LA MASCALCIA 0 SIA ILA MEDICINA VETERINARIA RIDOTTA AI SUOI VERI PRINCIPI OPERA DEDICATA ALLA S. IL M. D I VITTORIO AMEDEO RE DI SARDEGNA ec. ec. DA GIOANNI BRUGNQNEÌ CHIRURGO COLLEGIATO R. UNIVERSITÀ’ DI TORINO, E DIRETTORE DELLA SCUOLA VETERINARIA. IN TORINO MDCCLXXIV NELLA STAMPERIA REALE. Animalilus , quia rationahs fumus , foia meni? pr . ... Il t Agricoltura, e la Medicina veterinaria fono due arti 1’ una dall' altra infeparabili ; e 11 può di- re con molto fondamento, che abbiano avuta tutte "e cfoe prefso a poco la ftefia origine, non effon- do poflibile, che gli uomini per coltivar le terre abbiano mai lafciato di fervirfi del bertiame, e fe di quello fi Ter vi vano , non abbiano nello llertò tempo proccurato di confervarlo fano, e di curar- lo, quando era infermo. Infatti non vi ha Scrittore di Agricoltura fia antico * o moderno, il quale tra gli altri precetti di campagna non inferifca quelli del governo, e della cura degli animali domertici. Se dunque per giudicare della nobiltà delle faen- ze , e delle arti, fi averte principalmente riguardo, come par dovere , alla loro antichità a ed ai van- taggi , che apportano alla umana focietà , egli è certo, che V Agricolturaj e per confoguenza la Medicina veterinària , meriterebbero per amendue quefti riguardi di effore annoverate tra le più no- bili , effondo erte così antiche , e tanto utili, quan- to fono antichi i primi bifogni della vita, e quan- to ad effi fiamo naturalmente portati 3 anzi coflret- ti nortto malgrado di foddisfare. Ma tale è l'opi- nione , o piuttofto il pregiudizio degli aeciecati mortali, che dove eftimano , ed hanno in fonuno pregio le fcieUze , ed arti di puro luffo , o di fem- plioe euriofità i tengono a vile, e in non cale le più utili, quelle fteffo, fenza cui non poflono ftare; rei quale avvilimento, ed abbiezioae vediamo pùt troppo univerfalmente tenute 1’ Agricoltura , e la Veterinaria. Non così pare , che 1’ intendeflero gli antichi Greci, e i Latini nel tempo delle fioritiffime Re- pubbliche d’ Atene, e di Roma. Fra efiì i più celebri Filofofi , i più vaioroli Capitani, e i più gravi Magiftrati, nel tempo medefimo che medi- tavano i più reconditi, e fubiimi arcani della na- tura ; che col ferino, e con la mano difendevano gagliardamente dalle arme nimiche la Patria, e ne dilatavano i confini ; mentre erano intenti à didribuire con giuda lance il debito , e ’1 conve- nevole a ciafcheduno, a prevenire, od a calmare le intelline turbolenze , non ifdegnavaoo di dare e con la voce, e con 1* efempio , ed in ifctitto precetti al rozzo popolo Culla maniera di coltivare la tetra , di procacciarli, di moltiplicare , gover- nare, e medicare il bediame , che è il principale nerbo dell’ Agricoltura . Leggiamo ancora a’ nodrì dì fu queda materia i preziolì ferini di Efiodo, di Senofonte, di Catone, Vairone, Virgilio, Columel- la , Palladio, Vegezio, e dello defio Imperatore Co- dantino IV, per tacere d’una infinità d’altri. I Prin- cipi proteggevano in maniera particolare gli Agri- ecltorii e gl* Ippiatri, e largamente li ricompen- favano . Ciò, che io alferilco riguardo agli Agri- coltori j non ha bifogno di prove ■> tutti i mo- numenti antichi confermandolo abbadanza : ma ri- guardo agl’Ippiatri onde mai Zoroadro ebbe ma- niera d5 ìnfinuarlì nella grazia , anzi nella più in- tima confidenza di Dario Idafpe , fe tìcii con ave- re guarito del rinfondimento il cavallo allo defio Re più caro ? Qual altra fu da principio Y ori- VI gfnc della fortuna , die recò Virgilio' nella corte di Augulto , fe non 1’ avergli guai ito molti caval- li infermi $ e 1* avere predetto al luo niaftro di Ralla* che un bel puledro,- che fu donato dai Cro- toniati ai elfo Cefare j e di cui tutti lì promette- vano una uiaràvigliofa riufeita, non farebbe mài Rato ; che Una folenniflìma rozza , perche nato da una cavalla uiorbifa ? Mentre all’ oppilo Teppe giustamente pronoRicare, che velocìtlìmi al corfo , éd impareggiabili per la caccia farebbero fiutati certi cani mandati in regalo di Spagna allo fteflfo' Augiifto , perchè nati da parenti fani 3- e di razza nobile (i\oe, che inter- pretati letteralmente fìgnitìcano un uomo, che pollìede molti agnelli, molte vacche, molte pe- core y denotano un uomo ricco, Un uomo poten- te. La prima moneta, che fu battuta in Roma da Servio Tulio , portava 1’ impronta di una pe- cora , o d’ altro animale de’ loro armenti (b) 5 quindi traffero la loro origine preffo i Latini ì nomi di pecunia , e di pedi! um. Indipendentemente dai fovraccennati ri’fleffi eco- nomici , pollo che dalla Zootomia efercitata da uomini intelligenti, e dotti, non lì poteflero racco- (a) Èourgtlat projet (fune Icole véterinaire . (i) „ Appo i Ti ciani il traffico mercantile cotìfiftev# „ nel barattar cofe a cofe , e ’l loro valore fi „ ragguagliava al numerò, e qualità del befìia- „ me. Si ha da Omero, che Glauco barattò ,, 1’ arme Tue d’ oro, che valeva» cento buoi , „ con quelle di Diomede che erano di rame , „ e nc valevano nove. notizia di’ comi/. XI gliere altri frutti, che alcuni lumi nella pratica della Medicina umana, non farebbe quello un dif- fidente motivo a muovere i veri amici dell’ uma- nità ad applicarvi!! daddovero ? Sugli animali bru- ti fi poffono fare maggiori fperienze , ed ofierva- sioni di quello fia lecito fare full’ nomo. Le parti di eiH animali , principalmente del cavallo , e del bue, fono più grolle s e più apparenti ; fi poffono inoltre notomizzare full’ iftefib corpo faoOj e vi- vente , e perciò ancora vederli nel vero loro (la- to naturale , primachè i morbi, e la morte vi ab- biano apportati notabili cangiamenti ; il che con qualche fondamento predò Cornelio Celfo è ob- biettato dagli Empirici ai Medici Razionali (a) < Quindi c che quantunque la Zootomia, cioè il ta- glio degli animali bruti, fia Hata molto meno col- tivata, ed efereitata , che non il taglio de’ cada- veri umani, pure chiunque voglia per poco per- correre la ftoria anatomica, e filmologica, troverà * che in quelle fcienze le fcoperte di maggiore con- feguenza , le piu rilevanti alla Medicina fono fiate fatte fui bruti. Mi contenterò di accennarne foltanto le principali, e foprattutto quelle, che fe- cero quali interamente cangiar faccia a tutta la teoria medica . I vali lattei già dagli antichi tem- pi erano fiati olfervati da Erafillrato, da Erofilo , è da Galeno fui capretti (b) . La cifierna chilare è fiata primieramente fcoperta fui cane da Gioanni Pecqueto . Il canale toracico da Éullachio fui ca- vallo . La circolazione dei fangue, che immortalò fa) De Medicina in prcèf. lib. x . (b) Galea, an fanguis naturaliter in arteriis contineatur cap. V, XII Arveo, coti quali argomenti è ella fiata fuo'f di ogni dubbio dimoflrata , fe non pe* infiniti fperi- menti fatti fugli fleffi. bruti viventi ? Onde mai fila- nto noi venuti in cognizione della virtù medica di molti femplici fe non fe dagli effetti j che fi è offervato aver efli prodotto fui corpo degli anima- li ? Melampo avendo veduto , che le capre verti- ginofe dal mangiar 1’ elleboro erano purgate, e guarite , fi fervi di quella pianta per guarire della mania le figliuole del Re Preto (a). Se la Chirur- gia ha in fine adottate certe dubbiofe operazioni, che fanno per cosi dire quafi miracolofamente ri- tornare da morte a vita un uomo, dee si impor- tanti fervigi alla Medicina veterinaria , colf averne fatta la fperienza fui bruti, prima di aver ofato di tentarle full’ uomo . Albucafi, ed Avenzoar per aflicurarfi fe la Broncotomia fiata inventata da Afclepiade (b}, ma condannata da quafi tutti i Me- dici , che dopo lui vennero, era un’ operazione praticabile, ne fecero prima la prova fopra una capra *, nè a' noftri dì il celebre sign. Guattani Ce- rufico Pontifizio ardì proporre 1’ efofagotomia, la quale pure in certe difperate circoftanze è l’unico mezzo per togliere 1’ infermo ad una certa, e profiìma morte, prima di averne fatti felici fpers- menti fu tre cani (e). (a) Flin hiffor. natur. lib. 2j feEt. 21, Galeri, de atta bile cap. VII. (0 Galeri, in Medico cap. 13, Ccelilis Aurelian. de acuto mori. lib. 3 cap. 4. (c) H>glorie de ly Academie Rotale de Chirurgie torte. 3 pag. 351 edit. in 4. Il grande Ippocrate perfuafo come egli era de’ lu- pai , che la Zootomia può dare alla Medicina uma- na, non ifdegnò di attendere anche alla prima. Gli immortali fcritti di lui ne fanno un5 ampia tefiimo- nianza . Non cella egli in più luoghi d’ inculcare ai Medici, che fi formino una idea generale di tutti i corpi inferiori da fervirfene a guifa di fcala per falire ali* alta intelligenza della umana natura. Nel fuo libro de natura pueri, ove efpone i fuc- ceflìvi cangiamenti , ed accrefcimenti del feto celi’ utero, dopo aver egli favellato della ftruttura de’ Temi, del modo della nutrizione , del trafpian* lamento , e degl’ innefti delle piante, e fatto of- fervare, che tutte quefi.e cofe pofiono fervire per meglio intendere la graude opera della generazio- ne dell’ uomo , è il primo a proporre di confide* rare la formazione del pulcino nell’uovo. Nel che è poi fiato imitato dai piu celebri anatomici, e Fifiologi, e fra gli altri dal rinomatifiìmo Alberto Alierò (a). Nel lib. de arucuiis avendo detto, che quando le articolazioni fonò divenute più del foli- to, gracili, e magre , allora più facilmente ne acca- dono i dislogamenti, ma che anche più facilmente fi ricompongono, per provarlo foggiunge : „ cuius rei ,, argumento funt boves, quibus tunc fua cavitate „ femur magis excidit, quum qiacilentiffimi eyale- ,, runt „ e continua a far ofiervare , che i buoi fi vedono ordinariamente più magri verfo la fine dell’ inverno, e che perciò allora più frequenti fono in efiì i dislogamenti. Nel libro de morbo fa• ero volendo dimoftrare, che la più frequente ca- £«) Experiences fur la formati on du poulet dans V oeuf gione dell’ epilefsìa è un umore acre, e fulfurcy trattenuto, e travafato nella corteccia del cervel- lo idipfum ( dice egli ) precipue ex ovibus hoc „ morbo correptis quis cognolcere queat , ac pra> „ fertim capris, qua: frequentillime hoc morbo pre- „ henduntur. Harum fi caput fecueris, cerebruai „ humidum , & (udore redundans , &c male o!en$ „ deprehendes ,,. Nel lib* de' internis afifectibus per provare , che dalia rottura delle idatidi nafce in noi lbvente l’idropifia del petto, e di tutto il cor- po, rapporta le ollervazioni da lui fatte fui buoi , filile pecore , e fui porci , e poi conchiude : „ Se ,, ciò accade ne’ bruti , multo magis etiam in ho- ,, mine, quam pecoribus fieri videtur, quanto „ morbofa magis etiam victus ratione utimur. „ L’ Ippocrate latino Cornelio Celfo anche egli avea fcritto exprofeffo un trattato delle malattie del be- fiiame ,* e della loro cura ; del che oltre T inne- gabile pruova, che ne fanno le diverfe citazioni di detto trattato, che fi leggono io diverfi luo- ghi delle opere di Columella , di Plinio il natura- tila , e d’ altri autori antichi di Agricoltura, fiam® fatti certi da un palio dello (ledo Celfo (a), ove parlando della fcabbia , dopo aver propolto diver- fi rimedj per guarirla „ At fi nihil aliyd eft , fog- ,, giunge in fine , amurca ad tertiam partenj ,, decora, vel fulphur pice liquida mifium , ficut „ de pecoribus propofui, hominibus .quoque fcabie „ laborantibus opitulantur „ . Ma l’ingiuria de’tein- pi ci ha privato di un’opera, che farebbe fenza fallo la migliore , che folle ancor comparfa fulla Medicina veterinaria j dovendo noi prefumere s (a) De Medicina lib. 5 cap, a8 n. 16. XV ghe ella foffe niente inferiore alla fua opera de medicina , tanto {limata anche a’ nollri giorni. Penlavano dunque ben diverfamente Ippocrate, e Cello di quel , che penfino alcuni Medici, i quali crederebbero avvilirli di troppo, fe li abbaf- faflero a dar un’occhiata alle malattie de’ brutij eppure egli è certo, che tali offervazioni loro po- rrebbero ciTere di gran giovamento nella cura del- le lkffe malattie deli’ uomo. Imperciocché molti hanno già oflervato , che per Y ordinario le me- defime malattie popolari, che fanno lìrage degli uomini, incrudeliscono prima, o nello lleffo tem- po fugli altri animali. lnlino 1’ antichiflìmo Ome- ro narrando nel primo libro dell’ Iliade la pelle , che fu Cagliata dall* arco d’ Apollo nell’ efercito de’ Greci, fcrilTe, che prima ella fece ftrage del- le bellie : Affali prima e muli, e cani, e quindi Scagliò le fue mórtifere faette Contro gli uomini ftefli . Jito Livio nel lib. 41 delle fue llorie fa menzio- ne di un’ altra pelle , qua priore anno in boves in- gruerat, eo verterat in hominum morbos . Così Ovi- dio deferivendo una pelle nel lib. 7 delle Meta- morfosi, la dice prima toccata ai buoi, ai cani , agli uccelli, ed alle fiere : Strage canum primo, volucrumq.,aviumq., boumq., jnque feris Cubiti deprehenla potentia morbi eli Pervenit ad miferos damno graviore colonos Pcftis E T antico Medico Paolo da Egina nel lib. 2 cap. 36 lafciò fcrìtto, che la morte degli animali reca una gagliarda congettura di una futura pellilenza anche negli uomini. Molti altri limili efempìi di XVI peftilenze dei beftiame , che hanno precedute quel- le degli uomini, oppure che vi andarono unite , fi poflono leggere nella Prefazione del governo del la pefle del celebre Muratori , che io per brevità tralalciò. Chi non vede dunque qual vantaggio ab- biano i Medici per prevenire le malattie epide- miche , per prefervarfene , e per curarle , dal con- fiderare la natura , e l’indole delle Epizootiche , che di quelle fogliono efiere fovente i forieri ì Ed infatti non bifogna defraudare della debita lode moltiflimi valenti Medici del noftro fecolo, i quali niente trattenuti dai pregiudizj volgari , fpinti da un vero amore della patria , e dal defi- derio di renderli a quella utili ,( che è uno de5 pri- mi doveri del cittadino ), ali' efempio del loro maeftro Ippocrate E accinfero di proposto a in- veftigarne le cagioni, ad efaminarne i fintomi, ed a curarle, col tramandare poi ai poderi le loro ben ragionate idee, le loro*avvedutifiìme ofierva- zioni, e 1’ efito delle loro laboriofe, e faggie fpe- rienze. Troppo lungo farei, fe di tutti io qui vo- leflì tefiere il catalogo , mi riferbo di farlo nell’ ul- timo tomo di queft' opera fotto il titolo di biblio* teca veterinaria ragionata . Per ora balli il nomina- re i Vallifneri, i Ramazzini , i Lancili, i Sauva- ges, i Plenciz , i Sagar, nomi tutti cari non me- no all’ umana , che alla veterinaria Medicina . L’ ho detto qui fopra, che l’avvilimento, in cui fi è quali Tempre tenuta la Medicina veterinaria, c fiato la principal cagione dei di lei sì lenti pro- gredì; ma bifogna pur confidarlo , la fomma ignoranza della maggior parte di quelli, che l’efer- citano, moltilfimo ha contribuito, e tuttavia con- tribuire a vieppiù deprimerla. I Manifcalchi fono XVII per lo più gente rozza, e idiota, che credonfi di foverchio abilitati ad efercitar la Mafcalcia , quando hanno pattati tre , o quattro anni nella bottega di un altro Manifcalco egualmente igao- rante, e lenza lettere, il quale o'rdinaiiamente lo- ro nafconde le poche formole di medicamenti , che, lotto il nome di fccreti, applica, ed adope- ra indifferentemente in ogni cafo, e per ogni lòt- ta di malattie. E quale abilità pottòno mai aver acquiftato in quel corto fpazio di tempo ? Forfè perchè coll’ ufo loro farà riufcito di prendere uaa certa deftrezza nel far cuocere, e dar la forma a un pezzo di ferro , e poi attaccarlo con chiodi , aiutati da una cieca franchezza , ed ardire > lotto il piede d’ un cavallo, o di un bue, lì pervade- ranno di potere impunemente operare con eguale audacia fu tutte le altre parti del corpo animato , copie lavorano fulla parte morta del piede?,, A par- ai lare fchiettamente fono coftoro, toltine alcuni po~ „ chi, pieni d-un’obbrobriofa ignoranza. Tutta la ,, loro mefchina fcienza confitte nella fernpìice rna- ,, terialità di fapere formare un rozzo ferro all’ in- ,, eudine, e di adattarlo alla peggio fopra un pie-» „ de. Del rimanente poi molti di etti non fono „ capaci di pur diftinguere la qualità > è ’ì bifo- ,, gno del medefimo piede, al quale vada giufta- ,, mente proporzionato nell' applicarlo fecondo le ,, regole dell’ arte. Per tale imperizia fi vedono Sj per ifperienza in breviffimo tempo ridotte Y un- „ ghie de’ cavalli, dove prima ottime le aveano, „ in pellìmo flato, e le cattive poi ( nel ferrarci „ le quali vi fi ricerca maggiore Audio, ed arto ,, più fina ) affatto le rovinano, e le rendono in- a Vivibili, Quella è la poco onorevole, ma XVIII troppo efatta , e verace pittura , che de’ ManifcaV? chi ci fa il sig. Conte Franceiìfo BodU nelle lue lettere Ippiatriche (a) . Non avendo elfi la meno- ma idea dei principi , fui quali debbe elfere appog- giata T Ippiatria ,* tutte le loro azioni non fono re- golate , clie da un cieco empirifmo , fanno quel, che hanno veduto fare, fenza diflinguere nè cali* ne tempi , nè modi , e Come le pecorelle efeon del chiufo Ad una , a due , a tre , e 1’ altre Hanno Timidette atterrando 1’ occhio „ e ’l mufo 5 Jì ciò, che fa la prima, e 1’altre fanno Addogandoli a lei, s’ella s’ arrefta, Semplici , e quete, e lo mperchè non fanno ($)« In cotal guifa appunto, fe uno degli antichi Scrit- tori di Veterinaria regiltrò ne’ fuoi volumi una qualche ricetta, che la dica buona per una , o più malattie, i notiti Manifcalchi leggendolo ( le pur fan leggere ) , la raccolgono con avidità , e l’ada- prano non per quelle fole infermità , per cui è in- dicata , ma per un’ infinità d’altre, fenza conlide- rare la qualità, la virtù, nè la dofe delle droghe, che entrano nella di lei compofizioae, fenza riflet- tere ai divelli tepipi delle ftefle infermità, o al loro diverfo carattere. Quindi è, che da Vegezio in qua prtfifochè tutti i libri di Mafcaicia altro non contengono, che limili ricette Hate traferitte da un Autore in un altro , o trafmefifeci dalla teadi- ziooe. Ciò dunque , che diceva Ippocrate della Medicina umana , il polliamo con maggior ragia-. (a) Lettera feconda, pag. y. (/>) Dante Purgatorio canto 3 vetf yy , e figlienti*, ae dire anche noi'delia ; „ omnium „ profeto artium Medicina uabibliìma ; verura ,, propter cornai-, qui eam escercent, igapranttami, ,, eorumque, qui temere de Iris pdkant, ; omnibus ,, artibus jatn longe inferior habean . *rMei- ,, dici enim nomino quidem multi, ré ipla por*» „ pauci . . .1. ; c La craflia e troppo vergognofa ignoranza de’Ma- nifcalchi come ìi rende poco ftimati , anzi qual» avviliti predo il volgo, così è cagione per la poc cà confidenza, che generalmente d ha m ellì , Che trattandoli di cavalli, ogni (é) qualunque mar ftro di ftaìla, ogni più fciocco cofcchierje , e il .più idiota palafreniere; e riguardo ai'bucò.;,:»; agli ; al- tri animali domedici , ogni fattoi di villa, ogni più groffolano bifolco, e pallore, la.vogtiono,tat- ti fare da Medici veterinari, e coa.jnndita pre- funzione vogliono pronunziare Iti tutti i punti di Veterinaria, preferivere rimedj, e ordinare opera- zioni. E che altro vi fanno dire agdca di qua- lunque malattia interna del cavallo, Q di altro quadrupede, fe non? ungetegli i cordoni) fategli una coperta del fuo f'angue „ ver fategli dellcito nelle orec- chie , dategli un cólpo di còrno, tagliatigli 1 le ranci- (c) Hippocràt. le» in .princìpio, ;-\Vv< ■« : : \Jrj_ Non bifogna nel numerò di qucfìt pretefi medici i Cavallerizzi, i quali1 molto più colti come èifi fono generalmente, che don il Comune de* M'anrfcalchi, fóglìono operare "aditi più ragiotrevciòiente di quatti nella .cura delle • infermità del cavallo; e fi fa, che òffi Cavalle-* rizzi hanno colla, loro opere non poco contri-, buito all’ avanzamento dell’ Ip pi atri a , come ne fanno fede gli ferirti del del là Guerk mere , e del Gar fault, ■ lei Per guarire la luna altro , non fanno ordinare , che 'di {nervate /’ animale, di cavarli i un ghie Ila , di digradar gli occhi ì In tutte le malattie acute del petto, della gola, del nafo, le quali fono pe$ lo più accompagnate da tolte , e da qualche teo- io di materia dalle narici, fulla fuppofizipne, che T animale voglia gettar il cimurro, vi proibifeono a tutto potere la cavata di fangue , e vi coman- dano di dar rimedj rifcaldanti, ed infiammativi . In tutte le difeefe umorali delle gambe, fiano effe quanto fi voglia infiammate, critiche , o fintoma? fiche , negli fteflì buboni peftilenziali , Tempre apr plicano fortiflìmi ripercullìvi ; per ingr-affaj T ani? male ellenuato ripetono più e più volte la cavata di fangue : per far la caftratura, per dar il fuo? co, e far altre operazioni, vogliono, che fi af? pettino le tali Tali della luna, e proibifeono. di fé? gnare in certi giorni della tettimana • Egli è vero, che quelli faccenti curatori in prò? va del lorp alto fapere vi vantano la lunga loro fperienza, e pratica, vi dicono, che fono nati, ed allevati tra efli animali, che hanno paflato tut? fa la loro vita nel montarli, nell’ efaminatli, e Del medicarli . Cosi appunto la dilcorre Gafpard Sau- nier Prefazione del fuo libro in foglio intito- lato : la parfaite connoijfance du chtvaly ftampato all‘‘ Aia Tanno 1734.- „ }-a fola teoria, dice egliy non ,, focaia, che degli ignoranti, yi abbifogna la pratica, ,, e una pratica lunga , ed aflìdua per fare un per- „ fetto conofcitore di cavalli, dei lorp difetti , ,, delle loro malattie, delle cagioni di quelle, e ,, dei migliori rimedj. Un breve racconto, fog- ,, giunge poi, degli impieghi, per cui fono paflato, „ farà conofcere, che nilfuno ha avuto tante oc? . ’■ * - j; fcafioni, còlile id, di' perfezionarli in una 5, in cui mio padre mi avea date ampie lezioni;, e pet lo Audio della quale io era nato. if Entra poi a narrarci come ; dopo effere flato lungo tempo Cavallerizzo del Duca di Lude, andò a perfezio- narli nell’ arte di montar a cavallo, e nella teo- ria del cònofcimento de’ cavalli nell’ Accademia del Re; come feguitò pofcia 1* armata Francefe nel Palatinato al fervizio del Duca di Borbone in qualità anche di Cavallerizzo; come finite le due prime campagne fu eletto dal Re Infpettorc di una Mandria di «cavalli , dai quale impiego s ove reftò alcuni arici, paffò al fervizio del Conte di Mont* chevreuil nuovamente da Cavallerizzo ; come quin- di nella fteffa qualità fervi il Conte di Guifcar, Che il mandò in Frifia a fare una eompra eonfi- derabile di cavalli. Ma ficeome fembrava al sign. Saunier ; che tutti i fovraecennati impieghi non gli avellerò foniminiflrato numero fufficieute di foggetti i egli perciò affine di appagare la fua ar- dente brama, fi mife al legùito delle vettovaglie dell’ armata , dove redò fino alla pace : quelle fon* le d‘ experiences ( efclama qui 1’ Autore ) ne fis* je pus alors fur tant de chevaux attaqués de mille ac- cidens différens ? Dopo la pace fu fatto Cavalleriz- zo del Marchefe di Cortenvaux , a cui (labili una razza di cavalli. Fece poi tre campagne in Italia, dove vide * e trattò una mortalità incorfa fu que- lli animali ; rientrò dopo nelle vettovaglie > dove ne avea fotto la fua direzione quali duemila cin- quecento* Nei mentovati diverti impieghi ebbe egli accattone di perfezionarti per una pratica di più di ventifette anni, e da ventidue anni lavorava da Cavalletizz® nell’illuftre Accademia di Leida, quan- do diede al pubblico il Tuo libro. Quid dignum tanto feret hic promiffor hiatu (a) ì Quett1 opera , che, come egli fteffo fi efpri- me i è il lavoro delia vita intera di due uomini, cioè di* fe, e di Tuo padre, il frutto della loro e fiudio non mai interrotto , quella opera , dico®, farà certa mente numeris omnibus ab- foluia , farà un monumento eterno della fua dot- trina > degno d’ eflere Icritto a caratteri d’ oro , e propofto per modello infallibile da feguirfi da tutti quelli, che vogliono imprendere la Mafcalcia . I buoi rimedj fiati tante volte fperimeotati fi potran- no adoperare a chiufi occhi bulla fola parola di luij nò mai-dovranno mancare di produrre 1’ effetto defiderato, tanto più che fiotto ciafcuna ricetta ci allicura egli, che avrebbe potuto mettere il famo- fio ftobatum : i legni delle malattie , che egli de- feriva faranno precifi, e caratterifiici, nò lafcieranno in dubbio anche i meno efperti : in fine le tavole anatomiche, che egli dice aver copiato dallo ftef- fio libro della natura, faranno efattiffime . Ma bi- fogna pur dirlo a confufione dei troppo prefuntuo- fi milantatori della pretefa pratica: Parturient montes, nafeetur ridiculus mus (a) « 11 libro del sign. Saunier altro non è * che una raccolta informe , ed indigefta delle formole me- dicinali , che fi trovano in mille altri luoghi, do- ve non fi dà alcuna definizione de5 morbi, e niun feguo fi deferive per diftinguerli à nifluna cagione o proffima, o remota è defignata * nifiuna indica- Hóral: dé arte poetica (a') fiorai, loco citalo": èione feguita , e dovè le pia feìocche , ed iu utili operazioni fono raccomandate , e portate al cielo* Le Tue tavole anatomiche poi fono le ftefie rtef- ill.Iìaae > che quelle del signor Carlo Ruini * co- late colla piu impudente sfacciataggine fenza nem- meno Citarne il vero Autore i Lo fo ancor io , e tutti ne convengono meco * che là teorica fola non balìa in netìuna faenza, od arte, a fare un vero artefice * che una lunga pratica è neeeffaria affolutamente j ma fo altresì , che per acquetare quella pratica égli è d" uopo edere condotti , ed illuminati da una teorica lana , altrimenti non pra- tica, o fperiensa fi dee nominare * ma Uba cieca* e fervile imitazione non fondata fu alcun principio. In fine fe fenici teorica potejfe 1' arte giugnere alla fua perfezióne ( dirò col celebre sig. Bertrandi già mio illuftre Maeltro in Chirurgia * il cui nome mi farà fempre di grata* e cara rimembranza), per- sile mai dopo tanti J e co li di Sperimenti non vi per- venne ? Infiniti forio ì Pratici, pochifjimi i Teorici 4 * fe qualche bene fi e fatto 3 dicanlo i Pratici ,fe fa per loro foli * dicanlo , e ne diano pruova (a) * Se il corpo degli animali bruti è , come quello dell’ uomo, compofto di parti fluide * e di parti folide, che agifeono le une fulle altre, onde na- fee la vita : fe la fanità di efiì bruti non meno 4 che quella dell’ uomo ,• confidò nell’ efercizio libe- ro, regolare, e naturale di dette azioni, ficcome il morbo nella fregolatezza * o nell1 impedimento di quelle : fe la eagion proilìma de’ morbi negli XXIII (a) Orazione fopra gli fludj per la Chinirgia lerra nel- la Regia Univeriiià di Torino li 5 novembre 1758, fc premefia al fuo trattano delle operazioni* linij e nell’altro dipende tempre da qualche vi- zio o ne’ foJidi , o ne’ fluidi, o in amendue infic- ine; egli è confeguentementc ineontraftabile * date tutte le accennate verità filologiche , e patologi- che , la Medicina veterinaria , e la Medicina uma- na , cioè le arti di conofcere * e di rimediare a que’ vizj dover avere gli fteflì principi tifici : ani- fhdlibuSy quia ratiormles fumusj fola mente pnzjlamus * corporis vero natura communii cfl , maxime in dolo- ribus (a). Per la qual cola Te i Medici dell’uman. corpo hanno in ogni tempo riconofciuta indifpen- f'abile per la cura delle malattie la feienza della {frutterà, e compofizione di effo corpo, cioè la Notomia, quella dell’ ufo delle parti, o fia la Fifiologia, l’Igieine , la Patologia, e la Terapeuti- ca , non vi ha dubbio , che tutte quefte cognizio- ni faranno non meno neeeffarie al Manifcalco, che voglia con fuo decoro , e con utile della focietà efercitar l’arte fua, tanto più, che egli ha a medi- care animali, i quali non poffono nè colla voce , tìè con cenni, nè colla mano indicar la fede, la qualità, o la cagione delle loro infermità. Ma come mai poffono i Manifcalchi poffedet le mentovate cognizioni t fe non vi è fcuola , dovè Je poffano apprendere , nè libro, che le infegni i Come Columella rimproverava a ragione i fuoi contemporanei, i quali pretendevano , che per vi- zio della terra divenuta Aerile, e per 1’ intempe- rie de’ tempi non fi raccoglieffero più dall’ agrieoi* tura quegli abbondanti frutti, che raccoglievano i loro padri, loro apertamente dicendo : id noflro potius reor uccidere vitio, qui rem rujiicam p e fimo XXIV (a) Veget. lib. I cap. 39. 'inìque Jefvorttm , velia tarrJficì nokce dedimus, quam majorum nojìrorum optìmus quifque traclaverit (a) » Cosi dir polliamo ancor noi, che intanto dall’arte Veterinaria non fi ricava quel vantaggio, che pure fe ne dovrebbe fperare, in quanto che fi è ab- bandonata a gente rozza * e mercenaria. Ed è pu- re cola maravigliofa , che in tutte le altre arti, in- quelle fteffe , che dipendono unicamente dalla ope- razione manuale , fianvi maeftri, che le infegnano, e prima di permetterne a chichelìia il pubblico* e libero efereizio, le leggi abbiano difpofto, che chi vi afpira * fi efponga a una fpezie di efame, óve dia faggio della fua capacità, la fola Mafcal- cia ìam difcentibùs egsat * quam magiflris , per fer- vami dell’ efprefltone dello fteffo Columella , e poffa effere lenza altra pruova efercitata da qua- lunque perfona. Lode però al noftro felice fecolo * in cui ve- dranno l’età future, che oltre i fonimi > e rapidi progredì fattili in ogni genere di letteratura , di feienze , ed arti, fi è anche rivolto l’occhio all’agri-, coltura collo ftabilimento di tante focietà econo- miche , e georgiche , le quali compofte del fiore de'letterati, e particolarmente protette dai Sovra- ni , fono deificate a far le neeelfarie fperienze per promuovere l’economia ruftica * per inftrurre il coltivatore , ed animarlo con larghe ricompenle . Simili ftabilimenti mancavano ancora per 1’ avan- zamento dell’ arte Veterinaria, quando la Francia convinta del fommo vantaggio, che da efll ne fa- rebbe derivato allo fiato, non voile più lungo tempo privamelo : che però alla iftruzione de’ Ma* XXV (a) De re ruflica lik. t in prafat. felfèalchi Cotto la direzione, e le iftituiìoni del cé- lebratiilìmo sig. Bourgelat e ia Lione, e a Parigi * fònO ora circa tredici anni , fece aprire pubbliche fcuole, nè molto tardarono i Principi dell’ Europa a mandar foggetti ad imparare la Veterinaria fotta quel gran maeftro. Il magnanimo noilro Re, e Signore di gloriofiflìma memoria CARLO EMA- NUELE III è flato uno deJ primi a farlo, ed io ebbi la fortunata forte di edere con tre altri pre- scelto a godere dei Regj favori * Dopo di erterd reftato con ampio * e liberale trattenimento bea per cinque anni a profittare delle lezioni del lo- dato sig. Bourgelat, dopo di edere flato da quel generofo Re munito di tutti gli iflrumeoti cernir- ci , e libri necedarj, fui richiamato alla Patria, do- ve non sì torto giunto fui nominato Direttore del- la fcuola Veterinaria nuovamente da edo Re (la- bilità ali’ illruzione de’ Maniscalchi de’ Reggimenti de’ Dragoni, e di Cavalleria, e mi fu ialleine af- fidata la cura medica de’ cavalli delle Regie Halle* 6 mandrie. Sarei dunque meritamente tacciato di troppa ingratitudine, e di una vituperevole ne- gligenza, fe dopo sì larghi comodi, dopo tante Reali munificenze , io non cercarti il meglio, che per me fi può, di comunicare al pubblico quei pochi lumi, che nella Medicina veterinaria ho proc- curato di prendere , e così fecondare in qualche modo le paterne mire del defunto Monarca , e del fuo degno lucceffòre VITTORIO AMEDEO feli- cemente Regnante, le quali ad altro non tendo- no » che al bene , ed al vantaggio de’ fuoi Popoli.- Ad intraprendere quella fatica mi diede maggiore fpinta il vedere * che in lingua Italiana non hawj ancora alcuno Scrittore , che ne tratti con queUor- XXVI elise, c metodo, fcc con qtiella chiarezza, che fi richiede, mentre all* oppoflo gii Autori Ippiatri Francefi , dopo i luminofì fcritti dell’ immortale sig. Boutgelat, pare, che in quelli ultimi tempi ne abbiaao tutti ricevute le maffiiiie , e feguiti i principi , benché di molto tutti gii rimangano dietro . Io pure feguendone da lungi le onorate vefti- gia incomincierò la mia opera dai quadrupedi , e fra quelli prima dal cavallo. La Zootomia pre- cederà a tutti gli altri trattati 3 perchè ella è la bafe, fu cui deono effere appoggiate tutte le al- tre conofcenze veterinarie, e qual parte della Zoo* tomia farà da me confiderata la conofcenza efter- na degli fteffi animali, cioè la loro figurai le lo- ro proporzioni, i loro difetti di conformazione, od accidentali ec. La notomia del cavallo mi fervirà di oggetto di comparazione per tutti gli altri qua- drupedi , e mentre proccurerò di effere , per quan- to mi fìa poffibile , efatto , anzi, fcrupolofo , e mi- nuto nella defcrizione delle differenti parti del cor- po di quello animale, mi contenterò,, riguardo agli altri, d’ indicarne foltanto le principali, e più ef- fenziali differenze, rimettendo il rdto a quanta avrò efpoflo nell’ Jppotornia » XXVII DELLA ZOO TO MIA TOM. I. CHE CÓNTI E NÈ V ANATOMIA IN GÈNERALÉ. E V IPPOMEtRlA. Sicuti Mziìcolum prima dottrina ejl humani corpo- ris partes, erganorumque cognofccre, ita neceffarium piulomcdicis , de ojfibus, de nervis, ac venis jumen• forum univerfa perdifcere. Neque enim curare ratio- mibilittr potè fi , qui qualitatem rei, quam curat 3 igno* TM r Veget in prae£, lib. IV art. veterin. TAVOLA DE’ CAPITOLI, E PARAGRAFI. Dell!" Anatomia in generale , Pag, j Cap» I Divijìone, denominazione, e fri- di tutte le parti eter- ne del cavallo - 15 II Delle proporzioni, e rnifure delle diverge parti del corpo del ca- vallo . - 29 III Della direzione de' membri - 35 IV Della tefria in generale - 38 §. 1 Delle orecchie - - - - 43 a Della fommitd dei capo , della nuca, del ciuffo, della frr onte, delle conche ee, - - - 45 3 Degli occhi - - - - 50 4 ZA'Zte guanciex del nafro, e del-. le narici - - - 60 5 Della bocca ----- 69 è Della barbozzi - - - - 80 7 Delle ganajce , e del canale 8 I V Dei denti, e del conofcimento dell' età del cavallo - - 84 VI Del collo - -- -- - 102 VII Del corpo in generale - - 110 §. 1 Del garrefe ----- 112 a Del dorfo - - - t - 115 3 Delle reni ----- 113 4 Della groppa, e delle anche 119 3 Della coda - -- -- 12 ?„ 6 Dell’ ano, e della vulva - 125 7 Del torace ----- 131 .8 Del ventre * - - - * 9 Delle parli efierne delta gene- ragione nel cavallo , e delle * mammelle nella giumenta Z £7 10 Z?£Ì fianchi ----- 142 Vili Delle efircmità in generale - 145 Sezione prima Delle ejlremità anteriori - - 146 §. 1 Della fpalla3 e del braccio 147 2 Dell' avan - braccio . » 154 3 Del ginocchio , . , ♦**59 4 Dello fi inco . . 162 5 Della nocca , , 1*7 6 Z9W pafiurale , . 171 lezione feconda Delle efiremità pofleriori . 179 §. 1 Della cofcia, e delle natiche j8o 2 Della gamba, £ della grafitila 183 3 Del garretto , dello fiinco ec. 186 IX /} X Dei diverfi feguali de’ cavalli 218 XI tome fi debba procedere all’ efa- me del cavallo \ breve recapitola- delle /«e bellette , CT/W , e difetti : qualità 3 che in effo fi richiedono fecondo il fervi fio 3 cui fi de fi ina. - 24© XII Quali fiano le andature naturali del cavallo -, come quefio fi deb- 4 ba efaminare nel moto , come quindi fi traggano gl’ indi fi di fua natura . V'.fi , e difetti , per cui fe ne fa la guarentigia. 231 vendo letto il preferite volume , che ha per titolo la Mafcalcia, o fi a la Medicina Veterinaria ec. niente ho ri- trovato contrappoflo ai dogmi della Cattolica Religione , ed ai buoni co fumi. Teol. Contino C. e R. del S. Officio. Attenta fupradiila atteflatione imprimatur Fr. Joannes Pominicus Pifelli Ord. Predic. s. Th. M, Vicarius Gen. s. Officit Taurini. y. Gioannetti Facultatis Medica P. & R. V. Se ne permette la fiampa ì dif- fecaziooe. dell* uomo, è comporto in generale di parti folide, e di parti fluidej le prime, chiamate anche folidi, fervono a contenere le feconde, che appellanfl più conciamente fluidi. IV La bafe tanto de’folidi, che de’fluidi degli animali ( §. Ili), come di tutti i corpi terreftri, fono i quattro elementi , aria, acqua, terra, e fuo- co : il fondamento poi de’ folidi in particolare fono Je fibre. V La fibra è un corpo bianco, elaftico, allun- gabile , infenfibile, fodo fenz’ alcuna cavità, Amile a un filo, o (lame, più lungo, che largo, e più pefante dell’ acqua. La fibra femplice, e primitiva c così piccola, che non fi può vedere neppur coli’ aiuto del microfcopio, dappoiché il minimo anima- luccio dee avere, come il più grande, tutt’i fuoi folidi comporti di fibre. Le prime fibre vifibili fono formate dall’aggregazione di molte altre più picco- le , difpofte , e applicate paralellamente le une contro le altre, e riunite per le loro eftremità. Vi Gli elementi della libra fono una terra calca- rla , o cren fa con alquanto di ferro , e una fpe- z,!e di glutine , o colla , comporta di molt’ acqua , d’olio, e d’aria. Quello glutine ferve a tener in- fìeme unite , e congiunte le particelle terree , le quali, eftratto elfo glutine, divengono friabili, come fi può vedere nelle offa abbruciate, che al meno- mo tatto fi riducono in polvere. Vii Dalle fibre nafcono le offa , le cartilagini, il teffuto cellulare, le membrane , i vafi » i ligamen- ti3 i mufcoli, i nervi, le ghiandole, le vifcerc, i pe- li , le unghie, le piume, le corna. Vili Chiimanrt offa le parti più dure, più bian- che , e più compatte del corpo animale , che fer- vono di bafe, e di foftegno a tutte le altre . Le offa fono comporte di fibre lunghe, paralelle, dif- pofte longitudinalmente, obbliquamente, e trafver- falmente, e raccolte a falcetti. IX Le cartilagini volgarmente chiamate il tene- rume , fono certe parti animali, elaftiche, fleflibi- li, bianche,o piuttofto di un color lucente fienile a quello delle perle , non così dure come le offa ( §. Vili ) -, ma dopo quqfte più dure di tutte le al- tre parti del corpo, eccettuatene le unghie , e le corna. X Le cartilagini o incroftano Teftremità delle offa lunghe , o formano le loro apofifi ( Ofteolog. in gener. §. ), ed epififi ( ivi §. ): in alcuni luoghi fervono a coftituire degli organi, come quel- le delle narici, delle orecchie, della laringe ec. Nel feto la maggior parte delle offa prima di acqui- ftare la loro fodezza offea partano per Io fiato car- tilaginofo: nella maggior parte delle cartilagini egli è difficile T offervare la direzione delle loro fibre , le quali fono corte,e molto ferrate le une contro le altre. XI II tejfuto cellulare, altrimenti detto la tela cel- lulofay è una fpezie di rete molto rilaffata, ed eftefa, formata da fibre, e laminette intrecciate in guifa tra di loro, che lafciano delle cellule , o aiuole comunicanti le une colle altre, le quali fervono in molti luoghi a contenere il graffo, onde il nome di membrana adipofa , che fi dà anche a querto teffuto. XII Ttovafi immediatamente fotto la cute, e ftendefi da erta coperto fu tutta la fuperficie del corpo $ formando uno degl1 integumenti comuni, e univerfali ( §. LV), iijtonaca tutt1 i mufcoli, e 3 s’infimi a tra i loro fafcicoli carnofi, anzi fin tra le loro minime fibrille ; velie pur anche le ghian- dole, le arterie, le vene, e i nervine le offa llef- fe : penetrando nelle ampie cavità naturali del cor- po , come nel cranio , nel petto , e nell’ addorm- ite, ne tappezza tutta la loro ellenfione,e circon- ferenza , donde ripiegandoli fegue la membrana propria delle rifpettive vifcere; in una parola non v5 è alcuna parte nel corpo animale, dove non s’incontri il telfuto cellulare più o meno denfo, in maggiore , o minore quantità. XIII Dai diverbi foglietti di quello tedino ( §§. XI , XII ) applicati, addolfati, o riftretti per la pref- iione delle parti gli uni contro gli altri nafcono le vere membrane , che fono tele più o meno fot- tili , o compatte, e di diverfa natura, le quali fer- vono o a coprire tutto il corpo , come la pelle, o a vellire le offa, come il perioftio ( Olleolog. in gener. §, ) o a tappezzare le pareti interne dei tre ventri ( §. LIII ) come la dura, e la pia madre, la pleura, e il peritoneo; o a formare delle vifcere , come lo ftomaco , la vellica, le intellina ec. Le fibre delle membrane fono per lo più appa- renti , trafverfali, lungitudinali, obblique, circola- ri , fpirali ec, XIV Dalle membrane avvolte a foggia di cilin- dro cavo, o di facco nafcono i vaji, i quali fono fempre formati da più d’ una. XV I diverbi llrati, o fia le diverfe membrane, che compongono i vajì, chiamanli tuniche. XVI I vafi, o ricettacoli figurati a foggia di facchi, come il ventricolo , le intellina , la vellica ec. fono comprelì tra le vifcere. Gli altri vali fatti a foggia di tubi fervono a contenere, e a trafmet- 4 te re qualche liquore : gli uni contengono il fangue , e chiamanti vali fanguigni , altri la linfa , linfatici, alcuni il chilo , e diconli lattei. Ve ne fono, che fe- parano dal fangue qualche liquore particolare, co- me la faliva , la bile, Y urina ec., e fono detti in generale condotti J'ecretorjj quelli poi, che trafinet- tono il liquor feparato o fuori del corpo, o in qual- che riferbatoio , nominanfi condotti eferetorj, XVII I vali fanguigni li dillinguono in arterie , e in vene. Le arterie ricevono il l’angue dal cuore per trafmetterlo a tutte le parti del corpo j le ve- ne ripigliano il fangue dalle arterie, e lo ricondu- cono al cuore. Quello non interrotto movimento del fangue dal cuore alle ellremhà , e da quelle al cuore , è ciò, che chiamali la circolatone del fangue. XVIII Le arterie fanguigne fono certi tubi co- nici compolli di diverfe tuniche ( §. XV ) lpelfe, elaftiche, e contrattili. Le arterie hanno, come il cuore , onde traggono la loro origine, due movi- menti , uno , per cui le loro pareti li riferrano, e li avvicinano al loro alfe, chiamato Jìfiole, Y al- tro , per cui dette pareti (bollandoli dall' alfe, la loro cavità li dilata , chiamato diajlole . Da quelli due movimenti nafee il golfo. XIX Le arterie , come il tronco di un albero, li dividono in molti rami, gli ultimi de1 quali fono appellati vafi capillari ; da quelli traggono origine le vene fanguigne. XX Sono le vene, come le arterie (§. XVIII) compolle di diverfe tuniche, ma più fottili, e me- no forti fenz’ alcun movimento fenlibile. XXI Alla faccia interna delle loro pareti s’in- contrano di tratto in tratto certe pellicole, o veli 5 rnembranofi , affiflì da una parte a dette pareti, dall’ altra liberi , che chiamatili valvule . Le grolle arterie delle eftremità fono profondamente nafcolte fotto i mufcoli contro le offa ; le vene fcorrono per lo contrario a fior di pelle , e facilitano in quella maniera f operazione del falaffo. XXII Oltre le arterie, e le vene fanguigne fonvi nel cranio , e lungo la fpina dorfale altri riferba- toj particolari del fangue chiamati ferii 3 de’quali fi parlerà a fuo luogo. XXIII I vali linfatici ( §. XVI ) fono frati anche diftinti come i fanguigni ( §. XVII) in arterie, e in vene ; ma 1’ eliftenza delle arterie linfatiche c meffa in dubbio dalla maggior parte degli anato- mici. Le vene linfatiche fono certi vali trafparenti , piccoli, nodofi , folamente vilìbili nell5 animai vi- vente, o recentemente fvenato ; traggono la loro origine dal teffuto cellulare ( §§. XI, XII ) e van- no a fcaricar la linfa, che afforbono da quel tef* luto o nei tronchi delle vene fanguigne, o nelle ghiandole conglobate ( §. XXXIV ), o nel canai toracico. XXIV Tra le vene linfatiche ( §. XXIII ) anno- verar pur fi debbono le vene lattee, che fono certi piccoli tubi nafcenti dalla membrana vellutata del- le inteftina per camminare lungo il mefenterio, e andar a metter foce nella cifterna ehilare, o nel canal toracico, dove trafmettono il chilo: quando non vi è chilo fono ripiene di pura linfa. XXV I vafi fecretorj ( §. XVI) prendono origi- ne dalle ultime ramificazioni delle arterie delle ghiandole conglomerate (§. XXXV ); dalla riunione poi, e comune imboccatili a de5 fecretorj nafcono i condotti efcretcrj : tali fono gli ureteri, il canal clllico , il coledoco, T uretra , ec. XXVI Una maniera di vali di propria natura fono i vali e fatanti, e inalanti della cute. Gli efa- lanti fono formati dalle ultime eftremità delle arte- rie fanguigne, cui non rifpondono alcune vene ( §. XIX )j li aprono alla fuperfìcie del corpo, o alle pareti interne delle divede cavità naturali per tanti pori inviabili ; quelli vali fono gli organi dell’ infenfibile trafpiraziooe, e del fudore , come di tutte le trafudazioni interne. XXVII I vali inalanti hanno principio da altri piccoli pori, che li trovano in gran didima quantità alla fuperfìcie della cute, e alle pareti interne del- le fteffe cavità} quindi li continuano colle vene fanguigne. Servono a riafforbire porzione della linfa fvaporata dagli efalanti ( §. XXVI), e alcuna por- zione de’vapori atmosferici: per ellì li fpiega l’in- troduzione de’medicamenti topici nel corpo. XXVIII Appellanti ligantenti certe membrane par- ticolari compofte di fibre ftrettamente tra fe in- tralciate , fleffibili, e allungabili, che formano o dei cordoni lunghi, e rotondi, o dei naftri, o lia fettucce comprelfe , e appianate , o delle tele lar- ghe, e fempre raddoppiate. Sono i ligamenti delti- nati o ad allìcurar le offa nelle loro articolazioni, o a contenere, foftenere, e fofpendere parti molli, come tendini, vifcere , ec. XXIX I mufcoli fono gli finimenti del moto, formati da molti fafcetti di fibre roffe, irritabili , chiamate camole, difpofie paralellamente, e indente unite per mezzo del teffuto cellulare. XXX Ne’mufcoli fi conliderano tre parti, il ven- tre , e le due efìrcmità. XXXI Nominali ventre, o corpo la lorparte mezzana. clic è comprefa tra le due ejlremità ; quelle poi nellla maggior parte de5 mufcoli fi reftringono , le loro fibre fi ammaffano , e fi raccolgono, di roffe divengono bianche lucenti , perdono la loro con- trattilità , e chiamanfi tendini , fé fono raccolte a foggia di cordoni, o naltrij aponeurcji, fe fi allar- gano, ed eftendono a guifa di membrane. Le eftre- mità de5 mufcoli fono comunemente affiffe alle offa. XXXII I nervi fono certi cordoni bianchi, di una fiamma fenfibilità comporti di filetti paralelli inficine collegati mediante la tela cellulofa; nafco- no dal cervello, dal cerebello, e dalla midolla fpi- nale ; fono cavi come gli altri vafi , e diftribuen- dofi in quali tutte le parti del corpo, loro appor- tano il principio delfenfo, e del moto, niuna parte potendo nè fentire, nè muoverfi fenza il concorfo de' nervi. XXXIII Chiamanfi ghiandole gli organi deftinati a feparare dal fangue,o a perfezionare qualche li- quore ; diftinguonfi in conglobate, e in conglomerate. XXXIV Le ghiandole conglobate formano dei corpi rotondi, od ovali, groflì come una ciriegia , o una mandorla più o meno, fatte da un teffuto cellulare molto denfo, e forte, da molti vafi fan- guigni, e nervi -, ricevono le vene linfatiche , e paiono deftinate a perfezionar la linfa , onde tali ghiandole fono anche dette linfatiche . Si trovano principalmente agl5 inguini, al mefenterio, lungo i bronchi, al collo lungo le giogolari, e general- mente accompagnano i tronchi de5 vafi fanguigni. XXXV Le ghiandole conglomerate fono fatte di 'moltiiìimi grani, o acini aggomitolati, e udìù infieme per mezzo del teffuto cellulare, formando infieme dei corpi affai groflì, rotondi, allungati, o piani ; in quelle ghiandole oltre i vali fangui- gni, e nervi, che fi offervano anche nelle conglo- bate , s incontrano pure dei condotti fecretorj, ed efcretorj ( §. XXV ) , che feparano dal facgue gli uni la faliva, altri la bile, quelli le lagrime, quelli 1’ urina, ec. XXXVI Le vifeere fono certe parti principali del corpo animale rinchiufe nei tre ventri ( §. L1II), e deftinate alle funzioni animali, vitali, e natura- li ; tali fono il cervello, il cuore, i polmoni, il fegato, la milza , i reni, ec. XXXVII Ognun fa cofa lìano i peli 9 le unghie, le piume, le corna. XXXVIII I fluidi animali ( §. Ili) altrimenti detti gli umori, o i liquori lì diftinguono in primarj , e in fecondarj . Primarj diconfi quelli, che danno origine ai fecondi, e tra effi fi contano fidamente il chilo, e il fiangue. Quelli umori primarj diconti anche umori vitali : tutti gli altri, che da quelli due derivano , fiono fecondarj. XXXIX II chilo è un liquor bianco del colore, e della natura del latte, dolce, leggiermente fal- lo , il quale fieparato dagli alimenti per mezzo del- la digeltione vien riaflbrto nelle intellina dai pori della lor tunica vellutata, donde palla nelle corri- fpondenti vene lattee (§. XXIV), e da quelle per mezzo del canal toracico nel torrente della circo- lazione ( §. XVII ). XL. Dal chilo, mediante ella circolazione, for- mali il fangue > che è un liquor vitale (§. XXXVI11) d’ un color rolTo florido , qualche volta giallogno- lo, o nericcio contenuto nelle cavità del cuore, nelle arterie , e nelle vene fianguigne, nei corpi cavernofi del pene, e delia clitoride, e nella fio- ftanza reticolare della milza. XLI XLI Nel fangue fi confiderano due parti princi- pali, una roffa, che fi coagula, eftratto ch’egli è da’ propri vafi , ed efpofto all’ aria, che fi chiama il cruore, o la parte cruorofa ; 1’ altra bianca , pel- lucida , che rimane Tempre liquida detta il fiero, o la parte ferofa, bianca , o linfatica del fangue. XLI1 Tutti gli altri umori, o liquori detti fecon- darj, nafcono , come fi è detto , dal fangue ( §. XXXVIII), da elfo feparati nelle diverfe ghiandole conglomerate ( §. XXXV ), o in altri organi par- ticolari . Sogliono gii Scolaftici diftinguere in tre dalli detti umori fecondar), cioè in recrementi, o umori recrementif] , in efcrementi, o umori e fremen- , e in efcrementi recrementifj. XLIII I recrementi, o umori , dicono elfi, fono quelli, che feparati dal fangue, mediante qualche organo, dopo aver fatte le loro funzioni, fono reftituiti allo ftefio fangue : tali fono il fugo nutritizio » o la linfa, il fugo nerveo, il graffo, il midollo, 1’ acqua de’ ventricoli del cervello ec. XLIV Gli efcrementi, o umori efcrementi fj, fono quelli, che feparati dal fangue fono o come inu- tili , o come nocevoli fuori del corpo cacciati, tali fono 1’ urina, la materia deli’ infenhbil trafpirazio- ne, il fudore , l’ippomane ec. ( Ippometr. §. 3 io). XLV In fine gli efcrementi recrementifj in parte fono fuori del corpo cacciati , in parte rientrano nella malfa degli umori : tali fono Io fperma , la faliva, la bile, l’umor acquofo degli occhi, il lat- te , le lagrime , il moccio delle narici , e gli altri umori mucofi , il liquor dell’ amnios, e deli’ alan- toide ec. XLVI Ma quefte tre dalli di umori ( §§. XLIII, XLIV, XLY ) non fono nè in tutto efatte , nè illruttive, (late inventate piuttoflo per accomodarli al metodo ricevuto nelle fcuole di parlar feparata- mente degli umori del corpo animale, dopo la deferizione delle parti lode, che perchè la natura le abbia veramente didime . Noi parleremo della natura , e dell’ ufo di quelli diverti umori a raifu- ra che ce fé ne prefenterà 1’ occalìone nella deferi- zione degli organi particolari, e proprj , che li feparano. XLVII Dalla vicendevole, naturale, regolare, e proporzionata azione , e reazione de’ folidi ( §. IV al XXXVII ) fopra i fluidi ( §. XXXVIII al XLV ), e di quelli fopra i folidi dipende T efercizio di tutte le funzioni, e confeguentemente la vita , e la fa- nità. XLVIII Chiamanti funzioni , o anioni i diverli movimenti, che ciafcuna parte del corpo o fola , o da altre aiutata può efeguire ; e la pollibilità conceduta a una , o più parti in feguito alla loro ftruttura, o per qualche altra forza innata di efe- guire un dato movimento, o funzione, chiamali facoltà. XLIX Le funzioni fi diftinguono in animali, vi- tali 3 e naturali. L Le funiioni animali fono quelle, che dipendo- no principalmente dal cervello , e dai nervi, co- me i lenii interni, ed edemi, il movimento mu- golare, ec. LI Le funiioni vitali fono quelle, onde dipende imujediatamente la vita, e fono principalmente efe- guire dall’ azione del cuore , delle arterie, e de' polmoni : tali fono la circolazione del fangue ( §. XVII ), e la refpirazione. L1I Naturali in fine diconfi quelle funzioni, per _ • 1- cui la vita vien confervata, gli animali fi nodrì- fcono, crefcono , e propagano la propria fpezie ; quelle funzioni, che fi efeguifcotfo dalle diverfe vifcere contenute nell’ addomine, fono la rumina- zione , la digeftione , la chilificazione , la nutrizio- ne , le fecrezìoni, e la generazione. LUI Le vifcere deftinate alle fovraccennate tre diverfe dalli di funzioni ( §§. L, LI, LII ) fono contenute , e rinchiufe in tre differenti ampie ca- vità naturali chiamate ventri', uno anteriore, e fu- periore , che è la cavità del cranio , rinchiudente il cervello-, 1’altro mezzano detto il torace, o il petto, che rinchiude i polmoni, e il cuore ; il terzo pofteriore, che è il più grande di tutti, chia- mato addomine, la pancia ,o il baffo ventre, in cui, come fi è detto ( §. LII), fono contenute le vi- fcere deftinate alle funzioni naturali , che fono il fegato , la milza , il pancreate , il ventricolo , le inteftina , i reni , la vellica , 1’ utero , e le parti della generazione. L1V Tutte le accennate parti sì folide, che flui- de , di cui abbiam rapportata la definizione, fono coperte , e nafcofte dagl’ integumenti comuni, ed universali. Così nominanti certi invogli membrano- fi , che fi fendono fu tutta la fuperficie del cor- po dalla tefta alla coda fino ai piedi. LV Gli antichi contavano cinque integumenti co- muni , ed univerjali, la cuticola, o epidermide, la cute, la pelle, od il cuoio, la membrana adipofa , o tejjuto cellulare ( §§. XI , XII ) , il pannicolo catno- fo , e la membrana comune de mufcoli. I moderni, che hanno offervato l’epidermide effere una di- pendenza della cute, il pannicolo carnofo non iften- derfi fu tutto il corpo, ma fu certe parti folamen- te, e la membrana comune de' mufcoli altro non edere , che una continuazione del tedino cellula- re ; ne’quadrupedi gli hanno ridotti a tre, che fo* no la cute , il detto temuto ; e i peli ; ne daremo la ftoria in altro luogo. LVI Le parti folide ( §. Ili ) lì diftinguono in dure, e in molli: le dure fono le offa, e le car- tilagini ( §§. Vili, IX); le molli tutte le altre. Quindi 1’ anatomia ( §. I ) è data divila in gene- rale in ofeologia , e in farcologia. LVII L’ ofeologia vocabolo comporto da due pa- role Greche ori/ orto, e *hos difcorfo, tratta delle olfa, e delle cartilagini, cioè delle parti dure; tra le quali lì deono anche comprendere le unghie, e le corna. LVIII La farcologia da carne, e tratta delle parti molli. LIX La farcologia è data fuddivifa in Jìtidefmolo già (a), che è il trattato de’ligamenti; in miologia (b) de’ mufcoli ; in angelologia (c) de’ vali ; in neurolo- gia (d) de’nervi; in adenologia (e) delle ghiando- le ; e finalmente in fpancnologta (f) delle vilcere. LX L’ anatomia del cavallo dicefi con proprio vocabolo ippotomia (g) , e da quella, come fi c detto nel proemio , daremo principio alla iootomia (Gl) per edere il cavallo il primo fra gii ani- mali domeftici, e quello, fu cui fi è il piu trava- 13 (a) Da au-S'ierfios, Jigamcnto. (l) Da tóòs, mufcolo. (c) Da àyynov , vafe. (dì Da vtùpo?, nervo. (e) Da aìùy, ghiandola. (/) Da airXàyxiK > vifcera. (g) Da imros, cavallo, e taglio, incifione. 14 gliato tanto per conofcerne la ftruttura interna, che la conformazione edema. E nell’ ippotomia com- prenderemo T ippometria (a), cioè il trattato della conformazione edema dello dello 'animale. (a) Da Wttos , cavallo , e tiìrocv, mifura , effendo le mifure, o fia le proporzioni delle membra quel- le , che fQrmano , e in che confittone le fuc bellezze, ve la fua bella conformazioue , come dalle loro difproporzioni nafcono le difformità, come farò vedere a fuo luogo. DELL’ IPPOMETRIA, O SIA DELLA CONFORMAZIONE ESTERNA DEL CAVALLO. Divifione , denominatone, e fitua{ione di tutte le parti eficrne del Juo corpo. i li corpo del cavallo dividefi in quattro parti, cioè in tejia, in collo, in corpo propriamente det- to ì e in ejlremìtà (*). i La tejia (tav. i Jet. A) è la prima, e la pii alta parte del corpo appiccata all’ eftremità lupe- CAP. I. (*) Io non ho addottato la divifione, che è fiata fatta dai Francefi del corpo del cavallo in tre parti , in avant-main , in corpo , e in arrière-main, non folamenie perchè mi pareva duro il mettere in Italiano avantima.no, retromano, o mano di dietro; ma ancor più perchè la divifione del cavallo in- quattro parti è molto più naturale. Lo fieflo Si- gnor Daubenton ( hiftoire naturelle tom. VII part. Il pag. 374 edit. in 8vo ) non ha potuto diffimulare, che quel metodo di defcrivere l’eftre- mità anteriori prima di parlare delle parti del corpo, era difettofo , e non maturale. rìore del collo; erta è la fede del cervello, e di tutti gl’ iftromenti de’ fenfi . Le parti, che ne di- pendono, fono le orecchie, la fommità del capo, la nuca , la fronte, il ciuffo, le tempia , le conche, le fopraciglia , gli occhi, ie palpebre, le guancie, il na- fo, la bocca , le labbra , il mento > la barbosa , le gattafce , il canale, ed in fine le mafcelle. 3 li collo ( let. B) fuccede immediatamente alla tefta, tra cui, ed il corpo trovali fituato. Divido!! in parte fuperiore , in inferiore , e in laterali. 4 11 corpo ( let. C ) propriamente detto è com- porto del garefé , del dorfo , de5 lombi, della grop- pa , delle a/zcÀe, della coda , dell’ a/zo , del torace . del ventre , e delle parti eflerne della generazione. 5 Le efiremità ( let. D ) fono quattro, due ante- riori , e due pofteriori. Le eftretnità , o gambe an- teriori (Di) da alcuni Cavallerizzi dette le mani del cavallo, fono ciafcuna compofte delia /palla , del braccio, dell’ avan braccio , del ginocchio , delio , della /zoo:#, del pafurale , e del pzWe. 6 Le eftremità pofteriori ( D 2 ), dette anche da’ Cavallerizzi i piedi ; comprendono la cofcia, la gamba propriamente detta il garretto , lo fioco , la nocca , il pafurale , e il piede. 7 Le orecchie (a) fono quelle due conche carti- laginofe, mobili, fituate una per parte ai lati della fommità del capo ( §. 8 ) , e deftinate al fenfo dell’ udito. 8 Dicefi nei cavallo fommità , o vertice del capo (b), e da altri fncipite quella parte della fua tella porta tra le due orecchie ( §. 7), al difotto della nuca ( §. 9), e fuperiormente alla fronte ( §. io). Il fincipite nel cavallo imbrigliato è comprefo tra 1 16 la tedierà (*), e il frontale (**). 9 La nuca (c), collottola, od occipifio c nei ca- vallo la parte fuperiore della teda, fituata al di- fopra del vertice ( $. 8 ) vicino al cominciamento del collo. Quello è il luogo, dove dee portare la tcftiera. 10 La fronte (d) trovali immediatamente al difot- to del fincipite ( §. 8 ) al difopra del nafo ( $. 19), e degli occhi (§, 15 ) tra le due conche ($. 1$). 11 II ciuffo , o ciuffetto (e), detto dai Latini cirrhus frontis, è quella parte della chioma, che pacando tra le due orecchie difeende, e copre la fronte (§. io). 11 Le tempia (f) fono fituate alle parti laterali della teda, dietro gli occhi ($. 15), e fotto delle orecchie. Quivi fentefi il battimento delle arterie temporali, e puofli toccare il polfo. i 3 Le conche (g), da alcuni chiamate le fonta- nelle , dai Francefi les faltères , dai Latini lacuna (***) > fono quelle due cavità più, o meno profon- de, pode una per parte al difopra delle fopraci- glia ( §. 14 )• 14 Lefopracigha (Tav. 3 hg. 1 a) fono quei due archi eminenti podi uno per banda al difotto delle (*) La te fiera è quella parte della briglia, fatta d* una ftrifcia di cuoio, dov* è attaccato il portamorfo dalla banda delira, e arriva, paffando fopra la nuca del cavallo, dalla banda manca, dove ter- mina colla fguancia. (♦*) Il frontale è quella ftrifcia di cuoio, che fi fiende trafverfalmente fulla parte fuperiore della fronte al difotto delle orecchie. /***) yarra de re rufliea lib. a cap. 7, Plin hijlor. na~ tur. libt XI, feil, 64» conche ( §. 13 ), e al difopra degli occhi. Nel cavallo non vi fi fcorgono, come nell’ uomo, quei due ordini di peli folti, ed embricati, che fono , propria- mente parlando , le vere fopraciglia. 15 Gli occhi (Tav. Ili tìg. II bb ), come ognun fa, fono due, fituati uno per parte, al difotto delle fopraciglia (§.14) tra la radice del nafo ( §. 19), e le tempia (§.12). 16 Le palpebre (Tav. Ili fig. I cc) fono quelle fpezie di cortine cutanee, membranofe , e mobili, porte due per occhio alia di lui difefa, una fupe- riore , e 1’ altra inferiore. 17 I margini liberi delle palpebre ( §. 16) di- confi i nepitelle, i quali fono guarniti di certi peli particolari, chiamati le ciglia. 18 Le guancie , o gote (ai) fono le parti laterali del mufello pofte trai nafo (§.19) al difotto de- gli occhi (§.15) e al difopra della bocca (§. 20). 19 II nafò (n), chiamato dai Francefi chanfrein , comincia alla parte inferiore, e mezzana della fron- te, e ftendert lino al labbro anteriore. La fua parte fuperiore dicefi la radice del nafo, 1* inferiore la punta, o il moccolo. Ivi fono due aperture (o) dette le narici eferne, 1* una dall’ altra feparate da un tramezzo cartilaginofo, appellato il /etto del nafo ; i margini delle narici, che fono anche cartilagi- nofi , diconfi le ali del nafo, o le froge. 20 La bocca (p) è quella fedina più, o meno grande, fituata ali’ eftremità inferiore del mufello, al difotto delle guancie ( §. 18), e delle narici ( §• *9 )• . . 21 Le labbra (q) formano i margini di detta fef- fura ( §. 20 ), e fono due , uno anteriore, Y altro pofteriore. I luoghi, dove le labbra fi terminano, 19 e infieme fi unifcono , per chiudere quella feflura, diconfi gli angoli della bocca , o le comminare delle labbra (r). 2z II mento (s) è quell’eminenza rotonda, e car- nofa fituata al difopra del labbro polteriore (§. 21). 2 3 La barbosa (t) trovali fuperiormente al men- to ( §. 22 ) cd è il luogo, dove dee appoggiare il barbazzale. 24 Le ganafce (u) fono le parti laterali, e fupe- riori della mafcella polteriore, formate dal di lei angolo, o tuberofità ( Ofteol. §. ) (*). 25 Nominali canale (v) lo fpazio vuoto, che è tra i margini polìeriori delle due braccia dell’olfo della mafcella polteriore, il quale comincia al prin- cipio della gola ( §. 28 ), e ftendeli difendendo , e diminuendo Tempre di larghezza fino alia bar- bozza ( §. 23 ). 16 Le mafcelle fono» due, una anteriore immo- bile, T altra polteriore movibile. L’anteriore forma propriamente il mojlaccio , la faccia, o il mufello del cavallo , e foftiene confeguentemente il nafo , le guance , e il labbro anteriore. La mafcella po- fteriore è comporta nel cavallo adulto d’un fol of- fo , e foftiene il labbro polteriore, il mento , la barbozza, il canale, e le ganafce. La bocca fa la feparazione di quelle due mafcelle. 27 La parte fuperiore del collo dicefi propria- mente cervice (x). Ella è guarnita di certi peli più (*) La ganafcia in termine gramaticale è Anonimo di mafcella, di guancia, derivando da gena, come vogliono i signori Menalo , e Ferrari. Ma in termine di cavallerizza lignifica particolarmente la tuberosità della mafcella pofteriore. lunghi, e più grotti di quelli del retto del corpo, chiamati crini (y), onde ha il nome di criniera, o di chioma, detta parte del collo. I crini fono natu- ralmente dittimi in due ordini per una futura lun- gitud inale. 28 La parte inferiore del collo nominali volgar- mente la gola (z), la cui parte fuperiore è appel- lata il gorgoglile. 29 Le parti laterali li chiamano giogoli (&) , quindi il nomedi giogolari alle vene, che ivi feor- xono, e da cui li cava comunemente fangue. 30 II garrefe (aa) , volgarmente detto il galletto, è la prima, e la più elevata parte del corpo del cavallo, fituato al difopra delle fpalle tra la cervi- ce , e la fchiena, e formato dalle apofifi fpinofe delle fette, od otto prime vertebre dorfali. 31 II dorfo, o la fchiena (bb) comincia al ter- mine del garrefe ( §. 30), e finifee ai lombi ( §. 32). Quello è il luogo, dove dee portare la fella. 3 2 I lombi, o le reni (cc) , fono polli tra la fchiena ( $. 31 ), e la groppa ( §. 33 ), al difopra de* fianchi ( §. 50). 33 La groppa (dd) comincia al termine de* lom- bi ( $. 32), e ftendeli lino all’origine della coda. Ella è limata tra le due anche. 34 Le anche (ee), volgarmente dette il gallone, fono le parti laterali della groppa ( §. 33) formate dalle otta iliache, e limitate anteriormente dai banchi ( §. 50 | , pofteriormente dalle natiche (?. 80). 35 La fituazione della coda (fF) è da ognuno conofciuta ; pende tra le due gambe di dietro dal- la parte pofteriore della groppa ( §. 33), e copre l’ano (§. 36), e Ja vulva {§. 37). 36 Nominali ano , o fondamenta (Tav. 3 fig. 5 lett. 00 ) quel foro, che è al difotto deila coda , formato dall* eftremità dell’ interino retto ( Spianai. $. ) da cui efcono le materie fecali. 37 Nelle cavalle al difotto dell'ano ($. $6 ) offervafi la vulva, volgarmente detta la natura, che è una felfura perpendicolare , ed il principio della vagina (Splancn. §. ) (Tav. z fig. 3 lett. ii ). 38 Lo fpazio, che divide l’ano dalla vulva» dicefi il ferineo • 11 perineo ne' cavalli compren- de tutto quello fpazio, che c dallo fcroto ( §. 54) fino all* ano ( §. 3 6 ). 39 II perineo è divifo in due parti uguali da una linea mezzana, che fi fiende lungo tutto lo fcro- to fino al membro ( §. 51 ) ; quella linea è appel- lata rafe ( Tav. 3 fig. 3 11). 40 11 torace è un ampia cavità, che principia al termine del collo, e finifce nell'addomine; nel torace fono rinchiufe le vifcere , che fervono alle funzioni vitali ( Anat. in gen. LI ) cioè il cuore » e i polmoni. 41 II torace è comporto delle corte, e del pet- to propriamente detto. Le cojle formano le parti laterali di quella cavità ( $. 40 ) : fono in numero di trentafei, diciotto per parte (mai) (Orteol. ). 41 11 petto (nn) propriamente detto, che corri- fponde al poitrail de' Francefi, è la parte anteriore del torace, che è immediatamente al difotto del termine della gola ( §. 18). Nominali anche il ri- fcontro (*) ; quindi il nome di vene de rifeontri alle (*) Quella voce rifcontro nel detto lignificato manca an- cora nel vocabolario della Crufca, quantunque tifata dal Firenzuola, ajìne d" ere mihi due vene cefaliche ( §. 63 ) che dalle gambe an- teriori afeendono alle parti laterali del petto (*). 43 U addormite > o la pancia (00) è fifuata alla parte pofleriore del corpo del cavallo dopo il to- race , ed è un ampia cavità, che rinchiude tutte le vifeere deftinate alle funzioni naturali (Anat. in gen. §. L1I), come lo ftomaco, le inteftina, il fe- gato , la milza , il pancreate, i reni , ec. 44 La parte inferiore dell5 addomine ( §. 43 ) dicefi propriamente il ventre (pp), la quale , come nell’ uomo, divideremo in tré regioni principali, un5 anteriore detta regione epigajlrica (Tav. Ili fig. I ddd),la quale dal termine delle cortole ftendefi fino a tre, o quattro dita trafverfe nanti 1* ombilico ( §. 47 ). 45 1/ altra mezzana, chiamata regione ombilica- le (rr), la quale dal termine dell5 epigaftrica ( §. 44 ) arriva fino a tre, o quattro dita trafverfe al di là dell5 ombilico, che ne forma il centro. 46 In fine la terza è chiamata ipogajìrica (ss), e ftendefi dal termine della ombilicale (§. 45 ) fi- no al margine anteriore delle offa del pube (Ofteo- log. §. ). 47 Dicefi ombilico (tt) quella cicatrice più, o meno eminente, che rimane alla parte mezzana , 22 „ 172 : quefto a capo ritto ( parla di uno flal- ,, Ione) alzando all’aria il bel rilconrro, mi per- „ cuoteva col piè dinanzi : il latino dice :hic eia• ,, tis in altum vaftis pefloribus. (*) Vegezio nel lib * cap. XXV art. veterin. beniflìm® delcrive la Umazione di quelle vene : de pe- fiore minuendus efl fanguis ex venis , qua pò (ita fune in dextra , ac fìnijlra , ubi brachiola coni un• gnntur, 6* flexura fit, quum arrnus plicatur. e inferiore del ventre dalla lacerazione del cordo- ne ombilicale nel feto nuovamente nato. 48 Le parti laterali della regione epigaftrica (§. 44 ) diconfi ipocondr), uno deliro , e 1’ altro fini* Uro (Tav. Ili fig. I eee). 49 Le parti laterali della regione ipogaltrica (§. 46 ) diconfi inguini , anguinaglie, o regioni ingui- nali (vv). 50 Le parti laterali, e fuperiori dell’addomine polle al difotto de'lombi ( §. 32), e limitate an- teriormente dalle ultime falfe cortole, pofteriormen- te dalle anche ( §. 34) diconfi i fianchi (xx). 51 Le parti ellerne della generazione nel cavallo fono il membro , lo fcroto, ed i teflicoli j nella giumenta fono la vulva ( §. 37 ), e le mammelle. 52 II membro (yy) , il pene , o la verga (*) ne* cavalli è fituato nella regione ipogallrica (" §. 46). 5 3 La pelle, che Io velie, e da cui efce quan- do iJ animai vuol pifeiare, od è in erezione , di- cefi il prepuzio, e volgarmente il pifciolarc ( Tav. Ili fig. I hh ). 34 Continuazione del prepuzio (§.53)0 lo fcro- to , volgarmente detto le borfe, che è una fpezie di Tacco, in cui fono contenuti i teficoli 3 che fo- no due (&&). 55 Le mammelle fono due nella cavalla finiate nella regione inguinale ( §. 49 ). Ne' cavalli fulla punta del prepuzio fi olfervano due piccioli tuber- coli a foggia di due capezzoli, che polfono eifere riguardati come le loro mammelle (aaa) : ne’ muli, (*) Dal traduttore di Pier Crefcenzio de’ Crefcenzj fi chiama vergella. 24 * negli afint que’ due capezzoli fono più apparen* ti, che nel cavallo (*) 56 Lungo le parti laterali della pancia, e del torace (corre a fior di pelle un’ affai groffa vena detta la tinghiaia (**), e dai Francefi la vena degli (*) Arifìotile lib. IV cap. 9 de pari, ànimal. avea ferie- to , che de* cavalli que’ foli hanno mammelle , che raflomigliano alla madre : equi mammas non habtnty nifi qui matrì fimiles prodiere. Ma nè Ari- Iloti le, nè altri dopo di lui hanno indicato il fi- to delle mammelle in que* cavalli, ne* quali s*in- contrano ; nifluno perciò avendole mai potuto of- fervare, fi è di poi generalmente creduto, che i cavalli non aveflero mammelle, per la qua! eofa 1* illuflre signor Buffon ( hiftoire naturelle tom. 1 pag. 55 ) dice, che e cofa cognita dai tempi di Arifìotile , che i cavalli non hanno mammelle : On fait depuis Arijlote, que le chevai n'a point de mamellts. £ il celebre cavalier Lin- neo ( fyflema nat. tom. t edit. 13 Vìndcbon« 1767 ) avendo dato le mammelle per uno dei caratteri generali della fua prima clafie degli ani- mali, eh* egli chiama perciò mammolia, anch* egli dice pag. 13 , che tutti gli animali di que- lla prima clafle e mafehi, e femmine hanno mammelle, eccetto il cavallo: mamma ladantes faminis omnibus ; edam maribus, excepto equo : la qual cofa egli ripete pag. 100 mares ( parla dei cavalli ) mammas non habent. Il Signor Dauben- ton avendo oflervato, che gli afini hanno le mam- melle rulla punta del prepuzio, condotto dall’ analogia è flato il primo a ricercarle, e ritrovar- le fu quella parte anche nel cavallo, avvenen- doci però, che non in tutti le avea potuto feo- prire, e che perciò potea effere vera la diflin- 'zione fatta da Arifìotile. Vedali hijloirf notar, tom. VII part. 1 pag. 450, e feguenti. (**) Crefcena, lib. 9 cap. 18. 25 /proni (bbb), da cui cavali fpeffe volte faflgue. Li detta vena reità affai fovente aperta infieme colla pelle dalle forti fperonate. 57 Abbiamo detto ( §. 5 ), che le eftremità an- teriori da alcuni cavallerizzi fono chiamate le ma* ni del cavallo, come le pofteriori i piedi', così vo- gliamo qui avvertire, che lagamba anterior delira diceli anche la mano della lancia, e la gamba po- Iteriore dello Iteffo lato il piede della lancia ; la gamba anteriore lìnilira nominali la mano della jlaf- fa , o della briglia, e la pofteriore lìnilira il piede della /affa, o della briglia. 58 La /palla (ccc), che è la prima parte dello eftremità anteriori , è limata Tulle parti laterali, a anteriori del torace al difotto del garrefe ( §. 30)» e formata d’un fol offo detto 1* omoplata ( Olteol. ). 59 II braccio (ddd) è pollo tra la fpalla (§. 58), e 1* avanbraccio (§. 61 ), ed è compollo d’un fol offo , chiamato V omero (Ofteol. ). <30 V articolazione dell’ omero coll'omoplata di- celi la punta della /palla, o del braccio (eee). 61 11 avanbraccio ( fff) fuccede al braccio, tra cui, e ’l ginocchio egli è limato. Egli è compollo dJua fol offo, detto il cubito (Olleol. ). 61 Alla parte pofteriore , e fuperiore del cubi- to havvi una groffa, e lunga apolìlì, chiamata alterano, da cui nafee efteriormente un eminenza detta il gomito (gg). 63 Alla faccia interna, e piana dell’avanbraccio. feorre viabilmente una groffa vena detta ce/alica (hhb), che va a formare fuperiormente la vena de. ri/contri (§. 41 ) , da cui traeli fovente faDgue. e mifure delle diverfe parti del corpo del cavallo CAP. IL 8 8 In nelfun animale domellico fono Hate sì fcru- polofamente ricercate, ed ofiervate le qualità elle* riori del Tuo corpo , le fue bellezze , difformità, o difetti, come nel cavallo. Sembra dunque, che quello animale dovrebbe elfere abbaflanza cono* fciuto ; eppure vediamo tuttodì elfere da tale giu- dicato beliiflìmo un cavallo, che altri trova diffor- me, e fpiacevole, nè poterli l'un l'altro con dif- fidenti ragioni convincere. Quella contrarietà di giudizio in una queflione di fatto da altro non può procedere, che da mancanza di regole, e di principi certi. La beitela di un corpo qualunque confìfle nella conveniente, e giufla proporzione delle diverfe parti, che il compongono ; e in ge- nerale quélle cofe noi chiamiamo belle, cui le (*) Creiceliz. lib. cit. cap, 8, e lib. XI cap. 47. partì debitamente rispondono; perchè dalla loro ar- monia rifulta piacimento: onde pare l’uomo effere bello > quando le Tue membra fono debitamente proporzionate, e diceli bello il canto, quando le voci di quello fecondo il debito dell’ arte fono tra fe rifpondenti ; così bello deefi chiamare un cavallo, quando tutti, o la maggior parte de* fuoi membri fono tra di fe corrifpondenti, e proporzionati. Per poter dunque fondatamente decidere della bellez- za , o difformità di quello animale , vuoili cono- fcere la mutua corrifpondenza delle parti del fuo corpo , in una parola le fue proporzioni ; la qual conofcenza ci è Hata primieramente data dal cele- bre signor Bourgelat (*). 89 Sappiali pertanto, che un cavallo adulto; ben fatto, e proporzionato dee avere eguali 1’ al- tezza , e la lunghezza del fuo corpo, cioè debb’ elfervi egual diltanza dalla fommità del garrefe a terra ( tav. 2 fig. 1 lett. Ai), che ven ha dalla punta della fpalla a quella della natica (fig. 1 Ai). Quell’ altezza poi, e lunghezza del corpo compren- dono ciafcuna due volte, e mezzo la lunghezza della tella prefa dalla nuca, od origine del ciuf- (*} Elémens d’Hipplatr. tom. i pag. 439 fino a 477. Elémens de 1* art vétérin. toni. II pait. II pag. 128, e feguenti. Gli antichi aveano già cono- fciuto, e ferino , che la bellezza del cavallo confitte nelle giutte proporzioni del fuo corpo, e Vcgezio tra , gli altri lib. 4 cap. 2 ci dà le mifure di molte parti di quello animale ; ma la gloria di perfezionare quello punto importantif- limo di cavallerizza era riferbata al Signor Bour- gelat non meno impareggiabile cavallerizzo, che eccellente medico, e filofofo. fo ali’ eftremità del labbro anteriore ( fig. 1 B 1 ), fupponendo però, eh' ella teda lia ben proporzio- nata (*). 90 Per afficurarci, fe la tefta fia ben proporzio- nata , fe ne prende nell1 accennata maniera la di* menlìone ( §. 89 ), poi fi mifurano l1 altezza,, e la lunghezza del corpo, le quali fe uguagliano due tefte , e mezzo , allora conchiuderemo , che non folamente elfo corpo ha le debite proporzioni da- poichè s’incontra egualmente alto, che lungo, ma ancora, che ben proporzionata è la tefta, non ef- fondo nè troppo lunga, nè troppo corta, dapoichè due tefte e mezzo ci danno la precifa altezza , e lunghezza del corpo. 31 (*) Il signor La Folle figliuolo nel fuo corfo d* Ip- piatria pretende ( prendendo particolarmente di mira il Signor Bourgelat ), che il quadrato dato per regola della bellezza del corpo del ca- vallo non poffa riguardare, che i cavalli da Iel- la; che quelli da carozza, perchè abbiano mag- gior forza, debbono effere più lunghi, che alti. Ma anche concedendo al signor La Foffe quan- to mai poffa fu quello articolo dire , farà fem- premai vero, che il bello , e buon cavallo, il più capace di refiftere al fervizio, per cui la fua taglia, e corporatura fembra averlo dellina- to, vuol effere un cavallo quadrato, cioè egual- mente alto, che lungo. Lo lieffo Signer Marino Garzoni nel fuo libro intitolato, Arte di ben cono- fcere , e distinguere le qualità de' cavalli lib. 1 cap. IV pag. 39,avendo prima detto, che perchè il cavallo vada pronto , ficuro, e comodo , bifo- gna, che fia un poco lunghetto ; foggiunge in fine : Non v’ è dubbio , che la figura quadrata è la più gagliarda di tutte. 91 Che fé la lunghezza del corpo, a cagion d’efem* pio, trovandoli uguale a due tede e mezzo, la iua altezza c maggiore» o minore, diremo allora, che il cavallo è troppo alto, o troppo baffo, co- me fi conchiuderà edere troppo lungo, o troppo jcorto, fe, la Tua altezza uguagliando due tede, e mezzo > la lunghezza è maggiore, o minore. 9* Per lo contrario fe tanto 1’ altezza, che la lunghezza del corpo mifurate, come abbiamo in- fognato (§. 89 ), incontrandoli eguali danno l’una, e l’altra più, o meno di due tede, e mezzo, nel primo calo li dirà, che la teda e troppo corta, nel fecondo eh* effa è troppo lunga. 93 Se la teda c ben proporzionata (§. 90), d' effa ci ferviremo per mifurar tutte le altre par- ti ; che fe la teda è difettofa, divideremo la lun- ghezza, o l’altezza del corpo in cinque parti egua- li , e pigliando due di quede cinque parti, avre- mo la deffa mifura uguale a quella,che ci avreb- be data la teda, fe foffe data proporzionata. 94 Dalla nuca, o fommità del ciuffo a terra ( Fig. 1 let. C ), purché la teda dei cavallo lìa ben iìtuata ( §. 1x8), fonvi tre tede ( §. 89). 95 La lunghezza del collo dalla nuca alla cima del garrefe ( Fig. 1 B 1 ), è precifamente di una teda, ed è la deffa che l’altezza delle fpalle dalla deffa parte dei gar- tefe al gomito (Fig. 1 B 3 ): che la fpeffezza del corpo dalia parte mezzana della fchiena alla mezzana, ed inferiore del ventre (Fig. 1 B 4 ): che la larghezza di effo ventre da una banda all altra ( Fig. 1 B 5 , Fig. 3 B 5 ). 96 La lunghezza della gola dal gorgozzule ( $. r» \ fi 32 iB ) alla punta della (palla ( fig. i D i ) è la ftef- fa, che la lunghezza della teda indurata dalla nu- ca fino alla commeffura delle labbra ( fig. i D i ), ed c uguale alla didanza, che v’ha dalla fommità del garre- fe ( fig. i D 5 ) airinferzione della gola nel petto; alla lunghezza, larghezza, e altezza della grop- pa, o fia delle anche , cioè alla didanza, che v’ha dal principio del gallone ( §. 34) alla punta della natica (fig. 1 D 4); dall’angolo inferiore dell’offo iìeon di un lato allo lleflo angolo del lato oppodo ( fig. 3 D 5 ) ; dalla fommità della groppa alla punta della gradella ( fig. 1 D 6 ) ; alla didanza, che v’ ha dalla (leda parte della gradella alla parte mezzana della faccia edema del garretto (fig. 1 D 7 ) ; come pure a quella, che v’è da queda parte del garretto a terra (fig. 1 D 8). 97 La didanza diagonale, che s’incontra dalla cima del garrefe alla gradella ( fig. 1 E 1 ), è il doppio dell’ accennata ultima mil’ura della teda ( §. 96 ) , ed è la deda , che fi truova dalla fom- mità del principio della groppa alla punta del go- mito (fig. 1 E 1 ). 98 La didanza dalla deda parte del gomito (§. 97 ) alla piegatura del ginocchio ( fig. 1 F 1 ), e da queda a terra (fig. 1 F 2 ) , è uguale alla di- danza , che v’ è dalla punta della gradella alla piegatura del garretto ( fig. 1 F 3 ), e da queda alla corona de’ piedi (fig. 1 F 4). 99 Quede fono le parti principali del corpo del cavallo , che fi rifpondono per dimenfioni uguali. Ne’ proprj luoghi accenneremo quelle delle altre parti più piccole, lafciando però le mifure più mi- 34 cute , meno necelfarie da faperlì dal Manifcalco, o dal Cavallerizzo, che dal Pittore, o Scultore, i quali vogliano ritrarre un modello perfetto . So- lamente qui dobbiamo aggiungere, che per pren- dere le mifure delle parti più picciole del corpo del cavallo, bifogna dividetela lunghezza della to- rta in tre parti uguali, che noi chiameremo pri- me ; fuddividere quindi ciafcuna prima in altre tre parti uguali , che chiameremo feconde , e ciafcuna feconda in ventiquattro punti. In quella maniera la tetta avrà tre prime, nove feconde, e dugento le- dici punti. ioo Da principio per formarli, come li dice, 1’ occhio giufto j è d’ uopo mifurar molti cavalli , paragonare infteme ne’ diverfi individui , e nello fterto individuo le diverfe parti , che debbono ef- fere uguali , vedere qual imprellìone fanno fu1 no- rtri fenlì, quando s'incontrano ben proporzionate, quale , quando fon difettofe . Infenfibiimente 1’ oc- chio affuefatto coll'aiuto dell’ ippometro (*) a veder giufto, potrà fenz’altra mifura , e al primo afpet- to conolcere le vere proporzioni , e decidere con licurezza delle bellezze, o difformità di un caval- lo. Faremo vedere a fuo luogo di quanta utilità effe proporzioni fiano nes* divertì fervizj, cui de- libiamo il cavallo. (*) Spezie di compattò a verga fiato inventato dal si- gnor GoifFon all* ufo delle fcuole veterinarie di Francia per mifurar il cavallo. Vedafene la de- fcrizione data dall’ autore in un libretto porto dietro il tom. Il des élémens de l' art vétérinaire de monsieur Bourgelat, JDclla direzione de membri, CAP, III, xoilLje quattro eftremità, o gambe degli animali quadrupedi, due dinanzi,e due didietro debbonfi coofiderare, come quattro colonne rimovibili, de- sinate al foftegno, e al trafporto di tutta la mac- china, La di lei (labilità, fermezza, e Scurezza sì nella dazione, che nei diverfi movimenti , i quali può effa eleguire col mezzo di dette colonne, di- pendono principalmente dalla loro naturale, e gira- ffa direzione , ficchè trovandoli effe a piombo , il pefo del corpo fia ugualmente diftribuito , nò efca della linea di direzione del centro di gravità . Le leguenti offervazioni, e rifleflioni, come fi c det- to delle proporzioni ( §. 88), fono dovute anche al celebre signor Bourgelat (*), ioz La direzione dejle colonne anteriori del ca- vallo in ripofo, ben conformato, e ben piantato, co’ due piedi paralelli, e uguali, efaminate in profilo, o dallato, debb’ effere tale, che un piom- bino , o linea verticale calata dalla fommita del garrefe a terra ( Tav. 3 fig. 1 let. A ) dee paffa- re^1 dietro il gomito, e il refto di quelle eftremità fenza toccarle ; mentrecchè un' altra linea limile calata dal terzo pofteriore della larghezza della parte fuperiore dell’ avan-braccio a terra ( fig. fud- detta let. B ), dividerà in due parti uguali lo ftin- co , e la nocca, lafciando il palìurale, e il piede: infine una terza linea verticale calata daH’articola- (*) EUmens de l* art vétérinaire tom, 11 pag. 144, e fi- glienti, zìone del braccio colla fpalla a terra ( fig. i let. C ) dee lafciare due , o tre linee indietro la pun- ta del piede. 103 Se poi le fteffe eftremità anteriori fi confi- derano in profpettiva , vedraffi , che , quantunque la parte laterale efterna dell’ avambraccio inclini in- dentro a mifura che fi approdarla al ginocchio , e che all’ oppofto la Tua parte laterale interna incli- ni per poco in fuori, vedraffi, dico, che una li- nea verticale tirata dalla parte mezzana dell’ eftre- mità inferiore dello fteflfo avan-braccio fino a terra ( fig. z let. D ) dividerà in due porzioni uguali il rimanente delle dette eftremità. 104 Efaminando la faccia anteriore delle colon- ne pofteriori, un piombino calato dalla punta della gradella a terra (fig. 1 E), rifponderà precifamen- te , e toccherà la punta del piede ; guardate poi per dietro, offerveraffi, che la faccia laterale efter- na delle gambe propriamente dette, inclina inden- tro a mifura , che fi approffimano al garretto an- cor più, che la fteffa faccia dell5 avan-braccio nel difcendetg verfo il ginocchio ( §. 103), con que- lla differenza però, che la faccia interna delle ftef- fe gambe cade quafi perpendicolarmente . In fine una linea verticale tratta dalla parte mezzana del- le falci a terra ( fig. 3 F ) dividerà in due porzio- ni uguali tutte le parti, che compongono il refto di quelle eftremità. 105 Non fi può meglio dimoftrare quanto im- porti, che i membri del cavallo abbiano le fuddette naturali direzioni, che coll5indicare gl’inconvenien- ti, e vizj provegnenti dal difetto , e cangiamento di quelle. Supponiamo per efempio , che la punta de5 piedi anteriori, in vece di trovarli indietro della 36 linea verticale calata dalla punta del braccio a ter- ra folamente due, o tre linee ( §. 102), riman- ga molto più indietro, l’animale farà, come dico- no i Franceli, fono di fe, appoggierà molto più fu efla punta , che fui refto del piede , la Tua anda- tura farà Tempre raccorciata , e poco licura; fcap- puccierà Tovente , i piedi pofteriori urteranno con- tro gli anteriori ec. io6 Se per lo contrario la punta del piede tro- vali più in avanti di quella linea ( §. 102), allora il cavallo nell’ andare appoggia più fui talloni, che Tulle altre parti della pianta del piede; nè potendo nella eftenlìon della gamba abbracciar molto ter- reno, la Tua andatura è anche raccorciata, e tutti i «movimenti di quefte colonne anteriori poco bel- li , e poco liberi. * 107 Queft’ultimo vizio di conformazione ( §. io£ ) incontrandoli nelle ellremità pofteriori , al- lora il pefo di tutto il corpo portando principal- mente fui garretti, quelli ne fofFrono,e prefto ne fono ruinati, tanto più, che nella ftelfa ftazione ef- fendo già troppo piegati, poco li poffono eftendere nel moto, onde l’andatura è necelfariamente rac- corciata ; i cavalli cosi fatti fabbricano continua- mente , e ad ogni momento li sferrano 108 Se poi le flette gambe pofteriori fono trop- po dritte , e confeguentemente troppo indietro, allora il loro muovimento non può non elfere ri- gido , e impedito, e il trafporto della macchina tardo , e lento. 109 Che fe le colonne anteriori, o pofteriori fono più, o meno inclinate in fuori, o in dentro, nel primo cafo il cavallo appoggierà molto più fui quartier interno, il Tuo palfo farà Tempre vacil- 37 38 lante , e precipitofo , qua lì limile a quello de* ca- valli ambiami ( §. 613): cel fecondo calo, oltrec- chè , come nel.primo, l’andatura è poco ficura , a ogni palio il cavallo li attinge, e lì taglia. Ve- dremo ne’ proprj luoghi le cattive confeguenze , che rifultauo dai pezzi particolari delle ftelle co- lonne mal articolati, e mal diretti. Della tejla in generale. CAP. IV. noILa maflìma (*) differenza della tetta degli „ animali quadrupedi paragonata con quella dell* „ uomo nafce principalmente dall* ecceffiva lun- „ ghezza delle loro mafcelle 3 e maflìme della po* „ fteriore. Comecché però quelle del cavallo fiano „ molto lunghe , la regolarità della fua tetta fo- ,, ftenuta da un bel collo, la fronte appianata, e s, larga, gli occhi vivi, e fituari alquanto dallato con ,, una celta diftanza 1’ uno dall3altro, le narici aperte 33 vicino all3 eftremità del mufello, la bocca porta 3i leggiermente al difotto, licchè il labbro anteric- „ re fporga più in avanti del porteriore , tutte que- „ fte fattezze inficine unite gli danno una cert’ „ aria avvenente, e docile, differentillima da quell" ,, aria d3 imbecillità deil3 alino , o di limpidità del „ bue; anzi il cavallo col portar il capo elevato, 3, e in quefta nobile poftura, riguardando l3 uomo ,3 a faccia a faccia , feinbra voglia metterli al di- 3, fopra delia condizione de" bruti. 3j Non tutt3 i (*) Veggafi hifloire naturtlle generale , 6» partìculicre par monjieur Buffon tom, VII partt 2 pag. 283, Cavalli però hanno ugualmente ben conformata, e regolare la tetta, nè tutti ugualmente bene, e no- bilmente la portano. 111 Dicefi comunemente , che la tetta , perchè fia bella , vuol etter piccola, corta , fecca , ben Jì- tuata , e ben appiccata. Ma niflun può negare, che fe la tetta è troppo piccola , o troppo corta, avu- to riguardo al volume , e alla lunghezza del cor- po, farà ugualmente difettofa, come s’ ella è trop- po grotta, o troppo lunga, e che ridicolo farebbe un pittore , il quale volefle appiccare al collo di un cavallo da carrozza la tetta di un ronzino, o bidetto. 112 Abbiamo già detto, che la lunghezza della tetta debb’ eflere uguale a quella della cervice ( §. 95 ), all1 altezza delle fpalle, e a due quinti della lunghezza, o dell’altezza del corpo ( §. 93 ) 5 fe oltrepafla , o è di meno delle accennate mifure , la tetta è troppo lunga, o troppo corta. 113 Prendendo le dimenttoni delle diverfe re- gioni di effa tetta efaminata per la fua faccia an- teriore , tt troverà, che la fua maggior larghezza non dee oltrepaflare una prima, e nove punti, la qual maggior larghezza corrifponde precifamente all’ arco delle fopraciglia , là dove termina il primo terzo della lunghezza di efla tetta ( Tav. 2 fig. 2 let. aaaa ) , dove finifce la fronte, e comincia il nafo ( §. 19); al luogo, ove finifce il fecondo terzo della ttetta lunghezza, che corrifponde ai primi denti molari, i quali ivi prefentano un’emi- nenza fenfibile (Tav. 2 fig. 2 leté* bbbb ), la lar- ghezza del mufeilo, comprendendovi il nafo , e le guancie, debb’ ettere di una feconda, e venti punti, cioè più della metà di detta maggior lar- 39 ghezza delia teda. Più fotto il mufello del cavallo fi redringe, per nuovamente allargarli al luogo delle narici, e del labbro anteriore . Daremo qui appreffo ( §. 209 ) le dimeniioni delle altre regio- ni della teda efaminata lateralmente , e poderior- mente. 114 La teda troppo groffa può peccare o peli* eccellivo volume delle lue oda , o per 1* abbon* danza delle carni j nell’ uno , e nell’ altro calo ella è troppo pefante, difficilmente il cavallo la tien Torta ( §. n8),ed elevata, quali Tempre pefa, o tira alla mano (*); nell’ultimo diceli tejia graffa, e tali tede Tono ordinariamente Toggette alle fluT- lioni, e ad altre malattie degli occhi. 115 La teda troppa lunga ( §. 112) diceii co- munemente tejia di vecchia, e allora le redini (**) facendo colle guardie (***) un aDgolo molto acu- to , ne riTulterà lo dedo effetto , che Te effe guar- die fodero gagliarde, cioè il morfo farà una trop- po forte imprellione Tulle barre (§. 188). 116 S© poi la teda è troppo corta ( §. 112), 40 (*) Dicefi, che il cavallo pefa , o tira alla mano, quan- do nell’andare in vece di portar la tefla alta, l’abbandona, e l’appoggia fui morfo, fìcchè il cavaliere è forzato colla mano della briglia a fo- fìenerne quafi tutto il pefo. (**) Chiamanfi redini, dai Latini habence, quelle firifcie di cuoio, che il cavaliere tiene in mano, affib- biate per una loro efiremità all’anello del pedi- cino, e per l’alrra infieme cucite fervono a di- rigere , e guidare il cavallo. (***) Diconfi guardie, dai Francefi branches, quelle parti della briglia, fatte di due bafioni di ferro, po- lle fuori della bocca, cui fono attaccate le re- dini , il barbazzale, e il morfo, 41 oltreché effa è difforme , anche ordi- nariamente troppo fpeffa , e pefante ( §. 114), e r angolo formato dalle redini colle guardie effen- do in quello cafo più,o meno ottufo,ne rifulterà 10 fteffo effetto , come fe dette guardie foffero fiacche (*) , quindi il morfo farà poca imprellione fulle barre. Dal che ognun vede , che il difetto provegnente dall’ ecceflìva lunghezza della tefta farà ancor di maggior rilievo , fe nello fteffo tem- po la bocca incontrali molto fenfitiva, come lo farà quello della fua troppa brevità, fe la bocca è dura (**). 117 Quando dicelì , che la tefta debb’ effere fecca ( §. in), non bifogna già intendere , eh’ ella fia interamente fcarnata, perchè allora farebbe come la tefta graffa ( §. 114), ugualmente foggetta ai mali degli occhi, ma folamente eh’ effa dee avere f fuoi vali apparenti. 118 La tefta dicefi ben fituata ( §. no), quan- do ella è fona, incafciata , e ferma, cioè quando 11 cavallo la porta di maniera, che il moccolo , e la fronte trovanfi fulla fteffa linea perpendicolare, nel qual cafo dicefi volgarmente, che il cavallo porta bene la tefia, eh’ egli è bene imbrigliato, o che s’imbriglia bene. 119 Ma fe, in vece di fitqare? e portar la tefta nell’accennata maniera ( §. 118), porge il mu- felio in fuori, fuol dirli, eh’ egli tende il nafo , (*) Le guardie fono dette fiacche, quando fono incur- vate indietro verfo la gola : gagliarde, quando fono incurvate in avanti, fcòftandofi dal cello. (**) Bourgdat élémens de l* art véterin, tom. Il pag, 133, che parta al vento , che va garitero. i 20 All’ oppofto fi dirà , eh’ egli s'incappuccia , o s vnpetta , oppure eh’ egli va incappucciato , o imputato, fe porta la tefta talmente lotto , e in- dietro , che coll’ eftremità delle guardie appoggi contro la gola , o contro il petto. m Sì coll1 una, che coll’altra delle mentovate difefe (*) ( §. 119, 120) cerca il cavallo di libe- rarli dalla foggezione del morfo ; nel primo cafo ( §. 119) con quell’ allungamento della tefta in avanti rendendo quali nullo 1’ angolo, che deono tra loro formare le redini , e le guardie , anzi quefte due parti principali della briglia, trovandoli allora quali paralelle , difficilmente poffono far agire il morfo; nel fecondo cafo ( §. 120) quell’ appoggio delle guardie contro il petto , o contro la gola le rende immobili, e fuori dell’ azione delle redini. 122-In fine la tefta dicefi bene appiccata (§. ni), quando ella è talmente articolata coll’ eftremità fu- periore del collo, che, in vece di farne porzione, Be appare perfettamente feparata, e diftinta. 42 (*) Dìfefe fi chiamano in termine di cavaibrizza tutti gli sforzi, che fa il cavallo per fottrarfl dall’ ubbidienza del cavalcatore. Delle parti dipendenti dalla tefia, e prima delle orecchie. 43 §. I 1 z 3 jLe orecchie vogliono effere piccole , fonili , corte , e ben fiutate, non troppo diftanti T una dall5 altra . Saranno tali, fé lo fpazio , che le fepara ( Tav. 2 fig. 2 let. 00 ), non è maggiore, nè mi- nore di una feconda , e dodici punti, fe mifurate pel loro lato efterno dalla loro bafe alla punta (Tav. 2 fig. 1 let. bbbb ) non hanno più di due feconde , e tre punti di lunghezza, fe fono fituate precifamente al primo terzo della prima fuperiore della tefta non più indietro , nè più in avanti. 124 I cavalli, che hanno le orecchie troppo lunghe, fpefTe , e larghe, appellanfi orecchiuti, dai Francefi oreillards. Se le orecchie fono troppo di- ftanti r una dall5 altra, e come pendenti, diconfi orecchie appannate, orecchie di porco. 125 Nella punta abbiano del garbo, e fiano giocami, dritte, o , come dicono i Francefi , ardi- te , cioè quando F animale è in azione, o attento a qualche rumore, che fente, prefentino, e guar- dici colle punte in avanti (*) , il che deoota, che il cavallo è volonterofo , difpofto, e di buon animo ; eh’ egli è pur vero, che dal moto degli orecchi fi conofce 1* animo , e fi comprende (*) Virgilio Georg, lib.3 chiama quel portar delle orec- chie ardite micare auribus verf. 84, e Plinio au- res micantes, le orecchie ardite. Vedi la nota feguente. 1* intenzione di quello animale (*). 116 Se le piega indietro verfo il collo , maflì- mamente più l’uua, che l’altra, è fogno di mali- zia , che medita qualche difefa, che paventa qual- che oggetto, o che vuol mordere , o tirar calci , tanto più fe a tal fegno lì aggiunge il crollar del capo , e lo sbuffar delle narici. Nell’ animai ma- lato le orecchie fono dimeffe, e fredde, o più del folito calde. 127 Se, quando il cavallo cammina, a ogni paffo innalza, e abballa la tefta , dicelì affai im- propriamente , eh’ egli zoppica delle orecchie. 128 In alcuni paelì lì mozzano le orecchie ai cavalli, come ai cani. La qual operazione dai Francelì è detta brétauder. Se gli lì è mozzata una fola, o amendue le orecchie , il cavallo nominali monoto (* ) \ dagli ftelfi Francelì per corruzione moi- neau ; fe poi gli fono Hate tagliate le due orec- chie , e la coda, lì chiama cortaldo , dai Francelì couneau. 129 Per togliere la difformità, che nafee dall* eccefliva lunghezza delle orecchie, lì è immagi- nato il mezzo di raccorciarle, come dimoftreremo nel trattato delle operazioni, e quando fono ap- 44 (*) Plin. hiftor. natur. lib. XI fe£fc. 50 : In tquis, & omnium iumentorum genere indicia, animi aures prceferunt : fejjìs marcidee , micanies pavidis , fubre- fhz furentibus , refoluuz tzgric. (**) Da due parole Greche, uova folo , e *s orecchia, quafi fi dicefie cavallo con una fola orecchia. L’ ufo però vuole, che di quefia efprefilone ci ferviamo anche per denotare un cavallo, cui fono Hate mozze tutte e due le orecchie. pannate ( §. 124)* e troppo difcofte , di approllì- marle, e raddrizzarle. Si conofce, che le orecchie fono fiate artificialmente raccorciate dalla mancan- za de5 peli, e da certe ineguaglianze , e digitazio- ni, che rimangono lungo tutta la circonferenza dell' auricula ( Ofteol. §. ) , dove fi è ragliata la cartilagine. Si conofce poi , che fi è tentato d5 avvicinarle, dalle cicatrici, e dai punti di futu- ra , che rimangono tra le due orecchie alla fom- mità del capo, dove fi è tagliata, e cucita la pelle. 45 Velia fommità del capo, della nuca , del ciuffo , della fronte , delle conche, e delle tempia ec. §. 2. i3°jBifogna Tempre, quando fi vuol comprare un cavallo , portar la mano alla nuca , al Ancipi- te , e alle orecchie , non Tolamente per vedere , s5 egli fi lafcia facilmente toccare in dette parti , e quindi conghietturare Te è manfueto, e Te farà facile a lafciarfi far le orecchie ( Igieine §. ) ; ma più ancora per aflìcurarci, fe non vi fi fente una certa durezza, o elevazione ; nel qual cafo bifognerà fofpettare dell5 efifienza di un tumore follicokto, la cui fede è al difotto dello fteflo pericranio ( Ofteol. §. ) , e che fi ftende qual- che volta dal principio della fronte fino alla cer- vice. Tale tumore, che è fiato chiamato tefludine, o talpa, perchè fcava , e produce molte finuofità, o cunicoli ; fi manifefta fovente efteriormente per uno, o più foricelli , da cui efce una materia gialla, e fpefia. Egli è di difficiliflima guarigione, rr roffo eflendone quali Tempre tarlato. 131 Altra fpezie di tumor follicolato, ma di meno gravi confeguenze, chiamato volgarmente natta , di figura ovale, rotonda , o nattiforme, nafee nelle accennate parti del capo ( §. 130). Egli è indolente, e ha la Tede nel tedino cellulare j puollì facilmente eftirpare. Altre volte trovanfi alla nuca delle durezze, o callofità indolenti, oppure delle ulcere trafverfali, le quali fono per lo più prodot- te dalla compreffione, o dalla fregagione della te- dierà. 132 II ciuffo fia ben fornito di minuti crini ; naturalmente egli è feparato in due fiocchi, l’uno de’ quali fi ftende fopra i’ occhio deliro , 1’ altro fopra il finiftro ; dal che fi dee conchiudere, che non fidamente ferve di ornamento alla teda del cavallo , ma anche di difefa agli occhi, per alfor- bire parte de’ raggi del fole, e trattenere gl’ infet- ti, e la polvere, facendo 1’ uffizio delle vere fo- praciglia , che, come abbiamo detto (§. 14), man- cano propriamente in quello animale. 133 Si è già indicato qui fopra ( §. 113 ) qual debba edere la maggior larghezza della fronte , e e quindi fi può capire, cofa s’ intenda , quando volgarmente fi dice, che la fronte del cavallo debb’ elfere fpaffofa , e piana. 134 In alcuni cavalli ella è convella , e avan- zata in avanti, la qual convellìtà continuandoli lungo il nafo, fa chiamatela teffa montonina, per- chè rallomiglia a quella degli arieti ; tale confor- mazione s’incontra fovente nella teda de’ cavalli Inglefi , de’ Napolitani, e de’ Barberi. 135 In altri per lo contrario la parte mezzana, e inferiore della fronte, e la radice del nafo fono 46 piatte, e come felli acci ate, nel qual cafo il caval- lo dicefi camufo, 136 Bifogaa Tempre follevare il ciuffo, onde me- glio efaminar tutte le parti della fronte , e afficu- rarci, fe non vi fono cicatrici rimalle dai bottoni intuocati , che i Manilcalchi ivi fogliono applicare pel capoforno ( Fatolog. §. ) r che allora po- tremmo fofpettare effere il cavallo foggetto a que- lla malattia. 137 Le conche non fiano troppo cave, non per- chè , come credei! volgarmente , le conche vuote indichino, che il cavallo è vecchio, o almeno nato dJ uno ttallone vecchio ( imperciocché veggonfi tuttodì cavalli giovani , e nati da llalloni giovani aver le conche profonde , principalmente le fono magri , e per lo contrario fi offervaìio cavalli vec- chi , ma benellanti, e graffi averle ripiene ) , ma perchè quelle due carità troppo vuote rendono la fella difforme. 138 I cozzoni per togliere tale difformità fòffia- no dell’ aria per un picciolo fornello fatto agl’ in- tegumenti di effe conche (*), facendo in quella 47 (*) Non faprei dire , fé i mercanti de’ cavalli abbiano tratto l’idea di così gonfiare le conche da un mendico, che nell’anno 1593 fi fece vedere a Parigi, oppure fe il mendico l’abbia imparato dagli fteflì mercanti . Coftui avea fatto un pic- colo foricelio alla Tommità de! capo di un fuo bambino tra gl’ integumenti, e i mufcoli, poi con un tubo vi foffiava tutt’ i giorni un poco d’aria, ficchè fra pochi mefi potè far gonfiare moftruofamente il capo tutto ; correva poi di città in città per tutta la Francia a far vedere cj-tiel bambino come una cofa proiigiofa , e quindi rraeva guadagno. Scoperto l’inganno fu filerà tendere, e follevare la pelle, col produrre un* enfisema ( Patolog. §. ) artifiziale ; ma , ol- treché i loro tentativi hanno un.effetto di pochif- fima durata, perchè Y aria in poco tempo fpan- dendofi nelle profiUme cellule, nuovamente s’ ab- baffa la pelle , egli è facile il diftinguere l’ele- vazione delle conche, quando fono ftate folliate, prima perchè non prefentano una conveffità uguale dappertutto , poi perche toccandole , e comprimen- dole colle dita fi fente una certa refiftenza elami- ca , fiatile a quella d’ una vefcica piena d’ aria , e fi ode un certo crepito, come quando fi maneggia una pergamena. 139 La pienezza naturale delle conche ne’ ca- valli vegeti dipende da una mafia di pinguedine foda, involta da una fottilillima membrana, e fparfa di molte vene, e arterie fanguigne. Carlo Ruini (*) la chiama il latte dell5 occhio : ferve come di un morbido guanciale al mufcolo crotafite ( Miol. ), e per la fua untuofità a facilitarne i movimenti : lo fteffò ufo fembra avere riguardo al globo dell’ condannato a morte . Pareo appreso Sauvages racconta di un altro mendico, che‘collo fieflò mezzo , e per lo fteflo fine erafi procacciato un’ artifiziale pneumatocele. Il lodato Sauvages ( Nofolog. method. tom. II pag. 468 ) ci rapporta la ftoria di due macellai, i quali fatta una leg- gier ineifione all’ inguine di un foldato, per quella foffiato aria, il fecero gonfiare enorme- mente per tutto il corpo. Nel cap. X di quello trattato §. 572, e 573 vedremo come i mer- canti de’ buoi gonfiano nella flefla maniera que- lli animali per farli parer graffi, o buonamente credendo di veramente così ingranarli. (*) Anatomia del cavallo lib, I cap. XXI. occhio > da cui è feparata dal folo periorbita ( Ofteol. 140 Quindi fi può capire quanto ridicolo fia il metodo di digradar, come dicono , l’ occhio per £alto\ la qual operazione fiata imaginata per gua- rir la luna , confifte nell’ effrazione di detta pin- guedine ( §. 1i nè veggo poterfene allettare altro effetto, che o il brutto fpettacolo di render per Tempre le conche profonde, e vuote, o di produrvi infiammazioni, e afcefli ; la materia de’ quali non potendo avere un libero fcolo, divenuta acre pel foggiorno , corroda il periorbita, penetri nell’orbita, e col tempo confumi lo fteffo globo. E in ciò da lodarli il S’oleyfel, il quale non cono- fcendo gl* indicati pericoli, conviene almeno dell* inutilità di praticarla (*). 141 Alle tempia fi aprono in alcune malattie le arterie temporali ( §. 12), la qual operazione di- cefi arteriotomia. 142 Detto fi è difopra ( §. 14), che i peli fol- ti , ed embricciati, che formano nell’ uomo le fo- pracciglia, mancano nel cavallo. I peli di quella parte fono fionilillìmi a quelli del rimanente del corpo sì pel colore , che per la loro lunghezza , e difpofizione ; nè deonfi per avventura prendere per le fopracciglia quei peli luoghi, e rigidi, quin- ci e quindi fparfi attorno gli occhi, non diffe- renti da quelli, che fi vedono alle labbra , e che formano la barba del cavallo ; manca medefima- 49 (*) Parfait Marechal part. premiere chap. 34. Je n’ ai pas trouvé , que celle opération fa-JJ'e un bon ejfet pour les yeux, mente in quello animale il mufcolo fopraccigliare, o corrugatore delle fopracciglia, nè ivi fi trova maggior quantità di graffo, o la cute vi fa un tu- moretto arcato come nell’ uomo : le gocciole del fudore, che venendo dalla fronte potrebbero ca- lare , e diftillar fugli occhi, fono fviate dall’ arco fopraccigliare deir orbita ( Odeol. §. ), e dalla convellità delie conche, oppur ricevute nella pro- fondità di quelle , che fono cave ; abbiam veduto ( §. 151) come il ciuffo faccia 1’ uffizio delle vere fopracciglia riguardo ai raggi del fole , alla polve- re , e agl’infetti. Quantunque però i peli, che nel cavallo fi offervano a detto arco , fiano Umili a quelli del redo del corpo, perchè nell’ età avan- zata divengono bianchi., fi annovera la canizie di que’peli tra uno de’fegni meno equivoci della fua vecchiezza 5 che però i cozzoni fogliono 0 fvellere que’ peli bianchi, o tingerli fecondo il mantello dell’ animale (*), per farlo parer più giovane. 50 Degli occhi. §. 3. t43 Siano gli occhi neri, grojjl, chiari, e v/v/', lo fguardo ne ila fiero , e rifoluto , riguardino fiffo ogni cofa , che loro fi apprefecta ; fiano pofti al piano della teda, non troppo fporti in fuora , nè troppo affollati. La didanza da un grand' angolo all’altro ( §. 145 ) debb’effere di due feconde , e dieci punti ( Tav. 1 fig. 1 let. rr ). 144 Gli occhi molto piccoli fi dicono occhi (*) II medclimo part, II chap. VI. di porco j fé fono trilli, coperti, e Iagrimanti, de- notano fovente, che il cavallo è ammalato : deb- bono pur anche efiere uguali in volume ; fe l’uno è più piccolo dell’ altro, ciò può dipendere da un vizio di conformazione, nel qual cafo la villa farà forfè cosi buona, come fe gli occhi follerò perfet- tamente proporzionati ; ma fe quella picciolezza nafce da qualche malattia accidentale, come da gonfiezza delle palpebre, da tumori nati nell’ or- bita ( Qfteol. §. }, i quali comprimendo il glo- bo , lo fpingano in fuori, dalla follone della pin- guedine, che attornia elio globo, dalla fvaporazio- ne dell’ umor acquofo contenuto nelle due camere dell’ occhio, da qualche Aulitone ec., allora bifo- gna efiere molto circofpetti nel comprar il caval- lo , e prima proccurare di fcoprire la vera cagione di tale accidente, onde poter prevedere, e giudi- care delle future confeguenze, 145 Le palpebre cosi chiamate apalpitando, per- chè quali Tempre fi muovono, fono, come già fi è detto ( §. 16 ), due per occhio, una fupsriore più grande , e molto più mobile , 1* altra inferiore dotata di poco , o nifiun movimento, e si picciola paragonata alla fuperiore ? che da alcuni autori (a) n1 è fiata negata 1’ efiftenza nel cavallo. I luo- ghi , dove le palpebre fi unifeono all’ uno , e all* altro lato dell’occhio, diconfi gli angoli dell’occhio, uno interno, e inferiore più grande volto verfo il nafo, T altro efterno fuperiore più piccolo volto verfo le tempia. 146 I nepitelli fono guarniti come fi è detto ( §. 17 ) delle ciglia. I peli, che compongono le ciglia 51 (.i) Fra gli altri da Eliano lib, 4 cap. 49 hifior. animai. della palpebra fuperiore fono lunghi, rigidi, a du* plicato e triplicato ordine, volti colle loro punte in alto : quei della palpebra inferiore fono molto più corti, più fottili, e più rari ; ma non è vero, come hanno molti pretefo {a), che manchino afi. fatto in quella palpebra. 147 Le palpebre ( §, 145) fi muovano libera-, mente: non fiano nè gonfie, nè infiammate. Sono foggette ai flemmoni, agli edemi, agli enfifemi : quando 1’ una all* altra fi approfljtnano j coprano efattamente il globo. Divengono qualche volta pa- ralitiche per P inerzia del loro mufcolo orbicolare ( Miolog. ) allora l’inferiore fi rovefcia in giù , la fuperiore rubane pendente , e immobile , Non vi fi fcorga alcuna maniera di tumori, come verruche ( §. 581), erpeti ( §. 577), orzaiuoli ( Pa- tolog. §. ), grandini (ivi §, ). Si è vedu- to , benché di rado , il cavallo nafcere colle due palpebre infieme unite, il qual vizio dicefi anchilo- blefaron : altre volte quella unione contro natura fi è fatta in feguito ad efcoriazioni, e ulcerette accadute a’ nepitelli, 148 Offervifi fe i punti lagrimali ( Sarcolog. §. ) fono aperti, e tra 1* altre cofe fi faccia attenzione alla direzione delle ciglia ( §. 146), Nello flato naturale quelli peli debbono effere volti orizzontalmente in fuori, e po’ poco incurvati in fu, Se fono diretti verfo il globo, o fe ven’ ha al di- fot to de* naturali un’ altro, ordine ftraordinario, ir- 52 (a) Polluce lib. 2 Cap. 4 hippiatr. Ruini anat. del Cavai- lo lih. i cap. 20. Bourgelat élémens d1 hippiatr. tom. i pag. 37 ; élémens de l’ art véiérin. tom, // pag. l8. Stando colle loro punte la cornea lucida (§. 151), e la palpebra inferiore, ne nafeono infiammazioni, ed epifore difficili a guarirfi (a). 140 L’infiammazione degli occhi* dicefi ottal- rnìa ; lo feoio involontario, e abbondante delle la- grime, nominali lacrimatone , o epifora* Egli è ra- ro, che quefte due malattie vadano difgiunte dalla fluflìon periodica , detta Volgarmente la luna (b), a cui molti cavalli fono foggetti. Per ben conofce- re quefta grave malattia, la quale tofto o tardi è fempre feguita dalla cecità * bifogna diftinguere due tempi, quello , in cui vi è effettivamente la flufiìone , e quello, in cui la Aulitone è paflata. Imperciocché fi dee prima notare,che la luna dura quattro , cinque, o fei giorni , poi o fpontanea- mente , o coll’ aiuto di qualche rimedio ceffa per tre , o quattro fettimane , per un mefe e mezzo , o anche per due meli, poi ritorna, e fi fa vede- re per altri fei, od otto giorni, e quindi nuova- mente ceffa* e così feguita interpolatamente fopra 53 (a) Quefta malattia degli occhi dipendente dalla catti- va direzione delle ciglia , o da ciglia crefciute fuor di natura, dicefi trìchiafi. Veget. lib. 2 cap. 15: quadcumque iutnentum in oculis trichiajin pati- tur, idefl y ut pili alieni palpebrata urentes lacry • mas moveant, vifumque conturbent, hac ratione cu- ratur. (£) Quefìa riuffione periodica degli occhi del cavallo è fiata chiamata la luna , o flujjion lunatica , per- chè fi crede volgarmente , eh’ ella venga al cre- feer della luna , e iìnifea nel declinar di quella, feguendone regolarmente le fafi. Già al tempo di Plinio quefta opinione fembrà, che folle in voga, mentr’egli dice lib. XI fe&. 55: Veterina tan- tum queedam ad crementa luna morbos fentiunt. un lolo , o fopra amendue gli occhi fino alla perdita totale della villa. I cavalli , che patifcono la luna, fono volgarmente chiamati lunatici. 150 Si conofce , quando vi è la flullìone, per uno fedo abbondante di lagrime, per la gonfiezza delle due palpebre , e principalmente della inferiore , per 1! infiammazione, e inzuppamento della con- giuntiva , la cornea, e F umor acquofo fono torbi- di, ec. Pallata la Aulitone, lo fcolo delle lagrime celia , F infiammazione fparifee , P umor acquofo , e la cornea non fono più tanto torbidi, ma roc- chio non è mai così netto , e chiaro, come fe folfe fano , le palpebre rimangono fempre più, o meno gonfie , e inzuppate onde Y occhio rimane coperto, e fembra più piccolo dell’altro, la palpe- bra inferiore qualche volta felfa , o almeno efeoria- ta dall’ acrimonia delle lagrime, la cornea di un color giallognolo limile al color di foglia morta , il cavallo è ombrofo, ha la villa incerta, nè vuol lafctarfi toccare ec. La luna è una delle malattie, per cui il compratore ha tempo nel nolìro paefe a far riprendere il cavallo al venditore fino ai qua- ranta giorni dopo il contratto (§• 63 7)- 151 La cornea lucida fia trafparente, e chiara, e lafci travedere le parti interne del globo , che fono la pupilla , i funghi (§.155»), Y umor cri- ftallino. Nafcono fopra quella membrana delle mac- chie bianche chiamate albuggini, o maglie, e dell* eferefeenze carnofe, nominate unghielle. 152 Non bifogna però prendere per una efere- feenza contro natura, e per una vera unghiella ( §. 151) la membrana deterforia , che è un corpo cartilaginofo, e ghiandolofo, involto in una piega femilunare della congiuntiva, fituata all’ angolo 54 55 interno deli’ occhio. Quefta membrana fi trova fo- lamente nei quadrupedi, e negli uccelli, e da molti Manifcalchi fi Tuoi eftirpare , per guarir la luna ( §§. 149, 150). Qualunque fi fia il calò, che il ooleyfel (a) fa di quefta operazione, eh" egli chiama digradar /’ occhio per bajjo (§. Z4.0), e non oftante il lungo ragionamento , che. vi annette per dimoftrarne i buoni effetti , bifogna pur confeffa- re , che anch’ effa , come quella di digraffar 1’ oc- chio per l’alto ( §. 140), non è fiata introdotta, continuata, e accreditata fino a’ noftri di, che per la fomma ignoranza dell’ Anatomia , Filiologia , e Patologia. 153 All’angolo interno dell’occhio nafee qual- che volta un piccolo tumoretto , che per lo pili fuppura , chiamato anchilopc , dal quale aperto , e ulcerato nafee V egilope, e da quello qualche volta la fijtola lagrimale , malattia molto più rara ne’ ca- valli , che negli uomini. 154 L’occhio talvolta, anche fuori del cafo della luna, divien torbido, e ofeuro; la qual tor- bidezza può aver fua fede o nella fteffa cornea , o nell’ umor acquofo. Per afiìcurarci in quale di dette due parti fia il male , è d’ uopo efaminar Tocchio per dallato: fe i raggi lumino!! traverfano dappertutto la cornea , il vizio è nell’umor acquo- fo, al contrario fi conchiuderà, che la fede del male è in effa cornea , fe detti raggi trovano un oftacolo al loro paffaggio in tutta, o fidamente in qualche parte di quefta membrana. L’umore acquo- fo fi fa torbido o per colpi ricevuti full’occhio, o per fluffìoni,o nella circoftanza di malattie acute, («) Parfait Martellai pari, premitre chap, XXXIV^ ' o nel tempo della dentizione ( C 258 ). Qualche voltà nella camera anteriore li formano afceffi , o effu- lioni di fangue, o idrofilie , o veli membranoli , che opponendoli alliberò paleggio della luce, pro- ducono cecità. 155 Addiviene non di rado, che 1’ occhio è bello , chiaro , -e netto in apparenza, eppure v* è perfetta cecità. Quella malattia, che dicefi amau- rojì, o gotta ferina , dipende dalla paralilia della retina, o del nervo ottico , e lì conofce elalf im- mobilità della pupilla , la quale , dovendoli dilata- re ne’luoghi ofcuri, e reltringerli ne’luoghi chia- ri, quando la villa è buona, e inratta, ora confer- va tempre lo llato medelimo, fia che V animale li conduca al buio, o al chiaro. Per meglio conlide- rare i movimenti di dilatazione, e di rellringi- mento di elfa pupilla, bifogna menare adagio ada- gio il cavallo dal buio a un luogo più chiaro, e fe l’occhio è fano, li vedrà, che la pupilla va re* llringendoli a mifura, che 1’ animale li accolla alla luce ; da quella poi li riconduca infenfibilmente allo fcuro , e li vedrà, la pupilla gradatamente dilatar- li, fe l’occhio è buono. Coloro, che fenza offer- vare gli accennati movimenti della pupilla, purché li vedano ben rapprefentati nel fondo di un occhio bello, e chiaro, lubito il giudicano buono , polfo- no rimaner grandemente ingannati. 156 Lo Hello li dica delle altre olfervazioni, e prove grollblane, che fannoli comunemente per giudicar della bontà degli occhi , quali fono di offervar 1’andatura del cavallo, conchiudendo, s’el- la è incerta, vacillante , e dubbiofa , eh’ egli è cieco; ma i cavalli, che ombrano (§.638), fo- vente con buona villa hanno quell' andatura , co- 56 J / me ve fono dei ciechi* che vanno rifoltìtì; di o£ fervar il movimento delle orecchie, dicendo, che il cavallo cieco le drizza, e le volge attento, e dubbiofo da una partei e dall'altra, quando fen* te entrar gente nella Italia * Il paffar poi una mano, o un dito davanti all’occhio, o il prefen- targli la mano ferrata , come fe voleffimo dargli un pugno, per conchiudere fe ammicano, e chiu- donfi le palpebre, che gli occhi fono buoni, che r animale è cieco, fe reftano immobili, fono efpe- riménti non meno fallaci, dacché la fola fcoffa dell’ aria può produrre que’ movimenti nelle palpe- bre (a). i 157 Lafciate dunque da banda tutte le annove- rate prove ( §. 156), ogniqualvolta fi vogliono efaminar gli occhi d’ un cavallo, convien fituarlo in un luogo , dove i raggi luminofi non fiano nè troppo forti, e abbondanti, nè in troppo poca quantità j fi metta al difopra degli fteffi, occhi o 57 (a) L’ autore anonimo del libro intitolato ejfal fur les haras , ftampato in Torino l’anno 1769 al cap. 3 della cognizione efterioì-e del cavallo, dice di aver veduto fenlali , i quali fingendo uni’ altro , nel momento, che il compratore accollava agli occhi del cavallo cieco o la mano , o una pa- glia , il pungevano colla punta di un chiodo o fui garrefe, o fulla fchiena ; alla qual puntura 1’ animale rifentendofi, alzando , e fcuotendo la reità , facea credere a quella buona gente, che ciò procedette dall’oggetto prefentato all’occhio. Detto anonimo è il Signor Conte di Brezè , come il confetta egli lìelTo nell’ altra fua opera intitolata : obfervcuions hijloriques, £ critiques fur les commentaires de Folardt 58 un velo, ola mano per arrecar que’raggi, che ca- dendo perpendicolarmente , potrebbero cagionar confufione, e offufcamento. In fimil cafo fi Tuoi mettere il cavallo alla porta di una Italia colla te- tta volta in fuori. Si olìervi però, che dirimpetto a detta porta non fianvi corpi bianchi, rotti, o di altro color vivo , i quali dipingendoli nel fondo dell’ occhio, impedirebbero di efaminar diftinta- mente tutte le fue parti interne. Perciò i cozzoni Cogliono fare sbianchire il muro , che è dirimpetto alla porta delle loro Italie. 158 Quantunque la pupilla abbia i fuoi movi- menti di dilatazione, e reftringimento ( §. 155 )* può contuttociò rimaner fempre o troppo dilata- ta ( malattia, che dicefi midriafì, e da Vegezio (a) platicoriajìs ) , o troppo riftretta , morbo detto dallo fteffo autore (b) Jlenocoriafis: sì nell’uno, che nell’ altro cafo deefi abbandonar la compra del cavallo., perchè pretto ne feguirà la gotta ferena (§• *55 )• 159 Dalla parte fuperiore della circonferenza della pupilla, e fovente anche dalla inferiore pen- dono nel cavallo alcuni fiocchi membranofi, di un color nero , detti perciò dal Soleyfel (c) grani di fileggine, ( grains de Tuie ) i da altri funghi (d) . Bifogna guardarli di confondere quelli funghi coi veli membranofi, che qualche volta nafcono contro natura nella camera anteriore, o prenderli per una (4) Art. %>curiti, lib. 2 cap. 16. ìb) Loco citato. (c) Parfaìt Marcchal. part. 2 chap. VII. {d) Bourgelat ilémens d'hippiatr. torti, i pag. 44. Elimcns de l* art vite riti, torti, 2 pag, 24, 25. malattia comune ai cavalli, come hanno fatto Lo- vero, Linneo , e lo Hello Sauvages (a). 160 Al di là della pupilla trovali quali imme- diatamente il crijlallmo. Quello nello flato naturale elfendo diafano, non prefenta alcun colore parti- colare. Se quello umore , o la capfula, ov’ è rin- chiufo , s’ispilTifcono , e divengono opachi, nafee la malattia , dai Cerulìci chiamata cateratta , dai Maaifcalchi dragone. Comincia per 1’ ordinario da un piccolo punto bianco, che li olferva nel cen- tro di elfo crillallino, il qual punto a poco a po- co fi allarga, per guadagnare in fine tutta T ellen- fione del crillallino, e allora elfendo più largo deila pupilla, dietro cui direttamente lì trova , T animai è cieco. La cateratta formata prefenta ora un corpo bianco ondato con punti neri quinci e quindi fparlì, ora ella è di un color gialliccio, ora ofeuro, ora verdallro ec.: può accadere a un folo, o ad amendue gii occhi. 59 (a) Quell* ultimo ( Nofolog. tom. t pag. mihi 730 ) chia- ma quella pretefa infermità de’cavalli hyperau- xefis iridi s. Delle guancie , del nafo , e delle narici. §• 4* JM3tC3ltre i legni qui fopra rapportati ( §§. 149* 150) indicanti, che il cavallo è foggetto alla fluf- lìone lunatica, fi efamini anche alle gote, fe non vi è qualche cicatrice rimafta o daireffere fiato efio cavallo [nervato, come fogliono fare i Manifcalchi, pretendendo di così guarire quella malattia, o dall' aver otturata la vena angolare . Se 1’ animale è fiato fnervato , in quella inutile , e fciocca opera- zione tagliandofi il tendine del mufcolo elevator proprio del labbro anteriore ( Miolog. §. ), il iuo corpo carnofo reftato libero fentefi fcorrere fiotto le dita. Le vene angolari dell’ occhio cammi- nano lungo le guancie vicino alle parti laterali del nafo verfo T angolo interno ; da effe in certe of- talmie ribelli ( §. 149) fogliono alcuni trar fangue, onde proccurare una falutare derivazione (a). (a) Vegeto lib. 2 cap. 12 già dà a dette vene il pro- prio nome di angolari, nè veggo, perchè alcuni fulla femplice fede di un MS. del Sambuco vo- gliano correggere quel paflò : auferatur ei fan- guis de angularibus venti , con fofìituire iugula• ribus. Mentre fi fa, che Vegezio chiama le ve- ne maefire del collo non giogolari, ma matri- cali. Nel cap. XXV del primo libro efattifiìma- mente ci defcrive il fìto delle vene angolari, e il luogo, dove fi deono aprire : inferiores vena fub oculis pofiltz , qua defcendunt fub angulis ocu- lorum inferioribus , quatuor digitis inferius, quam oculi funi, inciduntur. Nel lib. 4 cap. 4 le chia- ma anche fubocularts, 61 lói II nafo fia fcarnato, e ftringato il mufello, diminuendo Tempre piti di fpeffezza nel difendere, come Te il cavallo ( per fervirmi dell’ efpreflìon volgare ) avelie da bere in un bicchiere . Il nafo montonino (§. 134) c ancor più viftofo, che il cet? mufo ( §. 135 ),' 163 La parte mezzana della lunghezza del nafo è il luogo , dove dee portar la muferuola (a). Se quella lì lafciaffe difcender più baffo, ftringendo le narici, impedirebbe la refpirazione. Ivi pure lì ap- plicano le diverfe fpezie di cavezzoni, dai quali foglionvifi produrre lacerazioni, acciaccamene, e piaghe, qualche volta feguiti dalla carie delle fot- topolte offa. In molti cavalli le fteffe offa vedonli fchiacciate , e depreffe , per la forte, e ripetuta compreffìone di quell’ arnefe Tulle offa ancor tenere. 164 Le narici vogliono effere bene aperte, e grandi : imperciocché effendo effe i principali meati del fiato , più Tono ampie , più la refpirazione è facile. I cavalli , che hanno le narici piccole , e riftrette, oltreché Tono ordinariamente di poca le- na , quanto poco fiano in azione, efpirapdo man- dano fuori T aria con un incomodo rumore, e fter- tore, 165 Quindi è, che molte nazioni, come i Te*- defchi, gli Spagnuoli, i Sardi Togliono fenderle na- rici ai loro cavalli, facendo un’ incifione alla lor parte fuperiore verfo l’ala efterna, la qual opera- zione e facilita la refpirazione ( §, 164), e toglie (a) Nominali muferuola quella ftrifcia di cuoio , che fa parte della guarnitura della briglia , e ftringe circolarmente il mufello del cavallo, pattando fopra il ponamorfo, e la fguancia. quell’ Incomodo rumore, e gl’ impedlfce di anni- trire , perchè il nitrito dipendendo in parte dalla collifione, che foffre 1* aria nel tempo di forte efpirazione contro le pareti interne delle diverfe cavità nafali, le narici efterne effondo ampie, e di- latare, T aria trovando più libera l’ufcita, meno percuoterà contro le dette pareti, e ne farà cacciata lenza ftrepito. Ma non bifogna credere, che quella dilatazione delle narici poffa giovare, come molti penfano , ai cavalli bolli; bensì quando fi compra un cavallo, che abbia le narici feffe, dobbiamo efaminarne com maggior attenzione i fianchi ( §, 348 ). 166 S’ egli ha febbre, o è affetto da malattie acute del petto, come da pleuritide, o peripneu- monia ( Patolog. §• ), la refpirazione effendo frequente, e laboriofa, le narici fono eftremamen- te dilatate, e fortemente foffiano ; lo fteffo acca- de dopo lunghe, e violenti corfe, Lo sbuffare del cavallo, che fi fa per una fubita, violenta, e fonora efpirazione, e che corrifponde allo fternuto negli uomini , ha anche luogo per le narici. 167 Per poco che, prendendone colle dita le ali efterne, fi dilatino le narici, fi vedrà la mem- brana pituitaria, che è naturalmente di un color rofib smorto. Quando ella è infiammata, come nella corizza, o reuma ( §, 172), acquifta un co- lor di fcarJatto viviffimo, e infuocato, e vedoovdì i vafi turgidi, e pieni di fangue. In certe malattie diviene di un color pallido, morto, e biancaftro, qualche volta anche gialliccio, o livido. 168 Dilatando in quel modo le narici (§. 167), fi fcopre anche 1’ apertura inferiore del canal na- fale, la quale fi trova ordinariamente alla faccia interna dell* ala eilerna di dette narici due o tre linee prima del principio delia membrana pitui- taria . In quello foro li può facilmente introdurre una tenta, e farvi iniezioni ; la materia delle quali vedeli ufcire dai punti lagrimali («). Da quella 63 (a) Vegezio già conofceva 1’ apertura fuddetta del ca- nal nafale , e la fua comunicazione cogli occhi, raccomandando perfino di farvi iniezioni in cer- te malattie degli occhi : aliqui auttores dixerunt, fi dexter oculus fujfufionem fujceperit , vel album incutrerit , dexterarn partem naris , fi finifler fini- firam diligenter infpiciet: in ipfa callofìtate narium foramina fubiilijfima inveniec, quibus tenuis infe- renda ejl fiflula , per quam ille , qui curare debet, o,s plenum vino injuff.ec, ut merum per foramen il- lud penetret : quo fatto , oculus incipiet lacrymare. Velocius auiem proficiet, quia per interiores venas meri virtus ad oculum penetrat. Quefto pafiò è da molti citato per dimoftrare, che già dagli anti- chi tempi fi conofcevano le firade lagrimali. Veggafi fra gli altri Platnero Differì, de fiflula lacrymali. §. Vili. Il celebre Alierò nella fua fi- fioiogia grande toni. V pag. 336 , dopo aver fatta la defcrizione del canal nafale, dice, che gli an- tichi non hanno avuta, che un? ofcura idea di quefio canale: vcteres hancviam obiter notam ha- buerunt: aggiungendo , che Fallopia è fiato il pri- mo a defcriverlo, ma brevemente . Nel tomo fteffo pag. 330, e 332, parlando dei punti, e dei condotti lagrimali, pretende, che quefti fo- ri , e condotti fofiero già ben conofciuti dagli antichi, e particolarmente da Vegezio, e in prova ne porta il tefto predetto del lib. 2 cap, XXI, ma efpreflò come fegue : foramina fubti- liflima , per quce tamen chirurgi per tenuem fiflulam inflabanc. Ognun vede , che quello teflo è inte- ramente alterato quanto alle parole . Ma ciò , che pid importa di oflervare, fi è, che quei fteffa apertura vedonfi calar le lagrime in abbon* danza , quando 1’ animai c agitato , o quando le Tue narici fono molto aperte, e dilatate per feb- 64 foramina fubtilijjima di Vegezio non poffono in verùn conto intenderfi pei punti lagrimali, ma fibbene per 1’apertura inferiore del canal nafale, dicendo lo fteflo Vegezio in ipfa callo(itate na- ri;im foramina fubtilijfima. inveniet, dappoiché i punti lagrimali e nell’uomo, e nel cavallo non alle narici , ma alle palpebre fi trovano. Quindi chiaro fi vede, che Vegezio (non parlando ora degli altri antichi ) avea un’ affai efatta nozione del canal nafale, e che per lo contrario pochif- fimo conofceva i condotti, e i punti lagrimali: il che fi dee anche dedurre e dalle malattie, che pretende guarire per mezzo delle iniezioni nel canal nafale, e da quelle parole : Velocius autem proficiet, quia per interiores venas meri vir- tus ad oculum penetrat. Nell’ ippiatria di Ruellio havvi un paffo attribuito a Eumelo Tebano , autore antico, ancorché non fe ne fappia la pre- cifa età, il qual paffo, meglio che l’addotto di Vegezio fembra provare, che fin d’allora fi conofceffero non folamente il canal nafale, ma anche le altre flrade lagrimali. Oculus, dice egli,/? e i denti, come pure della loro varia configurazione ne’ diverfi individui 3 è dun- que indifpenfabilillìmo a ogni Cavallerizzo 3 onde proporzionare , e adattare la figura , groffezza , e coftruzione de’ morii alle diverfe bocche ; nè meno è richiefto al Manifcalco, per poter meto- dicamente curare le diverfe infermità, cui quelle parti della bocca fono fottopofte. 180 Se ne confiderei primieramente la fenditu- ra, \a. quale mifurata da un angolo all5 altro ( Tav. a fig. i let. a ) non dee avere più di una fecon- da , e Tedici punti di larghezza. Se la bocca è troppo grande , o , come dicono s Sluarc^ata » lì potrà con molta difficoltà affentar al fuo luogo il niorfo, che o non trabocchi, o, ciò che più facil- 70 (a) Hi/l aìre naturelle torri. VII 'part. 2 pag. 267. A quello propofito dice affai bene Orazio Fiacco : equi frenato e/l auris in ore. Epi/lol. lib. 1 epi/l. XV verf. 13. (£) Il morfo, il freno, o 1’ imboccatura è quella parte del ferro della briglia, che fi mette in bocca al cavallo, e che fa effetto fulle barre. mente addiviene, non vada troppo insù contro le commiffure delle labbra , che sforza , e fa corru- gare , il che fi efprime dicendo, che il cavallo in- gorga , inghiottifce , o bee il morfo. 1/ imboccatura, e il barbazzale trovanfi allora fuor di fito,e l’ap- poggio è interamente falfificato. r 81 Che fe la bocca è troppo ftretta, o, come dicono, coniglina, 1* imboccatura non appoggia mai fui luogo precifo delle barre ( §. i8S), ma contro gli fcaglioni (§.217), il barbazzale difcen- de troppo baffo, le labbrate quali in quelle forte di bocche fono ordinariamente dure, e fpeffe, re- ftano armate ( §. 182), l’appoggio duro, e falfo, 1* imboccatura per lo più trabocca. 182 Se il labbro pofteriore è troppo fpeffo, e duro , folleva , e fopporta effo folo l’imboccatura , opponendoli in tal guifa al di lei appoggio fulle barre ; fe poi detto labbro è molle, pendente , e largo, facilmente rella prefo tra effa imboccatura, e produce lo fteffò effetto, come fe foffe troppo fpeffo , e duro, cioè ammortifce 1’ appoggio dell’ imboccatura fulle barre, e il cavallo imbrigliato reft'a colla bocca larga, e dura. Dicefi allora, eh’ egli s arma delle labbra , o fa giumacciuoli. Le labbra dunque , perchè fiano belle, debbono effere fottili, e fituate in maniera, che quando 1* animai è imbrigliato , nafeondano affatto il morfo. 183 Alle labbra fi diftribuifeono moltiffiini nervi provegnenti dal quinto paio ( Neurolog. §. ) , fono perciò dotate d’ un’ eftrema fenfibilità. Quindi è, che per far reftar queti i cavalli , i quali nel ferrargli, o nel medicargli fcalcheggiano, o im- pazzano , loro fi ftringe il labbro anteriore, o il mento colle morfe, volgarmente dette morraglie, 71 o col torcinafo ( Trattato delle operazioni §. )» 184 Lé labbra pofiono effere Hate offefe da morii duri, e mal limati. Gonfiano fpeffe volte per abbondanza d’ umori principalmente alla faccia in- terna delle loro commeffure , formando ivi un tu- mor molle, bavofo, in forma di vefcica, che ap- porta dolore al cavallo, gli toglie il mangiare, fa- cendogli anche cadere il cibo di bocca. Quella gonfiezza diedi jtoncella (a), ed è per avventura la fteffa , che Carlo Ruini (b) appella i bottoli. 185 Non di rado le labbra, e loprattutto il po- fteriore divengono paralitiche, pendenti, e immo- bili , ficchè quando il cavallo vuol mangiare, tira il fieno dalla rajlrelliera (Igieine ) coi foli den- ti. Quando quella paralifia , o rilaffamento accade in un cavallo gravemente inalato, fuol effere pef- fimo fegno. 186 I lembi alveolari dell5 una, e dell’altra ma- fcella ( Olleol. §. ) fono tappezzati di una mem- brana molto fenfitiva, pallido-roflìccia , alquanto fpeffa, e compatta, che è una continuazione della pelle delle labbra. Quella membrana nominali le gengive, cinge il collare di ciafcun dente, (Olleol. §. ), loro è ftrettamente unita, e ferve ad af- ne’ loro alveoli. 187 Le gengive foglioso gonfiare, infiammarfi, e dolere ai puledri, quando mettono, e cangiano i demi ( §. ziS , a 116 ), il qual morbo è detto (a) Hippiatria, fivt Marefcalìa Laurentii Rnfii cap. LXVJI pag. 69 . Quello libro divenuto molto raro è Rampato in Parigi nel 1531 in foglio. (£) Delle infermità de' cavalli lib, 2 c. LVI1I. da Vegezio (a) puttana. Qualche volta medefima- mente fi apoftemano , e porgono tanto dolore all* animale, che impedifcono la mafticazione. Gli apo- ftemi delle gengive fono chiamati con proprio no- me parulidi ; epulidi poi fi dicono le piccole efcre- fcenze camole, che pur qualche volta vi fogliono nafcere. 188 La porzione del lembo alveolare della ma- fcella pofferiore, che fprovvifta interamente di den- ti incontrali dagli fcaglioni fino ai denti molari, forma propriamente le barre ( Ofteol. §. ) • L’ appoggio dell5 imboccatura dee precifamente effe- re fulla parte po’ poco ottufa di dettte barre preffo gli fteflì fcaglioni fenza però toccarli; fe fi affen- taffe fulla loro parte fuperiore, dove 1* offo è ta- gliente , le gengive compreffe tra l’imboccatura, e r offo ne farebbero fubito offefe , lacerate , e ammaccate ; e 1* offo fteffo col tempo Icoperto , e tarlato; il dolore inducendo allora T animale a tor- cere continuamente la bocca all’ uno , e all* altro lato , a tenerla aperta per far traboccar 1* imboc- catura , dicefi eh* egli gangheggia , fa le forbici, o batte alla mano. Bifogna però offervare di non far portar detta imboccatura si in fuori fu quella par- te rotondata, che ne poffa fdrucciolare , cangiar fito, e confeguentemente falfificarfi 1’ appoggio. 189 Le fteffe barre ( §. 188 ) non deono effere nè troppo alte , nè troppo baffe. Nel primo cafo fono troppo delicate, e fenfibili, non fidamente 73 (a) Art. veterin. lìb. 2 cap. XXV. Dum caput pullorum calefecerit prima dentitio . inter gingivas , atque maxiilas tnmor , collettioque gegeratur , qu* pullaria vocatur. 74 perche la lingua nafcofta nel Tuo canale, 11 quale in tali circoftanze è molto profondo (§. 192 ), non può fopportare porzione dell’ appoggio dell’ im- boccatura , e in confeguenza alleggiarne le barre, ma anche perchè quelle fono allora per lo più acu- te. Tali barre reftano facilmente offefe : i cavalli, pel dolore , che rifentono , danno indietro , s’in- alberano , e anche fi rovefciano con fommo peri- colo del cavaliere. 15)0 Le barre troppo balìe, effendo quali Tem- pre nello Hello tempo rotonde, e cariche di trop- pa carne, fono per lo più ottufe , dure, callofe , e infenlibili, tanto più, che in quello cafo il ca- nale della lingua incontrandoli poco profondo, ed ella lingua trovandoli allo Iteffo livello delle barre, o anche fovravanzandole, fopporta ella fola quali tutto il morfoj dicefi allora, che il cavallo è sboc- cato , duro di bocca , e dai Greci por epos (a) ; fuol anche in tal cafo pefare alla mano. 191 Le barre diconfi comunemente tormentate, fe fono fidamente infiammate , gonfie , e doloro- fe 5 fi dicono barre rotte, quando v’ è piaga: a tali piaghe fuccede foventillimamente la carie dell’ of- fo, i cui sfogliamenti fonofi qualche volta veduti ufiire alla barbozza per fillole ivi aperteli. 192 La lingua Ha rinchiufa nello fpazio vuoto chiamato canale {b), che lafiiano dentro la bocca (a) Da due vocaboli ffnWpès duro e t'jix* bocca. (£) Abbiamo veduto ( §. 25 ) che nominali anche ca- nale lo fpazio vuoto, che è tra le due ganafce fuori della bocca alla parte poflcriore di efla ma- fcella pofteriore. I Francefi fogliono diftinguere quelli due canali con nomi proprj e particola- ri ; dando il nome di auge al canal efterno, e le due braccia della mafcella pofteriore. Se quello canale è troppo ftretto, che non poffa ammettere la lingua, accadono gli fteflì inconvenienti, come fe le barre fodero troppo baffe ( §. 190). Che fe il canale è molto profondo, e largo, la bocca è dJ un’ eftrema delicatezza, e fenfibilità, come quan- do le barre fono ecceftivamente alte ( §. 185)). 193 Se la lingua è troppo fpeffa, e groffa pro- duce lo fteffo effetto , che fe il fuo canale foffe troppo ftretto, e poco profondo, o le barre baffe, e carnofe ( §. 190), cioè rende la bocca dura, e la teda pefante alla mano. 194 Non bifogna fmenticare di confiderare at- tentamente la lingua, perchè fenza contare, che 75 quello di canale femplicemente all’interno. Sa- rebbe da defiderarfi , che anche noi aveflìmo dei vocaboli proprj per difiinguere quelle due parti. per non cadere nell’ errore, in cui è ca- duto l’autore dell’articolo canal (Marechallerie) nell’Enciclopedia, il quale non difiinguendo gli accennati due canali. e parlando ivi folamente del canal interno, che riceve la lingua, dice in fine : Quand le canal e/l large , le go/ier s*y loge facilement, & le chevai peut bien brider • mais lorsqu’ il e/l trop étroit, le chevai e/l contraine de poner le ne£ au veni. Quella oflervazione è buo- na s e vera, quando fi parla del canal efterno, ina riguardo all’ interno la Tua maggior, o mi- nor larghezza , o ftrettezza non contribuifce a far portar bene, o male la tefla al cavallo, fe non in quanto. che ricevendo eflò la lingua , quella può nelle differenti conformazioni di elio canale o diminuire o lafciar intera tutta la pref- fione del morfo Tulle barre. Io chiamerò d’or innanzi il canal interno canal della lingua, e 1’ altro femplicemente canale, 76 fovente ella è offefa, e tagliata dai morii, dai fi- letti (a), o dalle corde, che molti palafrenieri padano indifcretamente nella bocca dell’ animale, qualche volta fi trovano cavalli > che non hanno quali più niente di lingua, il che loro impedifce *1 mangiare, 195 II qual accidente può edere dato prodotto dalle fopraccennate cagioni ( §. 194), ma più fo- vente da un ulcera cancerofa chiamata (b) cancro volante , e dagli antichi il mal del pinfanefe, che viene alla faccia pofteriore della lingua verfo la fua radice, e talvolta anche alla fua faccia ante- riore. 196 Alla ftefia faccia pofteriore della lingua feorrono fuperficiali una per parte le vene chia- mate ranine, o Sublinguali, dalie quali giova trar qualche volta fangue. Nelle febbri ardenti, e in altre malattie acute la lingua fuol edere fecca, e pallida, e la bocca tutta ftraordinariamente cal- da ; altre volte ella è paftofa, principalmente quan- do le prime ftrade fono ripiene di alimenti indi- gefti. Non di rado la lingua divien paralitica ; al- ( denti fono sì lunghe, e rilavate, che pendono quafi immobili fuori di effa bocca. Quelle foglionfi raccorciare , mozzandone la punta. 198 All’uno, e all’altro lato della parte infe- riore del canale della lingua ( §. 192) accanto il fuo legamento , o freno ( Splancn. ) vengonfi ad aprire i condotti eferetorj delle ghiandole fot- tomafcellari ( Adenolog. ). Quivi nafeono fo- vente due efcrefcenze carnofe oblunghe , di color roffo, limili alle barbette delle capre chiamate barbuie , o ranelle , dai Francefi barbillons , da G> lumella rance (a) , da Vegezio ranulce (b) , le quali impedirono il bere, e il mangiare. 199 Nominali palato la faccia polteriore delle apofifi palatine delle offa mafcellari anteriori, e della porzion piana delle offa palatine volta verfo la bocca ( Qfleol. §. ). Quella faccia è guar- nita d’ una membrana pallida , fpeffa , e compat- ta , che è una continuazione delle gengive ( §. 186) guarnita di diverfi folciti trafverfali inter- rotti nella loro parte mezzana da un lungitudina- 77 (a) De re rujlica lib. 6 cap. 8. Art, veleria, lib, 3 cap. 3, 78 le, i quali folchi fono chiamati dallo llefifo Vege- zio gradus (a). Tra il terzo , e il quarto di quelli gradini fi fuol trar fangue dal palato con un cor- no di camozzo, la qual operazione volgarmente fi dice dar un colpo di corno, dal citato autore de- fpumare (b), forfè perchè il fangue, che n’ efce infieme colla faliva , dal mafticar , che fa il cavallo, fuol eflfere fchiumofo. 200 II palato non fia troppo carnofo , perchè in tal cafo T imboccatura toccandolo, cagionereb- be un molefto prurito , o' anche dolore al caval- lo , che il farebbe battere alla mano , o gangheg- giare ( §. 188), o appoggiarft fui morfo. 201 Sovente gonfia la membrana, che tappezza la parte inferiore del palato vicino i denti incifivi ( §. 217), principalmente neJ puledri, e talmente s’inzuppa, che fopravanzando ellì denti, impe- difce all’ animale il mangiare. Quella malattia di- cefi il mal della fava, il lampafcOy e la palatina (c). (a) Lib. 4 cap. z. In palato gradus funt duodecim. (£) Lib. z cap. 34, lib. i cap. zz, e in molti altri luoghi. (c) Con qualche ragione alcuni autori , e tra gli altri il signor La Fofle figliuolo mettono quella ma- lattia , come pure le barbuie nel numero delle malattie immaginarie. In fatti quella gonfiezza del palato è raramente tale , che faccia un’efcre- fcenza contro natura, la quale fi debba eftirpa- re, come configliano molti, e il luogo, dove vengonfi ad aprire i condotti delle ghiandole fot- tomafcellari, è fempre naturalmente alquanto elevato, e fa ivi una fpezie di linguetta. Io però non ho voluto tralafciar di parlare di quelle in- fermità, prima, perchè il palato più fovente gon- fia , e s’ infiamma predò i denti incifivi, che Il palato può anch’ edere flato offefo dal morfo, o da erbe fpinofe, che fianfì incontrate nel fieno, o nella biada. Infine a tutte le parti interne della bocca, e alla faccia interna delle fteffe labbra ac- cadono non di rado ulcerette, o piccole vefciche, chiamate afte. 202 Le parti interne fuperiori, e pofteriori della bocca, che comunicano colla laringe ( Ofteolog. §. ), colla faringe ( Splancn. ), e colle ca- vità nafali, diconfi le fauci. Sono quelle foggette a una graviflima infiammazione, che chiudendo i paflaggi dell’ aria, e della deglutizione, riefee in poco tempo fuffocativa, e mortale. Quella malat- tia , che qualche volta manifeftafi per tumori alle parti eflerne della gola, e al canale, è (tata chia- mata dai Latini angina, dagl’ Italiani fquinanqia, e dai Manifcalchi Jtrangughone, o Jlranguglioni. 79 altrove, e a quella gonfiezza, e infiammazio- ne io indifferentemente do il nome di /ava, di lampafeo, o di palatina , quantunque io Sap- pia , che i Manifcalchi Italiani difiinguono il lampafco dalla palatina, che credono due malat- tie differenti, poi perchè non credo cofa im- ponìbile, che in quella parte del palato accada, benché raramente , qualche tumor follicolato , che debba effirparfi, il qual tumore fi chiame- rà fava , lampafco, o palatina. Quanto alle bar- buie io fon di parere , che folto la lingua pof- fano crefcere alcune eferefeenze non differenti da quelle, che nell’uomo diconfi r anule ; epper- ciò ne ho confervato il nome, comechè io fappia, che il più fovente fi tagliano nel cavallo folto il nome ai barbuie quelle eminenze natu- rali dei condotti falivaii delle ghiandole fotto- mafcellari. 203 In fine la bocca dicefi frefca , e di buon temperamento, quando il cavallo guftando bene il morfo , cioè manicandolo, produce un’ abbon- dante fchiuma bianca. La bocca dicefi fecca , fe il cavallo, ancorché maftichi il morfo, non pro- duce quella fchiuma. Quindi è, che i cozzoni per provocarla gli fogliono mettere nella bocca del pepe, fale, e mollica di pane. 204 La fovraccennata membrana del palato (§. 199) nell’età avanzata fuol divenir meno fpelfa, ed effere maggiormente applicata, e aderente all’ offo. Ond’è, che tra gli altri fegni della vecchiaia del cavallo, fi conta il palato fcarnato. Riguardo ai denti veggafi Olleol. §. , e il capo quinto di quello trattato. 80 Della barbosa. §. 6, 20 della principali parti dal corpo del ca- vallo , che fi debbono considerare nell’ imbrigliar- lo, dopo la bocca (§. 179) fi è la barbosa, che, come fi è detto ( §. 23 ), è il luogo, dove dee appoggiare il barbazzale (a). Quello appoggio fi dee fare fui due rialti, che fono alla (infili del mento ( Olleolog. §. ), là dove finifce il ca- nale nel bel mezzo, e non fui lati dell’ olfo. (a) Il barbazzale è quella catenella di ferro , dipen- dente dalla briglia, che va attaccata all’occhio dritto del morfo, e fi congiunge col rampino, che è all’ occhio manco, dietro alla barbozza del cavallo. 106 La barbozza , perchè ha ben conformata ; vuol effere accanalata, non troppo profonda, non troppo fecca , nè anche troppo carnofa, o troppo ca- rica di lunghi, grollì, e folti peli. Se ella è piatta, pic- cola, e afciutta/o, come dicono sfufata , quale fo- gliosa avere i cavalli Morefchi, i Barberi, i Turchi, e gli ftellì Spagnuoli, difficilmente il barbazzale da fermo al debito luogo, fcorre insù, o ingiù , la briglia trabocca , o s’innalza, e ri'efce affai più difficile a reggere il cavallo ; oltreché tali forte di bar bozze, edendo troppo fondibili, fogliono troppo facilmente rimaner offefe, e romperfi ( §. zo8 ). 207 Se per lo contrario la barbozza è troppo carnofa , convella , molle , callofa , piena di cica- trici, carica di peli, ella è poco fendibile; il qual vizio è ancor più grande, fe nello fteffo tempo la bocca s incontra dura. 208 Si faccia fempre particolar attenzione alle ulcere della barbozza, perchè il più delle volte fono accompagnate da quelle delle barre, fono fiftolofe colla carie dell’ odo, e penetranti negli ftellì alveoli, o almeno nella bocca ( §. 191 ). Delle ganafce , e del canale. ganafce, acciocché non impedifcano al cavallo di ben (ìtuar la teda ( §. 118), bifogna , che fiano piccole , e ben difcofte 1’ una dall’ altra. La loro larghezza dal lor margine pofteriore alla fpina ( Olteol. §. ) debb* effere di una prima, e cinque, o Tei punti. ( Tav. i hg, i Jet. eeee ). La diftanza dalla faccia efter- §• 7- fia di una alla delTa faccia dell’altra, prefa tra le due gambe del compafio , farà di una .feconda, e diciotto punti. 210 Se le ganafce fono troppo grolle, e roton- de, cariche di molta carne, la teda dicefi quadrata ; ella è pefante, e difforme, e impedifce al cavallo di raccoglierli. Lo delfo accade , se efle fono troppo vicine r una all’ altra, deche la parte fuperiore del canale rimanga diretta, nè poffa ricevere nella Sua cavità la parte fuperior della gola. 211 Ai difotto delle orecchie tra il principio del collo, e le ganafce fonvi le due principali ghiandole falivali , dette le parotidi ( Adenol. §. ), Qu erte nel cavallo, come nell5 uomo, alcune volte s infiammano, e gonfiano in tanto, che didringo- no le vie della gola , onde l5 animale oppreflò da graviflìma febbre, appena può refpirare, o man- giare , o bere, Quella infermità, che qualche vol- ta è fuffocativa , fi dice le vivole , e volgarmente i cordoni: da alcuni vien confufa collo dranguglio- ne ( §. iqz ), 212 11 canale fia largo, netto, e vuoto. Se egli è ftretto, il che può procedere dalla troppo gran- de approflìmazione delle due ganafce, difficilmente il cavallo può raccoglierli, e ben fituarfi (§.210), principalmente fe il collo è groffo, corto, o rove- sciato ( §. 247 ), 213 Nella parte fuperiore del canale alla faccia interna delle ganafce, fono profondamente rinchiu- se l'otto i muLcli le ghiandole fottomafcellari, e nella lua parte inferiore le Sublinguali ( Adenolcg. §. ). Sì le une , che le altre di quelle ghian- dole falivali raramente gonfiano , e s5 infiammano per poter produrre un tumcr ederno . I tumori, che fopravvengono alla parte fuperiore del canale all’uno o all’altro lato, o ad amendue, quando il cavallo vuol gettare , o getta il cimurro , o il fallò cimurro ( §. 171), quando è morvofo ( §. 174), infreddato ( §. 172), e in altre circolìan- ze , hanno la loro fede nelle ghiandole linfatiche polle immediatamente al difotto del cuoio alla faccia interna delle ganafce. 214 Molti nella circollanza della morva foglio- no eltirpar dette ghiandole ( §. 21 j ), la qual ope- razione , che riefee inutilillìma per guarir quella contagiofa malattia , diceli [ghiandolare , come il cavallo nominali ghiandolato (glandé ) quando ha le accennate ghiandole tumefatte. 215 Nel toccar dentro, e lungo il canale, per allìcurarci fe Y animale è ghiandolato ( §. 214), o nò, ci avvertifce il signor Bourgelat (a) di non prendere per un corpo ghiandolofo morbofamente tumefatto la radice della lingua, la quale in alcu- ni cavalli, e in certe circoltanze fa una fpezie di tumore elleriormente. Fallando un dito nella boc- ca dell’animale, il quale allora lì metterà a muo- ver le mafcelle , come fe volefle mafticare, e tirar» do fuori la lingua 5 lì vedrà fparire quel fuppolto tumore, o almeno lì vedrà eh’ egli fa gli lìeflt muovimenti, che fa la lingua. zi6 Alla faccia interna di tutto il margine po- fteriore delle ganafce cammina Y arteria mafee Ilare ejìerna ( Angiol. §. ) , fu cui puolìì toccare il pollo. 83 (a) El&mens de V art vétérin, tom. II pari, I pag. 49. DEI DENTI, e del conofcimento dell' età del cavallo , M7 L’ età de’ cavalli, e di quali tutti i quadra pedi domeltici, più che da ogn’ altro fegnale, li eonofee dai denti (a). Il cavallo ha quaranta den- ti , venti per mafcella dieci per ciafchedun lato di ella : di quelli denti i ventiquattro ultimi , che fono i più grandi, polli fei per ogni lato di eia* fcuna mafcella, alla parte Superiore dei margini alveolari ( Olleol, §. ), fono detti macellari , p molari, perchè fervono a mattinare , e a maci- nare il palio. Dopo i mafcellari havvi inferiormen- te in amendue le mafcelle uno fpazio fenza denti, coperto dalle fole gengive , il quale fpazio nella mafcella polleriore abbiamo detto formare le bar-i- re ( §. 188 )> al termine delle barre, o di quello fpazio , che nella mafcella anteriore ad effe corri* fponde, fonvi quattro altri denti, imo per ciafeun lato di caduna mafcella, chiamati fcaglioni, o pia- ne (b) , da» Francelì crochets, da Varrone (c), e da Plinio (d) <:olumellarest e in generale dai Latini C A P. V. (a) veteriqorum dentibus indicatur, Flirt, hìfior, natur. lib. XI feti. 64. Da quella pratica anti- cliidìma è nato il trito, e volgar proverbio: a (ayal donato non fi guarda, in bocca. (b) Pier Crefcenzio dell’ agricoltura lib, y fap, 6, (c) Lib. 2 cap. 7 de re rufiicaf (dj Uifior. natur. loc, (if, éx/erti, rifpondono ai denti canini dell* uomo, é a quelli, che nel porco domeftico, nel cinghiale s e nell’ elefante fono appellati Je /cane (a) , o le parine. Quelli quattro denti mancano comunemente nelle cavalle (b) , le quali non ne hanno, che trentafei. S’incontrano pertanto cavali che han- no gli fcaglioni , ma in effe fono fernpre più pic- coli , e più corti, che nel cavallo, e tali cavalle 85 (a) IJ Talloni nelle fue annotazióni fopra il vocabola- rio della Crufca, feguito dal celebre letterato» Francefe il signor Egidio Menagio nelle fuc ori- gini della lingua Italiana , pretende, che la pa- rola [caria, onde che fi venga, non vaglia pro- priamente parine, o fanne i ma le mafcelle, do- Ve fono i denti ; in conferma di che rapporta il feguente parto del tratt. di cavaller. cap. 104: quando procuri il cavallo , che abbia già raggua- gliati i denti, fa che cerchi la fcana della bocca di fopra , e fé la trovi pungente, e , Jpera, che 7 cavallo non è troppo vecchio ; ma fe la trovi piana , e rintan ata , penfa , che ha più tempo 4 che non mojìra , perocché potrebbe avere fegati i denti, 0 fattili minori. Ma con buona pace di sì eruditi Letterati, quello fletto parto prova evi- demirtimàmente, che la parola fcana lignifica le zanne, e non le mafcelle ; imperciocché quan- do i cavalli hanno fgualivato, non alle? fe fono acute, o rintuzzate , ma agli fcaglioni fi ha riguardo per conofcere l’età, come a Jun* go dimofirererno piti ballo. (F) Plinio hiflor. riatur. lib. XI feti. 6i già avea fcritto, e prima di lui Arirtotile hiflor. animai.lib. 4, che nelle femmine di quegli animali, che hanno le zanne, quelle fogliono mancare: raro fcemina: ( dentes exferti ) , & tamen fine ufu : e poco ap- pretto fe£fc 63 foggiunge: cetero maribus plures ( dentes ) quamfceminis in homine , peeudt, capris9 fu** 86 fono chiamate dai Franceli bréhaignes , perchè vol- garmente tono credute Iterili (a). Dopo gli fcaglio- ni incontrali un altro fpazio lenza denti , minore però di quello delle barre, poi fi vedono nella parte dinanzi, e inferiore delle mafcelle dodici al- tri denti, tre per ciafcun lato di caduna di effe , chiamati in generale voraci, o incidivi. I primi quat- tro denti incitivi, limati uno per lato di ciafcuna mafcella alla lor parte dinanzi, da Marino Garzo- ni [b) fon chiamati le pico^e, dai Franceli Ics pinces‘> gli altri quattro, che loro vengono appref- fo , polti anche uno per lato di ciafcuna mafcella, fono detti i metani ; in fine gli ultimi diconli dai Francefi Ics coins , dal Garzoni i cantoni (c), dal Crefcenzio i quadrati (d). Dai Greci i denti ina- livi del cavallo fono appellati yvh^vis3 quali indi- ci, perchè quelli più che gli altri ne dimoftrano, e indicano Y età. 218 II puledro nafce non di rado coi quattro primi denti incilivi, due di fopra , e due di fotto già alquanto fuori degli alveoli ( Ofteol. §. ), non ancora però affatto Icalzati delle gengive ( §. 186). Un mefe circa , un mele e mezzo, o due meli dopo la nafcita quefti quattro denti fono in- teramente fuori, e in elli li può dillintamente of- (a) La parola bréhaìgne corrifponde forfè a brenna, di cui i noftri vecchi Italiani fi fono ferviti per fi- go i fica r un cattivo cavallo, e di poco prezzo; in fatti da molti le cavalle bréhaignes fono cre- dute di niun valore pel fervizio. (£) Arte di ben conofcer, e difiinguere le qualità de' ca- valli lib. i cap. i, (c) Loc. cit. (d) Dell'agricoltura lib, 9 cap. 1, 87 fervale alle loro bali unJ affai profonda cavità. Iti quello fteflo tempo cominciano a fpuntarne quattro altri accanto de’ primi, due dilotto , e due difo- pra , che fono i mezzani ( §- 217 ), i quali pre- fentano allora folamente la l'uperficie della loro co- rona ( Ofleolog. §. ), nè ancor vi fi può ben diflinguere la cavità: a tre meli e mezzo circa, a a quattro mefi i mezzani sì anteriori, che pofle- riori fono beniflimo fuori degli alveoli , fcalzati s e ben cavi, e già li offerva la cavità delle pico%- {c ( §. 217) po’ poco diminuita* Nove, o dieci mefi dopo la nafcita cominciano a fpuntare gli ul- timi quattro denti incili vi, cioè i quadrati, due di fopra , e due di fotto, e a un anno circa fon be- ne ufciti, e molìrano la loro cavità fituata obblb quamente, e interrotta nella fua parte mezzana per una piccola incavatura. 219 Quelli dodici primi denti incifìvi (§. 218), che fono chiamati lattaiuoli, dai Francefi dents de lait, cadono poi tutti, gli uni predo gli altri in diverfì tempi, come vedremo più fotto ( §§* 222, 225 , 224), fono più piccoli, più corti, più bian- chi , e più teneri di quelli , che loro fuccederan- no , i quali fono chiamati denti di cavallo . Quafl tutti gli autori, eccetto forfè il folo signor Bour- geiat (a) , pretendono , che i denti lattaiuoli non hanno alcuna cavità alle loro bafi, e dicono pet quello principalmente diflinguerlì dai denti di ca- vallo ; ma ne hanno una, come lì è detto ( §* 218 ) , molto profonda, la quale, come nei denti di cavallo, infenfibilmenre fi riempie, e fi rarrgua- (a) Elémens d' hippìatr. torri, t pag. 404. Elémsns de /’ ari vétérin, toni, 2 pag. 52. glia, prima che cadano , e fi cangino , primiera- mente nelle picozze, poi ne'mezzani, e finalmen- te ne’quadrati, fecondo l’ordine della loro ufcita, 220 II riempirli di quella cavità ($. 219), on- de i denti reflano ragguagliati , dicefi fgualivare (a) , o ferrare, dai Francefi rafer \ e fi dice, che il cavallo ancor marca, e che perciò fe ne può ancora conofcer 1’ età ( che da quello ragguaglia- mento principalmente fi dillingue ), quando tutt’ i denti non fono ancora fgualivati, o ferrati. Nel fondo di detta cavità vi è ordinariamente una pic- cola macchia nera chiamata il germe di fava , la quale fovente vi reità, quantuuque la cavità Ila riempiuta. 221 E cofa utiliffima il faper 1’ epoca precifa , in cui i denti lattaiuoli gli uni dopo gli altri fgua- livano, per non elfer ingannati dai cozzoni, i quali fpefle fiate cavano gli otto primi denti lat- taiuoli, quattro difopra, e quattro difotto, ai pu- ledri di un anno, e mezzo, o di due anni, onde far nafcere più prelto i denti di cavallo, che lor debbono fuccedere, e cosi venderli per puledri di quattro anni, avendo maffimamente 1’ alluzia di batter fovente con un martello al luogo, dove deo- no nafcere gli fcaglioni, per produrvi una certa durezza, o callofità, che dicono elfer 1’ indizio, che detti fcaglioni cominciano a fpuntare . E poi come mai distinguere un puledro d’ un anno, che di bucn temperamento, e fotto una buona nutri- ce fia molto crefciuto, da un puledro di due an- (a) Vegganfi i signori Menagio, e Ferrari nelle lare origini della lingua Italiana, 89 ni, che abbia o per difetto di latte, o per altra cagione molto (offerto (a) ? 111 A un anno dunque i dodici denti incifivi lattaiuoli fono tutti cavi, fcalzati, e ufciti dei lo- ro alveoli (§. 218 ), in modo però che la cavi- tà delle picozze sì anteriori , che pofteriori è già alquanto meno profonda di quella dei mezzani. Gli ultimi , cioè i quadrati hanno la loro cavità porta obbliquamente, e pochiffimo apparente, per- chè ancora coperta dalle gengive , e fono i più pic- coli , e i più bianchi di tutti. A due anni , e a trenta meli la cavità delle picozze dell’ una, e dell’ altra mafcella è così riftretta, e così poco profonda, che quafi più non vi refta, che il ger- me di fava (§. 120). Circa quello tempo, cioè a trenta rnefi, e al più tardi a tre anni, dette pi- cozze fono interamente ferrate, e fogliono cade- re ) ne fuccedono quattro altre , due difopra, e (»i) Egli è vero, che gli autori afferifcono poterfì il puledro di due anni diftinguere da quello di un anno dai peli, e dai crini, dicendo, che quell' ultimo gli ha fini, ricci, e dolci al toccare, come della borra , e che il puledro di due anni ha i peli già difpolti , duri, e allungati come nel cavallo fatto. Ma, come nota giudiziofamen» te il signor Bourgelat ( èlémins Shippiatr. tom. i pag.406.) fonvi Cavalli di cinque, lei, fette, e otto anni , i quali travagliando continuamente all’ ardor del fole, ed eflendo mal curati , e mal nutriti, hanno i peli, e i crini come i puledri di un anno, nè è cortame, che i puledri di due anni abbiano fempre i loro peli, e crini Amili a quelli del cavallo. 90 due difotto, e allora il puledro li chiama di primo morfo (a). 223 A tre anni e mezzo, o a quattro anni egli ha ordinariamente fgualivato i mezzani ante- riori , e pofteriori ; e li muta per metterne altri quattro, due difopra , e due difotto, e allora li dice puledro dì fecondo morfo (b). 224 A quella età i quadrati lattaiuoli, quantun- que piccoli, e bianchi, fono affatto fuori degli al- veoli , e (calzati, e la loro cavità non è più ob- bliqua, nè interrotta, ma molto diminuita nel bel mezzo della loro bafe, e quali riempita. A quattro anni e mezzo , o a cinque anni ella è interamen- te ragguagliata : quelli denti allora cadono , e ne rinafcono quattro altri chiamati il morfo (c) , e allora non più puledro, ma cavallo fi .appella. 225 II cangiamento dei denti lattaiuoli nou ha un tempo precifo, certo , e limitato , ma varia , come lì è detto ( §§. 222, 223 , 224) da 'trenta meli a tre anni, da tre anni e mezzo a quattro anni, da quattro anni e mezzo a cinque anni, la qual variazione dipende dalla maniera con cui è flato allevato, e nodrito il puledro ; fe fempre lì è pafciuto ne’prati, e ne’ pafcoli, li muta più tar- di , che quando lì nutrifce di buon ora alla grep- pia ( Igieine §. ) con fieno, e con biada. 216 Gli fcaglioni (§. 217 ) fogliono cominciare a comparire quelli difotto verfo i tre anni e mezzo, o quattro anni, e quelli difopra tra i quattro, e i cinque. Altre volte per fo contrario gli anteriori fono i pri- (a) Crefcemlib. 9 cap. I. (b, Crefcenz. he. cit. (c) Jbid, mi a {puntare, nè in ciò la natura fegue una re- gola collante. Quando nafeono, fono acuti, e fca- nalati alla loro faccia interna, col tempo poi di- vengono ottufi, corti, e rotondi,e perdono quella fcanalatura. 227 I dodici denti incifivi fucceduti ai lattaiuo- li ( §. 219) fono più larghi, più lunghi, e più duri, di un color alquanto giallognolo, con pic- coli folciti, o fcanalature alla loro faccia edema, che riguarda le labbra ; hanno alle loro bali una cavità, e il germe di fava , che col tempo fpari- feono prima in quelli della mafcella pofteriore, poi in quelli dell’ anteriore. A cinque anni e mezzo , o ne’ fei anni il cavallo ragguaglierà quelli, che in prima mutò , cioè le picozze pofteriori ; a fei anni e mezzo, o a fette anni i mezzani ; a fette anni e mezzo , o a otto anni i quadrati. 228 I denti incifivi della mafcella anteriore, che è immobile ( §. 16 ) nel tempo del patto effendo meno foggetti alia fregagione, più tardi anche fi ulano , e fi ferrano (a). A otto anni e mezzo, o a nove anni fono ragguagliate le picozze anterio- ri ; a nove anni e mezzo , o a dieci anni i mez- zani ; a dieci anni e mezzo, o a undici anni , 91 (a) Il signor Bourgelat élémens d’hìppiatr. tom. i pag. 416, e 417; e élémens de l'art véièrin. tom. 2 pag. 55 è flato ii primo a far conofcere l’età dei cavallo pallàti gli otto anni coll’ offervazione dello fgualivainento de’denti incifivi anteriori. Egli è vero , che il Soleyfel Parfait Marechal pari. 2 chap. V avea già fcritto : quelquesuns s'ar- réient a regardér les dents de dejfus , mais c* efl feulement dans l’ age avanci loisqu* on ne connoit plus rieri eux aulres. 92 qualche volta medefimamente a dodici i qua- drati j allora dicefi, che il cavallo ha ferrato, o che più non marca ( §. 220) , dò è più poffibi- le di conofcerne per certi fegni 1’ etade. 229 Non fi può però diflìmulare , che neppure invariabile, e Tempre collante fi trova la regola da noi data del tempo, che fi ragguagliano i denti incifivi : imperciocché, com’è varia la natura nelle Tue operazioni, Tonvi cavalli appellati dai Francefi béguts, ne’ quali 1’ accennata cavità delle bali de’ lor denti o in tutti, o in alcuni foltanto non mai fi riempie. Il cavallo , che è bégut di tutt’ i denti sì anteriori, che polletiori, fi conofce dall’ ugua- le larghezza , e profondità delle loro cavità : im- perciocché in un cavallo di cinque anni, per efem- pio, che non fia bégut, la cavità delle prcozze difotto debb' edere meno profonda, che quella dei mezzani. Lo fteffo fi dica dei denti incifivi del- la mafcella anteriore in un cavallo di otto anni. Orafe dette cavità fono uguali, l'animale avrà fi- curamente più di cinque, o più di otto anni , e larà bégut j che fe egli è bégut dei mezzani , e dei quadrati, e non delle picozze , fi conofcerà pur anche dall’egualità delle loro cavità, e fe fo- lamente dei quadrati pofteriori dall’oflervar i deDti della mafcella anteriore, ove forfè non farà bégut. Altre volte, quantunque la cavità dei denti fia ragguagliata , rettavi però ancora il germe di fa- va . I Francefi chiamano tali cavalli faux béguts , ma ciò non importa , nè reca alcun cangiamento alle regole qui fopra rapportate riguardo al cono- fcimento'dell'età. Le cavalle, e i cavalli caftrati fono più iòvente béguts dei cavalli interi (§. 329). I cavalli Polacchi, quei della Croazia, della Tran- fìlvania il Toso anche piu Sovente, che quei delle altre nazioni. 230 Quando il cavallo più non marca (a), molti Segni fono indicati dagli autori per conoscerne la vecchiezza , come la profondità delle conche ( §. 137), la calvezza delle fopracciglia ( §. 141), il cangiamento del mantello di leardo, o grigio in bianco argentino (§, 529); lo fcarnamento del palato (§. 204), dove più non fi poflbno diftinguere i Solchi, il nafcimento a quatordici anni di un nuovo nodo , o di una nuova vertebra alla coda, il numero delle ru- ghe del labbro anteriore , il quale tratto insù, ne fa tante , quanti anni ha il cavallo (b), lo dato del margine polteriore della mafcella pofteriore, il quale quattro dita trafverfe al difopra della bar- bozza è divenuto molto Secco, e tagliente, la per- 93 (a) j4bfumta hac obfcrvatione, fenettus in equis 6» ceteris vettrinis inttlligitur dentium brochitate , Juperci- liorurn canitie , 6* circa ta lacunis . Plin. hijlor. natur. lib, u feti. 64. Quella parola brochitas viene fpiegata dagl’ interpreti per 1* ecceflìva lun- ghezza, e prominenza in fuori, che acquifiano i denti del cavallo invecchiando. Varrone de re rujlica lib. 2 cap. 7 fi ferve dell* ifteflà efpreifio- ne : quin dentei fahi funi brochi, & fupercilia cana, & fub ea lacuna. L,o fieflo autore lib. eie, cap. IX parlando dei denti canini del cane dice: fuperioribus direftis potius, quam brochis ; dove brochis fi oppone a direblis, e dove chiaramente fi vede , che brochus fignifica 1* inclinazione de’ denti verfo le labbra fino a fporgere fuori della bocca, come in fatti accade ne? cavalli vecchi, i cui denti acquiftando un’ eccefiìva lunghezza , ed eflendo inclinati in fuori, appeng aliate le labbra, comparifcono fuor della bocca. (£) Ve gel. lib. 4 cap. 5, manenza delle pieghe alla pelle della ganascia, o della fpalia, la quale Uretra tra le dita an- cor le conferva dopo effere data abbandona- ta, nè così pretto ritorna al fuo primiero fla- to , la lunghezza, il color nero giallognolo , io fcalzamento, e la fituazione de’ denti incifivi, che più non fi rifpondono efattamente, e paiono incli- nati in fuori, lo (lato degli fcaglioni, che fono corti , ottuiì , e ufati, perfettamente rotondi fenz’ alcuna fcanalatura ( §. 2.2.6 ) \ in fine le inegua- glianze , e le lunghe punte dei denti mafceilari . Ma tutti gli accennati fegni, fe fi eccettuano quei tratti dalle fopracciglia , e dai denti, o fono ridi- coli , e aflurdi, o per lo più folli, e incerti, po- tendoli incontrare sì nei giovani, che nei cavalli vecchi. Quel che \ è di certo , fi è, come ben offerva Vcgezio (a), che rugarum multitudinc , tri- Jiitia jiontis , de lecitone cervicis , pi graia toiius tor- poris , jiupore oculorum, palptbrarumque cahntìe fe- neclus ipja fe prcdit. 251 La regola da noi additata per conofcere l’età del cavallo dai cinque fino ai dodici anni ( §. 227, 228) è molto più ficura , e più facile, che quella del Soleyfel (b) copiata dai Signori Gar- fault (c), e Liger (d). Quelli autori , i quali pur non eftendono tal conofcenza al di là degli otto anni, pretendono non elfervi mezzo più certo per conofcere detta età, che l’oflervare i cangiamenti, 94 (a) Vegeto lib. 4 cap. 5, (£) Parfait Marechal. pari. 2 chap. 5. (c) Nouveau parfait Marechal chap. e,. ( ghezza , fono puntuti, e fcanalati : a fette anni 3, i quadrati fono lunghi la fpeffezza. del dito an- 33 nulare, e la loro cavità è di molto diminuita, „ mentre quella dei mezzani è già ragguagliata . „ Gli fcaglioni cominciano allora a raccorciarli , ,, rotondarli , e ufarfi : a otto anni i quadrati ,, (tedi fono ferrati, e lunghi la fpeffezza del di- „ to medio. „ Quello metodo riefce, come ognun vede , molto confufo, e diffìcilidìmo da feguird in pratica, per quelle sì giufte dimeniioni, a cui per avventura non così rigorofamente li affoggettifce la natura . Oltreché quelli autori, che tanto racco- mandano f efame degli fcaglioni , come conofce- ranno 1’età nelle cavalle, le quali o non ne han- no, o gli hanno così corti, e così piccoli, che a ciò non poffono fervire ( §. 217)? Abbiamo già accennato ( §. 226 ) quanto lia incollante il tem- po della loro ufcita , non meno che quello dell’ ufcita de’quadrati anteriori, e pofteriori (§.251), 233 I denti crefcono per ogui lato tutto il tempo della vita s ond’ è , che nella vecchiaia tanto lì al- lungano verfo fuori, che è di mellieri raccorciar- li con lime, acciocché i cavalli pollano me- glio pigliare, tagliare , e macinare il cibo , Alcu- ni per raccorciar i denti fi fervono della fgorbia ( Tratt. delle Operazioni ) > la quale però e 96 molto meno comoda della lima (<2) . Egli c prin- cipalmente necelfario limar i denti mafcellari, quan- do alle loro bali fi fanno tante punte, e afprez- ze, che oltre il pungere, e l’ulcerar la lingua, e le gote, impedirono il mafticar ai cavalli, on- de il fieno portato dalla lingua fotto que’ denti, dopo effere fiato alquanto mafticato, ftrifcia tra elfi, denti, e le gote, poi cade dalla bocca, il che fi efprime con dire , che il cavallo fa magaz- zino , o granaio. 234 Gii fcaglioni, come fi è detto ( §. 22.6) , coll’età in vece di dilungarli, piuttofto fi raccorciano, il che procede principalmente dal ripetuto legamen- to dell’ imboccatura. Gli antichi, perchè quelli denti fovente davano impedimento ali’aflentar al debito luogo i loro morii, folevano o affatto eftrarli, o fegarli, la qual operazione dicevano fcaglionare il cavallo. 235 Abbiamo detto, che 1’eccelli va lunghezza de’ denti è nel cavallo un fegno di vecchiaia ( §§. 230 , 233 ) , perciò i cozzoni fogliono raccorciarli colla lima, onde farlo comparir più giovane. Coll’ età elfi denti perdono anche il lor color bianco, che mutali in colore di mele ; ma come ipfa den- tium longitudo e fi alìquando per naturam abfque fe- neUutc (b), così addiviene qualche volta , che ca- valli vecchi decrepiti confervino i loro denti belli, 97 (a) Bourgelat Encyclopedie alla parola gouge> (£) Crefcent. lib. 9 cap. 1. 98 e bianchi (a), corti ben fituati » e ben fermi nel J.oro alveoli. Su tali denti gli aftuti cozzoni foglio- no principalmente ufar le loro frodi, fopraffegnan- do il cavallo, cioè facendo una marca, o fia una cavità artitìziale ai denti già ferrati; fi fervono per ciò fare d’ un bulino d’ acciaio fimile a quello, che adoptano gl* Intagliatori per lavorar 1* avo- rio , con cui fanno una cavità mediocre ai dentr mezzani, un’ altra più grande ai quadrati, e poi per imitare il germe di fava mettono nel fondo di quelle cavità un grano di tormento, o di fe- gala con po’poco di pece, che quindi abbrucia- no con un piccolo ferro infuocato, oppure vi verfano dell’ inchioftro graffo, dandovi poi anche il fuoco. 236 Non è però molto difficile di conofcere un cavallo foprajfegnato, prima perchè difficilmen- te quello frumento fi può menar si bene, che non ifcappi di tratto in tratro per far quinci, e quindi delle linee irregolari ; poi perchè il fuoco lafcia fempre un certo cerchio giallo non naturale all’ orlo della cavità. Egli è vero , che i cozzoni per nafcondere quelli veftigj delle loro frodi, fo- gliono mettere nella bocca del cavallo mollica dì pane, pepe, e fale per farlo fchiumare ( §. 203), e render la bocca frefca ; nettili perciò quella ba- va , e fcopranfi bene i denti. 237 Per conofcere poi i denti, che fono fiati (a) Dall’aver Plinio ofiervato qualche cavallp vecchio, il quale pur confervava i fuoi denti bianchi, e netti, ha creduto, che ciò s’incontrale in tut- ti, epperciò ebbe a dire hiftor. natur. lib. n feèt. 63: cetgns fenefla. rufefcunt (dentes), «qua tantum eandidiores fiunt. 99 limati, o fegati , fi faccia attenzione, che o fondfi raccorciati (blamente i denti iacifivi della tnafcella pofteriore, e in quello cafo quei dell’ anteriore lunghi, e gialli indicheranno la frode ; o quefla operazione è (lata fatta tanto fugli anteriori, che fui pofteriori, e allora il cavallo avrà molta diffi- coltà nel pafcere , e nel trarre il fieno , perchè efiì denti non fi poffono più efattamente comba- ciare nel ferrar la bocca. 23 8 Nel tempo della dentizione, e principalmente quando i puledri mettono gli fcaglioni anteriori , fogliono effere, come i bambini , forprefi da feb- re , da inappetenza, e da diarrea, loro intorbi- dandoli perfino gli occhi : raramente quelli acci- denti fi offervano nell’ ufcita dei denti o mafcella- ri, o incifivi. 239 I denti del cavallo, meno frequentemente però che quelli dell’uomo fono foggecti a dolore; la qual malattia chiamali odontalgia,e allora l’ani- male ha molta difficoltà a mallicar gli alimenti. Si tarlano anche qualche volta , e fi guadano ; nel qual cafo , oltre l’odontalgia , fuol effervi anche 1’ alito della bocca fetente. Altre volte i denti fen- za effere tarlati, fono mobili, e vacillano ne’loro alveoli ; bifogna allora nodrire il cavallo con cru- fca, o farina , o con orzo , o vena macinati, o cotti, infino a tanto che eflì denti fianfi raffodati, ufando anche qualche gargarifmo aftringente. Di rado però i denti fia per vecchiezza, o per altra cagione cadono al cavallo , come cosi fovente fi vedono cadere nell’ uomo. 240 Non è raro 1’ offervar nella bocca di que- llo animale dei denti ftraordinarj, appellati foprad- dmtì, come tredici, o quatordici denti incifivi, e più di ventiquattro molari; fé ne trovano affai fre* quentemente nella mafcella pofteriore alla parte fuperiore delle barre contro i primi denti mafcel- lari. Se quelli denti ftraordinarj fono fuori dell* or- dine degli altri, più lunghi , e inuguali , ficchè diano incomodo all* animale , bifogna cavarli, fe- garli, o limarli. La fteffa operazione fi faccia quan- do alcuno dei denti ordinar] lìa ecceflìvamente lun- go , acuto, o fuori d’ ordine , lìcchè impedifca la mafticazione ; i quali denti fono chiamati denti di lupo. 241 Sonvi cavalli, che hanno il vezzo di rode- re , o appoggiarli continuamente coi denti incifivi dell* una, o dell’altra mafcella, o d’amendue alla mangiatoia, alla raftrelliera , o contro qualunque altro corpo. Quello vezzo, che li comunica come per contagio agli altri cavalli, che loro fono prof- limi , diceli dai Franceli tic, e volgarmente tiro fecco, tiro dì appoggio, per dillinguerlo da una gra- ve malattia fpafmodica chiamata anche tiro , e da un altra maniera di tiro, in cui i cavalli fenz’ap- poggiarli , nè rodere alcuna cofa , allungando il collo , e alzando la fella, aprono, e ferrano con- tinuamente le mafcelle come per afforbir 1* aria, la qual maniera di tiro diceli perciò tiro in aria • Tanto nel tiro d'appoggio, che nel tiro in aria 1’ animale fa fentire in quell’ illante de* frequenti , e faftidioli rutti ( Patolog. §. ), egli è per l’or- dinario in un continuo marafmo ( Patolog. §, ), ha i peli rabbuffati, è foggetto ai borborigmi ( Pa- tolog. §. ), ai tormini, o coliche ventofe , ed c incapace d’un lungo fervizio. 1 cavalli, che han- no il tiro d'appoggio, li conofcono dai denti incifivi 100 dell1 una , e dell’ altra mafcella ufatì alle loro bali per quel continuo appoggiare, o rodere. 242 Altri cavalli hanno il vezzo, effendo alla mangiatoia, di barcollare continuamente il loro corpo da una parte e dall' altra, il che dicefi or- feggiare ; altri fi appoggiano , e quali fi alternano colle anche, e colle natiche Tulle barre: quelli ul- timi vezzi in niente pregiudicano il prezzo deir animale. 101 DEL COLLO CAP. VI. 243^^*un a^tra Parte dà tanta grazia, tanta gen- tilezza , tanto garbo, e brio al portamento del corpo del cavallo, e principalmente alle Tue parti anteriori, come il collo, quando è bello, ben pro- porzionato, e ben contornato; da quello dipende anche in gran parte la leggierezza, o la durezza della Tua bocca. Si è detto in altro luogo ( §. 95 ), che la lunghezza della cervice debbe edere preci- famente di una teda, uguale confeguentemente all’ altezza delle fpalle , alla Tpedezza, e altezza del ventre: che la lunghezza della gola è la (leda ftefliflima che la lunghezza, 1’ altezza, e la lar- ghezza della groppa ( §. 96 ). 244 Quando il collo è troppo corto, egli è per T ordinario anche troppo Tpedo, e carico di trop- pa carne, ficchè riefce quali indelebile, e, come dicono, intavolato, che con molta difficoltà fi può piegare all* una, o all* altra mano. La teda in tali circodanze è anfche quali Tempre mal attaccata ( §. 122), e il canale non potendo ricevere la troppo larga, e troppo voluminofa gola, eda teda non è mai fotta, e incafciata ( §. 118), ma il cavallo va col mojìaccio in fuora ( §. 119), pefa alla mano, e ha un’ appoggio duro, e Tordo. 245 Se il collo c troppo lungo, egli è anche nello dedo tempo troppo Tonile, e molle, o, co- me dicono, ferpentino , faveto, o di fico-, nel qual caTo egli è troppo pieghevole, troppo debole, di poco, o niuna rqfiftenza, non potendo Topportare ma fona di mano, nc altro aiuto limile Tenza pie- gàffi tofto da una parte, o dall* altra: per la qual cola il cavallo batte continuamente alla mano, principalmente s’egli è sboccato* Il difetto del col- lo /caverò è affai comune nelle cavalle, comechè in effe non foglia effere troppo lungo. 246 Sonvi colli ecceflìvamente lunghi, ma nello fteffo tempo groffi , e graffi, e forniti di molta carne, e pinguedine, principalmente alla cervice « Tali colli, che s’incontrano comunemente ne* ca- valli interi d’ età avanzata , inclinano , e piegano Tempre più da Ima banda, che dall’altra, e chia- ma n li colli torti, colli pendenti, ( encolures penchan- tes ). Per raddrizzare , folievare , e reggere tanto pefo, vi bilogna un’ appoggio forte, e fermo 5 quindi le rotture nelle barre, e nella barbozza , alle quali fuccedono callofità, che fanno , che il cavallo più non tema nè imboccatura , nè barbaz- zale di qual forta fi fiano* 247 II bel collo è dunque quello, che mezzana* mente tarchiato , e della lunghezza qui fopra ac- cennata (§.243 ) efce, e s’innalza dal garrefe fi* no alla teda , diminuendo infenfibihnente di grof- fezza , e inarcandoli come quello di un cigno a mifura, che fe ne avvicina. Quell’arco debbe effe- re alla parte fuperiore del collo , cioè alla cervi- ce ; fe, come addiviene non di rado, incontrali alla fua parte inferiore, cioè alla gola, il collo dicefi allora rivcrfo, a pergolato , o collo di cervò : perchè tale è la Conformazione del collo in quello animale. Sì fatti colli, che danno al cavallo una grandillima facilità d’incappucciarli ( $* ,20) noni efcono immediatamente, nè direttamente dal gar- refe , ma da una certa depreffìone, o foffa, chia- mata il colpo di accetta ( coup de haehe ) , che fi 103 104 trova tra edo garrefe * e ’l principio della cervice. 148 La gola , in vece di edere contornata co- me la cervice, dee all’oppolto difcendere dal prin- cipio del canale con alquanto pendio, e a fcarpa: s’ella difcende a piombo , onde fia ugualmente larga verfo il petto, che verfo la teda , il collo diceli falfo. Bruttiflìma villa fanno anche que’ colli dritti, e quali orizzontali, che non fono inarca- ti nè fuperiormente , nè inferiormente. 249 La chioma, o criniera vuol elfer guarnita di una diffidente quantità di crini lunghi, e fini , fenza edere troppo folti, nè troppo duri, e rigidi quai fetole. Se i crini fono troppo fpedì , e ab- bondanti , troppo facilmente tra fe lì confondono, e s’intricano, onde, fe il Palafreniere non ufa una fomma cura , e pazienza nel pettinarli , e la- varli, la plica divien col tempo ineftricabile, e bi- fogna in fine tagliar la criniera [a). Per diminuire (a) La criniera, detta dai Latini iuta, infieme col ciuf- fo , e colla coda, fono i principali ornamenti na- turali del cavallo , di cui egli fteflo dicefi andar faftofo c fuperbo: onde Giob. cap. 39 ver/. 22 parlando di quefio animale in bocca del Signor» dice: an collutti eius indui(ìi iubai Che poi gli dedì cavalli fi gloriino d’una ben guarnita chio- ma , ce lo afiìcurano quafi tutti gli Scrittori Ip- piatri Greci, e Latini, come Polluce Gcopon. lib. 1 cap. 2 feti. 16 , Plinio hijlor. natur. lib. M.O, feti. 8a , Ebano lib. 2 cap. IO delle fiorie .. Di più Anatolio hippiatr. Hb. 1 cap. 14 aggiun- ge , che quefti ornamenti fono uno de’principali incentivi per far andar le cavalle in caldo . 105 la quantità de’ crini, fi pofTono (Veliere dalle loro radici , o bulbi. 250 Dal fuccidume raccolto per la negligenza, o per la difficoltà di tener netta la chioma ( §. 249 ) fi genera il più delle volte la rogna, o Jcab- bia, sì frequente alla cervice de" cavalli, onde pel molefto prurito , che foffrono , continuamente fre- gandoli contro i proffimi corpi 3 il luogo fi eleo- ria , cadono i peli, fi elevano puftule umide , fe- tenti , 1’ animai immagrifee ec, 251 Alla cervice d& cavalli da tiro ( §. 600), la quale è ordinariamente guarnita di mohiflime rughe trafverfali, fi fanno dei crepacci, o ragadi, Sofocle in Tiro così parla di una cavalla, che avea perduta la chioma : At flos capilli periit, ita ut herbte folent: Nam rapuit illuni faeva paftorum manus Stabulis in ipfis, atque cervicis decus Populata, flavam corporis meflem abftulir. At ipfa prato fparfa fimulacrum fui In amne vidit, & videns exhorruit Sine honore collum, & damna-defeftae comse. Equa; mifericors aliquis ingemeret vicem , Cernens ut illa prae pudore iniàniat Fruftraque moerens perditam quaerat iubam. Ariliotile hijì. animai, lib. 6 cap. 18. pretende, che, fe fi taglia la chioma alle cavalle, in effe fi calma il troppo focofo defiderio del coito. Lo lidio dice Eliano lib. * cap. 18, e Plinio lib. 8 feti. 66. Anzi Senofonte de re equejlri , Plutarco in Erotico, e Polluce fcrivono, che per indurre le cavalle a lafciarfi coprir dall’ afino, loro fi vuol tagliar la chioma, e poi menarle a una riviera, dove vedendofi così private del loro piti bell’or- namento , denofta la loro fuperbia , e fierezza, pili non ifdegnano il concubito di quel vile aiy- male. che gemono un umor acre, e fetente , il quale corrode , e fa cadere i crini. Quella malattia cu- tanea, che è anche una fpezie di rogna (§. 250), dappoiché è attaccaticcia, dai Francefi è chiama- ta roux vìcux (a). Abbiamo già indicato altrove ( §. 130) il guado, che può fare alla nuca, e alla cervice la talpa. 252 Abbiamo veduto (§.27), che i crini fono naturalmente didinti in due ordini da una futura lungitudinalej onde nello dato naturale dovrebbero pendere metà dalla banda dedra, e T altra metà dalla banda finidra del collo. Nei cavalli da fella noi facciamo pendere la chioma tutta dal lato fi- nidro, onde aiutarcene nel montar a cavallo. Ne* cavalli da carrozza fi fa pendere o a dedra , o a finidra, fecondo il luogo, che debbono occupare, quando fono anelati ( Igieine §. ). 253 II cavallo non meno, che Y uomo è fog- getto al cioè a quella fpezie di tumore fcro- fulofo prodotto dal gonfiamento indolente, e du- ro delle ghiandole tiroidee (b). Quedo tumore, che è per lo più doppio, fi tocca , e fi vede alla parte fuperiore della gola. Quando è piccolo, di (a) Le roux vleux fecondo Lorenzo Rufio ( Ifippiatr. cap. 72 ) da alcuni è chiamato rungia a rugofi- „ tate, eo quoci longas rugas, & diverfis locis in „ medio apertas cum afperitate habet. Forfè d l’iftefla infermià, che Vegezio lìb. 2 cap. 4* chiama malandria. (b) Il gozzo dicefi anche dai medici broncoccle . Erra dunque Plinio, il quale lib. XI feti. 68 d;ce # che a quello tumore fono foggetti foltanro T uo- mo, e il porco : guttur homint tantum , & fuibus intumtfcit. una durezza mediocre, e poco aderente alla tra- chea arreria, di niente diminuifce il valore dell* animale ; qualche volta però divien cosi groffo , di tanta durezza, e sì fortemente applicato contro detta trachea , che poco, o affai impedifce la re- fpirazione, e può col tempo minacciare perfino la fuffocazione. 254 Può anche accadere il dislogamento di alcuna delle vertebre cervicali, il che fi efprime volgarmente con dire, che il cavallo fi è decollato, o che ha il collo dislogato, o fiorto (a). Se fi disloga la prima, la feconda , o la terza di dette vertebre, il male è per lo più irrimediabile, e ne fuccede quali Pu- tito la morte per la compreffione inevitabile deli5 origine dello fpinal midollo . Quando alcuna delle feguenti vertebre fi fmuove, dò, che accade per la violenta diftenfione de' ligamenti, Lche infieme le connettono, il collo è piegato tutto da una parte, Tettandovi a un lato una grande depref- fione, e una grande conveffità all’altro; colle dita inoltre fi poffono toccare le offa finoffe . Quella malattia c Tempre di una difficile , e lunga cura. Più rare, ma non meno pericolofe fono le frattu- re delle fteffe vertebre cervicali. 255 Si è di già accennato in altro luogo ( §. 29), che dalle vene giogolari, le quali fcorrono una per parte lungo i giogoli, fi cava comune- mente fangue. Quelle vene fono da Vegezio chia- mate vene matricali (è) , oppure vene della matri- 107 (a) Di quello dislogamento del collo, e della maniènj di ridurlo parla Vegf,z;o lib. i cap, 41. (£) Art, vctsrin, lib, l cap, IO, e 13, ce (a) , e il trar da effe fangue, dematrìcare (b). Ognun fa per efperienza, che al falaffo di quelle vene , o perchè fiali colla faetta ( Trattato delie operazioni §. ) traforato da una parte alT altra il vafe, o perchè l’apertura degl’integumenti non corrifponda efattameDte a quella della vena , o perchè il cavallo fiali fregato il luogo falaffato , fopravvengono affai fovente dei gravi tumori pro- dotti dall’ effufione del fangue nel teffuto cellulare, ai quali fuccedono lunghe , e abbondanti fuppura- zioni. Gh fteffi. tumori, e fuppurazioni al collo non di rado accadono per altre cagioni, come per col- pi , per cadute, e medelimamente per cagioni in- terne. 2$6 Non meno frequente è al collo de’ cavalli ima certa efpullion cutanea erilipelatofa, che fem- pre prodotta da cagione interna li manifella per una, o più linee tumidette, e dolorofe , le quali difcendono obbliquamente dalla parte fuperiore della cervice, lungo le parti laterali del collo da un folo, o da tutti e due i lati, cingendolo come una fafcia . Al luogo, dove quelle linee cominciano , cioè alla cervice li elevano una, o più puftule, o vefcichette dolorolìflime, piene zeppe di una linfa fottile giallognola , e acre ; la pullula in po- chi giorni fi fcrepola, quell’ icore li fpande, le de- ferire linee fparifeono , e 1’ animale fenz’ altro ac- cidente è guarito. Quella malattia è volgarmente chiamata cui de voule, e può edere paragonata a il 108 - (a) Ibi lib. 4 cap. 4, & alibi. (b) Ibi lib. 4 cap. 7. Dette vene volgarmente fi dico- no le vene maejlre del collo, quella* fpezie di rilìpola benigna chiamata nell' uomo {ona , o fofier. 257 Tra le malattie del collo del cavallo puofli anche annoverare quella maniera di tetano ( Pato- log. §. ) volgarmente detta il mal del cervo (a), la quale proveniente da una violenta contra- zione tonica de' mufcoli del capo , e del collo, rende quelle parti incordate , rigide , e immobili, fenza poterli piegare nè all’uno, nè all’altro lato, nè in avanti, nè indiètro. Vi è pure congiuntala febbre , e la difficoltà di refpirare. In quella gra- villìma convullione qualche volta i mufcoli elten- forj effendo prepotenti , il capo , e il collo fono piegati , e tratti immobilmente indietro, e allora la malattia appellali opifiotono ( Veget. lib. 3 cap. 47 ). Altre volte per lo contrario i mufcoli ellen- forj cedendo ai flefforj, il capo , il collo , e la fpina fono piegati, e incurvati in avanti, e in baffo , e chiamali emprojìotono ( idem ibid. ) 109 (a) Il ma! del cervo dal celebre Sauvages ( Nofolog. tom. i /lag, mihi 545 ) è chiamato catochus cer~ vinus, e dice dai Greci appellarli elaphia . Lo- renzo Rufio ( hippiatr. cap. 73 ) par che lo chiami /cima, o lucerdus. DEL CORPO IN GENERALE C A P. VII. è detto ( §. 89), che la lunghezza del corpo dalla punta della fpalla a quella d'ella nati- ca vuol edere uguale all’altezza delle edremità an- teriori dalla fommità del garrefe a terra, le quali dimenfioni debbono edere ciafcuna di due tede e mezzo. Se edò corpo è troppo lungo, tutta la fpina è necedariamente più debole , e più deflìbi- le, meno atta a loftenere i peli, e le fatiche, a cui fi può fottomettere il cavallo. 259 Nod fi può negare, che nell’animale lungo di corpo la delta maggiore dedìbilità della fpina ( §. 258) rende i Tuoi movimenti più belli (la qual cofa da molti viene addotta contro le altrove da- te proporzioni del cavallo), più eleganti, più dol- ci, e meno incomodi pel cavaliere, e che tali ca- valli riefcono ordinariamente meglio pel traino, perchè il centro di gravità dell’ edremità anteriori trovandoli più lontano dal punto d’ appoggio, cioè dalle poderiori, debbe aver più forza. Ma egli è altresì vero, che quedi cavalli fono predo rovina- ti , e che pedi al fervizio durano appena la metà del tempo, che durano quelli, che hanno il cor- po ben proporzionato, cioè ugualmente lungo , che alto. 160 L’ eccediva lunghezza del corpo dipende qualche volta fidamente dall’ eccediva lunghezza del torace, il ventre, e le anche edendo ben pro- vedefi in tal cafo il petto fporgere, e avanzare in avanti, lafciando dietro di fe le fpal- le col redo dell’ edremità anteriori. Dalla qual di- r . fettofa conformazione egli è facile di capire, che, oltre la difformità fenfibile , le fpalle finiate, per cosi dire fuori del fito lor naturale, non avranno mai la ftelfa libertà, e facilità de’movimenti, che debbono avere. Quindi la freddezza, come dico- no, di dette fpalle ( §. 359), quindi il poco d’elevazione delle gambe nelle andature del ca- vallo , il quale va terragnolo, rade il terreno, a ogni palio urta, e inciampa. z£i Altre volte il torace, e il ventre trovan- doli ben conformati, il corpo è nientemanco trop- po lungo per 1* eccelfiva lunghezza della groppa , e in confeguenza delle olfa innominate ; per la qual cofa il pefo di elfa groppa tendendo fempre a far piegare i lombi ingiù, i mufcoli, che vi lì oppongono effendo in una continua violenta azio- ne per far inarcare detti lombi insù , tali cavalli fon duri delle reni, la maggior parte fi attingono, e battono de’ piedi pofteriori contro gli anteriori nell' andare ecv 161 II càvallo corto di corpo, e raccolto ha maggior forza per portare un pefo qualunque, ma egli è men atto al traino, e per la fella ha i movimenti men belli, più duri, e più faticanti pel cavaliere. Del garrese. §. i. 263T1 garrefe, detto da Vegezio mercurius (a) , fia elevato , acuto , e (carnato . 1/ elevazione di quarta parte debb5 edere di una (econda, e Tei pun- ti piu alta di quella della groppa, e di due fecon- de più di quella dei dodo ( Tav. 1 fig. 1 Iett. ffff). S’egli è più bado, il collo non comparifce mai così bello, e il gran ligamento cervicale ( Odeol. §, ) ha minor forza per (ofpendere la teda, la fella non potendo redar ferma, e fida al fuo luogo , avan- za fempre in avanti, e porta fulle fpalle. 2.64 Se il garrefe è troppo carico di carne, e rotondo, tali edendo'per {'ordinario anche le (pal- le , il cavallo è pefante, e meno libero , e fciol- to ne’ fuoi movimenti; più facilmente anche quella parte puri redar ammaccata , contufa , morficata , o altrimenti odefa, ai quali accidenti fuccedono quali fempre enfiamenti graviflìmi. 16$ Tali gonfiezze fono appellate dal Crefcen- zio (b) fpaUacce. Sono per lo più feguite da ulcere finuofe, e profondiffime dette dallo (ledo auto- (a) Art. veterin. lib. 4 cap. 2 , lib. 2 cap. 59. II Cre- Icenzio chiama quefta parte del corpo del ca- vallo la fommità delle [palle lib. 9 Cap. 29. (Z-) Lib. 9 cap. XXIX. 113 re (a) 'guidaleschi, da. altri mafealeìe, dai L.tini petimina, per cui fovente reftano tarlate le apofifi fpinofe delle prime vertebre cervicali, e il liga- rnento dello fleffo nome, la marcia insinuandoli perfino tra le cortole, e le omoplate* Del doffo. §. 4* a66l[l dorfo , o fìa la fchiena vuof effere larga, ferma, doppia, non troppo baffa , e incavata ma piana , e uguale, quali fulla fteffa linea deHe reni. Qui fopra abbiamo indicato qual debba effere il fuo abbaiamento rifpettivamente all* altezza dei garrefe, e della groppa ( §. 16$ ). 267 S’ egli è più baffo, facendo una maggior, o minor concavità ingiù ( il qual difetto incontrali (a) Lib. 9 cap. XXX. La voce guidale[co trovali ufata pretto i buoni Scrittori Tofcani anche per de- notare il gàrrefe fletto. L’ufa il Burchiello nel fonetto, che comincia Vuo’tu veder, fé Todi ha bel beftiame, dicendo nella coda Se fufle flato afciutto Pur delle gambe, e fan del guidalefco. II Vocabolario della Crufca pertanto vuol che li- gnifichi folapiente una piaga , quantunque in due patti da efla rapportati, ubo di serBrunetti Pa- taffio cap. 6, che dice Il guidalefco ha marcio in giulleria ; L’altro dello fletto Burchiello fonetto 4 parte prima Che gli ufciva’l cervcl pel guidalefco, paia, che pofla ugualmente bene effere quella voce interpretata o per una piaga, o pel garrefe. affai lovente ne* cavalli lunghi di corpo), l’animai dicefi infellato. I cavalli così conformati fono leg- gieri , portano il collo alto e rilevato colla tefta ben fituata, ma quanto p ù quell’incurvazione della fpina in balio è grande, tanto p u il cavallo è de- bole, e incapace di refiftere a una fatica anche mediocre. Nel parare (a) non prefenta mai bene la fronte, vacilla, e fi traveifa a delira, e a fini- lira : fatta la parata non è mai fermo , nè filabile nello lleffo fito, rincula fempre, o portafi in avan- ti. Aggiungali, che a tali doffi. egli è molto diffi- cile il bene adattar la fella. • 2’ella è troppo alta, la groppa è ordinaria- mente avvallata ( §. 28 1 ), e quella difformità cade di foverchio lotto gli occhi : s’ella è troppo baffa, effa groppa non è mai bella. fembra acuta , e da mulo: (a) Art. veteri n. lib. 4 Gap, t , z , 3 , 4. 123 Non faprei però render ragione , perchè i cavalli con la coda balla lìano creduti deboli delle reni. Il furto , o tronco della coda lìa groffo , e fermo, ben guarnito di crini dal fuo principio fino alla fine , e cosi lunghi , che giungano fino alie noc- che. Le code naturalmente poco guarnite di crini, fono volgarmente chiamate code di ratto. 289 Altre volte la coda è fguarnita di crini, per elfere quelli fiati corrofi da una fcabbiofa icn- pettiggine , la quale fi manifefia per diverie crolle lurfarecee * che fi Crtervano alla fua origine, e lungo il furto ; e le la fcabbia è umida , havvi il gemitio di una fanie tenace, e fanguinolenta ; on- de qualche volta fi formano ulcerette quinci , e quindi fparfe per tutta la coda . Quella infermità cagiona un moleftillìmo prurito. 290 Appreffo il Caracciolo da Ierocle è appel- lata ijlrich'da (a) un5 altra malattia della coda del cavallo , in cui i crini divengono rigidi, e duri come le fetole del riccio , o quali limili a quelle fpine , che fogliono lanciare gl* itlrici, ond* è ve- nuto il nome a detta infermità ; i crini così rigi- di rimangono mozzi, e infilli nei loro bulbi con fole punte, che guaftano gli altri; dette-punte fi fvellono con fornata facilità , e cagionano lo Hello prurito , come fe vi forte rogna. 291 II Rullo (b) chiama lancio un certo tumore ber- noccoluto , di color livido, di natura carcinoma- tofa , il quale cominciando pel gonfiamento vari- cofo delle vene emorroidali dell" ano , fi ftende a (a) La gloria, del cavallo tom. Il pag. 593 edi{. di Ve- nezia in 4to 1589. (£) Laurentii Rufiì hippiairia cap. CLXI1 pag, 132» pocò a poco alla parte inferiore del fufto della co- da ; fi fcrepola quindi in diverfe ulcerette di cat- tivo carattere, che mandano fuori un icore di fetidiffimo odore. Quefto tumore fa anche cadere i crini, e col tempo forma feni, che guaftano le offa fteffe, facendo gonfiare, e divenir lividi i contorni dell’ ano, e le fteffe labbra della vulva. 292 Ognun fa , che folto 1* origine del tronco della coda dal fregamento della groppiera fono fo- vente fatte fcorticature, e ulcere, le quali ripetu- te, e neglette, penetrano qualche volta fino all* offo . Dal di fotto della coda fi cava fpeffe fiate fangue, principalmente ne'morbi capitali. 293 Non fi fa chi ne fia ftato il primo inven- tore ; ma ella è pure antichiffima, e in oggi co- muniflìma preffo gl’Inglefi, e i Francefi la bizzar- ra ufanza di tagliar la coda ai cavalli . Due fono le maniere di far quefta operazione : o altro non fi ha in mira, che di raccorciar detta coda, e cosi rendere il cavallo femplicemente ; oppure oltre il mozzamento della coda, fi cerca anche di fargli portare il rimanente del fufto alto, e colla punta ripiegato insù a foggia d’ arco, il che dicefi portar la coda a tromba . Secondo che fi hanno o 1* uno , o l’altro, o tutti e due quefti fini, diverfamente fi dee procedere nell’ operare, come infognerò altrove ( Trattato delle operazioni $• )• 294 Molti tagliano la coda al cavallo per ren- dere meno apparente la difformità d’ una groppa acuta, e baffa ( §. 281 ), o troppo ftretta ( §. 284), altri credendo con quell’operazione di farla crefcere, e allargare ; I mufcoli deprefforj della coda contraendofi fanno in molti cavalli ferrar for- 124 125 temente la coda contro le natiche, o tra le co- fce , quando loro fi vuol mettere la groppiera, o foilevar altrimenti la coda. Non faprei dire fu qual fondamento credefi comunemente, che qu.Ilo ftrin- gimento della coda fia una prova certiflima della bontà, e forza del cavallo . Egli c bensì ottima- mente fatto di tirar a fe fortemente la coda del cavallo, che fi vuol comprare, per aflìcurarci fe per avventura non foffe podiccia. DelT ano , e della vulva. f 6. 295S1 è detto ( §. 36), che 4’ano, chiamato anche dal Crefcenzio il pojleriore (a), è propria- mente r eftremità dell’ intedino retto. Quello inte- ftino è chiamata da Vegezio (b) longanon', o ex- talis , e ferve a dar ufcita alle materie fecali. La diverfa confidenza, natura, colore, e quantità di quelle annunziano diverfi morbi, o divelli gradi di morbi chiamati tutti in generale fiu/Ji di ven- tre , deiezioni, /occorrente. 296 L’ azione del mandar fuori dette materie dicefi jlaliare (c) j il cavai fano dee ftallare con fa- cilità , e le fue feccie debbono edere confidenti, con troppo fecche, e fenza cattivo odore. S’ effe fono molto dure, e fecche, ficchc i’ animale non (a) Llb. 9 cap. 18, e 22. (£) Lib. i cap. 42, llb. 3 cap. 11. E la detta fua eftremi* tà dallo fteflo autore ivi nomina/! cataclyftum, altrove poi più comunemente l’ano. (c) Da Vegezio adjcllart in più luoghi della fua opera. le polla mandar fuori che con molta difficoltà', con dolore, e raramente, dicefi ch’egli è Jìitico, O duro di ventre. 297 Se per lo contrario le feerie fono troppo liquide, troppo frequenti, e abbondanti, non fi- gurate , ma quali acquofe, quello fluido appellali diarrea, dai Latini venter folutus, come la Iliti- chezza ( §. 296 ) è da cidi chiamata venter fìriclus. La diarrea è aliai familiare, e riefce fovente mor- tale ai puledri lattanti. 298 Se le deiezioni ( §. 295 ) fono liquide , copiofe , è nello ffcefTo tempo fanguinolente , acri, puzzolenti, marciofe , con corruzione delle budella , il flulfo è detto dtfenteria. Sonovi dilden- terie epizootiche ( Patolog. §. ). 299 Se fono grafiofe, lucenti, e com.e coperte, e vellite da una tela di pinguedine , coftituifcooo il morbo detto dagl’ Italiani radatura, dai Francefi grasfondure. 300 Se il cavallo manda fuori lo llerco indige- no , .cogli alimenti fieno , e biada, quali tali, come gli ha mangiati, con un odore limile a quello del- lo llerco umano, quella infermità, che induce tor- fìoni, e fa rugghiamento nel ventre , dicefi liente- ria , e dal Crefcenzio aragaico (a). 301 Se dall’ano efcono materie bianche, quali chilofe , onde il corpo del cavallo dimagrale fue interiora fi afciugano e fi difieccano , il fluido di- cefi pajjìon celiaca , e dai Medici veterinari fcalma- tura 3 o morbo J'<'calmato [b). Tutte le predette ma- niere-di Aulii (§. 297 ad 301 ) poffono ridere o (a) Lib. 9 cap. 2,3. (b) Rufìus c introducono , e mantengono nel fondamento un cannello. 308 Attorno quella parte crefcono fovente dei tubercoli carnolì, i quali fecondo la loro figura , e grodezza fon chiamati verruche ( §. 581 ), fichi ( §. 582 ) , porri, condilomi ( Patolog. §. ). So- noli veduti puledri nafcere coll’ ano imperforato , chiufo da una membrana contro oatura, che fi tro- vò al luogo, dove dovea edere l’apertura naturale dell’ inteftino. 309 Ognun fa, che nell’inteftino retto, il quale è molto ampio, e dilatabile , s’introducono facil- mente le mani, e tutto il braccio per eftrarne le feccie prima di mettere i clifteri, oppure per aflì- curarci fe la vefcica , la quale fi trova al difotto di edo , è piena, o nò d’ urina , o fe contiene calcoli, o altri corpi ftranieri, o fe nello ftedo inteftino fonovi vermi ('§. 303 ). 310 La vulva fuole più, o meno gonfiare, e divenir roda nelle cavalle, che vanno in caldo ( delle Razze §. ), e in effe fi vede la clitoride continuamente contrari!, e dalle parti a lei cir- convicine ufcire in abbondanza, e qualche volta anche zampillare a una certa diftanza un’ umor bianco , viicofo , d’ un odor particolare molto pe-- netrante, chiamato ippomanc (a). 129 (a) Virgil. Georg, llb. 3 verf. 280 parlando del tempo, in cui le cavalle vanno in caldo, dice; „ Hic demum hippomanes (vero quod no- mine dicunt „ Paftores ) lentum deftillat ab inguine virus, „ Hippomanes , quod faspe mal» legere no- verca , „ Mifcueruntque herbas, & non innoxia veiba. 3 11 Non bifogna però confondere coll’ ippoma- ne un umor purulento, fovente di diverfo colore, che non di rado fuole ftillare per qualche tempo dalla vagina nelle cavalle , che hanno partorito, come ftiilano i lochj nelle puerpere. Quell' u'timo fcolo viene dall5 utero, mentre Y ippomane ( §. 310) ha la fu a lorgente dalle parti inferiori della vagina. La llelfa vulva fuol gonfiare più o meno nelle cavalle pregne quando fi approllìma il parto; e nelle primipare all’ ulcita del feto fi fende, e fi fpacca non di rado la commifiura inferiore della vulva. 312 Può anche accadere in cafo di aborto, di un parto difficile, o contro natura, maffime fe i Manifcalchi con grofinlani ìllrumenti , o anche colle foie mani facciano violenti sforzi per aiutar la cavalla a partorire, può, dico, accadere il ro» yefciamento , o la difceja della matnce , la quale qualche volta elee fuori della vagina , facendo un grotto tumore ; altre volte io cambio delia matri- ce fuol rovesciarli la fola vagina. Quelle malattie fono fempre pericolcfe , anzi per lo più riefeono mortali. Ma fe pur ci riefee di farne la riduzione, bifogna poi efcludere dalle razze le cavalle , che le Iranno fefferte ; perche altrimenti o nel tempo della gravidanza , o in quello del parto fogiiono recidivare. $13 Alle cavalle affette à’ifcuria ( §. 343) fi 130 Perchè in quei tempi fi credeva che quefio ip- pomane avefTe la virtù di far innamorare,Te rie fervivano perciò ne’ filtri amorofi : a quefi’ufo però era molto più adoperata laippomane, che è una porzione delle fecondine della cavalla, come fi diinoflierà nel trattato delle razze. può facilmente evacuar la vefcica dell’ urina , cha contiene , introducendo per la vulva nell’ uretra , e da quella lìa nella vefcica un catetere non mol- to dilTunile , falvo in grofiezza , e in lunghezza , da quello , che adoprano i Cerulici per ellraire Y urina nelle donne ( Vedali il trattato delle opera- zioni §. ). 314 In alcuni paefi per impedire, che qualche loro pregiata cavalla non relli coperta da qualche ftallone , che li dilìacchi accidentalmente dalla man- giatoia , accollumano d’ affibbiarle ,• cioè di loro ftringere, e ferrar la vulva con anelli di ferro, o d’ottone, oppure con una fpezie di craticola dello fteffo metallo, che afficurano alle labbra della tleffa vulva perforandole . Ma quello mezzo , ancorché impedifea l’introduzione del membro nella vagina, non impedifee però ficuramente , che la cavalla retti pregna. Arveo nel fuo libro delia generazione degli animali ci rapporta la ftoria d5 una bella ca- valla , la quale Hata affibbiata d’ ordine della Re- gina d* Inghilterra , perchè non foffe coperta , re- ftò nientemanco pregna fenza che alcuno fe ne accorgelTe , e un bel mattino tutti Tettarono atto- niti di trovar accanto di effa un puledrino , che tettava, e la madre colla vulva tutta lacera, e gli anelli pendenti. 131 Del torace. §• 7* 315H1 rifeontro , o fìa la parte anteriore del tora- ce lì detìdera ampio, carnofo, colle interfecazionì de’ mufcoli grande, e piccolo pettorali, e del mufcolo comune ( Miolog. §. ) ben apparenti, con un canaletto, che io divida lungitudinalmente in due parti uguali. La Tua larghezza prefa dalla punta di una fpalla all’ altra , vuol edere di due terzi della lunghezza della teda ( Tav. 2. fig. z lett. cccc ) : e in quello cafo il cavallo dicefi bene aperto dinanzi. 316 Se il petto c minore di quella mifura, r animale diceh fretto , o ferrato dinanzi. Quello difetto di conformazione il rende debole, e di poco valore, che s’incavalla ( §. 375) nell’anda- re. Se per lo contrario il petto fupera in larghez- za i due terzi della tella , il cavallo è troppo lar- go dinanzi ; fuol edere pefante, e poco fciolto ne* Suoi movimenti, piuttollo arto al traino, che alla fella , o al maneggio : maflime fe quell’ ampiezza del petto dipende anzi dalla groffezza delle Spalle, che dall’ effettiva larghezza del vero rifcontro. 317 Al petto accade affai fovente un tumore infiammato effenziale, critico, o lintomatico detto anticuore (a) , il quale fi manifefta pel gonfiamen- to , calore , dolore, e per la renitenza di quella parte. 11 gonfiamento ftendeli non di rado alla go- 132 (a) L’ anticuore, cioè il tumore infiammato al petto è quafi Tempre il fintoma d’una febbre maligna, e contagiosa , la quale affligge non di rado i ca- valli, e i buoi, ed è dal Sauvages ( Nofolog. tom. i pag. 418) chiamata pcflis amicar dia. I Mu- lo-medici però danno il nome di anticuore a quafi tutte le malattie infiammate interne , co- me alle peripneumonie, alle febbri ardenti ec. fiano qu Ile epizootiche , o Sporadiche ; e col nome inedefimo chiamano pure i cauteri, che fi praticano al petto. la , e lungo la parte inferiore del torace fino al ventre : vi è febbre , palpitazione di cuore, e fi offerva anche da lungi il battimento delle arterie carotidi alla loro ufcita del petto . Ivi in diverfe malattie foglionfi praticare cauteri, fi menano fe- toni s o fi applicano i vefcicanti . Quella parte è foggetta a reftar piagata dal pettorale (a) principal- mente nelle montague. Dalle vene de1 rincontri fi cava affai fovente fangue. 318 11 coftato dee prefentare una grande con- veffità in fuori all'una, e all'altra parte del tora- ce ; la qual convelììtà cominci alle vertebre dor- fali, e fi termini allo derno ( Ofteolog. §. ). Da quella rotondità delle coftole , che in un ca- vallo beneftante dee trovarli fulla fteffa linea delle anche , rifulta 1’ ampiezza della caffa del petto , e quindi la neceffaria , e facile dilatazione de’ pol- moni nelle infpirazioni. 319 Se le coftole, nel difcendere dalla fpina dorfale , non formano, che un piccolo mezzo cer- chio , effendo più baffe deli' accennata linea delle anche ( §. 318), il torace rimane appianato, e la fua cavità troppo ftretta. Perchè i polmoni non trovano allora un fufficiente fpazio per dilatarli, i cavalli così conformati fono ordinariamente di po- ca lena, e foggetti a divenir bolli ( §. 348). So- gliono inoltre aver la fchiena da mulo ( §. 268 ), 133 (a) Il pettorale, o la pettiera è quella ftrifcia di cuoio, o altro, che fi mette avanti al petto del caval- lo , appiccata alla fella da una banda, e affibbia- ta dall’ altra, acciocché in andando all’ erta la tenga, ch’ella non cali indietro. Dai Latini il pettorale è detto antilena. la pancia da vacca ( §, 325), e i fianchi vuoti, c litratti ( §. 346 ). 310 Dalla premitura d'una fconcia fella, o da qualunque altra cagione efterna accadono fovente lefioni alle coltole, che fi moftrano per tumori du- ri, e callofi , oppure per ammaccature, che dege- nerano qualche volta in ulcere ftftolofe , le quali neglette cavano fino all’ offo, il guadano , o pe- netrano nella ftelfa cavità del petto. Tali lefioni appellaufi volgarmente cojìane, che punto non dif- ferifcono, fe non pel iito , dai guidalefchi ( §. 165), dal mal dei corno, dai polmoncelli ( §. 270). ; 321 Le colte fi poffono rompere una fola, e più ìnfieme -, e la loro frattura è o femplice , fen- za che i pezzi fiano fcompofti, e fi conofce dalle cagioni precedute, dal tumore, e dolore al luogo dei colpo , dalla difficoltà del refpirare , e ancor meglio dal toccare, e comprimere colle dita il luogo, dove fi teme la frattura, che fi fentiranuo muoverli i pezzi fratti, abballarli, e fors’ anche crepitare. 3 ir Oppure la frattura è fcompofta , e in que- llo cafo oltre i fegoi fovramroentovati ( §. 321 ), che faranno più apparenti, fe i pezzi fratti fpor- gono insù contro gl’ integumenti ( il qual cafo è raro ), fi vedrà, e fi toccherà 1’ elevazione da edi fatta. Se per lo contrario, come il più delle vol- te addiviene, i pezzi fcompofti fono depredi verfo il petto, fi conofcerà dall’ abbaiamento , e dall* ineguaglianza della parte. Quelle fratture fono nel numero di quelle , che fi poffono guarire nel ca- vallo , purché non vi fia grave lefione delle vifcere 134 135 contenute nel petto, o fquarciamento di qualche grotto vafe languigno. Del ventre. $. 8. 3^33—-< altezza, e la larghezza del ventre debbo- no uguagliare cialluno una tetta ( §. 95 ) . Se il ventre è {'proporzionatamente grotto , che troppo cada, e difcenda ingiù, dicefi ventre da vacca ; nel qual cafo il cavallo Tuoi eflere anche infettato ( §. 267. ). Se con un tal ventre l’animale c vecchio, gran mangiatore, e fotte di tanto in tanto, fi dee temere, che pretto non divenga bolfo ( §. 348). 324 Notili però, che alla maggior parte de’pu- ledri slattati, qualche mele dopo che fono al fie- no , alla biada , e atta crufca ( non così frequen- temente a quelli, che fi mettono fubito ne1 pa- fcoli ) goofia, e difcende la pancia, come fe avef- fero un ventre da vacca ( §. 323 ), ma in etti a poco a poco i fianchi fi riempiono, la groppa crefce , e fi allarga, e tutte le parti collo ttetto ventre prendono la debita forma. Gl’ Inglefi ai cavalli giovani, per impedire quella difcefa, e grof- fezza detta pancia , fogliono falciargliela con una larga cinghia, la quale ttringono fempre più, e gradatamente tutt’ i giorni. 325 Vizio contrario al precedente ( §. 323, 324) è quello de’cavalli, che hanno il ventre ritratto insù verfo le vertebre , o , come dicono , attaccato atte interiora a guifa di quello de’ cani da giungerei dicefi allora, che l’animale è foretto di budella , o che manca di corpo : tale fuol ettere 136 il ventre dc’cavalli naturalmente, o accidentalmente magri, de’ cavalli fpoffati dalle fatiche, degli etti- ci, e de5 bolli inveterati ec. 326 Alla parte inferiore del ventre per troppo lungo ripofo , per pletora, o altra cagione inter- na fopravveDgono fovente tumori edematoli, o infiammati , chiamati volgarmente intavolature , i quali per lo più ne occupano tutta 1* eltenfione avanzandoli fioo al petto. Quelli tumori qualche volta fono fintomatici, fucceduti alla caftratura ( §. 329), o all’anticuore ( §. 3 i 6 ). 327 Nafcono talvolta puledri aventi alla regione ombilicale un tumore molle, cedente, indolen- te, circofcritto, il quale compreffo colle dita quali interamente fvanifce ; del color della pelle , che Io cuopre, formato dalle intellina , che efcono dal ventre per un preternaturale difcollamento de* mufcoli deli’addomine, i quali ivi lafciano un’aper- tura più, o meno grande. Quello tumore diceli erma ombilicale , od onfalocele. Le ernie dette an- che allentature, come nell’onabilico , poffono pure accadere alle parti laterali del ventre, e allora di- confi ventrali. Le congenite, cioè quelle, che l’ani- male porta dal ventre della madre, fono fempre molto meno pericolofe, che le accidentali, cioè che quelle, che accadono dopo la nafcita per is- forzi, per colpi, o per altre limili cagioni elterne. 318 11 cavallo è frequenthlimamente forprefo da dolori di ventre chiamati in generale mal di fianco , tornimi, o coliche : la qual malattia fi co- nofce dall’ offervar l’animale inquieto, batter con- tinuamente de’piedi per terra, contorcerli, guar- darli , e perfino moiderfi 1 fianchi , ad ogni litan- ie coricarli, e levarli, sbuffare, fudare, far de' 137 lunghi, e forti lamenti , piantarli per urinare , o flallare, aver la refpirazione frequente, il ventre gonfio ec. Sonovi diverfe fpezie di coliche più o meno gravi : alcune fono cosi acute, che ammaz- zano in pochiflimo tempo l'animale. Di tutte parla con molta accuratezza Vegezio dai cap. 40 lino al 32 del primo libro della fua arte Veterinaria . Quando li conofce effere il cavallo attaccato da’ dolori di ventre, bifogna fempre diligentemente oflervare tutte le parti del ventre, e ne’ cavalli interi lo fcroro , e gl’ inguini, per vedere fe non fodero prodotti da qualche ernia ( §. 327, 336)* Delle parti eflerne della generazione nel cavallo , e delle mammelle nella giumenta. §. 9, 3 2. tcjlicoli fiano pari in groflezza , anzi picco- li, che troppo groffi. Il cavallo a cui fono Itati confer- vati i teflicoli, diceli cavallo intero , e fé fi delfina alla generazione, jlallone. Il cavallo cui fono flati tolti i teflicoli ( la qual operazione nominali ca- Jlratura ) diceli cajìrato , dai Francelì hongré. Con elfl teflicoli perde elfo una gran parte della fua forza, vivacità , e vigore , ma divien più docile , e più manfueto. 330 Nell’ efaminare fe un cavallo fia intero, o caftrato ( §. 319), fi abbia fempre a mente, che in alcuni foggetti i teflicoli non difcendono mai nello fcroto, ma reftano fempre rinchiuli nell' addomine , come lo Fodo nel feto fino a un cer- to tempo ( frattato delle razze §. ) , Acche V animale potrà iembrar caflrato, perche non lì 138 toccano i tefticoli , quantunque abbia tutta la fa* coltà di generare . Per torci ogni dubbio , fi efa- minì fe al luogo delio fcroto non v’ c la cicatrice dell’antico taglio. Altre volte la caìtratura effendo data fatta per acciaccamento, e non per ampu- tazione ( Trattato delle operazioni §. ) , può ancor rimaner ai tefticoli acciaccati la potenza di feparare poco, o affai di Temenza (a) , e con- feguentemente tali cavalli poffono effere ancor abili alla propagazione della fpezie. In quello cafo s’in- contrano ì tefticoli diminuiti si di volume, ma per anco elìdenti , nè 1’ animale ha tutto perduto il Tuo vigore , e vivacità alla viltà delle cavalle. 331 I tefticoli, e lo fcroto fono foggetti a di» verfe malattie . La più frequente è il gonfiamento edematofo, o flemmonofo delle borfe , che può procedere dalle Iteffe cagioni dell’ intavolatura fotto il ventre ( §. 3x6). Se il tumore è edematofo, fi conofce al tatto, che comprimendolo conferva per qualche tempo l’impreffione del dito , e que- (a) I Francefi chiamano tali cavalli imperfettamente caflrati biflournés dal verbo biflourner y che predo elfi lignifica acciaccare cioè torcere , ammac- care i tefticoli. Il signor Dati dice, che il ver- bo acciaccare prefo afìòimamente vale anche ca- ftrare, e il deriva da ciacco , che predo i Fio- rentini lignifica il porco, perchè i dacci, cioè i porci fi caftradero già ( dice egli ) ammac- cando loro i genitali, nella ftefla maniera, che fi coduma di fare a’ vitelli, e altri animali. Qneda etimologia par molto verifimile. Vedali il Menagio origini della lingua Italiana alla voce ciacco. Gli delti Fiorentini, parlando d’animali bruti, in vece di cadrare, dicono anche fanare, e noi Piemonte!! il diciamo in particolare de’ porci, 139 fta malattia, la cui cagion proffima è il tra vara- mento delia linfa nel tefiuto cellulare dello fieflb fcroto , nominali idrocele ejlerna. 332 Se poi il tumore dello fcroto c infiamma- to , fi conofce dal calore, dal dolore , e dalla tenfione della parte, e quello per lo più fuol fup- purare. 333 Altre volte la linfa ( §. 331 ) fi raccoglie nella tunica vaginale dello Hello tedicelo, o in quella del cordone fpermatico , e il tumore indi nato diedi idrocele interna. Si fente la fluttuazione delle acque al difopra, o fullo Hello tefiicdo. 334 Può accadere, quantunque più raramente, che in vece d’ acqua , le cellule dello fcroto, o del teflicolo, o del cordone fpermatico fiano riem- piute d’ aria, onde nafee l’infermità detta pneu- matocele , che vuol dire ernia ventofa : i cui fegni fono il gonfiamento , e la tenfione elafiica delle borfe accompagnata da crepitazione, quando fi com- primono. 333 Attorno il cordone fpermatico, o fopra il tefiicolo crefcono qualche volta dei farcomi , o tumori carnofi , chiamati farcocele : la quale pre- fenta gli fieli! fegni dell’idrocele interna (§.333)» eccettochè il tumore nella farcocele è più duro, e più refifiente fenz’ alcuna fluttuazione. Alla far- cocele fuccedono per lo più delle ulcere can- cerofe. 33 6 Accade pur qualche volta anche nel cavallo la bubonocele , o lia l’ernia inguinale, prodotta dall* ufeita dell* inteflino fuori dell* addomine per l’anello de* mufcoli obbliqui ( Miolog. §. ) . Se 1* inte- Hino fuorufeito in vece di arreflarfi a detto an-eì- lo, difeende fin nello fcroto , 1* ernia appellali 140 ofcheocele. In quell’ ernia fonovi tutt* i fegni di crii- deliffime coliche : 1’ animale fi corica per lo più fulla fchiena colle gambe in aria : havvi molta difficoltà, o anche impoffibilità di llallare: e fe lì tocca agl’inguini, o allo fcroto, lì fentirà il tumore. 337 II prepuzio formato da un prolungamento, e ripiego della pelle, che ivi è d’ una teffitura molto lalfa, e molle, quali Tempre gonfia nella circoftanza dell’ idrocele elterna ( §. 331); della pneumatocele ( §. 334 ), del flemmone dello fcro- to ( §. 331 ) , delia caftratura ( §. 329 ), delle in- tavolature ( §. 326). Tali gonfiamenti Automatici del prepuzio non prefentano alcun pericolo, e fo- gliono diffiparlì colla guarigione delle accennate malattie. Ma qualche volta o per la morlicatura di qualche animale velenofo , o per qualche col- po , o sforzo talmente gonfia, e s’ infiamma il prepuzio, che il membro non può più ufeirne, T urina fpandendofi tra elfo, e la ghianda : il quale ftringimento , che in poco tempo può effere fe- guito da cancrena , nominali fimoji. 338 O il gonfiamento trovali alla ftefla ghian- da , e nello Hello tempo al prepuzio, il quale at- torno alla corona di quella fa un orlo circolare , e ftretto , onde il membro non può più rientrare , e rimaner coperto : e quella malattia , in cui li ve- de elfo membro pendente, e fuori della fua guai- na , chiamali parafimoji, e volgarmente ujcita del membro ( chute du membre ) 339 Se i mozzi di Italia non hanno l’attenzio- ne di nettar fovente, e lavare il membro, traen- dolo fuori del prepuzio, fuol raccoglierli tra que- llo, e la ghianda, principalmente nella fofletta navicolare una quantità d’ umor febaceo, il quale o diviene acre, e produce infiammazioni, efcoria- zioni, e ulcere; oppure intanto s ifpiffifce, che ot- turando il meato urinario, fi oppone alla libera ufcira dell5 urina. 340 Sonovi cavalli di temperamento caldo, e ardente , i quali tengono il membro quali Tempre dritto , e fguainato con defiderio, e ftimolo di congiungerfi in amore , la qual infermità nominali fatiriafi. 341 Che Te il membro è rigido, e dritto piut- tofto a cagione della convulfione de’Tuoi mufcoli, che per lo ftimolo del Teme, tale erezione dolo- rofa, e convulfiva, non accompagnata dal defide- rio della copula , appellali priapifmo , il quale può accadere agli ftelli cavalli caftrati, mentre la fati- riafi ( §. 340) ha luogo ne’Ioli cavalli interi. 341 Lo fcolo involontario, continuo, non ac- compagnato da erezione del Teme per l’uretra, dicefi lo sfilato , o la gonorrea. Non bifogna però prendere per gonorrea lo ftillicidio delle materie purulente, che vengano da qualche tubercolo fup- purato de reni , della vefcica , o deir uretra . In quello cafo quelle materie efeono principalmente quando T animai pifeia, ma nella gonorrea lo fcolo del Teme è continuo, debilita, e fpofia in pochif- firno tempo il cavallo. 343 L’ impoUIbilicà di evacuar 1* urina raccolta nella vefcica è nominata ifcuria, o retenfionc d’uri- na. Se quella non può ufeire, che a goccia a goc- cia , e con dolore , dicefi firanguria . Se i’ urina efee ancor facilmente, ma con ardore , e dolore nell’uretra, nominali dijjuria. Se lo fcolo dell’uri- na fi fa involontariamente , ed è quali continuo, appellali diabete. Che fe T animale non può pifeia- 141 142 . re , perchè ne’ reni più non fi fepara dell’ urina , chiamali fupprefijione delt’ urma. 344 Agl’inguini nej cavallo, come nell’uomo, oltie la lubnnocele ( §. fovente accadono certi enfiati dolorofi chiamati anguinaie, o buboni, i quali quafi fempre fuppurano. 345 Le mammelle gonfiano, e gettano latte nelle cavalle , che fono vicine al parto , o che allattano: in erte mammelle fi formano dei tumori e degli afceflì prodotti per lo più dal quagliamen- to, o dalla troppo grande abbondanza dello fterto latte. Dei fianchi. §. io. efame de’fianchi è molto ertenziale nella compra di un cavallo. I fianchi fiano pieni dall’ul- tima falla corta fino all’ orto dell’ anca , e fiavi poca diftanza dall’ una all’ altra di dette parti. Se i fianchi fono cavi, non allo fterto livello delle corte , e delle anche, e come ritratti insù , 1’ ani- male dicefi sfiancato , il cjual difetto fe non è ac- cidentale , provegnente per efempio da magrezza , da fatica , o dalla dieta , denota per lo più un cavallo debole, cacochimo, e di poca lena; tanto più che tali cavalli sfiancati fogliono eflere eftre- mamente ardenti, mancar ordinariamente di cor- po , fe pur anche non hanno i piedi e i garretti dolorofi. 347 Più che la conformazione giova confiderare i movimenti de’ fianchi fe fono naturali, o altera- ti. Nel cavallo fano, e in rìpofo, che mangia, 143 0 che palleggia , fi vede un movimento regolare, e mediocre d’innalzamento, e d’abbaiamento de* fianchi, corrifpondente alla naturai entrata , e ufcita dell’ aria ne’ polmoni, cioè ai movimenti d’infpirazione , e d’ effrazione. Se il cavallo ha fatto una lunga corfa , ha tirato, o portato qual-? che grave pefo , oppure s’ egli è opprelfo da feb- bre , vedefi il petto anfare , le narici ampiamente dilatarli, e i fianchi battere con fomma velocità, ma pure i loro movimenti , comechè precipito!!, fono regolari , e uguali ; lo fteffo fi oflerva nella peripneumonia (a) detta dai Francefi courbature, e in tutte le malattie acute, e dolorofe. 348 Che fe l’animale, il quale ha ferrato ( §. 220 ) , vien forprefo da una toffe fecca , e fre- quente , e da un battimento de’ fianchi alquanto irregolare , fenzach-è fiavi febbre , inappetenza , o fcolo di alcuna materia dalle narici, o dalla boc- ca , fi giudicherà minacciato dalla bolsaggine , det- ta dai Francefi poujfe, e dal Crefcenzio puìjino, o buljìno (b) : della quale più non fi potrà dubitare, quando i movimenti de’ fianchi, oltre 1’ effere fre- quenti , e precipito!!, faranno anche raddoppiati , cioè faravvi l’effrazione molto più corta deli’ in- fpirazione. Quella malattia dipendente fempre dal vizio de’ polmoni è incurabile, e in fine riefce mor- tale . Se non è ereditaria , non fuol manifeftarfi prima degli otto, o nove anni . Di effa fi fuol (a) Pare , che il Crefcenzio abbia voluto defcrivcre la peripneumonia folto il nome d’infejluto , o co- me altri leggono infejluco Vedali il cap. 21 del lib. 9 della fila agricoltura. (b) Lib. 9 cap. 20. Dai Latini i cavalli bollì erano chia- mati JuJpiriofi, Colimi, lib. 6 cap. 38. guarentire il cavallo ( §. 636, >637 ). 349 Alcuni cavalli fenz' effere nè bolli, nè al- trimenti alterati de' fianchi , quando trottano , o galoppano , mandano fuori un certo rumore rau- co molto ingrato Tali cavalli diconfi volgarmente grojji di lena, e malgrado tale incomodità poflfono qualche volta rendere un buono, e lungo fervizio. 350 Ai fianchi, o più fiotto di eflì alle parti laterali del ventre nelle cavalle pregne, pattato il quinto , o fiefto mefe della gravidanza , fi poffono fentire colle mani ivi applicate i movimenti del fe- to nell’ utero , e dopo 1' ottavo mefe que’ movi- menti fi vedono anche da lontano fienza il tatto. { Tratt. delle razze §. ). 144 DELLE ESTREMITÀ IN GENERALE. ' 145 CAP. Vili. 35» Nel fecondo capitolo, e in più altri luoghi di quello trattato ( §. 89 , 258 , 263 ) lì è indi- cato qual debba elfere la giulla , e proporzionata altezza delle ellremità sì anteriori , che pofteriori ; e nel cap. terzo dopo aver indicato qual debba elfere la naturale direzione di quelli membri, fi fo- no dimollrati in generale i molti, e gravi incon- venienti , che nafcono dai preternaturali, e pur troppo frequenti cangiamenti di quella direzione ; rella ora che facciamo parola degl’ inconvenienti , che nafcono dalla fproporzionata altezza delle me* defime ellremità, incominciando dalle anteriori, confiderate in generale, e quindi da ciafcuna par- te di elfe in particolare, annoverando pur anche, come fin qui abbiamo ufato di fare, i diverfi vi- zj , e infermità, cui fono foggette ; e dopo palferemo a un non meno efatto efanie delle po- fteriori. E qui più che altrove giova, che il com- pratore abbia occhi lincei, e non palli così leggier- mente fu certi difetti, i quali potrebbero a prima villa elfer riputati di poca confeguenza. Imper- ciocché elfendo le ellremità dellinate al follegno , e al trafporto della macchina , ogni piccola cofa può col tempo offendere 1’ una, o Yaltra, o amen- due le dette funzioni, e quindi riufcir gravifiìtna. 146 DELLE ESTREMITÀ ANTERIORI Sezioni prima. jfivSe le gambe dinanzi fono più lunghe di due tette e mezzo ( §. 89), fenza che quella loro ec- ceflìva ampiezza dipenda particolarmente o da quella del garrefe (•§. 2.6$)» 0 dall’informe altez- za, e lunghezza del torace ( §§. 160, 316) il ca- vallo dict.fi troppo alto. I cavalli così conformati fono foggetti a inciampare, e a inginocchiarli: im- perciocché (lafciamo Ilare, che allora dette gambe fono per lo più troppo fottili, e deboli ), non pof- fono mai così facilmente alzare, e diftaccar da terra i piedi : che fe pur abbaftanza gl* innalzano, il loro movimento progredivo luol effer tardo, e lento , perdendo in aria buona parte del tempo, che dovrebbe impiegare nell’ avanzare, e abbrac- ciar terreno. 353 Se ali* oppofto le eftremità anteriori fono troppo corte, (il qual difetto è affai comune nelle (a) giumente ), 1’ animai dicefi tajjo dinanzi, e («) Tutti gli autori fono Raccordo nel dire, che il di* fetto d’ efler baffo dinanzi è molto più frequente nelle cavalle, che ne’ mafchi . A me è Tempre fembrata cofa troppo Tirana, che la natura vo- glia così fovente peccare piutrofto nella forma- zione del corpo delle giumente, che de’cavalli, e ho Tempre avuto nell’idea , che quella battez- za dinanzi nelle cavalle fia folameme apparen- te, e non reale. Le cavalle, come le femmine di tutti gli animali quadrupedi, e dell’ uomo fletto, hanno in generale le otta innominate piti larghe, e l’otto l'acro più concavo ingiù , e più 147 ognun comprende, che la fua progreflione debbs eflere neceflariamente raccorciata ; e fe il cavalla baffo dinanzi è nello llcflb tempo troppo alto di dietro , le percuflàoni delle eftremità polleriori fa- cendofi foverchiamente rifentire fulie anteriori, le fpalle , e i piedi col rello de’ membri dinanzi fono in poco tempo ufati , e minati, come faremo più a lungo vedere parlando dei cavalli Ingleli (§. 430), Della /palla, e del braccio. §. i. 354 L a f'palla , e il braccio fono due parti diftin- tìflime nello fcheìetro ( Olleolog, §. ) ; ma nel ca- mallo conlìderato efteriormeote , quelle due parti coperte dalle lor carni, e dai loro integumenti fo- glionfi comunemente contundere, nè farfene un efame particolare : il qual metodo da me pure, che non voglio di troppo affettare le novità, farà feguito , comprendendo fotto il nome di fpalle, e fporto, e convello in fuori, che i mafchi. La qual conformazione è fiata fatta faggiamente dalla madre natura per dar una maggior am- piezza alla cavità del pelvi , in cui debb’ effere contenuto il feto. Ora quella maggior larghezza delle offa innominare , e quella maggior eleva- zione dell’ offo facro , rendendo la groppa piti alta, e le anche più larghe nelle cavalle, che nei cavalli , fanno comparire effe cavalle baffe dinanzi più frequentemente di quel, che lo fia- no realmente. Vedali il Trattato delle razze, dove daremo le dimenfioni delle offa dg. §. ) farà di due prime , e diciotto punti ( Tav. z fig. i lett. F ). 374 Se 1* avanbraccio è più corto delle date mi- fure ( §. 375 ), la gamba ne riman debole , e in poco tempo faticata, e ufata. Imperciocché lo din- co , che naturalmente è molto più lottile dell* avanbraccio , dovendo allora colla fua lunghezza compenfare la brevità di quello , debb' edere pa- ragonato a una lieva lunga , e Lottile , la quale facilmente cede al pefo. Non bifogoa però difli- mulare , che, fe i cavalli, i quali, come fi è detto ( §. 573), hanno l’avanbraccio lungo, nel viaggia- re meno fi fiancano di quelli, che 1’ hanno più corto. Quelli ultimi rilevano molto più le gambe nelle loro andature, e molto più di quelli piegano le articolazioni dell’ avanbraccio , del ginocchio , e della nocca. Per la qual cofa riefeono più elegan- ti, e più graziofi ne’loro maneggi, e fono più ri- cercati , e ftimati dai Cavallerizzi. 375 La diftanza dalla faccia interna di un avan- braccio alla (leda faccia dell5 altro prefa dalla lor parte fuperiore vicino il petto debb’ edere di due feconde ( Tav. z fig. z lett. eeee ) , e allora il cavallo è ben aperto dinanzi ( §. 315). Se detta di- ftanza è maggiore di due feconde » egli è troppo 155 156 largo, e perciò pefante,è poco graziofo nel cam- minare. Che fé ella è minore, il cavallo ne ri- marrà ferrato, o fretto, il qual difetto lo ren- de debole, e foggetto a incavallarji, o, come fi dice volgarmente, a coprirfit cioè a portar, quan- do va, una gamba verfo 1* altra , come in croce, e a percuoterfele inlìeme. 376 II gomito fia fituato dirimpetto alla gradel- la, a cui rifponda direttamente. Sia dritto, e per- pendicolare , non inclinato in dentro , nè ferrato contro le coltole, nè fporto,e inclinato in fuora. Nel primo cafo i movimenti della gamba fono im- pediti , e il cavallo rimane mancino ( §. 487 ) : nel fecondo cafo il cavallo cammina ugualmente male, e rimane cagnuolo ( §. 487). L’altezza del gomito al di fopra dello derno debbe effeie di due fecon- de ( Tav. 1 fig. 1 lert. & ). 377 Le unghielle (a) fiano piuttofto piccole, (a) Egli è così difficile l’indovinar l’ufo delle unghiel- le nel cavallo , < come lo fcoprirne la loro origi- ne , e formazione . Gio. Batifìa Trutta nel fuo novello giardino trattato primo cap. V Crede edere le unghielle formate dalla collante appli- cazione della pianta del piede del feto, mentre Ha rinchiufo nella matrice contro quella parte delle avanbraccia, e degli (tinchi pofteriori, ove fi offervano , attefochè , dice elfo , 1’ unghia d d: una natura molle, gotnmofa, e vifeofa , e folamente s’indura , dopo che I animale è ufei- to alla luce. Credo però, che il Trutta troverà pochiffimi fautori di quella fua (ingoiar opinione. E già il Ruini 1* avea confutata nella fua Anato- mia. del cavallo lib, IV cap. XIV, 157 Pecche, e dure, che quello è fegno di gamba fec- ca , e nervofa, crescendo effe davvantaggio, ed effendo più fpugnofe in que’ cavalli , i quali nati , crefciuti, e allevati in luoghi umidi , e pantano!! , fono pieni d’umori, e fottopolti ai ricciuoli ( §. 423 ), q alle difcefe umorali (§. 466 ). Ne’cavalli vecchi le un- ghielle fogliono diffeccarfi, e indurirli affatto, come il corno. Quando fono di troppo crefciute bifogna ta- gliarle , ma non mai llerparle, perchè dal loro fterpamento può nafcere una piaga. Nel terzo ca- pitolo (§. 101 , 103 ) li è dimollrato qual debba effere la naturai direzione delle avanbraccia , on- de T appiombo non ne rcfti fallificato. 378 Alla punta del gomito li offerva frequentif- limamente un tumor freddo, qualche volta affai groffo da noi chiamato col nome generico di lu- pia , e dai Franceli éponge; perchè per lo più pro- dotto dalla ripetuta fregagione delle eftremità de* ferri, da elfi Franceli chiamate éponge s, contro lo fleffo gomito. Detta fregagione fuccede principal- mente ne’ cavalli foiiti a coricarli, come le vacche, cioè a ripiegar in maniera , quando li coricano , le loro gambe anteriori , che i talloni tocchino, e li appoggino contro i gomiti. Altre volte in ve- ce di un tumor ciftico vi li forma per la fteffa ca- gione una femplice durezza, o callolità. Non bi- sogna però credere, che quella lia 1’ unica cagio- ne delle lupìe ai gomiti. Quelle li vedono non di rado apparire in pochillìmo tempo per cagione in- terna , nel qual cafo fono per 1’ ordinario infiam- mate, e dolorofe. Poffono qualche volta nafeer dal fregamento dei gomiti contro le colloie, o contro 158 le cìnghie (a), maflìme nei cavalli, che hanno quelle parti mclinare indentro ( §. 376 ). 379 Alla taccia interna deile avanbraccia, prioci- palmenre ne’ cavalli fini , di cuoio tenero , e deli- cato , ne’ lunghi viaggi , in tempo di fiate , o ne’ luoghi faegofi viene una infiammazione cutanea , cui per lo p ù (uccede una p;ù o men grave elconazione detta dai Latini imertngo [b), e dagl* Italiani intrafiegaiu a. Si conofce dal roffore, e fcorticamento della parte , 1’ animale zoppica , an- zi jalcia in camminando, come le averte uno sfor- zo alla fpalla ( §. 36(3 , 367)* Alia fteffa faccia fi fogliono applicar i veicicanti. 380 II cubito può romperli in alcun luogo del- la fua lunghezza, e fi contano alcuni efempi, che una tal frattura ha fiata guarita (c). Ancor più fa- cilmente fi potrebbe curar la frattura del foìo ole- crano (Otteolog. §. ), la quale può accader nel cavallo, come accade nell’ uomo. (a) Le cìnghie fr no certe f.ifcie teflute di fpago , che fervono a divertì ufi , e propriamente a tener ferme addotto alle beffe la f Ila , il batto, la bardella, e fintili. Quindi è venuto il nome di cinghiata alla vena degli (proni , perchè feorre vicino al luogo, dove fi cinghiano i cavalli, il qual luogo dui Crefcenzio lib. 9 cap. 18 è detto cinghiatura. (b) Cato de re >ujì’ca cp. 159, Columella Hi. 6 cap. 32 I Francefi chiamano il cavallo affetto dall* intrafregatura fra è aux ars. (c) Soleyfel parfait Marechal pari, premis e chap. LIX. rapporta la finria della guarigione della frattura del cubito, di cui è flato tettimonio oculare. Del ginocchio. §. 3. *8i Il ginocchio vuol effer appreffo a poco quadra- to , cioè la Tua larghezza dalla parte lateral efter- na all’ interna ( Tav. z fig. z lett. hh ) debb* effe- re a un di preffo uguale alla fua fpeffezza dalla faccia anteriore alla piegatura ( Tav. i fig. i lett. 11 ), come pure alla fua lunghezza prefa dall’ apo- fifi mezzana dell’ eftremità inferiore del cubito all* apofili mezzana dell* eftremità fuperiore dell’ offo dello fticco (Tav. z fig. z lett. iiii), le quali par- ti non deono avere più d’ una feconda e mezzo , o d’ una feconda, e quindici punti. 38Z 11 ginocchio fia anteriormente piatto, e fo- pra effo cada perpendicolarmente 1’ avanbraccio fenz’ effere inclinato nè in dentro, nè in fuori : s’ egli è rotondo, e gonfio , e ancor più fe man- cano i peli nella parte mezzana della fua faccia anteriore, oppure v* è piaga ( nei quali cali fuol appellarli ginocchio coronato ) ; quelli fono per lo più tutti fegoi, che il cavallo ha le gambe ante- riori faticate, e ufate, eh* egli è loggetto a ca- dere, e a inginocchiarli. Giova però ilfapere, che qualche volta quella rotondità , e gonfiezza del ginocchio , la mancanza de’ peli, e la piaga fono gli effetti d’ una difeefa d’ umori a quella parte, o dall’ averla urtata contro la mangiatoia, o con- tro qualunque altro corpo duro. Per la qual co fa prima di condannare, e rifiutare un cavallo, che abbia il ginocchio coronato, li abbia riguardo alla fua età , e allo ftato delle altre parti delle gambe anteriori 3 come pure alle cagioni, che P hanno potuto render tale. Vedali inoltre fe egli è corona- to a un folo , o ad amendue i ginocchi. 383 Ma non lì eliti a rifiutarlo fe egli è arcato, o ba le ginocchia da bue. Il cavallo diceli arcato (a) , quando il ginocchio, ufiendo della linea per- pendicolare (§. $8z), avanza, e fporge in avan- ti collo ftinco inclinato in dietro. Quello gravifli- mo difetto può dipendere dal lungo , ed eccellivo lavoro, e dalla ruma delle gambe, oppure dal tener i puledri impaftoiati ne’ pafcoli > o dal farli pafcolare in luoghi troppo afpri, e montuoli, co- me addiviene ai puledri della noftra Regia razza , i quali fi mandano troppo giovani a pafcolare nell’er- te, e rigide alpi d’Oropa. O finalmente egli è un vizio di conformazione portato dall’ utero materno j ma in ogni cafo ognun comprende quanta forza deb- bano perdere le gambe per quella falfa poftura, e inclinazione. 384 Chiamanfi ginocchia da bue (b) quando le due ginocchia fono inclinate indentro 1’ un verfo V altro j perche tali le hanno naturalmente i buoi. Quello vizio, che e quali fempre congenito, è di grave confeguenza, e rende quali fempre il cavallo mancino ( §. 487). Qualche volta, benché 160 (a) I Francefi dicono il cavallo arcato ( arqui ) fola- mente quando le gambe fono divenute tali per accidente, come per 1* ecceifivo lavoro, per 1* età, o per l’ufo delle paftoie ec . E quando egli è aicato per vizio congenito, cioè quando è nato colle gambe arcate, il nominano brajjicourt. (3) I Latini chiamavano compcrnes quelli, che aveano le ginocchia inclinate in dentro, approflìmate, e quali contigue, colle gambe divaricate, c di- ttanti. più di rado , il ginocchio è inclinato in fuori, é allora il cavallo rimane cagnuolo. 385 Oltre le piaghe, e ulcere, che i cavalli deboli dinanzi fogliono far fi, cadendo, alla faccia anteriore delle ginocchia ( §. 382), accadono per cagione interna alla loro piegatura delle ragadi, feffure, o crepacci, chiamate malandre quando fo- no lungitudinali, e rappe , quando trafverfali (a). Quelli crepacci impediendo il movimento delle gambe, fanno qualche volta molto zoppicar 1* ani- male . Altre volte alla fteffa piegatura del ginoc- chio accadono delle incapejìrature ( §. 420), le quali, come le rappe, fendono il cuoio in tra- fverfo. 38 6 Alla faccia anteriore del ginocchio nella guaina de’ tendini, che ivi fcorrono , o nella ca- ptala articolare fi raccoglie non di rado, e princi- palmente ne’ puledri lattanti una ecceflìva quantità di finovia ( Ofteol. in gener. §. ) mefccdata eoa umori linfatici, onde nafee un tumor indolente, e molle con fluttuazione, chiamato ganglio (b) quan- do veramente occupa la guaina de’ tendini j cap- pelletto , o vefcicone rovesciato , quando il ligamen- to captalare . Ne’ puledri tali tumori col tempo fpontaneamente fvanifeono 3 fe reftano , fogliono 161 (a) Il Ruellio nella fua traduzione de’ medici vereri- narj Greci chiama in generale i crepacci deflu- xiones. In particolare poi i crepacci, che acca- dono alle ginocchia , fecondo Abfirto , e Iero- cle fono dai Latini appellati fiimelia. Vedanfi ve- terinaria medicina libri duo Ioanne Ruellio Svef- fìonenfi interprete. Voi. I infoi. Parijìis 1530 cap. 41 pag. 60. (b) Veget. lib. 2 cap. 30. 162 indurirli, e impedir i movimenti dell’articolazione. 387 Altre volte gli (ledi movimenti fono impe- diti da un foprodo ( §. 393), il quale fuol nafce- re , e crefcere alla piegatura del ginocchio verfo le fue parti laterali edema, o interna (a) . Può accadere la frattura dell’ odo unclforme ( Odeolog. $. )• Dello jlìnco. §. 4. 38$TLo jlìnco , più conofciuto fotto il nome dt gamba (b), o di cannone fia d’ una grodezza , e lunghezza proporzionata, dritto, largo, piatto, afciutto, e dappertutto uguale. La larghezza dello ftioco nella parte mezzana della fua lunghezza dal lato efterno all’ interno vuol edere di diciotto pun- ti (Tav, i fig. z lett. mrn ). La fua fpedezza dal davanti al di dietro allo Redo luogo un po’ più d’ una feconda ( Tav. z fig. i Jett. mm ). La fua lunghezza dall* apofifi mezzana deli’ eftremità fupe- riore del focil maggiore ( Ofteolog. §. ) ove d (a) Predò Io Pedo Rueliio nel luogo citato i foproffi, che vengono in vicinanza del ginocchio , princi- * palmente alla fua parte inferiore full* odo deilo fìinco, fono chiamati dai Greci paracercidia, da v-tpus, che fignifica il radio , nome dato al focil maggiore, flapei dagli fteffi Greci fono detti i peronei, cioè le due piccole oda, che fono dietro il focil maggiore. (£) Lo fìefiò Vegezio fi ferve in Latino della parola gamba per lignificar la fleda parte lib, a cap, 47,49, lìb, 4 cap. i. termina il ginocchio fino al princìpio della nocca,' di una prima, e quindici punti ( Tav. i fig. z iett. 1111 ). 389 Se lo (lineo è più largo, e più fpeffo delle men- tovate mifure ( §. 388 ), la gamba è difettofa, non pe- rò tanto, quanto s’egli è troppo Cottile, e piccolo. Il qual vizio fi efprime dal volgo con dire, che il ca- vallo è portato fu de fufcellu Tal picciolezza dello liinco è un indizio quali certo della debolezza delle gambe , eccetto che effa non fia compenfata dalla groffezza del tendine ben difiaccato dalT offo ( §. 390), come fi offerva ne’cavalli Barberi, e Ara- bi. Altrove abbiamo già indicati i difetti , che na- feono dall’ ecceflìva lunghezza dello ftinco (§. 374); quando egli è corto, e i’avanbraccio ecceflìvamente lungo, i movimenti dell’animale fono terragnoli, e poco graziofi. 390 li nervo, o tendine ricercai fermo, groffo, e uguale, lontano, e diftaccato dall’offo, ciocché rende la gamba larga , e piatta , come fi defidera ( §. 388). Se il tendine è piccolo, e fottile , la gamba fuol effere debole , foggetta a gonfiare , e divenir rotonda per la menoma fatica. Se poi egli è troppo approffimato , e applicato contro 1’ offo , i mufcoli nella loro contrazione devono neceffaria- mente aver minor forza per far piegar le articola- zioni , perchè allora le corde tendinofe paralelle alle offa tendono piuttofto nell’ effer tirate a far rientrar in fe fteffe, e a compenetrarfi le offa bef- fe , che a piegarle ( Ofteolog. in generale §. ). 391 Bifogna offervar bene, che il nervo non fia troppo riftretto contro 1* offo immediatamente al difetto della piegatura del ginocchio, rimanen- do ivi come una fpezie d’incavatura, o mancanza 163 al detto nervo, il qual difetto è ciò, che i Frac* cefi dicono tendon fatili. In quello cafo il cavallo è foggetto a zoppicare per la menoma fatica, e a inciampare , divenendo il tendine in quel luogo facilmente dolorofo. 39Z Lo ftinco debb’edere piantato perpendico- larmente dal ginocchio alla nocca, non inclinato nè in avanti , nè indietro, non indentrò , nè in fuori. Lo ftinco piegato indietro rende il cavallo arcato ( §. 383), piegato indentro (a), il rende mancino ( §. 487 ) 5 fe in fuori il rende cagnuolo (ivi )• 393 La gamba vuol eflere sì netta, e fecca, che fi polla didimamente vedere la biforcazione dei groffi li- gamenti dello ftinco, che fcorrono dietro il tendine applicato contro l’offo ( Ofteolog. §. ). Facendo fcorrere le dita lungo le parti laterali, anteriore, e po- fteriore dell’offo non fi fenta alcuna ineguaglianza, nè durezza. Se fi tocca, olì vede in alcuna fua par- te un tumor duro, circofcritto, più, o meno groffo , folo , o accompagnato da altri Amili, in- dolente, o dolorofo, attaccato, e dipendente dall’ 164 (a) I Latini avevano termini proprj per lignificar que- lle cattive direzioni delle gambe . Abbiamo qui fopra veduto ( §, 3 84 nota b ) , che quei, che aveano le ginocchia da bue, erano chiamati compernes ; quei, che aveano le gambe Aorte in- dentro, cioè che colla loro convdfità fi guarda- vano , e fi approflìmavano , dicevanfi vari ; quelli, che pel contrario le aveano ftorre in fuo- ri, cioè che fi guardavano colla loro concavità, fcofiandofi vicendevolmente colla loro convelfi- tà , erano detti valgi, o vatia . Da quelli vizj hanno prefo il cognome molte famiglie Roma- ne. Plinio hifior. natur. lib, XI J'ebl. 105 cap. 43, offe fteffo, egli è un foprojfo, cioè quella fpezie di tumore delle offa , chiamata dai Cerulici cxo- fiofi. 3 94 Su tutte le offa poffono crefcere i foprofli, ma l’ offo dello ftinco è più di tutte (oggetto; per- ciò quivi più che altrove fono Itati oflervati,e di- ftinti in varie fpezie fecondo il fito, che occupa- no , e il maggiore , o minor danno , che poffono recare. Chiamali foprojfo femplice quello che è fo- litario, occupante le parti laterali dello ftinco efter- na, o interna , o 1’ anteriore , lontano però dal tendine, e dalle articolazioni. Offervaft più frequen- temente alla parte lateral interna , che all' edema, perchè ivi il cavallo nell’ andare è foggetto a per-1 cuoterli coll’altro piede, principalmente fe $’inca- valla ( §. 375). Quello, che viene alla parte la- teral efterna , o all’ anteriore dello ftinco , deeft maggiormente temere , perchè polliamo fempre fupporre, che fia prodotto da un vizio interno, fuorché non fiamo accertati del contrario per un colpo , o caduta , che abbia preceduto. 395 Se vi fono due foprofli, uno al lato efterno, e T altro all’interno dello ftinco, talmente corrifpon- denti 1’ uno all’ altro, che 1’ offo paia traverfato da una caviglia offea, chiamanfi foprojji trafitti ( furos chevillés). Quelli fono pericolofi , e fanno ordinariamente o rollo o tardi zoppicar 1’ animale. 396 Se il tumor offeo è vicino,- anzi tocca il tendine, ficchè poco , o affai il comprima , e ne impedifea la libera eftenlìone, diceli foprojfo nervo- fo, e quello quali lempre produce claudicatone. 397 OJfetti (dai Francelì ojfelets) nominanti i fo- prolli, che vengono vicino alle articolazioni del ginocchio, o della nocca, i quali fono i più peri- 165 colofi di tutti, potendo col tempo produrre una perfetta anchilo(i ( Patolog. §. ). Nell’ efplorare fe fi toccano dei foproffi lungo lo ftinco, avverta- li di non prendere per due di quelli tumori le eftremità inferiori dei due peronei, che finifcono in due piccole tefte rotonde ( Ofteolog. §. ). 398 11 nervo non fia gonfio, nè dolorofo, e facendo fcorrere le dita lungo di effo non fentafi nè durezza, nè umor errante dentro la fua guai- na. Quando fi fente una qualche materia fcorrere lotto le dita con una certa crepitazione , ciò an- nunzia o r ifpifiìmenro, o la diminuzione della naturai quantità della finovia , che il lubrica ; al - lora il tendine è rigido , tefo, e per lo più dolo- xofo , accompagnato da claudicazione più , o meno grave. Se poi la finovia fi raccoglie in troppo grande quantità forma un ganglio ( §. 386), che fi manifefta per un tumore più o meno groffo , e più, o meno duro, che occupa tutta la lunghez- za di effo tendine, o alcuna fua parte folamente, e per lo più 1* inferiore vicino alla nocca, dov’ è chiamato, quando è pervenuto a un certo volu- me , e durezza , dagl’ Italiani mazzuola. 399 II tendine può effer ferito, o anche tagliato in tutta la fua fpeffezza , nel qual cafo difficilmente fi riunifce , fenza che il cavallo ne rimanga ftrop- pio. In cafo di pletora , per iftanchezza, per dolor vivo nel piede, o per qualunque altra cagione cfterna, o interna gonfia foventiflìmamente lo ftin- co col refto della gamba. Può romp rfi ì’offo del- lo fteffo ftinco, la qual frattura è luteettibile di guarigione. 166 Della nocca. §. 5. 400 L a nocca detta dai Francefi le boulet, e da Vegezio diftinta col nome generale di articulus, fia ben piantata, ben difpofta, e grolla a propor- zione della corporatura dell’ animale , fenza enfia- gione , nè altra malattia organica. Ella è ben pian- tata , e ben diretta, fé trovandoli fulla (teda linea dello (lineo, non inclinata nè indentro, nè in fuori, la fua faccia anteriore è due, o tre dita trafverfe più indietro della corona. 401 Se la nocca è cosi avvanzata in avanti, cbe corrifponda a detta parte del piede, o anche alla fua punta, come lì olferva nella maggior par- te de* cavalli vecchi , minati dall’ età, e da lun- ga fatica, F animale dicelì dritto fui fuoi mem- bri. Tali cavalli fogliono edere nello Iteflo tempo arcati ( §. 383), e di poco, o nillùn fervizio. 402 Se la nocca per vizio di conformazione, o in feguito a una ftorta ( §. 407 ) , o a un per- fetto dislogamento trovali inclinata indentro verfo quella dell' altro lato, il piede feguendo per lo più una contraria direzione, il cavallo è mancino ( §. 487). Se all’oppofto la nocca è inclinata in fuo- ri , 1’ animale è cadanolo ( ivi ). Nell’ uno , e nell* altro cafo il pefo della macchina preponderando più fopra una parte, che fopra le altre delle eftre- xnità anteriori, ed effeodo fuori della linea di di- rezione , tende continuamente ad accrefcere que- gli angoli, e inclinazioni contro natura, e in bre- ve il cavallo è ruinato affatto. 403 La fpeflezza della nocca tanto dalla fua fac- eia anteriore alla pofteriore ( Tav. i fìg. i lett» xm ), che dal lato ellerno all* interno (Tav. 2 fig. 2 lett. nn ) debb’ elfere di una feconda, e gualche punto. Che fe le giunte fono troppo fiot- tili , riefeono troppo fieflìbili, e deboli, foggette a gonfiar dopo la più leggier fatica, e pretto in effe coinparifcono le galle. 404 Le galle, dai Francefi dette mollettes (a) 9 fono certe enfiature molli a modo d’ una piccola vefcica, per lo più indolenti, le quali fi generano alle parti laterali, e fuperiori delle nocche contro la parte inferiore del tendine. Da principio fono piccole , non più grotte d’ una noce , e allora fo- gliono fparire, e poi ritornare ; col tempo crefco- no, e dilatanfi, divenendo medefimamente doloro- fe , e facendo zoppicar V animale: infine s’indura- no , e formano un perfetto feirro, o mazzuola ( §. 398). Sono le galle formate dal rilattamento del Jigamento capfulare , il quale vien dilatato , ed eftefo dalla contenuta finovia. Le galle come i foproffi ( §. 39J ) appellanfi trafitte, quando alla fteflfa nocca ve ne fono due, una alla parte late- ral edema, 1’ altra all’ interna. Diconfi nervofe quando fono viciniffime al tendine. Sì le une, che le altre diminuifeono moltiflìmo il valor del cavallo. 405 La gonfiezza particolare delia nocca, per cui quell’ articolazione rimane attorniata da un tu- more o edematolo , o infiammato, e che può di- pendere da diverfillime cagioni efterne, o interne, oltrecchè e (Tendo lòvente abituale ( dapoichè accade (a) Da Vegezio fono chiamate aquatilia lib, i cap. 25* lib, 2 cap, 49, 169 ìq molti cavalli regolarmente dopo una corfa , o altra fatica ), annunzia infallibilmente la debo- lezza , o per meglio dire la rovina delle gam- be ; fi efprime, dicendo che la nocca è coronata ( §• 38i )• 406 Alla parte lateral interna della nocca , o fullo fteffo tendine, o altra parte dello ftinco , fi offervano fovente delle piccole piaghe rotonde, gualche volta molto profonde , e penetranti fino all’ ofio , o nella capfula dell’ articolazione , cagio- nate dall' urto del piede, che è in aria , contro quello, che rimane a terra quando 1’ animai cam- mina. Dicefi allora, ch’egli fi attinge, o fi tagliai e quelle piaghe nominanfi attinture . Indipendente- mente dal male, che fa la piaga per le fteffa, quel difetto di attingerli può effere una prova della debolezza delle reni, o della franchezza dell’ ani- male , o di fua cattiva conformazione, trovandoli fìretto dinanzi ( §. 315, 375 ), colle ginocchia da bue ( §. 3S4), mancino ( §. 487), o cagnuolo ( ivi ) ; e fempre nafce dal muover male effe gam- be , Scavallandole ( 375 ): avvertendo però, che le attinture poffono effere prodotte dall’ effere il cavallo malferrato, o non ancora bene fcozzonato. 407 Pier Crefcenzio dà il nome di fiortigliato, o di lìortilatura (a) alla malattia, che volgarmente è chiamata fiotta , che è una violenta diftenfione dei ligamenti di alcuna articolazione, il qual acci- dente , perchè fuole foventillìmamente farli alle nocche, quivi, più che altrove, è fiato offervatos e deferì tto. (a) Lib, 9 eapt 41, 170 408 Se inlieme colla diftenfione de'ligamenti le offa fonoli alquanto difgiunte, e fcoftate dal pro- prio , e naturai Tito, la ftorta nominali diafafi, o dislocamento imperfetto. 409 II dislogamento è poi perfetto, o compito, quando le offa articolate hanno abbandonato affat- to la loro cavità. 11 che accade di rado nelle ar- ticolazioni per ginglimo ( Ofteolog. in gener. §. ) com* è quella della nocca , ivi facendoli ordinaria- mente o la femplice ftoita ( §. 407 j, o con effa la diaftali ( §. 408 ). 410 Nel primo cafo (§.407) il cavallo zoppi- ca molto baffo , non li appoggia, che fulla punta del piede , o anche ftrafcina elfo piede col paftu- rale , appoggiandoli fulla fteffa nocca, la quale è gonfia, e dolorofillìma. 411 Nella ftorta accompagnata da diaftali ( §. 408 ) oltre i fegni predetti ( §. 410 ), Toffo fmof- fo fa eminenza a quel lato, dove fi è portato. Nel maneggiare, e piegare l’articolazione fentooli le offa fuor di lito, e qualche volta crepitare; il pie- de col pafturale fegue la direzione contraria a quel- la , dove li è portato l’offo fmoffo. La ftorta me- dicata a tempo, e a dovere, in pochi giorni fuol guarire fenz’ altro refiduo. La diaftali fuol fare zop- picar T animale più lungo tempo, e qualche volta ìo ftorpia per Tempre. Del pafurale. 171 efame del pallurale chiamato da Vege- zio (a) bajìs , o Jujfrago (£), lì farà attenzione alla fua fpelfezza , larghezza, e lunghezza. La fpelfez- za, che fi prende dalla fua faccia anteriore alla polteriore (Tav. 2 fig. 1 lett. 00), e la larghez- za da un lato all’altro (Tav. 2 fig. 2 lett. 00), debbono elfere uguali, cioè di venti, o ventuno punti. La fua lunghezza dalla parte mezzana, e anteriore della nocca all’origine dell’unghia ( Tav. 2 fig. z lett. qq ) farà di una feconda, e diciotto punti. 413 Se il pallurale è più corto, il cavallo di- cefi corto-giuntaio , il qual vizio il rende foggetto a divenir più facilmente dritto fui fuoi membri ( §. 401 ), e ad arcarli ( §. 383 ), rnaffimamente fa ha nello fteflò tempo i talloni troppo alti ( §. 499). Oltreché i cavalli coi pafturali eccefiivamente corti fono rigidi, e poco pieghevoli, non proprj pel maneggio, perchè non hanno gentilezza alcuna * §. G. (a) Lib. i cap. 25 ,26, e 56, Zi£. 4 cap. 1. In quelli luoghi bajìs pare , che propriamente lignifichi la porzione del pallurale fatta dall’oliò coronario. (£) Lib. 1 cap. 26. Qui parlando Vegezio del modo di' difolare il cavallo , dice doverli, pi ima di to- gliere la fuola, mettere una legatura attorno fujfraginem ; ora attorno qual altra parte mette!! mai detta ligatura in quella operazione, fe noti attorno il pallurale? Faccio quella pollala, perchè alcuni vocabolari per fufrago intendono il gar- retto del cavallo. c fono duri ce’loro muoviinenti. 414 Se pel contrario il pafturale oltrepaffa io lunghezza una feconda, e diciotto punti, il caval- lo dicefi lungo-giuntato -, e in quello cafo quella parte fuol elfere troppo fleffibile di maniera , che camminando 1’ animale tocca quali col fiocco la terra , maffime fe nello fleffo tempo ha i talloni troppo baffi ( §. 501 ). Tali cavalli fono per l’or- dinario deboli delle reni , e poco ficuri di gamba, fuorché la forza, e la robuftezza del tendine non fi opponga a quella ecceffiva fleffibilità del paftura- le , come fi oflerva ne5 cavalli Arabi, e Barberi, i quali quantunque fiano la maggior parte lungo- giuntati , e fiottili di gambe ( $. 389), pure riefco- no alle corfe, e alle fatiche per la bontà, e forza de’loro tendini. 415 II pafturale è foggetto alle ftorte (§.407), e alle diaftafi ( §. 408 ) nell’ articolazione del fuo ofio principale del coronario ( Ofteolog. §. ), i quali accidenti fi conofcono pel dolore della parte, e per la claudicazione. Molto rara è la rottura di quelle offa, e non faprei dire fe quel- la dell’ oflò Davicolare , e coronario fia poffibile , o almeno cosi frequente, lenza colpo , o caduta, per femplici sforzi, come pretendono d’aver olfer* vato i signori La Fofle padre, e figliuolo, (a). 416 Come il cavallo , che s incavalla nell’ andare , può attingerli, e tagliarli alla nocca , e allo (lin- eo ( §. 406 ) j così può anche offenderli al paftu- rale, la qual lelione nommaCifoprappojta. Le foprap- pofte poflono farli alle parti laterai interna , ante- riore, o pofteriore del pafturale, più o meno vici- fa) Guide du Martellai pag. 33 6, tdit9 de Paris 176& no alì’ unghia, o alla nocca , e accadono tanto ne’ piedi anteriori , che ne’ polleriori. Quelle , che accadono alla parte lateral interna del pallurale delle ellremità anteriori, o polleriori, fono per lo più prodotte dall’ urtarli il cavallo co’ propri piedi, perchè gl’ incrocicchia nell’ andare. Quelle , che fi fanno alla parte anteriore accadono dal metterli il piede deliro fopra il linillro , o viceverfa , e i ca- valli fogliono calpellarli co’ proprj piedi o per vez- zo, e cattiva ufanza , che loro fi è lafciato con- trarre, quando fono in ripofo , o per grattarli a quella parte. 417 Le foprappolle, che accadono alla parte po- fteriore del pallurale delle gambe dinanzi al difo- pra vicino ai talloni, o fui talloni fleffi., fono pro- dotte dal battere quando il cavallo trotta, la pun- ta de’ piedi polleriori contro gli anteriori, facendo fentire da quella percolfa un fuono dillinto, come fe fi batteife il ferro con un martello , il che di- celi batter le cajlagnette , fabbricare, aggrapparji , [calcagnar(i, e dai Franceli forger. Le foprappolle, che li oltervano alle parti polleriori del pallurale delle gambe di dietro, fono per lo più fatte da al- tri cavalli. 418 Si dee aver qualche fcrupolo nel comprar un cavallo, che fabbrica ( §. 417 ), non blamen- te , perchè è foggetto a sferrarli a ogni momento, e a farli delle piaghe, ma più perchè quell’azione di fabbricare è fovente indizio della fua debolezza, falvo che non dipenda da cattiva ferratura, o dal difetto del cavalcatore lleffo, il quale troppo ab- bandonando il fuo cavallo, nè follenendolo, trop- po lo lafci caricar fulle fpalle, licchè le gambe anteriori elevandoli troppo tardi da terra, fiano 173 colte, e incontrate dalle pofleriori. 419 Secondo la maggiore, o minore gravezza della lefione, e fecondo la fede , che occupano , le foprappofle ( §. 416 ) fono (late dipinte In diver- fe fpecie. Chiamanfi /orde, quando vi è una fempli- ce ammaccatura, o contusone agl’ integumenti fenza foluzione di continuità : femplici, quando il cuoio, eflendo rotto, la piaga è però lontana dai tendini, dall’ unghia , nè molto profonda : incorna- te , o incoronate quelle , che li fanno fulla radice, o corona del piede tra la carne, e Y unghia: ner- vofe, fe il tendine fteflb è flato offefo. Le foprap- pofte forde, le fono vicine ai talloni, o in qualun- que parte della corona , poflono troppo facilmente degenerar in incornate, hi fofpetterà che un caval- lo è foggetto a farli delle foprappofte , prima dalla conformazione delle fue gambe, e dalle fue anda- ture , poi dalle cicatrici antiche, e dalla mancan- za del pelo in alcuna parte del pafturale. 420 Alla piegatura del pafturale accadono delle lunghe , e qualche volta profonde rifecature traf- verfali delia pelle, chiamate incapejìrature, perchè prodotte dall’ eflerli il cavallo incapejirato, cioè pre- fo co’piedi dinanzi, o di dietro, e avvolto o nel- la cavezza , o in qualunque altra corda. Tali pia- ghe fono doloroiiflìme, e fovente di lunga dura- ta , facendo non di rado gonfiar tutta la gamba , e zoppicar lungo tempo il cavallo. Altre volte alla fteffa piegatura, o in altra parte delle eftremità anteriori fi fanno sforzi, ammaccature , o ferite, per efferfi il cavallo imbarrato, cioè prefo, e im- picciato nella b r a. 421 Frequentìfiimi fono alla ftefla piegatura, co- me pure alia parte pofteriore della nocca i crepac* 174 ci, cioè certe crepature, o fefture della pelle, per 10 più moltiplicate, non dillìmili, fé non per il luogo, dalle malandre , e dalle rappe ( §. 385), e prodotte dalla fteffa cagione interna, le quali gemono un umor Cottile, e fetido, che forma non di rado delle crofte. I crepacci fanno, come le incapeftrature ( §. 420 ) moltiflìme volte zoppicar 11 cavallo , e qualche volta degenerano , e fono i precurfori delle garpe (§. 423 ), e de5 porri (§. 424), del mal pizzone ( §. 425), delle formiche ( §. ) ec. 422 Inutilmente fono Itati moltiplicati i nomi de* crepacci fecondo la loro fede, e direzione . Quando fono lungi tudinali , di confi ferpcntinc , e quelle fono per lo più Cecche, croftofe, callofe , ruvide , e inuguali, di rado divengono umide , e fanguinolente. Se dalla piegatura del pafturale, e dalla parte pofteriore della nocca le ferpentine mon- tano insù ftendendofi lungo il tendine, fono allo- ra chiamate Jpiche , rejìe, o code di ratto . QuePie fono lbvente moltiplicate, fanno rabbuffare il pelo, che le avvicina, e vengono poi dolorofe, crofto- fe , ’i umide . I crepacci trafverfali, che vengono alla parte pofteriore della nocca, fono detti mule travedere. 423 Nominanti garpe , e volgarmente ricciuoli una certa fchifofa infermità cutanea delle gambe del cavallo , la quale fi manifefta per una fpezie di tigna , o rogna minuta , e umida, che viene alla parte pofteriore de' pafturali, e delle nocche, ftendendofi anche anteriormente, e perfino allo ftinco : la qual infermità fa irrigidire i peli, e in- fiammare il cuoio , che vien d’ un roffo intenfo , gemendo, fenz’alcuna ulcera apparente, dagli fteffi. 175 176 pori cutanei un umor acre, e fetido,il quale cor- rode , ed efulcera per dove pafla , e produce un moleftiffìmo prurito. I Francefi chiamano quefta malattia eaux aux jambes. 424 Alle garpe inveterate, e neglette (§. 423) fuccedono i porri, o le porr ette > le quali accompagnate da tutti i fintomi delle ftefle garpe, moftrano inol- tre moltiflìme efcrefcenze carnofe, ammucchiate ìnfieme, rotonde in punta , non più grofle della metà del dito mignolo, le quali occupano tutta la circonferenza del pafturale, e la ftefla nocca , fa- cendo gonfiar tutta la gamba , e cader i peli. 425 II mal pilone, o pedicelli è un infermità non molto diflimile dalle garpe ( §. 423 ), o dalle por- rette (§.424), la quale fi manifefta alla parte anteriore del pafturale al luogo,dove la carne vi- va fi congiunge colf ugna. Prefenta da principio molti piccoli crepacci umidi, che cingono la coro- na , facendo raddrizzar i peli, e zoppicar conti- nuamente r animale , e cagionandogli un infoppor- tabile prurito , per cui egli è obbligato di portarvi la lingua , e leccarli quella parte , ciò che alcuna volta fa venir delle ulcere nella ftefla bocca. La materia, che geme dai detti crepacci, o dai porri della cute s5 iufinua non di rado tra 1’ unghia , e le parti vive del piede : per lo che accade col tempo il dìftaccamento , e la caduta dell’ unghia medelima. Della formica parleremo nel capitolo delle malattie del piede ( §. 519). 426 Tutte le accennate malattie cutanee ( §. 421 , 422 , 423 , 424, e 425 ) dal più femplice crepaccio ?lle pù antiche, e fordide garpe fono attaccaticcie, e accadono più frequentemente alle gambe pofteriori, che alle anteriori, e più comu- 177 cernente ne’ cavalli, che hanno le gambe guarni- te di molti, e lunghi peli , che hanno i piedi larghi, e valli , che Tono nati, e allevati in pa- fcoli umidi j e uliginolì, come li offerva ne’ cavalli da carrozza Tedelchi, e di Olanda. Egli è difiici- ìillimo, e qualche volta pericolofo il volerle guarire. 427 II chiavar do {a) , o giavardo è anche una malattia, che frequentemente accade al pafturale. Così nominali un tubercolo infiammato della grof- fezza d’ una nocciuola, o d’ una piccola noce, più o meno roffo , tefo, dolorofiflimo, per cui 1* animale è forprefo da febbre , da inappetenza , e da forte claudicazione. Il terzo, o quarto, o tutto più il quinto giorno dalla fua apparizione viene a fuppurazione, fi fepara un graffo fiocco di teffuto cellulare a foggia d’ efcara. Allora tutti gli accidenti ceffano, e le il tumore è lontano dall’articolazione, dai tendini, e dall’unghia , non fuole avere altre conleguenze, e in pochi dì Pani- male è guarito. Quello è il chiavardo femplice: chiamali nervofo quello, che fi genera fopra gli fteflì tendini, i quali dalla fuppurazione ne reità- no fcoperti, e offefi, e fovente fi sfogliano. Que- lla feconda fpezie di chiavardo è più pericolofa, e più lunga a guarirli, che la prima. Il chiavar- do poi dicefi incornato, o incoronato, quando viene alla corona , o fopra i talloni in vicinanza dell* unghia. La materia di quello fcava quali Tempre (a) Il chiavar do, in Francefe javard, è la fìeffa infer- mità, che i Cerufici chiamano furoncolo, e che dagli fteflì Francefi è chiamata clou. La parola chiavar do viene dal Latino clavus, clavardus . I Piemomefi chiamano per la (Iella ragione i ta- rdiceli ciaveì, quali chiavelli. 178 dei profondi feni nel piede, per cui 1* unghia , le cartilagini , e le offa dello fteffo piede fono quali Tempre lefe. Quindi è , che i Man'ifcaJchi fotto il nome di chiavardo incornato intendono general- mente tutte le ulcere, e fiftole del piede, abbia- no avuto principio , o no da un vero chiavardo . 418 In fine alle parti laterali del pafturale, non molto difcofto dalla corona nafce fovente un tu- more indolente, e duro , che crefce infenfibilmen- te di volume, e che pervenuto a una certa grof- fezza fa zoppicare irreparabilmente Y animale. Que* fto tumore , che è una vera exoftofi , o foproffo ( §. 393) dell* offo coronario, appellali formella (a). Ve ne fono ordinariamente due allo fteffo paftura- le 3 fono fenfibili alla vifta, e al tatto. La formel- la qualche volta è ereditaria, e fempre 3 quanto poco ella fia antica , e groffa , è incurabile. Dei piedi fi tratterà in un capitolo a parte dopo 1* efame delle eftremità pofteriori. (a) La formella .da AfTìrto, e da Ierocle predò Ruellio cap. 5 3 è chiamata marmar. Te pecudes enutrientem ( fcrive il primo in una lettera a Giulio Fauflo decurione) optimum nojfe, quod pedibus prafertim prioribus juxta ungula exorium , quam vocant co- ronam , marmora projìliunt. Ea tubercula quadam funi t qua in callofam , tophaceamque duritiem cote- rum , quorum injuria claudicantes equi permanent . Vegezio lib. i cap. 48 fotto il nome di marmar intende qualunque tumore duro , e indolente, che venga o alle ginocchia, o alla nocca. DELLE ESTREMITÀ POSTERIORI. Sezione feconda. 4i un mezzo uovo, che nafce fui condilo interno della tibia ( Oft. §. ) alla parte laterale interna, e fuperiore del garretto verfo la Tua piegatura. Quello tumore può crefcere tanto, che Ti flenda lino nell’ articolazione delio fteffo gar- retto , e lì opponga ai movimenti di flellìone. Quafi Tempre, giunto eh* egli è a un certo volu- me , comprime i ligamenti, e i prolllmi tendini, 189 190 ficchc il cavallo zoppica molto baffo all’ufcir del- la dalla. La corba fi conofce al tatto, e alla villa. 45 9 La giarda, o giardone è un altro foproffo più o meno groffo, anche di figura ovale , che viene alla parte inferiore della faccia edema del garretto all’ eftremità fuperiore dell5 offo dello ftin- co , può , come la corba ( §. 458 ) , ftenderfi col tempo fino nell’ articolazione, comprimere i lìga- menti, e produrre claudicatone, o anche anchilosi ( Patolog. §. ). 4Ù0 11 tumor offeo, che viene ali5 oppofto dei precedente ( §. 459), cioè alla parte laterale in- terna , e fuperiore dell* offo dello dicco al di fot* to del garretto, dicefi dal Crefcenzio fpinella (a), dai Francefi éparvin calleuxe volgarmente fpara- guagno, o fparavagno. Ce lo danno a conolcere ì5 enfiagione apparente , e callofa di quella parte, lo zoppicar dell5 animale, e il tener egli nel ri- pofo il piede alquanto ritirato in alto. Sonovi fpi- nelle , le quali quantunque molto groffe, e ap- parentìfiìme, pure non producono claudicatone. Le qcrbe (§.458), le giarde (§.459), e le ipinelle fono fovente ereditarie; fe no, poffono procedere dalle fteffe cagioni, che i cappelletti, e i vefciconi ( §. 455 ). 461 Morbo differentiffimo dalla fpinella è quel- lo , che lo delio Crefcenzio (b) chiama fpave- (a) Lib. 9 cap. 38. (b) Lib. 9 cap. 36. Nell’sdegnar il fito delle corbe , delle giarde, e delle fpinelie ho feguitato gli fcrittori veterinari Fràncefì, che fono circa que- lle malattie più chiari, e più precifi .che gl’ita- liani. Quelli, oltreché non fono d’accordo, fi fpiegano così ofcuramente darne le defini- 191 rito, e i Francefi ép avviti 'de hceuf 3 il quale con- fitte in un tumor molle con fluttuazione fenfibi*- liflìma , indolente nel' principio, fiutato alla parte laterale interna del garretto , o piuttoflo fiotto di effo nel luogo fleflo, dove vengono le varici ( §. 454), prodotto dal raccoglimento di umori linfatici mefcolati colla finovia nel ligamento ca- pillare , che ivi fi trova : in proceffo di tempo il tumor crefice, divien dolorofio, e in fine s indu- rifice. Quindi fi-vede, che lo fpavenio non ha che fare colle lpinelle ( §. 460), dovendo effere annoverato tra le idropifie articolari, e che non è differente, fie non pel fito dai vefciconi ( §. 453). I puledri della noftra Regia razza ne’ primi meli dopo la loro nafeita fono molto foggetti a’ vefci- coni , agli fpavenj, e alle idropifie di tutte le al- tre articolazioni, trafportandofi quelli tumori con fomma velocità dall’ una all’ altra. 46z Totalmente diverfo dallo fpavenio fi è Io zioni , eh’ egli è , per così dire, imponìbile d’in- tenderli. Per efempio il Crefcenzio lib. 9 cap. 37, e il Ruini delle infermità del cavallo lib. 6 cap. 36 , dove parlano della corba, deferivono amendue quello tumore, come fe fotte piuttoflo un’enfiagione del rendine d’Achille, che un fo- proffo. Così dove parlano Crefcenzio lib. 9 cap. io, Ruini lib. eie.cap. 33 , della giarda, dico- no , che quella enfiatura nafee ne’ garretti così nelle parti di dentrocome di fuori ; e lo ftef- fo Crefcenzio lib. cìt. cap. 38, parlando della fpi- nella , dice farli fiotto il garretto nella congiun- tura del fuo oflo a ciafcun de’lati, 0 a un lato fiolo. 192 fpavenio (a) chiamato dalli fletti Francesi éparvin fec. Lo fpavento non confitte in alcun tumore, o altro vizio organico del garretto, ma in un muo- vimento {regolato, e convulfivo de’mufcoli eften- forj dello ttinco, e fletter) del piede, i quali ( qualunque ne fia la cagione ) contraendofi più dovente , e più gagliardamente fan sì, che il ca- vallo , mentre cammina, o trotta , nell’alzare, che fa i piedi di dietro , li tira all’ in fu violentemen- te, e difordinatamente, come fe fotte fpaventato. Quello movimento convulfivo, che dicefi arpeg• giare, è fenfibiliflìmo, quando T animale parte, e continua per tre , o quattro patti, poi quando la parte è rilcaldata , o ceffa affatto, o è deboliffi- mo. In alcuni cavalli vecchi però fuol farli conti- nuo , e finalmente farli veramente zoppicare. Il di- fetto di arpeggiare è molto più grave ne’ cavalli, che hanno i garretti ferrati ( §. 449 ). 463 Allo {pavento debbe effere rapportato il granchio, il quale confitte in un movimento toni- co, o fia nella rigidità di uno, o più mufcoli ; la qual rigidità , comechè fia poflibile in tutti, accade però più frequentemente negli accennati mufcoli eftenforj dello ttinco. La gamba rimane rigida fenza poter effer piegata, fe fi sforza l’animale a far qualche patto, la ftrafeina dietro di fe, e appog- gia colla parte anteriore della nocca a terra, qual- che volta il dolore è sì atroce, che fi lafcia fubi- tamente cadere. Quello dolore, e quella rigidità (a) Monfignor della Cafa nel Galateo parla di quefta infer- mità de’ cavalli : fonovi alcuni , die’ egli, che in an- dando levano il piè tanto alto , come cavallo, che abbia lo [pavento. non durano, che pochi momenti, e ai meno peri- ti potrebbero dar fofpetto di qualche malattia più grave, come di sforzo, ftorta, o diaftafi. 464 In fine i garretti fono (oggetti ai gonfia- menti edematofi , o infiammati ( §. ), prove- gnenti da cagione efterna, o interna, che ne oc- cupano tutta la circonferenza; agli sforzi, alla frat- tura della loro teda, della quale fi può con qual- che fperanza tentar la cura. 465 Riguardo al rimanente delle eftremità po- fteriori dal di lotto del garretto a terra, debbono efifere conformate, come le anteriori, eccettochè le loro parti hanno ad efifere alquanto più lunghe, alquanto più larghe, e più fpefife (a). Sono fogget- 193 (a) La larghezza dello (lineo pofteriore nella parte mez- zana della fua lunghezza dal lato efterno all’ in- terno ( Tav. i fig. 3 letr. ee ) debbe effe re di venti punti; la fua fpeffezza dal di dietro ai da- vanti nello fteffo luogo della fua lunghezza ( Tav. 2 fig. i lett. ss ) di fedeci punti. La fua lunghez- za dalla piegatura del garretto fino al principio della nocca ( Tav. 3 fig. 1 lett. h ) di una pri- ma, una feconda, e otto punti. La larghezza della nocca pofteriore dal lato efterno all’interno ( Tav. 2 fig. 3 lett. ff) vuol effere di una feconda e quattro punti. La fua fpefiezza poi dal davanti al di dietro prefa ob- bliquamente ( Tav. r fig. 1 lett. tt ) di una fe- conda , e dodici punti. La fpeffezza del pafturale pofteriore prefa dal di dietro al davanti nel mezzo della fua lunghez- za ( Tav. 2 fig. 1 lett. uu ) debbe effere di una feconda, e la fua larghezza allo fteffo luogo dal- la faccia efterna all’interna (Tav. 2 fig. 3 letr, gg ) di ventidue punti. La fua lunghezza ante- riore prefa dalla parte mezzana della nocca al- la corona (Tav. 1 fig. 1 lett. i) farà di una feconda , c punti ventuno. 194 tfc agli ftefli vizj di conformazione, accidentali, o ereditar) ; alle pofteriori però le garpe ( §. 423 ) , le fpighe (§.422), e le altre malattie cutanee fono molto più frequenti. 466 I gonfiamenti infiammati, o edematofi delle gambe conofciuti volgarmente col nome di difcefe d' umori , e prodotti per lo più da cagione interna, o da ftracchezza fono molto frequenti tanto alle anteriori, che alle pofteriori. Gl’ infiammati fono chiamati nella chirurgia umana flemmoni, o tumo- ri flemmonofi. La parte è gonfia, calda, dolorofa, e tefa, 1* animale zoppica, e qualche volta è an- che forprefo da febbre. Nelle difcefe edematofe la parte , come nel flemmone, è gonfia, ma non vi è nè dolore, nè calore, e comprimendo colle dita il tumore, ve ne rimane l1 impreflione. Le di- fcefe umorali delle gambe fono qualche volta abi- tuali , che rifolte una volta da lì a qualche tem- po ritornano, nè fe non con molta difficoltà fe ne può impedire la recidiva. Un cavallo, che abbia una tale indifpofizione alle gambe, quanto bello egli poflfa edere, deefi rifiutare, perchè egli è fe- gno di temperamento fanguigno , o flemmatico pie- no di umori fovrabbondanti, o eh* egli non è in- teramente fano delle vifeere, oltreché le gambe da quelle ripetute difcefe troppo s'indebolifcono, e fi ufano. 467 Tra le malattie delle eftremità fi può an- noverare il rinfondimento chiamato dai Francefi fourburc, da altri ripr enfio ne. Il cavallo rinfufo re- ità impedito colle gambe contratte, rigide, e quali impalate, diffìcilmente fi può far muovere, volge- re , o cangiar fito, ancor più diffìcilmente gli fi pedono levar i piedi » i quali fono caldi, e dolor rofi, fta quali Tempre coricato : le articolazioni cre- pitano, come una pergamena, e fe, come dicono, il rinfondimento è caduto tic piedi, la fuola s’in- nalza. Quella infermità, Te non uccide, ftorpia ro- vente il cavallo , il quale rimane colle fpalle fred- de , e intirizzite , coi piedi guadi, e doloro!!, e colle edremità rigide. 468 Si conofcerà, che il cavallo ha avuto il fuoco alle gambe dalle righe obblique, che lì of- ferveranno lenza peli alla nocca, e alla parte in- feriore dello dinco, o in qualunque altra parte, oppure Te ha avuto femplici bottoni di fuoco da diverlì punti fenza peli quinci e quindi fparli at- torno il garretto, la nocca, o altrove* 195 DEI PIEDI. CAP. IX. 4 e anco nello Hello ripofo fi appoggiano quali interamente fulla fola punta del piede, co- me pure quelli, che faticano in luoghi fangofi, e umidi , e quelli, che hanno molti peli alle gam- be , e principalmente attorno la corona. Per la della ragione fonvi moltiffimo foggetti i muli, che fono , per così dire, quali tutti naturalmente rampi- ni ( Emionometr. §. ). Tanto i quarti , che i piedi da bue li conofcono dall’ apparente foluzione di continuità, dal fangue vivo, e fchiumofo, che n1 efce, dalio zoppicare dell’ animale ec. 48 l L’ unghia può difleccarfi , il piede impic- ciolirli , e perder nutrimento in tutte , o in alcu- na foltanto delle fue parti per cagioni accidentali, come per rinfondimento ( §. 467 ), per tumori fopraggiunti alla corona, al fettone , o in altra parte del piede : allora elfo piede fi fa diforme , divien piano , fi abballa in un luogo , s’ innalza , o fi rotonda in un altro. Si può in quello cafo ri- mediare a quella diformità dell’ unghia , fe pur egli è poflibile di togliere le cagioni, che l’hanno prodotta , o la mantengono. 48 z Altre volte V unghia fi fepara interamente, e fi dillacca dalla corona, e dal tuello , o per ma* 201 (a) II Fiafchi nell’opera cit. parte 3 cap. XXV11 fotto il nome di piedi rampini intende quelli, che noi chiamiamo piedi cagnuoli, che polli in terra guardano colla loro punta indentro. terie fuppurate trattenute fotto di effa , o per lo fteffo rinfondimento difcefo a piedi , o perchè il cavallo muri le unghie (a). Nei primi due cali, per- cuotendo con un martello il piede , rende un Tuo- no vano, come una zucca ; nelT ultimo , primachè cada T unghia vecchia, Tuoi efferne già nata una nuova al difetto, la quale crefcendo fpinge in giù, e fcaccia la vecchia, e fi vede efteriorinente la fe- parazione di quella per una profonda feffura, che circonda il piede. La mutazione dell’ unghia, che accade naturalmente fenza precedente malattia, non fuole recare alcuno incomodo al cavallo , fol- lante per facilitare la feparazione dell’ unghia vec- chia , acciocché con la Tua durezza non calchi , nè danneggi la nuova, fi tagli con la rofetta ( Tratt. dell’ arte del ferrare §. ) alquanto effa unghia vecchia , dove con la nuova fi congiunge. Ma quan- do T unghia fubitamente fi divide , e cade dal tuel- lo per umori corfi a*piè del cavallo, e lungamen- te (lati rinchiufi, precedono ribelli claudicazioni, infiammazioni, febbre, e dolori, ai quali fovente T animale fuccumbe, o almeno la rigenerazione d’effa unghia molto lunga, difficile, e diforme fuol effere. 48 5 Si fa anche la feparazione di una fola par- te dell’ unghia , come di un quartiere, di un cal- (a) Il cadere, e murar delle unghie , che fi fa nel ca- vallo, da Vegezio lib. 2 cap. 57 è detto exungu- lare : fi exungulaverit iumentum, cura difficilis. Lo fteflò autore ha beniflìmo didimo il cangia- mento delle unghie, che fi fa per accidente da quello, che fi fa naturalmente , dicendo nello iìeffo libro cap, feguen, memineris autcm unguUs cxcrefccrtdo rtnovari. cagno, del fettone, o della fuola, e allora fi di- ce , che il cavallo fa quartier nuovo, che cangia il fettone , la fuola , o le calcagna. 484 Abbiamo detto ( §. 470 ) * che la faccia ef- terna dell’unghia vuol efier lifcia, e pulita. Qual- che volta però vi fi offervano certi cordoni circo- lari più o meno groffi, che fi (tendono da un cal- cagno all’altro, attorniando tutto il piede, oppure foltanto dal calcagno alla parte anteriore dell' un- ghia. Quelli cordoni fono chiamati cerckj , e le un- ghie cosi conformate diconfi cerchiate. I cerchi ora fono folitarj, ora doppj, e perfino triplicati. Non di rado fanno zoppicare il cavallo , perchè tali emi- nenze, come fi olfervano efternamente, poffoDfi an- che incontrare indentro, e comprimere il tuello. 485 Altre volte invece di quei cordoni eminen- ti ( §. 484) fi vedono alla faccia edema dell’un- ghia dei folchi circolari, i quali denotano, che al- lora T unghia fa l’eminenza indentro, nel qual ca- fo il cavallo fuole più frequentemente zoppicare. I cerchj, facciano prominenza in fuori, o indentro, fono lempre indizio d3 una cattiva natura d’unghia* e d’ una ineguale diftribuzione d’ umori. 486 Può accadere per 1’ urto violento del pie- de contro un corpo duro, che tutte le fue parti interne ne foffrano, e reftino commoffe ; fi fac- ciano lacerazioni de’piccoli vali, e fibre, che con- nettono T unghia al tuello, il mutuo incaftramen- to delle laminette d’ effa unghia ne3 folchi della car- ne fcanalata ( Ofteolog. §. ), e vìceverfa fi frauo- va * e fi alteri, donde accadono claudicazioni, in- fiammazioni , e fuppurazioni al piede, e perfino la rottura del fuo offo , e col tempo la caduta di tutta 1* unghia. Quella malattia è chiamata dai Fran- 203 cefi intronamento deli!' unghia ( ètonnement du fabot). 487 La direzione de' piedi del cavallo debbe ef- fere tale, che colle loro punte riguardino diretta- mente in avanti, fenz’ effere inclinati nò indentro, nè in fuori. Se i piedi fono volti 1’ un verfo 1* al- tro sì, che fi guardino , e fi approfiìmino colle lo- lo punte, mentre i calcagni fon volti in fuori, quello vizio di conformazione fa chiamare il ca- vallo cagnuolo, dai Francefi cagneux. Se all’ oppo- fto le punte de’piedi guardano in fuori, e i cal- cagni indentro, il cavallo nominali mancino, o vac- cino , dai Francefi panard. 488 Quelli vizj, che fono fempre di grande confeguenza, e debbono far rifiutare il cavallo , come nafcono fovente dalle cattive direzioni delle gambe ( §§. 376, 384, 392, 402), così poffono dipendere ( il rimanente dell’ eftremità elfendo be- uillìmo conformato ) dall’ effere i piedi malamente articolati coll’offo coronario. Quell’articolazione in certi cavalli è così difettofa , che alla parte infe- riore del pallurale vicino alla corona fi vede un eminenza , quafichè l’offo foffe fuori della fua cavi- tà. Quello vizio , eh’ è comune ne’ muli ( Emiono- metr. §. ) rende 1* animale facilmente rampino ( §. 480), e dritto fui fuoi membri ( §. 401 ). 489 Le corone (a) fiano fiottili, e poco pelofe , 204 («) Fin dal tempo di Affino, e di Ierocle ia parola corona era ufata per lignificare ungula ortum, vtl exortum. Veggafi la nota (a) al §. 42.8. Se n’è anche fervito Columella de R. R. lib. 6 cap. 29. Lo fteflò Autore lib. cit. cap. 15 fé ne fer- ve per denotare la medefima parte del piede del bue. Vegezio quali dappertutto ufa anche (a parola corona, eccetto nel lib. 2 cap. 5 5, dove fiano Tulio ffeffo piano dell’ unghia, non facciano, come lì è detto ( §. 488 ) , un rifalto elevato in- torno. Quello , Te non dipende dalla cattiva arti- colazione del piede, farebbe un legno, che gli umori lì arrellano a effa corona, onde il piede, fe già non è diffeccato ( §. 481), prello lì diffec* cherebbe. 490 A quella accadono frequentiflìmamente del- le foprappojle ( §. 416, 417, 418, 419), per cui T origine dell’unghia lì fepara dalla pelle, e onde nafcono fovente dei gravillìmi mali. Altre volte vi lì formano degli afcellì , e ulcere provegnenti da marcie trattenute al difotto dell’ unghia fra effa, e il tueilo, le quali vengono finalmente ad aprir- li una ftrada alla corona , dove trovano minor re- nitenza. Allora i Manifcakhi dicono, che la mate- ria ha fojfjìato al pelo. Ho già detto altrove , che alla corona accadono qualche volta le lìelfe malata tie cutanee, che vengono al pafturale, e alla noc- ca, come il malpizzone ( §. 425), le porrette, e i ricciuoli ( §§. 423 , 424 ). 491 I quartieri fieno uguali , non più alto 1’ un dell’ altro , altrimenti il cavallo appoggiandoli più fui quartiere elevato, che fui p‘ù baffo , il piede farà inclinato , tlorto , e di traverfo , nè mai po- trà camminare con ficurezza , e giultezza, tutte le articolazioni effendo allora falfifìcate, nè più cor- riipondendofi. 205 ufa coronula* Oportet autem folum ungula, celeriter aperiiì , ut per inferiores partes apojlema dìgera- tur , ne eruptionem fuper coronulas faciant, cioè affinchè la materia non foffi al pelo. 206 49 z L’ineguaglianza d’altezza ne’quartieri, che c un vizio molto frequente, e comune, dipende da molte , e diverfe cagioni. In molti cavalli il quartiere efterno della mano, e del piede dalla llaffa, e il quartiere interno della banda delira fo- no più alti de’ quartieri loro compagni , perchè i Jdanifcalchi, quando ferrano, trovando maggiore difficoltà a maneggiare Y incajìro (Tratt. dell'arte del ferrare §. ) dalla banda finiftra , fogliono abbattere meno di quei quartieri. Altre volte detta ineguaglianza nafee dalla ineguale diftribuzione de- gli umori nutritiz), i quali per una qualunque ca- gione , come per la cattiva direzione delle gambe dell’animale, che è mancino, o cagnuolo ( §. 487 ), che ha le ginocchia da bue (§. 384), o i mem- bri altrimenti ftorti, portanti in maggior abbon- danza fopra un quartiere , che fopra 1’ altro. I pu- ledri, che patcolano in luoghi montuofi, ineguali, e dirupati fono molto foggetti a quello vizio, co- me fi può vedere nella maggior parte di quelli della noftra Regia razza. 493 Non fempre però i quartieri, che fetnbra- rto ineguali in altezza, il fono realmente. Addi- viene non di rado, maflime nelle unghie aride, e fecche ( §. 476 ), che i quartieri quantunque egualmente alti, pure fembrano ineguali , perchè rovefeiandofene uno indentro, o in fuori, l’altro, che conferva la fua naturai direzione, e che cade perpendicolarmente a terra, pare più alto, e più lungo del fuo compagno. Per la fteffa aridità dell* unghia i quartieri qualche volta fi riferrano , e fi rovefeiano infieme alle calcagna l’un verfo l’altro, rendendo così il piede piccolo, e allungato. Tale forta di piedi fono da alcuni chiamati piedi cotogni. 494 Abbiamo già fatto menzione dei quarti ( §. 478 ), cioè delle fetole, che accadono ai quartie- ri, come pure fi è accennato ( §. 483 ), che qual- che volta 1* uno di eflì fi fepara , e fi muta natu- ralmente ; talora bifogna portarlo via coll’ arte, per dar efito a materie fuppurate folto di effo rac- colte , o per ifcoprire le cartilagini, o le offa tar- late , il che fovente accade ne3 chiavatdi incornati (§• 4*7 )• 495 I talloni vogliono effere fodi, uguali, non troppo alti, nè troppo baffi, e bene aperti. Di- confi fodi i talloni, quando nel maneggiarli, e comprimerli refiftono, fenza cedere, nè piegarli, Se al menomo tatto ubbidifcono, e fentonfi molli fotto le dita, fono chiamati talloni deboli, talloni flcjfibili, la qual debolezza o farà un effetto della natura dell' uoghia intera molle, e tenera , come ne’piedi graffi (§.475), e in quello calo alla loro debolezza fuol effere congiunta reccefliva lo- ro altezza, e quanto poco le eftremità delle ver- ghe del ferro vi appoggino fopra, ne fono ammac- cati , o contufi, divengono doloro!! , e il cavallo zoppica , oltreché egli è facile , che tali talloni fi riferì ino , e s’incaftellino ( §. 502), o è accidenta- le , accaduta per qualche malattia foppraggiunta al fettone , ficchè la forza di quella parte, che è il follegno, e l’appoggio di eflì talloni, fia Hata in- debolita, o perchè il Manifcalco l’abbia indebolita egli Hello nel tagliar 1’ unghia, fcavando troppo tra i talloni, e il fettone , e inclinando eccefliva- mente all* uno , e all’ altro lato l’incallro , onde meglio aprire , come dicono, le calcagna ( Tratt. dell’ arte del ferrare $. ). 207 208 4y6 Si conofceranno i talloni naturalmente de- boli , perche con efli il piede è quali Tempre , co- me fi è detto ( §. 495 ), graffo, l'unghia fottiie, e molle , ed elii talloni troppo alti. A1T oppodo i talloni indeboliti hanno la loro naturale continen- za , altezza , e fpefifezza. 497 Sono uguali i talloni, quando fono ugual- mente alti, e di egual volume. L'ineguaglianza della loro altezza può edere un vizio di conforma- zione , oppure accidentale, e in quello calò Tuoi dipendere dalle delle cagioni qui fopra indicate del- la ineguaglianza dell'altezza de’quartieri (§.492). Se l’un tallone è più grolTo dell’altro, ciò dipen- derà o dall’ efferli 1' uno diseccato per difetto di nutrimento, mentre T altro è nel Tuo flato natu- rale , o perchè per una qualunque cagione uno de’ talloni c foverchiamente ingroffato , e gonfio. 498 Se amendue i talloni fono troppo alti , il che, come lì è accennato ( §§. 495, 496), s’in- contra fovente nq piedi graffi, e ne’talloni fleflibi- li facilmente s’incadellano ( §. 502), e divengono doloro!!; e Te il cavallo, che già ha i talloni trop- po alti, è nello Hello tempo cor io-giuntato (§. 413), arcato ( §. 585 ), o dritto fuifuoi membri ( §. 401), ancor più facilmente, e più predo fi accrefceran- no quelle preternaturali direzioni, e podure delle gambe. 499 Non di rado i talloni fono troppo alti, ed ecceflìvamente crefcono , perchè gli umori accor- rono in maggior abbondanza a quelle parti con pregiudizio dei rimanente del piede , e principal- mente della punta, la quale rimane debole, fecca, e vetriuola ( §. 476 ). E in generale deefì nota- re, che i piedi troppo allungati per la foverchia 1 altezza , e lunghezza de5 talloni, in vece di efìer ovali , rotondati, e larghi , fono riftretti, come i piedi cotogni ( §. 493), e Tempre hanno una gran- diffima difpolìzione alT incaftellatura ( §. 501). 500 Tutti i cavalli, che hanno le calcagna na- turalmente balle, hanno il fettone di foverchio groffo , fpugaofo , e molle, il quale, quando cam- minano , toccando terra, li fa zoppicare. E come il difetto de5 talloni troppo alti Tuoi edere più per- niciofo accavalli corto-giuntati, e arcati (§. 488), così quello de' talloni troppo baffi è di p!ù grave confegueoza ne’cavalli lungo giuntati { §. 414). 501 Inoltre coinè abbiamo avvertito non doverli confondere i talloni deboli per natura eòi talloni indeboliti accidentalmente ( §§. 495 , 496 ) , cosi è d’ uopo dillinguere i talloni naturalmente baffi dai talloni abbacati o per ignoranza, o efprelfa- mente. 11 volume, e la confidenza del fettone ce ne daranno dei ficuri indfzj ( §. 500). 502 Se l’imo, o 1’altro, o amendue i talloni fi rovefeiano, e fi piegano indentro verfo il fetto- ne , approffimandovifi , e riferrandovili contro , il cavallo dicefi incasellato, e quel rovefeiamento no- minali incajiellatura. Il tallone interno è più foven- te incasellato , che 1’ efterno , e all’ incaftellatura fono più foggetti i cavalli fini , e principalmente gli Spagnuoli , che quei da carrozza. 503 Egli è raro , quantunque accada qualche volta, che tutti e due i talloni , o uno fidamen- te fi rovefeino, e fi pieghino in fuora , e in que- llo cafo i quartieri fogliono feguire la ftefla incli- nazione de’talloni. Quelle parti poftono medefima« niente edere Hate ammaccate, o contufe o dalle eftremità delle verghe de’ ferri, o da altre cagio- 209 ai, come ne’piedi anteriori dalla punta de’piedi pofteriori , fé il cavallo fabbrica ( §. 417). 504 II fuolo , che forme la pianta dei piede del cavallo (a), abbia una confidenza foda , e ferma, e formi una concavità non però troppo profonda. Se egli è molle , e cedente , e, come dicefi, baro- fo, quanto poco il ferro porti fopra di effo, quan- to poco il terreno fia ineguale, afpro, e pietrofo, il cavallo fara foggetto a zoppicare. 505 Ma fe il fuolo debb’edere fermo, e fodo ( §. 504), non fia però tanto fpeffo , o così lec- co , che colla fua durezza , o fpeflfezza comprima di troppo il fottopolfo fuol carnofo, nè fia così elevato, che formi un piano orizzontale allo fielTo livello de’ quartieri, oppure una conveflìtà, che fovravanzi gli fteffi. quartieri. Nel primo cafo 'il pie- de dicefi piano, o piano, o pieno. Nel fecondo cu- mulo, colmo, e volgarmente affrittellato, o ridotto in frittella. 506 Nel piede piatto il fuolo, come il rima- nente dell’ unghia , fuol edere fecco , e arido , fi sfoglia, e fi fepara a fquamme, anzi qualche vol- ta fi riduce in una polvere farinacea , ii piede è foverehiamente largo, i quartieri fpinti , e come rovefoati in fuora , 1’ unghia in vece di prefenta- re anteriormente una convellila dalla corona alla punta , è appianata , e come fchiacciata indentro. Il lettone appoggia, come ben fi comprende, a terra, e il pefo delia macchina è ugualmente por- (a) Vegeto lib. i cap. 56, dove infegna il modo di difolare il cavallo, chiama la fuola folum, o as: fcias toium folum , hoc ejl, affem , hac rauone toU lendum. tato dal fuolo , che dai quartieri. Quello vizio na- fce per lo più dall’eccefliva liceità , e aridità deli* unghia, qualche volta anche per aver fatto pafeo- lar lungo tempo il cavallo in luoghi umidi, e pa- ludofi » e non di rado dal rinfondimento difeefo ne’ piedi. 507 II piede piatto col tempo fuol farli cumulo ( §. 505) per la continuazione, o aumentazione delle fteffe cagioni, tra le quali però la più fre- quente fuol effere il rinfondimento. Il piede divie- ne allora dolorofiflimo, ed eftremamente caldo , il fuolo li eleva, e di concavo fifa convello, rap- prefentando colla fua conveflità una fpezie di mez- za luna , e dopo ceffato il dolore, rimanendo lo fteffo vizio, il cavallo quali tutto fi appoggia fui talloni, e fu quella conveflità del fuolo, poco, o niente fui quartieri, o fulla punta del piede. 508 Accade affai fiate per lo fteffo rinfon- dimento , o per 1* atrofia, e diffeccamento di un quartiere , o di un tallone ; qualche volta per ef- fere ftato il fuolo debilitato più in un luogo, che in altro , o per afeeffo formatovi!! al di fotto accade, ripeto, che la pianta del piede fi eleva, e forma un rifalto, e una conveflità limitata, e circolcritta in una parte foltanto della fua eftenfio- ne. Quella preternaturale elevazione del fuolo è ciò , che dicefi dai Francefi oìgnon. 509 Può anche fuccedere, che il fuolo fia ftato contufo, o ammaccato o dal ferro , o da pietre, o da altri corpi duri arredatili tra effo ferro, e il fuolo, la qual contufione, che fa fovente zop- picar 1* animale fi nomina fubba.ttitu.ra. 510 Alla fubbattitura ( §. 509) fuccedono qua- 211 fi Tempre delle ecchimojì, chiamate da Vegezio (a) (uffufiones, o lì a degli Tpandimenti di fangue nella (leda follanza del fuolo, Tpandimenti chiamati dagli (ledi Francefi bleimes. Quelle fi dilìinguono in fec- che , e umide. Le fecche fi manifetlano per mac- chie Tanguigne più o meno larghe , che s incon- trano al Tuolo nel pareggiar (b) il piede , e fono per lo più malattie antiche provegnenti fovente dall’ applicazione dei ferro infuocato , o troppo cal- do , di cui fogliono lervirfi i Manifchalchi nel fer- rare per ammollire 1’ unghia. Le umide feguono -qualche volta le fecche, e dillinguonfi per lo feo- lo, o' per la femplice apparizione di un fangue vi- vo , e coagulato travafato al difotto del fuolo cor- neo , o di un vero pus mefcolato con fangue. Le ecchimofi fecche fono per lo più indolenti, fe an- tiche. Le umide fanno Tempre zoppicar V animale, e polFono elfere feguite da gravi morbi, fc, il più predo, che fia polfibile, non fi dà efito alla materia travafata. 511 Se per accidente il cavallo nel mettere i piedi a terra , nel camminare , o in altro qualun- que modo fi torà il cavo, e il vivo del piede , cal- cando col fuolo cofe dure, e acute, come fono (lecchi, legni , fterpi, chiodi, pezzi di ferro, fallì ec. ; la ferita indi nata appellali fvroccatura (c) da fprocco, che lignifica lierpo , o llecco. La lproc- (a) Lib. i cap. 38, e 53. (£) Pareggiar il piede , pareggiar V unghia termine di ferratura, che lignifica 1* azione di mozzar coll* incallro ella unghia, e di aifottigiiarne il fuolo per preparar il piede a effere ferrato. (c) La fprcccatura dai Francefi è conolciuta fotto il no- me generale di clous de rue. catura riefce più , o meno grave fecondo le parti offefe , qualche volta anche incurabile * principal- mente fe fono lelì i tendini , e i ligamenti capil- lari. 512 II cavallo diceli inchiodato, quando alcuno de’ chiodi infili! nell’ unghia nel ferrarlo comprime, o dannifìca il tuello, e il fa zoppicare, e la leeo- ne del piede, che indi nafce, nominali inckiovatura (a). Diltinguonh tre maniere d5 inchiovature. Una femplice , che è , quando la lama del chiodo brac- ciata troppo innanzi , o troppo alto , fenza danni- fìcare il tuello, il comprime troppo d’appreffo, e'l ferra, cagionandovi dolore. La feconda è, quando elfa lama paffa tra il tuello , e T unghia , toccan- do immediatamente la parte viva, e dannificando- la. La terza è , quando il chiodo è flato fpinto di- 213 (a) Il filenzio collante, e univerfale di tutti gli Scrit- tori Ippiatri antichi Greci, e Latini Tulle inchio- vature è una fortiffìtna conghiettura , che an- ticamente non fi ferraflero i cavalli , cioè non fi attaccafiero con chiodi ai loro piedi dei ferri, come facciamo noi. Il più antico Autore, il qua- le parla di quello accidente pur troppo frequen- te della ferratura, è forfè Mefler Piero de’Cre- fcenzj Dottor di. legge, e cittadino di Bologna nel fuo libro degli affari della villa, e de’lavori della terra lib. 9 c. 55. Ora i deputati eletti dal Gran Duca di Tofcana per la correzione del Decamerone del Boccaccio ftamparo l’anno 1575 moftrano per certi rifcontri, che l’opera latina del Crefcenzio fu fcritta intorno agli anni 1307. E ctrto, come benilfimo olferva il Salviati negli Avvertimenti della lingua tom. 1 pag. 106, ella, non potè poffare il 309 , effendo jlata intitolata , coni ella fu al fecondo Carlo Re di Cicilia , che morì appunto in quell’ anno. rettamente nel vivo, qualche volta fino all’oliò del piede. Quell’ ultima è affai pericolofa, e ne- gletta, può col tempo riufcire per fino incurabile, come la fproccatura ( $. 511). 513 Si potrà dubitare , che il cavallo fia ftato inchiodato, fé dopo una recente ferratura mettali a zoppicare centra il fuo folito; fe vedonfi ì chiodi brocciati in mufìca, fe levando il piede offervafi il ferro Rampato troppo graffo (a), troppo in tallone, o troppo in punta, fecondochè fi offenda- no i piedi anteriori, o pofteriori, ce ne aflìcure- remo battendo col martello fu tutte le ribaditure, che quando fi batterà fu quella del chiodo, che fa male, 1* animale ritirerà il piede, e darà fegni di dolore. Si diftinguono poi le diverfe fpezie d’in- chiovature 1* una dall’ altra dall’ efame , che fi fa de’chiodi dopo averli eftratti. Nella prima fpezie la lama del chiodo eftratto è afeiutta, nè efee al- cun umore dal luogo , donde fi è eftratto il chio- do , e dopo quella eftrazione ordinariamente il ca- vallo fuol molto meno zoppicare, o medefimamen- te raddrizzarli fubito. Nella feconda la lama del chiodo eftratto è più, o meno tinta di fangue. Nell’ ultima, oltreché effa lama è tutta tinta di fangue, quello fuol anche ufeire in abbondanza dal foro fatto dal chiodo. Se fi lafcia il cavallo in- chiodato tre, o quattro giorni fenza toccarlo , fe l’inchiovadura è femplice, qualche volta guarifee da fe tteffa fenz’altro accidente, ma nelle altre due fpezie , e foprattutto nell’ ultima fopraggiungono la febbre, e l’impollìbilità d’appoggiarli fui piede ma- 214 (a) Termini proprj deli’ arce del ferrare , che faranno lpiegati a fuo luogo. Iato, che diviene ecceffivamente caldo , e gon- fia tutta la gamba, donde lì fa fuppurazione, e afceffo tra 1’ unghia , e il tuello. 514 In feguito a quelli accidenti, come in mol- tillìme altre circollanze , fi dee non di rado difo- lare il cavallo , cioè elìirpar il fuol corneo , fepa- randolo dai quartieri , e dal fottopofto fuol car- nofo. E quella operazione dicefi difolatura. Altre volte , come quando vi è un oignon ( §. 508 ), fi porta via foltanto una porzione di elio fuolo la- rdando il rimanente intatto. 515 Quando nelle fproccature (§-511), o nel- le due ultime fpezie d’inchiovadure ( §. 512) non fi taglia, come fi dee , d’intorno l’unghia, portan- done via una più, o meri larga porzione, per dar un libero efito al fangue, o alle materie , na- fce dal fottopofto tuello una fuperfluità di carne, la quale fovravanza la fuperficie della fuola a mo- do di un fico , e perciò volgarmente fi chiama il mal del fico (a). 516 Si coftuma in diverfi cali di trarre fangue dalla parte anteriore del fuolo vicino alla punta del piede , il che dicefi [puntare : e quella opera- zione fpuntatura dell' unghia è chiamata {b). 215 (a) Nell’annotazione al §. 270 fi è veduto, che Ve- gezio dà il nome di pulmunculus a qualunque efcre- fcenza camola, che venga in un’ulcera, e par- tiicolarmente a quelle, che crefcono alla fuola, cioè a* fichi. (’b) Crefcen. lib. 9 cap. 59 nel titolo. I signori Compi- latori del vocabolario della Crulca interpretano la parola fpuntatura lo (puntare, cioè quello, che fi è levato dalla co fa , che fi è (puntata, e citano a quello propolito l’autorità del Crefcenzio. 216 517 l\ fettone (a) lì a d’ una groflezza , e confl- uenza proporzionata, non troppo piccolo, nè trop- po groflb , non troppo duro , nè troppo molle. Il fettone troppo piccolo, e duro, di cefi fettone magro, e i cavalli, che hanno un tal vizio in quella par- te del piede fono molto foggetti all5 incallellatura ( §. J02 ), quella magrezza effendo per l5 ordina- rio un effetto deli5 aridità di tutto il piede. Il fet- tone troppo groflb , e molle dicefi fettone graffo, e in quello cafo i cavalli fogliono avere i talloni ecceflìvamente balli. 519 II fettone è foggetto a cangiarli, e a rin- novarli aliai fpeffo. Quando ciò dee fuccedere, fi vedono molte feflure lunghe, e larghe , che apro- no la foltanza di elio fettone, {fendendoli dall’uno, e dall’altro canto fino alle calcagna. L’unghia cite- riore è feccaj l5 interna molle, e cedente, e dal- Nel Crefcenzio tal parola al citato luogo non ha nè può avere altro lignificato, che quello di ca- var fangue dalla punta del piede del cavallo, come fi raccoglie chiarilìimamente dal tefto, che dice : fi cavi con la rofetta picei ola fino al fondo la fremita deir unghia dalla parte dinanzi, in fino a tanto che la vena maefra, che difen- de infino a quel luogo fi rompa con la rofetta , e ne efea il fangue. Quella operazione è chiamata dagl’italiani fpuntatura dal nome della parte del piede, onde fi cava fangue, che dicefi la pun- ta, ficcome i Francefi, che danno il nome di pince alla ftefla punta del piede , appellano il trarre fangue da efla dépincer. Quindi fi corregga il titolo del cap. 129 delPIppiatria di Lorenzo Rullo de fpumaturìs ungularum, follituendovi de fpuntaturis. (a) Da Vegezio lib. 1 cap. 56, e lib. a cap. 58 fet- tone è appellato ramula. 217 la Tua biforcatura fuol gemere un umor fottile, e fetido, il qual fovente s’ifpiflifce in una fpezie di melìceride ( Patolog. §. ). 519 Un limile umore trafuda dalla fteffa parte nel più de’ cavalli sì da fella, che da carroz- za , fenzachè ordinariamente ne fucceda altro maggior male ; anzi lì crede ciò effere utile per la loro fanità, depurandoli per quella via la malfa del fangue. Ma qualche volta quel gemitio è il foriere d’un ulcera cancerofa chiamata pinfane- fe y caruolo > o formica , la quale corrode a poco a poco tutto il fettone, lo imputridifce, e lo ridu- ce in una foftanza molle, bavofa, e fibrofa, di un fetore infopportabile , propagando le fue radici lino oltre il fettone carnofo alla fteffa foftanza bianca li- gamentofa delle calcagna. I piedi pofteriori fono più foggetti a quella infermità , che gli anteriori, e più ì cavalli allevati in luoghi umidi, e paludoli, co- me pure quelli, che hanno, o hanno avuto il mal del verme ( §. 578 ), il mal pizzoue ( §. 425 ), i crepacci ( §. 421 ). 218 Dei diverfi fegnali de’ cavalli. CAP. X. 52oC-)hiamanfi col nome generale di fegnali tut- te le marche, tutti i contraffegni naturali, o arti- fiziali, che fi offervano Tulle diverfe parti del cor- po del cavallo, di cui ci ferviamo per conofcere, e caratterizzare ciafchedun individuo in particola- re. Tali fono l'età, la quale altrove (da 217 a 237 ) abbiamo diffufamente infegnato come fi co- nofca , il mantello, le ballane, le jIelle , i remolini, i marchi, il nome, e in fine la taglia. 521 Per mantello, o pelame s’intende propria- mente il color del pelo del cavallo, e delle altre beftie da Toma. Così in vece di dire il tal caval- lo è del tal colore, fi dice è del tal pelame, op- pure del tal mantello (a), 522 I mantelli de’cavalli fi diftinguono in fem- piici , e compojìi. Semplici diconfi quelli, che fono d’ un color unico , e uniforme. Comporti » o mijli quelli, che rifultano dal mefcuglio di diverfi colori. 523 Tra i mantelli femplici fi contano il baio, il fauro, il morello , e il bianco : tra i comporti il grigio , il fagginato , 1* ifabella , il falbo , 1’ ubero , e altri. 524 II baio , che è un mantello de5 più comuni , e nello ftelfo tempo di que’,che più fi ftimano, è quan- do il pelo è di un color roffo ofcuro, approlfimantefi più o meno al color della fcorza delle caftagne, con ciò però, che le quattro eftremità , la crinie- (<*) Nello fletto lignificato i Francefi dicono robe. ra, e la coda fiano nere (ay Le varietà del man- tello baio fono le feguenti. (<*) Il baio cajìagno, che è quello, che più fi ac- colla al color della fcorza di quel frutto. (?) Il baio chiaro, o lavato, che è quando il pe- lo ha pochillìma tinta. (y) Il baio dorato, quando pende al color dell* oro , rifplendendo al fole come quel metallo. ( ma nel comprar i cavalli non bifogna troppo fi- darli a tali fegni, i quali troppo facilmente poffo- no edere falfificath 228 (a) Contintioque fiotas , è* nòmina gentls ìnurunt, Geòrgie» lib. 3 ver/ ts8. E' vero, che qui Virgilio par- la dei vitelli , ma lo fleffo fi praticava riguardo ai puledri cavallini. De re rufiica lib. Jfl cap. 4. ,» His etiam diebus „ maturi agni, & reliqui foetus pecudum , nec „ minus maiora quadrupedia charaBcre fignafi ,, debent. (c) De R.R, lib. n tannar•. tit. XVl, ove cita l’ad- dotto pafiò di Golumella (J) Ne parla Francefco Liberati nel lib, 3 della Tua ope- ra intitolata la pt> festone del cavallo , ove fonò le necefiarie figure dei march) delle principali razze d’Italia. E fin dall’anno 1569 in Venezia preflò N colò Nelli è fiato flampato un libric- ciuolo : De* marchj de’ cavalli con lì nomi di tutti i Principi , e privati Signori , che hanno di cavalli : il qual libricciuolo è flato riflampato piti e più volte con aggiunte, e cangiamenti, fe- condochè le fi effe razze o cangiarono di mar- ch) , o fe ne introduffero delle nuove, I Greci avevano due lettere deftinate a marchiar i ca- valli, che imprimevano falla cofcia, cioè il cop- pa, che era fatto come il Q de’Latini, e il ca- vallo cosi marchiato era detto coppatias , e il fan, che era fatto come il nofiro G maiufcolo, e il cavallo così marchiato dicevafi famphora» 560 Non meno antico è Tufo d’individuare cia- fcun cavallo con un nome proprio , il qual nome è di una neceflìtà affoluta nelle Italie de’Principi, o gran Signori, popolate di molti cavalli. Nell’im- porre tal nome non fi dovrebbe feguire il proprio capriccio , e bizzarria , ma Tempre imporlo relativo a qualche nota particolare di eflfo cavallo , che il faccia diftinguere dagli altri , come relativo alla Tua patria , ai Tuo mantello , a qualche Angolari- tà del fuo corpo , o alla Tua natura , cosi il cavallo di Aleffandro il grande è fiato chiamato bucefalo o perchè avea una guardatura torva, co-* me quella del toro , o perchè il fuo marchio era una teda di toro (a) : dai Romanzieri il cavallo di Rolando detto baiar do, dal fuo mantello baio: ra* bicano quello di Sacripante ec. 561 La taglia ordinaria, o fia l’altezza del ca- vallo fuol effere da tre piedi a cinque piedi e mezzo di Francia. La mifura di detta taglia fi pren- de dalla cima del garrefe perpendicolarmente a terra, fituando 1* animale in un luogo piano, e uguale. Per prenderla ci ferviamo o della canna , o della catenella , o naflro, alla cui eftremità infe- riore fia appefa una pallottola, o altro pefo di piombo , o altro metallo , onde farli reftar tefi. 561 Per aver la mifura giuda, e precifa, è me- glio ufar la canna. Imperciocché la catenella , o il naftro nell’ adattarli fulla conveflìtà della fpalia , quanto poco effa fia carnofa, fanno Tempre parer più alto il cavallo di quello , eh’ egli fia veramen- te. La canna all’ incontro , appoggiando colla tra- verfa , che è alla Tua efiremita fuperiore fulla pun- 229 (a) PJin, hifior, natur. lib. Vili feti, LXIV eap, 4^ ta del garrefe, e coir altra eftremità a terra, sfug* ge quella convertirà, e ci dà la precifa mifura deli* animale lenza alcuna aumentazione, nè diminu- zione. 563 La mi fura ufitata in Francia per prendere la taglia de’cavalli è comporta di piedi, e di pol- lici , o di paumes ; nel noftro paefe di piedi, e di oncie, in altri luoghi d’Italia di quarte. Il piede Francefe è comporto di dodici pollici, e eiafcua pollice di dodici linee ; il noftro piede di dodici oncie, e ciafcuna oncia anche di dodici linee. La quarta fa tre oncie, e tre quarti di Piemonte, e lei pollici meno una linea di Francia. La pauine fa tre pollici, o fia il quarto del piede Francefe. Il piede Francefe è al noftro piede Piemontefe co- me dodici pollici fono a dicianove, cioè dicianove pollici Francefi fanno il piede di Piemonte, o fia le dodici oncie. 5Ó4 I peli de’puledri nuovamente nati fono 4irefpi, e molto fini, fienili alla borra mal filata. F puledri, che devono divenir grigj , nafeono coi mantello morello molto lucente; del qual fenome- jto non è cosi facile render ragione. Piuttofto li può fpiegare, perchè negli animali vecchi i peli delle fopracciglia, e buona parte di quelli del ri- manente del corpo divengano bianchi ( §. 142), è lucidi. L’umor contenuto nelle cellule del tef- futo , che infieme unifee i diverfi fili formanti il corpo del pelo ( Sarcol. ) , fvaporatofi allora , più non vi rimane , che il color naturale dell’epi- dermide. 565 Per la ftefla ragione in queJluoghi, dove è fiata fatta piaga , o forte ammaccatura, i peli, che > fogliono edere bianchi, perchè i 230 231 vali, che portano il nutrimento al pelo fonofi al- lora talmente riftretti, o anche odrutti da non po- ter più ammettere , che umori bianchi. Così ve- diamo ritornar bianchi i peli, che rinafcono ai luoghi delle cicatrici fuccedute ai guidalefchi, al- le cojiane , ai pulmoncelh ec. 566 Quindi fi può render ragione, come riefea ai cozzoni di far nalcere una della artifiziale alla fronte di que’ cavalli , che non ne hanno alcuna, con produrre una piaga a efla fronte , e far ca- dere il primo pelo. Notili però, che il pelo bian- co , che fuol rinascere , è molto più raro, e più lungo del naturale , e quanto poco vi fi guardi, li conofcerà, che al di fottp vi c data ulcera. 567 Gli deflì cozzoni hanno anche l’arte di tingere le fopracciglia bianche ( §. 142), o il mantello leardo in morello , o baio. Ma quedo colore artifi- ziale non fuol durare, che fino al tempo della mu- da , perchè il nuovo pelo, che fuccede al vecchio caduto , ritorna col fuo color naturale. 568 Per muda , o mudagione s’intende la cadu- ta dei peli vecchi, che fuccede ne’ quadrupedi tut- ti gli anni, come quella delle piume negli uccel- li , per veftirfene di nuovi. La muda ne’ cavalli fuol farli due volte all’anno, nell’autunno, e nel- la primavera , e in quedo tempo fogliono edere più deboli, e melancolici, veramente infermi. 569 Nell’animale fano, e benedante i peli vo- gliono edere lifej, lucenti, morbidi, e pieghevoli, coricati gli uni fugli altri, Se fono rigidi, dritti, inuguali, o, come dicono, rabbuffati , dicefi, che il cavallo ha cattivo pelo, il che indica o che è ammalato , o che muda , o che ha freddo. Nelle malattie gravi, pelhmo fegno fuol edere, quando ri 2 232 i crini, e le ferole troppo facilmente fi fvellono, o cadono da fe fteffi ; perchè ciò è fegno , che come tutte le altre parti del corpo , così la fieffa cute, e i medefimi bulbi de’ peli fono caduti in atonìa. 570 Dai peli, e principalmente dai crini efcono fovente delle fcintille elettriche (a). Gli fteffi crini, e le fetole della coda , quando non fono ben net- tati , e pettinati, fi confondono, e s’ intortigliano talmente infieme, facendo delle pliche intricatiffime, che più non fi poffono Quelle fcintille elettriche , e quelle pliche hanno dato origine alla credenza degli {ciocchi, e de’ fuperlìiziofi palafrenieri, che tali cavalli fiano curati dagli fpiriti folletti. 571 II cavallo, che fi vuoi comprare, non fia nè troppo graffo , nè troppo magro. La foverchia pinguedine è dannofa agli animali, come agli uo- mini, i quali ne rellano immobili, fonnolenti, e ftupidi, come fi vede ne’ porci ; onde non pare improbabile la ftoria di Varrone {b) fiata confer- mata da molti altri Autori, che nel lardo di un porco ancor vivo i forci averterò fatto il loro ni- do. L’ ecceflìva magrezza rende 1’ animale debole, incapace di fervizio , ed è fovente indizio di ca- chejjìa ( Patolog. ). 57* I cozzoni per far comparir graffi, lucidi, e beneftanti i cavalli magri, fogliono gonfiarli con (<*) Fortunio Liceto de monftris lìb. 2 cap. 48, che tali fcintiile efcano dai peli del gatto, maneg- giandone , e fregandone di notte tempo il dor- fo , il fanno tutte le donnicciuole. (b) De R, R lìb. 2 cap 4 pag 268 cdir. Gefneri. Buf- fon hifioir, natur, torri. IX pag, 149 edit. in 12. aria, nella della maniera che, i macellai, onde po- ter più facilmente fcorticar l’animale morto, e non guadarne il cuoio, per un piccolo buco a effo cuoio fatto foffiano, e’l fanno didaccare dalle fot- topolle carni. Si è veduto ( §. 138), che gli fteffi cozzoni lo delio artifizio adoprano per riempiere le conche troppo cave, e diformi. In Inghilterra, e in Alemagna la deffa frode di gonfiarli, onde farli parer graffi, fi pratica fopra i vitelli, e fopra i buoi (a), e per l’Oriente fugli fteffi cammelli (b). Ma oltreché quell’ apparente gramezza non è di lunga durata, è facile il diflinguerla dalla vera pin- guedine , per la crepitazione, che fi fente nel ma- neggiar il cuoio dell’ animale , e per la poca refi- ftenza , che prefentano gli integumenti. 573 Non bifogna però credere, come l’hanno fcritto Ariftotile (c) , Plinio (d) , Mauchart (e), e altri , che con quella gonfiezza ne avvenga di far in- graffar più predo i buoi, é confeguentemente an- che i cavalli, che anzi per le fperienze , che ne fono date fatte, e che fono rapportate dallo dello Mauchart nell’ Efemeridi de’ curiofi della natura (f) , fi raccoglie , che i buoi così gonfiati furono trilli, e pochiffimo mangiarono per tre giorni con- tinui. 574 Per finire di dar un’idea generale di tutte le malattie ederne del cavallo è neceflfario qui 233 (a) Lifter de humorib. cap. 19, Cafaubonus lib. V com• meni, in Athanctum , Cow per. ad Bidloo. (£) Tavernier voiage de P ;rfe lib. 2 cap. 9. (c) Hifìor. animai, lib. Vili cap. 7. \d) Hiflor. natur. lib. Vili cap. 45 feti. 70. (?) F.phemsei. natur. curiof. centur. 1, 2 obfer. za. (/) Loco citato. 234 far breve parola di tutti que* morbi cutanei, che, fenza occupare alcuna fede particolare, poffbno accadere in qualunque parte degli integumenti. Ta- li fono la rogna.y gli erpeti, il mal del verme , le mofcaiuole , le verruche , i fichi, la ftiriafi, le crofie, i bottoni y e limili altre efpulfioni. f 75 La rogna 3 o ficabbia è una fchifofa , e pru- riginofa infermità della pelle, per cui quella divie* ne ruvida, afpra, fquamofa , e piena di pullule, bottoni, e erode, facendo cadere il pelo , e per fino ulcerare le parti, che occupa. Queda malat- tia è contagiofa, comunicandoli dall5 animale infet- to al fano, non folamente col toccarli immediata- mente 1* un 1* altro, ma anche per mezzo de’ for- nimenti , e degli arneli. 576 La ficabbia li fuol didinguere in umida, e in fiecca. L5 umida è quella , che corrode , ed eful- cera le parti, producendo pudule , erode , e ul- cere fuperfiziali, che gemono un umor Lottile, e acre. La ficabbia fiecca li manifeda per piccoli bot- toncini , o pudule, che rendono afpra, e difugua- le la cute con molte fquame fiurfiuracee, e con caduta deJ peli. Quedo male qualche volta occupa tutto il corpo , ma per lo più le parti edreme, co- me le gambe, le giunture, la criniera, la coda, e la della faccia. 577 L3 erpete altrimenti detto empettiggine , ficrpi- gine y o volatica è un5 afprezza della cute , in cui la cuticola o li fecca , e li fepara in diverfe pic- cole fquame , come farina, o crufca , e diceli er- pete farinaceo, o furfuraceo , oppure , come la cuti- cola , così il corpo mucofo vien corrofo , forman- do erode più, o meno grotte, e larghe, umide, o fecche , e allora nominali erpete crofiofo , o in fine la fteffa cute propriamente detta è affetta, ed crofa, lìcchè ne natce un’ ulcera fuperfiziale , e ferpeggiante, (tendendoli, e allargandoli da un luogo a un altro , e quella è la vera ferpigine, 1/ erpete può occupare qualunque parte della cute, ma più frequentemente fuol venire alle guancie , attorno agli occhi, alle parti laterali della crinie- ra, e in tutti i luoghi, dove fono più abbondanti le ghiandole febacee. Quella malattia è contagiofa, e pruriginofa , come la rogna (575 ). 578 Ma la più grave delle malattie cutanee, e contagiofe, che accadono ai cavallo, e che, quan- do è giunta all5 ultimo fuo grado , può elfere pa- ragonata alla lebbra , o elefaniiajì, è il mal del ver- me detto dai Frauceli farcia. Si manifesta per bot- toni più, o meno grolli, e più , o meno molti- plicati, o quinci, e quindi fparlì per tutto il cor- po , duri, e aderenti al cuoio, trovandoli ordinaria- mente lungo il tragetto de5 groffi tronchi delle ve- ne fanguigne, a cui fembrano attaccati ; e in que- llo cafo nominali verme volatile , perchè fparifcono per l5 ordinario in un luogo per manifeilarli in po- chiflimo tempo in un altro $ oppure detti bottoni apparifcono folamente lungo le vene giogolari, e al petto preffo le vene del rifcontro , e diceli ver- me anticuore 5 o folamente alla teda , come alle ganafcie , nel canale , alle guancie , nelle delle na- rici , e alla gola, ed è appellato mentagra (a). O m 1% A» 235 (a) La mentagra era propriamente una fpezie di er- pete maligno portato nuovamente dall’ Afìa in Italia fotto Tiberio. Era così chiamato , come dice Plinio hifior. natur. lib. XXVi cap. i feti, 2 , quo ni am a mente fere oriebatur , occupantem in 236 ì bottoni efeono alla faccia interna delle eftremità anteriori, o pofteriori lungo la fafena, e la cefa- lica , come pure alle parti laterali del corpo lun- go la cinghiala , formando in detti luoghi dei no- di varicolì, e delle fpezie di cordoni, e chiamali verme canino. 579 Qualunque parte occupi il mal del verme 3 gli accennati bottoni col tempo li efulcerano, e danno origine a certe fchifofe ulcere con carni ba- vofe, eferefeenti, e fungofe, dalle quali geme un icore fottile, giallognolo, e di cattivo odore. Det- to umore s’inlinua qualche volta profondamente nel teffuto cellulare, e perviene alle fteffe offa , che ne rimangono tarlate. La tela cellulofa prin- cipalmente delle eftremità pofteriori tutta s’inzup- pa di umori linfatici, quelle eftremità gonfiano prodigiofamente , e li fanno tutte bernoccolute, e ineguali, 1* animale divien dappertutto ulcerato, tramanda un fetidillìmo, e infopportabile odore, le ghiandole linfatiche del canale s’inzuppano, gonfiano , e fi fanno aderenti alla ganafeia, final- mente fopraggiunge uno fcolo di materie di cat- tiva qualità dalle narici, e il cavallo è veramente morvofo ( §. 174, 175). 580 Le moscaiuole (a) volgarmente chiamate nel multis totos utique vultus , oculis tantum immuni- bus , defcendentem vero & in colla , ptRufque, ac manus, fendo cutis furfure. (a) Non ho trovato fcrittore, il quale dia un nome co- tanto appropriato a quelte ulcere , appellandole mofcarole, che il signor Conte Bonfi nelle Tue lettere ippiatriche pag. 12, perchè infatti le mo- fche molto contribuifcono a maggiormente ac- crefcere il cattivo carattere di tali ulcere ribelli * noftro paefie pelliccili, fono certe fadidiofidìme ul- cere cutanee fuperfiziali , ma ferpeggianti, che ven- gono ai cavalli nella date in qualunque parte del corpo, alle ganafce fui mufcolo maffetere, alla parte fuperiore della chioma , dove porta la tedie- rà , ai giogoli, al garrefe , fulla fchiena, Tulle co- de , alle anche , alle gambe, e principalmente alla nocche , qualche volta fino alla (leda corona dei piedi. Quelle ulcere cominciano ordinariamente per una piccola pullula, o ulceretta , che produce sì gran prurito , che obbliga T animale a morficarfi la parte, o a fregarla contro qualche corpo ; quin- di in pochidìmo tempo fi allargano, e fi dilatano, conlervando per lo più una figura circolare , nè mai molto (tendendoli in profondità, dappoiché quali mai non oltrepadano la fpeffezza della cute. Sogliono edere ribelli a ogni medicamento -, fe gua- rifcono , come Tuoi accadere fpontaneamente , pak fati i calori della date, la cicatrice Tuoi eder fatta da una pellicola fiottile , lucente , e nuda di peli, e non di rado nella proflìma date di nuovo com- parificono alla deda parte. 581 Le verruche Tono certi piccoli tumori, o eficreficenze coperte dalla pelle, ordinariamente non più grodi d’ un cece, o d’ una nocciuola, ineguar li , e granelluti alla loro fiuperficie , che podono naficere fu qualunque parte del corpo, comechè più frequentemente fi olfiervino alle palpebre, al- • le fiopracciglia , attorno gli occhi, alle labbra , e alle altre parti del mufello. 5gr I fichi fono tumori farcomatofi, e fungofi di color rodo fanguigno, differenti dalle verruche, prima pel loro volume , e figura , pervenendo qual- che volta a un grodìffimo volume, e prendendo 237 238 diverfe forme fecondo le partì , che occupano, poi perche quelle fono coperte dalla pelle ( 5&1 ), e i fichi no. Quelli gettano fangue , o un umor fanguigno al meoomo tatto , ellirpatt foglioDo fa- cilmente ripullulare. I muli vi fono più foggetti , che i cavalli. Nafcono ordinariamente alla parte in- feriore del ventre, alle parti della generazione dell’ uno , e dell’ altro fello, al petto tra le due ef- tremità anteriori, al mufello, alle fteffe auricole ec. 583 La ftiriajì (a) , o morbo pedicolare è , quan- do per tutto il corpo del cavallo tra i fuoi peli , e principalmente alla criniera, e alla coda , fi tro- vano molti pidocchi , che bulicano , e rodono, pro- ducendo un molellillimo prurito , e per fino ulce- rette crollofe. hi conofce, che l’animale ha pi- docchi dal vedere, che cerca continuamente di grattarli , dall’ olfervar i peli tutti gremiti di lendini, e gli Itellì pidocchi muoverli, e bulicare, T animale divien magro con cattivo pelo , e in fi- ne muore ettico confunto, la ftirafi effendo foven- te un fintoma dell’ ettifia, o della cachefjia ( Pato» log. )• 584 I bottoni volgarmente chiamati galle, e più propriamente di fangue , fono certe efpul- fioni cutanee, che fi manifellano per molti turno* ( le anche non liano cornute ( §. 284) , nè la coda attaccata o troppo in alto, o troppo in baffo, fia guarnita di lunghe , e folte fetole, non abbia nè erolte, nè fcabbia , n b langio. Offervifi , fe all’ano non vi fono emorroidi, o forfè anche fijìole ( §. 305, 306 ). I fianchi fieno pieni, e quieti, fe fono al- terati , e battono , fi confideri, fe quel loro pre- ternaturale movimento è un fegno o di bolsaggi- ne ( §. 348 ) , o di qualche malattia acuta (§. 34”). Le reni liano doppie ( §. 272), la fchiena non trop- po elevata , come quella de’ muli, nè così abbal- lata , che renda il cavallo infialato : il ventre noa penda, come quello delle vacche , nè fia così {munto, che raffomiglii a quello de’veltri, fia egual- mente alto, che largo (§.323 ), alle parti ge- 243 244 Ditali non fiano tumori, il prepuzio laici facilmen- te ufcire, ed entrare la ghianda. Si tocchi, fe non vi fono ernie, o fiftole rimafte dopo la caftratura. Le corte fiano rotondate, e formanti un arco, ficchè rendano il torace ampio, il petto fia largo, e carnofo , nè fiavi anticuore ; il garrefe vuol effe- re fecco , e alto fenza guidalefchi ( §. 265 ). Il collo fia ben contornato, e abbaftanza tar- chiato, non di fico ( §. 245 ), nè intavolato ( §, 244), non rovefciato ( §. 247 ), nè falfo (§. 248 ), nè penden- te ( §. 246 ): la criniera guarnita di lunghi crini fen- za effere in troppo grande quantità fia monda da crofte, fcabbia, e pidocchi. Tocchili, fe verfo la nuca non vi è ulcera , o tumore , che poteffero dipendere dalla talpa ( §. 130), alla gola non fia- vi il gozzo ( §. 253). 589 La terta fia piccola, fecca , ben fituata, e ben attaccata ( §. 111 ). Le ganafce troppo groffe, e troppo carnofe la rendono diforme, e quadra- ta j fe per lo contrario effe fono piuttofto piccole, e ben dittanti 1’ una dall’ altra, oltreché alleggeri- fcono erta tetta, fanno sì, che il cavallo più fa- cilmente l’incafcia ( §. 118). Il canale vuol effere largo, netto fenza ghiandole tumide, dolorofe , o aderenti all’orto ( §. 213): la barbozza fecca, non troppo acuta, fenza callofità, ulcere, tumori, o fiftole : le labbra non troppo fpeffe , non pendenti , nè gli angoli della bocca ulcerati, o callofi : erta bocca fia fquarciata anzi che no, col palato non troppo carnofo, nè la lingua troppo fpeffa , il di lei canale non troppo ftretto, nè troppo profondo, colle barre non troppo alte, nè troppo baffe, non troppo acute, nè foverchiamente ottufe, non rot- te , nè altrimenti offefe. I denti fiano ben ordina- ti, non fianvi nè fopraddenti, nè denti di lupo, non punte, che poffano impedire la mafticazione, e offendere le parti interne della bocca. Si efami- ni, fe non vi è la palatina, le ranelle, il cancro volan te, afte , o fe efla bocca non tramanda cattivo odore. Le narici fieno bene aperte, e da amendue il fia- to efca ugualmente fenza alcun cattivo odore, non fi oflervi alcuno fcolo di materie di diverfa confi- ftenza , colore , e odore j nel qual cafo rebbe efaminar diligentemente , fe il cavallo è af- fetto di femplice cimurro ( §. 171), di corica ( §. 172 ) , oppure di morva ( §. i 74 ), o di ettijia (§. 173 ). La membrana pituitaria in neffun luogo fia ulcerata, fia roffa fenza effere infiammata. Le orec- chie fiano piccole, ardite, e ben piantate, gli oc- chi beili, vivi, e lucenti fenza alcuna macchia , infiammazione, o fcolo di materie , fi efaminino i movimenti della pupilla , per aflìcurarci fe non vi è la gotta ferena (§.155 ): lo fiato dei denti inali- vi ci darà indizio, fe il cavallo ha il tiro d’appog- gio ( §. 241 ), e dagli ftef.fi denti, come pure da- gli fcaglioni, fe ne conofcerà 1* età. In fine il ca- vallo fi efamini nella ftefla ftalla alla mangiatoia non folamente per vedere, fe mangia bene, e pre- fio , e di tutto, ma anche come fia piantato , fe non è rampino ( §. 480 ), o non mojìra la fìra- da di s. Giacomo ( §. 569 )• Si provi di alzargli i piedi tanto anteriori, che pofteriori, fi batta fui ferri, fulle tefie, e fulle ribaditure de* chiodi, per vedere, fe è facile a effer ferrato. Si faccia la pro- va di mettergli la briglia, e la fella x gli fi vada d5 attorno , fi palpi, fi ftrigli, e da tutte quelle prove fi comincierà a conofcere, fe egli è di buon cuore (§. 618), e fincero, oppur maligno, e dif- 245 ficile. Se è lin cavallo dà tramò, bifogna fottó- metterlo agli aroelì, e a quel genere di vettura * cui lì delfina , fé da fella, fi dee montare, co- me s infegnerà qui appreffo. Ma riguardo all’ufo, che fi vuol far del cavallo i altre particolari attenzioni fi debbono ave- re nel comperarlo ; conciolfiachè certi vizj di con- formazione * certe leggieri infermità efferoe, che fono di poca confeguenza in un cavallo da traino* debbono aflolutamente furio rigettare , fe fi delfi- na , per efempio, alla generazione. E' da fapere pertanto , che in generale i cavalli fi deftinano o alla propagazione delia fpezie * o a portare , o a tirare. I primi, che nominanti galloni, debbono ef- fere interi * e fini * riferbandoci nel trattato delle razze 1’ efpofizione delle altre qualità , che in ellì fi richieggono'. Gli altri poi fi diftiaguono in cavalli fini i genero!! , e nobili * e in cavalli comuni, e ordinar). 591 I cavalli deftinati à portare ò portano l’uo- mo , o portano fardelli, o altri peli. I cavalli de- ftinati a portar 1’ uomo fi chiamano volgarmente ‘cavalli da fella , o cavalcature. La loro taglia non dee oltrepafiàre i quattro piedi , otto , o nove > fino a dieci pollici, mifura di Francia ( §. 56$ ), e tali cavalli fi adoprano nelle guerre * nei viaggi , alla caccia * nelle corfe * nelle giolfre , nelle pom- pe, o ne’diverfi maneggi della Cavallerizza. 591 II cavallo da guerra o dee fervire Principi* Generali * Uffiziali , e altri Condottieri , o il fem- plice Cavaliere* e Dragone, ojl Naccherino det- to volgarmente il Tirnbalhere. Dal Brigadiere ingiù \\ cavallo da guerra è un cavallo comune. Quei degli Gihziali debbono edere cavalli fini, ma per 246 chiunque fia detonato iJ cavallo da guerra , vuol effere ben tarchiato, e ficuro di gambe, fenza pe- rò edere troppo pefante , dee trottare, e galoppar bene all’ una , e all' altra mano , e muoverli eoa agilità, dee aver la bocca ferma fenza effere du- ra , aver i piedi buoni coli’ unghia forte, ma noa ghiaccinola ( §. 476), mangiar bene, e con preftez- za , effer ubbidiente al morfo, fofferente della fame, della fete , del caldo, e del fieddo, non troppo fenfibile alle mofche ; lia foprattutto tollerante della fatica ; perciò fi efcludono i troppo giovani, i quali non ancora hanno acquetato tutte le loro forze, non fia nè ardente, nè troppo focofo, nè retoo, nè ombrolo , non tema nè il fuoco,- nè l’acqua, nè ogni qualunque maniera di Crepito , non la pre- fenza di qualunque oggetto , ancorché gli cada fu- bitamente fotto gli occhi : fia inoltre accoftumato al nuoto. Il cavallo da Cavaliere debbe effere più forte» poco più alto, e più tarchiato di quello da Dragone. Il cavallo da Timbaliiere farà alto quat- tro piedi, e dieci, o undici pollici, di bell’afpet- to , ben tarchiato , docile, e affuefaito a ogni ru- more, e fuono. 593 II cavallo da viaggio per un Signore vuol effer bello, e proporzionato, docile, e manfueto, di taglia mezzana, cioè nè troppo alto, nè trop- po baffo, di età non minore di fei, o fette anni j abbia un paffo piuttofto allungato , e comodo , le gambe fané , e ficure, ben tarchiate , i piedi buo- ni , non fia ardente , nè pigro , non delicato , nè lungo nel mangiare. 594 II cavallo da viaggio detonato pel palafre- niere, che dee feguitar il padrone, farà un caval- lo di rezza comune, più tarchiato , e più forte , 247 che ii precedente, abbia buone reni, e una grop- pa larga, e inufcolofa , perchè meglio poffa ten- dere a portar la valigia ; le gambe , e i piedi ne liana egualmente buoni ; non importa poi, ancor- ché non abbia così buona bocca, nè i movimenti così dolci, lia accoftumato a redar immobile, e quieto nello delio fito , quando occorre, che il palafreniere ne difcenda , per predar qualche fer- vizio al padrone. 595 II bidetto da pofìe , o da corriere farà me- dehmamente un cavallo di razza comune , ma ben tarchiato , anzi corto, che lungo di corpo, con buone gambe , e buoni piedi, dee galoppar con agevolezza, non aver la bocca troppo fenfibile, non efler nè redìo , nè ombrofo , nè aver alcun altro capriccio : acciocché fiano più duri alla fati- ca, fi fcelgono ordinariamente interi. 596 Per cavallo da caccia s’intende quello, di cui ci ferviamo per cacciare o con cani corrido- ri, o con cani da fermo. La prima caccia efige due forte di cavalli, cioè i cavalli, che dee mon- tar il padrone , e i cavalli desinati pei bracchieri detti dai Fraocefi piqueurs. 1 primi fiano cavalli fini colle fpalle libere , e ben maneggiami , il corpo piuttosto lungo , la bocca buona , ma non troppo fenfitiva , debbono effere leggieri, predi, e como- di alla corfa, non ardenti, anzi piuttolto freddi a effer animati dall’ abbaiar de’ cani , e dal Tuono delle trombe , di lunga lena , perchè refidano al galoppo , che fovente dee durare parecchie ore. Tali predo poco debbono effere i corfieri, fia che fi desinino alle còlle, o alle giolìre, o ad altri li- mili efercizj oramai andati in difufo : nei cavalli coifieri però i’ ardore , che loro dà i’ emulazione 248 per oltrepafTare nel corfo gli altri cavalli, è una delle qualità , che fi ricercano. Quanto ai cavalli dei bracchieri vogliono elfere anche buoni corrido- ri , ma più grodolani, più tarchiati, e più robudi, dovendo quelli fare molto maggior fatica, e paf- fare per luoghi difficili, e imbrogliati . 597 Per la caccia, che fi fa coll’archibufo , fi cìefìdera un cavallo di bada taglia, comedi quattro pie- di , e cinque , o tutto al più fei pollici, il quale fia quieto fenza il menomo capriccio, aflfuefatto a fentire fenza fpaventarfi lo fcoppio dell’ archibufo, e a vedere lo fplendore del fuoco, che cali con deftrezza ne5 folli, e poi facilmente n’ efca , che vada bene di palio , e fi arrefti inllantaneamente , quando è domandato, che abbia la bocca buona * e le gambe ficure . Tali fono anche le qualità , che fi richiedono ne’ cavalli di palleggio, e in quelli, che fono deificati per le dame . 598 Quanto al cavallo da maneggio bilogna efa* minare, fe ha le reni pieghevoli, i muovimenti belli, e graziofi , fe è ben proporzionato, leggie- re , e fneilo, fe ha i garretti nervofi , e fani, la bocca buona , le fpalle libere, e piatte ec.. La forza in quelli cavalli, come neppure in quelli , che fono dedicati per le pompe , non è tanto ri- cercata , quanto la grazia, e l’agilità. 599 1 cavalli dedinati a portar fardelli fono co- munemente chiamati cavalli da bajlo , o da foma, fono di razza comune, e debbono avere le reni, e i garretti forti, e nervofi , le gambe mufcolofe con T oliatura grolla, richiedendoli in quelli ani- mali non la bellezza , nè 1’ agilità, ma bensì la forza, poco anche importando le buone qualità della bocca. 249 600 I cavalli da tràino, o da tifo fono dedina* ti a tirare o carrozze pcfaoti, o vetture leggieri * oppure vetture pelanti, e grodolane . / caval- li da canora debbono edere alti da cinque pie- di lino a cinque piedi tre , quattro , o cinque pol- lici : perche tali cavalli Tempre fi accoppiano due a due , fi debbono fcegliere della ftefla , e precifa altezza, della (teda figura , e grodezza, dello def- fo mantello, e colle (tede marche j liano anche conformi d’inclinazione , di andature , di forza , e di vigore, altrimenti il più forte , o quello, che più fi sforza per tirare , redando caricato della maggior parte del pefo , in breve tempo fi dorpia, e fpnda , mentre il più debole , o quello, che non vuol tirare , fi conferverà lungo tempo . Siano ben proporzionati, e ben tarchiati, bene aperti, e ben elevati dello innanzi, abbiano la bocca buona, la punta delle fpalle piuttodo carnofa, e rotonda, le gambe nervofe , e larghe , e le oda grandi, trottino bene portando la teda erta , e la groppa ferma . 6ot Quella forta di vettura leggiere a due ruo- te volgarmente chiamata fedia , è ordinariamente tirata da due cavalli molto differenti 1’ uno dall’ altro, ma non mai così alti, nè così fpedì come quelli da carrozza ( §. 6oo ) ; l’uno che dicefi il ca- vallo delle Jianghe dee aver quattro piedi, e dieci o undici pollici, debbe edere membruto , e forte , trottar predo, e con facilità : 1’ altro , che è mon- tato dal podiglione , o dal vetturino , debbe edere più piccolo , e più bado, approdìmanrefi davan- taggio alla taglia de’ cavalli da iella ; dee poter fodener facilmente un galoppo raccorciato » 601 Gli altri cavalli da traino , come da car- retta » da carro» da aratro, o da altre vetture 250 péfanti > e groffolané , faranno cavalli comuni , e maffìcci , con groffe membra , petto largo , e fpal* le carnofe; la forza , ed il pefo effondo le quali- tà , che in elfi fi defiderano 3 non T agilità > nè la preftezza de' movimenti. Quali Jìano le andature naturali del cavallo ; come quejìo fi debba efammare nel moto ; come quindi fi traggano gl' indiy di fua natura. Vifj , e difetti , per cui fe ne fa la guarentigia , CAP. XIL qui fi è infegnato , come fi debba efirminai il cavallo nel ri pofo ; ma 1* animale farà bello, e proporzionato, non avrà alcun difetto appaiente nè di conformazione, nè accidentale , eppure quan- do il vorremo mettere al fervizio , per cui 1* ab- biamo comperato, ci accorgeremo forfè troppo tardi, eh' egli o zoppica, o non ha le neceffarie qualità interne, o fi manifefterà qualche malattia cronica , di cui il cozzone era pervenuto ad alfo- pire per qualche tempo i fintomi, o altro vizio , per cui non potremo fottometterlo a quell’ ufo , al quale l’avevamo deftinato. Confiderata adunque diligentemente la figura citeriore del cavallo, è ncceffano con non minore applicazione oflervarlo nei moto, ìd cui ci aflicureremo fe egli zoppica , fe ha le richiede qualira interne, e tiguardo alle infermità, o difetti , che non fi poffono cosi fini- mente m tal tempo feoprire , ce ne faremo pailar un valletto di guarentigia, 252 4 Le andature del cavallo fi diflinguono in naturali , e in artificiali, Le naturali fono il pafio, il trotto, e il galoppo, alle quali alcuni aggiun- gono il portante . Le artifiziali, che in termine di cavallerizza fono dette maneggj , fi diftinguono in maneggj di terra , e in maneggj d‘ aria . Quelli di di terra fono la carriera , la volta , la mecfiaria ec.: quelli d'aria fono la corbetta 3 la ballottata , Varia del montone , la capriola ec., fi dicono maneggj d'aria\ perchè in quelli più che in quelli di terra , il ca- vallo opera levato in aria. 605 Di rado fi ricercano nel cavallo, che fi compra, quelli maneggj artifiziali, tutto al più , quando fi delfina alla cavallerizza , bifogna vedere, fe vi ha della difpofizione, e fé ha le qualità a luo luogo accennate ( §. 598 ) ; per la qual cola ci ballerà far qui parola delle andature naturali. In quelle è d’ uopo efaminare due tempi principali , che fono il fofiegno, e 1* appoggio delle gambe, vedere, come fi fuccedano, equantodurino.il fo- fiegno è il tempo, che le gambe dimorano alzate in aria : V appoggio è il tempo , che dimorano ferme a terra . inoltre , onde evitar la troppa confuiìo- ne , che naturalmente nafce dal precipitofo movi- mento di effe gambe , è bene nel voler accompagnar colla villa quelli tempi, e poi farne la debita ellimazio- ne, efaininare, e paragonare infieme fidamente due gambe alla volta, cioè o il bipede anteriore, o il bipede pofteriore , 0 uno de’bipedi laterali deliro, o finillro . 606 Un cavallo, che vada di puffo, che è la più lenta , e la più tarda delle fue andature natu- rali , e in cui confeguentemente è più facile il dillinguere , e valutare i diverfi movimenti, e i divelli tempi delle gambe, le muove lempre dia- gonalmente i’una dopo 1’ altra, cioè incomincia per efempio ad alzare la gamba delira anteriore , poi la Anidra pofteriore, in feguito la Anidra da- vanti , e finalmente la delira di dietro, e ciò fi fa con quell’ ordine, e quella durata. La prima gamba levata è alla metà del fuo foftegno, quan- do la feconda fi (lacca da terra. Quando quella è alla metà del fuo rifpettivo foftegno, la prima le- vata fi pofa, e la fua compagna del bipede ante- riore s’innalza : quando quella è anche alla metà del fuo foftegno , la feconda levata va a pofarfi, e la prima fi truova alla metà del di lei appog- gio , e allora la quarta fi l'Iacea da terra, e que- lle alternative di appoggi, e di foftegni a tempi uguali fempre fi fuccedono colla ftelfa regolarità , finché dura il palio , di maniera che in quell’ an- datura le gambe dei bipedi laterali s’ incontrano infieme un quarto di tempo in aria , e un quarto di tempo a terra , e quelle dei bipedi anteriore , e pofteriore non mai s’incontrano infieme , nè in aria, nè in terra ; quando uno dei piedi anterio- ri , o pofteriori fi leva, 1’ altro nello Hello tempo fi pofa . Dal che fi vede, che la macchina cavallina, la quale nel tempo del ripofo debbe edere confiderata, come una malfa quadrata portata fu quattro colonne, ciafcheduna di dette colonne portando una quarta par- te della fomma totale di detta mafia, nel primo quarto del primo paflo , come nell’ ultimo quarto dell’ ul- timo palfo , è ancor portata fu tre piedi, ma du- rante tutto il rimanente di quell’ azione non più è portata, che fu due. Supponendo dunque, che il piede deliro anteriore fia il primo a muoverli , nel primo quarto del primo paflo la macchina c portata dai due piedi pofteriori, e dal finiftro an- 253 254 tenore : nel fecondo quarto dello fteflfo paffo da due foli piedi in croce, che fono il finiftro di- nanzi , e il deftio di dietro , nel terzo quarto dal bipede lateral deliro, e nell’ ultimo quarto dal piede deliro anteriore , e finiftro polleriore . Poi il cavallo ricomincia un altro paffo, in cui primie- ramente la macchina è portata dalle due gam- be fiiiillre, le delire effendo in aria, e così fuc- ceflivamente lino alla fine del paffo, in cui per- ciò li lentono quattro battute diftinte, ugualmente diftanti l’una dall’altra. 607 Al trotto , che è un andar mezzano tra il paffo comunale , e il galoppo , cioè più fpedito , e più elevato , che ’1 paffo , ma molto meno pronto, che ’1 galoppo, le gambe lì muovono inlieme fem- pre due a due , e diagonalmente , come per eleni* pio la finiftra davanti, e la delira di dietro. Quan- do quell’ azione è rifoluta [a), fpìcciata (b) , ed tyiiia (c) ( e tale quali mai non 1’ è naturalmente, (a) Il trotto, come tuite le altre andature naturali , dicefi rijoluto, quando il cavallo va liberamente, e volentieri innanzi lenza trattenerli, o , come dicono , lenza arramingarfi, e lenza andar di fian- co, O , come dicono lenza attraverfarfe . Si dice fpicciato , sbrigato, o difciolto , quando il cavallo nell’andare piega le giunture così della fpalla , come del ginocchio, e anche del pafìu- rale, a differenza dell’andar impicciato, e lega- to, che fi offeiva ne’ puledri , primachè l’efer- cizio abbia loro fnodate le giunture, che vanno con le gambe anteiiori dritte, e refe , o, co- me dicono, impalale. (c) Le andature del cavallo fono dette unite, quando egli nel moto tiene il Ino corpo tutto raccolto in fé ffcffo , e muove le lue membra con la debita aimoaia, e conifpondenza. Vedi la nota 0) àd §. 273. offervandofi {blamente ne’ cavalli, che 1* hanno apprefa fotto periti Cavallerizzi ) le due gambe in croce fiaccaci! da terra nello fteffo tempo , e re- ftano lo fteffo tempo in aria , onde viene per ne- ceffaria confeguenza, che la durata del foftegno delle due gambe levate effendo uguale alla dura- ta dell’ appoggio dell’ altre due, che reftano in terra , non fi fentono mai, che due battute ben diftinte; e non (blamente, come al p a fio ( §. 606 ), quando una gamba del bipede anteriore, o pofte- riore fi leva , 1’ altra dello ftcfio bipede fi pofa , ma ciò fi offerva anche riguardo ai bipedi latera- li , cioè per efempio, quando la gamba davanti del bipede lateral deliro fi leva , la gamba pofte- riore della fteffa banda fi pofa, lo fteffo dicali del bipede lateral finiftro : per la qual cola in quella maniera di trotto le pofate delle due gambe , che arrivano a terra fono Tempre efattamente Jìmulta- nee, e la macchina è continuamente portata da due colonne diagonali . 6cS Nel cavallo non addeftrato però, ma forte, agile, di fenfo, e di cuore , il trotto fenza effere tanto unito , è tuttora risoluto, e per lo più anche fpicciato ; ond’ è che le gambe muovendoli Tempre due a due, e diagonalmente, come fi è dimoftra- to qui Topra (§.607), havvi quella differenza, che non Tempre i piedi anteriori, o pofteriori, che pofano, afpettano per levarli, che i loro compa- gni , i quali fono in aria, vengano a pofarfi : vi è un illante affai corto , in cui tutti e quattro i piedi Tono in aria , nè la macchina è portata da alcuna colonna di maniera, che i tempi dell’ap- poggio fono alquanto più corti, che i tempi del foftegno, nel rimanente il tutto fi pafia come nel 255 256 t trotto rifilato, fpiccìato, e unito, nè mai fi fen- tono più di due battute. 609 Che fé il cavallo è debole, abbandonato, e che trotti mollemente , allora le due gambe dia- gonali, che fi è detto doverli pofar a terra nello fteffo tempo ( §. 607 ), non vi arrivando così preci- famente infieme, ma T una alquanto dopo l’altra, fi lente nelle battute un Tuono allungato, e diTcor- dante, come quando fi pronunziano le fillabe tra tra , dal qual Tuono è venuto il nome di trotto, o di trottare a quella Teconda andatura naturale del cavallo (a). 610 11 galoppo che è la più pronta, e la più ve- loce di dette andature, è propriamente il correre del cavallo. In quell’ azione uno dei bipedi latera- li dee Tempre ne’ Tuoi appoggi 5 e ne’ Tuoi Tofte- gni portarli più in avanti dell’ altro. Quando l’ani- male galoppa pel dritto, egli è indifferente, qua- le di detti piedi deliro, o finillro parta il primo , comechè la maggior parte de’ cavallerizzi con fommo pregiudizio della gamba anterior fioillra ( §. 363 ) fogliano Tempie far partir il cavallo dalla de- lira davanti, il che dicono galoppar fulla buona mano, o fui buon piede , al che fare non fi può negare , aver 1’ animale una certa difpofizion naturale più , che a cominciar il galoppo dalla gamba finiftra . Ma quando fi galoppa Tulle volte, elfendo il ca- vallo obbligato in quello moto obbliquo d’inclina- re , e pendere tutto il Tuo peto Tutta mano, che (a) Gli fletti sign. Compilatori del Vocabolario della Grufca, i quali pure fi attengono dall’ adeguare ]’ origine delle voci , ammettono, benché con qualche dubbiezza , 1’ addotta etimologia del trotto, riguarda in dentro della fteflfa volta, egli è chiaro, acciocché confervi più liberamente il fuo equilibrio, e non corra rifchio di cadere ad ogni momento , dover Tempre portar le prime innanzi le gambe di dentro della volta : così 1’ animale galoppando a delira avanzerà primieramente il bipede laterale deliro, fe a finillra , il bipede lateral lìnillro, e al- lora il galoppo diceli giujio y ed unito : che fe nel galoppo a delira avanza primieramente le gambe finillre, detto galoppo diceli falfo y ma unito ,e vi- ceverfa fe nel galoppo a finillra avanza le gambe delire. Il galoppo poi dicefi dijunito, ma giujio, fe per efempio nel galoppo a delira partendo come dee colla gamba delira anteriore, la polleriore del- la llelfa banda non la fegue, ma sì la polleriore fi- nitlra : farà in fine il galoppo difunito, q falfo , fe il cavallo galoppando, come fi è detto a delira,partirà dalla gamba lìnillra anteriore, cui verrà immediata- mente appteffo la delira polleriore, o viceverfa (a), 6il Nel galoppo ordinario, che è anche il più naturale , fentonlì a cadun palio compito di elfo galoppo tre battute didime feparare da due inter- valli. Se 1* animale galoppa a delira giujio, ed mito (6iq), la prima battuta c efeguita dalla 257 (a) Quindi fi vede, che la del galoppo dipen- de dalia gamba anteriore, che dee cominciare, . e la fua unione dalla polleriore della ftefia ban- da, che dee immediatamente leguirla. Sonvì cavallerizzi, i quali non mai difumto, ma Tem- pre falfo chiamano il galoppo; fia che il caval- lo nel muoverle manchi colle gambe anteriori, o coile pofteriori, dicendo falfo di fpalla, falfo di anca, o di atti è n due, nelle quali efprefTionl poco importa il feguire gli uni, o gli altri,pur- ché fi convenga della cola. 258 gamba pofteriore finiftfa, la feconda dalla delira pofteriore, e dalla finillra davanti , che giungono a terra infieme ; la terza infine, che è la più Ten- ibile, e la più fonora, è efeguita dalla gamba deftra anteriore. Fatte quelle tre battute, la mac- china è per Un breve tempo tutta in aria non più portata dà alcuna colonna, e veggonfi in aria i attro ferri j poi la gamba pofteriore fioiftra in- comincia la fua battuta, la quale vien feguita da quella delle due gambe diagonali anteriore fioiftra, e deftra pofteriore , e alla battuta di quelle due gambe fuccede immediatamente quella della deftra davanti, poi di nuovo la macchina è fofpefa in arià, e così fucceffivamente fino alla fine del ga- loppo: dal che appare in quella fpezie di galoppo la tnacchina e fiere primieramente portata da una fola gamba di dietro , le altre tte efiendo in aria, poi da due diagonali, e finalmente da una fola dinanzi» 6ii HavVi Un* altra fpezie di galoppo a due fo- le battute i nel quale il cavallo portando, e piegan- do le due gambe di dietro in avanti prefio del centro di gravità, fenzachè 1* una oltrepafiì 1* al- tra i ed appoggiandole precifamente tutte e due in- ficine * le anteriori fi levano in aria anche nello fteffb tempo > ed alla fteffa altezza * per poi quan- do le pofteriori di nuovo fi diftendono, e ftaecan- fi da terra -, giungervi effe tutte due infieme, fio- che ne rifilila un galoppo raccorciato , paragonabile ad un vero falto, in cui fi fentono due fole bat- tute diftinte, 1* una fatta dal bipede anteriore, l’altra dal pofteriore, la macchina efiendo Tempre fuccef- fivamente portata da due colonne o anteriori, o pofteriori e trovandoli qualche breve fpazio di tem- po in aria, dopo la percuflìone del bipede pojìe- riore. E quello è il vero faito del cavallo. 615 II portante, altrimenti detto ambio, o ambia- è la meno elevata , e la più veloce di tutte le andature del cavallo dopo il galoppo . In quella uno de’ bipedi laterali è Tempre in aria, mentre l’al- tro pofato a terra porta il pefo di tutta la mac- china . Che tali fieno gli alterni movimenti delle gambe in quell* andatura, oltreché polliamo age- volmente accertarcene colla villa , riguardando un cavallo quando va 1* ambio , il mezzo , onde fi fer- vono in alcuni paefi per farlo prendere ai loro cavalli , il pruova abbaltanza , il qual mezzo con- fille nel loro impalloiare infieme i piedi laterali , affinchè nel voler andare non pollano muovere l’an- teriore di una banda, fenzachè nello Hello tem- po muovano il polleriore della fteffa banda . I ca- valli ambiami diconfi comunemente chince. Pochi fono quelli, che abbiano quello andare naturalmente: ma per lo più fi offerva ne’ puledri non ancora addellrati, che non hanno ancora acquillate tutte le loro forze, o ne’ cavalli vecchi fpoffati dalla fatica , principalmente fe hanno le reni deboli. Il portante è un’ andatura terragnola , prella, e mol- to allungata , comodillìma pel cavaliere, non però troppo ficura , effeado 1’ animale molto foggetto a fcappucciare, e a cadere, prima per la Tua debo- lezza naturale , poi perchè, dovendo elfo rigettare il pefo di tutto il corpo da una banda all* altra * egli è troppo facile nel dimenar , come fa , elfo corpo , che perda 1’ equilibrio , maflimamente che per la pochillìma elevazione delle fue gambe , alla menoma ineguaglianza del terreno dee intoppare . 259 260 detta vol- garineute contrappajfo , dai Francefi traquenatd, ò erìtrepas . Quella è divella dal vero portante in ciò, che i piedi de: bipedi laterali non fi fiaccano , nè ar- rivano a terra precifamente tutti e due inficine, ma I’ uno dopo F altro i fentendofi , comtchè non ben chiare ; e dillinte, le quattro battute -3 oltreché di tanto in tanto havvi un breve illante, in cui le gambe, come nel p'affó (§. 606), e nel trottò ( §. 607 ) mtìovonfi diagonaitnente . Tanto il portan- te , che il contrappaffo fono dai cavallerizzi confi- derati a ragione come andature difettofe , e con- tro natura, e per confeguenza i cavalli ambiami fono generalmente efclufi dalla cavallerizza. 615 Dalla diverfa celerità, o lentezza, con cut iì muoVonÒ i membri deli* animale nelle quattro defcritte andature ; lì può ricavare , che detta ce- lerità , o lentezza dipendono dall’ effer 1* animale più o meno ficuramente appoggiato fui fuolo ; quan- to p'ù vacillante è détto appoggio ì e quanto piò Vicino è il pericolo di cadere , tanto più predo , c più veloce fuol edere il moto progredivo ; all* in- contro quanto più (labilmente è appoggiata la mac- china, ed è rtdnore quel pericolo j tanto più lenta- mente efla macchina fi muove: Al pado -, in cui le gambe fi muovono adagio 1* una dopo 1' altra , e in cui il corpo è continuamente fodenuto da due ‘colonne (odamente appoggiate a terra , la progref- fione è tarda e lenta. Ai trotto, in cui le due gambe *, che portano il corpo i fono meno dabili j la progredirne è già più preda che al pado : an- fcof più preda e più allungata è nel cavallo am- biatile ± perchè è neceffario > acciocché non cada , thè fi pefo da rigettato a vicenda ora fcpra un bipede laterale, ora fopra l’altro. Al galoppo poi* dove bene fpeffo una fola colonna , anzi niuoa è caricata di tutta la Toma , di neceflità affoluta le gambe debbonfi muovere con fomma preftezza , per venire al foccorfo di quella , che troppo cari? ca predo foggiacerebbe al pefo. 610 Ora che abbiamo efpofto l’ordine fuccefli- vo, in cui fi muovono le gambe al paffo, ai trot? to , al galoppo, ed all’ ambio, ora che Tappiamo il tempo, che vuol effere impiegato da ciafchedu- na di effe ne’ Tuoi appoggi, e ne’ Tuoi foftegni , fi potrà di leggieri intendere cofa fia, e in che confida lo {oppicare dell’ animale , o , per dirla alla latina, la claudicazione . Quella altro non è propriamente , che ua movimento irregolare delle gambe, le quali ne’ loro appoggi, e ne’ loro fo- ftegni più non fi accordano, nè v’ impiegano il tempo dovuto , e dipende Tempre da un dolore più o men grande, che l’animal pruova in alcuna parte della gamba, che appoggia a terra. Appena quella gamba è al principio del fuo appoggio, che 1’ altra gamba fua compagna, cioè quella, che con effa forma un bipede anteriore, o pojìerioret prontamen- te ritorna a terra per follevar effa gamba dolorofa, la quale poi dimora in aria più dell’ ordinario. La gamba malata adunque ha i Tuoi foftegni p:ù lunghi degli appoggi, e ali’ oppofto la Tana, che con effa fa un bipede, come fi è detto , anteriore, o po- fteriore, ha i Tuoi appoggi più lunghi dei foftegni. 617. Quando dunque fi vuol dammare un ca- vallo nel moto, fi comincia ordinariamente a far- lo trottare a mano. Non fi vuol già, che quell* andatura fia rifoluta , fpicciata , ed unita. Si e già accennato > che tale non s’incontra , che ne’ ca- 261 valli di fcuola , montati da periti cavallerizzi ( 607 ); balla eh’ ella lìa rifoluta , e fciolta, che Y animai nell’ andare tenga le reni dritte lenza troppo ab- bacarle , non culli , nè dimeni le anche dall’ uno, e dall’ altro lato , ma vada lodo , e fermo colla groppa, quel barcollamento delle anche eflendo per lo più fegno di poca forza, e perciò olfervan- doli comunemente ne’ puledri, che fi fanno fa- ticare troppo giovani . Si oflervino bene il le- vare , il fodenere, e 1’ appoggiare delle gambe . Avrà perfetto il levare, quando camminando lo farà con agilità, ed arditezza , fenza portar il pie- de nè indentro, nè in fuori, piegando proporzio- natamente tutte le articolazioni. 1 cavalli, che levano più alto le gambe, e più lungo tempo le foftengono in aria , non fono nè i migliori , nè quelli, che più durano alla fatica ; anzi ( non contando, che tali cavalli foghono poco avanza- re nell* andare , ed abbracciano , come dicono , poco terreno ) il tendine predo fi rifente di quel- le forti dedìoni, e le gambe fi dorpiano « Sarà dunque perfetto il fodenere , quando levata la gamr ba fenza troppo piegarla, la fodiene in aria foL- tanto quel tempo, che bifogna, dando colla teda alta, e col redo del corpo in buona politura. 1 cozzoni per far portar la teda alta ai cavalli, che fanno trottar a mano, fogliono loro mettere in bocca un filetto, che ha le guardie molto lunghe, prendono in mano le redini corte, e in queda maniera fodengono, ed innalzano effa teda. L’ap- poggiare della gamba , e del piede a terra per effer buono, vuol effer fermo, e dritto , fenza in- crocicchiare le gambe, nè troppo piegare il padu- raie, o tenerlo troppo rigido. Non metta il cab 262 cagno, nè la punta del piede ì primi a terra, ma vi appoggi di piatto con tutto effo piede. 618 Trottando il cavallo, come fi è detto, a mano, il compratore, che lo efamina , mqttefi or- dinariamente dietro di elio cavallo, offervando il moto delle gambe pofteriari, mentre animale te, e va innanzi. Quelle nelle loro pedate non deono mai oltrepaflare le pedate delle anteriori , altrimenti ad ogni iftante il cavallo farà foggetto a fabbricare ( §, 417, ) , a farli delle foprappojlc ( §. 416.), a sferrarli» OlTervi anche nel tem- po medefimo il muovimento delle altre parti di- retane , come porti la groppa , e le reni , e fac- cia foprattutto attenzione ai garretti. E ficcome il compratore pollo dietro il cavallo, che trotta be- ne, e fermo, non dee poter diftinguere le gam- be anteriori, le quali celieranno nafcpfte dalle po- fteriori, nel ritorno, portovi davanti, elaminerè il muovimento di erte gambe anteriori , e di tutte le altre parti, che vi rifpondonoj fi ricordi fem- pre, cb$ il cavallo nel camminare dee portare i piedi, e le gambe dritti in avanti fenza slargarli in fuori, o, come dicono , sbarrare fenza incli- narli l’un verfo 1* altro, o, come dicono, coprir- ai ( §• )• quell’ ultimo cafo facilmente fi taglia, fi attinge, falli delle foprappofte , e delle ferite al tendine , e in amendue i cali la fua an- datura non è mai lìcura, ma vacillante , è fogget- to a cadere. Nè il compratore fi contenti di aver- lo fatto trottare in quella maniera una fola volta, ma ciò ripeta più, e più altre. Sarà bene mede- fimamente, che in apprelfo lì lìtui daccanto elfo cavallo , e lo efamini di profilo. In quella poltu- ra gli riufcirà più facile il dillinguere 1’ elevazio* 263 ce, e la fiefliotie dei bipedi laterali, e di tutte le loro articolazioni, paragonarli , e combinarli in- fame , e (blamente cosi fituato potrà accorgerli di una leggier claudicazione (§. 616 ) dipendente piut- tofto da debolezza , che da una malattia effettiva, e reale. 619 Dopo aver confiderato il cavallo al trotto, fi faccia mettere al pajfo, la qual andatura effen- do più lenta, ci darà maggiore facilità per diftin- guere la regolarità, o Y irregolarità dei muovi- mene delle gambe. Per maggior ficurezza , fe è un cavallo da fella, è bene , che il compratore lo monti egli fteffo, o lo faccia montare da una perfona perita, e a lui fidata , non già dai garzo’* ci del cozzone , i quali troppo facilmente il po- trebbero ingannare : gli faccia mettere la fella, e la briglia alla fua prefenza , per riconoscere fe fta fermo, oppure il monti a bisdoffo . Dapprincipio il lafci andare con tutta libertà, e di paltò, non lo animi punto, non lo ricerchi, nè gli faccia al- cuna paura . In quella maniera fe farà proclive a fcappucciare , ciò accaderà più d' una volta , fe fa- rà pigro , fminuirà fenfibilmente il fuo moto , o anche fi fermerà : vedrà fe al partire è riloluto, e libero, fe non fa alcun muovimento difordinato della tetta . Si mena appoco appoco lungi dal luo- go , dov’ è il mercante ; conciolfiachè non bifo- gna fidarli della vivacità, e dell’ ardire , che un cavallo avrà moftrato alla di lui prefenza. Bene fpelfo tale vivacità è un effetto della paura , che ha il cavallo di detto mercante, il quale non loefcemai dalla Italia, nè mai velo entra fenza bat- terlo, o minacciarlo. Lontano che fia dalla vifta del venditore , fi potrà cominciare a ricercarlj 264 con aiuti dolci, poi fi pafferà a’ più forti, provan- dolo air una , e all’ altra mano , al paffo , al trot# to , e al galoppo, alla parata, ed al rinculare, in una parola in tutte le maniere, menandolo perfino, dove favi qualche riviera , per vedere fe non ha il peflìmo vizio di coricarli nell’ acqua, e cosi ci allicureremo fe ha le qualità interne, che in buon cavallo fi richiedono , le quali fono in generale la , 1’ agilità * il buon cuore , ed il Jenfo. 61 o Quelle quattro qualità diverfamente com- binate coi Joro contrarj coftituifcono le diverfe nature > o vogliam dire i diverfi temperamenti ne* cavalli. Se tutte e quattro s’ incontrano inlìeme nello fletto individuo, congiunte anche con una buona, e regolare lìmmetria de’ membri formano un cavallo nella Tua fpezie perfetto, purché fia nello Hello tempo efente dalle infermità, e dai difetti principali , che fonofi annoverati a proprio luogo nel corfo di quello trattato. E perchè niffu- no meglio ha defcritti i fegni, che ci fanno co- nofcere quelle diverfe nature de’ cavalli, di Nicola Santapaulina (a), e del sign. Bourgelat (b), fiami lecito il traferivere la loro luminofa dottrina. 6xi „ Un cavallo dunque forte, leggiero, di „ buon cuore, e fenlìtivo farà il fuo moto così nel paffo, come nel trotto, e in ogni altra opera- „ zione, con una unione naturale, con forgimene „ to di tetta, fpirito, e grazia, come le aveffe ,, qualche anno di fcuola. Le fu e difefe ( eccetto 265 (a) Dell* arte del cavallo lìb. i cap. XIV, e Tegnenti. {è) Lleméns de 1’ art vétérinaire tom. n pug. 174 óc iuiv. „ quelle delle prime mattine, che fi sbudella (a)9 „ le quali fa per felvatichezza , e contuttociò Ca- sa ranno avanzate, e forte ) non fi poffono chia- mar difife, perchè il Saltare farà per allegria , „ e Spirito , e quello per la gran forza, che ha, ,, e particolarmente fe ha 1* inclinazione a qualche „ aria ( §. 604 ), Suole nondimeno far qualche dfifa „ nel volerlo mettere al trotto fpicciato, e raccoi- ,, to , difendendoli allora con la pavana (b), per- „ che gli difpiace ad ogni modo quel moto non „ naturale (ibid.) ; e come non avrà pena a Cor- sa ger la tetta, cosi 1’ avrà ad incafciarla , e fir* a, maria ( §, 118 ), onde fi difenderà con qual- aa che dibattimento , o (e), e, fe la ,, bocca farà delicata, con qualche beccheggiata. a, Parerà ancora dfifa la Sua troppa obbedienza a, nel voler prevenire la volontà del cavaliero , », mentre, inoltratagli una lezione , la feconda „ volta da per fe la vorrà fare, Si avverta però, „ ch’egli è facilismo il guadare, e ftorpiare tali „ cavalli ne* maneggi, perchè chi non è fondato a, nell’ arte, vedendogli in pochi giorni, non che „ in pochi meli, rifoluti, ed obbedienti per quel- „ la union naturale, e buona volontà, Senza al- „ tra confiderazione Subitamente gli ttringe a ga- 266 (a) Sbar dell art vuol dire incominciar a montare i pule- dri col bardellone. (£) La pavana è una fpezie di difefa, che fanno ordi- nariamente i cavalli di forza, agili, e leggieri# la qual confifte nel rompere il trotto, trattenen- doli fenza avanzare, come fe voleffero fare una mezza pofatella. ([c) Vedafi ii Dizionario del Cavallerizzo, e del Ma- niscalco a quelle voci di fommonata, e focheggiata. ,, loppare nelle volte> e Buche a raddoppiare (b) ; la* ,, onde non folo loro non ifpiccia la fpalla, ma „ maggiormente gliela lega ; di maniera che fe da ,, puledri modravano bel moro, in progreffo di „ tempo lo perderanno *, e quello farebbe il mi* „ normale, fe loro non affaticaffe i nervi,effrop» ,, pi affé le gambe . 6ii „ La forza dell’animale in particolare fi „ dovrà primieramente conghietturare dalle fue ,, fattezze, dalla fimmetria del corpo, dalla giuda „ proporzione de’ fuoi membri, dai mufcoli, che „ fi vedono ben didimi, e fodi, non già formare „ delle mafie di carne flofee , e vacillanti ( §. 371), ,, con maggior certezza però fi conofcerà dal fuo „ moto, e dalle fue difefe. Un cavallo forte, e „ vigorofo nelle fue azioni mette i piedi in terra „ con vigore, moftrando appunto come fe la vo- „ Ielle battere , e febben folle difunito, nondimeno „ non vi fi vede una languidezza di corpo, come „ al fiacco, ma piuttofto un certo qual raccogii- 3, mento , che pare unione, e così anche nel le- ,, varli da terra. Si conofce nel progreffo della „ fatica, perchè il cavallo forte mantiene quel vi- „ gore, che ha moftrato nel principio fino aU’ulti- ,, mo, mentre il debole, perduto che ha quel fior di ,, forza, 1’ anderà ad illanguidire , ed a reggerli ,, fulle vodre braccia. Le fue difefe confiftono in „ falli, e contrattempi fatti con la forza della fchie- „ na, la quale non fi abballa così facilmente, ma 267 («} Raddoppiar * le volte è far andar il cavallo in circo- lo , portando la groppa indentro , e le fpalle in fuori, facendo cobi doppia la volta, mentre con le mani forma una volta larga, e coi piedi ua* altra volta più fretta . ,, fi mantiene, e que’ falti li continua per un pez- „ zo : e febbene con la rifoluzione , e colie fcap- ,, paté (a), fe li levafiero; ad ogni modo nel ma- ,, neggiarlo, e nel trottarlo, ancorché fofie ftrac- „ co , fe non fi fta avvertito , ne farebbe degl; „ altri. ,, Il cavallo debole, e fiacco, quando la „ debolezza dipenda dalla coftituzion generale del „ fuo corpo , in tutti i Tuoi movimenti fi moftra „ languido, le carni ne fono flofce , e nell’anda- „ re faltellano, e per cosi dire ballano: fe nel „ principio del lavoro ha moftrato in apparen- „ za qualche vigore , e qualche vivacità, prefto ,, fi abbandona, perde cuore, atterra le fpalle. ,, Se pure fa de’ contrattempi, fono fatti con lan-r „ guidezza, e preftiflìmo finifce, ma per lo più fi „ difenderà con le impennate (>b) , con qualche sbi- ,, lancione , collo fcontorcerfi nel pararlo, e but- „ tarli da banda, fegni tutti della debolezza del? „ la fua fchièna. 6x4 „ Ma la debolezza può dipendere da qualr ,, che infermità, e difetto particolare delle reni , „ de’ garretti, o di altra parte delle eftremità po- „ fteriori. Nel primo cafo camminando fuol bar- 268 («) La fcappata altro non è, che una veloce fuga,che fi dà al cavallo più o meno lunga, fecondo i! bifogno di eflò cavallo, o la volontà del cavalie- re . Si fuole [cappate il cavallo per rifolverlo , per ifpicciarlo, per unirlo, per levargli le diftfe de* contrattempi, per aggiujlargli l'anca ec. V) V impennata è, quando il cavallo fi leya dritto , reggendofi tutto fui piedi pofteriori, difefa là piu pericol.ofa di tutte , perchè il cavaliere corre rifchio della vita. i, collare la groppa , e ajfettarjì con difficoltà ; nel à, fecondo piega difficilmente , e con pena i gar- „ retti, o le altre parti deboli, ed inferme, è „ fempre rincula malvolentieri , fi difende con „ beccheggiare , con portare al vento, con atterrare „ le [palle , con attraverfarjì , o in altra maniera . „ Se fi riefce a farlo dar indietro > il fa male, non 3, fermo , nè fodo , e talmente abbaffa le reni , „ che par voglia acculattarjì interamente : gli fteffi errori fuol commettere nel parare ; 625 „ Che fe la debolezza è folamente nelle „ eftremità anteriori 3 le quali fieno o troppo fct- i, tili, e mal dirette 9 o con altri vizj eflenziali * ,, il cavallo nell’ andare pochiffimo le folleva da 3, terra , ad ogni paffo inciampa, o fi inginocchiai i, pej'a alla mano j è pigro , e languido * e quelle „ eftremità tremano , e s incurvano i quando in i, qualche azione fono obbligate di fare qualche „ forza, il muovimento delle fpalle non è libero, „ nè fciolto : fe un tal cavallo fa dei contrattem- „ pi, confineranno in impennate j le quali neppure 3, gran tempo fogliono durare. 616 „ La legg eremo. ) o agilità in un cavallo fi 9i conofce dalia fimmetria del corpo, mentre un i, cavallo raccolto, fcarico di collo, di fpalle, è 3, di tefta 3 con tutti gli altri membri ben propor- „ zionati , farà probabilmente leggiere , e agile * „ dalla qual leggerezza raramente va disgiunta la „ forza. Ma con più di ficurezza fi conofcerà dal ,, moto, perchè un tal cavallo nel mettere i piedi a 3i tetra -, e nel levarli, lo fa cosi prefto, e con tan- ,, ta leggerezza , che par, che non tocchi la ter- „ ra . Nelle fue, difefe , come falti, contrat- „ tempi i fempre alza più il davanti, che il di die- 269 ,, tro, e porta la malìa a una elevazione non ,, ordinaria. 6tj „ Per lo contrario il cavallo greve, e pe- *, fante, come incomincia ad annunziarli tale per la fua gaoafcia quadrata > e tefta groffa, per la ,, foverchia carne , e pinguedine, oude fi vedono „ carichi il collo , le fpalle, e lo fteffo garrefe , „ per la fua groffa offatura, per effer baffo da- „ vanti con gambe rottili dal ginocchio ingiù, coi ,, piedi molto larghi, e ampj, col corpo troppo „ lungo, e’l ventre da vacca ( §. 524), così pel „ fuo moto pefante, e tardo non ce ne lafcierà „ più alcun dubbio. Tali cavalli con fatica ven- gono a falti , i loro piedi fi diftaccano fempre „ poco da terra, e, fe fi alzano, nel venir giù „ par, che cafchi una montagna, oltreché alzano ,, fempre più la groppa , che la fpalla. 618 ,, Per buon cuore s’intende nel cavallo la „ buona voglia di lavorare , e di ubbidire ; con- ,, feguentemente fono di buon cuore i cavalli ami- ci deli’uomo, non contumaci, nè fuperbi, non „ reftii alla fatica , che a qualunque oggetto, o „ ffrepito moftrano ficurezza , e ardire , che non „ mordono, nè focheggiano, che fi lafciano fa- ,, cilmente imbrigliare , fellare, e ferrare, che do- „ po aver avuto le neceffarie lezioni, non rifiuta- „ no di fare quelle azioni , cui fono domanda- „ ti, che poffono, e che fanno fare. Gli occhi ,, grandi , neri, vivi, e allegri, moftrano ordina- ,, riamente una tale fincerità di cuore, e buona volontà di faticare, la quale fi coDofce poi „ meglio dal moto, e dalle difese , le quali fo- „ no fempre avabzate , rifolute, e fincere, pro- „ dotte dalla fua foiza, fpirito, e allegria, non „ già dia cattivo animo, e maligno. 629 270 *- 6iy ,, Imperciocché per ire caufe poflono i ca- „ valli non efeguire dò > che noi vogliamo , cioè *> per non fapere, per non potere, o per non vo- 9, lere, alle quali fi può anche aggiungere un na- 99 turale timido. Egli è chiaro , che quella ultima „ cagione non fi può togliere 9 che colla pazien- 9, za » e con le carezze, facendo a poco a poco 59 prendere dall’ animale cognizione degli oggetti, 99 e perdere la diffidenza 3 che poteva avere. Co- j, sì a quei cavallo, che manca, perchè non fa quello 9 che da lui voglia il cavalcatore 9 bifo- ,, gna con flemma, e con dolcezza proccurare di 5, far capire ciò, che vogliamo, e ogni poco che 9, ubbidifca, pararlo , e fmontarlo. Il non potere 9, ne’ cavalli, che non fono difetto!! di membro >, alcuno, procede o per mancanza di forza > o 99 per difetto di leggerezza, o di entrambe , e „ quello difetto può effere o egualmente in tutto 99 il corpo 9 o più in una parte che in un’ altra. 9, Si conofconO le difefe , che procedono dal non 9, potere 9 prima dai moti del cavallo > dalla llrut- ,9 tura del fuo corpo, dal paefe dove è nato: di 39 più fi vedrà, quando il cavallo è contumace » 9, perchè non può, che la difefa fata tentata piu », nel progrelfo della fatica, che fui principio . E -, in ifpecie le difefe , che procedono da difetto „ di forza» faranno il piantarli, il fuggire della 9, volta > lo Icontoreerfi tuttd , e talora 1* impen- 9, narfi , e far contrattempi , ma con certa lan- „ guidezza, e paufa, che dà a éonolcère 1* origi- „ ne del fuo male ; Ma fe procedono da manca- ,9 mento di leggerezza, fi vedrà abbandonato fui- 9, le fpalie, appoggiarli fulla mano ee. ; e final- 3, mente fe per mancamento di forza, e leggierezza 271 ii indente , fi vedranno, per quanto fono compatì* ài bili, accoppiar le fuddette difefe. 630 „ Ma fé la difefa procede dal non volere* ,, e che nei refto il cavallo abbia forza, e leggie- j, rezza badante, allora dicefi di mal cuore, Altro ,, non è quello vizio, che una contumace repu- „ gnanza di obbedir all’uomo, contro il quale altresì ,, avendo odio * proccurano fienili animali, per j, quanto poffono * di danneggiarlo ; il muovimene „ to degli orecchi coricati indietro ( §. 116 ) in- ai comincia a dar un indizio della loro malignità , „ ancor più gli occhi, che fono piccoli, coperti , „ e malinconici. Nelle loro andature fono odina- 3, tamente trattenuti , raccorciati, ed irrefoluti : ,, alcuni fi arredano, e fi piautano di sbalzo, met- j, tendofi la teda tra le gambe, contorcendoli di „ tutto il corpo , impennandoli, o anche gittan- „ doli a terra, fenza più volerli alzare: altri pi- „ gliando furiofamente la mano , fi pongono in 3, una difperata fuga : gli uni fi mettono a dar „ indietro , fi attraverfano , o fi voltano in giro j „ in una parola fi abbandonano a tutti que’ difor- „ dini, e vizj, che podbno edere fuggenti dalla 3, malignità, dalla poltroneria, o da un fuperduo i, ardore $, 6$i ,, Il fenfo ne1 cavalli è un certo loro tem* „ peramento nè troppo ardente, nè troppo flem- „ matieo. Un cavallo di fenfo ha i fuoi muovi- „ menti predi, rifoìuti, e pronti, fi rifente ad ogni 3, menoma chiamata, come a un leggier accento, „ a uno fdrufeio di lingua* a un fifehio di bac- 3, chetta 3 alle quali chiamate fubito fi mette in ,, politura > e fi difpone ad efeguire la volontà del 3» cavaliere s all3 oppodo il cavallo flemmatico , 272 9J ottufo , poltrone , o pigro, che fi voglia dire, nep- „ pure fi muove alle fperonate, o, fé fi muove , „ predo ritorna alla prima pigrizia, e indolenza, „ e col tempo accoftumato a quegli ajuti, o ca- „ {fighi, agli {felli diviene affatto infenfibile . Con- Jy trario ai flemmatico è il cavallo ardente , il qua- „ le Tempre cerca di andare ; Te è fermo, fi in- ,, quieta , fi agita ', batte de’ piedi contro terra , „ sbuffa delle narici, e per fino Tuda per la vo- „ glia. Se c con altri cavalli in cammino, vuol „ Tempre edere il primo , ancorché non abbia la „ forza di Teguitarli , non che di avanzarli. Tali „ cavalli Tono molto faticanti pei cavaliere, pre- „ fto fono rovinati, ne è così facile nelle urgenze ,, il ritenerli a tempo , e luogo, o fargli andare ,, dove fi -, la loro bocca è prefto guafta , „ le barre, e la barbozza rotte . 6$ 2 Le quattro defcritte buone qualità coi loro oppofti incontrar fi poflono diverfameute accoppia- te, e combinate, per dar origine ad'altre diverfe nature di cavalli, delie quali io fopraflederò di parlare , rimettendo il lettore a quanto ne ha ot- timamente Tcritto il lodato Santapaulina nel luogo citato. Le ha egli faviamente ridotte a fole Tedi- ci Tpezie , mentre innanzi lui tante fi credevano le nature particolari de'cavalli, quanti Tono gT indivi- dui . Inoltre ognun vede , che gT indizj di tali na- ture tratti dal moto dell’ animale Tono mólto più certi, e più ficuri, che quelli, che gli antichi vo- levano trarre dai diverfi mantelli, dalle diverfe marche, e ballane, pretendendo efiì, che il morel- lo denotaffe il temperamento melancolico , il J'auro il biliofo, il baio il pituitofo , il bianco il flemma- tico j ma a' nofiri dì Tono univerfalmente andati a 273 terra quelli antichi pregiudizi, ed è oramai comun proveibio, e vero, che /otto ogni qualunque man- tello fi incontrano dei buoni, e dei cattivi cavalli. Se fi ricerca un mantello piuttofto , che un altro, te una marca fi preferifee all’ altra , ciò fi fa fidamen- te o per appagare la villa , o per pretta bizzaria, o per ragguagliare, il più che fi può, due , o più cavalli, che debbano lavorare indente accoppiati (a). 274 (a) Le ballane erano in generale {limate tutte fegni per le fiefiì cattivi ( Garzoni arte di ben cono- fcere , e difiinguere le qualità de’ cavalli lib. t cap. 3. pag. mini 31 ). Quindi fi può compren- dere , in che conlifia il piccante di quel motteg- gio ufato da Cunemondo ai Longobardi fiioi ot- piti, per aver occafione di venire alle mani con elfi . tifavano i Longobardi di cinger la par- te inferiore delle gambe con certi borfacchini, o fafciette bianche .* di qui prefe a farfi beffe di efiì l’ardito Cunemondo, e dille : „ con quelle „ vofire gambe fafciate voi mi parete certe ca- „ valle, che ci fono, ma ben vi dico io, che ,, le cavalle, a cui con cotefte gambe iomiglia- », te, le fon cavalle dappoco ( Paul. Diacon. lib. 1 cap. 24, Detiina Rivoluzioni d’ Italia tom. 1 lib. VII cap. t pag. 280 ) . Il sig. Dauben- ton ( Hifioire natur. tom. VII pan. 1 pag. 396, 397 ) ha il primo niellò in chiaro ciò, che ab- bia potuto dar origine alle falfe opinioni, che fi hanno fulla buona, o cattiva influenza di cer- ti fegnali , e nota in particolare delle balia.- ne , che in tanto fono fiate generalmente pre- te per fegnali cattivi, perchè le gambe così bian- che, eflendo più facilmente difiinte nelle diver- te andature dell’animale, pare, che troppo fi avvicinino le une alle altre , e che conleguen- temente il cavallo così contrafiegnato fia fem- pre in profittilo pericolo di cadere . 6$ 3 Si è detto qui fopra ( §. 616) cofa fia la claudicazione , e in che confida , e ivi fenoli pura indicati i fegni generali, onde conofcere da qual gamba 1’ animale zoppichi ; non fi è però fatto pa- rola , come fi poffa conofcere in qual parte di effo membro abbia la fede il dolore, che '1 fa zoppicare , quando non ne apparifee all’ efterno alcuna evidente cagione, nè il tatto ce 1’ ha potu- ta fare feoprìre . Nel paragrafo delle fpalle num. 369 ho dati alcuni avvertimenti generali, ma ne- celfarj, per riconofcere, fe la doglia è nella (palla, nel piede, o ih altra parte delle eftremità anterio- ri , quando il cavallo di una di quelle zoppica : ora debbo io foggiungere , che in generale il ca- vallo zoppo dinanzi, fe non calca la terra, fe non con la punta del piede, è fegno, che ha male nell’ unghia *, che fe calca la terra con tutta la pianta del piede , allora patifee ordinariamente in altro luogo, che nell’ unghia ; perciò fe nell’ an- dare non piega il pafturale, la nocca, farà mala- to in alcuna parte dello fteffo pafturale, o della nocca*, lo fteffo fi dica, fe non piega il ginocchio. Se facendolo voltare a delira, e a finiftra, divie- ne fempre più zoppo , la fua infermitade è nella fpalla, come pure fe , quando è in ripofo, pone il piede, che zoppica, innanzi all’ altro, e fopra effo poco, o niente fi foftiene. 634 II cavallo, che zoppica di una delle gam- be di dietro, fe cammina fulla punta del piede fenza piegare nè il pafturale , nè 1’ articolazione della nocca, il male è quali ficuramente nella fteffa nocca: fe piegando e il pafturale, e la nocca, po- co o niente piega il garretto, anzi lo tiene rigi- do , e dritto, il male è in effo garretto : che fe 275 il dolore è nell’ anca, o per meglio dire, nell'ar- ticolazione del femore colia cavità cotiloidea delle offa innominate ( Olteol. ) 1’ animale zoppica con piegare tutte le altre articolazioni, eccetto quella del femore, e facendolo voltar ferrato a man de- lira , e a mano liniftra , la claudicazione fi fa mag- giore. Il cavallo poi zoppichi dinanzi, o di dietro, fe falcia nell’ andare, havvi per lo più sforzo nel- la lpalla , o nell’ anca . 6 35 „ Non vi è cofa più neceffaria alla vita „ deli’ uomo fociabile , quanto il vendere , e il „ comperare , ma in quello commercio fi frappo- „ ne una difparità, che chi vende, conofce mol- „ fo bene il pregio delle cofe, che vende, dove „ per lo contrario chi compera, quali mai non „ può effer certo, fe la cofa, che compera , ab- „ bia le qualità da lui bramate, e che gli vengo- ,, no ordinariamente promeffe, e vantate dal ven- „ ditore . Quello difvantaggio in neffuna altra oc- „ cafione fi incontra più , quanto ne’ dilettanti ,, de’ cavalli, mercecchè a’venditori fono ben no- M ti i loro difetti , dove che fenza gran cogni- „ zione , e pratica, quelli non apparifcono a’com- ,, pratori ; tanto più , che i fegni di alcuni difet- „ ti, e infermità incurabili, li poffono fare fpa- ,, rire per qualche tempo (a) . Pare dunque , che con gran ragione gli edili Romani aveffero ne’ lo- ro editti obbligati i venditori a dichiarare al com- pratore tutti i difetti del belliame , che vendevano, non _e{Tendo in giudizio neppure accettate le fcufe d’ ignoranza . A’ noflri di in neffun luogo è più ingiunta una tale obbligazione al venditore j ben- 276 y> tl j (<*) Marino Garzoni lib. t cap, IV pag, 33. _ . sì fecondo i coftumi, e le leggi de’ divertì paefi, ia particolare de’ cavalli, fonofi fidate certe malat- tie , e certi vizj, i quali manifeftandofi in un dato tempo dopo la vendita 9 è il venditore obbligato di riprenderli il fuo cavallo, e relìituire il prezzo ricevutone. In certi paefi il codume è tale , che i dati difetti, e morbi intendonfi guerentiti, co- mechè non fe ne faccia parola nel contratto ; in altri all* oppodo dee il compratore , perchè abbia ragione, o farli padar dal venditore un biglietto di guerentigia, o almeno alla prefenza di due te- dimooj fpiegare, che intende l'animale guerentito dai morbi, e vizj foliti a guerentirfi in quel luo- go, ai quali fecondo le convenzioni fi pofibno ag- giungere altre condizioni. 636 A Parigi le malattie, per cui fi gueren- tifcono i cavalli, fono la morva ( §. 174), la boi- faggine ( §. 348), e ia courbature (che è una forte febbre, che abbia infieme gran battimento de’ fian- chi, fovente congiunta a peripneumonia (§.347)3 e lotto il nome di courbature è comprefo ogni altro morbo acuto , che fia accompagnato da febbre ) , e folo dieci giorni fqno adeguati al compratore dal giorno della vendita, perchè poda edere in dritto di far riprendere il cavallo affetto di una di quelle tre malattie . 637 Nel noftro paefe fi fuol guerentire il ca- vallo di cinque difetti notabili, che fono la morva ( §. 174, 175) la bolfaggine , la luna ( 150), la doglia vecchia ( §. $61 ) e la : e fi ha tempo fino ai quaranta giorni dopo ia vendita . 638 Per cavallo rujiico, refio, o ramingo inten- defi quello, il quale dopo edere dato da buon maeftro montato, e addottrinato, non vuole in al- 277 278 cuna maniera lafciarfi mettere la briglia, cercando in quel tempo di mordere, o tirare calci, o get- tandoli coi piedi dinanzi nella mangiatoia ; quello, che non vuol (offrire la fella, mordendo , e fcal- clieggiando,quando gli (i vuol metterla, e anche gettandoli a terra, nello ftringergli le cigne : quel- lo , che non vuole in alcuna maniera lafciarli fer- rare, nè levare i piedi, licchè fempre, quando gli fi vuol fare quella operazione, bifogna abbatterlo, e inlieme legarli le gambe: quello , che effendo nella Italia con altri cavalli fa continui ftrepiti, e sforzi per diftaccarfi, morderli, e loro dare calci, ne pure foffrendo 1* uomo , che gli va dattorno per dargli da mangiare, e da bere, non che fi lafci approlfimare da una perfona ftraniera : quello, che in cammino fi pianta, fenza voler più andare in- nanzi , quello, che ha il vizio di coricarfi nell’ac- qua , o di voltarli ad ogni iftante nella polvere , o nel fango: dovendoli medefimamente compren- dere tra i cavalli ruflici, i cavalli ombrojì, cioè quelli, che o per difetto di villa (a), o per cat- tiva ufanza , o per altra cagione, talmente fi fpa- ventano alla prefenza di certi oggetti, che danno fubitamente indietro , rifiutano di avvicinarli a quel- li , di paffar oltre, o anche fi slanciano in preci- pizi > quello difetto diceli ombrare, ovvero aom- brare . (a) Quella è la pili frequente cagione dell* aombrare de cavalli, e delie altre beflie: onde Dante In- ferno canto 2 verf. 47: Si che d'ornata imprefa lo rivolve , Come falfo veder bejlia , quand* ombra , £$9 In altri paefi, come a Napoli , 1* ulanza vuole, che fi guerentifca il cavallo, oltre dei fo- praccennati vizj , e morbi, anche del tiro ( §. 241) della inchiovatura ( §. 512), dei dolori abituali , della febbre , fe ha la lingua mozza ec.. Vedete il novello giardino di Gioanni Batifta Trutta tratta- to primo cap. XIV pag. mìhi 28,e feguenti. Nel trattato delle Razze fi favellerà delle diver* verfe fattezze, e nature de1 cavalli fecondo i di- vertì paefi , 279 IL FINE. Errori Corr elioni. Pag. 13 Un. 22 fpancnologia - Tplancnologia. 106 30 infermià - - infermità. 113 9 !• 4 - “ - 122 25 fta fituata - - fìa fituata . ibid. 23 188 - - - 288. 123 11 furfarecee - - furfuracee. 146 7 eccefiiva am* ecceflìva Jun- piezza - - ghezza. ibid. 9 lunghezza del ampiezza del to- torace - - race. ibid. 18 dovrebbe - - dovrebbero. 148 11 di una tefta • la metà di una teda . 172 19 del coronario col coronario. 176 24 porri - - - pori. 19* 1 fpavenio - - ipavento . 199 io o aperto - - e aperto. 212 14 e coagulato - o coagulato. 224 25 le varietà - la varietà.