvare — A con- fronto di queste, le macchie di scolo vaginale leucorroico, da- rebbero sul panno un colore verdastro o verde giallastro e appena il tessuto sul quale stanno ha sentito l'acqua, perde quel- F inteccherimento prodotto da altre macchie e darebbe poi al microscopio abbondante la quantità delle cellule epiteliali va- ginali. Qualunque possa essere la resultanza alla quale il perito giungerà per F esame ripetuto e pazientemente condotto di tali macchie, dovrà solo assicurare che l'umore che le ha cagionate è quello spermatico, quando troverà l'elemento caratteristico. — Questa è la vera prova medico legale che potrà avanzare alla giustizia, ma non dovendo d'altra parte nascondere i progressi della osservazione, in forza dei quali oggi possiamo dire che vi può essere stata ejaculazione di un umore dall' uretra maschile e questo benché avente i caratteri comuni dello sperma non contende l'elemento specifico, così il perito dovrà adoperare la seguente formula e cioè: «non resulta per l'esame microsco- «ptoo che in quest'umore vi sieno gli elementi spermatici». Ancor qui fa capolino quel famoso principio che in tali faccende non tutto può provare la perizia medica, perchè anco senza potere assicurare che il liquido appiccicoso da cui si sentì ba- gnare le pudende la persona offesa o violentata, fosse assoluta- mente sperma, pure tutte le altre argomentazioni giuridiche deponendo in favore dell'accusa, possono provare il fatto.— Come d'altro lato, la prova microscopica che quello fosse sperma non prova per sé che la presenza di quella materia fu la conseguenza necessaria ed assoluta dell'azione incriminata quale oltraggio dell'altrui pudore. Quanto alle macchie di sangue, almeno per ciò che ha rap- porto con la constatazione microspettroscopica, avendone bastan- — 438 — temente accennato il modo di condurla al §. 203, pag. 354, Vo- lum ; II0, qui non mi ripeterò. — Ma avviserò il perito su quanto vi può essere di speciale a sapersi e doversi mettere in chiaro quando si tratta di esaminarle in rapporto alle questioni di ve- nere forense. Le macchie di sangue possono formarsi quando nell'atto della deflorazione sprizzi o coli sangue sia sulle vesti della violentata e anco sui panni dell' offensore. — Però saranno macchie di poca entità o almeno; in generale; non suole avvenire grave emor- ragia, meno il caso che vi sia stata una così violenta azione traumatica da complicare squarcio di parti, sia nelle regioni pudende , sia nelle parti adiacenti alle medesime. Quando ciò avvenga ; il più delle volte ; siamo in quelle orribili e nefande opere di sangue nelle quali alla effrenata voluttà si congiunge la brutalità dello strazio e dell'assassinio (Ved. più avanti il §• 244). Le macchie di sangue provenienti da confricazioni e quindi abrasione di epitelii, sogliono essere miti, ma possono in quella vece prendere una configurazione, sia che si trovino sui panni della persona conculcata, sia che si trovino sui panni della persona che conculcò. — E non è diffidi cosa vederle con- figurate a impronte di dita , di mano, o in modo disposte da far intendere con molta probabilità di vero che l'imputato cercò di asciugare o le parti della persona offesa o le parti genitali proprie dopo compiuto l'atto cruento.— In pratica questo re- perto ha aiutato assai nella investigazione del vero. — 11 pe- rito però deve solo disimpegnare l'obbligo suo, cioè descrivere il vero e basta. Una combinazione possibile e molto importante è necessario tenere in mente relativamente alla presenza delle macchie sangui- gne e cioè alla intervenienza delle mestruazioni in giovane donna che abbia subito ( o dica di aver subito ) oltraggio violento al pudore. — A dir vero la scienza periziale può indicare qualcosa a stabilire una tale differenziale: così si suole osservare che tali macchie hanno una disposizione, un disegno, alquanto simmetrico, cioè oblungo come due grandi parentesi: si suole anco verificare che in generale non hanno mai contorno netto, deciso, come — 439 — di sangue che esce franco e a pieno getto da' vasi, ma hanno una zona siero sanguinolenta, sfumata , che disegna una linea ondulata là dove il panno è meno denso di quel che non sia dove il sangue è coagulato. Ed all'esame microscopico poi sarebbe dato vedere globuli bianchi ed ammassi di cellule epiteliali pavimen- tosi di maggiore quantità di quanto non sia da sangue uscito istantaneo dalla vagina ec. Insomma una certa differenza può accennarsi, ma....., al solito, è la macchia di sangue nella camicia della presunta offesa o nei panni dell'indiziato au- tore dell'atto violento libidinoso, che per se attesti e basti a confermare un avvenuto oltraggio ? — Io non voglio più oltre trattenere il pratico su tali avvertenze e raccomando il prin- cipio fondamentale che per me regge tutto questo studio e cioè: lasciate, lasciate, che chi dee provare l'accusa la sostenga con argomenti di sua pertinenza, che negli oltraggi violenti al pu» dorè, e molto più nei non violenti, lo speciale assorbe il ma- teriale ! §. 239. Come altro indizio che potrebbe alcune volte con- correre a prova di una consumata violenza carnale (e mettiamo pure di alcun'altro modo di atto libidinoso che avesse portato a congiunzione violenta corporale ) vi sarebbe la inoculazione delle malattfe veneree e sifilitiche o anco di alcune parasitarie. Quanto alle cognizioni più opportune relativamente al fatto della trasmissione e della sifilide e dell' ulcera molle e della forma catarrale venerea (blenorragia) già sufficientemente ne diedi un cenno nei §§. 32 fino al 45 in occasione dell'argomento della Separazione di corpo ec; (Ved. pagina 65 e seguenti di questo libro). Qui dirò ancor più concisamente e definitamente : che ado- perare ad argomento comprovante un' oltraggio criminoso al pudore la esistenza di una forma venerea o sifilitica, non può essere che mezzo molto, ma molto, secondario ; perchè ponendo a parte la difficoltà della diagnosi in alcuni casi, lo scoglio che si può incontrare sta nel giudizio di esatta corrispondenza che può correre fra la affezione mostrata da chi dice aver subita violenza e l'affezione mostrata da chi ne è incolpato come au- tore. È dunque difficilissimo stabilire i termini precisi di rat- 440 — fronto fra i due individui ; ma è poi immensamente ricca la serie delle possibilità non delittuose, per le quali può avvenire una comunicazione di tal natura. — Già quanto alla così detta blenorragia venerea , abbiamo veduto quanto diffidi cosa e quasi impossibile in alcuni casi, sia il diagnosticarla e anco quando fosse facile levarsi d'impaccio dicendo come dessa sia un'affezione catarrale, ma è sempre an- cora difficile differenziare quella che può per tante ragioni mor- bose esistere nelle parti pudende d' una giovane o nell' uretra maschile. — V'è poi il dubbio tremendo in molti casi che nel mo- mento della visita periziale l'individuo che si accusa autore dell'atto venereo non mostri più i segni di quella affezione che pure poteva avere quando compiè l'oltraggio, e ciò specialmente nel caso di affe- zione catarrale nell' uretra ed anco nel caso di ulcera infettante piccola, non profonda, indolente. Questo pericolo poi può ugual- mente incontrarsi nel caso in cui si trattasse di prodotto se- condario di vera sifilide e l'individuo avesse qualche placca molle secernente e quésta essendo disparita né lasciando di sé traccia sul pène od allo scroto, non si possa dare giudizio positivo. D'altro lato, non sarebbe poi troppo consentaneo al vero ed al giusto che perchè un' individuo che avesse pure una sifilide o secondaria od anco terziaria se accusato di atto libi- dinoso, necessariamente abbia dovuto inoculare lui quella sifilide che pure può trovarsi per altre origini sulla persona che si dice passiva di violenza, come può questa combinazione fatale avvenire anco per la presenza di affezioni catarrali che po- tessero prendere tutto l'aspetto di una blenorragia venerea. Se anco questa fatale coincidenza si offrisse, potrebbe sempre dar luogo al dubbio scientifico, meno una tanto perfetta corri- spondenza di tutte le prove dirette e indirette da dovere pro- pendere almeno nel giudizio di una grande probabilità. §. 240. Ma comunque sia per essere la difficoltà gravis- sima che il perito può incontrare a dare giudizio in casi simili, la condotta pratica del perito deve essere la seguente: la Fare esattissima descrizione delle forme e dei fenomeni morbosi delle malattie veneree o sifilitiche esistenti in ambedue gli individui, o di quelle che esistessero in un solo dei due.— — 441 — t ^a Fare, se non precisa (né per lo più precisabile) almeno più che si può, esatta indicazione del periodo di tempo, dacché posslV essere avvenuta la acquisizione della malattia venerea o sifilitica. — 3" Fare scrupolosa, instancabile ricerca di precedente stato di salute e di provenienza gentilizia di ognuno degli individui in esame. — 4a Fare scrupolosa, completa eliminazione di cause mor- bose che o nell'uno o nell'altro individuo avessero potuto mai generare una simiglianza di manifestazioni che paressero o ve- neree o sifilitiche. — 5a Fare una insistente e scrupolosa ricerca di cause che avessero potuto accidentalmente inoculare o nelle parti genitali o in altre parti del corpo venute a contatto nel presupposto congiungimento violento (di faito o presunto) una affezione ve- nerea o sifilitica. 6" E dopo tutto stabilire tale una precisione di corrispon- denza nei caratteri morbosi, nel periodo, nell'andamento, nella sede, nella relaziono armoniosa con tutti i dati di fatto pre- suntivi, da non potere aver luogo il benché menomo dubbio, il benché più remoto adito ad obiezioni scientifiche per potere concludere che in realtà quella inoculazione virulenta fu per dato e fatto dell'opera di quell'individuo, enient'altro che da quell'individuo, e per l'atto libidinoso. Queste sarebbero le più vitali condizioni (se non tutte) che il perito dovrebbe porre in essere in simili circostanze onde bene raggiungere lo scopo pratico ed evitare pericoli. §. 241. Ma incarniamo i precetti in qualche fatto parti- colare perchè serva di modello in casi; se non uguali; almeno consimili. Un fatto che a parer mio include frequenza di veri- ficazione, scienza, autorità di parere, e realtà di pratica, sarebbe il seguente.— Lo esporrò intercalandolo con brevi riflessioni che servano a porre in rilievo alcuni importanti momenti di pratica forense. I genitori di una bambina non ancora dodicenne, sporgono querela di atti di libidine continuali (e quindi violenti; per la condizione di minorenne) che si dicevano essere stati consumati — 442 — su di essa da un tale mentre questi se ne stava in suo negozio aperto al pubblico in strada assai frequentata. Questi atti di libidine (si deponeva dalla bambina) principia- rono nel mese di Novembre 1874 , col sentirsi porre a sedere sulle ginocchia dell'imputato, e questi da prima toccandole con le dita gli organi genitali. — Ma un mese dopo di tali molli- zie (il dì 11 Decembre) l'incolpato avrebbe una sola volta ten- tato d'introdurre nella vulva parte della sua asta virile. — Così deponeva la bambinella. — (Prima avvertenza pratica che può farsi su questo punto, si è quella di ricordare al perito come debba accogliere ed accet- tare sempre con prudente riserva i racconti di tali avvenimenti dalla bocca delle persone che si dicono vittima dell'oltraggio. E dico con prudente riserva accogliere ; perchè fissando bene la spontanea narrazione che può essere emessa fin da principio dalle labbra di chi ha ragione di querelarsi, può esser causa di stabilire un punto di partenza dal quale poi si debba cono- scer se sempre tutto combini o se da esso; nello svolgimento del fatto; si cerchi o si desideri slontanarsi). Il 9 Gennajo 1875 (cioè 2 mesi dopo l'inizio dei toccamenti impudichi e dopo un mese circa dalla parziale introduzione della verga) la fanciulla vien fatta visitare ad un egregio e distintis- simo medico il quale, oltre l'esame obiettivo, avendo anco sa- puto dalla madre della bambina che in quei giorni si erano manifestati dolori ai genitali quando la bambina orinava, di- chiara che la giovinetta soffriva « di una affezione morbosa « alle parti pudende con sintomi tali da dare sospetto d'ino- « culazione di pus blenorragico ». — Il 21 Gennajo lo stesso collega, rivisitando la bambina, con- ferma quanto sopra, ed esclude che vi fosse offesa allo imene e quindi non avvenuta la deflorazione. — ^Quì per studio pratico del caso, si potrebbe domandare quali furono le ragioni per le quali il perito dichiarò la prima volta (9 Gennajo) che quelle secrezioni vulvari davan sospetto; e la seconda che con molla probabilità la natura dello scolo era blenorragica? Eccole: la perchè la secrezione morbosa ve- niva dalla vagina e dall'uretra: — 2a perchè fino da 12 giorni — 443 — si mantenevano dense, viscose, in copiosa quantità: — 3a perchè la bambina accusava sofferenze fino all'iscuria da reclamare la siringatura. — Altra importante considerazione pratica risulta dal notare come la esplorazione e la conclusione sullo stato dell'imene venisse rimandata (dopo 12 giorni) ad un successivo referto appunto per mettersi in più opportune condizioni di esame). — L'incolpato interrogato il 24 Gennajo negò ; dichiarando soltanto: « che per scherzo sculacciava con leggeri colpi di « mano la bambinella sotto i panni » Ed in questo stesso giorno fu accertato, per perizia speciale, che « egli era perfettamente « sano da qualunque malattia venerea e che non vi erano « 7ieppur segni di recente blenorragia «. — (Ecco qui una circostanza fortunata in una visita di raffronto! — Ma io faccio una supposizione ! — Se quel disgraziato, per l'appunto, nel giorno successivo all'epoca incriminata dalla nar- razione della bambinella, avesse per coito impuro, preso una vera blenorragia, e il dì 24 Gennajo ne avesse offerti i reliquati alla visita periziale, chi non intende qual tremendo sospetto sareb- besi aggravato sull'incolpato stesso?!) A questo punto dell' affare cosa avevamo dunque di dimo- strato?— 1° Che alla bambinella le era stato inoculato uno scolo che con grande probabilità si credeva blenorragico. — 2° Che l'imputato, nel giorno della visita, non aveva blenorragìa né segni di sofferta blenorragìa uretrale! — (Ecco una" nuova difficoltà pratica! — Ed insieme dirò io, una singolare condotta di istruzione processuale che in simili casi è (o almeno può diventare) dannosa ! Infatti : il primo re- ferto è in data 9 Gennaio: — il perito dice: sospetto di comu- nicazione blenorragica. La bambina (minorenne) indica subito l'autore e la visita fiscale dell'imputato avviene il 24 cioè 15 giorni dopo il referto). — Ma per appurare meglio le condizioni del fatto, il Giudice Istruttore (il 24 Febbrajo) domanda allo stesso perito : « se ben- « che F imputato fosse sano, avesse potuto produrre con toc- « camenti o sfregamenti quelle lesioni od affezioni morbose alla « vulva della bambina ». — 444 — E lo stesso perito risponde: « credo possibile che dalle con- « fusioni fosse cagionata l'affezione morbosa della bambina perchè « se io aveva ammessa come probabile la natura blenorragia, « non poteva asserirlo con certezza assoluta ! » (Ed eccoci ad un' altra importante riflessione pratica e cioè: che bisogna convenire candidamente, e senza rabbirciamenti più o meno sibillini, che ancora non v'è sicurezza scientifica di quando s'ha a diagnosticare affezione catarrale acuta semplice uno scolo vagino uretrale purulento della donna ; od uno scolo uretrale acuto dell' uomo ; da quando simili affezioni si abbiano a dia- gnosticare scoli acuti venerei! ■— E questa è realmente una difficoltà tale che rigirata quanto e come si vuole, o prima o poi viene al pettine. Infatti cos'è avvenuto qui?! Che il mede- simo fatto morboso che fino dal 9 Gennajo era sospetto di in- dole blenorragia venerea; acquistò grande probabilità di esserlo sempre tale nel 24 Gennajo. Ma poi; il il Febbrajo; si giudicò essere possibile che anzi fosse d'indole traumatica ! — Tali oscillazioni di giudizio sul medesimo fatto morboso, sono desse rimproverabili, accusabili, allo scienziato? — Mai più! —Qui la persona sparisce affatto, e sparisce necessariamente tutte le volte che la scienza non dà, né può dare ancora, certezza assoluta di diagnosi. Si indica soltanto, sulla questione in proposito, come i più speciali caratteri dello scolo blenorragico nella donna sieno quel i di diffondersi rapido dalla vulva alla vagina, dalla vagina all'uretra: di presentare le parti un'arborizzazione vascolare mi- nuta, reticolata, all'ostio vulvare: di avere breve incubazione dal momento del contatto carnale sospetto: avere un corso lungo e destare assai gravi fenomeni dolorifici. — Ma tutto ciò si dice in clinica, quando si è sicuri; per piena confessione o per cogni- zione del fatto; che quello è uno scolo purulento insorto dopo un cognito congiungimento carnale. — È un hoc post hoc, è una induzione dal noto all' ignoto, non è un trovato che si rag- giunga partendosi da un' incognita. — Qui il congresso carnale è noto, in medicina legale bisogna dimostrarlo. — E perciò non ammetto mai esser prudente cosa, in un primo referto, occu- parsi, neppure in via di sospetto, della natura di uno scolo vulvare e vulvo uretrale, moltopiù poi senza ancora avere avuta oppor- — 445 — tunità di istituire esame di confronto fra la sofferente e l'incol- pato autore. Io non voglio affatto sottilizzare sulla precisione diagnostica dell'entità morbosa, qualunque essa si sia. Perchè per me (come altrove accennai) basterebbe che dal rapporto dei due individui resultasse che uno soffre di quei medesimi fenomeni morbosi di cui soffre l'altro negli organi genitali, perchè (escluso affatto ogni altro possibile contatto) mi sentissi bastantemente sicuro di dichiarare che quello è sufficiente indizio di contaminazione corporea. — Bisogna esser logici ! — Se a piena gola in una dimostrazione clinica o teoretica, si sente insegnare e sostenere, a ragione, che non vi è modo possibile a differenziare positiva- mente un catarro vulvare acuto da uno scolo blenorragico acuto fino alla possibilità della inoculazione, bisogna essere logici ad ammettere che uno scolo uretrale catarrale acuto del- l' uomo, anco non contratto per coito sospetto, sia inoculabile nelle parti genitali d'una donna pura da simili malattie. Per cui al perito forense, come già diceva più sopra, è più che suf- ficiente potere affermare il fatto e la corrispondenza del fatto sopra i due individui e poco importa entrare a dentro alla na- tura più o meno virulenta o venerea dello scolo: — basta che quello scolo catarrale, sia inoculabile in donna immune da malattie; % d'altronde sana di organica costituzione; perchè si possa affermare come prova di congiunzione carnale che essa porta addosso a se quanto precisamente mostra di avere sopra di se l'incolpato autore dell'atto libidinoso. — Quindi ne resulta a maggiore evidenza essere un'azzardo manifesto che un perito; alla prima esplorazione di una fanciulla che alle parti sue ge- nitali mostra uno scolo catarrale e vada dicendosi vittima di atti libidinosi ; voglia imporsi la soma di dichiarare o indagare o accennare o indicare che quello scolo possa essere blenorra- gico e quindi inoculato delittuosamente. — Tutte queste rifles- sioni saranno utili più che un' intero capitolo in proposito, e se- guito la esposizione del caso). Con quanto ho accennato più sopra si credè bastevole ad accendere il dibattimento orale alla Corte d'Assise. Naturalmente la difesa dell'imputato scelse un perito contro — 446 — il primo perito che per dare il suo parere al Giudice Istruttore era diventato un perito dell'accusa. Scelto il perito defensionale ai quesiti avanzatigli dichiarò 1° Che la malattia alla vulva de ila bambina doveva essere in- dubbiamente blenorragica e non traumatica: 2° Che bisognava escludere che la bambina avesse contratta la blenorragia quella sola volta che essa deponeva avere avuto contatto con l'im- putato. — (E qui altra importante e singolare osservazione di pratica medico forense giudiziaria e cioè: che tanto è giusto il precetto di non emettere di primo slancio referti declarativi neppure la natura probabile di un'affezione catarrale blenorragica che si sospetta essere resultato di contatto carnale per atto libidi- noso ( violento ) che ci si può trovare al graziosissimo caso che un perito defensionale chiamato a giudicare del fatto anco dopo mesi, e per conseguenza senza aver veduto alcunché né della malata né della malattia, sugli stessi documenti del primo perito che vide, esaminò ripetutamente, e curò la malata, sentenzii contro di lui (e quel che è più singolare) come lui. — Inquantochè in questo caso il perito defensionale accettò la diagnosi del pri- mo perito, valendosi della concessione di una possibile cagione traumatica dello scolo come cagione inammissibile, per riuscire dal pelago a sostenere che quella essendo indubbiamente una blenorragia venerea acuta, né potendo essere stata trasmessa dall' imputato per la sola occasione di un solo contatto del membro virile ai genitali della femmina, bisognava concludere che l'imputato non fu lui l'inoculatore della blenorragìa e quindi non fu lui l'autore degli atti libidinosi continuati imputatigli dall' atto .d'accusa). Nonostante l'imputato ebbe la condanna, ma suscitato un ricorso avanti la R. Corte d'Appello (Sezione promiscua), fu appoggiato da un voto periziale in scritto del perito defensio- nale unitamente ad un' autorità scientifica incontestata e incon- testabile. Vediamo ora il tenore degli argomenti scientifici avanzati in Appello sul fatto analizzato fin qui. Si domandò se la secrezione catarrale, vaginale ed uretrale, — 447 — della bambina potessero spiegarsi come le spiegò (per chiarezza io avrei detto come le ammise possibili) il perito dell' accusa considerandole prodotte da confricamenti d' asta virile e delle mani dell'imputato. Si rispose assolutamente e recisamente in modo negativo — perchè (secondo il famoso e benedettissimo primo referto emesso il 9 Gennajo ) si diceva che dall' ostio vaginale e dalla apertura uretrale colava liquido denso e viscoso in quantità ap- prezzabile anco dopo 12 giorni, accompagnata da dolore ed iscuria. — Si negò categoricamente che tutti questi fenomeni potessero essere prodotti da causa traumatica, perchè sarebbe stato im- possibile che una causa traumatica avesse anco destato un ca- tarro nell'uretra, nascosta e difesa com'è dalle parti vicine.—■ E poi si disse che la causa traumatica non esisteva e ciò per- chè si trovarono illese le parti genitali della bambina, compreso l'imene, la forcella ec Si domandò poi se il flusso purulento fosse da ritenersi vero scolo venereo prodotto da inoculazione di pus blenorragico. Si rispose che la qualità, la quantità, la durata, la sede del flusso ; non potendolo minimamente ripetere da confricamenti né da condizioni generali o speciali all'organismo di quella bam- bina, e ammettendo anche ci fossero state cause capaci a dare vulvite, vaginite, non avrebbero mai data uretrite, erano quei caratteri, in modo certo ed assoluto, tali che il flusso era ve- nereo o contagioso, e quindi si era inoculato un vero e pro- prio virus blenorragico senza di che non si potevano spiegare in verun'altro modo i fenomeni dichiarati dallo stesso primo perito fiscale. — Si domandò poi un'altra cosa che per intenderla chiara ed includendo una notizia utile in pratica, voglio decifrare e cioè: che stando al racconto della fanciulla e della madre, il primo tentativo d'immissione della verga sarebbe stato commesso dal- l' imputato verso il dì 11 di Decembre — e la bambina venti giorni dopo soltanto (ossia ai primi di Gennajo) avrebbe accu- sato dei dolori alle parti genitali quando orinava. Da tali circostanze la penetrante saggezza di chi formulava — 448 — i quesiti periziali pel ricorso in Appello, trasse fuori la domanda: se questa distanza di tempo fra il presunto atto carnale ed il momento in cui si manifestarono i dolori nella bambina potesse avere significato scientifico e quale. Si rispose; ricorrendo naturalmente alla dottrina della in- cubazione ; che mai assolutamente verificandosi un tal tempo lungo nei casi di blenorragia, ma o non esistendo od al più es- sendo cortissimo, non poteva esser trascorso nella bambina un periodo di quasi 20 giorni d'incubazione: che anzi nelle fanciulle appena avvenuta l'inoculazione, cominciano i fenomeni e si fanno gravi ed intensi. — Quindi per generale conclusione si disse: « che al di fuori « dell' imputato, doveva essere intervenuta altra causa di con- «tagio, comunque fosse avvenuto: e che tal causa doveva es- « sere intervenuta precisamente ai primissimi (? ) giorni di « Gennajo ». — L'imputato fu assoluto. — Io non saprei come meglio giovare all'indirizzo pratico se non che fare come ho fatto, esponendo in succosa forma un sì bel caso. — Ho anco sottolineato a determinatissimo animo al- cuni avverbii, alcune frasi, perchè il lettore vi si fermasse con attenzione, e prendesse coraggio a sapere adoperare quelle cognizioni con vera fede, ed ho scelto questo esempio fra i molti altri che avrei in proprio, perchè qui si vedono deli- neate stupendamente molte figure — la bambinella—la mam- ma— (era una corista di Teatro), l'avvocato-—il primo pe- rito — il perito a difesa — ed il consultore. — Ed ho proprio scelto questo caso e non altri, perchè dopo la condanna vi fu l'Appello, e dopo la forza della scienza, vi fu F assoluzione: —- Ed ho scelto poi questo caso perchè (è singolare e molto istrut- tivo) gli argomenti vittoriosi furono confermativi gii argomenti del primo perito d'accusa che perde la causa avendo fetta un'ottima diagnosi. — Ho scelto questo e non altri casi perchè parrebbe che dunque si dovesse credere ed ammettere assolutamente in quella individualità clinica della blenorragia venerea il vero pus contagioso inoculabile anco quando il confronto del- l'imputato dasse responso negativo (Inoculazione blenorragica — 449 — venerea, comunque o aliunde avvenuta). — Ho scelto que- sto caso, perchè dimostra evidentemente che la esistenza di una forma venerea non è sempre argomento bastevole a pro- vare un' oltraggio al pudore violento o no che sia. — Ho scelto questo caso, perchè ammaestra a non far mai referti decora- tivi sull'indole di uno scolo senza il confronto dell'individuo incolpato. — Ho scelto questo caso, perchè se anco fosse accaduto che l'imputato avesse mostrato segni di blenorra- gia, o sofferta o presente il dì 24 Gennajo, parrebbe in stretta logica si dovesse ammettere, che siccome il periodo d'incu- bazione fu troppo lungo e perciò inammissibile la inocula- zione il dì 11 Decembre, dunque nel caso in termini mai lo stesso imputato sarebbe stato lui l'inoculatore quando fosse di- mostrato impossibile qualunque rapporto sessuale con la bam- bina da dopo il dì 11 in poi. — Ho scelto questo caso, perchè volendo andare fino in fondo a scuoprire F origine del contagio, sarebbe stato opportuno visitare e mamma e babbo e persone di famiglia onde vedere se nella casa stessa vi fosse l'origine del morbo. — Ho scelto questo caso, per dimostrare ad evidenza come il perito non debba valutare con preconcetto nessuna cir- costanza concomitante che potrebbe far balenare un sospetto di corruzione, neppure quando si abbia il fatto di una bambina quasi dodicenne che si lascia sculacciare sotto i panni in un pubblico negozio da essa frequentato. — Ho scelto finalmente questo caso, perchè mancherebbe opportunamente una diffe- renziale clinica nel caso in termini fra vulvite, vaginite scro- folosa ec, vulvite traumatica e vulvite venerea blenorragica con- tagiosa. — In consimili circostanze è sempre miglior modo quello di descrivere quanto esiste di morboso nelle parti genitali di quella che si dice paziente di violenza o di inoculazione virulenta, la- sciando dunque ogni valutazione nel momento e solo rimettendo a migliori circostanze il concludere qualcosa data la opportunità di un raffronto. §. 242. Quanto alla comunicazione delle altre forme di malattie veneree e massimamente delle sifilidi, le quali aggra- vano la responsabilità del fatto pel danno che portano alla sa- Filippi ,9 — 450 — Iute di chi soffrì l'onta, non intendo di soffermarmi molto dopo le cose dette in proposito nei paragrafi accennati o più special- 'mente al §. 43 e seguenti di questo libretto. — D'altronde si deve sempre sottointendere che il perito debba conoscere com- pletamente tali studii di sifiliografia. — Per il pratico, al so- lito, cosa importante è di stabilire nella visita di confronto se la malattia venerea o sifilitica che si può vedere in ambedue "gli individui abbia in realtà la medesima indole o se vi possa • essere rapporto di inoculazione per la sede dall' uno all' altro individuo.—Questa è una diagnosi di epoca ed ò tutta di spet- tanza specialistica non sempre però facile a strigarsi nei casi in termine, per le tante variazioni e per i tanti mai possibili av- venimenti che possono concorrere a rendere dubbia la ragione "del caso. — E fra questi avvenimenti pur quello di trovarsi chiamati a visitare il presunto colpevole e talora anco la paziente, dopo tanto tempo, durante il quale siasi dileguata la esistenza evidente del male virulento da doverne giudicare solo dai residui quali le cicatrici di ulceri infettanti, o le placche mucose o l'ingorgo dei ganglii inguinali. — In generale però è da tenersi per fermo e giusto come dal punto di vista medico legale , una questione di diagnostico fra le diverse specie di ulcera sarebbe uno scolasticismo che puz- zerebbe di pedanteria. — Basta al perito di constatare il carat- tere contagioso dell'affezione e secondariamente può venire di- "scusso il carattere della gravezza, e quindi la questione del quantitativo del danno Ciò che importa sommamente in pratica è di non confondere una ulcera non specifica con una ulcera venerea, e allora sa- rebbe veramente dannoso credere venerea un' ulcerazione erpe- tica od un'ectima vulvare. — Fortunatamente, ricordo al pratico come vi sia modo di sciogliere il dubbio per mezzo dell'auto- inoculazione , quando però tali precisazioni diagnostiche sieno liberamente consentite dalla paziente. §. 243. Sebbene abbia il dovere di accennarle, poco mi fermerò sul valore che potrebbero avere in tali casi le malattie parasitarie comunicabili, quali le animali e le vegetali, fraie prime la fogna ed il pediculo del pube, e fra le seconde il cerchio — 451 — parasitario ec. — Basta ricordare tali cose perchè se l'occa- sione lo porta , il perito ne tragga quel conto che può trarne. §. 244. Fra le concomitanze gravissime della violenza car- nale in genere , o che sia stupro in fanciulla minorenne ; o stupro in maschio, o violenza carnale propriamente detta; in- donna libera e casta ed in qualunque età, o in maschio di adulta età, o in meretrici, o, secondo il linguaggio del progetto di Codice Penale, commesse per oltraggio violento al pudore, v'è da studiare seriamente un punto di pratica, il quale sebbene moralmente considerato desti orrore, pure analizzato con la calma della scienza fa luminosamente vedere la grande e continua indivisi- bilità dello studio della venere forense dalle altre parti della medicina legale. E fuori di discussione che o prima o contemporaneamente o susseguentemente all'atto libidinoso violento, in qualunque condizione di sesso, di età, di circostanze individuali, F autore dell' oltraggio venereo compia- sulla persona violentata per sfogo di libidine, o una lesiona traumatologica grave, o gravissima o mortale; e più specialmente poi, o strangolando o soffocando la vittima.—In una parola allo stupro, alla violenza carnale, si unisce l'assassinio. — Fecondo e vastissimo intrecdo di fatti, di studii, di riflessioni questo che forma un capitolo vastissimo della medicina legale, dove entrano come jjontributori massimi gli studii della traumatologìa e della freniatria medico forense Se si trattasse di lesioni traumatiche violenti indotte o pri- ma o durante o dopo l'atto libidinoso, il pratico per gli studi di traumatologìa ha la .guida del come comportarsi. Se si trattasse di lesioni traumatiche che recarono morte ^allo stesso individuo che si crede sia stato vittima di violenza carnale, allora vi occorre uno studio alquanto speciale. Non v'è dubbio alcuno che in tèsi generale si possa dire non essere verosimile come un'atto libidinoso, sia pure violento, abbia avuto potenza di recare morte ; ma è -più fondato il credere come il fatto venereo o il tentativo di esso, possa essere stata occasione a consumare l'assassinio mediante una forma di uccisione che-deve essere quella da specificarsi dal perito.-— non lo,feocio volentieri, ma a scolpire bene le molte possibilità — 45^ — alle quali può trovarsi presente il pratico, sono costretto di prendere alcuni casi tolti dal Tardieu riepilogandoli succinta- mente. — Ad esempio . — Si trova morta una donna di 68 anni in un campo: il cadavere mostra alla testa ed alla bocca, al collo, intorno alla laringe, ecchimosi, escoriazioni, stravasi di sangue nei tessuti più profondi. — Agli organi genitali, la vulva squar- ciata da entrarvi con una mano ed avvertire ferite e strappi alla vagina. — Strappato con i denti il capezzolo di sinistra e da tutte queste parti sangue in copia scolato. — Nei visceri non apparisce nessuna causa prossima di morte. —■ Altro fatto. — Si trova cadavere una bellissima giovanetta di circa 13 anni in luogo remoto di campagna vicino all'arena di un fiume. — li cadavere è già in via di putrefazione. — Si ri- conoscono tracce di violenza spiegata sulla persona di questa disgraziata per chiuderle la bocca e soffocarle le grida —e sulle braccia per tenerla immobile. —Al collo esistono segni di stran- golazione. — Agli organi genitali la vulva largamente aperta : l'imene in parte squarciato, tutto è sporco di sangue corrotto: tracce dunque di deflorazione recente e incompleta. — Il cada- vere portava segni di essere stato gettato nel fiume, spenta la vita della giovanetta. — Altro esempio. — Si trova il cadavere di donna avanzata in età, poco robusta, e si riconosce per quello di una tale ve- dova. Alla faccia, alla fronte, al naso, alla bocca, al collo, al dorso, tracce di escoriazioni, contusioni più o meno profonde di diversa forma e tutte significative di essere state fatte in tempo di vita. —■ Alle mani, alle braccia, alle ginocchia , alle coscie segni di una resistenza disperata.—Agli organi genitali da cia- scun lato della vulva, alla faccia interna delle piccole labbra, all'ostio vaginale, macchie ecchimotiche profonde disegnanti la forma delle dita. — Nella vagina, fin su verso l'utero, ecchimosi di una violenza maggiore a quella che potrebbe esser prodotta da un co ito regolare. — Per cui la donna, ancora vivente, aveva sofferte violenze traumatiche multiple, dibattendosi sul suolo in diverse posizioni. — Era stata vittima di stupro violento susse- guito da strangolamento operato dalle mani stesse dell'assas- — 453 — sino. — Si trovano macchie di sperma sopra i panni della mor- ta.— L'assassino ha 38 anni, piccolo e robusto, porta al viso, negli occhi, sotto la congiuntiva, ed alla mano destra, alla re- gione dorsale, segni di contusioni e colpi d' unghia. — Nega tutto. — Nessuna alterazione negli organi genitali. — Ma tutto collima per ritenerlo F autore della strage. — Altro esempio. — Cadavere di bella e vigorosa bambina di 7 anni. — Crivellata da 17 ferite fatte da istrurnento pungente e tagliente aprendo petto, ventre, e stomaco, passando e d'avanti e dalle regioni posteriori del tronco. — Agli organi genitali aperta violentemente la vulva, rotto F imene, squarciato il setto perineale fra la vagina e l'ano.-—-Staccata la vagina in alto in modo da aprire la cavità del basso ventre. — Quindi stupro violento con atrocità. — Assassinio con arme tagliente e più colpi. — Altro esempio. — Cadavere di uomo di 44 anni per nome Letellier. — Abituato notoriamente a pederastia attiva e pas- siva (sodomia): — Il cadavere presenta al collo, ai lati della la- ringe, profonde escoriazioni, simmetricamente poste con forma di ugnature, con stravaso di sangue fra le parti muscolari del collo. — Ai ginocchi, ai gomiti, alla faccia posteriore dell'avam- braccia, impronte incartapecorite di escoriazioni. — Dall' orificio dell'uretra, sgorgo di umore spermatico. — L'ano deformato, rilasciate lo sfintere esterno, beante il canale anale. — Erosioni multiple alla mucosa del retto. — Quindi segni di strangola- mento operato con mani strettamente serrate sul collo: — Segni di colpi diretti violentemente portati su diverse parti del corpo.— Tracce di sodomia antica e indizii di pederastìa recente. — L' assassino di nome Pascal di 25 anni, lanciere soldato, atle- tico di forme, notoriamente pederasta e sodomitico, aveva passata la notte insieme a Letellier: offriva sul suo corpo in- significanti tracce di escoriazioni e leggere ecchimosi alle brac- cia. Egli stesso ha indizii di sodomia. —In quella notte di schi- foso bagordo, assassinò strozzando Letellier cinèdo e a sua volta pederasta. \ltro esempio. - Si trova a 606 metri circa dalla barriera de la Chapelle fuori di Parigi, un cadavere di bambinello di 3 — 454 — anni e mezzo, grande e forte, per nome Giovanni Saurei, con la testa e la faccia orribilmente deformate. — Attorno al collo mostra delle profonde impronte di unghie , e al sommo dello sterno si vedono impronte ecchimotiche di mano. — Alla base della verga, intorno intorno, escoriazione circolare, larga, pro- fonda, indicativa di morso: — F ano squarciato, sanguinante fino al retto intestino. — Nessuna traccia di resistenza alle mani. — L'incolpato Castex di 55 anni, di fisionomìa bestiale, bleso, offre piccole escoriazioni all'occhio sinistro, al naso e all'orec- chio. — Ha F ano slargato per non comune sfiancamento. — L'altro complice, per nome Ternon, è un giovanotto di 16 anni scrofoloso, manusturbatore, sodomita e pederasta con ano allar- gato, rilasciato, alquanto infossato. — Al momento della visita mostra sul dorso della mano destra una macchia per brucia- tura di sostanza caustica, molto probabilmente adoperata per distruggere traccio di ferite, escoriazioni, morsicature riportate nel compiere il delitto. — Quindi ne resulta che F infelice gio- vinetto era stato uccico da colpi arrecatigli con furore alla testa: che per soffocarne le grida era stato strozzato: che gli si erano con violenza brutale malmenate le parti sessuali mordendole, e finalmente che gli si era squarciato F ano, intromettendovi un corpo voluminoso e duro come il membro virile. — L'inchiesta aveva messo in chiaro che il Castex incontrando il povero fan- ciullino lo aveva provocato ad atti libidinosi: che mentre costui teneva obbligata la testa del bambino fra le sue gambe forzane dolo al più ributtevole atto, F altro complice lo stuprava lacer randogli poi il corpo con morsi, con colpi di pietra alla testa^ al petto, lasciandolo informe cadavere. Un' altro esempio, e poi basta su queste sanguinose e schi- fose prove di quanto sia capace di commettere l'animale uomo 'quando è immelmato nella lussuria! — Un tal G. operajo di laidissima condotta morale, essendo già ubriaco, incontra una sera un suo compagno ugualmente pessimo soggetto e gli di- chiara che vuol passare la notte- in sua casa. — Questi si rir cusa, ne nasce colluttazione, ma finalmente cedendo, accade che G. strangola l'avversario. — Mentre lo strangolato è nelle con- vulsioni dell'agonia G. vedendogli il pene in erezione, vi si pone — 455 — sopra, facendo tentativi incompleti di sodomfa. Ma non riuscen- dogli completa, preso da follia libidinosa, con i denti strappa. i, testicoli al moriente, gli strappa gli occhi e gli schiaccia la testa. E dopo questo nonne voglio più!—-sebbene percorrendo la, letteratura medico forense di tutte le Nazioni; da un mezzo se- colo al presente giorno, ne troverei tanti a sazietà e disgusto senza l'uguale! È inutile dunque negarlo.—In pratica insieme a qualsivoglia atto di violenza libidinosa, si può accompagnare o il tentato o il consumato assassinio. §. 245. La condotta del pratico in simili gravi circostanze è nettamente segnata da tutte le regole che ci siamo data cura di coordinare metodicamente quando si parlava della trauma- tologia, della tanatologia ed ora della venere forense. È; come si vede; un' analisi, una decomposizione che passo passo e con grande oculatezza è chiamato a fare il perito quando ha la missione dall' autorità giudiziaria di occuparsi di questi, fatti. Se siamo nel caso in cui un'individuo ha subito l'oltraggio. al pudore ed una lesione violenta arrecatagli da armi o da corpi ; contundenti che'abbiano agito o per nuocere o per attentare. alla vita, la prima necessità è quella di constatare ed i segni di una violenza fisica che potrebbe avere il carattere di libi- dinosa, e quindi è necessario far F esame accurato delle parti. genitali, o delle anoperineali, far ricerca di macchie di • sangue, di sperma ec, e i segni di una comune violenza. — E su questi, casi non mi fermo ulteriormente dopo le cose già particolarmente indicate. Se poi si combini il fatto dell'omicidio o della violenza can- nale o tentata o consumata, allora trovando un cadavere, è - prima necessario di bene eseguire l'atto di accessit, onde, pre- cisare in quale posizione sia stato trovato il, corpo, se sia gia- cente in letto o precipitato a terra, se vi siano segni di lotta ec. (Ved. Tanatologìa, §. 16 —pag. 20 e seg.), poi valutare be^e le. lesioni traumatiche che potrebbero assumere significato di forma speciale di morte o per ferimenti o per soffocazione, strangola- — 456 — zione, strozzamento, annegamento ec. (Ved. Traumatologia ai relativi capitoli). Nel caso in discorso, cioè nella combinazione di atto vio- lento carnale con omicidio, il perito dovrà rilevare due cose molto importanti e cioè: 1" Se fu tentato o consumato. — 2a Se l'atto carnale libidinoso e violento in qualunque grado si trovi, o fu susseguito dall'uccisione o no. — E questa è realmente in pratica una questione importante e che potrebbe sorgere specialmente nel caso in cui uno fosse assassinato e avesse prima per abitudine viziosa segni di debo- scia sodomitica. §. 246. In tutti questi casi, sia che si tratti di violenza carnale o di stupro, è poi estremamente utile poter fare un'attento esame dell' indiziato autore dell' assassinio o dei complici. — E questo esame ; come si sarà rilevato nella breve citazione di quegli esempii più sopra riferiti ; sarà condotto con molta precisione onde stabilire se vi sia verosimiglianza di rapporto fra l'impu- tato e F ucciso o rilevabile da corrispondenza di lesioni o per natura o per sede o per speciali caratteri o per macchie di sangue ec. — A rendere proficuo un tale esame, concorre anco la possibilità di scuoprire una simulazione di oltraggio violento alla propria pudicizia, accampata con inganno dall' imputato a scusarsi dell' omicidio. È omai famoso e ripetuto il fatto nar- rato dal Celoni di quel giovane di 19 anni che sorpreso nel momento in cui usciva da uccidere un frate, disse di essere stato da quello sodomizzato, e per farlo credere, con le proprie dita ed unghie, si guastò F ano onde ingannare i periti. — Nell'eseguire tali visite di confrontò, per una ragione in gran parte psichica, ii perito si assicuri se lo stesso incolpato porti "segni manifesti di abitudini sodomitiche, indizio gravissimo di corrotta morale. Se poi vi possano esser segni caratteristici nella conforma- zioni dei genitali maschili e capaci a indiziare che alcuno sia abitualmente manustupratore, o pederasta attivo, è cosa da non potersi assicurare con precisione nella pluralità dei casi. Solo F illustre Tardieu avrebbe offerto alla pratica, desumendolo da — 457 — fatti, una serie di segni relativi specialmente alla conforma- zione, volume, direzione della verga del pederaste, dicendo che in generale hanno la verga piccola, conica, come quella del cane, ovvero, se fosse grossa, presenterebbe una specie di strozzamento alla base del glande o la verga si presenterebbe alquanto torta da destra a sinistra, e nei manustupratori sarebbe sottile e allungata nel mezzo e molto rigonfia al glande. — Però in Italia e per opera dell'illustre De Orecchio e del P. Pacini, si è smi- nuito molto valore a queste note fisiche illustrate dalla scuola Francese. §. 247. Nell'esame fisico che deve fare il perito sulla per- sona imputata di avere commessa una violenza carnale, ricorrono i soliti generali precetti, come accennai per F esame fisico di coloro che furono imputati di stupro in femmine o di stupro contro natura in maschio. Sarà una domanda che facilmente verrà fatta quella rela- tiva alla valutazione della forza fisica che può o dovrebbe avere avuta l'imputato, onde perpetrare quella data azione e vincere quelle difficoltà, specialmente in confronto della età, della ener- gìa della vittima. Bisogna confessare che questo discernimento non si può insegnare scrivendo, perchè in primo luogo vi sono individui i quali a considerarli in un momento di quiete non si credereb- bero capaci a dispiegare tanta forza quanta ne possono espli- care in un momento di concitazione fisica o psichica. E poi cambiano tanto gli effetti a seconda anco delle condizioni nelle quali si trova la persona che dice aver sofferto l'oltraggio, da potersi malagevolmente preordinare qualche regola. — Pure, dato il caso che venisse domandato se quel dato individuo potesse avere stuprata quella tal donna che opponeva resi- stenza, allora è necessario che il perito valuti approssimativa- mente con le leggi anatomiche e fisiologiche tutte le circostanze individuali, e più che tutto, valuti tutti i momenti fisici nei quali poterono respettivamente trovarsi i due individui. — E qui ritorna il caso singolare di ricercare se la vittima potesse essere mai stata immersa in uno di quelli stati di sonno nar- cotico, di ipnotismo od in una forma cataleptica ec, da non — 458 — aver$ più forza di reagire. — In uno stato di, sonno naturale, profondo, pure.quanto si voglia, non si compie una deflorazione violenta senza,che, la paziente se ne accorga. — Questo forse potrebbe avvenire in dorma che fosse stata condotta.in uno stato d' anestesia o narcotica, o. eterea o clorofprmica» — Fuori di queste circostanze, non è verosimile ammettere; che un'.uqmo, compia uno stupro od una violenza carnale inavvertiti sopra gio- vane dormiente» — Fine dell'Opera. INDICE ALFABETICO A Abbandono d'Infante. . pag. 145 Aborto criminoso o Feticidio» 184 — Disposizioni legislative penali siili'........» 1M — Quesiti sull' ..,..» ivi — I.° La tal donna ha abortito? 189 — II.0 Se una donna ha abortito, a qual periodo di gravidanza? > 144 — III.0 L'aborto è stato sponta- — neo o provocato? . . . » 196 Aborto pretestato... « 233 — tentato......> ivi Afasia in rapporto alla questione di opposizione al Matrimonio • 29 Assenza congenita della verga e dei testicoli.....» 51 Atresia vulvare (V. Impotenza)» 46 Atti di libidine violenti » 374 — non violenti commessi in pubblico ....,.•• 367 B Blenorragia in questione di «e- parazione dei Conjugi. . > 85 — in questioni di Ventre forense » 440 Cause congenite ed avven- tizie in question« di Nullità di matrimonio ...... 50 Condotta del perito nell'esami- nare se una donna sia o no gravida......pag. 99 Cripsorchidia (V. Impotenza)* 46 Criptorchidia (V. Impotenza}» ivi D Deflorazione (V. Stupro vio- lento) .,..,..» 385 Demenza come ragione A*oppo- lizione al Matrimonio (V. Ma- trimonio) .....,« 9 Diagnosi della Gravidan- za. Modo pratico di rispondere al quesito sulla. . . . » US Disposizioni legislative pe- nali in fatto di Venere Forente » 364 Docimasia dei Polmoni d'un neonato in causad'in/antùiclto» 212 — dello Stomaco d'un neonato in causa d'infanticidio . » 308 — dell'Orecchio d'un neonato in causa d'infanticidio. . « 309 Doveri professionali in caso di Aborto provocato ostetrica- mente .......» 234 Dubbio Sesso in questione di Nullità di Alatrimonio. . » 27 E Epispadia (V. Impotenza) . » 46 Ermafrodismo (Studii suli') in questione di Nullità di Matri- monio .......» 28 Errore di Persona in rap- — 460 — porto alla questione di Nul- lità di Matrimonio . . pag. 27 Esame delle parti genitali muliebri. (Modo pratico per far 1').......» 385 P Fratture del Cranio del neo- nato in causa d'infanticidio» 349 G Gravidanza. Questioni sulla » 98 — I.a La tal donna è gravida o no?..........103 — II.a Se è gravida da quanto tempo?.........108 — III.a Può una donna essere in- cinta e presentare i segni della verginità?......» 114 — IV.a A qual'età è possibile la Gravidanza?.....« ivi — V.a Può una donna rimanere incinta senza saperlo?. . » 115 — VI.a La gravidanza, può con- durre ad atti criminosi irresi- stibili ?.......» 128 — VII.» Una donna gravida, può venire di nuovo fecondata? » 133 Idiozia come ragione di opposi- zione al Matrimonio . . » 9 Imbecillità come ragione di op- posizione al Matrimonio . » ivi Immersione in latrine del neonato.......». 351 Impotenza in questione di nul- lità di Matrimonio ...» 46 Infanticidio. Definizione. . » 237 — Questioni sull' ..,..< 330 — I.a È questo il cadavere d'un neonato ?.,...,» ivi — II.a Dimostrato che questo è il cadavere d'un neonato, ha vissuto? E se ha vissuto, si può dimostrare quanto abbia goduta la vita? . . , . » 333 — III.a A qual'epoca della gra- vidanza è venuto alla luce questo neonato che si presu- me vittima d'infanticidio? pag. 334 — 1V.R Da quanto tempo è ca- davere questo neonato ? . « 336 — V.a Qual' è la causa della * morte di questo neonato ? » 338 — YI.a Le violenze commesse dalla madre al neonato fu- rono resultato di perverti- mento psichico ?....» 351 Intervallo lucido in questio- ne di nullità di Matrimonio » 26 Ipospadia (V. Impotenza al Ma- trimonio) ...... » 47 Ispezione giudiziaria del ca- davere di neonato, in sospetto di Infanticidio . . . . > 241 Ispezione giuridica di cada- vere di donna presunta morta per pratiche abortive . . " 221 M Macchie di sangue in que- stioni di Venere forense . > 437 Mania come argomeuto di oppo- sizione al Matrimonio . . » 9 Malattie veneree e sifili- tiche in questioni di Venere forense.......» 439 Matrimonio. Questioni medico forensi relative al ... » 7 » in Estremis .,...» 24 Mezzi abortivi. Esame dei » 19.8 Modo pratico di esaminare lo stato delle parti anali del- l' uno e dell' altro sesso in questioni medico forensi . » 417 Modo pratico di esaminare se un corpo espulso dall'utero è prodotto di concepimento. » 210 Modo pratico di condursi uel- 1' esaminare un' incolpato di violenza carnale. ...» 412 Monorehidia (V. Impotenza) >• 46 Mutilazione di cadavere di neonato in causa d'Infantici- dio ........» 321 N Nascite precoci e tardive » 163 Necrotomia di neonato in cau- sa d'Infanticidio ...» 264 — 461 — Nullità di Matrimonio pag. 23 0 Oltraggio violento al pu- dore.......» 429 Omicidio e atti violenti di libi- dine..... , . . » 151 Opposizione al Matrimo- nio. ..,....» 7 Parto precoce......165 — tardivo.....» 168 — sulla latrina . . . » 151 Parto e puerperio. Questioni relative al . . , . . » 144 — I.» Ha partorito la tal don- na? .......» 147 — II.a Se ha partoritola quan- to tempo può aver partorito? » 152 — III.» Può una donna partorire senza accorgersene? . . » 154 — IV.a II puerperio può porre la donna nel caso di non potere ajutare il neonato e commet- tere azioni delle quali ne sia irresponsabile? . . . . » 161 Pederastia......» 457 Pervertimento del senso geni- tale........> 379 Puerperio. Questioni medico fo- rensi (V. Parto e Puerperio) » 144 R Rapimento di neonato . . » 147 s Scioglimento di Matrimonio » 56 Segni della gravidanza. Modo di condursi nel racco- gliere e valutare i. . . » 105 Separazione dei Coniugi » 56 Sevizie (V. Scioglimento del Ma- trimonio) ......» ivi Sifilide come ragione di Separa- zione dei Coniugi ...» 62 — Questioni relative alla . » 76 — ereditaria in causa di separa- zione dei Coniugi . . pag. 73 Sodomia.......» 425 — Questioni relative a sapere se vi sono segni speciali per ri- noscere l'abituale ...» 425 — Coniugale......» 59 Soffocazione i Morte del neona- to per la).....» 342 Soppressione del Parto « 144 Sordomutismo in rapporto alla questione della opposizione al Matrimonio.....» 20 Sostituzione del Parto. » 146 Sperma (Macchie di) . . . » 431 Sterilità ed Impotenza . . » 46 Strangolazione del neonato » 350 Stupro. Definizione dello. . » 384 Stupro violento in donna ver- gine .......» 385 — Questioni in causa di. . » 397 — I.» Esistouo sopra la tal fan- ciulla segni da ritenere sia stata passiva di tentativo di Btupro ovvero di Deflorazione?» ivi — Il.a Dato che sia stato ten- tato o consumato lo stupro, si può indiziare quando fu commessa la violenza? . » 405 — III.» Si può simulare e prete- staro la Deflorazione?. . » 411 — IV.a Una fanciulla od una ra- gazza fisicamente vergine, può essere deflorata nel sonno pro- fondo naturale, o durante l'eb- brezza, o narcotismo procura- tole? .......» 416 Stupro violento in maschio . » 417 — Questioni in l'atto di . . » 423 — I.» Vi sono segni speciali che indichino essere stato com- messo lo......» ivi — II.a Si può riconoscere da quanto tempo possa essere stato consumato o no. . » 426 Supposizione di Parto. . » 147 Tentativo di stupro ...» 395 u Ulcera molle (venerea) in que- — 462 - stione di separazione dei Co- niugi ......pag. 84 V Vagina (Atresia della). (V. Im- potenza) ......» 46 Venere forense . . • Pa&- ^58 Violenza carnale ..." 384 Vita e Vitalità del neonato » 170» — Condizioni organiche favore- voli alla......» 178 Vizii organici contrarli alla continuazione della vita di un neonato......» 174 BIBLIOTECA MEDICO-LEGALE DEL Cav. Dott. R. BELLINI PROF. DI MEDICINA-LEGALE K IGIENE PRATICHE E SPERIMENTALI NELL'ISTITUTO DI FIRENZE E DEL DOTT. ANGIOLO FILIPPI AJUTO ALLA CATTEDRA SCDDETTA E LIBERO DOCENTE DI MEDICINA-LEGALE Volume III. Di prossima pubblicazione il quarto volume che conterrà: MANUALE DI AFRODISIOLOGIA CIVILE E CRIMINALE E VENERE FORENSE DEL "■'>■'- Dott. ANOTOLO FILIPPI. Prezzo — Ij. 45 50. BIBLIOTECA MEDICO-LEGALE DEL Cav. Dott. R. BELLINI PROF. DI MEDICINA-LEGALE K IGIENE PRATICHE E SPKP.IMENTALI NEL R. ISTITUTO DI FIRENZE E DEL DOTT. ANGIOLO FILIPPI AJUTO ALLA CATTEDRA SUDDETTA E LIBERO DOCE DI MEDICINA-LEGALE Volume IV. "*■. * IPrezzo, Lire Cinque. ^aV^*aaa;*a^a- M^:A^MaAaaa":a Wé \~AA% ^A*, 1 ^ A, -\ A *> 'À#V A-.'ut. "AAAA,, A ,'/Q A'i . nA' ^aA J^'W^J^^A, ;-^;\^a^oa . >.....^~£u'; ^•ffiBEi mkiffl ITp^/vn^V^^\^^ ^^^^^^ a.*aC*>>- 0**^ A* -■^, A* ' E» Vh1a ' ^ «A ?Aaxa^a^a:xa^a'aìa;vw^a1^a/ " 1A a f> A A' 'a 'J a " " nAAnnrf WR&va *a a2aaaa ^a.A A^t ^A^A^??AAf2v^l AA' r rV » \k « ^aaa/ "AAaa' ■ aaaA A A *^2jaS^a^0aa^:i;a^^/-s **A~ ì * A A A A, * A*VAA/\A/ COa/> W WJ, ^^'AAAAAp^P-^oCVt A^AA./^^^i '/V-'CK