*'■ i '"*r " Il-pV- *^>''*;■'** v> '5 •' , V\ vVa.V* ^.1 ■ A J*. >\ "?. *H» \* ? *>. ^ .>•'♦ >r ^ ' fr K ìt > / / / /? /'' ^ X t \ Surgeon General's Office (V: &>i;iì^ m 0 ifcy*, GgQgQCa^O.gG^GG-QOCÌ^QA^C.^r *er?s.*i \ •. . ' v-w Ve*. /V /V^* / 1 -Vi * —— ■. Nife' Imprimatur: Lselius Taftius Vicarius Generali*; Andreas LetUrefius Canomcus Dèput. DEL C O N S I GLELO, DI SVA MAESTÀ teff PENA applicai l'animosa porre in car- ta quefte poche fatiche del mio meftiere , che deliberai fra me fteffo,quando elle fof- fero venute a fegno di meritar la public* luce y di non farle vfcir fuori fott'altro no- me,nè fott'altro fcudo,che di V.S. à quefta deliberatane m'indulTero più rifpetti,e tutti à mio giuditio potenti. Il primo de quali fi è Fobligo generale di che à V.S. è tenuta la noftr Arte, per tanti anni protetta, difefa, e folleuata dalla fua giuftitia , e prudenza ^ 11 fecondo fobli- go , ch'io le riconofco in particolare,per l'infinite gratie ri- ceuute dalla fua generofa cortefia, in diuerfe occafioni of- ferteti à mio beneficio,feriza alcun fondamento di propri) meriti : ma il terzo, nel quale io conofco d'hauer maggior § z inte. jnterpfle, che in t utti gli altri, è lo fplendore del fuo nome £ grandezza della fua perfpna , effetti della fingolar virtù, e valore,che ha fempre moftratoin tutti i carichi", ne' qtfali fu impiegata fin da giouàne,ò fiano ftate Audienze di cele- bri Pròuintie,òGiudicati di fupremiGribunaliyò Commifsic- rìati di càmpàgna,efrercitati da lei con tanta integ r jtà}e zelo del ben publico , che-fhan f^ttp fcala ^lihonoreuole grado di Regio ConfigHero , nel quale hoggi, con applaufo com- jnufte, effer'cità il fuoJ mafeufgliofo talento, con fperainza d'auanzarfi fra breue tempo in maggior grandezza Horfe ciò è vero, come ftimo verifsin^o, e feoza alcun fofpetto d'adulatione,nQn dubito punto,che non fia per effer da tut- ti foinmamente lodato il mk) d'fegno , ài dedicarle quefte fatiche,quali elte fi fiano,per la gloria,che in effe ridonderà da quefta protettiòrìè, e per la fi c'urta* che haùranno dalle calunnie, e detrattioni d'alcuni inuidiofì,e maluagi, che ad honor fi recano il macchiare , & auuelenare l'altrui fama , Refta folo,che V.S. con quella geherofità d'animo, eh e fuo naturalé,ricetia quefto picciolo dono, ch'io le dedico, gra* dendò ih quello non il valóre,che poco deueftimarfi,ma la fincerìtà dell'affetto, dalla quale viene accompagnato, che Còsi conofcerafil pondo effer guidati da òttimo giuditio èolqrò,che fi ricoprano fotto la gloria dèi fuo nome, non frettando defraudati delle fperanze per prima concepute: guardi Iddio lungamente la fua perfona per l'vtile publico, e priuàto de'fuoi feruidori.In Napoli^adi 9.d'Ottobre 1616. ■ " t> ':■ ... . . » » Di V.S. : ' ftùmilifsimo creato TikrìoMaìfiCon/uled^Barbimn •vgWSS ».--. **v *»v . -vf* r.TCi ì^ i1 $:• A LETTORI, iìv V*.*vyU' o,. a*. éYs fc'\ !■ •';, «vA- .-. ■ —;:' */ ■* EGG EM D 0 io > d'ogni pa/sipne/poglia' tó )la noJìr'<èArt.e del Barbiere, e per, U parte. Uecoratoriay e per la Al e diana , molto preg* giata; mi e paruta fempre tanto '"degna yche à gran di/àuentura ho recato y che niuno, ò pochi, in tanto gran numero d'Artefici > ne di lei, ne de gli fuoi abufi in operando ordinarij , sh abbiano tolto cura dijcriuere imafsimamente ejfendo ella •> per la parte ond'è alla medicina sì profsima > tanto ampia> che kauribbono ben potuto gli fiudiofi di quella irouare abbondante matèria di trattarla . Laonde io ■> ancorché abbandonato dall'aiuto di*Scrittori > tratto nondimeno dall'ardente defideriòìchò bmUtOì0* boy di fare apparire al mondo la bellezza di queff Artts il cui fecondo campo per certo pub rendere altrui gradeuoliy e e opièfi fruttile d'accendere in altri la voglia di coltiuarla > mindufn fin da vinti anni a fare ojferuatio* ni, £«p * penfare delle regole dell' ili fi Arte. Le quali crefeiute dop~ pò in buon numero , e dìfieje , doue la difficolta, ò nouità mi fi offeri- va ) e doue anche le pruoue delle cofe vi fi ricercauano, per farle pia autorevoli) e care ; l'aiuto > e parere ricercai de' più dotti Medicine Mae- Jvfaefiri publicì d} Anatomia:e costà quefio terminey che voi vede- te y ho ridotto il mio difegno . La qual opera , fé io yfrà tanti y ho imprefo à fare ; fanno i Confili miei compagni > che ciò fola* mente e fiato per buon zelo, e con Chriftiana intentione : hauen* do io cercato di adempire > per quanto le deboli mie forzey col mio poco fapere, ban permeffo , il commune vfficiodi tutti > e deferì- uere i riti y e i modi vfati da' noftri maggiori $ che perciò ne an- che mi e piacciuto di rifparmiare a fatica y ni à fpéfa veruna . Difcortefi ben faranno coloro > che difprel^aranno quefii miei fà- dori y fparfi non già per commodo mio . che d'aggi prò fpogliato mi fono ; ma per honoranza > poca, ò molta che fia > della noftra Città , e Patria ; per aggradimento dell'Arte ; per. infir unione de'giouani ; per falute de gl'infermi ; per beneficio vmuerfak ; per gloria finalmente del grande Iddio» Riceuete dunque corte fi Ltttoriyà grado quefìOpe* ray qual dia (ìà, e fiufatemi ou'ella menò vi piaccia yper la malage- uolzga, e nouità delle co/è; &oue pur vifodt sfacci a, lodatene Sua Dluina Ài aeftà}cben7Ìwi badato il fuo Jamo aiuto. DEL SIGNOR DONATO FACIVTI, A C A DEM I C O O T IO SO. E N TRE ctìa noi tu moftri ,M perfetto & AR&IERO^ijrigiy* i Jfiìgi> Fregi > e pregi a te fino i propri incbiofiri : f* *Anzi lodato da FOccafò ù l'Orto y A V' '-*- Ed immortale andraiy ancorché morto: Così mentriyche'l modo hor tu proponi T. ~ ~~T'/ Di dar falute altrui, vita à te doni» ^ ^Y L M •*+■ DI N. GIO. BERNARDINO DI GIVL1ANO. MENTR'E TIBERIO così faggio feria* >* Del fuo "BARBIERO i fregi; f L'ammira il Ad ondo: e le Cafialie Diuey Grate a' fuoi rari pregi y Da' lor fubiimi figgi; Gli teffonoxorona aurea immortale Di gloria>à cui non hebbe altri l'eguale. DÌlsroiATO^^ E M TRE *piegar con voci alte > e tonanti T'ingegni del "BARBIE R I Opra gentile \ La Fama fpiega ognbpr da Battro à Ttle Con Tromba d'oro i tuoi fourani vanti i Son tue le lodi, mentre lodi i tanti Pregi de l'tArte noftra in dotto fiile ; E hauendo Qgn'altrq la tua Mufaàvile, . Par % che dica: Di te filo fi canti. Tu ben difpiegbi » ancorché non cantando* Quel y che £ altrui racconti ; e in te fi fior gè, Che fol te lodi* e inalzi altrui lodando. // tuo fauer inuidia a Inuidia porge : ~rw:'.. // nóme tuo y cb'ogrihor fi va inalando* Quanto celebra altrui i tanto più forge. I VLII CAESARIS G APACiL 'A Di A* V C T O R.E M% •. „ .. s AM GVIME qui docuit mortale sfunder e vitamy Hmam monfiris fieuior ille fftft* * ?,^ *i 7« £#; fanguinei fontispenetr^liam^ Et vitamreddisyealitusbic aderii.* y- &^V MARC I AVRE LI I S ÈVE RI NI ;\ ;fylfdiclyRegi} profeATarisin ScHola Neapqlitana^. OBLATOS bominesforma-das effe decorosa §\ Aeger ^» impreffo vulneri fanus eat. '■■■■' i ' Sic Heh> Rfgfoè} * Dic\ mortalis homo hoc munerexmaiushabet ? M~V^T"I~c""A~Pl"AirBl B I S INI A N E»N S I S vi Ehilofophi y & Medici. ì B *AD TIBERIVM MALPHIVM. A RB ATAÈ 'delubra Dea pofuère Quirites, Barbae adeo cultus fummo in honore fuit. Quid fi cùlta tuo legerent monumenta labore ? Crede mihi eriger ent mar mora plura tibì:\ ' Nam comis ferro ys$> càras quid pulcrius ? vnus lunóìàHebe efficeretquicqùìd Hyg^ayfacis.V; D Ad Eundem de Libri genefi. VM Liber è prdo caput erupturus in auras Exerìt, extempio fiderà confului. Dumq\rogoexigeretquantum * • ^■l:' ECcIefiaftico. Emilio Campolórigo bnea Siluio • Erafiftrato. • Erofilo. Eucherio • Euripide • Euftathio , "S: Giouanni Langio. Giouanni Rauifco • Giouanni Tarcagnota. Giouanni Villani. Giouenale. Girolamo Fabritio d'Acquapendente. Girolamo Capouacca. Girolamo Mercuriale. Giubilio Mauro. Giulio Aleffandrino. Gregorio Santo. Guglielmo Rondoletio. Guidone—*. F Alloppio. Ferrante Gonzalo. Erancefco Sanfouino. G Aleno. GenefT. Gentile da Fuligno. Gherardo. Giacomo de Partibus. Giacomo Limoine • Giacomo Santo. Giacomo Siluio • Gieremia • Gilberto Anglico. Gio. Andrea della Croce Gio.Battifta Fulgoib. Gio.Battifta Montano • Gio.Battifta Seluatico. Giofeppe Palli. Giouanni Boemo. Giouanni Boterò. Giouanni della Caia. Giouanni Contarmi. Giouanni Huarte. Cu H H Erodoto. Hippocrate. L AttantioFirmiano. Leonardo Fiorauanti. Leuino Lennio. Leuitico. Libro de Giudici. Libro de' Re. Licurgo. Lorenzo Surio. LudouicoBuflònio. M M Agnino. Marco Torello Sarraino. Marco Varrone. Marfilio Ficino. Martiale. Martino Viualdo, Menemaco. Mercuriale. Mefue. Michele T A V O L Michele Sauonarola. Mondino. Monfignor Gueuara. Monfignor Vannozzi. Mosè. N Nicolò Fiorentino. Nicolò Ruggerio. Numeri. O O Ratio Augenio. Oratio Venuiìno • On balio. Oforio. Ottauiano Roboreto. or A. Vinto Sereno • R •7>."i R AG. Realdo Colombo • SAlomone. Seneca. Serapione • Simonide. Solone. Stefano Guazzo. Suetonio Tranquillo. P PAolo Egineta. Paolo Giouio • Parmenide . Petronio Arbitro. Pietro Andrea Matthioli. Pietro Argillata. Pietro Paolo Magno. Pietro Ribadenera. Pietro Salio. Platina. Platone. Plinio. Plutarco. Polidoro Virgilio. Pomponio Giurifconfulto • Profpero Alpino. Profpero Borgaruccir. TArducciò Salui. Teatro della vita humana » Teodoro Prifciano » TitoLiuio. Tomaio Scrittore Angelico. Tomafo Garzoni. Tornalo Grammatico. Tralliano • VAIerio Mafsìmo . Vincenzo Bruno. Vido Vidio. Vlpiano » Z z Enonc^. t 2 TAV& *> T r~ , .. * »..J. V. I T A V OLA D É"*tf A'TP I T O LI. .:J/lo:: LIBRO^PRIMO. *F EL primo nafiimento y e della cofiitutione dell'Arte 3p3| del Barbiero. Cap.i ^ ZDé//<* Nobiltà dell'Arte del Barbiero. <:*/>.- 2. r«$&? Ded'Inuentori del radere>e del tofarey edegliftru- we»f* al Barbtero necej/artj . c^. 3« Z)e//* dignità della barba > e dell'ornamento , che reca all'huomo. Della difformità, e del danno , ch'ali'buomo apportano i lunghi ca- pelli, cap. j. - * Dell'ornamento y che rende all'huomo il tofare y %? il radere la bar ha. cap 6., , Della diuerfità de capeUamentiy e delle barbe y e della giufia manie- ra come debbiano cofiumarfi. cap. 7. Dell*origine della Corona clericale > e della prattica di farla. cap. 8. Della corte Ita, cbW Barbieri fi conuiene. cap. 9. Della fedeltà y ch'ai Barbtero fi richiede. cap. 1 o. Del parlar regolato y e cofiumato, che fi conuiene à 'Barbieri • cap» 11. a De gli altri co fiumi al Barbiero conueneuoli. cap. 12. Precettiy e regole, che tofando il Barbiero vfardeue. cap. 13. Dell'occupationi del Barbiero in tutto quel tempo 7 che gli auanza. cap. 14. * * L IBRO LIBRO SECONDO. DELLA prima origine della Sagnìafe de gli frumenti di efa. cap. i. Del nafiimento > e della co fin ut ione delle vene. capi z. Dimofiratione delle vene , che per ordinario ail'aprirfi per falaffo fiìppofie fono. cap. 3. Quanti, e quali fino i luòghi delle particolari vene y che s'aprono, £5° à quali effetti • cap. 4. La differenza della vena y e dell'arteria, cap. s. Della natura de i neruiy e dei mufioli. cap. 6, Come l'Arte del Sagnatore e più iogrìaltra difficile y e pericolofa . cap 7. De i pericoli y che poffono fuccedere in cìafiheduna Sagnìa. cap. 8. Del (ito della perfona > à cui ficaua il fangue 3 e del lume à ciò con- ueniente % cap. 9. Modo vniuerfale d*allacciar le membra per la preparatone della fagrha. cap. 10. Del modo di locare ciafeun membro per lafagmaye del di/porre le vene per quella. cap. 11. Della diligenza > e del modo y che shà da, vfare per trouare la vena dentro la carne afe0fa. cap. 12. Dell'apparecchio y che deue fare il fagnatore innanzi d'aprir la ve* na . cap. 1 3. Del modo d'aprire ciafiuna vena. cap. 14. Della prattica da offeruarfi intorno all'aprir le vene. cap. 15. Della figura, e della quantità de tagli. cap. 16. Che cofa far fi debba dopò l'apertura della vena > perche habbia buona vfeita il fangue . cap. 17. Se fia lecito variar la venay ogni volta7 che occorra non ritrouar quel" la} che colpir fi brama. cap. 18. Del -rodo di riceuere il fangue dopòaperta la venay e come allacciar fi debbiala ferita fatta. cap* 19. Dei De i fìntomi y ouero accìdentiy e de danni dell'arteria, e delneruo of- fe/}, cap. io. JDe i rimedi) e hanno à porgerfi all'arteria y &* al nerua offefi. cap. 2 1. Del modo difoccorrere alle fincope 9 che auuengono prima, ò dopò la fagriia . cap. z im LI BRO.TERZO. DElle Mignatte, ouero Sangui fughe \ cap. i. Dell'applicat ione delle Sanguijughe. cap. z. Delle Scarificationi , e modo di farle . cap. 3. jCW/e Coppette y ò Ventofe. cap, 4. Delt operationi dd fuoco y per quanto dal Barbiero trattate vengo- no . cap. $. Dell'applicatone dell'acque ardenti. cap. 6. De' Cauterij rouero fontanelle. cap. 7. De' Veficatori) . cap. 8. Deltvfo de' galli y piccioni y cagnoliniy & altri animali > negli affet" ti del cerebro. cap. 9. Del Rimedio de'Pulmoni. cap. io. Ddle Raneyò Ranocchi. ' cap. 11. T}4rO- i?JT"v .<$ TAVOLA DELLE COSE NOTABILL CHE NE I PRESENTI LIBRI fi contengono. A dfts A$fe Cadenti communi delle ve- #iif A^gS A che fi cono/c a il buono ^TSSSRfP fioco. 168 Acqua dtHtllata di Ranocchie, che virtù habbia. 8 Alfeno Varrone Barbiero, e Confale Ro~ mano. I92 Al tempo di Galeno, franche al noflro quanti fono membri nel corpo, altre tante quali fono le parti di medici- na-». 2 Altre cagioni, e (en/ieri afiegnati alla-, chierica. 31 Altre confiderationi ncUattaccar le cop- pette à fangue. 16$ Altre regole particolari del tofare . 51 Altri rimedi] per dtflorre le mignatte^, dal piùfuc chi are. 146 Altro auertimento per le fcarificationi delle narici. 156 Altro modo da riceuere il fangue dopps dì/laccatele mignatte. 149 Ampiezza della medicina malageuole à conjeguire. I Anatomia delle vene al Barbiero necefla* ria . 60 Anatomia al Barbiero necejjVaria per'Tv/ò del medicare chirurgico. 54 Anatomia al Barbiero necejfaria per l'vfo del fanguinare. 55 Anonimo Barbier famofo « 11 Antichità dell' Arte del Barbiero . 5 Apertura delle ranocchie y comef e doue /i faccia. • 198 Apparecchio del Sagnatorein due co/c~> con/ifie per aprir le vene. 105 Arte del Barbiero per fua natura inge> nuaye liberale. 34 Arteria ferita, come /i foce or re . 133 Arteria come ftcono/ce ejfere offefa. 131 Arteria come fi dee guardare per non ef- fere offefa. ibtd. Arte* T A V Arterie aperte>quai danni rechino, ibid. Arterie a' tempi antichi a par delle ve- ne Gapriuano. ibid. Attentione del Barbiero quateffer dee per le vene afcofe. ioo Auertenze , & ojferuatione del Barbtero nel far la Chierica. 31 Auertenza nel forbir forecchie. 51 huertimenti nell'eletttone delle cofe^j necejjane al far della pafìa per li Ve- ffcatonj. 186 Auertimento » acciò il fuoco non offenda f la tefla nell'adoperar fi facqua vi- ta. 170 Auertimento da offeruarfi prima di far 6 il cauterio . 181 Auertimento di Oribafio intorno alle cop- pette • 159 Auertimento intórno altapplicaiione del rimedio de' veficatory, 186 Auertimento intorno a pulmoni freddi de gli ammali per prima morti. 191 Auertimento nell 'adoperar/i ti cautti- co. 176 Auertimento nel fare i cauterij alle^j gambe. 174 Autfo nel vefltre del Barbiero . 46 Autore riproua la moltiplicatane de' ta- gli delle coppette 9 augnandone la ra- gione . 163 Autori, che del medicare varij modi > e frumenti ci porfero. 2 o BArbìero del Medico Vicario. 7 Barbtero di Giuliano Imperato- re^ . 15 Beni del corpo del Barbiere. 25 Burchiello Barbtero y e Poeta. 9 OLA. CAgione per la quale s'applica il ri» medio delle ranocchie . 192 Cagioni ) onde fiano nate tante diuifioni della medicina. 2 Caldezza dell'acqua come dourà effe* re^ per aprr le vene de*piedi. 99 Cappelletto di che materia li faccia su la tetta? 170 Carufo di donde detto. 6 Cauteri/ a quat morbi gioueuoli, e i loro effetti.^ 171 Cauterij p*ù facilmente fi fanno nelle cofcie, e tibie delle donne > e per- che. 175 Cauterio come intefo da gli antichi, e come da t moderni. 170 Cauterio nel capo , e fuo pericolo . 175 Cauterio nel collo. ibid. Cauterio per qual cagione da alcuni ven- ga detto Fontan ella . 170 Che cofa debba far fi doppo diHaccate le coppette 5 e fatte ttncifioni. 166 Che cola debba farfi prima , che le mi- gnatte s applichino a luoghi necejfa- ■'■/• y 143 Che cofa s'haurà à fare doppo finito il ri- medio delle ranocchie . 194 Che debba far fi ^ & apparecchiarti pri- ma di venire all'atto dell'attaccar le coppette. 162 Che far fi debba attaccate le coppet* te. 163 Che far fi debba prima d*applicar la pa- lla per U veficatonj. 186 Che far fidebba prima d'applicarfi Uri- medio de' Galli. 188 Che far fi de e per isfuggir le difficoltà del cauftico. ijó Che haurà ad auertirfi , & offeruarfi Jatto il cauterio. \Zi Che TAVOLA Che sì debba fare doppo, che le mi- Conditioni del Barbiero. 4 5 gnaffe si siano ditlaccate dalle ve- Conditioni nell*attaccar delle coppet- ne. 146 te. 161 Che si douerà fare finita f application Con quali dita s'bà da tentar la ve- del gallo. 189 na. 106 Che si pojla tal volta , al detto del Confideratìonì neceffarie nell'atto dei- Medico non pregiudicando >vna~* l'attaccarle coppette. 163 per vn altra vena aprire. 123 Contraditione d'Oribafioye di Vidio fo- Chtrurgica per quali cagioni rimeJpL-, pra la forma y e figura de tagli delie tn mano de* Barbieri. 3 vene. US Chi prima si valeffe deltapplicar le mi- Coppette a fangue in che auanzìno gnttte alle vene hemorroidali. 140 quelle à vento. 160 Cinnamo Barbiero 3 e Caualier Roma • Coppette à vento in quanti luoghi appli- no . 13 car fi poffono , & in qual forte di Cognitione de medicamenti^ al Bar- male ciò far fi debba. 161 biero neceffaria . 56 Coppette come s'attacchino fenzafuo- Collocatione di colui^he'lBarbiero ma- co. 159 neggia per tofare . 5 o Coppette in quanti modi, e come fi at- CollocAtione del Barbieroye del patien- tacchino. ibid. te. 85 Corona de* Preti quando prima fu in- Come collocar si debba il pattente nel- trodotta , & in qual modo . 3 o fatto dell * applicarglisi le mignat* Corte fia affai congtonta con l* Arte del te. 143 Barbiero. 34 Come debba adattar/i ilfoggetto neU Collume de gf Italiani diuerfo da gli fatto dy attaccargli fi le coppette. 162 altri nel portare t capelli. 2 9 Comete doue fi facciano le le arifìcatio* Ctifibio Barbiero Aleffandrino Muli- ni col ferro. 153 co. 54 Come dourà applicar/i la palla per li D veficatonj. 186 Come habbia à curar fila carne ^che ere- T""\ Anni del vino ne Barbieri. 46 fee attorno a* cauterij. 185 1 J Danni della Sìretta ligatura. 8 9 Come tlfanguinar dalla natura fia tro- Danno della mala appltcatione delle-* uato. ' 57 m gnaffe. 14* Come shà a trouar fordine di quefi'Ar- Detto di Diogene circa la barbt . 21 te. 1 Di che fi auuagltano altri nell'aprir Come fi debbano purgare\ e preparar le la fontanella . il 6 mignatte , fecondo l'opinioni di di Differenza di tagli à dfferentì/oBan- uerfi Autori. 141 ze di vene. I oS Come fi pruoui la buona acqua vi- Differenza nella foflanzadella vena. ta. 170 ibidem-». Conciliamone d'alcuni Dottori per la~> Differenza tra*galli vecchi) e gtouani maniera de' tagli delle vene .115 nella loro qualità. 188 11 Diffi- TAVOLA. Difficoltà 3 che allo fpedito fanguìnar fi attrauerfano. 79 Difficoltà contra Onbafio. 116 Dijficoltacquando il Barbierfallaynon è così facile à rimediare. 8 o Difficoltà nel far fi il cauterio nelfefirc- mità dèi mufcolo. I74 Diffinitione della fedeltà. $7 Djffinitione della foflanza della ve- na. 73 Dignità del proprio/oggetto. 6 Dignità del foggetto ti Barbier molto affanna, e ritiene. 7 9 Di quali animali haurà da effere il puf mone di rimedio. 190 Dijfèntione de Dottori sul modo dì te- ner la lancietta, e con quante}e quaì dita. 106 Diuaricatione della vena caua defcen- dente. 66 Diuerfità di diiìintioni diduefpetie dì decorafona. 3 Dolore come fi dee fchiuare nelfaprir le vene. 237 Doti dell'animo del Barbiere. 4 5 Doue storne fi dour afare fapplicata- ne de'galli. 189 Doue fintroui la materia de ve fica- tory y e come habbia ad applicar- fi. 185 Due confiderationi intorno a rimedi/ del fuoco. 159 Due maniere di attaccare le coppet- te. 167 Due maniere della decoratola. 3 E E La Barba difapienza argomen- to. 21 H neceffarìò al Barbiero faper diflin* guere ì va fi'della vena, e dell'arte- ria. 73 £ per ornamento ] e per djfefa > dato all'huomo ti capello . 2 5 Elettione del lume y e collocatone di ef- fe 87 Effempio dvn Barbiero fepolto vi- uo. 35 Efercitatione > & vfo fpiù di tutte le^, regole vagliono per la prattica d'a* prtr le vene . 104 Effortatione a' Barbieri. ibid. FAmofo Barbiero Romano. 52 Fatta fefpurgatione che cofa dourà far fi nel medicar le piaghe de1 Ve fi- catorij. 187 Tigliusle di Dionìfio Siracufano tonde- trici. 3 8 Etne del faceto ragionare. 42 Fine del radere, e del tofare • 29 Forma delle coppette diuerfa. 158 Forma, e vana grandezza della chie- rica . 31 Frondi di caulo y e non d'altrherba&e- ceffaria all'applicatane de veficato- rij, e per quali cagioni. 181 G GAlli y e fuo rimedio r in qual forte d'infermità adoperati. 188 Gallo come fi debba aprire. 189 Gio.Battifla Breazzano Barbiero , e Poeta. 54 H Hlfioria dell'India d'vno Urano modo di fanguinarc. 58 Honor della Barba alla vita prcpo- fio. n Iddio T A V" O L" a: IDdio > per botta di fuoi Profeti yho- T Enta ligatura fi danna neUe fa - norò tArte del Barbtero . le I t onte. -\.-\\ V89k Il molto parlar fugga i non pero muto- Licinio Barbiere , e Senatore fama- Io fia ti Barbiero. 41 no. .1$ In che modo fi debbano cónferuar le mi- Ligafure delle vene doppo aperte, efue gnaffe > doppo che hauranno jatta circostanze. 130 l'opera. 151 Ligafure diuerfe,fecondo le diuerfe** Infermale fagnatore % à qual modo deo- parti fanguinaie . ibid. no por fi nel letto. 86 Lode di Marco Aurelio Seuerinoper ha* Inficiti gli humorì de gli huomìni, in- uer trouato le %'ene della foftanza finite le maniere del tofare. 27 del fegato dtfaoltey e libere. 61 In quella guifay che la medicina fe^» Lume come fi riceua nel fanguina- ììefia per prezzo non vende ; così re. 105 l'arte del Barbiero che di quella è Lunga barba dà fpauento. 23 ' propagine. 3$ Lunga barba tronca l'affabilità t ibid. tn qual parte dell'infermo syapplica ti Lunga barba dambinone è legno . 24 fuoco. 268 Lunga barba fegnodi meiìttia, e luf- fa quali luoghi del corpo humano far fi to. ^ T 23 debbaanù t cauterij, & à quai fi Luogo della ligatura fé debba far fi vici- ni, 171 \? no al taglio yò lontano 4 ■• . 8$ In qualmodo far fidouràl'applicaitcr+ ,\ ,.^ n.^v.u ♦* ne de i pulmotii. 19° M .•.':,- In quanti, e quali luoghi fi debbano ap- . '- - v W,. * vi plicar le mignatte1. 14 3 A fi Ano prims tiramento da cauar In tre tempi tutto ìaffare de' Barbieri XVA fangue è ^ ..5^ 1 o 5. fi'riuolge. 84 Marco Aurelio Seuerino* 1-8 e Inuentione dell* Autore nel riceuere il Materia delle coppette qual'effer deb- fangueiche gtìceioU dalle veneaper- ha *> ^ •,,..,. *57. te dalle mignatte. £ 147 Materia del legame per lafagnìa* 9 o tra del Barbiero di Cleopatra. n\. 11 Materia deW eficatorij differentexd*}\ I/lahZa de' moderni Barbieri fopra la .quella de'cauftìci. y m \ 185 sforma del trauer fé taglio dette ve- Meiltero nofiro da lieuifjìmi principi) 1 me . . 116 •» fiatò> 11? ix-\ -h «Xi:. <\-: 19 ifìrunmtó fatto dall'Autore ■> da riee* Modi diuerfi nel fare i rc#utetjj*v.17 5 *,Vi ùere il fangue dalle Coppette taglia- Modo dalfAutore inuentato netl'appli- a;#, . .».*'•£ 4C >.v 164 -v catione'dellefimgue/ùgke » 144 Aiodo delle barbe memnfr* *i .29 /Jf 0*/o <&/ tofamento qual tener fi pof- Ja. :ì"-'3'^;:»W^ '^« /# ah* per l ^ordinario s'aptonk, non piàf che da vn lato ha da pigliar fi* 6$ Numero dell? édu/ttfhe'l corfo, del fan- gue tmpedrfcoMi 119 o O Hiuiero Barbiero di LudouicoXI. Rè di Francia . 9 Onde auuieney che'l Barbiero amico fia del Cortigiano. 34 Onde auwenc , che l Barbiero del Juo lauora non patteggia, né contende . ibidem . Onde auuieney che i Barbieri muellieriy & arguti fiano . 40 Onde occa/ione habbia il Barbwroyche'l tempo non perda >ma bene tv fi. ibiaem. Operazione del fuoco attuale > inuentio- ne de' Medici Arabi. 167 Operator Barbtero agiato Hia , quanto fpeftaa fé ffafio,quanto, ali'huomo, che tratta 5 e quanta al lume « 8 5 Qòinwne d'alcuni Mede* nell'applica- re i ranocchi vmi alinfermo ynon molto commendata. 193 Opinione dell'Autore intorno alla ma - teria delle mignatte. 142 Opinioni del Cardano, & altri, intorno alle coppette a /angue ir afe differif cono y& in quanti mfids ; 152 Opinione di Paolo Egneta^e dall'Au- tore intorno allkWci/hne della porte y -* prima d'attaccar ut fi le ventftje^^. *63 OppofitionA** .. ... ?m >?$ Oratione in lode de,\ Santi Cofma\ì9 e Damiano prima dallacciar le* ve- ne. 91 effettuali za nel cibar fii Barbieri. 46 Offauìttivni ttetie ÌMattfmttQm osile f labbra y e gengiue. 15 6 J>,9 ^| Parere T A V O L A. Parere di Fabritio neW aprire i eau terij nelle braccia. 174 Parere de* Medici antichi, e moderni, neWvfare il rimedi* delfucwtf qual più piaccia all' Autore. 16 $ Parti, e Jpetie della medicina . 2 Perche pertcolofa è tvfanza de Bar- bieri nel molto parlare»-, perciò, re- gola ye meta btjogna lor por fi. 41 Perche tra tutte le materie delle cop- pette , quella fola di vetro, fia rima- fia in ufo > 158 Perfetta norma tra gli eftremi della politezza , e dell'ornamento. 2 9 Per le molte diuisioni della medicina, alfine auuenne > che nex barbieri si trasferirono la Decoraforta > e la—» Chirurgica \ & a qual tempo ciò a- uenne . 3 Per qual cagione i molti capelli appor- tano deformità . 2 3 Per qual fine si facciano* 1 cauteri/. 170 Pietro Paolo Magno barbiero Roma- no. 15 Politezza , & adornamento , tra fé fleffi ajfai dtuersi, e quali contrari); fini. 29 Positura' del Sagnatore. 105 Preparatone all'appltcatione del rime- dio delle ranocchie. 19 3 Prima dtuersita del tofare fecondo le vane nationi . 28. Primo modo d'applicare ilrimedio del- l'acque ardenti. ■ 1^9 Profijione,& inftitutode%Barbieri. 26 Prouasi, che le vene vadano dall'ar- terie , e da' nerui Scompagnate su per le membra. 117 Prouidenza della Natura in adobbare cìafcuno animale. 2 5 QVai cofe nella, beve ornata Chie- rica fisichieggojtQ. 31 **Qual effer dee con l'infermo il "barbiero. 45 Q#a>l col Medico . ibid. Qual co compagni. ibid. Qual con danne. ibid. Situai con tutti. t\id. Qual modo offerui nel fonno il bar- biero . 46 Qual sia ri/Ir omento da darsi il fuoco all'infermo. 168 Qual sia la cagione penhela Chieja permette ti mangiar carne di ranoc- chie , è tartaruga ne'giorni di.vi- gilia. 192 Qual forte di ranocchie si debba fcer-, re ì e qual fuggire. tbid. Qualfpetie di De cor aporia effenitano i barbieri. 3 Quali mignatte siano le migliori al* l'vfo dei tnarre il fangue. 141 Quali si debbano eHggere per le vene hemorroìdali. ibid. Quali Jpetie di ballotte si habbiano da adoperare ne' cauterij . 182 Quanta dourà effer la quantità della "patta. 186 Quanta parte di ferro si debba tener fiouerta. 107 Quante cofe dee auertire il Sagnatore prima d'aprir le vene. ibid. Quante^ e quali cofe nell*aprir & viene Àffcerner dee il barbiero:. 78 Quanti, luoghi effggni Albucasi al^ap- . phc atiene de (le coppette àfangue; & in rimedio di quali infermità. \§ o Quantità del taglio su le vene, com'ef fer debba. 118 a RAjura* ch'era in ìfcherno} conuer- tita in bonorattza. 30 Hego- T, A V/ Regola finale nel chiuder le vene doppo l'apertura fditdi " 129 Regola vniuerfale deVUeUttiorte del tv- fdnknfo. ^ 5* Règole del tofare . wtd. Regole più particolari di Barbiere/ nel pTatticar con altri .* 4I Richiede fi artificial modonelfòiéerchiar, •' dèi pelo. 25. Rimedij à gl'impedimenti, che al corpo. ■ s'appartengono da fermare il corfo "delfangueV 120 Rimedij agli altri impedimenti, ibid. Rimedio per alcuna difficoltà nell'aprir '■' le vene. ip8 Rimedij da vfarfi finché le mignatte^, fi attacchino alle vene. 145 Rimedij da Bagnare il fangue nèll^j, vene aperte dalle mignatte. 151 Rimedyper euìtar le fiaffiohi d'humòri " ne' cauterij . 183 Rimedio per le parti fcarificate. 156 Rimedio da lenire ti dolore, doppo dato il fuoco. 168 Rimedio dell'Acqua ardènte à shz^> gi&ui. 169. Rimedio dei/eficatorijfalutifero, fe- condo l'opinione di molti > & in par> ticolar dell' Autore. 184 Rimèdio de Pulmoni, ^antico 4 19 à Rimedio de pulmont pia dvna volta "far fi dee* 191 Rifolutione delfagnàtorè>Hén ritròuan- 1v délè véne > che brama . 124 Ri fpondc fi all'obiettto'nè^and'è che'l Bar- biere ricéud préàzo * 35 Rifpojla all'obtéttiòneyòtide aumenta the alcune volte fifa inndriztl'drte- ria oue le vene appaiono . Il 7 Ri/pofìa a moderni Barbieri ìfàpra il taglio tranjuerfi delle vene . 116 RitrótiarfteiHò& accrefctmento di va- ■"■ rij nuoui flrumenti per (vfo del, fa* gnafè. 58 o l a; SAguìa delle braccia come fi riceda ti fangue . ■ 128 Sagnia della fronte Còme fi riceue il > Janguei. 125 Sagnia della lingua come fi riceue il z fangue 4 1*7 Sagnia delle mani 9 e piedi, còme firi- ■■ ceue il fangue . . Ì28 S:giid largai ttretta , qUal delle due ti* la migliòre. * \ . ii$ S&tamunda, femplice^efue virtìt. 17 2 Sangue de'piccioli ranocchi terreUri, che proprietà habbia s 193 Sague delle manine piedi,come fi dfcer- ne dall'acquaia quat ita di ejfo. 128 Sangue impedito dalle vene aperte per eagion dell' Artefice. 121 Se-r fioattonite coppette a fangue tra fi d'ffnfconO)&in quatt modi. 152 Ssanficationi, inuenttone antica, e le coppette à fangue moderna . 153 Scarificatiom in quali parti del carpo * e per quali infermità fi fanno, ibid. Scarificationi in due maniere 3 col fer- ro , e lenza . . thid. Scarificatimi finta ferra\ come-fi fac-* ciano * ..\* -.-^\i v« • 1^56 Scipione Mercurio, e fuo parere» 1 74 Secondo la figura banda eliggerfii ta- glhnegUàeeìdèti diuerfi delle vene. 170 Secondo modo d'applicar l'acque arden- ti. -im^v/- 169 Se due Ugature>e quando fidebbano fa- -\ re i r. 1*1 ; . «iri>«, 88. Sentimenti al Barbtero guida. 79 Setacei -ahcoMo. co me fi formimi 18# Se tanto è degna far. e del Barbiero , -••■ ond\chs inquelltf ilima non fia. 4 Sincope, cagionale per la rifoiu$ù&& d-S Jpiriti, come firimsdiam. » *\ . 138 Sincope cagionate, dal timore^ come fi curam. -,. 136 Sincope TAVOLA Stcope nelle fagnie come cagionano.ibid. Vene dellafrontce della lingua, regole Sincope per repletionedi flomaco,come particolari per aprirle. 111 fi curano. 137 Vene della lingua ideila tettale commu- Sin da quando furono vfate le fangue- ne aperte,che vtile apportano. 69 fughe , ascauic« non così ageuoimente crederebbe alcuno, che fiano in tal numero moltipli- cate 3 e 4mife_> . Per la qual cagione parue neceffario al gran Galeno A feri- * LIBRO fcriuerne vn'intiero Iibro_con proprio titolo delle parti della medicina-*, il quale chi legge, facilmente ammirerà la moltiplicità de' fuoi membri. Ma ciò che ho cominciato, perche meglio appaia, della generalità , come meno bafteuole , non contento, Je fpetie ad vna ad vna andrò raccontando. parti, t fpe- sono ajcuni ( dice Galeno nel detto libro ) che partono la medicina tut- itìchM^T" w in tre fpetie, cioè Pharmaceutica, Chirurgica, e Dietetica. E quefte poi in altre parti diuidono molti; ma non tutti di vna medefima maniera-.. Gran parte fono di queiii,che dinidono la medicina in curatiua,e cóferuati- uà. Altri poi vi mettono la preferuatiua. Né mancano di coloro,ch'aggi un gono la refuntiua,cioc quella,che particolarmente dà il modo di riparare al- le forze de' deboli,e de' cóualefcenti. In oltre annouerano altri I'Euettfca, cioè quella, il cui proprio officio è d'introdurre al corpo la robuftezza,e'i buono habito. Altri lafciare non vogliono la Gerocomiea,cioè quella,che regge i vecchi ; fi come ancora quella, che gouerna i piccioli bambini. E di ciò non contenti altri aggiungono la Decoratoria5diftinta peto dalla Fucato- ria,che diciamo l'arte de* belletti. Altri alle predette accoppiano la Phone* tica, cioè quella,ch'acconciamente difpone la voce . Egualmente altri rap- portano la Phifiologica,Ia Pathologica,Ia Ethiologica,e la Simiotica;(Àppel- Iationi,e nomi tra dotti, Se intendenti aliai note__>.) Differentemente da quefti diuidono le parti delia medicina gli Empirici • Ma non è neceflarìo fermar fi tanto in quello propofito. Batterà dire, che fecondo le diuerfe fette, diuerfarnente fu diuifa la medicina . Onde così gli Empirici>comeiiMcthodici,ò Dogmatici ciafeuno ha introdotto la fua parti- Al tempo di tìone,che lungo, e grane farebbe ad annouerarle tutte. E ciò auuenne.-con- G»len° *n* ciofia cofa,che,mentre,fecondo il vario intendimento di quefti3vanamente-» ftro°quàti fo s'andò quella diuidendo,fe ne cagionò quel numero sì grande de parti > che no mcbri nei teftimonia Galeno,à tempi fu oi efTere auuenuto in Roma, e fi vede anco a* tàtTquafifo" tempi noftri. Percioche quanti fono membri nel corpo humano, tanti fono no parti di hoggidì le fpetie de' medicee di medicine . Altri fono per li denti, altri per medicina. i"0rccchi e>akri per Io male del felTojaltri per quei della gola;altri pungono le catarattesali per le crepature,e per le pietre della vefficajtali per rifare i'orec- chie,le*labbra,e'l nafo indiatali per emendare le labbra Jeporine.-così come-. Cagìoni,on- non è marauiglia,che hoggi,akuni voglion oeffere Fifici,ò pure Chirurgici, m «Stc "di- e ciò credo>(ia nat0 daJIa pigritia de gli hucmini,per non volere occuparfi in uifioni delia molte cole; ò pure dalla laiciuia,ò morbidezza del viuere>ò anco per la molta medicina-^, occupatione intorno à gli ammalati jcome vuol Guidone nel capo Angolare, ò parimente dalla vaghezza del medicarejcofa tanto fecondo la natura (come dice Hippocrate) ò che finalmente habbia hauuto origine > come noi diciamo dall'ampiezza, e difficultà dell'arte-/. per rampiez Per quello dunque fi diuife la medicina in due parti,e reftò la Chirurgica 3?r?« VSm in man0 de femPlici operatori, e la Fifica in mano de Filofofi. Così anco fé- cucina ìcsui n . . v x f . , « ftftimtt» Paracaineme fi comincio a icnuere la Chirurgica, & 1 primi Scrittori furono (come P R I M O. 5 (come Guidone riferifce) Rugerio,e Rulando,& i quattro Maeftri,i quali die- di cfra, e per dero à luce libri particolari di Chirurgia. Cominciò poi à fepararfiJa Phar- lo pan meta rriaceutica fin dal tempo di Mefue,come appare,e fi ridufle ne' Spetiali,mini- raj^e,£; arando, e preparando le materie medicinali. Benché fiano alcune genti à chirurgica quelli tempi, à pò le quali ancora con la medicina congionta ftà la Pharma- Q,™;}"°cfc" rica. Et intendo,ch'à pò gli Turchi tutti li Medici comunemente medicano, ja fISc» l\h te infieme preparano. manodeFU Hauendo dunq; patito,e comunemente patendo tante diuifioni la medici- p1^ [c molta ra per le cagioni fopra addotte; ne patì finalmente vn'altra (e forfè la mag- diuiftoni dei giore,che fu) ne' Barbieri, e $agnatori,al tempo (sì come io credo) che regnò a*fi™eluìlé* in; Perfia,dòpò la venuta de'Goti, ManforeRèdi Bottara, quando gli Arabi ne,,che ne* infieme co* Greci à noi erano famigliari, e noti ( fecondo fente il Vefalio ' ^ìcn Jj nella prefatione della fabrica del corpo humano ,)E le parti, che detti Bar iaDc'coiato. bieri della medicina pigliorno à mio giuditio, furono due, cioè la Decora '■*>e Ia e/1'" tona, da noi più fopra nomata, & vna parte anc o della Chirurgica. qaai ^m^Q * 'Fanno la Decoratoria in due maniere,vna chiamata fucata, e mangonica', eia auuéae. cioè de gli abeilettarnenti fopra il volere della natura, della quale vaglionfi J^f^t*! huomini,e donne molli per piacere vanamente à gli occhi altrui. L'altra pir- coratoru. te più neceiTaria>che corregge i difetti della naturai qùaliitàno nd congiun- gimento^ nella proportione delle parti. Quelìa fpetta propriamente a Me- dicine però di ella vltimamente hi trattato il Faloppio,e'l Mercuriale,& altri. Dhlerr,tà di Molti dirfinifcono quefte due,che la Fucatoria irti uifee la natura, & aggiun- duiintioni gè quello che 1» manca . Ma l'altra fempre riguarda quello è,fecondo la na- gj^jg^"6 tura,aggiungcndoloche giuftarmnteli mancaleIeuando ilfouerchio; come fpctiedi >e- farà la iòuerchiia gramezza, Ja magrezza del corpo, la grandezza,e la piccio- coratona-.. kzz^fa forma delle parti, iliìto,la figura, la compofìtione,e la proportione di quelle deprauata,ò diminuta. Finalmente fi come è polla la ginnaftica,e lathletica nella robuu\zza,così quefta nella bellezza, e politezza • Quefta è di due altre maniere ; Vna che conferua detta bellezza, mentre^ Qual fpetie dura : e l'altra, che la riftaura dopò è guafta. Quefta dunque fpetie di deco- ^^xui ratoria, più neceifaria, hauendola quafi lafciata i Medici gran tempo,ò tutti,ò no i Barbieri ' almeno i più di elfi, (perche priuatamente ancora alcuni di efliTeflerettano) ne è rimafta la maggior pai te in mano de' Barbieri. I quali la coltura de'ca- pelli, e della faccie eflercitano, alcuni eccelli, ò difetti di natura in elfi emendando. L'altra parte di medicina, detta Chirurgica,comeche principalmente fia-r La chirurgo efiercitata da'medici,pure per alcuni accidenti fu trasferita, e ripofta (fé non " f";qu^11 tutta almeno in parte) nelle mani de raedefmi Barbieri. Gh acciaenu,cn io mc,u m ma. dico, furono la neceflìtàmadre,&inuentricedell'arti,e delle rjlolutioni hu- "° d-'Bir- mane. Percioche curando ia Chirurgica per ordinario ferite, e mali, che di repente auuengono, e che portano momentaneo pericolo , ò per l'orTefa-. dell'aria, ò per lo fpargimento del fangue ; ò per gli entrerai dolori, onde^ A z non 4 LIBRO non patifcono indugio, né dilatione di tempo; & i medici tali non fono, che dimorino in cafa (per eiTere ordinariamente occupati fuori, ò per non_^ tenere officina) in luogo loro fucceffero li Barbieri,che parati fempre il tro- uano affittendo nelle loro officine.L'officina io dico,ch'a tempi antichi i me- dici teneuano, curando in quella i mali altrui. Perciò Hi ppocrate ferino né lafciò vn libro particolare,intitolato dell'officina del medico.Ma tutto quel- lo però,ch'efTo Hippocrate ferule dell'officina del medico, vai quafi a punto per lo Barbiero hoggidi; fi come fi può vedere anco nel libro, ch'egli fa del Medico. # vn'altra ca- L'altra cagione, oltre la neceffità, fu f affinità, ò diciamo v'cinanza del- gionedique p0peratj0ni nello ftelfo foggetto,cioè ch'adempiendo il Barbiero il rtianca- »cmaoU?Cm" mento della bellezza5e della politezza,có facile paflaggio Ci riducefle di pano in palio a correggere i difetti della folutione dd continuo, che dirformaua, $ guaftaua cfla bellezza, nella quale verfa la Chirurgica. Così finalmente gli rimafe detta Chirurgica. In tanto dupque vien dimoftrato quei,che da pri, maintcndeuamo perla conftitutionedi queft'arte,ch'è fubalternau alla me- dicina , e di quefta alla Decoratoria, & alla Chir urgica. Della Nobiltà dell'Arte del Barbiero* Cap. IL ObiIi(fima>& affai degna cfTere Parte del Barbiero,bea chiaro fi potrebbe raccorre fo!o,perche dal regal cep- po della Medicina vien propagata, & è non picciola parte di quclla,neila maniera, poco innanzi fu dimo- ftrato . Ma perche auidi (parmi vedere) i miei con* profeflori attendere d'vdirc particolarmente deferitta la dignità di quella : non ho voluto per tanto defrau- darli di ciò : mà,quanto per me fia ftato potàbile, lo- s« tlteède- disfargli ho tentato;con quefta legge però, che doue io tutto confeguir non gnal'artedei pplfa^elli benignamente m'ifeufino. Onde, fé ad alcuni parrà, che né quel Se accada!!», luogo,nè quella preminenza l'arte habbia, oue d'effere pofta ioftimo,&ei ch'io quella debba;fappiano,che quefto accade dal giramento delle cofe di quefto mon- (lima no fu? ^0)t pCr comune difauentura di molte arti,ch effendo elleno per natura af- fai pregiate,* honoreuoli ; nulladimeno per altro accidente, vili, & abiet- te ne ftanno.Come all'incontro molte,ch'in alto feggio fi ritrouano,fe'l luo- go, che 1 or tocca, teneffero in terra, per auuentuia (edere, neceìfario lor farebbe-^. Per molte dunque, e molte ragioni nobiliffima può ftimarfi 1 arte del Bar- biero . Anzi tutti quei rifpetti,e quelle conditionUequali fogliono l'arti più eccellenti renderete medeme etiandio,quefta fopra tutte adornano,* inal- zano P R I M ;0. $ «ano come fono : II genere, roriginej antichità» il fincil modo di trattare, ii ioggetto,grinuemori,i profelfori, e fi fatte cofe mille,e cento. E per dar di capo dall'Antichità,non ha dubbio,che la coltura, e tondi- Antichità mento de'capelli.e delle barbe,habbia hauuto principio infin da quel tempo, «^ "*«-• che gli huomini, lafdando le felue, fi congregarono nelle Città, oue fvfo dell'arti hebbero pr!ncipio,l'vno all'altro di dar aita cercando. Onde proba- bile mi fi fa, ch'inciuilito l'huomo con l'aiuto del compagno, tofto comin- ciane a fentire,e giudicare il pefo,e l'ingombramento delie rabbuffate chio- me ; albergo, e coua fol di fordidezzce di brutture. Che fé in quefto me- defimo tempo con lvfo del ferro pofero le mani gli huomini al putare gli alberi, e troncare le luminanti viti : qual ragione vuoIe,cheì medefimo con affai più difcorfo nelle proprie perfone non faceftero £ E vero però (come che tutte le cofe da fcrittori non fono ftate regiftrate) non ritrouarfi, quanta a Gentili>più antica mentione, che de i Greci,e de i Romani, come poco ap- pretto diremo. E per dire de gli Hebrei, fra gli auifi, che l'Angelo diede alla madre di Sanione,fù,th'il capo del fuo figlio giamairafoio non toccane, dicendo egli (Non target caput eius nouacula.)Ef[endo dunque particolare ia prohibitio- iudlc. ci j. ne a Santone,ch'era Nazzareo, prefupponer il dee, che comunismo fra tutti fofie l'vfo dei radere : e perciò, (fecondo mio auifo,antichi.(Iìrno) prima della venuta di Chrifto mille cento feffant'vno anno. Benché affai p ù an- tico appare per la memoria,che ne fa. Mosè nel 19. e 21. cap.del Leuitico : Quando Iddio coramandò,che i Sacerdoti non fi radettero , ma fi tofaifero. L'iftcflj anco ordinò per Ezechiele nel cap. 5. e ne i Numeri al 6. chs fi ra- dettero le barbe* Il umile leggefi in Gieremia nel 7. Li Sacerdoti Egittij fi radeuano anch'eglino, non folo il capi, mi anco tutt'il corpo, ftando nel culto de* loro Dei affinchè non generaifcro pe- docchi, fecondo Herodoto in Euterpe,e Plinio riferito da Polidoro Vergi- tib+.cA. lio. Gii antichi Grec/,(come afferma Plutarco nella vita di Thefeo) vfarono elfi altresì il radere, & ii tofare» Perciò tantofto nelle guancie dellisbar- baci giouani Ateniefi le prime lanugini appariuano,quelli porrauano in Del- fo a Febo, & Efculapio, i quali per Dei della medicina tenuti erano ; facen- do loro radere Tanterior parte del capo, Ja pofteriore crinita lafciando. Fra* Romani,chi primo i Barbieri introduceffe, fu Publio Ticinio Mena, quali fin dall'lfola di Sicilia feco menò,come Plinio riferifce,togliendo!o da tib.7. crs, Marco Varrone,e lo conferma Francefco Sanfouino nella fua Cronologia. E ciò fu (s'io non erro) dopò la fondanone dt Roma l'anno 454 e de gli an- ni dd mondo 4900. eh a punto a numerare fono prima la venuta di Chri- fto 299. La qual cofa fu a' Romani così fattamente cara,ch'il Senato fé leg- gerne nel mondo tutto,quefto vfo riceuuto,* approuato fuile. Come con diletto non picciolo ScipioneJ'ArfricanOjOgni mattina ( fé pur crediamo al Garzoni nella fua Piazza vniuerfak) fi faceua radere ia barba. E Jlmpeiador Diuo t L I B R O Diuo Augufto fi fornì per fuo proprio vfo di molti digli dell'arte del Bar- biero . E ftimo io (per mio giudicio) ch'indi il tofamento della tefta a' noftri Carufo dì tempi fia chiamato Carufo ; quafi, che molto cato a colui, che bifogno ne «ióde detto. tenga f tal»yfo fi renda m Dignità de! M foggctto poi nel quale fi vérfa quetVarte,eflendo il corpo humano, fo- proprio fog. uerchìa imprefa la mia fatebbe,fe della prerogatiua di elfo prefumeiTe tratta- getto. rc ^ Materia,che quanto più ampia,e vafta,tanto meno fà,che ragionar fé ne pcflxOnde ben à raggione affermò il Filofofo nella pofteriore: Cofa d'huo- mo feemo effere, tentare dimoftratione nelle cofe da fé chiare , e patenti. E chi non sà,che tutta l'eccellenza,tutta la bellezza, e venuftà, & in fomma ,'■';"■; la petfettione delle mondane cofé (anzi del mondo ftelto) ftà comprefa , e quafi per epilogo ridotta nella fabrica humana ? La onde dine Parmenide, Fhuomo tflere regoIa,e mifura di quanto è nel mondo.La Minerua di Fidia, la Venere di Apelle,Ia regola di Poiiclcto non fi fatiò d'ammirare fantichi- tà,onde confecrò loro immortali honori. Laudali infinìtamenteTefide d'ha- uer vna (tatua marmorea con tanto artificio formata, che i giouani di Samo, per defiderio di goderIa,nel tempio le notti intiere fpendeuano. E noi ii verotipcel'efemplaredi tutte le cofe,non ammiraremo?Conobbero vgual- mentc (così profani,come facri Scrittori ) quanto fia la perfettioae,e la bel- lezza deh" huomo,quando decretarono;Iddio non con altra formi douerfi dipingere,ò fcoIpire,che con l'humana.Di modo,che dimandato vn Fi oiofo, che cofa fofle Dio,rifpofe : Vn'immortale huomo : e di nuouo,che cola fof- fc fhuomo, diflè ; vno Dio mortale.^. Sì fatto foggetto>dunque,degna cote è vcdere,c confiderare in qual gui- fa l'Artefice noftro tratti .Trattalo certo con vno eccellente.e (Ingoiar mo. do,che folo à lui,& al Medico comune. Ciafhedun'artce ciafeheduna fa- coltà(niuna affatto efcJudendo) applica all'huomo tutte le lue cpere,e li fuoi lauori. La nautica,la fabrile,la teftoria,la lanirTca,i'agricokura, ia paftorale » la mercantileja metallaria,Ia pitturala fcoltura,Ia panificala coquin aria,l'ar- te de* vafi,Farte de' profumi; quefte, cento,e mille altre,ch'a dir farebbe fa- ticofo,tutte lungi dalla petfona dell huomo danno ; quefta folo per proprio priuilegio,e (ingoiare prerogatiua co'i tatto immediato delle mani lo dello buomo ha per foggetto,e circa fifteflo tutta fi verfa,emendando I'imperfet- tioni della natuta;ih'a niuna dell'altre farebbe lecito fare. Et in vero,chc> diremo noi della nobiltà del capo,che quafi Cielo eminente fopraftà alle-* parti tutte del corpo humancc Imperoche come dice Ambrogio Samo ; e la cópofitione dell'human corpo vn elfempio, o pure ritratto del mondo mag- giore, che fi come il Cielo fuperiore ne ftà locato, & eminente all'aere , & a gli altri elementi ; coli non altrimente il capo eminente e fuperiore fta pofto all'altre membra del corpo, regendole, e gouernandole a fuo cenno ; fi che , dou egli laguifce,Iaguono pariméte,e s'infermano anch'elle.Onde a ragione ^o'òeiT ^??t??f?f!9?!E?!!a,1?: tyu&z PI? Sign* noftro locato il capo fuperiore,& emU PRIMO. 7 tminente al corpo; perche in effo fune il regno, & il gouerno d'ogni cofa. Galeno il principato delle membra del corpo tutto lo dà al capo. E Platone il capo ihama tutto ii corpo. Li lurifconfuhi riconofcendo Lbde regi. a nch'cfii quefta robiltà del capo nel corpo humano, ii principato a quello m n- Aua°~ folo concedono .La onde,fe diuifamente fé ritrouiil capo dal bufto fepolto; 1" xhimeo. tutto che maggiore in quantità quello fia, niente di manco ii pregio al capo piu.i in uà folo concedono ; fi che facrone vien chiamato quel luogo doue il capo ftà "/£"«£ ripofto, poco facendoli conto del rimanente ; e la ragione afsegna iaChio- giofis , & fa in quel luogo, perche dalla faccia daino con ofciuti, non dal rimanente^. JjJjjP^ ^"^ del corpo. Per tanto fendo, che nella faccia ftà figurata la fomiglianza dd- f.gmfum'ini la bellezza celefte,comandauano le legi: c'huomo (ancorché per altro à gra ftitutiomb* uè pena dannato) non fufse però nella faccia bullato,acciò non fi macchiaf fnegfoj; ieri (e ìd lui quel, che quafi cofa diuina riluce in terra,come fcriue l'imperado- bo monuu. re C ottantine ad Euthymio Prefetto del Pretorio, nella i.fi quis in metal- lum.iy.C.depoenis. Circa quefto dunque impiega tutto l'artificio fuo ii Barbiero , ne altro Artefice,fuor di lui, tal dominio ottiene , e tal pregio. Ma fé la dignità del iuo fine noi confiderarcmo,& efsaminaremo : molto lungi la (lima di quefta s'auanzerà: Poiché abbeiiirJo3ómar!o, polirlo, folle- uarlo dal pelo fouerchio,e dall'etti ane cofe di natura j in fomma il capo, la fronte,la facciagli occhi,l'orecchie,il nafo, le labbi a,e la bocca, il mento , h gola,e'I colIo,e tutte le vicine parti rendere riguardeuoli j tutte fono cofe, ,, ihelamaeftà dell'arte ampiamente aggrandirono. Altamente laido ,e bruc- to,non così polito 1 huomo fi vedrebbe. Quali attioni ,altii, che'i Barbiero ■* non le fà,nè tenta. A lui dunque,e non altri il prego ottener gli conuiene. E quefto quanto alla parte Decoratola. \ Ma quanto alla Chirurgica,che pur da lui fi maneggia, qual'vtiltà, e qual giouamento a gli humani corpi ella non arreca ì Maggiore certo di quello, che dire,o pcniare fi potrebbe. Come da grauiflimi mali liberarlo,alienargli il dolore, toglierli l'anfietà,fottrarlo dalle fauci della morte, nella prefente fanità conferuarlo, e da gl'imminenti pericoli de morbi preferuarlo. E pur è vero, e tutto dì lo veggiamo con gli occhi, e con le mani tocchiamo, che'l Barbiero,dopò del Medico (di cui è Vicario) tutto ciò,c'hò detro,pienamen- te fa,in tante,e tante guife,e con tant'iftrumenti della mtdicinaicomegli env ,IlB*rbjcro piaftri,gl'vnguenti, le diuerfe acque, e gli olij, i fuffumigi, i fori, l'epittimi,i vicario ™ dentifrici^ veficatorij,le fregationi,i cauterij,il cauar fangue, e lo Magnarlo, quando per ferita a gran pericolo l'huomo fé ne correfle,le venrofeje fan- guilughc,& altri,che per breuità ttalaicio. La onde non parrà nuouo, ne per noi forfè arrogantemente imaginato, che l'vfo del medicarci Barbieri s'habbino prefo : conciofia cofa che tanto anco à tempi antichi pur pare, vfo dei mc ch'i medefimi di quefta parte fi dilettaficro i e ciò per l'affinità della Deco dicare anco toria co la Chirurgica, fi come da principio diceuamo. Argomento di cure- Sopirtene (io S LIBRO Nciiib.j "del ^° nepuoI'efferejch'appreflfoOribaficfrà molti medicamenti efterni di va- ia fmopfi nel rij Medici ch'egli raccota,vno ne defcriue,ch'è di vn Barbiero3in quefta guifa la prima par cja j uj pr0p0fto . Malagma tonforis, quod facif adfpleneticos, hepattcos, & t;cc a-, ìfthiadicos. Cioè compofitione d'vn Barbiero,buona per li milzaidofi, per li fegatofi,e per quci,che patifcono difciatica.il medicamento (fé alcuno defi- dera fapeilo) è quello. Di pece feccaoncie tre, di cera, di ragia di pino,di ammoniaco,di bacchi di lauro,di graffo ditoroana oncie due, di nitro rotto oncia vna, di farina di^fien greco (ettari j tre, di radici di camaleonte negro pefta fottilmente feftario vno. N obile dunque è>& affai degna l'arte del Birbiero,e per le parti dalla me- dicina prefe, ch'egli effercita, e per Io foggetto anco, verfo del quale egli s'occupa, come fin'hora detto riabbiamo ; e nobile parimente ella; fi ren- de per la perfona di coloro, che degnamente l'han proiettato . Cùe però non lafciarò d'annouerare alquanti di elfi ', che illustrata, &ing & hono»a- tamente amminiftrato j al fin di vita vfeendo, con funebre pompa, ^aipf^ ^ nonorata molto (quafi comun padre) da tutti pianto , e i fuo cadaue- fugiio .' io ad nonorata fepoitura fu dato. Simil PRIMO. V^Urtrius L^P ^dovici - ' r?&°ra H^6 r°?f0y l%aatvis *» Imil cofa à quefta,che detto hab- biamo, rac- conta il Si- gnor d'Argétone,d'Oiiuie- ro Barbierojii quale, haué- do più tempo feruito àLu- douico xi.Rè di Fraciajper fapienza di regnare, e per prudenza ammirabile tato appo di lui per la fua virtù diuenne,ch'il Rè ( fra mille forfi, che nella fua cortei haueffe per confegli, e per fede degni)frà tutti nondi- meno quell'vno fcielfe-» Ambafciadore appretto la figliuola del Duca di Bor- gogna : fenza, che altra fia- ta il medémo fu al fuo Si- gnore buona cagione, che della Città fornilìma di Tornai, vincitore ne fuffe. Aeftro Bur- chiello Fio- rentino , fu egli Barbie- ro,e Poeta», famofiflimo. Tenne Aca- demia ne'fuoi bagni, e fcrif- femoltopere, le quali per la nouità dello ftile, e per 1 altezza de'concetti da va- lent'huomini furono com- mentate; In fomma tale fu, chemerkòefferein pregio appo huomini iJluftn: ama- to,e (limato fin da Prenci- pi , e Pontefici. £ Nar- IO L I B R. O . li J i I ; r- 5 ;>r: ./ ! i £^& /. ■■*?/, ^%^^^^^^m3^^miii:.Ai • -', ,'■'/ inizi'!/ / ■.:-:■ .&^M;* ' iti? i ■Ut-'ri ■ ' ■ A , ■ìì-ì:-. ■ ;*■$#' . O (r. •_..'.:■ t4 > <-i '•• •- - ■ -.. -»J. « f . ■ v-,'..V>? *-'% .:• i' • •..- ..«.V •;C!f*o| "- .,.V»T ~ ";.',v.'--! '* ; - _. " * v- > »-■ A -• \ ' V .A,^, Vi i ÌPf, s ÌX ■*■ >v "... : v, :■■/'•:.: ¥:: ,%,>■ • Zi: ir V . '.. '///., ■•■.&*£ ...3 PRIMO. I I -tefri*** l \**it Zq.tr. pro-bug ^Ì4 7 ^*^\ Arra Plutar- t doinAnro- b#K^ ncdelrade j^fósft barbiero di c^&^&^fe' Cleopatra.» Regina dell'Egitto, che per molto fuo valore (oiir^Ia penda dell'arte) fu degno d'amminiftrare le cofe del Regno, con facoltà di do- nare altrui la morte, e la vita , come a lui più efpedi- cnteparuto fotte. RafcriUendo da Ateneo raccóta l'Au- tore del Te- atro della vita humana nell'hiftoria d'An- ! glia i Ch'eftendo per lunga S( guerra vna Città di efla af- Tediata, finalmente coftrec- ti i (Cittadini p vinti fi die- dero j e già lieto il nimico le porte prendea : quando in quefto,fattofi inanzi vn Cittadino Barbiero(che de gno heroe fi può ben dire) co vna fpada nella finiftra, tutti i fuoi, ch'agramente del temerario ardire lo rà- pognauano, generofamé* te nbuttò,e con l'altra nel- la delira il nemico, che con piena mano fopra gli era, folo a rea ftragge mife ; di fé fteflb,e della Patria libe- ratore^ . B a Che 9981 li L I B R O M? tr" i #^3#:3ii£. 31 j -4.- ^ ^-^ ;■-'.■'■ ■* % j i '} ; yrapiVi- ~'3fe«*f" —'3./. _■: • • • ;:Jv/-.1 3'' «.-. •■7' fB tv J3 r- >>■;■&.*■'$ "'^:' ..:#£ .-, ■■-. —'^ '•. ■?<-sl'-*. v~ -''-t:;, v~ ';-, ■' ::;r■ "v..-j_: fe: ; !■ , V, ''%>'■;,:• ' ' ;'.. %& '■' --- . '.v;-:- !^!l: "'"^'■T; '.■■.'tu. , v. '■' V--->.«. ^'i'^JELhP. CI'". ,- „3_^ -"• i-, • ■ ..-^ f/.'»*J3 " * - ■ : 5 . P RI M o; *3 He diremo diCinnamo anch'egiiBar (| btero, quale " a tempo di Dominano Imperadore, e Caualiere,e ricchiflimo quanto qualfiV uoglia Patritio Romano per le fue virtudi diuenne ì Di quefto così fatta- mente parla Giouinale Poeta. Satira i. Patritios omnet opìbas eùmprouocet vnus \ Quo fondentegrauts iuueni mibi barbafonabat. Majtialc anchegli nelle fue Epigramme dice : Quìtonforfueras tota notifsimus vrbe^,, Et polìhac domina rnunerefadus eques. E Già che di raccontare me ritrouo di quelli,che in virtù flati fono ; on- de a fopreme dignità ne fono afcefi (ancorché comproiettori, per al- tro , fuftero di quell'arte) non parmi indietro lafciare la memoria di Licinio famofiflimo tra Barbieii, che daCefare inimico di Pompeo alla fuprema di- gnità Senatoria fu aftunto ; e morendo in fepolchro di (upcrbiiiimi marmi, il fuo cadauero ne fé riporre (come racconta Oratio nella fua Poetica,& il Ce- mentatore di lui ) nel modo, che fiegue dicendo. Marmoreo tumulo Licinius iacet, at Cato nullo, Pompeius paruo. Quis putet efle deos.? JLib.7.Epigr, 54- Vedi la figu- ra al priiTto foglio. ( Et »4 L I B R O mi. :»?'. ■r3?:-> \v'ix>* •** s+. »*?.!"»■ PRIMO. 15 T appreflò Ammiano Marcellino fi racconta di quel Bar- biero nel tempo di Giulia- no Imperadore, quale in_* grado di tante ricchezza afcefe, che domandatole cofa egli poiTedefle,rifpofe prontamente i pottedere_^ giornalmente prouifione per venti bocche, e per al- tre tanti caualli al giorno , oltre il falario annuale,attai buono,& altri gua- dagni eftraordinari di non minor momen- to ;- E parmi in- dietro lafciar l'honorata-. memoria di ! Miller Pietro Paolo Magni Piacentino a tempi noitri famofiflimo Barbiero in_j Roma , quale per fare im- mortale il fuo nome appo de' potteri, con il libro da lui dato in luce del modo del fanguinare, molte cofe nella prattica ne chiarine, che per prima ofcure reità- nano , e dubiofe ; ond e del tofare, e de gli ftromenti al Barbiero necejj ari). Cap. Ili* P RIN CIP11 deH'arti,quando elle nafcono,tutti, per Io più, rozzi, e lieui fono ; percio^he fieguono ette con vgual patto la debolezza , e la conditioni del'Autor di loro, ch'in tutte le fue attioni,come tra certi fini ri dreno,non molto fisa auanzare (dico del- l'humano ingegno) il quale perche con difeorfo pro- IJ&ijyL 'J/W& cede,e le cofe particella, à particella intende i non è ' marauigliaie pieno compimento tutto ai vn tratto alle fue inuentioni dare non pofta ; anzi attai fpettò è auuenuto, & auuie- ne, ch'ettendo in vna età alcune arti,per l'attrui fagacità nate, & hauendo (per coòìdire) fitto le radici j in altri tempi poi, e per altre mani coltiuate, C fono Il L I B R o v 1 tfv ... iVv^'.: .-f . .< ■ V» . ^ PRIMO. 19 'fono dì pattò in patto crcfciute,& han fatto finalmétegratiffimi frutti : che fé •la natura fidìaca quale di tutti è maeftra,£ prima dimoftratrice ddk perfet- tioni, non è tutta infieme nelle (uè opere perfetta, ma con lenti palli, e co'i •tempi proportionati caminaverfo del fine, ouel'è indrizzata : quanto mag- giormente ciò dee auuenire ne*ritrouati humani,che con la norma di quella ii regolante la fua traccia feguono?Al che s'aggiunge,che non folaments^ l'arti,nafeenti già, fono fottopotte a cotali accidenti: ma etiandio i mezzi, e gli ftrumenti, de quali elle fi féruono Ettempii certo io n'haurei di cento, e trulle 5 ma a quefte cofe, pur troppo chiare, foprafedendo per hora, acciò che noia non arrechi; al particolar ne vengo del meftieri, ch'io tratto . Que- fto adunque, fopra molti altri della prima etade hauendo hauuro vari j » in* . . certi,& ofeuri adombramenti di féfteflb,che niuno detto haurebbe, cho pr?ncipìjnT! confeguire hauefie potuto, tanta finezza, e perfezione, quanta hoggidi ha- to il meiiier ucr veegiamo, lafciando ciòjdir fi potrebbe, che nato l'huomo a po.o a pó> noitro ' - co ingombrandoli egli con li capelli,& indi con gli anni da crefeiuti peli nel- le floride guancic, e nel mento; facile a creder mi fa, ch'egli procacciale in varie guife e varij modi torli tal'impaccio, co ne nell'hit'lone riabbiamo del- l'I fole Canarie ; che quei popoli non con altro, che con pietre focali di ra- der fi la barba vforno. Et i Sacerdoti Sabini ritrouorno i! coltello di bron- zo : & altri il vetro,& il filo, che fino a tempi nottri per pelarli, è dif^ombr** te dalie nafeenti lanugini la delicata,e ben comporta faccia hanno in vfo IO molli femine. Eliogabalo ImperadOre fi valea dello pfilotro,compofitione attai cnicace,e buona per far'il mal nafeéte pelo cadere ;che perciò pelatolo volgarmente chiamato diuenne. Dionifio Tiranno (come,che tuttote- mettc)del fuoco fu più ficuro,che dd rafoio ; percioche con carboni di feor* ze di noce accefi, i peli della faccia coftumò mancarfi, ficome narra Valerio Mattìmo, e Cicerone. Quefte,e fi fatte vfanze attai rozze,cjfconcie, furo ne' VaUib. 9. e. primi tempi dell'antichità. Ma in vero il radere col ra(oio,che proprio, t_> x+- commodo ftromento è a ciò fare, li primi,che ritrouattero ( come vuol Poli- fi^.hb. 2.0L doro Vcrgiho) furono i popoli Abbanti, i quali come quelli, che [peffo co' QJei, che la nemici a guerra s'attaccauano, le barbe,e le chiome ( commodo appiglio de' "."[*• & ,l vincenti )giamai nodrir non vollero . Il medefimo auifo hebbe Akfl3idro fauor.Vcóno. il Magno, & altri ( come riferifee il Garzone;) percioche a guerrieri huo;ni- m (oltreché d'impaccio fiano i capelli, e la barba ) effer poilòno-i agione di diuenir preda de loro auuerlarlj. AI tempo di detto Alettandro,cht primo ia barba fi radette fu Coife,fi come Giouanni Rauifio(detto il Tettore ) nella (uà orli ina racconta. Qna! vfo tra Romani l'Imperadore Duo Augulto of- fa uò: e Scipione , il Grand'Africano, anch'egli inuio!abilmente man- tenne. Q(iefti,e fi fatti mille altri furono quelli, che di tofar la ba-ba, & i ca- pei!- prima penforono.Mà perche vfi più degni,e modi p ù gentili evano nel grembo dellarte, ancorché rozza, rilerbati ; prouandofi tuttauia di te nptf. in tempo maggiore la neceflìtà, e'i commodo di radere le barbe,e di toiareih C 2 ca^ci-1 »o LIBRO capelli, ficome ancora apprettò prouarerno. Ecco,che varij huomini per alto ingegno,e per valore degni d'eterna memoria forfero, che con diuerfi ftro menti l'arte,che da per fé nella fua rozzezza ancora fé ne ttaua,variamentc_j Quei, ch'il abellirono,& inalzarono; tra quelli in prima rammemorar m'ha parfo Empe- ""JtedS ^0C^e ^0^or"°>e medico , quale trouò il rafoio, che in latino Nouacula^vìctì dero,c varij detto, forfè perche la faccia bella, e nuoua renda. L'illuftre Cinara figliuola ftromenù ^grippa nelflfola di Cipri trouò le forbici. Egli Fgittij furono,che li pet- "tini recorno ; le quali, chi tra Romani prima fi valette fu Lelio Aruntio . Il ,nerta orecchio (da latini detto aurifcalpium-fecondo Lampridio) fu ritroua- > to da Eumene Re di Pergamo j Parminifco poi lo diuoigò,e per tutto Io po- fc in vfo. 1 bacini, quali noi hota in vfo riabbiamo prima li fabricorono gli Hebrei. Lecocome (così dette tra noi) furono inuentionc di Durazzo cue- co , riferito da Petronio nella fua fatira. Il caldaio,neI quale la lefciuia pre- pariamo, i Ciclopi prima lo formo rno ; li mantici, che gli eftinti carboni de- ttano, dal filofofo Anacarfi vengono inuentati. Il ventaglio, che!! Barbiero, e per rinfrefcare,e per difeacciare l'infette mofche adopra, ad Arfafal Re de" Caldei s'attribuifee ; qual vfo non è da leggiero ftimarfi, pofeia che ( come-» racconta il Contarmi nel fuo vago giardino ) vna di quefte beftiole,nelle na- ri entrara d'Anthioco Epifane RedeH'Afiajdopòhauer vndeci anni regnato, fu a lui cagione d'angofeiofa morte. Lepifcine,ò fonti,che per lauar la tetta in vfo habbiamo, da gli Arabi difeendono. llfapone (come Polidoro Vèr- gilio c'infegna ) da' Francefi prima fu ritrouato. E finalmente lo fpccchio » che tutta noftr'opra,e l'elegantia all'ornata perfona commenda, e rapprefen- ta,dal Diuo Efcuiapio in Sindone i'habbiamo. E ciò detto fia de gli Autori chf dei m'e! della fuppellettile,ch'alla parte della decoraroria fpetta. Trattaremo indi de dicarc varij gli altri, che gli ordegni per medicare,e per cauar fangue ci porfero : perciò modi, & »n- cne non con npflra minor gloria da molti Hei oi delia medicina fiamo Itati porfero. aiutati,e di varij ferramenti arricchiti ; tra tutti per antichica,e per dignità pri- varla*, mo annoueraremo il grande Efcuiapio ; il quale(come Celio Rodigino fa_j i ?P lèi ^e) Pfimieramente trouò l'vfo delle lanciette(chc noi diciamo,con Auicen* meth. na,e Rafi)dallafomiglianza perauuentura d'vn nerba così fatta detta lancio- la ; ma Hippocrate(nel libro de medico)gladiolo l'appella. Galeno la chiamò Craffion ; Ceifo.Paolo,& Aretio la chiamano fcalpello : Albucafi finalmente fempre co'l nome di flebotomo ce la lignifica. Del tafto,ò diciamo fpecillo a noi prouidde Peone; del gammaut, ouero falcetta Archibilione ; della-. molletta,che i latini chiamano volfella il buon Guidone ; del ferro di caute- rij Auenzoar j e finalmente de gli aghi da cucire le ferite, ci dotorono li Fri- gij. Quali cofe, oltre le fopranarrare autorità descrittori, per buona parte_^ l'ho ritrouato altresì con molta kdc referite da Vincenzo Bruno da Melfi de' nottii tempi fifico peritiflimo , nel fuo Teatro degl'muentori delle cofe; doue potrà il lettore hauere ricorfo, mentre per non attediarlo co'l lungo dire, qui quefto difeorfo finifeo • Della PRIMO. ti Della dignità della barba 9 e dell ornamento > tbe reca all'huomo. Cap. I Fi /t> ,--/A^v CS. 01 AVENDO ilfapientiflimoIddioquetVanimalo» che huomo è chiamato, in due feflì, cioè in mafchio, & in femina diftintoi fece la faccia in cui tutto fette- re di etti quafi riluce, ad vno, cioè alla donna tutta,di peli fcanca, all'altro, ch'è'I mafchio, di lunghi velli veftitaj acciò che quella maggiormente mouctte à di- letto l'huomo , per aiuto del quale fu creata , e que- llo più riguardeuoJe, e più riuerendo apparirle à lei, al cui gouerno era prepotto . Quindi è, che difdiceuole alla donna è l'ha- uer la barba, come difettuofo è all'huomo non haucrla. Che perciò colo- ro, i quali proueduti ne fono, e la coltiuano, fanno bene , e conforme à gli ordini di natura fi regolano; e quei, che la fi tolgono, e troncano,ben fono ( à buon'equità ) chiamati barbari, e fciocchi, ch'il preggio di natura rifiu- tano , ò non conofcono . Onde con grandiflìma raggione maneggiandoli Dett9 ^ fpettb la barba Diogene, ad alcuni, che rnarauiglia di ciò prendeuano, e-» Diogene cìr forfi anco le rifa faccuano, volto loto,rifpofe : toccomi fpeffo io la barba». c*l* *****' per ricordarmi, che fono huomo. Per la qual cofa auuiene, che l'huomo nel tempo dalla natura ordinato, priuo effendo dell'honor della barba, fc_j femina egli non è, molto è alla femina fomigliante. Perciò che ò Eunucho farà per forza fatto, ò tanto varrà, quanto Eunucho fi fotte. Perche ( come dice Ariftotele ) à generare non è atto. Così parimente, fé vna femina fa- f^"zAuì rà barbata, quafi perciò huomo fia, tutto hauerà, che l'huomo partecipa: gomcnto." di modo che auanzandotì fopra'l feffo > nell'intendere fpeffo arriua alla di- uinatione : come delle donne di Caria riferifceil medefimo Ariftotele. Furono i Romani nell'honor della barba molto diligenti, in modo che vf- cendo loro le prime lanugini ( fi come narra Alertandro d'Aleffandro ne* gemali, e prima di lui Dione Niceno ) le follenni fette per quelle celebraua- no .'parendo loro, che all'hora alia perfezione dell'huomo giungeffero; quale dalle lunghe zazzare, con che il capo coperto, & ornato haueuano, di non confeguire ttimauano : e però tofandofi quelle prime così pregiate lanctte,& in tazza d'oro ripofte à Gioue Capitolino follennemente confe- crauano. Che forfi perciò di Nerone ù legge, doppò la vittoria della guer- ra cimbrica, in Campidoglio trionfando hauer portato (con nuoua ceri- monta) la barba fua tutta di perle ornata in vna coppa d'oro. Ma poiché di Nerone ho detto non tacerò d'Adriano Imperadore, il quale conofeendo quanto di valore, e di mafehiezza ( per dir così) nella maturità della barba fu de riporta, niun foldato,chc fenza barba fuffe, nelle fue tribù ammetteua. Ma doue io laido Romolo primo fondatore della Romana grandezza, il quale n L I B R O quale (come nelle medaglie antiche fi moftra) in lunga barba, & intrecciata Ci dilettaua d an darc?Lo quale (liie itguédo gli Romani Prccipi di quel tépodn lunga barba,& in maefteuol volto cóparendo,tati,quafi terreni Dij fembraua- Lib.5.annaL no,come notò Tito Liuio. Più dico,che à tanto venne la ttima delia barba^, ch'à quel nome vna'Dea (che pero fu detta barbata) adorauano > come rac- conta Sant'Agoftino nel libro della Città di Dio. Sono flati altri poi J quali b^rba^uL!tant0 banno fhonor della barba caro hauuro, ch'alfifteffa vira l'hanno pre- vita prcpo- pofta. Come narra Alettandro d'Alettandro d'vn vecchioCandiotto di lun- fto * ga barba fornito, il qual ettertdo per alcune acculationi dinanzi al Giudice^ menato;quelli non tanto per ifche/zo, quanto per vera pruoùagli difte,che fé di lafciar la barba fi contentaua, egli della vita l'haurebbe libero rimanda- to : coftui prontamente rifpofe , che anzi la vita>che h barba perder volea. A' tantoTale i'eftimaticne, ch'alia barba l'huomo dàjanzi più veramente,chc Ja barba all'huomo rende. 1 Leggislatori,eprudenti/fimi iureconfuiti anco rì^Turccs" e^ ne l'hanno dato à vedere, quando l'ingiurie alla barba fatte agramente fuiti quanto punifeono. Però quei,che violentemente mettono alla barba d'vn altro le_*> hanno'fruo- mam *vuo* *a legge3cbe l'accufato paghi venti libre doro ai Giudice,e dìe- rito. ce all'accufatore * E Bartolo ne' libri de gli Statuti fcriue ; che s'alc uno tal volta altrui dirforma con violenza la barba , dee dkre g' au^mente punito • ^uemUde pa"- Afi~erma ancora fra più moderni Thomaflò Grammatico , che non per le ba- ce tenenda ijonate in ritta date ad vn'huomo fuo pari altri debbia efter condannato in_* in vfibus leu galera,ma ben sì per tirargli violentemente la barba. Ma poiché dicemo del- Decif.17. ie Pe°c in giuditip donate,non farà fuor di propofito accennarne vna alme- no di quelle,che fuori di giuditio altri per vendetta tal'hora chiede,comfù miferamente vcuio . Simile fatto racconta Plutarco nella vita di Camillo. Reità dunque, che i Bai bierì tanto preggio degnamente trattino,& aH'incórro,conferuando elfi nciihuo- mo tanto honore,ampiamente anco (timati ne vengano>e pregiati. Della P R I M O. Della deformità > e del danno > ctiall'huomo apportano i lunghi capelli. Cap. V. Enche la barba,& il capello per fua natura ap< erti alla faccia deJi'huomo venuftà,egratia,congiunta con grauitade(come ben chiaro altroue se dimoftrato) non è però,che quelli lafciatili à fue modo eref:ere,e fpatiare,moItadifconuencuo!ezza,non che bruttezza, & horridezza non arrechino . Che però fìmili fono alle piante, le quali, fé incolte crefeono, e rami, e foglie per tutto mandano ,fvn l'altro ingombrando , poco belle.e me n vtili fi rendono ; ma da maeftra mano recifè, oltre che-, maggior frutto producono,acquiftano maggior gratia,e bellezza. Non mi- nor dunque deformità , e danno apporta all'huomo il fouerchio capello; come all'incontro, fé con indurire mano rifecato fia, molta grada con vtill- tade produce. Poiché hauendo la Madre Natura con tanta prouidenza la_j fronte,e tutte le vicine parti formate;chi non vede,che troppo i capelli auan- zandofi,quelIe d'ogni parte ingombrandoli, la Oria dd volto ofeurata ne rimane ? Che però narra Gio. Boemo,che i popoli di Galatia auuolgono fi fattamente dietro l'orecchie per su le fpalle la cref iuta felua de'cap ; l'i, che paiono veramente crini di caualio. E le barbe sì folce v e sì lunghe hanno , che mangiando,le minuzzole del cibo cadenti iui rimangono, e pari- mente beuendo per Ja foltezza de'peli malamente su le labbra crefciuti,quafi per afeofo canale il dolce liquor di Bacco tragettano. Come affai bene ha- uerlo intefo Licurgo Rè de Lacedemoni dimottra con quel, ch'egli nellt^ fue leggi commandaua . Che,acciò li fuoi foldati più terribili,e formidabi- li à nimid fi rendc(fcro,ordinaua>che le barbe, & i capelli non fi radettero. E gli Spartani parimente,quando à qualche Magiftrato afcendeuanojimman tinente li radeuano le barbe j acciò più affabili à popoli fi moiirattero, come fcriue Celio Rodegino nelle Tue varie iettioni. Onde è proprio ne' luttijtiel- Iauuerfità,nelle feruitùj&infomma nelle piùgraui fciagure,e rei accidenti,' ch'alfhuomo alla giornata occorrono,con l'incoltezza della barba,e rcbulfa- mento de' capelli,far inoltra a' vedenti,quanto ingombrato ftja nell'interno del cuore,chi nell'efterno tal'horridezza non fchiua^ . Nel Leuidco com- mandò Iddio à Mosè , che i fuoi Sacerdoti nella morte de loro parenti, né fi radettero il mento,nè fi graffiaftero il vifo. E tra Romani ne gli apottegmi, ài Traiano fi legge, che Giuliano Imperadore nella morre della fua moglie per fegno di meìtitia leuò tofto di caia i Barbieri, Il qual'vfo tra etti Roma- ni fu volgato,ficome nìnfegna Sencca,fcriuédo a Polibio nel c.3. Suetonio nella vita di Caligola,e Gioucnale nelle fue Satire. Et oltre ciò racconta nel- lo Per qual ca- gione i mol- ti capelli ap poi ti ,o dif- formità. La Iunga_, barba da fpa uento . La Iunga_ barba tron- ca i'afrabil- tà. Lb jci;. Lelunghe__» barbe fono fegno di me. ftitia , e di lutto . cap. 19.e 21 Nel cap.}. Lib.io.p.i, 14 LIBRO le fue hittorie Marco Torello Sarraino , che per la morte d'Alberto Scalige- ro Veronele (huomo attai infigne, & honoi aro) i cittadini tutti nìc-iii, e do" giiofi per vn'anco intiero fempre di neri panni veftirono,nè giamai raderei veliero Iaba:ba,nè coltiuar'ii capello , Et à ncftri tempi, come da perfone attai degne di fede ho intefo: D.Nicolò Berardiro Sanfeuerino gran Prenci- pe di Bifignano perla perdita di Teodoro, vnico fuo figlio, & herede , per molti anni (benché tacciato, e rimprouerato ne veniffe )con la lunga zazze- ra, e baiba negletta, e rabuflfata, l'interna meftitia dell'animo fuo rettificar volle : fin tanto che per far grafia ad vn fuo vattallo Barbiero,che da lontano paefe per pietofo affetto à vederlo,e riuerirlo venuto era, le mal crefeiute—* chiome , e l'inculta barba, quello à miglior forma reducette, permife^ . D'vn venerabile vecchio latino fcriue il Tarcagnotta, ch'eflendo dato huo- mo ft.rnatiftìmo in Roma, e ben da ventiotto volte per maneggi della Città Laifiga bar- adoperato,alla fine (fi come fpeflb la fortuna fuole) in baffo (tato oltra mo- t* ne° an?e- ^° "dotto»& horrido fatto dall'incolte chiome,e rabuffamento della barba, gno. e vilc,& abietro,e quafi feonofeiuto diuenuto, fu da creditori malamente-^ con barioni concio,e petto . Non folo dunque difformità apporta,ma dan- _ ., no altresì il fouerchio capello: pofeiache certo è,che'l capello è inutil efere- Cano,chap .. , .\ r e, r ., „ r, n porta u foi- mentoli quale quanto più fi fa maggiore , tanto rm e moietta , e grauc— . u barba. Che fé gli alberi indiffcrentemente,& i campi da fouerchi fterpi fgombrati » vna quafi letitia,& alleuiamento fentono, onde attai più verdeggiano, e più abbondantemente producono i frutti, e le biade : quanto maggior mente.; all'huomo di fentimento affai fottile, & ifquifico auuenir ciò dee ? Poiché in tanta felua di capellamenti>quafi in folto bofco>non altro, ch'animali, e lor- dura annidar fi puole: onde i piccioli forami della pelle turandola il varco, e l'vfcita alle fuligini de craflì vapori s'impedifce,e niega ; che però i lenii oc- cupati grauemente, il cerebro offefo, e le parti animali danneggiate ne ven* gono. Percioche nafeono i capelli (come dicono i Fhici ) per ia neceiiìtà del- la materia in quefta parte abbondante,e fouerchia , onde quanto quella più abbonda, tanto quefte più sauanzano,e crefeono. E fé pur troua ia natu- ra in quelli alcun fincch'è d'ornare, e munircnon però ceffa,che corregge- re,^ emendar non fi debba quel, eh e fuperfluo,e dannofo . Contenta per tanto è bene fpettò la natura della riforma deii'a tejn quel che fopra del fuo intento s'auanza. Si come affai euidentemente fi feorge nella materia de gli horti,qua!i inculti iafcianc]pfi,e negIeiti,ìnutili,enociue affai piante ptoduco- no : ma da induftre lauoratore fterpati, e vangati, fàlutifere hei be, e frutti Nel i.de'col apportano dolciflimi,e foaui. Onde bé ditte l'ingegnofo Auerroe,e Rafi an- leuanci. che feco,efìère i capelli in guifa,che i lupini alia terrajpcioche ficorne in que (ta feminati i iupini,d'ogni cattiuo humore la mondano,così non altamente vtilità della i capelli nei corpo humano tutte l'interne vifcere,& ii capo dell'inutili grof- tomra. (ezze efpurgano,& alìeuiano. Ne marauiglia perciò fia (ti vaghissimo, t^> bellitsimogiouane Malorafiglio dd fantiflìrno RèDauideruidrendocon aliai PRIMO. 2? affai cura per tutt'il corfo dell'anno l'inanellata, e dorata ch:oma, nella fine poi di quello con induftria coltiuare la fi faceffe, per torfi ii pefo,che quelli l'arrecauano,e dar altresì ornamento alle tette delle vaghe donzelle Hebree the con defiderio affai molto l'attendeuano, e con prezzo non vile,e baffo li comprauano ; come habbiamo nella facra Scrittura. E veggonfi fpeffo RcSIlbz' dalla tofura rittorati,e rileuati huomini,e donne, che per graue infermità al- Periremo quafi ridotti,e della pallida morte fatti preda,!' vltimo colpo afpet- tando fé ne ftauanoiche per altro rimedio giouamenco riceuere non han po- tuto ; tanto era graue il pefodel fouerchio capello, che loppirimeua. Reca dunqu e rtile, & ornamento all'human comporto il coltiuamento del capel- lo a tempo opportuno da induftre mano di perito artefice fatto, che però f prezzar non è dee colui, che con fua operatione (oltre dell'ornamento) di vita tal'hora,co'I rifecare del fouerchio capel'o,che pefo non picciolo daua» miniftro i (fri caro effer puole al fogetto humano. Deltornamento* che rende altbuomo il tofare , &* il radere la barba» Cag. r.L A natura, delle mondane cofe produttrice* gouer- natrice,hà da principio à tutti gli animali dato noru folo quel, eh e neceffario per la vita, e per Io fotte-- nimento di loro medefimi ; ma tutto ciò anco,che c| per la difefa, e per l'ornamento del co- pò conuene* uole effere ha conofciuto.Così a tutti ha dato qual- che maniera di ripararli dall'aria infetta, come da! freddo* dall'altre ingiurie efterne. Percioche (co-? me diligentemente offeruò Plinio) à ciafeuno (fecondo la diuerfa fpecie,& J^™ il proprio vfo) l'armatura,* il coprimento diedc,io dico le tefte,ò pure gu in adobbara fei,Ie fcorze,ì veiii,le fetole,Ie pennese fquame,le lande corna,i denti,l'vn- ejafcun ani. ghie,& il pcio,à tutti,fecondo richiedea ii bifogno di ciafeuno. Ma l'huo- *-* • mo tutt'ignudo produffe,fuor ch'il capo,& il mento fornì di peli,e di capei- li, sì perche dall'eftranee cofe fulfe difefo; com'anco per fuo ornamento, e per fua vaghezza . E l'ornamento è così Angolare* così grande, che Lcn- ? per orrìJU za effo.laido in vero,& ingrato alla villa farebbe. Laonde non è marautglia, ™ét o, e per che veggiamo tutto dì,chi il ciuffctto,chi il lungo arrechi la zazzera,e chi all huomoil i pendentif crefpi crini iafeiarfi ; con tante,e tante diuerfità, con quante^ capello. giornaIméte,fecódo l'vfo de diuerfe nationi,e popoli fcorgiamo. Quell'or- namento però, e quefta copia di capelli, fé non fono etti con arte regolati* RieWedefi compi eflbruttezza, e faluatichezza, oltre che anco danno, recar poflono . artificiate^ Perciò ch'effendo .1 capo dell'huomo piùhumidodi tutti gli altri animali, ^™ à lui per neceftità più abbondantemente, e fouerchiamente ha da creicere il pelo, r D pelo *6 LIBRO utmT' pelo, come notò Ariftotele. Quindi è auuenuto, che con temerario modo crefeendo il pelo, e non fenza ingiuria della bellezza, e della maefta del- Neceflìtà l'huomo ; ha l'humana induftria con l'artificio ii modo di limitarlo, per lo def aSte- raczzo delI° Barbiere, ritrouato i il quale primo* folo lo ttudio della mae- 10. (Iranatura imitando* feguendo, che belli,eriguatdeuoli farci diuifa,qucl ch'efla non fa alle volte, per la raggione,ch'i naturali fanno, egli à tutti mo- , mo di con la mano correggitrice ripara, e modera. Il quale fine intendendo i n*,eP»tu. faui, e quei, che le leggi diedero à popoli, tutti in diuerfi modi tal vfo tal; to'de Bar- uorirono, & approuarono;fi come apprettò moftraremo. Anzi ,fepurfa* ttSuffèdi voltaauucnne,ch'alcuniMagiftrati larafura,e'i tondimento prohibiflero: segnanti ia- quella come legge al tutto ingiuria non è ftata giamai da popoli rice- uomo. uuta,ficome leggiamo deRodiani, i quali hauendo per legge hauuto, 1 *oduou cj1'à niun modo fi rad; (fero ; etti nulla di ciò curando, quafi dal douere for- tificatila mattina feguente tutti con Je barbe rafe comparuero in piazza^. iddio lituTi* ^ja (oe dico io de gli huomini módanRL'ifteffo Dio par che da'primi tépi sì TSe'to gfato mìnifterio difponette p bocca de fuoi più cari amici* Sacerdoti,come Profeti ho- furono Mosè, Ezechiele, e Geremia, in quella maniera, che noi prima nel norir etc * caP° * ** d* qwefto prefentc libro propollo habbiamo . E Pietro Apoftolo PictwApo- difcepolo di Chrifto Signor noftro,Prencipe del Senato Apoftolico* Capo itolo. vifibile della Chiefa fanta queft'ifteffa traccia feguendo. egli anco volle in fé medemmo la rafura approuare. Dimoftrandofì in quetto modo, effere da tutte le fupetfluità* cofe del mondo alieno. Et oltre ciò,perche vgualmen- te à fuo tempo giuano huomini* donne criniti, ordinò ; che gli huomini fi troncaffero i capelli, e le donne col capo couerto, e con le gonne appariffe- Lib.j;capj. ro,come teftifica Gio.Boemo nell'opera più volte chiamata. Onde Paolo $.paoio. kntQ ^ yaf0 d'ciettionejftando nel porto di Corinto, benché prima la lu nga zazzera nodrito haueffe, a tutti modi il caluitio fi rafe, come ampiamente ljb.4-c*P*' racconta Polidoro Vergilto. Di coftoro le veftiggiafeguì anche Papa Ana- An»cicto cjelo ptimojdopò Ptetro : il q Jale fecondo il precetto dell'Apoftolo, ordi- Epfft.'«»ad nò,che niuno d'ordine facto ornato, nodriffe la zazzara. Similmente Mar- Corin.c-: *» tino primo ordinò à fuoi della Chiefa, che ne barba, né lunghi capelli por- MartmoPa- t^t[0 L0 fletto confermò Aniceto primo,dopò S.Pietro il duodeci;no,{i Anicetopa- COme appr*fio al Platina fi legge. E Pietro Lombardo Vefcouo Parigino pa-» • m_ nella iua Diocefe ordinò,che Preti* Monaci tutti fi radeffero. In fomma è tardo. qucft'vfo da tutta la Chiefa* prima* nouellamente approuato;come a lun- c.cienci de g0 (j pU0 leggere ne' Decretali per cofìitutione di Gregorio IX» & Alenan- ti1 *hon< * dio III.doue laChiofa vuole,chefia(communicato chiofaffe di non obe- dire . Et appo de* profani Prencipi è (lato qucft'vfo di raderfi,parimente—» Caio Cefa- otteruato. Pofciache Caio Cefare primo Imperador Romane (come narra fe impera- Suucnio)del radere non contento ; per parere più vago,i peli diradicaua dort-;. ^1 irento, non che radeua. La qual cofa alla giornata gli refe poco hono- ©uonc_>. 11 ; e da bueni fu di ciò fopra modo motteggiato. Ottone anch'egli era-. molto P R I M O. *7 I Pi enei pi della Ger> mania. LLI>.i$. hid. VitoldoOu- ce__». Lib 4, cora, rrtehtar. molto follecito a rifarli ia barba,di modo,chedopò rafa la faccia fi l>niua-» con ammollirò pane le gote»ScipioneAfiicano,come di fopra detto habbia- Seziono mo,non iafeiaua pattar giorno,che col rafoio iabarba non,repoIiflfe-/.U grà- A£~ao0' de Sforza Duca di Milano (come teftifica il Giouio) anch'egli giamai veder sfo "x^*. non fi faceua,che col rafoio la barba ornata, e concia non haueffe. I Pren cipi della Germania (rifetifceCranzto) che nell'anno 1481. mandarono per diuerfe parti dei mondo lettele à molti, con forbicini dentro rinch ufe, perfua iendo tutti à troncar^ i capelli* Percioche cofa difdiceuole ttima nano lunghi portarli ,e da molli femine, non da virili* coraggio^ rnafch . Viroldo Duce (fecondo ci porge Enea Siluio) tanto diletto pendeua del rader fi la barba, che vna volta prouatolo, commandò, che tutti gli altri fo n'ailenettero ; dicendo,che ciò à lui foto cOnuenìua . É finalmente alla m j- moria de noftri Padri, il D.uca di, Matheda ( all'hora Viceré di Cicilia ) per n Duca Mal fommavaghczza,ch'eg!i hauea della coltura dellaba-ba>, con vn pettinino cheda. d'auorio Ipeifo per camera a' peli attaccato fi vedeua. Scongeli dunque dal- li già raccontati effempij, non minor'ornamé\o re are ali huomo il co-du t~ méto della barba, e de' capelli, di quello , che nel-e delicate, dopne.faccia «1 trefeimento di etti nella tetta i mentre poi nella vagh zza deli àuuol^er'gli, & inanellamento, & intreedamento lo.o, la vaghezza, e madia del volto ne riluce^. .■■^■y-, • irlv •V ' ...... . Della diùerjttà de' captllamentì', e delle barbere dellagìufia , maniera come debbia w coftumarH Cap FU. :f)fj>. Sfendo (come ciafeuno vede) vno* folo iì noftro fine del radere, e di tofare, come è il torre il foprabon- dante pelo » sì per l'vtilità come per l'òrnamento,af- fai (fuor d'ogni ttima) numerofe fono fiate tempre^, & à quefto dì anche fono le guife, e le maniere dado- prare vn tal meftieri. Laonde in tante, e tante, che ci fi parano innàzi,ragioneuol cofa è, che fi determi- ni , quale delle molte finalmente pender fi debba-. Penioche ddk ttrane nationi i'vfo,& i modi fono diuerfii co.ne de gli huo- ^ m»ni vane le voglie , & i fentimenti differenti, & affai bene fpeffo contrari'! humori d« fono. Onde a rame innumerabili* ditte! enti vfanze,conuèneaòì tetHino, f^t°™Ìn!; e norma coftituir 6 dog' ebbe : quale chi non offeruafTe, dal dritto delie—/ mani,r". d] v re regole d>f ottarfi per comun parere fi deteiminaffe.Primadunqu^che tofare. noi ofia.no di determinare qual no^ma fi debba feguire, habbiamo iti nato ró effer fuor di propofito il'riferir le maniere diuerfe di radere* di rofa*^, the Lii'hou fono fiate.Onde l'antiche memòrie ripetédo,pàrrci,che qt>a\e Infiniti gli D fono is L I B R O prima dì- fono de] m0ndo le Regioni,& i pacfi, tanti parimétc fiano, e gTi habiti, e gR tofar"feC6. vfi de' capegliamenti, e delle barbe differenti. IGreci tutti (non folo a do le yayie tempi noftri, ma ctiandio ne gli antichi) goderono d'andare tutti ba bati, e vfo deGre- criniti,che perciò da Homero furono chiamati di quella nudrirori. E Ltcur* ci. go fé legge,che niuno fi radette la barba. Pei cioc he dicea,ch'à belli accrc Ice- uà ornamento,^ a brutti, controdel nimico, fpauento. Qual'efempio pi- i Romani, gfiando gli antichi Romani*ome riferifce Tito Liuio,Ia lunga bai ba con le S>Cf *m'J lunghe vedi a ccompagnauano j sì che tanti Heroi fembrauano. Il contra- rio vfano i Turchi ; benché quei d'alto affare, pur della barba fi dilettino. E ciò appare,da quel,che il Giouio racconta di Selimo, il quale la barba fi I Turchi. tolfe,temendo,che da' Bafcià di quel paefe per cffa dimenato , e tratto non CU vngari. futte>come a fuo padre adiuenne . Così anco fanno i vicini Vngari, i quali niente della barba tenédo, tutto! moftaccio fuperiore d ferbano. Qnei del- CiiAfiatici. l'Ada (come narra Gio.Boemo) lunghi li capelli, fotto vno fcoifieuo com- porli portandola barba tutta fi radono. Il qual modo di portare i capelli non è diffimile da quello de gli Vngari ; benché quelli prima onti, gl'intrec* cino pofcia. Similmente lunghi capelli infino alla cintura (quali per velie) Indiani. portano,ma con poca barba. Quei d'vn paefe dell'India, detto Chioccora* e quei dell'Ifola di Santa Crocce della Florida, e quali tutti quei popoli , l'ifteffa vfanza tengono . Nella Prouincia di Nicaragua così lunghi i capelli del corpo coftumano,che con quelli le loro parti più vergognofe auuolgen- do (mentre per altro ignudi ne vanno)in luogo di veftimehto,ficuoprono. GliEuboicì I popoli Euboici portano le chiome dietro le fpalle, perciò fono detti da^ lib.4. Qrecj Opiftocomae,come riferifce Celio Rpdegino. Da quali niente difcor- I popoli danoipojpoliMachi,deIlaparudeTrìtoniahabitatori. Aquefti poi oppo- Machr. (li fono gli Tartari, quali radédofi la parte pofteriore delia tetta, iafciano l Tartan. qUCj|a della fronte capegliata,intrecciandola in modcche fopra l'orecchie^. ILógobardi l'auuolgono . I Longobardi li capelli delloccipitio leuano* quelli della fronte turbati pex la faccia,fparfi cader fanno. Dalli già racconrati diuerfil- 1mIc̰U ^mo a^a* ^ ^ couume de' P°P0lì Maci> quali la delira parte intatta ferban- do, tutta lafiniftra tofane Piaceuole molto è quelfvlanza*h'è tra popo- I perfuni. li Perfiani ,i quali radendoli la fommità della tefta,lunghi Iafciano «li altri Africani, capelli. Così anco quella de'popoli dell'Africa del mareoccidenraie^, i quali al contrario lafcian do i capelli lunghi nella cima del capo,il rimanen- te tutto tofane Quefti,& altri coftumi tra diuerfe genti affai vagamente^ legger fi potranno appo Gio.Boemo ne» libri de'coftumi delle géti. Lafcio anco gli altri molti,& eftraordinarij capricci de popoli,che nel lutto fi tróca- no i capelli. Tali fono i Greci*ome riferifce Euftatio* gli Hebrei,come_j moraVi dicc S.Gregorio*-de gli altri, che nell'allegrezza ciò fanno ; Tali fono gii Egitti)» come fi raccoglie dalla Genefi per Giofeffo Patriarca, il quale fpru cap.41. gionato,totto fi tosò i capelli. Ma di tante* tante diuerfe maniere del capellamento fra le genti vfatc, che^ Da tutti gli altri diu erto 1 tofare. Politezza, adorna. ento tra PRIMO. t9 che raccontate habbiamo,diuerfo altresì molto a tempi noftri il comun o> t fiume è di tutta qua(HìtaÌ!a,delia quale vna patte noi habitamo. Tàque- altri a-menu Ili coftumi tutti,qual fia l'ottimo, acciò rettamente giudichiamo, porremo ') c1°rftu,m* . . * -* i i ' i ^ • j- • x 4> ■ • o • j !• deglltaha- pnmieramete mira a quel eh il Samo dice,cioejch ogni attione,& ogni deli- ni. beratione dal proprio fuo fine fi determina. Il fine dunque, per lo quale—> i capelli, e la barba noi refechiamo, e coltiuiamo, doppio viene (limato • II f}"'^"' L'vno dell'ornamento, l'altro della politezza. La politezza è quella, che^> c°dC mondi,e ichietti d'ogni bruttura* fordidezza ne rende. L'ornamento poi Pfì di molto diuerfo vfo è j poiché quefto è trouato folamentcacciò più aggra- *cr deuoli alla vifta* più fefteuoli appariamo : di modo, che quella all'vtile, e—» fé fteffi affai quello ali'honefto ha riguardo. Ma quali etti fi fiano certo è, che contrarli J,""^^ fono,almeno quanto al modo d'operare. Percioche fé politi folamente—» rij finì. effer vogliamo, niente per auuentura a veder cari,ò piaceuoli alcuna volta»* faremojcome all'incontro,fcornati diuenire,& apparire bramiamo non total- mente politi faremo. Percioche l'ornamento per lo più con l'abbondanza accompagnati, e la politezza all'incontro fempre con la fcarfezza del pelo s accoppia. Così vediamo i vecchi, e le più abiette perfone (eh all'vtile-j molto più,ch'all'ornamento badano) rafi, e tonduti fin pretto la cotenna»,, andarfene ; Et all'incontro prezzar la barba,& il capello ,gli altri, che vaghi apparire amano.Onde la politezza pofpofta,del ciuffetto* della barba com- pita fi diiettano. Di modo,che fempre per lo più diffentifeono, & in con- trario vanno quelli due habiti. Si che da quelli raccontati vfi volendo vna Perfettanor perfetta forma* norma fra tutte l'altre ftabiiire (lafciandogli eftremi,che-» ™* tra gu vitiofi fono) il mezo approuiamo. Perche etto folo all'vno,& all'altro del- fa cpoiuecz1.' li due fini di (opra affegnati può fodisfare. Lafcinfi dunque le lunghe zaz- za.e dell'or zare,& i ciuffetti; lafcinfi de i capelli l'eftreme rafure.ò tofure: non le lunghe, n^cdn0tojel non le rafe barbe approuiamo ; ma per le zazzare iafeifi nel fine del capello tormento vna falda alquanto alta, sì che da su in g:ù a poco,à poco manchi : e per Io q^tencrfi ciuffetto facciacene fopra la fronte con giufta* proportionata mifura d'ai- po *' to a baffo feenda umilmente il capello. Delle barbe poi il mezano termi- Modo delie ne riceuiamo . Cofa ch'affai meglio il giuditiofo effeguir potrà da fé (letto, barbe me, che noi con parole affegnar h polliamo. Tutto che hoggidì moltifìimi fia- no in quefta Città,ch'a quell'idea affai pretto s'auuicinano. Quefta di tut- te le già dette queftioni la più certa regola (a mio giuditio) poter darli ap- parenza però,che molti del fuo capriccio* del fuo appetito amici.fecondo quello più etti godano , debbano effere fatti contenti ; mentre vaga anco fi rende per la varietà de'coftumi* dell'vfanze la natura ifteffa_#. Del 30 L I B R O Dell'origine della Corona Clericale > e della pràttica di farla. Cap. Vili. Etto è già a baftanza di quella maniera di tofamento l ch'a gli huomini di commune vita s'appartiene^. Quella partedunque*'horafiegue,farà per Relù?iofi, e Preti, ne'quali vn'altra diuerfa forma, (cheCiìicri- ca, o pur Clerica vien detta) fi coftuma. Di quella, percheè non poco malageuole,& ad ordinare traua- giiofa, quanto poffibil fia più chiaramente di ragioJ nare, m'affaticherò;dando a nouelli profeffori del- l'arte nuouo modo di tegolatamente formarla .lenza che niuna emcn la ca- der vi pofta . E perche quefta non è vna medefima a turti (variandoli fe- condo la diuerfità dettati, e de gli ordini ddi'EccJefiaitichc perfon ) diuer- (e* difiìmili anco foime ricerca.- onde accioche la vera rag one di clT;* del- fvfo patimcnte s'intenda ; non alieno ftimo, ne fuor di propofito, le di.'un- Corona de gandofi (ma profitteuoimeme) alquanto; dell'orìgine di quella, e d'altre-» Prmaquain? L0^e s* ^attc primieramente trattiamo. La Corona dunque de Preti (fé ve- tiodotta, & ro egli è ciò,che dicono alcuni) fu per nota d'infamia ritiouata. Percioche in quu. mo predicando in Antiochia l'Apoftolo Pietro la.Fede CathoIica,da empi huo- mini, e delia Legge di Chrifto difprtzzatori, rafa gli fu del capo la fòmmi- tà,accioche per J'inufirata tofura, fuffe da tutti gli altri bruttamente f her- nito* burlato. Condotta cofa che tra Nazzareni ogni rafura per aliai biaf- L>b.4cap.a. meuole era tenuta^ . Né meno tra Longobardi, & altri (come di tutto 'ticnenUdciie Cl° & teftimonianza Polidoro Vergi io) che con l'hiftoria d Archiperto Io cofe. conferma ; percioche hauendo qucfti per forza occupato il Regno, radere fé la tetta a Rotari Capitano , the fauoiiua Limhperfo fanciullo rcalc^ . ara ìp.c./j ^ gji Ambafciatori di Dauid , quali mandati haueua ad Hanone Rè degli Ammoniti pcrconfolarlo della morte di fuo Padre Naas(Gniftramente_> interpretando egli tal vtficio,menrre per ifpie non per ambaìtiatori li prefe) i capelli, e le barbe fc iaccie, e le velli infino alle natiche fondare, e così indietro khcrniti li rimandò ; onde nacque occafione di fanguinofa guer- ra ; e fugari, & ammazzati caderono molti dei popolo de gii Ammoniti. A' noftri tempi mencre per misfatti i G udiri li delinquenti alle galee^ condannano, quelli e dd capellamento della tetta, e ddìz barbe oralmen- te rafi gir fanno. Cotale fcherno adunque ali'Apoftolo San Pietro da que- gli ( mpi temerariamente fatto(come s'è detto) volendo all'incontro (fecon- co the riferifce Beda nell'hillone Ecciefiatti he de gl'Inglefi) i Padri della», Komana Chiefa leggiadramente rintuzzare,ferono decreco*h'in honorem toruaiTe Rafun, che era (cnerno conue fa ia hj.ijii.ua. P R I m o; 51 tornarle dcgl'ingiurlati, e folte loro per fempre in luogo di real diadema^, e di Corona. Come la Croce, che nota d'infamia per prima era, e luogo doue i misfattori opprcbriofamente moriuano i ornata poi dal fangue pre- tiofiflimo* motte di Chrifto Redentore* Signor nòftro,che pendente in-i quella per noftra commune falute vi Metterti per decreto di Collarino Im- peradorc eleuata per fegno di gloria, e di trofeo de Chriftiant contra d u Chierica. cofe del mondo, perciò di qucfti douendo fcarrichi mofirarfii Religiofi, quelli fi radono . Altri (come S.Gregorio) che i capelli del capo dimoftra- ^,b-r Eplft# no i penfieri fouerchi di quefta vita* perciò conuengaà tondo fgombrargli, comei'inutii'aeiba. Quefte della Chierical Corona furon da prima le ca- gioni ; la quale Corona (come io diceuo) variamente da varij fi coftuma_,. Forma- *-» 1 Prelati ampia* grande la portano ; di minore giro i fempiici Sacerdoti ; dcTzYfddìu più piccola gli altri, che folamente hanno gli ordini facri ; piccioli {urna final- Cmcrìca. mente quelli delia clerica! tonfura,detri, e de' quattro ordini minori. Anzi che in diuerfi paefi, e tra diuerfe genti di varia foggia s'vfa tal legno. Gli Orientali ( per teftimonianza d'Ofoao ) portano pei Chierica vna Croce à quefta guifa formata.». Fra i Giorgiani(chepur Chriftiani fono) quelli del Clero la Chierica rotonda, e sferica portano ; ma-« all'incontro i laici Ja fanno quadra. E di quefte-» cofe f tra cento, e mill alt*, che fi leggono^ a ba- ftanza per hora detto fia ; fodisfacciamo fi oene a coloro, quali l'arte di ben rniniftrarc tale rafura defderano. ; Due cofe a me pare, ch'in quefto affare prin Quaìcdè-» cipalmente fi ricerchino, l'vna il fitd'altra la ro- ^Jj^ tondità perfetta* sferica a guifa d'vn'hoftia, come riCa ii nchic auertifee Martino Viualdo . L'vna* l'altra circonftanza,accioche ben'opra-, f^uìjbt ta,& esercitata venga dall'arteficejdourà primieramente auuertire, che ciò aureo"mui! opri al lume chiariflìmo* pei ò quello del Cielo è il migliore* fuo proprio. expUnatio, In rariflìme occafionì quello della fiamma approuiamo: e quello del cielo, j^*^™ acciochebene*commodamentefetuà,batter dourà dirimpetto al mezo Auuertéze. del capo.che tondar fi dee. Perciò quefta parte in talmodo al detto lume fi *on^[|J£ volga,che fia dal medemo tutta illuftrata. Intanto l'huomo*he fi tonde^>> bicro nei ut a niun modo fi torca, ò fimuoua ; ma ritto, & immobile fé ne dia, a pena-* l* Chierica. quando fia neceffario fputandeò con la mano fregandofi,non che mirando in quà,& in Ià,come molti mal'accorti fanno . btil Barbiero non tanto fo- pra del foggetto s'approdimi, ch'il giuditio dell'occhio fi peruerta. Per- cioche ii fenfibiie approfiitnato molto al fenforio non fa che s'intenda (co- mo ■-> 3» L I B R O me dice Ariftotele.) Meglio dunque alfii il giuditio prenderà difeoftandofi alquanto ta!uolta,accioche la rotondità contemplar pofta della figura, a gui- fa di perito Pittore, che formata vn'imagine, vagamente quella alquanto di dif cito contemplarcelo fé parte in effa fcorga*he d'emenda fia degna,pof- Stromento fa con accurata mano correggerla. Con l'occhio dunque fquadri l'Arte- iIck iterali **cc* conn™»& i termini della pianezza del capo trai termini d'vna orec- ni deiiL, chia all'altra, e dala fronte fino al collo. E fé pure tanto all'occhio noiu -Chieiica. confida, le mifure, cViftrornenti adopri , come nella feguente figura di lenti fili d'argento formata(iyedew,. f . OVi'j ■\rtt Quale d'vna partecóncaua, come à punto la palma farebbe del/amano; mezza aperta , e mezza chiufa, è dall'altra poi conueffa, acciò commoda- £°^to ™™f*dm** fl P°ila- A ntrouarepofcia il centro (acciò nell adattar dell iftromento errare non accada) primieramente con vn naftro di feta à tal meftteri deftinato, la mifura in lungo di tutt'il capellamento ( comin- ciando da mezo la fronte infino alla fontanella della nuca) giuftamentej prenda. Poi rilegando Ja detta f «uccia in modo.che i'vncapo dal confi- ne della fronte per mezzo Ja tefta verfo la cima Ci diftenda, auuerta che do- ue l'altro eftremo fi terminaci farà il centro giudo del capojfopra del qua* le con vna picdolaforficata fatto vn (egno,Pa!tro centro del già detto ft o* mento giuftamente collocando,facdmente ano la rotondità* l'ampiezza che di meltier fia (fecondo i diuerfi cerchi) offeruarà. La qual cofa e ommo'- damente fuccederà,fe vno di tre cerchi,ch a torno,à torno, fe*uédo va con k puntine delle forbici circuendo, il capello leggiermente troncherà Cola in vero , che con cento altre mifure a pena, anzi che malageuolmenl te, e con molto ftento, e tempo confeguir non fi potrebbe. Defilata poiua, e circolata a tal guifa Iaia della teftai facile ,& efpediro fia il ri- manente—> Va!ore,& eccellenza del detto linimento. P R I M O. '3 3 manente feguire con'le forbici, ò pure col rafoio, i capelli del mezzo della sfera toghe n io. E fé pure dilficultà, òfcrupolo alcuno (per dir così) al- l' Artefice rimanelfe, fc alla vera rotondità sferica peruenuto egli fi fuffe—> udìefformat della Chierica, potrà con vn compaftetto in ciò deftinato trai confini di quella aggirandoti, del difetto auucderfi ; per darli la deuuta_. emenda. Ó pure con l'ifteffa forbice tra' confini nell'interior parte mifura- re, non che voglia nello centro pofarfi,per aggirarti poi nella circonferen- za ; che ciò troppo affettatura farebbe, e vana;mentre facile al giuditiofo,& auueduto Maeftro farà con l'occhio ifteffò del difetto accorgerfi j ch'c quanto di formare lachierical tofura poter dire ho (limato. Lafciando al- tro dimoftrare della rafura de Frati, ò pure Monachi (che noi diciamo) co- inè di minor artificio , & affai meno fatica; oltre che offeruandofi il purga- tile il meno oprare fia. Ma quando pure alcuna difficoltà a' nuoui dell'ar- te occorrelfe nel formare quel filo di capelli, che li Monachi dell'or dine-* di San Benedetto portar veggiamo; con vn laccietto di ftta circondandola ttfta potranno con le forbici in giro di quello li capelli rifecare, che d'intor- no li ftanno;all'ifteffo modo,che del formar della Chierica detto habbiamo. £ così dell'vna* dell'altra figura a baftanza hauer dimoftrato (limiamo. Ben- ché fouerchi io ciò da perfòna troppo perita (t fecondo il comun proucr- bio, di nafo affai purgato,) pofsiamo effer chiamati • Ma fé il defiderio ap- prenderanno, che di giouare ai più potàbile la giouentù di tal'artc vaga^ hauuto habbiamo j ifeuferanno fènza fallo, e ia fatiga, e la briga parimente prefa per dimoftrare al viuo,cofà che, (fc bene non totalmente^ è niente di manco, nell'arte neceflana. Mentre non fenza rife giornalmente veggta-' mo li brutti errori da noueili dell'arte nel formare della Chierica fi com- mettono. Della corìefiaycVà Barbieri'conuiene. Cap. I X. Ra le molte conditioni, ch'ai Barbiero fi richiedono^ vna ve ne tra quelle principale, e fommamente da-* commendatili la quale (''s'io ben m'auifo^non mai | da elfo fi feampagna, che difettofo, e mancheuole ' a veder non fi faccia. Queft'è la correda (così com- munemente chiamatau>AItrimente,humanità, ò curia- litadettadal Magno Agoftino Nifo.Virtù(per certo,} i„ tracine. . fempre* non mabtibaftanza lodata,& a noftri tempi *« aulica^ ^quando la maniera del trattare più fi rimira,? oltre modo ftimata,& aggra- dita* fopra tutto magnificata,&e(faltata dalgran cerifere deeoftumi Mon- fenor delia Cafone! fuo il Galateo. Ondeneccflarijirtma^cpme vtiliflìma, £ eper 34 L I B R O ta eoa 1 ar ,te del Bat- biero . Onde auue- ne ch'il Bar- biero ameo fia del Cor- tegiano. e per tutto Ifequentifsima fop^ra dell'altre virtù ciuili quelVàppare-i • Ma chi è coluijch'il valore* la forza della buona creanza non fenra >e non ■apprezzi ì certo che huomo dir non fi puole; mentre per fua natura, coi me il grand* Ariftotele afferma, è l'huomo animai fociabiie; che però man* cando in luilaciuji c.onuerfatione,creanza* córtefia; confeguéza fia necef* fgiià à dire j che le manchi altresì di poterli propriamente huonn chiamarci certefiaaf. Queft* dunque, feomio diceooj al noftro Barbiero è così propria* necefc [*} ^"IT faria>ch'a grati pcna,può bene la fua arte fenzaiei.efkrcitare. Anzi l'iftefs'ari te da primi fuoi principij, e quafi dalle culle (ptx dir così,) con la medema* e nata* crefaiuta appare. Pofeiache s'ella nelle Corti de'Grandi* de'Preo> cipi hebbe i fuoi primi alleuamenti; & in quelle fopra modo fi veie,norì che e-fier^àtaimà nata,& originata la eortefia* delconuerfar'* pratticarc ; c&k quefta dunquecrefciuta,anzi che nata*nudrita fi vede l'arre del Barbiere* Lo che affai meglio anco chiarite* la fomiglianza » che tra Barbieri, e Corte* giani in quefto particolar'occorrer fi vede. Percioche qual'è il fine,* log* getto del Barbtero nella fua arte, fé non la politezza , e l'ornamenro del* l'altrui perfona / E queft'à punto* non altra il Gortegiano ambifee* cura ; W maniera che quella l'ornamento porgendo*-quelli in quefta trouando* lo>non dubbio jfia, che fra di locò fortemente a ftJrrngere, ci ad amar s'hab* bjano^. Perciò non rfbtiza gran raggiane f come altro uè ho detto,} il Di ud ^aufto* mcfl^'altri si fatti grand'huoraini,ditutt'il neceffario per l'arte del Ìat&ero nelle lor Corti fi pròuiddera. Quindi è eh'il Barbiero non altril tpente^ch'il Conteggianopiaceuole,ecortefe con ciafeuno eilèr debba., * ÀttedeiBat Che fe^uefta sì rara virtù ciuile neglialtrt artefici limata fi vede ; anzi ch£ nìtSi^n- %#** $ueJkau*Tà hauer fatto , e. guadagnato giiadseana ; quanto maggiori genua, e li- mente nell'arte del Barbiero ftimata,& apprezzata efler dee ? Non per lo vH guadagno la fua piaceuolezza muta,nè della fua opra, (come gli altri viano) patteggia. Percioche né mercè;, neprezzo alc^nq richiedr*ìl tutto nell'al- trui eortefia riponendo. Madouègli^Itn au^^ de i loro lauori effere a pieno rimunerar?, còme quelu Vcfhe men degna cofa danno, non giamai i Barbieri. Mentre (com'alcre volte detto habbiamo) okre-> ehedà"Maé(fà,e iahatfuà bèlkkzaàli'huomò rendono, riportano anco fpe- ditlméxccon opportuno falafiò la fanità* larvitas con cui niuna dell'altieJI cofe fi può paragonate, e prezzare . In oltre (come da prima 1 untamente dimoftrammq) dipendè quefta sì nobil'arte da più alta origine dell'lltro* fciTMed - Pofciàche foèto la medicina militai* (r comprende: la qual ancor elia a que- cinafetteC ftj prezzinone legati;; ma «un» daliuo primomfcimento(fe crediamo a 45&iP£rf J^rógnordiGueùàtfX* cosiJi5épre^rbcédè,che l'vn l'altro ne' bifogni per 4ie:eosi rat,: fol'amore gratiofamentè fotiriNIffei^ Lo qualeftile feguì anche il Coò Hip- b!oro!c££ t*W*c>lc -'Pwfeitedi gran premlj del Rè Artaferfé aspreggiando. Et il iottitCrifippó tragh:Argiuispetta mèdemma cagione fu in gran pregio tenuto * Ma qu^fe^Goftuak Unxpmà&po) Erafilbaco per -auuUhtf ••■ ■* * J deb- berai Onde auuie ne, ch'il Bar biero del fuo laujro non patte- gia, né con- tendi.^ . *Nellib.j. delle fue_j Ietterei. In qual eui di quella e propagine » P R I M O. 5< dell orapoctolida Tolomeo (per la cura d'Antioco fuo padre, la medicina a prezzo vendendo) fu da Greci condennato a non mai più,né efto,nè altro de' fuoidifcepoli la medicina efferata re; in modo che per molto tépo quel- la fi giacque, e negletta fé ne (lette. Ma fé pure alcuna mercè al Barbiero nb. Tufcui. soffre,* ei iariceue,ad ogni modo quefto dee feguire ; affinchè (come ben ^ortc* dice CicetonQé)Honosalttartes: Nè,fenzaqueft'vfficij,lafeambieuoi'ami- neondTpu ftàciuilefi potrebbe conferuare ; oltre che nellafteffa maniera anco* non «re.cn'iiBar- altrimente col Medico fi tratta : di cui noi imitatori, e fèguaci, anzi che Vi- zo nceua"" xarij fiamo,com'altroue habbiamo detto. Tutto ciò dico,non perche lode Eiforcationc la mia profefsìone riporti ; affai per fé ttefla lodata. Ma ben vorrei, (e così *Barbicri* .priego i mici comprofefìbri) ch'affai bene mirino al pregio dell'arte* nien* te fé (ieffi defraudino de' propri; honon . E fé a ragione fiamo polli fupe« fiori atutti imaeftri di quàlfiuoglia manuafofficio, per k ragioni altrouo cfpofte, non vogliamo noifarci ad ehi inferiori ,ò pari per l'auidità* deu- terio del danaro. Anzi per maggiormente quefta virtù della cortefia pa- Jefare, e per piumati tenderci alia Diurna Bontà, ch'a tale flato n'ha folie^ iiatj,più,e più a (e ftefio Io fprone ciafeuno aggiunga, accioche ne' graui bi- iogni il profumo aiti ; e ncll'occafioni dell'infermità, quando più ci tocca-, benigni, e cartteuoli moftrarci, follicito affai, & affabile ogn'vn fi renda^ . A gli ammalati.dunque con tutto il cuore ptonti corriamo, & alPhore de- terminate affidiamo ; con diligenza il feruitio dell'arte effeguendo ; con pa- rtenza i traurgli fopportando. Non a tempo, né a faticale a difagio per* *J doniamo ianzi né anche al pericolo tal volta; ricordeuoli della memorabile carità di quel Barbiero Milanefe, ch'a tempo della rea pelle, che l'anno 1577. cotfe, effendo Pallore di quella Città il Gloriofiffìmo, e fantifsimd Esempio. Arciucfcouo, e Cardinal di Santa Chiefa Carlo Borromeo (fecondo rac- conta Giouanni Contarini nel fuo vago Giardino) non cefsò,nè ali entò gia- mai di feruire, & aiutare i poueri appellati della contrada detta la Campa- na , infin tamo*he perii fumi nel cerebto eleuati,& apptefi,diuenne in tut- ti i fenfi balordo, & attonito : in modo, che per morto Mimato fu tofto con molti cadaueri fepellito: quando la mawna volendo in quella medefima follai becchini, altri, & altri cadaueri (èpeìiire^ il pouero Barbiero mifera* bilmente efclamò,acciò aita gli fi porgeflc. Cofa, che fpauento infieme, e compafsioneatutti porfe. Ma più marauiglia fù*h'in vita quafi rilòrto, il fuo pio coftume non dimenticando, tornòdtnuouo al foiitoeffercitto di carità continuamente, come fi crede, dalla mano di Dio fortificato, gui- dato , & inuigorito, e per i'eiTempio che nel fuo fanto Prelato feorgea. ì Tra quefte memorie non è da tacere quella de gloriofifsimi Santi Marti- ri Cofmo* Damiano,quaIi, piamente cieder dobbiamo,raltifsimo Dio pe,r 'Protettori donati ci habbia,acciò in quell'arte (che quafi religione, per I'ef- fercitio di pietà*lTer dee) il loro fanto efiempio perpetua norma, e guida-. lie fuffe_>. Quelli dunque Santi Eroi curando ogni,e quàlfiuoglia lorte^ È 2 d'in- 3$ LIBRO Pfal. 3/. Flo$ Sanft. à c7-di Set- tembre, del Padre Pie- tre Ribade ne ira. lÀb.fèc vi- ta Sàdì:. nel- la legéda di detti Santi. d'infermità, tanto ne* corpi humani,com'anco de gli animali bruri,acciò s a- dempiffe in loro quel detto profetico. Homines , fr iumenta ftluabis Da- mine : non mai prezzo, ne dono,ancorche minimo, né da ricchi, e molto meno da poueri prender vollero. Che però con nome Greco Anargiry (che lignifica fenza danari) chiamati ne veniuano ; come fi legge nella lar vita. Anzi ch'effendo per mezzo d'efsi reftituttaalla priftinafanita» vna re- ligiofa donna nomata Palladia> quale (ancorché per prima tutto il fuo ha- uere appo Medici, e medicine haueffe difpefo, e nulla ottenutojiu da que- lli Santi guarita ; che però rendendo gratie a Dio della riceuuta fanitàche quali noi con gli altri ci habbiamo»tali effi an- co à noi fi rendano i fecondo quel detto del fanto Vangelo. £ua enim menfura mendfueritis>remeìietur, & vobis. Della fedeltà % ctial Barbiero fi richiede • Gif. X. Ome fono farti generalmente all'humana felicità in- drizzate ; né per altro da gli huomini trouate furono, che per poter col mezzo di effe a quella peruenire: così è certo,che gli Artefici, da quali eflercitate fono * dourebbono effere forniti di tutte quelle virtù ,ch'à cotal fine fono neceffarie ; altamente sbandeggiati dalla Città meritarebbono d't&re, come non gioue- uoli per Io comun bene de Cittadini. Ma qual virtù e,chc s vguagh alia fedeltà < Et a chi (ndl'annouero de gli Artefici ) masr- gioimente quella ù richiederai BarbierocVerameme*h'ella è virtù forca lai- 'PRIMO. 57 l'altre. Perche è fondamento della Giuftitia, la qu ilc^come con l'autorità d'Euripide,arTerma Ariftotele) tutte l'altre virtù abbraccia, e comprende^. Lib.Mcrai. Ella è nodo deli amicitia,ftimolo dell'amore, mantenimento della pace, fo- Definitione ftegno delle Republiche , & in fomma virtù così propria dell'huomo ciuile, |fae#,u UdcU che non folo indegno d'honore è (limato colui,che n'è fenza ; ma fuggito* difcacciato anco viene dal comun confortio humano. Quindi è,chel Bar- biero, come alla maggior part* de gli altri Artefici va inanzi di molto, cosi la fihafattapropria,in maniera,che,oue quella egli non hàbbia,all'effercitio di tal'arte,non che inutile,matotaImentéindegno fi rende • Imperoche può il Sartori Lanaiuolojl MuficO^ii Mercadante, o qualunque altro de gli Ar- tefici (chi che egli fi (ia)nel fuo mei|jeri efferido eceellente,hauer luogo nel- la Città , benché fofpetto di fedeftìia'l Barbiero, (auuenga che peraltro compitifiimo huomò fi fuffe, ^nellauoro delle fue màni,pari non haueffe) macchiato nódimeno per-pòcojch'egli fi vede(Te di così brutto vitio,& abo- fnineuole delfinfedeltate, incontanente cadere in abpminatione del popo- lo tutto* da ciafeuno di efsi a (chilo hauerfi,& affretto quafi a fuggirfene fi renderebbe. Troppo eglfairhuomo,ch'è fine di tutte rarti,s'appreffa. onde quanto egli ama, e desia di conferuarfi, tanto anco teme ii morire > e però lchiua,non che a più potere abomina, di commettere la fua vita in mano di perfona dubbia di fede : concio fia cofa che difarmandolo égli prima, e quali falciandolo di touaglie, non è crudeltà*he non pofta (volendo) con le for- bici* col rafoio (fuòi propri} ftrumenti) commettere HEgIi,foIo (come di- co)ci difarma* ftringe* ci ha foli,ci volge a fuo cénO>ci alloga a fuo modo* e chiude gli occhi,& apre i veftimenti*i va a torno per ogni lato ; & in fine non è mertieri più acconcio a tradimenti di quefto, quando reamente vfato venga. Che perciò (con molta raggione ) Monfignor Vannozzi dicea ne* fuoi auuertimcnti politici,ch'egli per cofa cara dei mondo non fi farebbe me/io a prouedere a gran Signori di Barbiero. E Dionifio Tiranno di SU ragofa non volle mai di così fatti huomini pqjrfi in mano : giudicando egli > che oue'l Barbiero voluto haueffe, potuto hjuria ageuolmente con la mor- te di lui quella di molti vendicare. : Anzi Jtóàuendo a due fue figliuole—» fatto apparare il modòdi radergli la barba > e di quelle feruitofi per al- cun tempo > ne tanpoco preftò lor'fede > quando oltre; ai decimo an- no peruennero della loro età. Di quefte Donzelle» già che annouera- te vengono tra gli artefici diitafarte, come degli altri (òpra habbiamo fatto qui aggiungere le loro figure opportuno (limato habbiamo . E chìa- 3» L I B R O . r. ,. ,js* ••* : ;fi ;r- s :!?■.' 'i s ■.Ciiìll. **,» 4 09 P R I M O. 3» E Chiarifce molto bene tutto ciò l'efperienza d'alcuni dì efsi,f quali rea»- mente fi fono portati contra quelli,che fenzaguardarli.punto piloro, hanno efpofto volontariamente la gola, e'I capo alle lor forbici, & al ra* (òio. Come (non è molto tempo J auuenne ad Honorato Grimàldo Conte di Boglto, il quale dal fuo Barbiero nel radergli k barba fu mi- fieramente condotto a morte_j>. Per contrario auuiene fpeffo, e'hauendo > o priuataperfona,o molto più, gran Prencipe di alcun Barbiero , c_> di fua lealtà fatro proua, da quel tempo in poi non dubbita delle fue mani afsicurarfi i anzi tutto'! fuo bene gli confida ■. Come leggiamo d'Gliuiefo Barbiero di Ludouico XI. Rè di Francia ; del quale hauendofi molti anni il Jtè feruito per l'vfo della barba ; & approuata la fua fede* Iealità> & alla fa ne conofeiuta la fua virtù, per Ambafctadore Io mandò alla figliuola del Duca di Borgogna: del qual fatto ammirandoli molti > rifpofe loro il buo- no Rè jche, le. la vita più volte hauea fidato in mano di colui » maggiormen- te, e con più fieurezza l'altre cofe del fuo Regno potea confidargli . Dee_< dunque il Barbiero non follmente hauer l'animo netto* pufo d'ogni mac- chia d'infedeltàjma oltre à ciò (come fua fpecial virtù) fare ^che riluca al di fuori alla veduta de gli altri. Che perciò in tutti i fuoi andamenti, & irui qualunque parola, o atteche fi dica,o faccia, tale moftrar fi deevche né pu<* re vn minimo fofpetto altrui di fé medefimo doni. Sono le parole fegnt delle palfioni dell'animo* perciò quali faranno4ueHe,talÌ.(arjirÌafe quefte^ da giudicare.Per tato,con, molto auifo dèe*gli cagionando portarli, perche d'animo leale, & innocente (fa-filmato da chi l'ode. Quindi è>che a doman- dandolo tifppndendOjfgggir dee di moftrarfi huomo iracondo,vendicatmjt}» audace* foura tutto fiero* non curate della legge di Diò>o di quella dè^Ji huomini. Impercioche cotali aftetti,come fogliano a rei configli fpeffe fiate gli huomini trarrejcosì vengono in mala opinione a porre coloro» in chi fd- no » onde altri gli viene a temere, & hauere afehifo. Così parimente noli dou à egliapprouare l'operationi cattiue,che;altri haurà fatto, né cercherà di icufareitradimenti,© coloro,che,gli h^nnocommeflS>, quantunque agè- uolmentepo#a ciò fare. Ma per lo contrario adopererà le forze del fuo in- gegno in loro biafmo ; mpftrandofempre*he i fuoi a(feui,& ifuoi penfie& no altioue riguardinocene al giuftoi& all'honefto-*Et in quanto a gli atti* fiat- no tali,quali a pefato huomo, e graue fi conuengono. Onde perciò altr? armi non v§, né di quelle fi diletti fuor che del fuo rneftierl * delle quali fo> lamente moftri d'intenderli, tutto che o^imoiCO.^efckor* egli folte dell£*# lame di Bifefcia, ò di Spagna „t> efjfercitàtò nei giuoco della fcbérmaglia- * Così nefveftìre,& in tutti i fuoi portamenti quel modohàl&tèa tenere j eh è più proprio del eittadinopacifico, e d'animo ripofarò . Non lodo per t,antó,che i capelli, e la barba, e gli acconci in modo*he ad aggiunger ven- ga fierezza al volto, ma più tòrto fé quefta apparile per auuentua in alcu- na guifa, ne gli òccbj > e nella fronte procacci con l'arte di temperare, pec quanto 4© LIBRO quanto le ria poffibile ;. AH'hora,ch'egli pone mano à feruire alcuno del fuo mefticri, fugga a più potere di tener le mani fotto panni couerte, comc^ quelle, che potrebbono por fofpetto altrui di tot arrai,o altro tale per o£» fendere ; onde perciò dee prima di porli all'opera , cacciar con bel modo fuori alla veduta cu tutti gl'iftrumenti con gli altri arnefi richiedi al fuo offi- cio . Conciofia cofa che'l vedere quello, che fi fi, e sa (opra fia fodisfaci. mento de gli animi i e l'occhio in veggendo più volte i ferri del l'arte, foglia viarfianonpiù temergli. In fine per conchiudere, farà egli fommamente da lodare, fé porrà mente alta natura,& alla conditione di colui a chi ferue, e fecondo quelle fi portetà con prudenza , & auuedimento: conciofia che altrimente è da vfare col malinconico, che non col fanguigno ; timido Tv no, e fofpettofo ; ficuro, & ardito l'altro . Così parimente meno riguardo per auuentura fi richiede col giouancche col vecchio ; col Francefe, che con lo Spagnoloi con colui, che & viue ficuro nella fua cafa, che non con chi fug- ge da fuoi nimici, ò sbanneggiato dalla fua patria. Che in quefta guifa h* cendo, non ha dubbio, ch'egli per leale huomo* fedele non habbia ad ef- fere hauuto, (limato, e carezzato da tutti » e però feguito, & amato ; ch'ai- tnmente facendo, odiato, e sfugito > & altresì perfeguitato ne verrebbe > e malamente trattato. Del parlar regolato > e coflumato, che fi conuiene a Barbieri. Cap. X /• Imandato Catiolano nipote del gran Licurgo, per qual cagione dato haueffe a'fuoi popoli poche leggi? Rifpofe.-à co!oro,che poche parole vfano,poche (eg- li conuengono. Hora effendo de'Barbieri antico giù* ditio (fi come riferifce il BuiTonio ne* fuoi libri delle facetie, e de gli etfempi ) che fiano e(fi nouellicri, e parabolani ; par che non pochi ammaeftraraenti fac- ciano loro di bifogno, perche almeno cotal grido fi diftornr, e G tolga. Ma in veto douendo i Barbieri con diuerfe forti d'huomini d'ogni ftato,grado,fe(fo,e condidone conuerfare j sì nel tempo della famtà5eom'ahche dell'infermità; sì fuori>com anco nell orficina(laquaIc ftà fempre aperta all'agio di chiunque entrar vi vuole, e quelli fono per Io più gfi otiofi*gli feioperatijonde affai più cicaloni d'elfi Barbieri fono,sì co- me attefta Plutarco) no può quiui, fé non delle varie cofe* (com'altri dico- no) del più, e del meno parlarti. Così,tànte da tanti, & in tanti modi por- ZnthciB*t gédofiloro occafioni di ragionare-acci ò no fianopaffati (in vn certo modo) bien nouci. per troppo rigidi, e quafi mutoli,onde venga à recarfi taccia, alla cortefiaw, li«i,& argu della quale douer'effere adorno il Barbiero diceuamo i è bifogno -, eh egli molto> e fopra modo accorto, & auueduto ne fia in quello particolare!, del PRIMO. 4* del parlare ; che però a bell'agio parmi conuenire qui quel gratiofo Refra- in opufc. de no Spagnolo ( Non bay Barbero mudo, ni Mufco fejudo ) che nel noftro S"ruht«e • idioma fi puoi voltare : Non ù troua Barbiero muto, né Mufico, che fia fa- uio.Onde douendo eglino per tal caufa ò rifpondfre,ò dimandare,(per dare adogn vnofodisfattione)è forza,che come dal parlare forfi fouerchiamen- tc poffono effere cfcuTati,così s'auezzino parimente al ben parlare.nel qua- le acciochemodo fi ferbi* chi mcn'iftrutto è,efperto ne diuenga,hò penfa- to in quefto luogo alcuni vtili ricordi dare (a lode, e feruigio dell'onnipo- tente Iddio)acciò per quelli da molti rei auuenimenti* diffauenture fi sfug- gale dal fouerchio,e men accorto parlare fuccedere poffono. Attefo che fé Perche perì- benla natura a tutti ha il patlare dato, non tutti però l'intelligenza del drit- tl™**^ to * la difcrettione hanno. La qual regola chi non hà,ò chi non offerua,nel- tari nei moi la fua loquace vfanza* il mifero(come Solone Salonino dice) vna Città fen- *° ^ìltt^ za mura,vn palazzo fenza porta, vn vafo fenza ritegno,vn cauallo fenza fre- ta bifogro!! no,vna naue fenza timone. Con le quali fimilitudini del Gentile Filofofo lor P°ri». mirabilmente accordano molt'altre dell'Apoftolo San Giacomo; il quale di- c £lt caa' ceche fé ben la lingua è picciola particeIla,nodimeno pur tutto il corpo reg- ge,in quella guifa > che'l timone tutta la naue commoue* guida.» • Nell'età dell'oro, e ne gli heroicitempi antepaffati de gli antichi Filofori, tanto il riguardo dello feoncio parlare fu inofferuanza,ch'anchea gli ottimi huomini ia libertà del fauellare porfe timore ; in modo che più tolto al fi- Ionio , ch'ai pronto ragionare inchinarono. Quindi auuenne,che gli Har- pocrati,i Pittagori,co' fuoi feguaci, i Maggi primi* tutti gli altri amici del- l'occulta Filofofiajcon li quali mira anco Zenone,& Anacarfijdiffero,c'hauen- do a noi la natura molti organi di fentimento radoppiato,come fono gli oc- chi,I'orecchie,edue ordini di denti, vna fola però lingua ci diede ; perche^ molto vedeftìmo,& vdiffimo, ma poco parlaffimo . La qual cofa quafi con- cinnando Simonide* Catoncl'vn G*co,l'altro Romano FiIofofi,dimanda- ti,pcrche*ffendo tantofauij,sì dirado aprifferola bocca?Rifpofero,perche, del parlar molto fempre; ma del parco non già mai vi fuccede pentimento. Onde del filentio raggionando rifteffo Catone,che quafi fimili,& affai vicini à Dio ne fa : Proximus ille Deo eft (diffe egli) qutfiit ratione tacere^. Hor'effendo ciò vero (com'è veriflimo) non vorrei per tanto s'obligaffero jInJoIto P*j i noftri huomini ad effer a fatto muto!i,(come mio auuifo non è di dite) co- pYrrTmutSo tienendofi quefto a filofofanti più tofto,i quali lungo da gli huomini* dal *»* »1 Barbica le Città(a bello ftudio)fi fequeftrano^ccioche fenza intefrompimento pof t0t fano la natura delle cofe contemplare. Ma li Barbieri huomini ciuili fono, & a viuere,& oprar ciuilmente dedicati. Laonde ne fiegue,che fiano con- uerfeuoli* con la conuerf adone modeftamente a loro confidenti^ a gli al- tri huomini,che con elfi conuerfano,fodisfacciano raggionando.Altrimente, ò fciocchi,ò fupeibi,ò pure ftranamente malinconici* quafi matti potranno edere (limati • Così còme a vitio tu data la fouerchia retiratezza, anzi che B nò 4* L I B R O nò ad odio dell'humana generatione* dell'antico Timóne Atèniefe. Onde fuggiti farebboncnon che feguiti*iricercati* l'arte vilipefa,& annichilata. E così in vece di giouare* feruire tutti nel meftieri,che vfano, a niiHlo gio- uarebbono,c3c a fé medefimi, danno* per auuentura vergogna, apportareb- bono. Molto megiiorc dunque farà a fuo tempo, & a fuo Juo|o parlare^ > E quando auuenga,o di proporrlo di rifpondere,o replicare,rar che la pru- denza la maeftra fia* la mediocrità la norma.Che fé con huomini di fenno, e coftumati s abbatteranno, vtili raggionamenti per ogni modo potranno con quelli tenere. Ma fé con leggieri* di portata affai diuerfa da' primi,oc- correrà conuerfare, molto luogo bifognarà, c'habbia il dillimulare k ftrane propofte,che loro faranno fatte;dimoftrando attentione fopra modo ài là- uoro, che fi fa j quando pure (con deliro modo) in migliori raggionamenti ^cgoit più non fi trauertiffero le già fatte propoliz~j . Lo che facilmente potrebbe—» limbxxQ auuenire con qualche bella facetia,ò pure motto,o vrbanità « Mentre quél ' tempo deftinato al tondarfi,o pure raderfi la barba,di ricreationce^dìsfaì cimento d'animo* dd corpcftimar fi dee per chi fi tónde,o rade. Qiial mo- do non folo ciuile,& honefto,ma virtuofo anco* degnò può dìrfisChe pe- 4.Ethic,c.f, rò Ariftotele ciò pone lotto l'Eutropelia. Onde * sì fatti habiti ha d? àuez* zarfi il coftumato Barbiero con l'aiuto de' Cortcgiani, e della lettioné de li- biche del Cortegiano hanno fcritto, De'Cortegianiio diffi: perche'qùe^ fti,come quelji,ch a ciò fingolarmente* continuamente attendano;,e gran- di au anzi da quelli traggono,maeftri più dotti* perfetti ne fono; feniche altroché non feruono in Cortccon lode affai volte di quelli modi fi diletti- rjo.Alle coftoro fcuole dunque potrà l'argutezze apprenderej&i iàKhnot- ti. Oltre che (per dir'il vero) fé ingeniofo* fottile egli fi fia, per fé ftéflò da quàlfiuoglia cofa,che fili rapprefenti di trouar modo di motti,haDÌle fi puoi Il fine del rendere.Ncn lafciando peròd'auuertire, che i già detti fcherzi s'vfino con UttécfipQ* moderatione,miran do il fuo fine,cioè dèll'honefto trattenimento* per co* ciKar gli animi (quel che tanto nelf fiumana vita vtile, e neceffario) non già per eccitar alle rife fproportionate,ò paierbrauo icheTvno è fcurrilità, e_> l'altro ftoltitia. Anzi ricordili, che non faccia atti immoderati, sì de*piedi, cerne de mani* con islargamento di bocca,o alzandole grida,ò ftrepito fa- cendo,cofe tutte d'hiftrioni, anzi the nò de buffoni degne. Ma fopra tutto sfugga quefto nedo di motteggiare co donne,coh le quali l'hoheffà feruàc fi conuiene . Se pure non vorrà egli dareln quella ftrauaganza,che fu aftret* to Matthia Coruino Rè d'Vngheria incorrere con il fuo Barbicrò.-quale fat- Tit feuerif l0 lr0PP° anirr0^° della confidenza dello fcherzare, hebbe ardimento ta- rine irE* gliare le parti di dietro delle velli della Reina*he però fdegnato il Rè tagliò teuici. a lui il nafo* la baibajcome racconta Gio.Rauifio Teftore. Sia dunque có- |AbP7hingAT- pollo* ben mifurato* pefato il fuo parlare,acciò non Tauuengaquel,che^; chciao.&iib, riferifce Plutarco,del Èarbiero del Rè Archelao,dal quale per lòfmoderato' Ì13*rruliu* parlare fu agraméte riprefo : di modo che dimandando quelli al Rè inquàf ... guifa primo; 43 %uifa vòleffe,! peli gli toglieffe della barba,con le forbici,ò pure co il rafoio; rifpofe>non in altro modo gli torrai*he tacendo. Inoltre fia il fuo rag- ionare accorto,sì,che in qualche modo altrui né ingiuriale biafmo rechi. Che per quefto fu vn malaccorto de noftri a' tempi paffati da vna fineftra^ fpinto in giù,doue con l'altezza della caduta die faggio di quantaccortezza ficonueniffe nel parlare,&in quant'altezza era egli falito mottegiando.Et a tempi più antichi il Bai bicro di Dionifio fi cagionò la morte iimpetoche^» ^racconta il Buffonio nel luogo fopra citato) hauendolo tolto da Plutarco ind.opufc. de garrulitate, che ragionandoli alla fua Barberia dello (tato delle cofe fotto effo Dionifio,il Barbiero fi lafciò dire,ch'in fua mano era la vita* la morte di lui,il che dal tiranno tifaputo, immantinente lo fé crocifi- gete. Non diffimile a quefto è quel,che racconta altresì Giouanni Huarto ca*,/* nel trattato, ch'egli fa intitolato effame de gl'ingegni, di quel Rè Spagnolo nomato Battifta s pofcia che ftando egli vn giorno fotto dd Barbiero, che la barbagli radeua,affai poco accorto* men'auueduto il Barbiero difft :ò Rè quanto deui più tu a me di qual fi uoglia altro,che ti feruajpoiche venendo- mi adeffo volontà d'offenderti con quefto rafoio,a mio arbitrio ftà ripofto; e nelle mie mani ftà bora la vita* la morte tua ; alle quali parole, béche con bocca ridente3rifpofe il Rè. Ben tu dici il verorperò dimoftrarotti io la dif- ferenza*!^ farò da te a gli altri miei feruidoti ; e (limò nell'animo fuo non_* far paffar'impunito fimil'ardire : onde finito*h'egli hebbe di radergli ia bar- ba,commandò, ch'in vn tratto fuffe morto, accioche per l'auuenire non gli veniffe da douero la volontà d'efleguire quel che detto haueua j doue, e-» l'argutezza dell'ingegno regale* la giuda punitione del diffauenturato Bar- biero per l'imprudente fauellare fcorger fi puole. Michel Timotei parimen- te racconta nel fuo Cortegiano, che radendo vna volta vn Barbiere 1 Impe- radore fotto Ja gola, gli diffe,quanti buoni bocconi fono paffati di qua eh i e l'Imperadore rifpofe* piacendo a te ce ne paneranno de gli altrijma fini- tofi di radere 3 fece pofcia incontanente morir detto Barbiere. Conforme anco affai molto a quefto , è quel tanto the Plutarco nel già altre volte ci- tato Opufculode garrulitate,riferifce di quel Barbiero Ateniefe, ii quale ha- uendo fentito dire, che nella Sicilia haueua l'cffercito Ateniefe hauuto vna gran rottaiincontancnte dalla fua bottega fpiccandofi,velccemére nel mez- zo della piazza fé n'andò5nuncio fatto di sì ria nouelJaionde mouendofi fra Ja moltitudine tumulto di così fiero accidente , fu immantinente prefo il Baibiero* dell'autore richiedo dell'auifo, non fapcndo egli dir'altro, fuor che,da vna perfona a lui incognita hauerlo vdito,fu miferaméte pollo a'tor- mentijfin tanto che fopragiungendo certo auifo della fucceduta rotta,men- rre d'ogn'vno,(badando eglino affai più al proprio dàno,& al proprio male) fu lafciato il Barbiero ne' tormenti pendente. Masligato pofcia dopò lungo tempo dal miniftro,non però fatto auueduto,perfeuerò nel dimandare,fe_> fapt uafi in che modo Nicia Capitan Generale dell'effercitcmorto anch'egli E 2 in_> ?« & I-B-. R O ih detta rotta (I fuffe? Tanto irremediabile male fi fa, per la confuerudine_j, l'abufo dello sfrenato,^ ifregolato parlare. Che però a ragione dimandato il Maeftro della Filofofia AriftoteIe,quaI cofapiù difficile fuffe nel mondo : lib. ofSc. il tacere (rifpofe egli.) Onde da Sant' Ambrogio la patientia del tacere vien rwucrb, io P0^ principio* fondamento delle virtudi .--peroche (come dice Salomone he' Proùerbi^ fi come ii molto parlare non puol'eifere fenza peccato ; così colutene pon freno* modera le fue labbra prudentiffimo viene (limato. Sopra tutto anco fia fedele euftode deIfecreto,edi tutto ciò*he nell'al- trui cafe vede,& odd affinchè non gli auuenga,come ad vn giouane impru- dente Palermitano nella piazza di Ballaro nell'anno 1616. adiueniie: ilqua- le dandoli feioccamente vanto d'hauerfi dilettato d'vn belliflimo* vaghiflr- flio piede d'vn affai gratiofa giouane,a cui haueua egli aperto la venajdal cu- gino /che n'hebbe contezza) fu tanto gtaue, quanto meritamente punito. Appretto de'Perfiani per affoluto fi teneua,che a gli huomini di poco fecre- tòj non 6 confidaffero cofe grandi. Et Anaffagora (come riferifce Plinio^ effendoegli prigione, fi tagliò più tofto la lingua,che palefare il fegreto con* fidatoli. Sia dunque auuertito il Barbiero nel fapere prudentemente tace- r'e,quel ch'egli conùerfando nelle cafe altrui,& ode* vede. Acciò non l'ao cafehi pofcia occafione di dolerfi,che troppo aperta habbia hauuto la bocca, per far che la lingua fdrufeiffe nello che non douea-,. Finalmente fia ciò, ch'egli dica, opportuno, ma sì, che dell'opportunità non fi ferua raale^r. Nella quale cofa tranfeurò non poco Napolione Barbiero Romano : il qua- le trouandofi vn dì radendo la barba a Papa Clemente Ottauo, non perden- do occafione (come a lui parue^ gli chiefe vna gratia per Io fuo figliuolo, ia quale dal Pontefice promefTa, & effeguita gli fu . Ma per l'intempeftiuità dalui vfata nel dimandare della gratia; gratia perdendo,fù per fempre dalia Corte fatto priuo : Né fuor di ragione. Poiché chiedere a Prencipi gratie non ù deuono^da chi gli dia col rafoio alla gola . Quefte, e sì fatte poffono efferc le regole, ch'in parlando dee ii prudente Barbiero tenere : fenza che akre molte ve ne fiano, che per non dar in taccia di molto lungo tralafcio. Oltre che dalla lettione de buoni libri, e dal coftumato vjuer altresì s di fa- cile hauer fi poffono • DeJ P R I M O. 4; De gli dtri cofiumi al Barbiero conueneuoli. Cap. XII. Onciofiacofa ch'Artefice ciuile* ben coftumato,in_j vn particolare, e non commune modo, habbiamo prouato, epofto,effere il noftro Barbiero,richiedefij che molte* graui,& efatte offeruationi habbia egli ad hauere,fi nel conuerfare,com'anco neìia propria per- fona* nella vita* finalmente nel modo di tenere loft ficina. E perche dd coftumato di lui pratticare, che nella cortefia,nella fedeltà* nell'accorto ragionare,-* fi conuiene, a baftanza già d'hauer detto Mimiamo : fiegue hora d'alquante altre e (Tei uationi* modiche pariméte neceffarie* forfi più vicine gli fono, fauelliamo. Dee egli dunque de i beni dell'animo* del corpo,& anco del- la fortuna conueneuolmente effer'ornato . Quei della fortuna io dilli. Per- che con decoro, con politezza, e con elegantia poffa la fua bottega, e tutt'i! fuo feruitio tenere. Quanto alle doti dell'animo, ei non habbia rozzo in- gegno,anzi fia verfato almeno fuflìcieatemente nelle lettere, sì che fanoto- mia pofta comprendere^ il Medico, che l'infégna l'vniuerfali cofe,perfec- tamente intenderei il fuo ordine effeguire. Conuiengli anco ingegnofo effère: perche diuerfi ordegni* modi, fecondo iidiuerfo vfo dd lauorare> e del medicare,poflà per le ikffo trouare. Oltre ciò fia efperto*con buoni maeftri effercitato. Non fia cupido fmoderaiamente del danaroifiche,non voglia dall'infermo quel che non- fi dee,o che colui non poffa pagare: Anzi col medefimo fempre fia mifericordiofo* della fatiga,che per lui foftiene^, patiente. Con donne, e congiouanetti trattando , e conuerfando, callo. Con pari piaceuole, più torlo coprendo* defendendo gli errori di queli=, ch'a bello ftudio ripigliandoli, e dimoftrandoli. Il Medico fempre honori, come fua guida* maeftro, à lui fedelmente obedendo, eie attendo. E fi- nalmente con tutti fia manfueto , affabile, humile , e gratiofo . Quanro a' beni dd corpo in niuna parte di elfo fiamancheuole,ò defor- mato . Principalmente ii mano habbia leggiera, ed atta, in oltre-ferma^ «_, non vacillante ; della delira, e della finiftra vgualmente pronto. La vifta__i habbia acuta* chiara j così gli altri fenfi intieri, e perfetti ; & a ciò fingolar- mente conferirà l'età gionuiiie ; la quale conforme al commun parere del mondo, neceffariamente ia dìo fi richiede. Parmi anco a lui da vtile* con- ueneuole molto hauer moglie,perche più buona opinione gli potrà recare^ Conuiene ii fobrio viuere (certamente) a tutti, per le ragioni, ch'ognVnJ. conofee ; ma in particolare a Barbieri : i quali tanto a Ani,quanto ad infermi quafi f.;npre;ftanno profumi con la faccia,acciò non mandino per ia pi.ncz- za_, Conditioni del Barbiere Doti-dell'ani me del fìas- biero. Qual'effci dee eoa l'in- fermo . Qual coilj do* ne. Qual co* compagni. Qual col Medco. Qual cca_» tutti. Beni del cor pò. Sobr'ctàne. e di ir i a al Baibicro. 4* LIBRO fca dello ftomacoi e (peffi tutti* groffi fiati* di mal'odore l Lafcio ftare-/i ch'il fouerchio del cibo con gli afcendenti fumi intorbida la vifta, e la parte, che giudicaceli tenebre confonde . Perciò nei cibo quattro conditioni , fe- OiTernanze condo l'auifo di San Bernardo, offeruar G deuono : cioè il tempo, il modo, * c ' fa quantità* la qualità. Quanto al tempo non fi faccia il pranzo prima,che fia paffata l'hora commune delcauar fangue, refti però libero a ciafeuno , o per rimedio di debolezza di teda, o d efquifito fenfo di ftomaco , prender tal volta alcun bocconcino di cofa,ch'ageuo!mente rifaccia gli fpiriti, e pre- tto pafsi. Nel modo, non pecchi, con troppa ingordigia tracannando. Ma nella quantità faccia quel che coftumò il buon Galeno , che giamai da». menfa fi Ieuò faro ima con qualche defiderio d'empimento:al quale, in_» cento quarant'anni,c'hebbe di vita, il fiato mai non gli putì. Finalmente^ nella qualità molto gioua, che non difordini : io dico per lo medefimo ri- fpetto ; accioche co*fiati di rauanelli,o di cipolle, o d'agli, tal uolta non in- fetti gli huomini* da fé li difeacci* sbandisca. Non minor moderatione-i hauer dee nel vino (e forfè anco maggiore) in quefto deu'effere accorto, ch'il modo no ecceda,percioche più graui* numerofi mali apporta, di qual Danni ne! fi uoglia cofa altra . Io ne dirò alcuni, che nella perfona de' noftri Artefici vinode'Bar affai fi notanoi gli altri lafciandcch'a noi non s'appartengono • II vino,pri- mieramente offende il cerebro,fi che offufea i fenfi così interiori, com'efte- rioriima principalmente la vifta,che fopra ogn'altra cofa, è a noi neceffaria. Secondo i nerui indeboliteci! che induce tremore, cofa in noi fopra modo biafmeuole . Terzo la lingua a (tolto parlar traporta ; fi che riuela il fecreto . E ciò io propongo, a fin che difpoftose^» pronto fi ritroui a tutte foccafìoni de pouer'infermii & accioche prima, che l dinanzi a gli altri comparifea ; il capo,la barba, e la faccia nettare, e coltra- re a fc medefimo pofia ; e poffa anco le mani, e l'vnghie mondarli. Né fia lui deuo,ch'aItri ornando* polendo*gli Jaido,fihiuo* fozzo ne fia ; con- /u' fo ne ) f°rme Quel detto Euangelico i M edice cura te ipfum . Con pari auiio anco ncftirc ha da pcncre cura al veftire, quale al fuo (lato conueneuol'effer dee ; sì che, riè per iirmoderanza altiero* vano ne vega ftimatomè per viltà* fordidez- za abietto* fcfàuo altrui fi renda. Dee però ad ogni modo effer polito, e mondo3ma da'profumi aIieno,che di vanità fono argomento,oltre che dan- no anco recarebbe a donne particolarmente, facendo quelle cadere a fubite fuffocationi per cagione della Madre (volgarmente detta) inimica di sì faui odori, P R I m o; 47 bdori,che ben ne potrei di molte fare tcftimonianw io per tal cagione b?- uere refa la propria vita. AI quale propofito non alieno (limo riferire quel tanto nella vita di Vefpafiano Imperadore narra Suetonio,che ritrouandofi egli con la penna in mano per fottofcriuere vna gratia già da lui fatta ad vn Caualier Romano j fentendol'eccefsiuo odore, che de profumi quello ren- deua , in tanta (lizza venne*he buttando la penna in terra,Ia carta ftraectò, nella quale regiftraua la gratia,dicendoli : Io ti riuoco la gratia, anzi vatte- ne fubito fuori di cafa mia* ti giuro per li Dij immortalane più carohauu- to haurei fentirti puzzar d'oglio,che non di cotefti vnguenti feminili. Il co- lor vario a niun modo cóuiene,ne anco il gaio,6c il vago,che de ■ gaJati gioua* ili* de' leggier'huomini è proprio. Decente affai ftimo il bruno* l'opaco, che i faui*gli honefti coftumano . Con i'habito altresì, e col veftire graue il portamento,& il caminare accompagnar fi conuiene i in modo, ch'eglino con la ben comporta vita pienamente accordino ; Pofcia che fecondo IEc» clefiaftico dice j tali cofe fono fegni, che chiaramente moftrano qual di den- tro fi fia l'huomo ì e dalfefterno £actle fi fa il giudicare anco l'interno, fe- condo quel detto Euangelico. Ex abundantia cordis os loquitur. E ciò (iardetto dell'honefto trattare della perfona del Barbiero. » Succede a quefto,che ponga egli confeguentemente cura alla fua botte- gaia quale fé non fplendida* ricca>aImeno polita* monda deue tenerti.,.e fornita di tutti gli ordinari) arnefi* dell'altre cofe neceffarie. Le quali do* pò Tvfo dell'arte dedono effere ripiegati* riponine' propri) luoghi. Cosi anco tener netti, e mondi fi deuono li vafi tutti, e gli ftrumenti,dopò che adoperati ù fono . Gli moderati odon da quella* da gli altri adobbamert- ti io non rimuouoiuè vieto, anzi parmi, che non poco conueneuoli fiano per conciliarWamiftàgli animi,& a quelli qualche delitia recare;oltre che fecondo fcriue Aleflio* lo>riferifce anco Giofeppe Pafsi nella fua moftruofa cap.17» fucina delle fordidezze de gli huomini. Sanitatis maxima pars bonos odo-, res cerebro conce-dit. Ben mi difpiace all'incontro il vano coftume di quei Barbieri, i quali acciò*héÌamofiV& eccellènti maeftri nel cauar fangue pa* tano,i vafi dd fangueputrido de molti cauato*fpongono in lungo ordine fui muretto della porta aliacommune villa di tutti, non fenza lordura,*_* fchifo di chiunque paffa, effendo il fine del Barbiero la politezza^. Da quelli auertimentl feguir conuiene a gli altri, ch'a tal miftiero G con- uengono. E prima quando alcuno nell'officina viene per tagliarli li capel- li,© la barbai entrando,tofto fia con belle maniere accoltoci qualunque-. datolo mediocre,o pure baffo,ch egli fi fia* con allegro vifo,& amicheuo* li parole,& atti modefti,& affabili accarezzato. Non dubitandopunto,chc di tai modi habbia egli a fchifo,o fdegno prendere f ancorché altri a priraa_, faccia di non amarli dimoftrino :/ma non già tutti j né nocumento re*: co giamai a!cuno,hauer troppa cortefia vfata . Anzi il dolce parlare èia ca- lamitacene trahe a sé gli animi della mokitudine.Et in ciò mi fouuiene quei che 4* LIBRO che racconta Stefano Guazzo nel libro della ciuil conuerfatione dì quel Re di Francia> il qual'effendo tal volta riprefo d'hauer refo il faluto ad vna.. donna da prezzo* vile.Rifpofe,ch'egli fi contentaua più tolto hauer fouer- chiato nell'indebito honore a coftei fatto,che macare dal debito all'altre do- ne buone, & honoratc, tanto fempre valfe l'honore cortefemente a ciafcuti 239%x*; dato. Sendo,che (fecondo infegna San Tomafo) l'honore è di chi lo fa, af- Um : fai più di colui, che Io riceue : Honor eil in honorante (dic'egli ) non in eo qui bonoratur. Deuono nientedimanco quefte maniere, & altre così fatte cortefi dimoftrationi,fenz'aIcunraffettatione vfarfi i altrimente a noia,& a fa- flidio verrebberoicagionado cótrario effetto di quello che da elfi fi pretede. Spedito da' termini di cortefia, auerta ffecondo che altroue habbiamo detto^ alla modeftia, e modo nel parlare; tutti i forrifi,non che i fofpettofi cenni* motteggi lafciando ; à fin che in alcun modo non fi t urbi,& offenda l'animo di colui,che nell'officina è venuto. Mentre fi ftà operando auerta.* l'Artefice non metterfi al foggetto tanto a fronte, che'l fiato gli G mandi fui nafo ; guardando di non molto fputare, e'I nafo forbire, né sbadagliare di bocca* quando ciò fia neceffario,facciali alquanto in difparte* quiui quan- to più chetamente* prefto poffibil fia. Nello ftarnutire (che meno è in no: (Ira poteftà di reprimere^ guardili di non darui corpo ; fendo che alcuni lì ritrouano,che con tant empito ciò fanno,ch atterrifeono tutti gii circondan- ti ; Non però dia con la bocca fi rlftretta*chiufa, che Ijeonucnga col nafo rendere il fiato,& in vn certo modo fonare > Ma ferbi in ogni cofa il modo. Alla fedia di colui,che fi ferue,non s appoggi e on vn de' lati,o con le manif né meno alla di lui perfona alcuna parte di fé, moleftamente appreffi.Stan- do il foggetto in altra parte col corpo riuolto, col folo tocco del dito, ba- ttetene s'accenni. Douendofitogliereletouaglie per nettare li peli nel capo ifteffo , o pure nel volto rimafti,& anco nekollo fparfiiciòfacciafi con Io fcoppettino,o pure con panno di lino re quello con la man deftra,paffan* do poi con la finiftra a lui di dietro, acciò che (tendendo il braccio deftro » inanzi la fua faccia, non gli fi véga a recar noia. Aftengafi però inogni modo da fo filarli sù'I collo,o neI,vifo(com'aIcuni inauuedutamente fanno) perche fpeflò dopò del vento fuoi fuccedere la pioggia, fi come auertiffe MonùV gnor della Cafa,efoffiando faci! cofa fia fputacchiarli anco nel volto. Auer- ta altresì,mentre,ch'il collo f come s'è dettogli netta,di tenergli le touaglic fui fenojà fin che non $ù le velli, ma su le dette touaglic cadano le lordure. Dato fine all'opra, facciali che per mano de' miniftri neli'ifteffa fedia do! uè fi ritroua feduto, fé gli porgano per ordine gli adobbamenti fuoi i acciò ch'egli non forga a prendergli dal fuo luogo. Né acconfentifea nell'vfcirc ; eh egli per fé medefimo apra la porta deli officina. Guardili finalmente di non dar cagione (quantunque picciola) di difpiacimento, e di noia a colui, che fi ftà feruendoi ma accortamente /'fecondo gli auifi altroue da noi dati) fi corrifponda cortefemente a fuo luogo* tépo3faueijandoiacciòpartendofi • vada pienamente fodisfatto. Ciò PRIMO. 49 Ciò ch'io dìco,o la maggior parte di effo, (Imilmente hanno dz offeruar i Precetti per famigli, li quali affittendo douranno sépre ftàfe€ol capo fcouerto con fiien- sli hlTn«ii • tio,togliendo,oporgendo con tempo*con ordine, e fenz3furiale cofo neceffarieicome fono le fedie,i ferri, i touaglini, & il rimanente tutto. Ma fé quelli in tanto coftumati , e pronti non fiano ; non però rollo scanno d'alzare le voci* con elfi fdegnandofi fgridazzare, onde non poca noia, e moleftia s'arrechi a chi è venuto per tofarfìiben fi potràno pofcia in difpar- te3finital'opra,de gli errori commeffi auertire* tal volta anco correggere. Se più d'vno faranno coftoro,che fi ripulifcono, in tal guifa le kdie fi di- fpongano,ch'a fronte* non dietro le fpalle rvno,alI'altro ftia. A tutti lor cenni habbiafi l'occhio i accioche di qualunque cofa lor piaccia, o difpiaccia, poffafi incontanente a i mcdefìrni ad vn'ifteffo modo fodisfaie—>. Non è che fi lafci anco d'auertire, che nell'officina debbano efiere I'an- tiporte,Ie quali ferrar fi deucno rrétre s'attende al lauoro dell'arte i sì per maggior decoro, & agio di col ui,cbe fi fenici sì anco per comrriùh caurela > acciò che qual.he diffauentura non interuenga,jdonde poi fifteffo Bubiero per la fua poc accortezza ne fia tenuto . Come fi vede effere determinato dal grande Vlpiano Iurifcófulto nella J-ege Item Melaff.ad legem Aqudta. Perla qual cofa à buona ragione io credo,non per altro fiano ritrouati i ri- paria i vetri nel primo ingreffo delle Barbcrie,fe non per quefte, e sì fatte iimili cagioni ; come cautele dello che facilmente potrebbe auuenire, trat- tandoli in ciò di cofa tanto importantccom'èj'humana vita. Accorto dun- que^ auuedutodeu* effere il Barbiero a fchiuarq quanto più gli fia poffibi- le fimili,& altri sì fatti arridenti. Ne' quali fé tanto non vale l'humana-j prouidenza ; porger fouente fi deuono prieghi al Diuino Nume , ch'in ciò col fuo potente aiuto afsifta. Che però riferire m'è parfo quel che pochi anni fono , adiuenné nella Batberia di.MaeftroGio.Domenico Giouane nella ftrada del Bagliuo di quefta Citi à, doue rifacendoli vn giouane Ia_* barba, vno Studente* he fuo capital nemico era, entrato celatamene*^, dall'altro lato,con vna mezza fpada al mifero,chefi tofaua, ferì fui capo sì grauemente, che quello conftrinfe la vira finire. • Quefte regole,& auertimenti dati fiano per quando nell'officina si lauo-j ti.* Ma fé fuori di quella nelle cafe de'buoni, S? agiati buomini occorro sa andarti, altri vtili rifguardi talhora a memoriahauer fi,deono ;iquali di raodeftia , e di buona creanza faranno v Primieramente dunque non conuiene s'entri di fubito, come famigliare^neli'intime camere, e però afe tengati* dimandi,che dentro fia introdotto, acciò non accada abbatterli in cofa*h'alie volte habbia a partorire penrimento* che vtile più farebbe ftaco a buon prezzo hauer comprato di non efferuifi abbattuto. Introdotto po- fcia, e giunto alla prefenza di chi ha da tofarsi>o toglierla barba,o pure d'al- tro meftiero d'elto bifognofodeesi quello riuerente falutare, e fedi tant'al- to fiato sia,anco 1$ ginocchia piegar e,il che offa uarà nel partirsi parimente. G Ciò j© ti B R O Ciò fatto ripónga inluogoaito* corronodo ifiioi vari,e gli altri ordegni del fuo officio>& il foggetto nella fua fedia allogatoci quale in luogo ampio effer dee^ccioche da vn lato all'altro hauendo a paffarfi,non mai per dinar> ti gli fi vada)prenda pofcia dal fuo luogo le touaglicauereendo quelle non polarle su le fue fpalte, come alcuni inauuedutamente fanno, fendo quefta più propria de' fcalchi,che de' Barbieri vfanza. Dandoli poi più dentro al- l'operaie la barba harààrifare,quefta lauando3faccia,ch'il bacinetto dalia., mano del fuoiaracglio foftentato venga,dal quale altresì dee effer tenuto il panno*oI quale s'hà da nettare ii rafoio, e non com'altri fanno di riporlo su gli homcri di colui, che ù rade. Si come ( per non tirare più in lungo quefto raggionamento con noia* faftidio di chi legge) più agiatamente nei Seguente difeorfo dimoftraremo, Precetti} e RegoleicKin tofando il Barbiero dia quafi fofpefa, & a pena tocchi la faccia,mentre pur quefta maneggia,e_> tratta.Intanto per difponere il pcIo,vna tepida lauanda haurà a fare di ben* odorata lifciua,con cui anche accompagnerà vn gentil fapone,con grand'ar- te fatto > niuna parte lafciando d'ammoÌlare,ou'il pelo fia duro. Pofciache valerà ciò molto ad ageuo!e,& aggradeuolmente compire l'opra. Auertafi però di non tuit'il volto, né il collo bagnare, fé pure di quello non gode- rai no ilo richiederà colui, che fi tofa . Ciò fatto afeiughifi fotto ia gola, perche più fotto l'acqua non goccioli : al qual fine anche le puntine del mo- (taccio* della barba render fi deuono afeiurte* fimilmente la beccai noA-» altrimente le fue maniche pur d'acqua* di fapone fon mo!li,dourà nettare; non però con le touaglie,che colui tiene,ma con altra,ch'a tal'vfo in difpar- tc apparecchiata hauer douià. In tanto all'atto venendo del radere,quì pon- ga l'vltima fua diligenza,& efquifitezza ; percioche tal cofa tutto fhuomo richiede. Però non dourà badare in altro col penfiero, né la lingua muo- Regole del uere con altri trattando. Stia in modo su li piedi, che non vacilli, o fdruc-ra erc ' fcioli. La man finiftra, ch'all'altra ferue, con due fole dita, ò pur tre di- (lenda la pelie.-quefto fia fempre il fuo fcopo,non vrtare la faccia molto, ma con la deltra il rafoio menar dee in tal guifa, che fiegua fecondo l'andar dei pelo,non à trauerfo,Io che dee intenderli nella prima rafa,che fi fa, non che poi,come molti vediamo goderfene,poffa raderfi a pelo trauerfo. Accaden- do*h'il pelo afeiugato fia,non dourà egli effer'oftinato a voler con noia ra- dere,onde altra volta ammollirlo con lauanda conuerrà.La punta eftrema, H 2 ofi- fi -E? I B R o b filetto delta barba, che fi lafcia, perche torta non fia , rilpònda al mezzcf per dritto delle ciglie* della punta del nafo.Ia quale barba* moftaccio mé- tte rifaralfi,fgombrando i fouerchi peli, & acconciandola, dourà valerti del pettine, non però di quel!o,che prima sù'l capo egli vsò,che quefto a molti facilmente potrebbe effere a fchifoj ma d'altro per quefVofncio particolare mete deftinato,quale mondo,non che anzi odorofo,(ìa. In quefte cofe tuc- te,ch'il Barbiero farà,fi ricordi particolarmente d'vfare agilità, e deftrezza, com'anco fpedita preftezza,che quefte vere figlie della confumata prattìca fono,dalla quaIe,Iodeil maeftro* fodisfacimento grande il foggetto rice- uer poffono. Però con ragione parmi,ch'il faceto Marnale in vna delle fue Epigramme affai gratiofamente ù rideffe d'Eutrapelo Barbiero y il qual tal volta tanto badò,radendo la barba a Luperco,ché prima che dall'altra parte Uh. 7. eòì. ^^ ^acc,a feombrafle l'hirfute lane,nell'altra intanto,che di già rafa haue- gram.Ì7. "* U3,i noui peli erano nati, che però die*egli: Eutrapelustonfor dum circuìt ora Luperci, Expungitqtic genas\ altera barba fubit. Dopò tutto quefto,fogIiono i Barbieri,acciò niuna parte del capo,ch'è fe- dia deH'anima,rimanga con lordura*tiandio l'orecchie forbire da quel! ef- Auertenz» cremento,che melagine raffomiglia: la qual cofa quand effo fà,metta beru-« pei forbir curaj cfe tant0 a dentro lo (frumento non ponga, ch'il timpano offenda • Io chiamo timpano con gli Anatomoci* co' Medici y quella picciola mem- branetta, ch'vltima fuori dell'interno orecchio ftà (tela in quel forame, che all'orecchio citeriore rifpondc . Quefta è di tanto efquifito fenfo,che fini- ftraméte toccata,fubito apporta toffe ftcca,& altre offèfe dell'vdito: perciò queft'auifo non difprezzino i Barbieri,perche s'è veduto a' giorni noftri per tal cagione effere malamente capitati mok'huomini. Com'accadèa' giorni paffati in perfona d'vn gentilhuomo foraftiero,neI quale confultorno Lati- no Tancredi, Fuluio Viridiano, e Gio. Geronimo di Thomafi famofiffimi Medici Napolitani, fendo flato da quelli molto pericolofo (limato ilcafo. E nella Città di Nola in perfona d'Anello Marra di Sant'Angelo di Scala, il quale per tal cagione,ben due meli giacque in letto afflitto d'affai duro, e crudel dolore,con viceré interne,mandando fuori fempre lordura;che però con gran fatiga,dopò molti* varij rimedij, riceue foccorfo. Guardili dun- que ad ogni buono ftudio l'accurato Barbiero di dare in sì fatti accidenti, per li quali afe vergogna,ad altri danno,fia pernafeerne^. Anzi, doue^, così tiafcurato fi veda per natura,ch'a tal'effercitio inclinationc noruj habbia, appiglifi ad altro a lui più proprio , acciò non in vano occupi quel luogo,chad altro perito fi conuerrebbe,ne dia con l'inettitudine fua-* occafione di vituperio a sì nobile effercitio,oltre anco effere peccato di pro- i.i.q.2i.art. funtione attentare quel tanto,ch eccede le proprie forze* la propria virtù, 4-& q-^o- com'infegna l'Angelico Dottore Tomafo fanto, feguito da altri buoni Au- art.aadter. . • ° cium-», thon communemeute_;. Del- * K I M o; n Deltoccupationt del Barbiero in tutto quel tempo 9 cbegliauawy. Cap. XIIII. Auendo finquì detto, & a baftanza (fecondo il mio giuditio) difcorfo di tutte quelle occupationi* de gli vfficij,ne' quali neceffariamente il Barbiero impiegar fideuejconueneuol cofa parmi hora di moftrargli il modo*ome tutto quel tempo,che gli auanzà,deb- . •< 5 balodeuolmente panare ; percioche, (landò i noftri (come fi vede) molte hore del giorno liberi* fciope-> rati, non può parer bene,ch'il prezzo del tempo,così Onde ocea- ineftimabile, perdano, e vanamente quello (córrer facciano* però conuie.;fj0^.^a ne,ch'in Iodeuoli,& honefti effercitij io difpenfino. Impereioche qual buon lch£ti"pó frutto potrebbono efli produrregiamai,fe pienamente hauendo buona par-* nonperda.e te del giorno al loro officio dato,il rimanete pofcia con opre vitiofe paffaf- beac l vl1, fero ? Certo che niuno. Mentre male non è,che dall'otiofità* perdimen- to del tempo,non fi produca. Che però diffe* ben'a ragione, colui : Mul- ta malafemper docuit otiofitas. E Biante Filofofo (vn de' fette faui della ..:-■■■-■;a Grecia) dimandato qual cofa foffe più diffìcile a raifurare ? Il tempo,rifpofe egli. Percioche quefto al mal fare, mancar fempre, ma ai ben oprare auan- zare largamente ci dee . Sendo che (fecondo diffe il moral Seneca Epifto- la prima) tutte l'altre cofe aliene fono,ma'l tempo folamente è noftro.Con- ciofia cofa che (come diffe il mellifluo Bernardo) fdrufcita, che alquanto fia la fentina della naue,à poco a poco entràdoui I'acqua,nè badandoui i mari- nari,vicn quella a far naufragio; così* non aItrimente,dali'otiofità, e balor- dagine*ntrando l'acque de' vani penfieri nella naue del noftro cuore , fi ia* fcia indi l'huomo cadere ne' peccati,& offefe contro la Maeftà Diuina^onde naufragando,viene a demergerfi nel profondo de' vìtij, & infino anco nel^ l'abiffo dell'Inferno. Per tanto dunque (come Ihiftorie teftificano) in varie Noua vraa. guife s'affaticarono gli antichi della noftr'arte per ifchiuare l'odo. Si come za affatto Plutarco nel libro, ch'egli fa della comparatane de gli animali, racconta-, "^'hó^if. effere flato a quei tempi vn famofo Barbiero Romano, il quale per moi- ile facende ta vaghezza, ch'egli hauea del canto degli vccelli , e per non panare^ j}0*c„£j"0 il tempo in otiofità , fra gli altri,difciplinò vna Pica, sì fattamente—», Ltb.d=corri- che non folo le voci humane,ma l'altre delle fere imitaua,con vn mo- ptf-anun.* do tanto felice , ch'a chiunque l'vdiua , porgeua gran marauigiia-*. E fu (frana cofa , che paffando per quella contrada l'eflequic d'vru* riccone, imitò il fuono della tromba, in ciò vfato , fecondo il cofluoie di que' tempi, in modo, che fu a tutti gli vditori di ftupore, non che an- co di marauiglia > e di diletto s e lode non picciola riportò ifmaeftro d'haucr Serm.dc Si- to Andre*. 5* LIBRO d'hauer bene il tempo impiegato nella difciplina di quell'animaluccio. Ma che diremo del felicitino ingegno del noftro Gio.BattiftaBergaz- zano,Barbiero, che hoggidì è,del Signor Principe d'Auellino ? "Quelli, per isfuggire altresì a fuo potere il biafimcuoléotio, datolfalio ftudio della-. volgar poefia, ha in effa fatto quella riufcita, che ragioneuolmente fi am- mira da tutti in que'fuoi Nouelli Fiori diParnafo, pochi anni fono vfciri alla luce del mondo .-laonde par, ch'egli non habbia ad inuidiare alcu- no di coloro, che con le lor vaghe, e dotte compofitioni, s'hannoacqui- ftato honorato grido di gloria immortale-* • M>*e.»; E nel tempo di Tolomeo fecondo ^come riferifce Atheneo ) Ctifibio Aleffandrino Barbiero così ben pafsò il tempo , che li foprauanzaua-, da gli effercitij della fua arte, che dandoli alla mufica , riufcì in quella così perfetto , ch'inuentore diuenne di molt'iftromeuti muficali, & apparò non folo la fua mog!ie,ma li propri; figliuoli anco , & altti molti ; sì che da lui feguì gtan numero de mufici,i quali con la medefima traccia (com'è da cre- dere) hanno del continuo al mondo giouato* gl'infermi variamente da'lo- ro mali folleuati. Percioche qual'alleuiamento, o qual raddolcimento non teca l'acconcia melodia del fuono, e del canto ? Peone con la mufica in vita ritenne vn ch'a morte condotto era. Afckpiade fcriffe, ch'a' frenetici gio- cai, uano molto il cantare* fonare , come riferifce il Garzoni nella Piazza vni- uerfale, de mufici parlando. Damane finalmente (come Galeno narra) an- che a pazzi col fuono* cantoni iuo fenfo rendeua. Sono quefte veramen- Necefiariete a^a* l°deu°li occupationi de' Barbieri. Ma altre più fruttuofe, e più vtili, cccupatio- anzi neceilàrie ve ne fono: le quali nondimeno non so imaginarmi come m del Bar. Jafciate a dietro* difprezzate,a' tempi noftri, da' noftri fiano; cofa, in vero, che quando tra me ftefio confiderò, fon forzato a prenderne non men do- lore,che marauigliajpercioche fé buona parte della Chirurgia le vene apren- do,& il corpo medicando* nelle mani de' Barbieri ripofta,in quella manie- rale da noi prima fu detto :chi non vede, chel'Anotomia,e lanotitiade' medicamenti femplici, e de'compofti a loro neceffanamente fpetti /Certo che niuno, eccetto che fé mentecatto , o della fatica affatto fchifo non fia. f Anoto- E quanto all'Anotomia per l'vfo del medicare effere molto al Chirurgo ne- iffiia ai Bar. ceflaria aflai bene lo dimoftrò Galeno, quando ei diffe,trà le prime cole è al farUper"v- Chirurgo neceflaria la notitia de' mufcoli, accioche,ben curando non erri, fo dei medi- „ quando effo farà coftretto quelli fecare per gli profondi abfceflì, e per carechirur-^ Je trafpofitioni de glihumori, o per le putredini. Percioche commu- Lìb.minift. „ nemente in quelli il douer e, che fi facci il taglio fecondo il camino del- Anotom.c.j, ^ je fìore . COnaofia che i tagli a trauerfo togliono l'attioni delle membra. „ Ma paiticolaiméte vtil'è quefta notitia nelle ferite per la iorodilatatione „ in tre maniere. La prima quando per vn'angufta* fottìi pontura circa il „ capo,o'lfine del tédone pericolo vi è,che le fuperiori parti faldandofi;le . „ più profonde no reftino larghe* difiiolte.La ieconda p la còmoda vfeita eletta V R I M O- ss 9» della lordura fcmplicemcnte,che la ferita rende. La terza finalmcte* per „ l'vfcita di detta lordura* per la pcnetrarione de'medicaméti in vna figura '» me do!orofa.Quefte,& altre sì fatte cofe in quel luogo defcriue Galeno. Similmente per l'vfo del fanguinare è al Barbiero neceffaria l'Anotomia rAnotomì* almeno delle membra,nelle quali ia faenia dee farfi ; altamente a cafo* te- al 3^-"° merariamente 1 opera farebbe . Poiché effendo le vene delle parti afcofe_>; per ìvfo dei come,& in qual luogo le potrà cercare, o ritrouare ì Con qual ragione, o fangainarc • con qual artificio il taglio fecondo le fibre farà?Qual profondità potrà drit- tamente ftimarè,non hauendo notitia dell'habito* della foftanza de' corpi, che le vene circondano . aguagliare coftoro G potrebbono ad affai feiocco fcultore, che lauorar vo- lédo,nèmarrao,nè creta,nècera diftingueffe,ma tutti ad vn modo intagliaf- fe* co' medemmi ferri* con l'ifteffa mira di colpire. Quindi è, che molti de' noftri, sì aperti, e si graui errori commettono, che men pare haueffe^ fallito quell'inesperto Chirurgo rammemorato da Galeniche per la vena-» y Mcthod punfe l*arteria,onde a gran pericolo conduffe l'infermo j mentre coftoro, e càP7c. limili, & affai anco maggiori errori nella propria arte commettono,qual'cf- fercitano ♦ Che però può d'elfi loro dirli quel che del Dottore trouafi regi- (Irato per Pomponio IurifconfuIto,d'effere cofa affai brutta, e degna di vi- fcrcui*sIc2^ tuperio in vn Dottore, il non fapere quello,ch'alla fua ptofefsione s'appai1 in caufis a. tiene^. Il cauar fangue è officio di gran prudenza, e di grand'artifìcio ; dcor,g.»ur. Segno di ciò è,ch'a tempi primi, quando l'arti erano in colmo perfette^, i medefimi Medici l'effercitarono ; niente fdegnandolo , come hoggktì fi fa ; che però dalfifteffo Galeno furono aperte le vene, come riferifce—* Brifonio, con quefte parole : Gaknus piane ipfe inltbrodecurathneper SeIe (le principalmente nella notitia delie parti* delle vene*he per la fola Ano* comment. h tomia shà. Perciò ben diffe l'eccellente Gio.Andrea della Croce, che ia»> iaPrinc- fagnia commettere non fi dee alle mani, fé non di coloro,che tagliato* ve- duto habbiano gli humani corpi nell'Anotomia. Ma che dico io de gli An- Libaci & tichi è- A* tempi noftri anche,benche non così nelle noftre parti, come nel* le ftraniere (dico appo gli Spagnuoli, Francefi, & altri) fi coftuma*he da^j Chirurghijdal public© approuati* dottorati ffcaua fangue. ^perciò mae- ftri Chirurgici fi fan chiamare etiandio nell'opere, che danno in luce, còme Ambrogio Pareo Francefe nell opera, ch'egli fcriue di Chirurgia , maeftro Barbiero Chirurgo s appella. Ma che dico de gli ftranieri, fé dai lodassi- mo noftro Giulio Iafolino famosifsimo Chirurgo* Fisico anco,a tutti noto per la fua eminenza , ragionando al fpeffo io (eco del mio meftieri ho pie volte vdito riferire , ch'egli nell'effercitio d'aprir le vene gran tempo impie- gato sé LIBRO gato fi era ? Si che non vedo chi a ragione contradir poffa,ch'à ben fangui- nare digrandiffimo giouamento,non cheneceilìtà fia l'Anotomia?Niuno in vero (per quanto credo) che defiofo fia di far bene il fuo officio. Ma per La cognitio. i'vf0 del medicare la fcienza de' medicamenti,come prouerò io effere necef- cament?édai ^aria * ^ert0 cne non con aItra via'che con^ella da Prima tentata ; cioè Barbiero ne. che s'il Barbiero del medico è Vicario, della medefima medicinale notitia-* cc&na^. ^à ^ prouederfi,delIa quale il Medico fi prouede . Ma il Medico de' me- dicamenti fi vale, & eglialttesì de' medicamenti ha da valerli: adunque de' medicamenti cognitione fufficiente hauere a lui conuiene. A quefto diran molti,che non è il medicare dd Barbiero proprio vfficio ; ma che a lui ven- ga tutto ciò dal Medico prefo in preftanza.Sia come elfi vogliono. Ad ogni modo,pur in tutta Italia* per buona parte del modo effeguito viene quefto vfficio da*noftri, come l'efpeiienza dimoftra . Et hauendo gl'i-nuidi fpeffe fiate tentato di torlo loro dalle mani, non per tanto fono elfi flati bafteuoli a farlo. Perciò dico,che medicando pur efìi,debbano ben prima ne' medi- camenti effere iftrutti,fiano far plici,o fiano compofti, acciò intendano quel ch'elfiapplicano. Ma i femplici medicamenti fopra tutto (da' quali tutto il buono del medicare deriuà) principalmente conofcano*'honore, & vtilità molta loro recarà, & oltre a ciò particola: anco diietto, quale tu.ri quafi t fenfi appaga,trarranno. Percioche qua! più bella cofa è, che faper la natura delle cofe ; la quale in tante, e tante guife con .['herbe, e co' fiori d'anno in anno* di ftagione in iftagione fi traftulla* vagheggia $ Così fatti piaceri più fentire con l'animo, che raccontar con lingua, o efprjmere con fcrittura (1 poffono. Non dico però*h'il Barbiero affatto Medico diuenir debba, che fé ciò fuffe, Medico, e non Barbiero farebbe. Ma che fendo egli barbiero > e douendo medicare j gli fia bifogno,che de'rimedij fecondo l'applicatione, che ne dourà fare,notitia* contezza egli habbia, E fé non in fommo* per- fetto grad0,fpfficientemente almeno* di cognitione hiftorica più tofto,cha fciétiale.Acciò fappia gli vnguéu* cataplafmi*om'aneo gli empiaftri,c'haurà d'applicare. Oltre the tutto ciò affai dì facile potrà egli apprendere con Ja_* » continua prattica*he. terrà con periti Medici ; Ecosìnon folo al proprio co- modo,& honore, & ali Vtile del publico,ma anco alla cofiienza propria prò- uederà.OJtre che(come nt'fuperioridimorfi habbiamo detto) sfuggirà dì no incorrere in caftigo della giuftitia téporaIe,& anco dell'eterna, fé per impe- ri tia,applicando alcun rimediòjOccorreràKhe per quello danno n'auuengaa colui,che I'applica,con fobligo altresì della reftituticne, e refettione delti danni, e fpefo. A quelli trattenimenti dunque,a quelli otij,con tutto'lcuore* con tutte le fue forze,diafi quanto più gli fia poffibile,l'honefto.Bàrbiero.Così mi fido, che pieno fodisfacimento effo in fé fteffo prouerà,agli altri cómodo,& a me di sì buon configlio con grato animo renderà lode; ma prima di tutti al fommo Iddio*he d'ogni bene è Autore, e Donatore^. Il fine del primo Libro. S7 B A R B ì E R O DI TIBERIO MALFI DA MONTE SARCHIO, Barbiere Napolitano, e Confole dell'Arte . LIBRO SECONDO. DELLA COGNITIONE ANATOMICA1 delle vene, e del vero modo d'aprirlo. Della prima origine della Sagnia y$ de gli ftr omenti d'ejfa. Cap. I. M^wP *^L*%'/\ £iP/ J? ^l\ ZvW *~*33m WrY>] CRISSE, & àmio giuditio,affai benel'eloquen-. tiffimo Cicerone in più , e diuerfi luoghi delle fue' opere,che la Natura a noi huomini è Duce ottima,.e maeftra di tutte le cole. Effa ( dice egli, ) con moltj fegni fi dichiara, che cofa voglia, che cerchi, che^ defideri : col qual detto» io intendo,che non folo ef- fa c'infegna i modi del viuere ben coftu.mato ,e drit- to > ma etiandio le vie dell'arti, e delle r rt fcffioni i di maniera,che li faui huomini>e quelli»che prima hanno inuentato j e pofto in luce nel mondo,qualche opera,e qualche nuoua cofa, da effa per lo più l'hari prefa. Lo iteffo j/per non dire hora di molte arti^ vejcfo'rno effere auuenuto alla medicina »~&alla Chirugia, della quale vna particella è la Sagnia , ò il falaffo/che dir vogliamo^ di cui al prelènte ragioniamo : ò miriamo tutto ciò,ch effa natura ha moftrato nell'huomojò puìe quelite ha moftrato negli animali bruti. Nell'nuomo in vero , quando aboncia il langue,ò quando e per qualche maniera corrotto, ò vitiato (vhe quefte due fono per à punto le cagioni delfinfermità) vediamo alJ'pora la natura foll'e- cita moftrarfi, per cacciar fuori tutto ciò > che in effo fangue cffendeL». H Lx> Lib- de fc- nefl. Lib.de ami- eit. Lib.defìnib. primoeffic. Lb. de lc- glbv ih'ì ir 3^ ir?niOifi "Coffe'il'.fan gu rare dal la natura (ia tutto. r* LIBRO Lo caccia, dico,e porta fuori per l'habito del corpo, ma più apertamente^ per Io nafo» per ia bocca > per le vene dell'vtero,e delle parti efcrementali. Ne gli animali anche chi ben mira, vedrà f non fenza vaghezza^ quanto grande fia la prouidenza d'effa natura » ch'infegna fecondo le proprietà,& Inabilità di ciafeuno a lafciare il fouerchio, e liberarli dal dolore, e dall'in- Par.j.fuse firmità; E peròfcriue Gio.Battifta Montano, che! caualiogenerofo,ag- med. cap.i. grauat0 fa molto fucco,fi morde il collo, prouocando l'vfcita del fangue. Lib.8.c.a/. Le capre vanno ad incontrarli con le fpine. L'Hippopotamo, altresì, caual- 1-iba.c.*»! lo marino,come fcriue Plinio,citato dal Matdolo fopra Diofcoride, efce dal Nilo,e con alcune cannuccie in sii la riua nouellamente incife,s'apre la vena della gamba,e fparfo a baftanza il fangue,quella chiude col loto.E finalmen- te (come alcuni riferifeono) i boui,le pecore,gliafini,& i muliji leoni,de al- tri animali,hanno dalla natura ciafeuno di elfi i propri) modi per ifgrauarfi. Né ftò a dire hora de' volatili,quali priui non fono d'vna tal prouidenza». ; percioche le galline,^ altri vcelli ci hanno moftrato come dobbiamo fouue- nir loro in fanar lapeuida. Quefte, & altre molte offeruationi, oltre ciò fa- cendo,tuttauia gli huomini al fine conobbero proprio, & amico effere del- la natura languente,torre il fouerchio dei fangue; il quale perche molto più) che negli altri abbondar fuole nel corpo humano,per effere maggiormente caldo* &humido di tutti producendo in.quello mali tanto più rleri,& acer- bufi 'diedero gli affai induftri huomini del primo tempo a penfar vari] modi Hìft^r. Ind ^ fcemarlo > e cauar fuori : così riferifcc/Fetrante Confalo, rammemorato (oi.ii/ ' anche da Gio.Battifta Seluatico,che alcuni prima erano vG a pungere le ve- ne con pietre aguzze, altri con denti di vipera, altri con cannuccie acute, e molti anco con ifpigoli di gramigna : quefti con fetolc di porco,e quelli con « fe proprie vnghie. E nel mare di mezzo la contrada dell'Indie del Darien- fe, narra Gio. Boemo d'Aubano,che i popoli fi falaftano le polpe delle gam- be con pi etre,aceoncie a modo delle notfcre lanciette, e le donzelle con f pi- fLìb. hiftor. ne °*ì P&i • Parimente Giacomo Limoine racconta, che quelle genti apro- Ind. cm. no le vene della fronte a gli ammalati con vna Cocciola di mare acutaibenche .__ àggiunga,che aperta la vena,indi con la bocca fucchiano il fangue, e ripofto in vna razza,lodannó a bere alle donne grauide, & allattanti bambini, per- che diuéngano più robufti . Non furono quefti tai modi apptouati in tutto da' piùfauij huomini,che feguirono,ma aggiungendo fatica a fatica ,& indu- Hìtrouamc- ftria ad indufttia ; altri come gli Suizzeri diedero al mondo quello tiro- f°i,& atode ment0 'detto Ziccarda, del quale fi vagliono hora nel falafiare i caualli. varij* nuom Altri come gli Arabi prefero il fofTorio , il mirtino Iato, loliuare fottile, il ftrométi per toltellarèjl'alnelìl, & altri annouerati da Albucafi . Altri prefero vn certo snucf * fcoppettuolo, deferitto da Gio.Battifta feluatico,in cotal guifa . La parte-» ùb. citi.45- dinanzi da vno de' lati alquanto piana naflonde vna punta acuti (lima, come 'di picciolo coltello >laquale poi dalla parte di dietto,ch e affatto mondai, pre- SE C ONDO. 5> premendoli vn picciolo ferruccio, che le. ftà fopra, viene fpinta fupti così prettamente, che ferifce pungendo ciòjch'mcontra/à pùnto, comete dalla bocca d'vn picciolo fchioppettino., piegata la ferpentina , vfcifle fuori, in-. luogo di balla,vna punta di picciolo coltello. -'Ma vi è vn'altra cofa di mag- gior mduftria, che dalia parte di dietro ftà appiccato vn ferro a m odo di cì- hndre, o diciamo vite > a finche a noftra voglia fingendolo, più, o meno r: • fuori efca la punta. Altri finalmente tolfero il fiottano , o pur mofchetta, ancora adoprata a' noftri tempi, G come intendo, nell'antica Città di Saler- no, il quale ferifce la vena, moffo con vna fpinta dal dito di mezzo. Però più di tutti i modi piacque a'noftri maggiori Io fcalpello, da noi 4_ •■■% volgarmente detto, lancietta, ritrouata, come a più intendenti piace,da-, Efculapio i benché in Roma il primo, che Fadopraffe fu Gnidio Pifone^ ; il quale mentre era prigione (come fcriue Suetonio) per fuggir l'opprobrio- fa morte dall'altrui mani appreftatagli,con quello s'aperfe.le vene infino al- l' vitìccio fpargimento del fangue . Iftromento in vero da tutte le parti com- modiffimo , & attiuiflimo ; poiché adempiendo bene il taglio, lafcia in no-, ftro potere di ficcar più dentro, o meno la punta, fecondo richiede l'habi- ^ìibdeTuiZ to delle carni, e della vena. II diuino Hippocrate non aflignando il nome, neribu*. ne la forma di taliftromenti ( quafi non aftringendofi alle prefenti inuen-, tioni,che pur fono variabili/ diffe, che l'Artefice della fagnìa dee hauere^ ferri acutiffimi ,e fottiliilimi, non di pari, mifura,né grandezza, ma in di^^ ueifé guife,groftì,eminwiyfecondomoftranole palpabili vene. E perciò>; chi sàjcne con le mutationi de' tempi, fuccedendo ingegni più curiofi, e-/ ^ peregrini non habbia anche à riceuere akra forma, & altra maniera vn tal% iftromento £ Pure in tanto polliamo noi effere contenti di quefto, che di tutti gli altri è il migliore-;. Percioche > fé Galeno più commenda l'ape- rir della vena, che la purga, folo perche ftà in noftra mano di torre il fangue ,che ci balta : così duo io, che Quefta maniera fia più lodeuole di tutte j percioche in larghezza, in lunghezza, & in profondità> còme piùci _,! piace j e ci è neceffario , pofsiamo con quefta far la ferita-,. H 2 Del fo L I B R O Lib t. colli» get.cap. u Anatomìa^* delle vene_», al Barbiero, occcira.ia. Dtl nafcimento% t della, conjlìtutìone delle vene. Cap. II* C RISSE il gran Commentatore Auerroe, thz^> ciafeuno Artefice primardi tutte le cofe, dee faperc> la natura, e la conditione del foggetto, in cui egli operài altrimente in milfe maniere potrà errate>à guifa del cieco Iegnaiuolo,cbe hauendo il legno inan- zi,non sa doue colpire. Perciò intendendo noi (per quanto fi ftende il noftro poco valore) dar l'arte di ben toccare le vene, quando è dimeftiero torre il fengue fouerchio , affai conueneuole ci pare> che fijppia in prima l'Artefice-» tutta la conftitutione, k natura > & gli accidenti-delti vafi, nelli quali deue operare. Così ne feguifà poi molto commodo, &vtiiità ; si per chi fagnai come per l'ammalato» Percioche l'Artefice farà il fuaofficio meglio,e più ficuro, e ^editamente » e iMcrrno,noa feritenda-dolote^Qtrà ftat ficura dal pericolo. Ma perche p'u ageuolmerite póffiamo dare fa miglior notitia aVdetti va-' Cfiabene, che alquanto di lontano facendoci, portiamo fin dalla prima»* origine di efsi> tutto quafi il coartò* e tutta la diftributione per le parti del corpo ,che a detto effetto, fia neceffario * Primieramente dunque è dapre* fuppòrre co' Medici ; che quefta fabrica del corpo humano è diftinta in tre-* regioni, o diciamo parti principali» nelle quali hanno il fuo luogo tre più nobili fàeultà dell'anima ; cioè nel cerebro Gedc la virtù del fenfo, del mo- to, e deidifeorfo; nel cuore ftàquel|a,che fa if polfo, e dà la vita; & net ... fegato finalmente quella,donde viene il nutrimento , l'accrefcimertto, e bro ddrartè & generatione della prole * che peròehiamate fono dette tre parti, Anima- medicinale le, Vitale, e Naturale > Delle quali,ciafeuna f\ ferue de' propri) ftromenti ^ Eb^dd^e! & ^e va** • Percioche l'animale dal cerebro. fi diffónde per li nerui ; la vita- ihodlneicx" le dal cuore fi deriua per l'arterie j,e la naturale dal fegato G comparte-* ren d'Hipp? A noi hora tocca dire principalmente delle vene, come noftro più pra- ■ dì piat prio foggetto (benché dell'altre ducaltroue a* fuoi luoghi fi farà alcuna». mentionc. ) Intanto è da faperfi > ch'il fegato è principio delle vene (non dico già d'origine, perche tutte le parti del corpo infieme fono formate-;:^ Lìb. de ali- ma di radicatione,e difpenfationc,come Hippocrate lo chiamò nel libro de menta um.. alimento: perche tutte le radici delle vene per tutto il corpo dal fegato fo- no fparfe i II quaje è di foftanza, che non fi può dir veramente carnofa, mat più 4-tcx,d. !l- S E G O N D O, f* più toftó Umile ad vn fangue apprefo, & per calore diseccato. Ersfiftrato, il primo, lo chiamò Parencbyma, che vuol dire allagamento> e fu così forr màto ffrà gli altri vii, chei Medici gli atpibuifcono /accioche trstteneffe Muta copia di vafi* & infieme non s'auiiuppaffero j quelli foffcntando ;,j£ ftabilendo, come tn vn guanciale. Per cosìfatta foftanza le vene, ehm tan* Ga^i'tM- to numero diceuaroo feorrere ; altre tranfportano per la fua parte di fotto ia ?«?£*• ^ portionepiù fottile del fucco,nelloftomacO;0 ventre padito, aU'iftefTo fé- gato, oue polraeglio fi cuoce, affottiglia,e prepara ile quali per l'officio di portare il fangue Porta chiamate vengono ; Maitre il medefmo già beu^ cotto, & ftagiònàto lo portano per la partedi fopra al tronco d'vna vciia.d-e Caua fi chiama^ « Di quefte due vene Caua, eRertafehe le maggiori >&priaapalij^0;} chi potrà a pieno deferiuece i roarauigliofi sboccamenti fda,gy antichi chia- mati Anafiomotà/ per le quali tutte le vene del fegato a punto/ceme in pro- pria matrice,hanno ccmmurìicahza,& corrìfpondenza ? Kiun© ancora po- trà mal dire a baftar#ayi varij intrecciamenti ,& i moltiplicati gkj, che per maggior'taffitìanTorica defc «angue, con rameGrettezze ii vafi ha fatto la na- tura . Così la tanta varietà de gl'inteftini, maraviglisi potgeua a. FirmiafleJ, cotaf, e tanta,che niun'altra cofa piùjnel corpo humano, ammirare diceua. Ma quefta al ficuro trapaffa ogn'altra di gran lunga. Lo che a me è toc- .NeIf^b:det- cato vedere, & oÌTeruare appretto il Pottor Marc'Aurelio Seuè'rino Anato- deiniuTiJìo" mico dignifiimo>& publico Lettore nell'Almo Studio Napolitano, il qu3{e neI c»»4. con lunghe fatighe ha ritrouato il modo di tor via tutta la foftanza dei fega- Ma^c°o au? co,rimanendo integre, e falde tutte le vene con le fueradici,e fibre. Per Io rdio seue- che a me è paruto, che fi come tutte le parti del corpo ftanno appoggiale^ rine per hx' su TolTa, cosi l'oflaiura (per così dire^ dei fegato fiano le vene ^ levene dei- Hora nafeono dalla già detta vena Porta molti rami diftrir>uiti adiuerfe J» foftanza. parti del ventre inferiore per nutrimento di effo, e per efpurgaracnto dei dtfctoite^e >ere_. fangue-* de' quali rami, perche non fono effi per l'opera del. fanguinatofey 1* non tocca a noi, fé non per ragionarne a ventura, di vno, il quale è The- mcrroidale, così detto, perche fa levene hemerroide nella patte del fora- me,defcendendodal ramo mefènterio drittamente per l'inteftino, Et que- fto folo., fra tanti rami della vena Porta, noi pratichiamo. Della quale^» vena tanto fia detto breuemente. Percioche appreffo più pienamente Ci conuiene dire della Caua, come quella , che ci fomminiftra le vene ad aprire deftinate_*. ^. La vena Caua dunque paffa» come vn acquedotto> per la parte fupé- Ga!en;iib.4. fiore del fegato, con vngroffo tronco, che fubitoin due gran rami fidi- f^^jl inde,. l'vno. de'quali a nudrirevà le membra di fopra il cinto , e l'altro. quelle* che fono di fotto: però quello afeendente, e quefto difendente, da gli anùcjtj fu detto,. Et l'vno» Gl'altro sù2 e giù^manda diuerfi rami; de* éz L I B R O de' quali quelli principalmente fpiegaremo , che fanno al noftro vfo • Mentre fale la vena, doppo che diuerfe parti dell'interno petto ha nodri^ to,con quattro principali rami dalle parti, alle quali s'inferifse ( denomi- nati , cioè, Frenico, Coronale, Azigo, & fntercoftale ) di nuouo G diui- deindue notabili rami, i quali dàlia natura, e dal fito delra pirte, per doue paffarto, Subclauij communemente;fono detti; percioche fotto la Qauicola , e fotto del Iugulotfbno terminati. Altri di quefti fono dentro ilthorace diftrìbuitt* come là vena Mammana,laThymica, la-* Capfulare, la Ceruicale, & Ja Mufcula. Et altri finalmente nell e fterio- re fi cacciano, fi come f Affliate, lacuale èquella,cfe chi la Bafilica>Ia.* Cefalica, & la Commune del braccio, con tutti i fuoi ramiceIli,deriuanoy iti quel modo, ch'appreffo più difttntamente dimoftraremo * per non con- fondere in^n fola difcorfo, materia, che per altro, lungo trattato riehier derebbe: ma accioche fi fodisfaccia in alcuna parte all'vniuerfal diraoftra* tione di quefta materia : parmi fia bene, che la figura ne porgiamo, che^ al viuo, & in vnà quafi occhiata rapprefenti, & l'interna conftituti one^a con l'origine delie vene, e tutto il finimento di effe,ne' membri efterioci. La quale figura è quefta.* « :cj j V E; N Mi Vena nigra lingpaé.' V. Narium. . ^ V. Ad tnguluro minorem « V.Re&afrontis. V. Pulfum oflendens. V. Aurieulaeproxima. V. Iugulatis exterior . V. Humeralis afeehdens ramus • p V- Bafilica. 2 e Subclauij rami cause afcendentis • jt V.Tntercòflalls. , % V. Mammaria^. ij V.S ine pari. ,4 V. Axillaris. ,j v.Cauaafcendèifis; ,5 Ranvis venae Hurneralls, ,7 V. Media. t ,8 V. Céphalicfc tuto incidendae locus. 19 V. Bafilicse Sinuo/us fecandae incotti- modus locus • sto Curfus Cephalicae, & Baftlicac, »i V.BafiUcsereciridae locus. ""* gii Rami ve nae Bafìlicae intera? mahus. ■' -•;'.* 13 V. Caua defcéndens, ,-* 1,4 V- Eraulgentes. %'j Rami iliaci Cause defcendentts. itf Rami cruralis initium. xi V. Mufculaùs.. 28 V. Saphena. X9 V.Saphenae c»mmodèincidendaeloeus» 30 Alter Saphense locus incifioni paratus» ARTERIAE. A Ramus axillaris arteriae magnar. B Rami Subclauij arteriae magua* afeen-. u dentis . -; C Arteria magna afcendensi. D Arteriae magnae defecndentis initium. :J E Arteriae magnae ramus mefentoricus fa- ' perior. F Arteriae emulgentes- G Rami iliaci arteriae magri*» H Arteria vmbiUcal^. Dìmth w SECONDO. s< &*F 'ri '4 64 LIBRO' ,;*- "Jr':" %/. V-f secondo: 4s Dimofiratione delle 'vene » che per ordinario alt aprirli perfalaffofoppofii fono. Cap. IlL Baftanza, s'io non erro, nel paffato ragionamento ftimo effere ftato defcritto il nafcimento, & il vario corfo sì delle vene grandi, e principali, come anco delle minori, che per lo tronco del corpo vanno. Richiede hora l'ordine delle cofe,che di quelle , che per io rimanente delle membra efteriori difleminate fono, alcuna parte diciamo. Pofciache in loro pro^ priamente tutta l'operai tutta l'induftria del fanguU natorc è pofta ; onde diftintamente quelle efporre, e dimoftrare conuiene. La vena dunque,che dall'altra parte del fubclauio ramo (fi come prima di- ceuamo) dal thorace efce fuori, nelle afcelle terminandoli, Affiliare, vien—» detta,dal quale ramo nafcono tre vene, cioè la Thoracica> la Bafìlica, e la Origine del Cefalica ; fi che lafciando la Thoracica,ch a noi non importa,della Bafìlica » ^g^*^ che Htpatica ancoraicioè vena del fegato, communemente fi chiama, in_. ^c* vene. prima diremo : Quefta in profondai fuccutanea, fi diuide ; ma della prò- fonda,fouerchio parmi il ragionare j percioche nella carnofa parte dei brac- cio s'incamina > onde aliena fi fa dal noftro vfo. La fuccutanea pofcia (così detta,», erthe fotto la cute trafcorre)dopò ch'alia piegatura del gomito giun- gevo due rami fi diuide.-de'quali vno per fotto il lato del braccio feorrendo, la viùna cute,e l'altre parti nutrite; l'altro dentro il gomito portato>con la Cefalica s'vnifce, e qui per lo feontro delle due vene,cioè Cefalica, e Bafìli- ca vnendofi aflieme, di effe vna fé ne fà,che Comune vien chiamata,fecondo la comune anco fentenza d'Anatomici > fi che s'ingannano coloro,che pen- fano la comune vena effer'vna da per fe,e non per io congiungiméto di det- te due : però volendo aprire la detta vena Comune fi deue ella cercare fotto di effo congiungimento, e non fopra ; altrimente nella Cefalica,ò nella Bafì- lica? non nella Comune,cqntra l*intento,fi darà di colpo . Onde non lafcia- rò d'auertire per quello, che in molti anni dei mio effercitio ho offeruato, che le vene3lequali per fopra il braccio della piegatura del gomito vanno giù per lo carpo, e per la mano diftefe » tutte ancora comuni fi deuono chiama- re ; percioche propagini fono della Cefaiica,e della Bafìlica . E viene quefto mio auertimento,oltre ibfferuanza>e lunga efperienza,confermato da molti Dottori>come è Gentile,il quale dice il ramo del dito pollice della mano ef- fere ramo della Bafilica,e comunejancorche alcuni tengano,che fia della Ce- falica folamente : Io conferma ancor'Auicenna, Aliabbate,Guidone,il Mon« dino,e Nicolò Fiorentino i ancorché della contrària opinione fia ftato Leo- nard o TufarelIo,valentiOimo fcrittore > afferendo il ramo di detto luogo et ^Jg™ jj* (ere della tetta, contradiccndo in quefto a tutti gli altri fopranominati Ictit- 1 cori» Cur. |. J, Opthalnn 66 L 1 B R O tori, & alla lunga efperienza madre $ e maeftra di tutte le cofe 3 la qua!^> manifeftamente ciò ne dimoftraVpofciache Jigaridofiij braccio nel Irìogo folito, lafciando perpoco fpatio gonfiare le venerdì effo, fi vede , che da_ ambedue le vene, cioè dalla Bafìlica , e dalla Cefalica, deriua dal carpo proflimoal polfo vngroffo tronco di vena,il quale femina tutte le vene-», che per fopra la mano, e per le dita apparono, dimaftrando fenza dubbio, a difficoltà alcuna, che d'effe due vene fono propagini j e quefto ancora^, odu Saenf* **"* m°derni, conferma Giubilio Mauro di Torre Sabina. Dallo fteffo ra- c.*5.ci*c^ mo affiliare nafee anche la Cefalica, così detta, perche negli affetti di tefta *«: " per ordinario aprir fi fuole, & Humeraria ancora nominata viene, effendo eòe per l'homero parta, feminando prima vn ramo detto Iugulare, per fotto il mento falendo a fare tutte le vene del capo,come appreffo diremo ; c*da quello difcendendo>quando alla piegatura del gomito arriua,in dus_> altri rami fi diuide i vno de'quali obliquamente lcendendo nell'interna piegatura del gomito,col ramo della Bafìlica fi congiunge , e con effo fa la ■ Còmmune vena > L'altro più apparente per mezzo del fufel minore difen- dendo i per obliquo al carpo fé ne viene ; e quindi tutta la mano di fopra irrigando , con vn'euidente ramq tra il piccolo dito, e l'anulare fi termina : quefta Saluatella communemente chiamano gli Arabi i la quai'hora ben pa- rerne non della Cefalica folamente Ila ramo, ma propagine delia Comma- nccome dalla deferittione del Laurenzo il raccoglier. » Dimoftrato quefta qualità di vene, circa le quali nel braccio s'adopra la fegnìa : refta hora a dire delle vene della fronce,della lingua,all'orecchie, e del nafo; onde diciamo,che dopò, ch'il fegato ha mandato le ven? del bracciojche fono del ramo fubclauio, più oltre falendo,favn'aItro ra no,fu- perclauip chiamato, il quale giorno nel Iugolo,quiui lavenaiuguiare,così interna,come efterna,coftituifce : l'efterna poiché alle fauci arriua, in du^_> parti fi diuide: delle quali l'vna ne i mufcoli della laringe, e della lingua fi confuma i l'altra fuccutanea nell'vno, e nell'altro, labbro, e nelle pinnc_> delle narici, nella frontee nelle fauci,quafi tutta,e nell'angolo maggiore^ dell'occhio, e nelle parti di dietro l'orecchio fi diffonde. L'interna, dopò ; che per le parti del collo al capo, & alle vicine parti se diftribuita, manda alla laringe, & alla lingua ancora propagini. Così apparsene la vena del- LitM.cap.*. la lingua, sì dall'interna Iugulare, come dall'efterna, fi faccia, fecondo il Lib.Anatom. Laurentio j benché Galenojdall'interna folamente farli, par che dimoftri. Diuariclt"-. Hauendo fin qui fodisfatto, dimoftrando le vene del tronco afeenden- rie cfcila ve'ti dalla vena Caua, che nelle parti fuperiori del corpo per la fagnìa s'apro- cciScmedc" no ' fi(;Sue a dimoftrare dell'altre, che dal tronco difendenti, fono al no- ftro tfl^rcitio neceffarie a faperfliche nelle gambe, e nelli piedi locate^» ffanno. Quando dunque il detto tronco per l'offo facro feorrendo arriua a gì Ilij,parti vicine a' fianchi ; qui fi fpatte in due grandinimi rami, Iliaci, dal fito della parte > cognominati.. Quefti ambidue, pofcia che quattro ai* -j j tri SECONDO- 67 tti rami per dafcun Iato hanno fparfo, cioè Sacro, Hipogaftrico, Epigaftri- co,e Pudendo (i quali però) fi tacciono, perche della noitra confìderatio- ne non fono) vfcendo fuori delia cauità dell'Abdomine a gl'Inguini, & al- le cofcie difendendoci nome di Crurali acquiftano, Da quefto tronconi- tré cìò,più altri rami fi deriuano; ma fei,Ii più notabili, per lo Femore,per la Tibia,e finalmente per lo piede fi fpargonorequefte fono la Safena,I'Ifchia- dicaminore,Ia Mufcola,la Poplitea, la Surale,e l'iLhiadica maggiore. La Safena,così detta da' Greci, per he è vena apparente , altrimente vena del malleolo ; nata nelle glandole dell'inguinagUe,che per l'interna parte-» della cofcia tra la cute, e la membrana carnofa fcorrendo,aIi'efterno mal- leolo fcende: dal qual luogo poi nella cute della parte fuperiore dei pie- de variamente G termina. L'Ifchia minore dalla parte contraria alla Safena nella cute dellìfchia interiore, e ne' vicini mufcoli fi diftribuifcc-». La mu- fcola in due rami fi diuide, il minóre fi diffonde ne' mufcoli, che diftendo- no la Tibia, & il maggiore più profondo in rutti quali i mufcoli del femo- re fi diuarica. La Poplitea,da due rami crurali infieme aggiunti, nata,con alcuni altri rametti,per la cute della cofcia pofteriore fparfi , per mezzo del poplite fcendendo, parte nella cute della iuta,e parte al gallone per l'efter- no malleolo fi termina. La furale ne'mufcoli delia fura, e nella cute del- l'interna tibia diff-minata, piegata finalmente nell'interno malleolo, il lato interno del piede, e la cute dd pollice nutrifce. L'Ifchia maggiore, con la fua più principal parte, per li mufcoli della fura portata, in diece ramicel- li G fparte,cioè due per dito, tna con la minor parte poi nel mufcolo, che tira il dito del piede, e nelle cuti fi fparge. È quefte, fecondo quello v ch'ai noftro effcrcitio della fagnìa neceffarie fono > ne' feguenti difcorfi più ampiamente dimoftraremo ; badando per hora hauer dato vna general no- titia delle vene, per quanto al noftro meftiero feruono. I » Quanti) 68 L" I B R O Lìb. i.ci e. uera. gano dumeto ba- fteuole delle vene, che_j per ordina- rio s'aprono non più che da vn lato han da pi- gl'urli* Sermlrf$r8- ye4l. Quanti $ e quali fono ì luoghi delle particolari 'vene , che rafron&}&A'àquali effetti. Cap. IP. Proni! le vene communemente da tutti nelle parti eftreme del corpose quefte fono non più di tre, cioè, le braccia,! piedi, & il capo : nelle quali parti, però fe- paratamente prefe, de.uonfl da noi moftrare quelle^» vene,che con la lancietta fi fegano ; ragionando par- ticolarmente di ciàfeuria^quanto ballante ne fia; pofcia che circa del numero di queIIe3Hippocrate noue fola- mente né Conobbe,Iequali Andrea di Laurenzo anno- Ancorche altri f come AlbucafiJ fino al numero di trenta, ne pon- Altri/fra quali è Pietro Argilata^ ventifèi ne conofeono.- E fìnal- ìnénte altri (tra' quali è Pietro Paolo Magni tra'moderni ) diecedotto ile raccontano. Et in vero il- numero d'Albucafi eccede quello di ciafeun' altro, perche annouera egli tutte le vene, così picciole, come grandi, del corpò humano,inchiudendo anco quelle,che poco erano in vfo a'fuoi tempi >e di niuna maniera a' noftri. Onde marauigliomi non poco di co- ftoro,come, e perche moltiplicaffero di doppio tal- numero ; mentre bafta Quelle folamente numerare,che da vrtlato fono; poiché alla fine,nè de'lati, fiè^cl'éffe vene vi è^alcùna'difuguaglianza^fe fecondo la materia, che folo da nois'attéridejCònffderate faranoo,e non fecondo la forma ; lo che fpetta a' Mediti, nOtt!à,iprattici^ come noi Barbieri fiamo. Noi dunque (per non cótifòridéretl Lettore, negli effecùtoridi «oftr'Arte,neIla moltitudine del* ìè vene^quelle fòiàmerH:e,cherdà vn Iato fono,e cònfideraremor,& affegna- rcìfto^; poijrhe'l'ifteffe fono dalraltro Iato . Cosrdiciamo^ch'intutti tre^» li lìti, che habbiamo dettò di fopra", tutte le vene (intendendo per quelle i luoghijche per confulta de'Medici a'noftri tempi d'aprir s'vfano)noue fo- no . Poiché non raccontammo altrimenti quelle,che l'vfo a'noftri tempi ha difmeffe,come poco gioueuoli ; mentre l'vtilità del cauar fangue maggior- mente fi fente dalle vene maggiori, che per tutto il corpo fi diffondono. Oltre anco molte ragioni, ch'addur potreflìmo, le quali per breuità ragio- neuolméte tralafciamo.-pofciache fé tutte le parti,ch'affolutamcnte aprir G poffono, annouerare, e raccontare per minuto voleflìmo, andarebbono in infinito ; mentre ogni vena, ancorché picciola, materialmente G puol'apri- re,e l'effecutore,che perito farà, in aprire le maggiori, potrà facilmente an- co accommodarfi in aprire le minori, quando ciò farà neceffario . Onde-» quel,che racconta Hali Abbate,affai più fecondo la fpeculatiua camina, che fccopdo la orattica;mentre fino al numero di fettantaquattro ve ne raccon- ta .tSi ehejj&cndo efieftJ5ogni Iuogo,doue è vena,fi puol'aprirejma noi at- tendiamo ali'inftruire vn perito Artefice3c non à fare vno fottile, & arguto fpecuiatorc-,. Hora S È C ONDO. ég Hora per cominciare dalla parte più nobiIe,quaI'èiICapo,c{iciamo,chm vena delia elio fi fegheno aprire due vene,vna della fronte,e l'altra della linguai 1 Vna, [™";rf£ e I altra come fiadifpotta,a fuo luogo diremo.La vena della fronte (ehe_' r'vsiifù." vena dritta chiama il Borgarucci nella fua Anatomia) s'apre per cura di molti mali,cioè per lo dolore della parte di dietro della tefta (come vuoiti T.. A h Hippocrate; in oltre nella frenefia,nello ftupore5neIle cataratte comincian- ^8. ti, nel dolor de gli octhi,neIIa morfea,e nelle puftole della faccia. Le vene Vene della della lingua che i Greci chiamano,gJoffa, onde le fue vene vengono dette-, Ungua ' gloflke,edaI volgo ranine (come dice Gio. Andrea Laurcnzo)s'aprono per malattie della gola,e fue infiammationi}come della vuola , al nafo, al dolor de denti, al mal di bocca, del palato, per i'erifipela della faccia,nelii cai bo- nijchiamati antraci,per le cui malignità fi fogliono ingroffare la tefta,e gl'in- teriori della gola, onde alcuni fuffocati morti ne fono, come fu notato da_, Paolo Egineta. Fra tutti gli fcrittori, ch'il fajaffo delle dette vene della lin-Lib*4•c-**' guaapprouancniuno ve n'ha, come Lonardo Fiorauanti,il quale in moltif- Umi mali, e da niuno rammemorati, a marauiglia Io commendai approua. Oltre delie dette due vene, ve ne vn'altra,detta anco della tefta, ch'altri- Vena dell* mente humerale vien chiamata; /'perche va per l'homero,e perciò anco det-tefta-" ta efterna da Hippocrate ; ma da' noftri Funis brachtj ; perche com'vna fune Ita tefa) la quale s'apre in molte infermità d'effa tefta,cioè,in ogni fuo dolo- reseli'emicranea, neil'infìammagione degli occhi, ne'flufsi del fangue del nalo,neli'infiammagione,ne' tumori della gola, & altroché tutti rammemo- rare non bifogna. Quefta s'apre nella parte efteriore della piegatura del braccio, come meglio nella figura feguente fi dimoftreràin prattica-i. Siegue terzo appo di quefta, la vena del fegato, ch'Auicenna vena nigra* chiama,perche alle volte trafpai e negra : ma i noftri col nome di Bafìlica, di Iecuraria, ò di Epatica la chiamano • Hippocrate vena interna a differenza^ dellefterna,ch e la detta già di fopra,Ia chiamò. Aprefi quefta sì per preferì uare da' mali imminenti per ia pienezza de gli humori ; stanche per curare la febre, e l'infiammagione del fegato, dello ftomaco, del polmone, della milzadella pontura, ne' mali del cuore,nell effufione del fangue del nafo,e dell altre parti, e ne' dolori interni, de efterni, e ciò fi fa nella parte interio- re della piegatura del braccio. Nel quarto luogo vien pofta la vena Commune, da altri detta vena me* Vena com' dia, ouero mediaftina ; perche aprendoti, fi tiene,che gioui a' mali di fopra> e di fotto. Aprefi quefta fimilmente nel mezo della piegatura del braccio, in tutte l'infermità dd petto,della tefta, e di tutte le parti inferiori, e fupe- riori. E finalmente vale fola a tutti quei mali,ne' quali la Ccfalica,e la Ba- filica s'aptono i percioche di quefta,e di quella fi tiene participare, come di fopra detto habbiamo. • Nel quinto luogo confeguentemente fieguono le vene della mano, vna nel pollice , la quale gioua a qualunque cafo, ch'effa commune è gioue* uoki 7© LIBRO uoles Onde aprefi taf hora per difetto di non apparire la commune, e-» l'altre vene fuperiori del braccio. Quefta aprefi propriamente nella fupe- riore parte del deto pollice. L'altra del deto minimo , detta da moki Sal- uatella,per la falute, che fi tiene arrecare i aprefi ne' mali lunghi, nelle op- pilationi del fegato, e della milza, nella febre quartana, nella mirarchia,nel male de flati,e nelle paffioni del cuore. Quelta aprefi nella parte fupe- riore della mano, fra l'anulare deto, e l'auricolare. Ambe quefte vene del- la mano hanno vn particolar beneficio, oltre gli altri ; che, ne' deboli corpi aprendofi,meno dell'altre, apportano debilitamento di forze j poiché fono vene picciole, onde per effere dal centro lontane, manco fpirtti veifano fuori, e per confeguenza meno indebolifcono. ^ Rimangono nellVltimo luogo le vene del piede ; di quefte vna e la ve- veiuSafemna Safena,altrimenteeletta Matricaria: perche gioua particolarmente ne mali della matrice, benché s'apra altresì rie gli huomini per tutti 1 maliche fonofrà'lcinto delle patti interne, & efterne ,come fono infiammagiom, apofteme, e dolori. Aprefi quefta nella parte interna del malleolo. Lal- VenaSciati- tra è la vena Sciatica,detta Silueftre,cioèeftcanea, perche tiene il luogo «^. del malleolo efterno, feorrendo per tutto H tallone, e per le dita minime. Quefta s apre ne' mali della feiatica, ne* mali delie reni, & in altri sì fatti, & aprefi all'oppofito della fafena nel malleolo efterno j cosLcome quella nel- l'interno:.'. Scòrgefi dunque manlfeftamente da quefta numeiatione di ve- ne per noi:già fatta,t}uelie,non più effere, che noue in vna parte del corpo ; uè occorre moltiplicare quelle dell'altra , che così dieceotto farebbono : mentre l'ifteffe fono in vna parte , che nell'altra.,. Tralafciandofi oltre cip d'annouerare la Poplitea,che fotto delle ginocchiera locata,sì per non effere in vfo, sì anco per efferui in fuo luogo la fafena, e la feiatica, oltie^ che non irebbe bene (nelle donne particolarmente) obligar quelle, fenza cagione vrgente, all'alzar della gonna. E' vero sì, che fé bene l'ifteffe fo- no le vene da vna par te, che dall'altra fono ; nientedimanco fono differenti gli effetti della falute, che dall'apertura di quelle, da vna delle dette parti, fi defiderano, che dall'altra : mentre per ordinario a prò del fegato è con- fueto aprire quelle della parte deftra ; e per mali di milza le finifire. Oltre che per far diuerfione contraria al male j contrario a quello altresì effer dee l'aprir delle vene. E fuccedendo parimente difetto alcuno nel foggetto nella parte deftra,o pure nell'artefice,che forfè al primo,ò fecondo coJpire,non_. haueffe fortito l'effetto dell'apertura, può quella farli nella finiftra parte^ . Così come,ogni voltaiche nelli luoghi di fopra allignatale fopradette vene, noue in numero da noi raccontate, per difetto, o accidente veruno aprir non fi poteffero j quelle fecare anco fi potranno in altri luoghi, come fi può vedere , e pratticare nella feguente figura, che per maggior facilità delli de- fiderofl di queft'Artce per euidenza altresì di quanto habbiamo detto,non ci è paruto fuor di propofito di qui proporre; & è quefta-,. Lo 5 E C ONDO. 71 7» LIB R 0 :;ìi^ , *' &■* ..... -;. ■ -'-.-_;•__ '-■--:? _^_ - ... ì.: .^■::.".'- .:^Ì=^': ' ...NV " _-. '"' ' "i" •.'. - " .'-■/',' . 3v . " " .ls*~~ ' .«** '■" r'~rf~^- #; ' \-&~: •->:" 7 *S*. y— - >" - 3' ^ »M secondo; n Lo che; oltre chiarirli da!I'efperienza,& offeruanza delfAnotomia, vieneJ parimente approuato da buoni, & affai periti Autori ; e gli Artefici periti al- la giornata l'offeruano. Così come occorrendo difficoltà d'aprire ia falua- tellanell'affegnato luogo di fopra tra l'anulare, & auricolare, potràquella^ fegaril nel ramo feguente (per non dir precedente) tra l'anulare, & il mez- zano , come n'infegna Galeno ; effendo che è l'ifteffa vena, fé ben diuifa in m più rami ; lo che ho voluto dire per non lafciare luogo donde poffa forare mie.' giouamento alliftudiofi di quell'Arte-,. Lib.5.Admi- aiftr.Aaato- La differenza della vena, e dell'arteria . Cap. V. Criffe il Filofofo, che la fimilitudine generalmente^» è cagione dell'errore ; perche dunque la vena,e l'ar- teria fono tra fé molto fomiglianti, e nella fomi- glianza ingannar facilmente G può l'inauucduto Ar- tefice, l'vna per l'altra prendendo ; perciò fia bene^t che noi qui il modo d'ambedue feorrere, e diffepa- rare l'vna dall'altra, dimoftriarno,affegnando le pro- prie conditioni di ciafeheduna , e gli accidenti • Che fé il legnaiuolo la cognitione tiene delle diuetfe fpetie- de' legni j t-> Come ai Bai l'agricoltore delle diuerfe piante ; e così gli altri dell'altre Atti parimente^ ceffono fai quanto più neceffario è, non che conueneuole , ch'vn tale accorgimento in per diftin- quello fia, che l'humano corpo ha per foggetto, la cui vita, e conferuatio^ §"^ vi du' ne trapaffa,fenza paragone, ogn'altro prezzo £ Né fia dubbio,che per così " À fatto errore, vada tal volta a pericolo di fpengerfi ia vita dVn'huomo : per- cioche aprendoli per auucntura l'arteria,o fia per ifeiocchezza del Chirur- go , ò per altra ferita, non potendoti ageuolmente raffrancar'il fangue,ne_* Segue che li fpiriti anco vitali fi difpergano, onde la morte ne fuccede, & il diftemperamento dell'human comporto ; cofa.frà tutte,la più horrenda,e_^ fpauenteuole,che dire,& imaginar G poffa. Perche dunqucdalla cognitio- ne , e feorgimento delle vene, e dell'arterie,efperto G faccia il fagnatore, de, acciò ordinatamente procediamo s conueneuole nò fumato, feparatamen-.; te trattare della natura, e qualità d'ambedue, e confeguentemente pofcia, in che uà di loro conuengano,e s'affomiglino, e finalmente in che difeon- uenghino , e differifehino, dimoftrare j affinchè veduta eguaglianza, eia ; differenza , e conofeiuta la proprietà,e natura di ciafeheduna di effefacilc fi renda l'effercitio d'aprir le vene, fenza errore alcuno,o danno del foggetto. Cominciando dunque cUUa vena,diciamo,effaaltro non effere, eccetto che K vru* tris: 74 LI B R O Diffinitione vn va^° rifondo,* guifa di cannuccia concauato, per ritenere>concuocere, e dell* vena, finalmente portare il fangue alle parti, che di effo fi debbono nutrirei. 3 Oltre ciò la vena di femplice, e lottile tunica contefta, e d'ogni genere di fila fornita; nata dal fegatojdi natura fredda,e fecca, e dalla vifcofa,e tenace parte del feme generata. Quefta diffinitione credo ben'io, che comprenda tutta la naturategli accidenti della vena,perche efprime la figura, la compo- fitione,il nafcimentOjl'vfojrattione, il temperamento,e la materia di effa.,. Lafigura,s'intende per la rotondicene rapprefcnta ; per la quale parte,an- che dal neruo viene diftinta. Per la femplice,e fottile tunica poi habbiamo laftrutturadelvafo, diftinguendo dall'arteria, come apprettò diremo. Ma quefta femplice, è fingòlar tunica ha in fé ogni forte di fila, dritte* oblique,e trauerfe : con le dritte attrahe dalie vicine vene il fangue,& il fiac- co a lor neceffario ; con le trauerfe ad altre ne manda, accioche più oltre fi diftribuifca; e con le oblique il ritiene : benché altri ad altro vfo le dette fila, vogIiano,effere fatte ; dicendo ,che feruono folamente per fermezza, cioè, perche la vena non patifca qualche difaggio, o rottura, per la quantità del fengue, che violentemente la ftende. llnafcimento della vena s'hà quan- do diciamo,che viene dal fegato, come tutti Medici ftatuifcono . L'vfo,e Pàttionéappare per quello, che fi dice feruire per concuocere, ritenerceli portar il fangue . Il temperamento fi dimoftra,mentre diciamo effere fred- dale fecCa« Eia materia finalmente, dicendo, nafeere dalia gì offa parte dd feme. Mokijfra* quali il primo luogo tiene Galenò,dicono, che la vena»,, lior fia foftanza firnilare,cioè femplice,& vniforme; hora organica, e dittimi- '. lare,cioè di pìù#he vnafoftanza,e d'vna natura^. Ma il vero fentimento è, ,, che fecondo il giùditio dei fenfò,fia femplice foftanzajma fecondo quello la ragione dimoftrare perfuade,fia compofta. Perciò noi l'vno, e l'altro nella ;;dinlnitione comprendendo, organica detta Thabbiamo nella prima parte, e fimilare nella feconda,come lucidamente ogn'intendente puoi cóprendere. Natura, e_» L'Arteria fimilmente ; come parte fimilare,& organica, fi diffinifecche—» conditicnc fia,vn vafo ritondo,e lungo,a modo di cannuccia concauato,di doppia tuni écU'aneria. ca>e fa tutte je fibre cornetto, per conducere ii fangue fpirituofo , nato dal cuore,alIc pàrtì,che debbono viuere per quello; de è di natura fredda,e fec- ca ; dalla parte del feme più vifcofa,e tenace generata. Le parti di quefta_. diffinitione quafi tutte chiaramente s'intendono per queIIo,c'habbiamo det to della vena. Perciò per non replicare di nuouo l'ifteffo, paffaremo all'al- tro capo,cb*è di moftrare la fomiglianza, eh e tra di loro « La fomiglianza». dunque è nella figura, percioche ambidue fono canali lunghi,caui>è rotondi. Hanno ancora fomiglianza nelle fila in alcuni vii generali ; nel temperamen- tp,e nella materia j & in sì fatte cofe,più,e meno conuengonoidi modo che i Medici antichi ambidue col nome di vena confufero. Ma difeonuen^ono poi in altri accidenti,cioè ndforigine,neI moto,e nella quiete, nella compo- fitione, ouero ftruttura/e nel contenuto di effe_>» Ditte- secon Dio. ;7* Dirferifcono nell orìginccom'ogn'uno sà;e per le difjnitipnhgià portate, chiaramente fi vede;mèritte quefte daJcùoteyefe vene dal fegato,traggono l'origi ne. Differifcono fecondariamente nella teftura,ò componimento(che noi diciamo) petcioche il corpo dell'arteria è tutto membranofo, accioche faci!mente,e diftendere,e ritirar fi poffa. Però quefta membrana non è fem- plicc,ma do ppiaicioè internai efterna: l'interna è fottile,mentre più non le bifogna : mal'efternà ben cinque volte è.più grotta, come ad Erofilo piac- que ; dal quale par,che non difcordi AriftoteIe,che neruofiffima la chiamò: l'efterna ha moltiflime fila, altre dritte,& altre oblique:ma l'intetna molte_> fila trauerfe,poche ob!ique,e poche rette: la cagione èjperche l'arteria mol- to ha di meftiero di trafmettere3e diftribuire il lingue per natura calidiflìmo; ma poco d'attrahere,c molto meno di ritenere ;.là doue la vena > perche il fangue contiene (benché non in grado così inteufo di caIore)di tanto adob- bamento di tuniche > ò membrane non hebbe meftieri. Quefta medefima^ interna tunica hi quafi vna pellicola, ò cruftetta (che dir vogliamo) limile^» molto alle larghe tele d'aragno ; in modo che pare,che fia vna terza tunica. Terzo differifcono altresì nel contenuto di effe, poiché il fangue della vena ^ grotto di foftanza;e di colore roffo,& ofcuro : ma quello deli arteriae fot- tiliffimo,roffo,ehiaro»e f^umofo .. Differifcono in oltre nel moto, e nella quiete : pofciache le vene fono immobilità l'arterie ftanno nel moto conti- nouoje.battono fempre,alzandofi,e baffandofi, come dicono i Medici, per dilatione, e coltrittione. Ma come quefti due moti contrari) fi facciano, e per qual cagione, non è cofaich a noi tocchi .-bafterà fòlo per quefta pro- prietà del moto, e della quiete,conofcere la differenza, che nel quarto luo- go affegnauamo,effere fràlevene,e l'arterie. Differifcono finalmente negli vfi particolari quefte due forti di vafi ; ma in qual guifa ciò fi faccia (non ef* fendo a noi neceffario faperlo,) io rimettiamo a' Medici noftri Maeftri. Ba- derà dunque all'Artefice della fagnìa, conofeere la natura,e proprietà delle vene,e deli arterie,e le differenze^ vguagiiahze fra di lorojacciò nel fangui- nare,ch*egli dourà fare ; lafciando da parte l'arterie,come continenti gli fpi- riti vitali ; apra folamenre le vene, perle quali vfeendo il fuperfluo del fan- gue,che grauaua,& dffendeua d compofto, quello la bramata falute, & egli l'vtilce l'honore altresì, né acquifti:come più diftintamente appretto di- snoftraremo. ,;.• c?'vw\i .-.:. K 2 Della fi L I B R O Della natura de i nèrui, e de i muffati. Cap. VI. ____Auend<* ne' precedenti Capitoli delle vene,e dell'ar- terie fauellàtòjfiegue nel prefente, che de i nerui, e dei mufcoli, e delia natura d'etti difcorìiamo. Pofcia* che quefto è non meno vtile,che neceffario di fapere» & intenderli dall'Artefice delia fagnìa ; acciò dalla-. ignoranza di quefte parti, G sfugga di dare nell arte- rie ; E douendo egli la vena aprire,non dia in alcuno de nemicò pure de i mufcoli, con euidcnte pericolo di ftroppio nel foggetto j come non è guari, che ciò è fucceduto. Che però, vcdeG tal volta temete,e tremare il foggetto , an- corché per altro volentieri ne darebbe egli fra mille fpade, e mille lande, con intrepido cuore; fol che di non incorrere in vno di sì fatti accidenti,par che naturalmente dubitile s'atterrifea. Onde gli occorra, che per ftar mi- gliore,fi ponga a periglio di ftarne per fempre manco,e ftorpiato. Douen- do dunque noi de'nerume de'mufcoli ragionare; deefi primieramente auer> tirejche la vena,e l'arterie,e'i neruo (affoUltamente parlando, e come da»* t\\> de «aro. Hippocrate fi raccoglie) fono fra di fé fimiliflimi, sì per ragione della mate* ria ; come ancora della forma j e parimente hanno limili vii,perche tutti fo- no organi da condurre,e portar altrui qualche foftanza. Per la qual cagio- ne auuiencche dalla maeftra Natura fiano per lo più,congiiinti,e pofti vici- ni tutti tre : perche a dir il vero vgualmente fono neceftarij a ciafeheduno membro ; a cui neceffarij fono il nutrimcntoda vita,il fenfo^el moto?cht_j da quelli procedono. Per tanto,acciò che la fimilitudme,e la vicinanza non alano cagioni d'errore, G come nel pattato capitolo diceuamo,deIla narura delle vene, e dell'arterie fauellando; così in quefto,ma più brieuemente_> > della natura de'nerui, e de'mufcoli, difeorrererno; aiìn che cònofe'iuta 1àrtcor*efli di fentimento fono priui,per l'ifteffa ragione de' ligamenti; e fono di quelli affai men duri ; perche le fibre, da etti, e dal ner-: uo,compofte fono ; Laonde di natura mezana peffon chiamarli. I nerui,% d'ambiduefono più molli 5 percioche deriuano dalla foftanza del cerebro^e dalla nuca_i. Quefti fono anche di due maniere, cioè fenfitiui, e motiui. 1 fenfitiui hanno principio da fette para di nerui dentro la caluaria/econdo Lib.deAnot infegna Galeno, de i quali parte vanno alla lingua,parte all'vdito, parte a gli Qcru- occht, e parte finalmente al nafefenza che per tutte le membra , ouunqae fia fenfo5anche trafeorrono. I motiui fono quelli,che con altro titolo chia- manli volontanj : perche fecondo l'arbitrio delia volontà noftra, cioè delia facoltà motiua, portano gli (piriti motiui al corpo de'mufcoli; da'quali principalmente il moto fi fa. Quefti motiui parimente per tutto'l corpo fono chffufi, fi come infegna Hippocrate, de Oribàfìo . Di quefti fono moi- De iodi i» te paia , cioè fette della ceruiee , dodici del dorfo, cinque de' lombi, e fei j^^a, dell'offa facro, ch'in tutto di trenta fanno il numero . Sono i nerui di natura fpermatica,& effangue; di temperamento freddo, e fècco;ma meno che l'offa, e le cartilagini ; e più che l'arterie, e le vene : e non fono altro , che vn cerebro eficcato , & allungato, come infegna Galeno. Perciò dal-* l'interna parte hanno foftanza medullare, e dall'efterna membranofa_», Lib.8. de vT. e dura, a guifa d'vn pane, che la mollica ha tenera, e la feorza dura_#. Par,c'- Così io ho veduto diuidére dal neruo Ottico due tuniche, vna groffa, che rifpondealla dura madre,e l'altra più molle,e fotti!e,che rifpond alla pia madre; il rimanente è medullare, che per le dita fregandolo, lì dilegua > e fi disfà : E vero sì, che ciò più auuiene a i nerui dal cerebro di- pendenti , ch'a quelli della nuca. Onde da quefto vera s'accerta la diuifio- i/,b.8 de vfu ne di Galeno, che fono due maniere di nerui, altri molli, & altri duri: part.cap.<*.& Lmolli,come habbiamo detto,nafcono dentro la caluaria, & i duri di- iJi/fit?! pendono dalla nuca, e poi dà quella vfeendo, fi dominano per la f pina, e per le membra citeriori: i primi fono fenfitiui, e gli altri pofcia moti- ui . Egli è vero, che quefta dottrina di Galeno non s'hà da intendere affo- lutamente ; perche non tutti i nerui, che fentono,vengono immediatamen- te dal cerebro , ma molti ne procedono dalla fpinale midolla;ne tutti quel- ^ li, che fanno il moto dipendono dalla nuca,ò dalla fpinajma molti deriuano dal cerebro,vedendofi apertamente, che'l neruo del fecondo paio dentro la cahiaria muoud'occhio. E quefto de* nerui. Kefta dir'anco alquante cofe dc'mufcoii ; Etti communementediuifi fo- no 7» L I B R O Katura ,e-, no in tre partijcioè nel principio,mezzo,efine^ ch'io più tofto direi capo j SSol** m" ventre»e c°da > emendo etti fomiglianti al pefce lacerto, perciò da latini for no detti lacerti, ouero ad vn topo, perciò fono detti mufculi; a mure,quafi paruus mus,cioè vn picciol topo,o force-altri dicono pefce,o pifcione;per- che è lungo, e ftretto alla forma d'vn così fatto pefce. Il principio ds* mu- fcoli per lo più, è di nerui folamente, ma'! mezzo per la maggior parte è di carne fibrofa> neruofa,nè fenza qualche particella di ligamenti, e di mem- brane, e di nerui ; ma con più arterie,e vene—;. Per quefta cagione fi riferi- fce fra le parti carnofe,e fanguigne. Entrano alla di loro compofitionc i nerui, per portare ad effi lo fpirito motiuo; i ligamenti, per dar loro caldez- za^ robuftezza ; le vene per nodrirli ; l'arterie per donarli il vital calore-; ; - le membrane per inuoJgerie, e da gli altri diftinguerli, à punto 9 come veg. giamo nel frutto del melo arangio, li cui fpighetti per mezzo della pellico- la vengono feparati. Il fine poi de' mufcoli termina in tendone ; il quale-1, come per vna corda tira,e muoue l'eftremo deH'offo,che fa l'articulatione ? accioche fipieghi,odilunghi,s'alzi, e batti foffopra al Iato,o d'intorno fi muoua, fecondo è la volontà dell'animale. Serbi dunque per hora quefta cognitione de' mufcoli, e de'nerui il Lettore, per intendere pofcia me- glio ne'feguenti difcorfi la cagione , donde auuenga, che perigliofo così ^ forte fia fare l'apertura tal volta in vno de', nerui, ò de' mufcoli, mentre-* la vena aprir fi tenta j Attefo che qui, per non tlrarecon di lui na ufea , e_* ftomaco, ii prefente capitolo in lungo,, ne'feguenti rimettere habbiamo (limato, il noftro fauellare ; nel che, de all'intendimento , de alla memoria, che meglio le cofe diftinte,e diuife ferba, prouedere fumato habbiamo. Come Ì^Arte del Sagnatoreè più d'ogn atira diffìcile > e pericolo fa. Cap. VII. Ome che fecondo il Filofofo .la notitia,e co|nirione_J! delie cofe tutte, ha principioiCc origine da gli fenfi j dicendo egli, Nihil e fi. in anima, quod nonfuet^ priusinfen/shus;, mentre dalli fenfi citeriori rappj-e-, fentandofi nell'interiori le fpecie delle cqfe vedute* fi fa pofcia di quelle l'intelligenza nell'intelletto, che vien detta Anima ; fendo quella vna delle, fue tre po- tenze principali, cioè memoria>inteIIetto,e volontà- per potere da quefto iefpei to Artefice del falaffare faper il modo d'aprire le vene;deue egli molto bene conofeere, non dico folo la foftanza, che-, di già djmoftrata habbiamo,ma ii fito parimente, e la qualità di quelle, cioè dee il ìar. k^f 2a>Iu?ghczza,e profondità di elle, e cofi anco la fottigliezza del iieio. valo.il luo coricò dritto, o torto, l'habito della carne, la compagnia final- mento ^Quante', e quali cofe nelle vene difeernerc dee il Mero. secondo: 79 mente de gli altri corpi, cioè delle membrane, del graffo, dell'arterie, de' nerui, de' muf:oli,e de gli altri congionti. Quefte, de altre cofe gli è necef- fario conofcere, perche fendo Io più ddk volte ( per noftro gran male-;) occulte, e fortemente afcofe, acciò non accafchi d'errare,bifogna ftar molto bene auuertito,& in ceruello, congiungendo con l'intelligenza interiore, l'oflVruanza de' fiti nell'efteriore delli fenfi. Per fare dunque perfettamen Sentimenti te tal cognitione; di due fenfl,deu egli valerfi,l'vn de' quali è i'occhio,e l'ai- «:£*torc tro il tatto ; ma fpeffo auuiene,che volendo feruirfi dell'vno, e dell'altro, fi rittuoui grandiffima difficoltà ; percioche non ha egli l'occhio linceo, che difficoltà, dentro arriui, e penetri ; de ii tatto parimente fpeffo fallitelo fia perla^ dufrll^ui- groiT.zza della carne a!trui,ò fia per la propria ; e ciò, perche è molto chiaro-, nar $•*«»- non ha bifogno d'altra dimofiratione, né di pruoua ; Aggiongcndofi in of- uerrano- tre la difficoltà dell'ifteffo fuggetto, per la varia compolìtione del corpo,e temperamento, non vguale all'inetto modo ad ogn'vno, che però da quefto capo folamente ardifeo dircene fi fa queft' Arte,& effercitio del fanguinare, fopra modo dittìcile,e pericoloso, trattandoli, e verfandofi intorno fugget- to così pretiofo,e nobiIe,com'è l'huomo ; di cui ni una fra tutte quefte cofe fvnfibili,e mortali,più degna ritrouar, de imaginar fi puole : come con 1 alto fuo auuedimento l'addita Hippocrate in quelle parole dd fuo primo apho* rifmo. Et experimentum periculojum, oue par che faccia pericolofa l'efpe- rienza, per rilpetto della nobiltà, e delicatezza del fuggetto: pofciache, co- me GaIeno,interpretando dette parole dei Maeftro,dice : L'Arte della me- dicina,nella quale vien comprefa quefta del fanguinare (fecondo che altro- ue habbiamo dimoftrato) non è come l'altre mecaniche,le quali aggirandoti intorno a i Iegni,pietre, cuoia, e mai mi, fé per auuentura errando accafchi guaftare alcuna di così fatte materie>non ne fiegue però danno di confide- latione, ancorché perdita di danaro: la doue nell'Arte dd medicare, o del f>gnare,errandofi,ne fiegue tofto il pericolo della vita, o della fanità del- l'huomo; che quanto fia di confideratione,e d'auuertiroéto; e quanto auue- duto,e fenfato effer debba Ì'Artefice,di quefte,non è chi no'l vegga. Onde rafee, oltre ciòja materia della dirrìcoItà,da!la varietà degli fteflì iltrumentii Degniti de! che'l fagnatore adopraicome fono il rafoio,e la lancietta, ambi acutifsimi, e foggetto il forbiti,cheperò doue vna volta ferifcono.non poffono dal fatto ritrarfi, & j*0arafonnTe il lor taglio è velocifsimcche fempre3e fubito fa l'effetto; che però non gio ritiene. uà per appeliatione chiedere il rifarcimento del danno già fatto,ne conuie- ne con iftrumenti ottufi, e rintuzzati oprare, concioilacofa che rifultarebbc anco da quefti danno notabile;è,che non così fpeditamente farebbono l'ef- fetto^ potrebbe altresì danno apportarli nelle parti,che s'aprono, guadan- do moIto,e toccando più di quello,che fi brama. Onde a quefto propofito ricordomi delia comparatione fra la pitturai la fcoltura, la quale è vie più (limata difficile, de ingegnofa di quella , perche ricerca quefta maggior dili- genza^ ftudio;accioche non fi commettairreparabile errore : poiché chiaro ftà, so L I B R O ftà,che vna volta hauendo nel marmo errato la fcoltura, non può a quella guifa al mancamento rimediare ,che il Pittore,con 1 aggiuntione de' colori, fa. Così a punto, e non altrimente nel noftro meftiero auuiene ; percioche hauendo vna volta tocco vn vafo,o pure vn neruo ; non è così facil cofa il riftorarlo,e ritornarlo al primiero ftato. Euidentifsimi dunque,& attai be- ne fpefsi i dannile li pericoli fono, ch'in quefta noftra Arte, in quefto parti- to fficoltà colare più che in altro,accader poffono: pure quanto fiano graui,e per qual «jùàdoiiBar- maniera auuengano,non ho in animo di difcorrere per adetto, tiferbando- biero fallai. mj manifeftarli quando de gli fintomi ragionante de i mali, che con le mal fatte amminiftrationi della fagnìa feguir fogliono, ò che in effetto fi fottifca il fine di tagliar la vena,ò arterie , cauandone il fangue, benché con danno del fuggetto per la troppo profonda ferita; ò che pure «non G fortifca dica- uarlo, dando di colpo in alcun neruo, ouero mufco!o,con graue danno, e florpio del fuggetto. Come nella Città di Palermo l'anno 1614. ad vn_» maeftro fagnatore adiuenne ; il qual'effendo per lo fpatio di molti anni fla- to folito di cauar fangue nella perfona della Marchefa d'Auila; vna volta-», che fu l'vltima,hauendolo punto il piede,non cauò alttimente fangue, e ne feguì grande erifipela;sì,che la morte cagionò a così nobil Signora, la quale viutata dal Signor Duca d'0ffuna,a quel tempo Viceré in quell'Ifola,veden- dola per errore di poca accortezza per auuentura, a cotal termine condot- ta,commandò che fuffe il fagnatore a morte anch'egli menato : il che feguito farebbe,fé l'ifteffa Signora,che tanto tempo prima ben feruita daquelMaer Ciro G fentiua, della gratia mezzana potente non fuffe ftata. Similmente ad vn altro maeftro adiuenne in quefta noftra Città,benche famofo della f ua_» Arte fi fuffe,che punta l'arteria neila perfona della Ducheffa di Sermoneta, mentre il beneficio del fangue con l'apertura della vena hauer penfaua,con- dotta per cotal caufa vicino a morte la Ducheffa ; egli per Io graue dolore, ò per vergogna, che ne fentiffe, all'eftremo venuto, i fuoi giorni amaramente compì.Tante dunque effendo le diftkoItà,e tanti i pericoli, che nell'arte del fagnare accader poffono,effortar mi conuiene tutti di queft'oftìcio ad effere cauti,& auueduti nell'operare, acciò non loro accada per inauertenza falla- re ; perche ben potrà l'Artefice da gli fpefsi, e molti errori,ma non già da tutt,iguardarfi. E fé occorre,che tal volta errore non commetta,diane pur lode all'onnipotente Dio,ch'egli folo è perfettifsimo,noi tutti mancheuoli; & il bene da lui,ii difetto da noi viene . Si che ricordili ogn Vno d'effer fra- gile^ ricorra all'Autore d'ogni bene,per ottener da lui quanto fa di bifo- gno ; e liane egli per fempre glor jficato, e benedetto. De secondo: ii De .perìcoli; cbtpojfono fuccedere in ciafcbedunaSagnta. Cap. VIU. 'Accorto nocchiero, ii quale ha da condurre al porto la naue, non folo hauer dee la notitia de' venti, de i liti del Cielo, e delle Stelle > né folamente dee hauer la peritia di reggere ii timone,e di cambiar la vela; ma ancora gli è di meftieri fapere li fcogli,e le firti,e tut* to ciò>che può offendere il corfo, acciò non rompaci . in mezzo al mare il legno. Nella fletta maniera, co- me io giudico, il perito fagnatore, acciò che giunga al fuo fine,ch'è di cauar'il nociuo fangue,e ricuperare la fanitàjfcofa da noi così pregiata^ non folo ha d'hauer buona contezza del fuggetto humano, e di ciafeheduna fua particella,in cui egli G verfa;e non folo ha daconofee- re,e bene adoperare gl'iftrumenti,con quanto di più all'Arte G richiede ; ma anche ha da intendere bene i pericolile le difficoltà» nelle quali può inciam- pare ; proponendoli quelli innanzi a tutte l'altre cofe : effendo che la mag- gior cautela, quale G deue apporre in quàlfiuoglia Arte, è di euitare li pe- rìcoli , e le difficoltà sfuggire,eb/in quelle s'oppongono . Et in vero,che_* vale hauere la teorica^ la fpecuiatiua,fe la fufficienza della pratticaper ben' oprare a lui venga mèno,onde al defiderato fine giunger non ppfJa^Per ne- ceflità dunque deuefi dall'Artefice della Sagnia hauer notitia delli pericoli, che nel falaffo occorrer poffono, acciò quelli fchiuando, giunga felice- mente al fine d'aprir le venc^r. Quefto è dunque quel che pretendiamo dimoftrareneliprefentecapitplo,acciò loftudiofodi quell'Arte, dopò Ja_. notitia hauuta delle vene, e nerui, & anco de* mufcoli ne* precedenti capi- toli ; venga alujesì cautelato di tutti gli pericoIi,che nelf aprir delle vene gli fi poffono opporre a non fare perfettamente l'opra defiderata. Percioche, propriamente parlando,& *n quanto alla materialità folamente, è l'apertura delle vene colà da fé fteffa alla natura contraria; pofciache diuide, e fepara_, quel ch'effa natura; con tanto ftudio tette, e congiunge-;. E per fegno di ciò fia,che ciafeuno la sfugge,& abborre ; sì per la detta ragionejcome anco- ra, perche neceflariamente apporta dolore,facendouifilafolutione delcon- tinuo,ch e cagione d'ogni dolore^. E fé pure tal'hora alcuno dica,che nel falaffo di follecito, e diligente Artefice non babbia prouato dolore ; queftp affolutamente non puol'effer vero, ma ciò tal volta fi riferifce al fenfo,ò pure alia maniera delle carni ; tahiqlta aijafinezza del taglio deìl'iftrumen- to,gtonto con la leggierezza della rnano;e tal'hora alla diftrattione dell'ima-, ginatiua,pot,enza,donde s'impedifee il fenfo del dolore ; non che veramen- te non ve. ne fia;e di quefto io non parlo in quefto luogo, mentre ineuitabi- L le-^ Si LI B R O fi rende : parlo ben si de' pericoli, che fono per fa vicinanza de gli altri rpi apprettò le vene, e per le ragioni,che nel pattato capitolo accennam- o. Parmi per tanto ragioneuole ordinatamente difcorrere nel prefentc capitolo di tutti i mali paffi,ò pure finiftri incontri, che per ciafeuno falaffo Nella v P0^000 occorrerei • delia frVntó Primieramente dunque nella vena delia fronte, fe'l maeftro non è più, le vi « perì- ch'abbagliato, non vi è pericolo alcuno notabile, come in alcuni altri luo- per confeguenza effeguire l'vrficioje concomrnodo, de vtiità del foggetto;; e con honore, e lode dell'operatore. Onde ne fiegua pofcia quel, che ad auto propofito , ma conueneuole anco a quefto noftro,il Poeta Lirico ndt la fua Poetica fcriffe, dicendo. Omnetulit punclurn, qui mifeuit vtile dulci. Perche otterrà la vittoria, e'I pregio colui,che con i'accuratezza,e dili- genza infieme della fagnìa, aprirà dolcemente la vena, fottilmente taglian- dola , e fenza dolore ;.e cauandone il fuperfluo del fangue,farà cagione-», che'l foggetto la defiata falute ne riceua_.. E fafà vero quel vulgato affior ma tra noftri, dicendo ; che la fagnia debba effere ; Tuta., citò, & atra dolorem > cioè ficura, follecita, e fenza dolore—*. In tre tempi tutto l'affa- re del Bar- biero fi. ri- tolge . Operatione del prirrio tempo. Delfecodo. Del terzo .'■ Del fito della per/ina > a cui fi caua il fangue > v * del lume à ciò comemente . Cap. IX. Abbiamo fin qui di quelle cofe trattato, che l'arte del- l'aprir delle vene, per quanto al noftro Artefice fono neceffarie, precedono ; onde fiegUe,che bora più d'appretto ci facciamo aU'effecutione di quanto dal- l'ifteffo per hen'aprirle deue offeruatfi. Lo che tutto in tre tempi ridurre fi puole ; offeruando quel tanto, che prima dell'apertura fi deuefare,quel,che nell'iftef- fo tempo delfapertura,& vltimamente quello, che—» dopò d'hauer fegato la vena, per iftagnarla, effeguir fi conuiene—». Equanto al primo, deue confiderarfi il fito dicòlui,acui fi caua il fangue ; le fregationi della parte,ch'aprir fi dee ; il lume, nel quale deue collocarli ; l'allacciamento del braccio, ò piede; il giuditio delia "vena; e finalmente l'at- titudine dell'iflrumento . Nel fecondo fi contengono il modo di tenere l'iftrumento, il modo dell'aprire la vena, il luogo dell'apertura^ la forma dieffa. Nqlnetzo l'cfpurgatione della.ferita fatta , e la fua chiù fura... 11 fito dunque della perfona è, che bene allogata, & agiatamente ella ne_> fia, cVà lume conueneuole,ònaturaicdel Sole ,òpure accidentale d'altro SECONDO. s* lume inferiore jcome quello della candela, fecondo li tempi occorrenti. Lib.deoff. Pofciache fecondo quelloschìl grande Hippocrate ne dice, l'operante Medi- Operator co in tutto ciò,ch egli fa (oltre molte altre confiderationi* ch'egli foggiun- l**^™^ ge>c'hora non fàa propofito qui riferire) deue Ilare adaggiato, sì quanto al- quanto fpet- la perfona di fé medefimo;sì anche quanto alla perfona, che fi maneggia. •;ta a fe ft^° e quanto al lumejfimjlmente : la quale offeruatione in vero,quanto da moi- f*huomo,che ti trafcuratamente è vilipcfa; tanto all'incontro è neceffaria. Percioche fpef- tratta.equà- fò auuiene, che operandoli bene circa la cofa, che s'intende fare, per altro to al lume' poi non fi confeguifca l'effetto ; folo per cagione della mala allogatione—> della perfona,tanto aftiua>cioè che tratta>quanto pafJìua,cioè, che trattata^ viene nell'operatipne. Lo cheli fa noto per molti efempi,ch'in quel luo4 go porta 1'ifteffo Hippocrate; e fiproua altresì in tutte l'altre òperationi della Chirurgia, delle quali vna è la fagnìa, e nelle quali non inferiore luo- go fortifee -l'elettione del fito, e del lume. Circa poi la fituatione,e mo* Coiiocatio- do d'allogar l'infermo ve parimente di fituarfi l'Artefice,differenti fono fta- [Jj;^1/^] ti i pareri, che gl'intendenti n'hanno affegnati. Imperoche vogliono alcu- patierlte. ni,che fi ricerchi il commodo dell'Artefice per ben oprare,e non quello del foggetto. Altri al contrario,il commodo del foggetto hanno richiefto ; af- fienando particolarmente tre modi di bene allogarlo, cioè, ch'etto patiente Ria,ò coricato, ò pure fedente, ouero in piedi. Di quefti liti dunque per ordine ragioneremo. Oribafio traferiuendo da Antillo,vuole,checauandofi 7.Coiiertan. fangue dalpopIite,ò dal malleolo,debba ii foggetto Ilare in piedi, col qua- caP-?- le Autore credo confenta Hippocrate. II Prencipe Auiccnna, traferiuendo Lib devlcer< da Aetio,è di parere,che l'infermo debba ftarfene fupinojacciò meglio fi co- 4. par. e 29. ferui la virtù,nè accada fuccederui fincopa: qual confeglio vien feguito dal- Lib'z inftit- l'Autor Germano di dannata memoria. Benché tra moderni Gio.Battifta Lib. deP(eci. Seluatico ftimi,ch'il fito dell'infermo non debbia eflere,nè retto,nè fupino, ven in putr. ma mezzano, in modo che ripofi tutto il corpo,e la tefta ftia alquanto folle-febt* uara,ben sì appoggiata a piumacci, per isfuggire ogni occafione di fueni- mento. Ma Vidio è di parerech'il foggetto venghi fituato in modo,che—t Lib.de cur. meno s'affatichi, e poffa foftenere la fagnìa .-benché voglia,ch'il membro da sener*par* fagnarfi ftia, quanto più fia poffibile, fecondo la fua natura, agiato ; accio- ' che per Io difagio non fe diftorca ; per Io qual fito dic'egli ; vfeirà meglio il fangue , e fenza dolore, eia parte della cute tagliata, ftarà all'incontro la vena incifa,vfcendo libero il fangue,e nel conglutinarli farà più vnione.Non folo dunque all'agio del corpo deue hauerfi cura , fecondo dicono quefti Autori ; ma etiandio del braccio fletto, con renerlo appoggiato,perché pof- fa foftentarfi bene alleino d'etto fangue. Così, alcuni coftumano far ap- poggiare la mano dd braccio,oue fi caua fangue, ad vn baffone . Ma fe leci- to mi fia frà'I numero d'huomini di tant'autorità (quafi ftridente oca fra ca- nori cigni)dire il mio parerejgiudicherei; che per far bene l'elettionedel fi- to, G confideraffero primieramente io ftato del patiente, e fecondariamen- te_> 8£ L I B R O te il fine, che s'attende da tale fituationcch'altro non è,che'l perfetto apri- mento della vena. Onde è neceffario diftinguere li tempi,ò flati, ne' quali fhuomo che fi wroua il foggetto. Percioche, ò farà egli languente in lettolo pure fuori fi fanguina,à di quello: fe in quefto fecondo ftato farà, conueneuole fia, ch'egli s'adatti qual modo aj verf0 dell'Artefice. Ma s'occorre, ch'egli languido giaccia nel Ietto, de- *«aT°dee uefi altresì hauer mira all'effetto dell'opra,che alia fua propria falute s'in- e° drizza;non che debba l'infermo con molto fuo difaggio àllogarfi,ma di mo- diche foftenendo alquanto di moleftia, dia luogo all'Artefice di ben'ope- rare ; acciò l'effetto fi fortifca della falute,che col falaffo fi brama acquifta- re : Oltreché con l'opportuna fituatione,come poco prima diceuamo,fi dà luogo al felicc,& opportuno effito del fangue, che non fuceederia profpe- ramente, fe infallibilmente offeruar fi doueffe quel tanto che hauere regi- ftrato Auicenna di fopra diceuamo ; cioè d'allogar fupino il foggetto; come più volte è accaduto in efperienza vedere a me Beffo : sì che in quel cafo mi fu necefsario far alzare fui letto l'infermo, e tenere calato, e pendente il braccio ; accioche l'eflito del fangue hauefse il fuoluogo.Nè deue così Ura- no ftimarfi,che per breuiflìmo fpatio di tempo,foftenga alquanto di dtfagio finfermo,per ottenerne la falute,dalla quale fchiuarà danni maggiori,c n'era |>er apportarli l'infermità iftefsa ; e non imbrumarli altresì del corrente fan- gue;onde fogliono in alcuni occorrere fuenimenti,e fincope. Alche aggi un* gefi,non effere di minore confideratione,di tutte le già addotte ragioni,che non facendofi l'Artefice fignòredeli'attione,ch'egIi deue effeguire,a!!ogan- dofi bene per oprare artificiofamente ; fi dà in periglio di non ben'effeguire l'apertura della vena,con altrettanto timore di cagionare quell'altro di male all'inferni coltre quello,che l'affligge; e di dare in alcuno de'finiftri acciden- ti,che ne' precedenti difeorfi raccontati habbiamo. Nel che mi giouerà oltre la mia efperienza,il teftimone, che me ne darà ogn'altro Artefice,ch'in fimi* lib.cit.de_, ]j cafi ritrouato fi fia. Tutto che poffa continuarlo con l'autorità dell'idea •fficmed, £0 Hippocrate, il quale così quafi ragiona : l'ammalato con le parti del cor- po Hi a à piacere del Chirurgo, ò drizzato, ò fedente, o coricato ; aggiungen- do però ; che poffa egli durare fact Ime nt e in quel /sto, nel quale fì prepara, e che poffa cónferuar e tutte le differenzi della parte affetta-*. Né contrarie* e ripugnanti fra di loro fono quefte parole d'Hippocrate in quefto luogo,' da queile,che nel principio di quefto ragionamento di lui medefimo appor- tammo; però che fi deuono quelle ridurre a buon fenfo;cioè,che s'habbia da fituare il corpo del foggetto, e patiente a commodo dell'Artefice ; ma per quanto poffono le forze,e la virtù dell'ifteffo foggetto foffrire; che altrimen- te non farebbe porgere rimedio, ma ad euidente pericolo di morte efporre l'infermo ; al quale nulla giouarebbe in quefto , ò in altro modo, l'eftrema giornata della vita finire—*. Deue dunque l'Artefice in tal guifa locare il patiente,ch'egli il fuo officio ottimamente poffa efeguire ; e quello da tal fi. tuatione non fia per riceuerne maggior danno , ma io defiato hne della fa, lute^> SECONDO. «7 Iute per lo mezzo del rimedio,che gli s'adattajnel che varri molto il giudi- zio dell'intendente, de efperimentato Artefice. E quefto quanto al uro ♦ Elettione Refla conseguentemente alcuna cofa a fauellare intorno al lume; pofcia £^C^T che non è quefta confideratione, de auertenza di picciol momento. 11 lume ^ ^lla. dunque, di due maniere a quefto propofito (com'anco dal principio dice- uamo) confiderare,e prendere fi puole ; che vno fia naturale, artificiale l'al- tro . Naturale è quelb,ch*è commune a tutti,& è immobile,e non è in po- tetti noftradaccrefcerlo,e fcemarlo, quefto è il lume del Sole,all'apparir del quale difgombrandofi le tenebre dell'ottura notte,fi fa a noi il giorno, onde vediamo quel che operiamo. L'artificiale è quelIo,che col fuoco s'ac- cende^ è mobile,& in mano noftra ftà d aumentarlo^ di fminuirlo,e traf- ferirlo in diuerfi luoghi, fecondo il noftro piacere, e bifogno. D'ambi quefti due lumi alcun prccetto>ò certa regola dare non parmi a propofito, mentre h ragione,e giuditio fletto dell'huomo può ballare per ottimo mae- "\ ftro. Sarà per tanto penfiero dell'Artefice di prendere quell'oppofitione di lume alla perfona, che meglio rifponda all'operategli fi. Non lafcia- rò fi bene di auerrire vna fola cofa a quefto propofito,che forfi non da tut- ti artefici di queft'effercitio, (ancorché peraltroauueduti,& efperimentati) farà offeiuata,che adoprandofi l'artificiale lume ,non fi moltiplichino dop- pieri ,ò candele, ò lumieri, (come dir li vogliamo) conciofia.rie dalla moltj- plicità di quelli » può più tofto offufeatione cagionarli nell'operante, nello difeernere delle vene, rintuzzandogli!! il fenfo del vifo, che giouamento recargli fi • Oltre che la ragione è anco naturale , ch'il minore cede al mag- gior lume ; e chi opera deue al miglior fuo ftudio mirare di ben'operare—/, ìntéto a v ófeguir il fuo fine. Lo che fia anche detto fo:to correttione de'più faggi intendenti ; rimettendo, per quanto refla per fodisfare a tutti gli tem- pi , de attioni, che fi richiedono per ben'operare,l'apertura delle vene-», (come dal principio d ice u amo) a quel* che ne' feguenti difeorfi trattare mo. Modo 'vniuerfle d'allacciar le membra per la preparatone della Sagnia. Cap. X. EUallogatione della perfona di colui,à chi G caua fan- gue, habbiamo già dettò nel precedente capitolo; on- de facciamo hora paffaggio al difeorfo della ligatura, che a falaffare fi propone. Né fenza ragione faccia- mo di ciò particolar capitolo, poiché è tanto neceffa- ria la Iigatura,che fenza effa quafi fempre anderebbe in vano,così il ritrouar della vena, come l'vfcire del Lib^medìc. fangue .-oltreché Hippocrate apertamente la chiama Deiuiigat» principal parte delia mcdicina,dicendo: Due fono gli vfi principali della-, p^.lprmci* liga- i •V? 88 L I B R O ligatura, il■'legateJìretto, &il lento \ fecondo eh e pfòbìfogm, ò comprimerei ò ritenere. Ma perche quefte fono regole generali delia ligatura, è necefta- ricche più al particolare né venghrameper quello che tocca al noftro effer- ligau^a feJ citio. Onde diciamo,che la Iigatura,ò allacciamento (come dir lo vogliamo) ai taglio vi- non f0i0 confifte nello tiretto, e lento ligare, ma molto più nell elettione^ uno* °i0n" del luo8° ^cin0>0 lontano alla vena. E dell'vno dunque, e dell'altro è bi- fogno ragionare. Quanto al luogo, gli antichi pare,che coftumaffero fem- Xoc. cìt. & pre fallacciare pretto il taglio. Lo che prima di tutti feorgefi hauer voluto JìiediG.Vet Hippocrate, e dopò lui Galeno, Oribafio, Paolo, Aetio, & Auicenna_/. j.Method. Io non niego pcrò,che con alcuna differenza poi gli antichi non cangiaffero 7.Coiieaan. manjera j e Così non fempre vicino al taglio voIetterò la ligatura. Anzì,da Sm.c.4*. quel che lo detto Oribafio ne fcriue, appare, che alcuni molto più baffo del- remw.primi fa piegatura del braccio,& altri molto più fopra,aflacciaffero. Ma noi fecon- dacele feci, do quelIo,che la maeftra della natura, l'efperienza, nell'offeruanza di molti venx 4. p*»- anni,n'haue apparato, a quel parere ftimiamo ap pigliarli, che tutto ciò al mxàoQx.s. gjuditiodeli'auueduto maeftro rimette; acciòfecondol'occorrenza tal vol- ta più fopra, e tal volta anco più/otto, G come hora più ftretto, & altra vot- ta più lento,alIaceiar conuenga. Auuenga che altresì fpeffo accade sfogare* ^allacciare piùd'vna volta;agùifa,oheii>artifanr¥>,che cento,e millem^- furerprédono,prima,ch'aI taglio slacdnganoìaccjò quello in vano no fortifea^ Loche pare, che voleffe anche Oribafio, mentre dice ; che nelle gambe-^ fi leghifopra dd ginocchio .* E l'Autore dell'Anatomia de'viui animali co- mincia rauuolgcrelafàfcia dalla cofcia, tirado nel giù di qudlajcon cui con- Sedue Uga- fenreanco Auicenna nel luogo già/dettp . Et oggigiorno anco fpeffo ne tu"»« q"an* feruiamo di due Iegature,l'vnafópra,e:l'altra.fottOj.' Benché Oribafio l'vna, nofare_-. e I altra infieme non approui... Lia ragion e (die egli) che cosi la vena noru* folo non fi fa palefcjma fi foffoca più tofto. .Quefto è vero(dirò i.o)ma nor> affolutamente. Percioche,quando:.la,venaè molle,fottiJe,duhbia3ò tortuo* fa5è anco neceffario hauerla tefa,ferma,e dritta,!! come l'efperienza approua: ho/ cóciofiacofa che ciò ottenere non fj puole in altra^uifa meglio, che con Io duplicare della ìigaturajfiegùechein ogni mòdo quella àdoprare,occor* rendo, fi debba . Nella fteffa maniera, quando lo fletto Oribafio nel citato luogo ripugna, che fi facciano' i foti nelleì)raccia ; l'intendo altresì , non affolutamente. Percioche,non apparendo la vena, miglior jim§ dio non Gin mo vi fia,che con l'acqua calda cacciarla: fendo che folo iì caldo ottiene^ quefta virtù, cioè di rilaffare, e tirar fuori,maffimamente il caldo humido^ Lib.*. infiit. come tutt0 dì vediamo . Et a quefto noftro giudizio fauorifce l'Autor di medie. dannata memoriali cendo:che, quando la vena è tremola, e fotto là pellet vagante,aH'hora s'allaccia fotto*e fopra : percioche nelle anatomie de' corpi, s offerua,che la carne, la quale velie le Vene difeorrenti per lo braccio, in ai-; v _ cuni huomini è così'malamente attaccata con quelle,che quafi vàgàdo qua, & in là/ugge ad ogni tocco della mano .• Nel "qual cafo è difficile molto ao. ' cértare secondo; «9 cenare I aperturlionde molti colpifcono in fallo . E quindi è, come dict^j Llb>- <*e-> Hippocratcchenenafca pofcia I aneurifima,ò apoftema; pofciache il fangue me ' non può hauer l'vftita in quella libertà, che fi conuiene. In quetii rafi dun- que è bene ftringere la ligatura più dell'ordinario, fecondo la confulta, che ne dà l'iftetto Hippocrate;confìderando forfè l'iftabilità delle vene,ferondo habbiamo detto » Le fue parole quefte fono: Le vene delle braccia fi deb- bono fermare connattri. Benché Giubilio Mauro di Torre Sabina in altro cap.a? com. fenfo interpretaffe egli quefto luogo, ftimando, che quella ligatura foflO ^ la"gul* quella,che fi fò dopò la fagnìa per falciare la vena. Quale interpretatione^, ancorché non Ila totalmente ripugnante al fenfo d'Hippocrate, méere deue quella farli adattatamele, acciò non fi dia luogo di nuoua vfeita al fangue; $>ure(a mio giuditio) non par,che d'altra ligatura intender fi Dottano le pa- role djHippocratein detto Iuogo,che di quefta ligatura.che fi fa per meglio Clabilire la vena airapertura,& ail'vfcira del fangue. Mentre per altro,quel- la,che G fa dopò per iftagnarlo,non deu'effere tato ftretta,che più tofto mo- !eftia,quafi infoffribile fia per arrecare al patiente, nello fpatio almeno d'vn giorno. Hora determinato ciò dello tiretto ligare della vena, non è che per J*""? Jjf* auuentura altri s inganni jlbmando quefto per regola vniuerfale, di ligare^ pctuo , e_> «cpre tiretto j mentre per altro è quefto dannofo,non che anco graue all'in q^«<*o 1*-? * » •■ » 1 w- •• /- i n -i • r. « j r mollecoftrit termo, per lo trauaglio,che ieco arreca. Et il fine dello ftringere fi e di ter tione vale_, mare,e ftabìlire la vena per aprirla atramente, quando non bene ella appari- fee, ò pure sfugitiua ne fuffe ; ma quando la vena e auoncia, e ben difpo- fla per l'apertura; in vano all'hora farebbe moieftar il patiéte con tans© liret. co Iigamento. Anzi quanto più palcfce ferma farà la vena,tarito meno s'hà da ftringere con la ligatura: ricordeuoli di quel tanto n'infegnò Auicenna 4.prim? C(2# (Io che forfi traferiffe da Àetio) che confideriamo la durezza, e groffezza^ Lib.i.fcrm.* della cute con l'abbondanza della carne. Al che fpeciaimente io aggiunge J^'j Jj*^' rei douerfi confiderare i mufcoli piani de gli huomini delicata e delle don u ligatura ne : percioche premuto il mezo del mufcolo,fpeffo nel braccio fegue flraua J^n"°jelIa (amento di fangue;onde in alcuni nafcono pofcia cagioni dei ifipile3&apo ftretu i,ga, ftcmejfenza che Galeno molto ne prohibifea il legare tiretto per lo perico- «ura. ]o,che feco apporta di cancrene. Et Albucafi con ragione parimente proni- viul cap.T/. bifee il legare molto ftretto ; percioche s'impedifee in quefto modo il cor «.p.chirurg. fo del fangue : la qual cofa forfè tolfe da Hippocrate, il quale fcriue, che le ^f^™^' ligature nelle fagnie fanno impeto ; ma le forti impedirono il fangue-^. i.Epfdem. In oltre Magnino Milanefe vuole,che non molto s'empia di fangue la vena, Jj°JJ-JJ ^ perche così è più acconcia al taglio . Non fia dunque molto ftretta per or fi^"^^ dinarìo la ligatura,nè meno molto lenta; ma moderata. Perche fi cornea Lenu hgi. queIlaèfouerchia,cosìqueftanonfà il fuo vfficio di feoprir la vena, e fer tura * aaa* maria. Per tanto piacerai fopramodo il configlio di Bernardo Gordonio, Tradì. de_» il quale dice, che la ligatura deu'effere non troppo knrajperche non fa feor- *tt>° t. cu rcrc il fangue i né troppo ftretta ; perche non rechi apoftema. Deuefi dun- M que ì* LIBRO *arìr «?bra .»*; naldOjftimano ; the debbiano effere di panno lino. Pietro Paolo Magni ap- «a >j. prezza quella di capifcioIa;<3c in vero io da ciò non picciola merauigl'a prenr Iceain* dcl do.come qucfti Autori il piombo all'oro prepofto habbiano, e la fcaglia al fot mento; mentre cfkndoui la feta^hanno voluto più tofto quell'altre mate- rie apptouare;fendo che quella più atta,e p.ùcijile anco fi renda deii'akie. E quanto all'attitudine,redefi euidentemcntc;pcrciochc fecondo dice Hip- poctatCji legami deuono effere molli,fottili,e leggieri,e quefte parti contie- ne attai meglio in fe la feta, che non facciano l'altre materie raccontate^ . Quanto poi alla ciuiltà,non è ehi la feta nonapproui maggiormentejoltre-» che di khifo fi farebbe, fe a perfona non dico gà che nobile,ma che folo ci- uilmente viua, naftro le fi ree;(Te di lino, lana, ò pure di capifciola, che nei braccio le fi allacciaffe, ò pure nelle gambe . E chi non vede, che farebbe—> quafi officio dì mauigoldo,fe a deiicata,affai nobile, e morbidetta Dama li- game fi adattaffe per le di lei delicate membta allacciare, ad effetto di cauar il foprabondante fangue, che di altra materia fi fuffe, che di morbida feta ì Si i he deuonfi più tolto di feta,che d'altra raccontata materia i legami ado- prareicome pù atti,e più ciuili,e conueneuoli affai più alia politezza, che di {opra nel primo libro conuenir al Batbicro proponemmo. E per non la- Ida, e wofa veruna intorno à ciò; le pure richiedelfe alcuno de' noftri nouitij, di quanta taighe zzi effer debba detto ligameò pur naftro ; direi con Oriba- fio,vhe Lffi ente farà in larghezza due dita ; qua! confegljo volentieri ap- prouo , mentre fta nel mezzo ; e pù largo non così bene farebbe l'orficio iuo i e p*ù ftretto recar ebbe più mole ftia al (oggetto.il che tutto refti foppo- fto SECONDO. 9* fio algfuditio di più faggio, & intendente Maeftro ; al quale non difcon- Uenientefia fecondol'effigenzadell'occafioni,mutar propofito, Né mi par fuor di camino 1 auertir qui a' miei conprofefsori, che prima di porliàquell'atto di falafsare,potrebbonodoppo iifegnodella Croce, che fi fuoi fare fui luogo della vena,prima. d'allacciar fi, in uocar l'aiuto de' Gloriofi Santi Cofmo, e Damiano noftri Protettori, con la feguente, ò al- tra pia oratione > fecondo faranno più eccitaci dalla loro deuotione_;. Glorio/i Gemelli, Voi t che dì %elo ardenti, Togliefie al morbo rio gli egri e* languenti; Hvra da gli alti cbiofiri Incbinateui , ùri(goy a* prieghi nofiri. Ecco infermo 5 che langue • Mentrio col ferro tento Trar da le vene il fangue, Poi date a la mia man motoy e ^. habbia in vn momento Io ìhonor, voi la gloria > ei la falute. Del modo di locare ciafcun membro per la fagnìa 9 e del di/porre le vene per quella. Cap. XI. fj Eduto già ne* due preceder! Capi il modo vniuerfa- le, come tutto il corpo del patiente locar shabbìa^ per acconcio della fagnìa,& ancora come indifferen- temente vfar fi debba la ligatura a taì'vfo : refta chc_> noi più particolatmente per ciafcun membro, e per ciafcuna vena il proprio fito, e la propria Iigatura_« dimoftriamo : accioche fecondo l'ordine delia dot- trinala gli vniuerfali a'particolari noi difcendiamo, Al che fare, douendofi dal più degno cominciare, prenderò prima l'ordine fuperiore della tefta, trattando della vena della fronte, e detta lingua^.. Quefti due luoghi ricercano tra loro quafi fomiglianti liti, percioche per l'apertura della vena della fronte è neceffario al patiente ftar fempre corica- to fupinoTsì peuhe meglio fi mo(lri,e fi gonfi la vena,come perche il sàgue M 2 haò- Aril t. phi- fic Laveria del- li fronte, e della lingua in qual iito del patiste , & ì qual mo- do s'aprono. ** LIBRO habbia miglior vfcita. Lo ftefso fito, benché col capo più folleuato con- uiene nella fagnìa della vena della lingua, fi come poco apprefso del modo d'aprir le vene moflraremo. Allogata, che farà la perfona; la difpofitione, de apparecchio della vena,in due maniere G può farcia prima fcritta da Ori- Lib.coliecr bafio,PaoIo,eMercuriale,cioè,checon vn pannolino fi ftringa alquanto là t!b t.'prS. gola;l'aItra di Gordonio, ii quale vuoIe,chè ciò fi faccia con la palma della cap. 14. mano . La commune vfanza delli Barbieri di quefta Città è di rare volte-» So?/ mcd' ^eruirfi di dett0 coftringimento. Ma volendola pur vfare ;non il pannoli- no,ma vna benda di feta molle approuarei. Per difporre poi la vena della fronte,pochi de' noftri Barbieri, e poche volte tal coftringimento di gola.* vfano,e tutti quafi fopra le ciglia legano ftrettamenee col fol:to naftro. Deue però il patiente fporgere la tefta per alquanto di fpatio fuori del Ietto, acciò non l'imbratti del fangue,che dall'apertura vfcirài oltre l'attitudine^, che porgerà all'Artefice per la detta apertura. Delie vene Per quelle delle braccia,prima G dee vedere^fe la perfona farà atta a fede- rile brac- re jn vna cje]|e fe^ie ordinarie, ouer che gli conuenga ftar'in Ietto. S'egli è fano,facciati federe fopra la fedia,in modo, Se in fìto,ch'iI Barbiero riceue il lume bafteuo!mente;& che tutto il braccio infieme con Ja tefta del patien- te da quel lato fletto pieghi à baffo fuori della fedia, e che à proportione di ciò anche ftenda le gambe in contrario., Così auuerrà > che de il fagnatore ad ogni fuo bell'agio poffa trattare il braccio del patiente; de il fangue vfeen- do non gli brutti le velli ; come affai meglio dall effemplare delie feguenti figure, così dell'vno,come dell'altro braccio vedere,e contemplare fi può. Non lafciando d'auertire in quelle,perciochenon à tutti i Barbieri efpedita è la finiftra mano per poter con quella la lancietta oprare in aprire le vene del braccio finiftro,che offeruino aprirle con la cfeftra,ma però dalla parte-* di iopra, come l'ifteffa figura anche dimoftra. Ma fe debole farà la perfona; allogheraffi nel fuo Ietto in modo,che la tefta ftia appoggiata mezo tra erta, e giacente. Per lo qual fito io propongo,che all'infermo dietro le fpallc—» fi mettano alcuni piumaccioli,accioche ftia bene adagiato : ma in modo, che quel lato,onde fagnar G dee,fia libero,e che riceua bene il Iume,ò del Soie, òdella candela».. Per SECONDO. 93 5 94 LIBRO SE con do; 9? Per la fagnìa delle vene della mano, fi richiede, ch'il patiente fempre^ ftia fedente, ò fia nel letto, ò fia altroue ; dopò facciali la ligatura nel poi- fo ,ò fa la giuntura, ò poco più fopra»,. in tanto ftarà apparecchiato vn vafo d'acqua calda j il quale (douendoG fuor del letto far la fagnìa) fac- ciali porre in luogo, th'all'altezza della mano corrifponda,benehe fogliono Delie vene alcuni poi la nel feno del patiente : ma quefto io non approuo, perche può della mano, auutnìre , che la perfona in mancamento d'animo cada, e le fi verri fopra l'acqua , che calda effer deue per l'effetto di feoprir le vene_;. Dentro la detta acqua alquanto di tempo terrà la mano da fagnarfi, alla quale dopò, che l'hauerà il Macftro ritolta dall'acqua, foftenendola con la fua mano 6> mitra , dia con tutte le dita alcune battiture, accioche la vena G foileui : Ja quale folleuata potrà deliramente aprire al modo >che nella fcguence^ fìguia può a fuo beli agio contemplare • Per H h l B R o �50166 SECONDO. $7 Per fare commodamente l'allogatlone de'piedi è d'auertire il fito con- ueneuole , nel quale la perfona s'alloghi, percioche fe non farà quella in__» . letto giacente G deue allogare in modo, che il piede venga a ftar alto da decedi* terra vn palmo almeno 5 nel quale fpatio riporrattiil vafo dell'acqua tanto calda>quantobafti a foffrirfi. La fedia,ouedee federi!,dourebbe effere alquanto più alta dell ordinarieV percioche dallo Ilare, che noi facciamo in- chinati a ter. a con la tefta ingiù >nafce lo più delle volte, che concorren- do colà gli humori,queI!a di etti fi riempia, onde s'offufchi, de abbarbagli non folo l'intelletto, ma la Vita parimente, fi che da ciò ftimo nafeere pro- priamente, che nella fagnia del piede fi commetta più facilmente errore. Hor dunque, perche il finedellVprjrquefte vene de*piedi iortìfea felice- mente con li mezzi proportionati, nò^fìimato non lafciare il mio parere nella fituatione di quefto particolare con la figura parimente di quella-,, e della fedia per tal effetto* quale io ho offeruato, ne' thonafteri di donne monache, (perche in quelle quafi giornalmente occorre àprireciuefte vene) farla fare, perche refti in quelli ad vfo perpetuo , che poi doue ciò non ii polla, auertafi con piumacci allogare nella fedia ordinaria il foggetto così alto , che fotto a' piedi vi fi pofla riporre vno fcabello d'vn palmo alme- no erto, doue fi riponga il vafo con tacqua, 6e iui poi il piede ; e quefta-. maniera di fituatione riufàrà non Joloà più perfetta, mentre 1 operàtione occorre farli più perfettamente nel patiente ben difpofto fecondo Ariftotele^oltre, che anco più pronta farài'vfcita del fangue. ^i*. **_., N Ma $>8 L I .B R O •tìssaa£s» s e co Nba *9 Ma fe debole fiali foggetto, & tn Iettò languente, che fuor d'elfo non poffa foftenerfi : all'hora portolo nella fponda di quello con le fpalle appog- giate , fi faccia efporre il piede in maniera, che ftia foIleuato,quanto riefca acconcio all'Artefice : quale farà la ligàtur8*roprà del malleolo ben due di- ta,- perche Iigandofi alquanto alto appariranno affai meglio le vene per tut- to lo piede, che Iigandofi (co&eWcuni,qorinene fanno) nelfifleffo piede fono caufa,che le vene non appaiano così euidentemente, come fi derìde- rà; e forteria fpeffo , fe'l ligamento fifacefte nel già detto luogo fopra del malleolo. E quando pure in quefto modo né meno appariftèro, po- trà all'hora ligare jcome più meglio li parrai perche l'effetto fortifca : non douendofi badare tanto al modo, quanto al fine dell'intento, fecondo il ccmmun prouerbio : Dummodò habeamus tffeBum.non curemus de modo. Fatto l'allacciamento, facciali poggiare il piede fopra d'vn pezzo di legno^ che ftia agiato fopra del vafo, fi che alllrirermonon dia noia, ne dolore, auuertendo, che la quantità, e la caldezza dell'acqua fiano propòrtionatei e preparate prima,che G cominci l'opra,aeciò%o hdb^a pofcia a trattenerli , J'Artefice,perche quella non fia apprettata-i. Sia dunque la quantità, che cuopra il luogo dell'apertura fatta,okrc che farà neceffaria per tenere aper- ta l'vfcita al fangue>& a temperare l'acerbitàdel taglio. Della caldezza di- £rfl fìingueremo \ perche due calori in quefto ci fanno dibifogtio. Vno chea de/za%5?* trouar la vena fa di meftieri, onde l'acqua ha da effere più calda, ma sì che ì'*^aJ*ucr tolerar fi poffa : l'altro a tenerui il piede dopò la vena apertale quefto farà * più temperato per dar la viaal fangue, come diceuamo. Ma pèrche molte fiate auuiene nelle vene fottili, e fotto carni afcofe> che conmolto tenere il piede nell'acqua mezzanamente calda,quelle non appaiano; perciò è all'ho- ra neceffario ad operare della molto calda : nella quale, quando ben non poffa il patienre foftenerui dentro il piede,tuttauia petratti quella nel piede fopra il legno eleuato, dall'iftefio Artefice verfaré con le proprie mani, ac^ cioche con quel calore più auanzante apparifeano le vene, le quali per la loro natura, e qualità fpermatica3fendo freddeje fecche5oItre,che dal calo- re vengono a dilatarti i loro filamenti,che le veftono rifcaldandofi,fi fanno più gcnfie,e confeguentemente più apparenti ; Io che non così facilmente iottirebbe dentro dell'acqua moderatamente calda ; quale non hauendo quel grado di calore, né tampoco haurebbe quella virtù cccitatiua di dar la vra all'apparenza delle vene ; oltre che non effendo l'acqua per natura fua calda,ma per accidente, dimouendofi dalla caufa del calore, eh e il fuoco, pian piano viene a perdere la viri ù del calore ifteflo , acquìfìato nel fuoco , e confeguentemente ad effere meno atta per l'effetto3che fi defìderaua. Si che bifogna con I'induftria giungere all'effetto bramato ,prouocando, altresì,ccn lo battere della mano fopra del piede, la detta apparenza del. la vena,Ì2quale di fieuio koucrta,con ageuolezza potrà farfi l'apertu. ra,e pofcia nell'acqua temperata di calor e daf l'addito all'vfcita del fan. N 2 gue* timento 100 E> I B R O Attentionc del Barbare quanta con- uenga in—• quefto pùto. ÌUb.dc mcd. Soggettionc dell'aite . Modi per trouar la_. vena della—. fronte^ . gue, come fopra diccuamo • E tanto per hora hauer detto, intorno à ciò * bafti* Della diligenza, e del modo 7 che sba da vfare per trouare ia vena dentro la carne afeofa. Cap. XII. là dichiarato ne'due profumi capìtoli,corae fi debba dar l'ottimo fito alla perfona,a cui fi caua fangue,e fare la conueneuole ligatura a tutti i luoghi delle ve- ne, che prontamente appaiono : fiegue ragioneuol- mente, che dimoftriamo il modo da offeruarfi quan- do le vene afeofe fi ritrouano fotto le carni,fiche ma- Jlageuolmente appaiono ; acciò poffano dall'oueruan- za almeno quelle feourirfi ; io che oltre l'vtile del pa- tiente, recarà, non men gloria, de honore all'agente, come offeruò il buo? no Hippocrate, dicendo,ch'è.gran vergogna all'Artefice non confeguir l'ef- fetto , che pretende operando; particolarmente (aggiungerò io) quando ciò con l'efferuanza, de accortezza potrebbe alla fine confeguirfi j che fe né me- no con la diligente offeruatione ottener fi potéfse, non ftimarei,che biaf- mo all'Artefice fi potéfse attaccarejancòrche alle volte la difficoltà di fare, ftia ripofta nel feno della natura iftefsa, più che neliè*nbftre mani, e tuttauia alle noftre mani,e non alla natura, né alla repugnanza deffoggetto,è impo- fto il biafroo. Onde da quefto ho mai fempremalageuole, de afsai fpinofo, ftimato l'cfsercitio di queft'Arte ; che verfandofi circa foggetto così nobile, come l'huomo, non accapandofi alle volte l'intento per la molta difficoltà naturale fi ritroua in efso (come fuccede in quefto particolare per la fouep» chia grafsezza delle carni fotto le quali afeofe dimorano le vene) in ogni modo la difficoltà iftefsa *per Ja quale accader fuole di non forttre alle voU te il bramato intento ; s'impone all'artefice, non alla natura. Ma tuttauia, così come quefta difficoltà, non deue intimorire gli operatori; che cofa da codardi, e di poco fpirito farebbe ;così non è picciola la lode ,che G deue a quell'Artefice , il quale opponendoli ad ogn'intoppo,e malageuolezza , opera tuttauia felicemente. Che però quello folamente dourebbe tanto, più eccitare gli animi de'noftri ad attendere con ogni diligenza ali'ofseruanr za di cofe tanto diffkili;fendo chela gloria è nutrice delie buonearti,come. il Padre dell'eloquenza Cicerone n'infegna,e noi altroue detto habbiamo. Hor dunque per difcorrere ordinatamente in quefto, diremo ;ch'efsen-, do g-.à dato il laccio al fronte in quella guifa,che fopra se dimoftrato, non palelandofi perciò la vena sfaremo alcuni fomenti d'acqua calda, con le fpong>e, ò con panni lini bagnati, applicandoli a quelle parti, ò con le ma- ni latamente fpargéndolaui • Tal volta anche faremo, che colui tenga il: capo SECONDO. ic*. capo pendente. Così pian piano fi vedranno gonfiare levene: desile quali non apparendo que la di mezzo, ma l'altre profiline folamente, di quefte alcuna più grofletta in luogo delia mezzana apriremo, niente dubitando d'errare, né d'vfcir dall'ordine dei Medica ; percioche e rvne,e 1 altre (come l'Anatomia c'infegna,)delle iugulari elterne fono. propagini ; cosi come nevfuperiori difcorfi dimoftrato habbiamo • Per trouar poi le vene della lingua, due diligenze vfar li poflòno ; Per trmm del e quali, vna principalmente valerà, quando per alcun male faran- levene dei. no gonfie le mascelle, onde la bocca malamente^ poflàaprire. Pren-:u 1,ng-u* ' dafi della dittatura di malua, di violara,e di brancavrfiria,faccianfi fo- méti d'intorno caldi,dopò vnganfi queliepartidi bumro,od.'vnguen- to di Altea,ò di Agrippa cadi,e così s'haueràl'in temo. Ma per mani- feftar effa vena per auuen tura afco&; non ftimo vi fia miglior modo* che fotto la lingua cacciar dell'acqua calda, e fi tto il mento far panni caldi : con auuifo però , che ciò non fia così violento, che infiamma- gione, ne apoftema, ò altro tal mareffetto cagionar poffa. A le vene delle braccia fono anche proportiooati i foti dell'acqua Per trouar calda, i quali fempre potranno precedere per tutte le vene? alcole in \l l^al!' qualunque luogo; effendo co rimedio commune per i'cft ririfecatkme di quelle, Giouarà altresì la ligatura alquanto più f retta'dell'ordina-* rio, però fia alquanto più fopra del luogo foli to; perche allevolte! dal lig-r vicino, fi fogliono quafi foffogare le vene, come per la dìftanza dell'allacciamento co r parifeono meglio^c ripiene di maggior quanti- tà di fangue. Faranfi parimente alcune fregationi con panni caldi,in- fin tanto, cheroffeggi la parte; cosi l'approua il dotto Tufarello da Morano, in ogni luogo quafi d; 1 fuo trattato. Si fuole altre volte feio- gliere, e ligare più d vna fiata,(come vuole Auicenna, altroue citato) perche r quefto modo più facilmente fi può auuedere l'Artefice del* l'impedimento, che l'apparenza ritiene. Pure feguendo loccultezza àdle ve? e, potrà vngere il luogo con oglio caldo, imponendo al pa- tiente, che ftrettamenteil pugno chiuda. E quando in ogni modo l'occultarfi delle vene perfeueraffe;auucgliafi della ligatura netti polfi; jn modo che affligga il membro con qualche poco di dolore; ftando tutto il braccio pendente, e diftefo. Ho io ben si offeruato fouente, quando non ho poffutocosì facilmente foorgere la vena,di tenere per quache fpatjo di tempo il braccio ligato ben'alto dalla piegatu- ra; e cosi con la lunga ftrettura,e col pendente fito, dal tatto, coi quale ho offeruato le vene, che al profondo G moueano ; mi fono da- to all'aprir di quelle , de ho con l'aiuto Diuino colpito. Per trouar le vene delle frani altra miglior' induftria non trouo, per trouar che ftringere vn poco più dell'ordinano, de vfar 1 acqua à pieno cai- |« ^cnc deI da in abbondanza» Hora ioi L I B R D per trouar -H°rane ridane adire delle vene de' piedi, nel iCquali èia maggior !e vene de* difficoltà dell arte; e però anche il maggiore ftudio, e tutta la noftra Piedu indurirla vi coli come nel precedente :npftro di- fcorfocbceuamo. Quanto alia fatica benché molta ve fe nemejtta; non comparendo per niun modo la vena, non perciò dec/i 4animò perdere F Artefice ; coneiofia cofà,ch'effendo quefte parti fredde, e dal fante del calorelontane; non poffono così grotte , né paletti hauer le vene; pure col forte ftringere più dvna volta,e fciogliere,edinuouo riftringere, e bagnare con l'acqua ben calda il piede , fecondo loffer- uanza,che nei precedente difeorfohabbiamo dimoftrato,che però qui non repilogo, fi potrà ottenere l'intento. Giouarà altre volte valérli cffic.tex iÌ ài quella ligatura, che fi caua da-Galeno ;cioè , che fi principi; su da la cofcia fafelando verfo ih ginocehio , e fempre più ftringendo. La fua larghezza fàràjdue,^ tre dita, e lunga tanto,ehe batti ; la mate- ria-farà di pannolino, òaltra,tale,m a gagliarda. Quefta quando noti poffa fairfrdi noftra mano,eomce per jo più nelle donrie auuiene ; dimo- ftraremò loro primia, come far fi debba. Ho io offeruato fare quefto airafèiamentadai ginocchio in giù feguendo per la gamba fino al mal- leolo via pìùfern^i^ftringendo, & oltre ciò applicandoui anco lordi-» Bario laccio-,*: m'èfprtitofejiceirne^te. Lo che può offeruarfi (come iohòfatto)nel»btaecÌQfaltresi;eominciando l'allacciamento dall'ho-, mero lino al gomito,, che a tal bifogno deue tenerli particolar laccio di palmi otto*, óVal&re voice al QQntracio, dal pollo auuolgendo, fino al gómito, via-fempéepiùffringendó in su, ma che il braccio fia pri- ma allacciato foptr* col iòlito aaftro, come dalle figure più chiaro fi Vede.- ?.-:V-j-llUi;-'-.'-. :• -.*-. -rli.. :;U; ■;; . '♦. .'"!..; » ■■ __. ;; ,-.; .'J-, « :i;| ■■51 J. f tv' > • ■ -" : \ ì ;Z • ' ' "" -."ì-ìì; ■'.'', ~- r\<'' >■<* r> . ■%-■-- •• - ,- *.-■■?."._t\ . . I —..■«/ ' ■.....:'.'.:: "... ^i-.f-'tr ; _.. r^ ,;» ., •,- %rì:i;. ;j- .;•._•„ ■_• '. .... ., ,, _, >.... .-.....,,.' i\ / ■ "■ " : • . . ., ►.,'!»•/«'-.> ■ ;•• • * : - ! : j , n? it •.,.. ■ :;./;^ :■>_• j , _ • .■■'■.' ■'■>• . "i'!:.5i/0.r. TI. 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Con tutto ciò io non vò tacere vn'altro modo,che confifte ne' medicamenti attrahenti i del qual:generé è*quello, che ne propone Mefue, per certo affai buono ad jjfcourire communemente, non folo le vene di quàlfiuoglia membro » ma_* anche a trar pezzi d otti, o altra cofa ficcata dentro del capo,ò in altra parte del corpo . TTerremoIo noi dunque apparecchiato per li. cafi > che fuccede- ranno .-applicandolo caldo fopra l'afcofe vene, per vn'hora prima, ò più, ò meno rlacompofitione è tale. $i. di fermento,e di mèle ana patte vguale ; di vifeo quercino la parte fetta, d'ammoniaco nel latte di Moro albero, & in poca feccia d'olio difcioko, la parte ottau3 j facciali empiaftro fecondo l'ar- te . Molti sì fatti altri modi addur ne potrei \ ma quefto è il principale, anzi che il folo fermento frefeq , (come piace ad Arnaldo) ò I'empiaflro delia-i fola pece nera, a ciò ballante fora. Ma non effendo quefto luogo da dar rimedij, lafciando.*iò fare ad huomini valorofi nell'arre della Medicina, da' quali ogn'vno,chjeyorrà, con la quotidiana feruitù, de offeruanza, che loro nfarà,mo!te cofe affai opportune a quefto effercitio potià appararejolrre^ anco la lettione de'buoni Autqri;per non attediare i Lettori,patto ad altro, che più opportuno fia per quefta prattica ; riferbandofol di dire ; Che non mai efperimentato Maeftro diuenir potrà huomo viuente, in quahìuoglia effercitio, alquale egli s'appiglia; che con continouj fudofi^ìicljejie vigilie non l'ottenga ; fuperando quelle difficoltà, che nel! effercitio d'e/fi occorre - L'efferdta. rann0 • Ne* efperimentato dir fi potrà,chi nel corfo d'alcuni anni non haurà tione.c ìvfo varij cafi nel meftiero, ch'egli fa , con diligenza pratticato, de offeruato . E'regoil^i! E* in vero può bene fpeffo hauerfi in poco tempo la fcienza delle cofe, con gliono. " lo ftudio de' libri : ma non già l'efperienza ; la quale fi caua dall'cfifcruanza Lib.demcd. $ molte cofe accadute^ diligentemente pratticàte. Chi dunque perito di- uenir deriderà in quefto effercitio,gli fia necefsaVio pratticar molto (fi come Hippocrate difse del Chirurgo)poiche per auezzarfì,e ben'iftruirfijdeu'e^li, gli efsercitij feguire ditai'arce, e nella frequenza de popoli, doue di quella fia bifogno, metterli pronto in ogni occafione fe l'appretti d'oprarla. Fre- quentinfl dunque gli hofpitali, & altri luoghi limili, doue bifogno vi è di tàl'efsercitio. Così vna efquifita, e trita prattica acquifterattì j che flcuto,e franco in ogni dittici! cafo renderà l'Artefice ; come nel proemio dell'opera fua fcrifse il Romano Columella ; dicendo che l'vfo, e la prattica fono delle arti,veri maeftri. Come fu ciò approuato da Afianio antico Poefa,iI quale difsej che'l padr? del fapere è i'vio, e la madre è la memoria. Dimandato Monfig.Cacciaguerra dell'arte di ben confef iarfi : la Confezione frequente leu SE CON DO, IOC la tTnfegnarà : rifpofe . Nel medemmo modo dirò io al prefenre^: Vuoi tu amico dell'arte del fagnare effer perito, e raro Maeftro / Le fpeffe opportunità di fagnare troua, de attentamente in quelle t'cffercita j che**» peri to, de efperimentato diuerrai . Dell'apparecchio, che deue fare US agnato fe innanzi d'aprir la 'vena. Cap. ^XI11. Rdinata già la preparatione della perfona, a cui G ca- Apparec- ua fangue,ffegue che fi faccia l'altra, della perfona di ^t^ S*J colui,che ciò fa. La quale in due cofe principali due cofe coi' (per mio auuifo) confitte^ cioè nel fito di effo Arte- il^ • fice, è nel maneggiar delPiftrumento. Per dir del primo,io non ftimo poter dar miglior regola di quel- Ia,checiporge.Hippocrate,dicendo, che l'operante Lib.de offic. Chirurgo dee eligere quel fito,che gli è più accócio, Sefu pouùi e per ragione del patientè,e del lume, di cui ha di bifogno: onde aggiato ,ra dei Sa. ftarà (dic'egli) quando dourà operare in modo, che ftia pronto all'opera, e;gnatot(L~'• (labile si,che non vacilli col piede. Deue anco (fiegue dicendo) mjrar'allo tex.i*. Ilare, ò d appretto, ò da lungi al patiente;pofciache non deue così da pretto ftarglijche per la ftrettezza del luogo gli s'impedifeano le mani neli'operare; né tampoco deue effere così da lungi,che ne meno di toccarlo vi fia modo. Mettali dunque in giufto fito,che non ecceda i termini nèdell'vno, ne del- l'altro . Aggiato ftarà quanto al lume, sì che la parte,che tratta Ila illumi- Come verfo nata,e però ii lume naturale da fe fletto, ò da gli affittenti non gli venga in>.chiTflgiju pedito . Onde douendo cauar fangue dalla parte delira > locarà la perfona tore_,. dalla finiftra, in oppòfitione di quello dourà oprare;che così il lume gli ver- rà a proportione. All'incontro, fe dalla parte finiftra doui à fare la fagnìa, locarà il patiente dalla delira. L'iftrumemo di cauar fangue, veramentefe- condo il commun giuditio,è l'arteficiale,della cui forma,e maniera già trat- tai j ma oltre a quefto vi è il naturale, il qual e la mano , che da' Filofofi G jtfc an.^s. chiama iftrumento de gli ftrumenti,fenza il quale male s'adoprarebbono gli damano p« alni. Per la qual cofa con gran ragione dirimendo il Faloppio la Chirurgiai to di caiui parmi ,che molto auedutamente dicefie, eh'effa è vna terza parte certiflìma-j fengue_>. della medicina; la quale della rr?ano,e dell'inftromento fi vale per fanareu». Accoppò quell'Autore ambidue gli predetti iftrumenti ; perche fono di vguaj natura determinati per mezzi conuenienti a far l'operatione Chirur- gica . Così dico io della fagnìa,che pur chirurgica operatione è. Dobbia- mo dunque prima trattare della mano , come del primo iftrumento. E perche la principale fua parte, e di maggior valore fono le dita veti quefte fiiremo,ecme, de con quanti s'habbia da tenere il ferro, e far l'apertura.! • O Apprettò io* LIB R O Appretto diremo di etto iftrumento in che guifa, e quanto in fuora fi deb- ba tenere. In quefte offeruàtioni non tutti i Dotrori vogliono vna mederai 4prim l'effetto promette:di maniera,che i'vfo^laprattica ne farà maeftraj perciò^ uaTvtfn*in che in ninna delle dette offeruàtioni d'Autori io mi quieto. E quanto al ffa&l». r* parer d* Auicenna, proucchc non è facile l'operate, anzi malageuole, e fa- ticofo a tener'il ferro col grotto, e col lungo dito : percioche con lo fprp*j portionato accoppiamento di due dita,vno lunghufimo, de vno corto, non ben fi conferua la fortezza: e ciò chiaro appare ;per:ioche fcriuendo co! medio,e coi pollice, lungo tempo perfeuerar non polfiamo , ma non così col pollicele con l'indice .Onde più tofto m'appigliarci coi parere del òel-: 1 uaticò,che vuole Gtenga l'iflrumento col pollice , e con l'indice, che fono Lìb.i. de vf. per naturacorrifpondenti ( :ome auerrì bene Galeno) e.larebbe più ferma » P*r* e ftabileròperatione : ma io (per dirne il mio parere) a tutti i modi {timo effere migliore tenerla con tre,come approua Guidone,ben:he> né anch'ef- fo paia rilolutò ; pofciache lo rimette ali'elettione dell'operarne. Non lafcio però i non marauigHarmi di lui,come afferifca,che fi tenga il ferro contre_^ dita,e che con l'Indire fi tenti la vena, fe per auentura non accorda eó Aui- cenna, ouero non intenderne prima fi tocchi con l'indice , e poi con tutte Noftra opi- tre le dita fi dia di piglio alla lancetta, e pungali la vena. Si che per condu-. d°ndi tTr derla ; quefte diftLoltadi filmo pcffino conciliarti con dire; effere bene » la Unzettae che fi tenti la vena con l'indice, ma che pofcia il ferro fi tenga con tre dita , come diffi- cioècol poIIice5indice,e medicene così l'operatione farà più vigorofa, & co uno a. |n qUeft0 moc{0 verrà adempita l'opinione d'Auicenna j e quella del Gui- done altresì èì noftro parere,come mezzano fra l'vna,e l'altra fentenzapm fermo, e fta bile ; come più ferma,e (labile farà la mano in quefto modo da noi affegnato, fé l'altra parte di quella appoggiata anco nel braccio del pa- tiente ne ftarà. Non tefta però,< he fe alcuno haurà più pronto il fenfo del tatto in altro delle ditaiche nell'indice, non poffa fecondo quello , che più C6 qua! di- commodo gli fi rende tentare per fortune 1 effetto. Perche invero le re- tento u^ §°k ** °^nri0 per quel, che communemente s'offerua,non che in alcuno ca- ua.,. fo non poffa patir'eccettione, pur che s'ottenga il bramato fine. E li mez- zi in tanto s'attendono , in quanto atti fono per io fine > che s'intende^. Che però non efìenUo quelli proportionati per forarlo : non buoni,nè più mezzi SECONDO. IÓj inezzi dir fi potranno . Tentili dunque con qualunque deto fi voglia, pur ch'efficacemente fi faccia. Ma iacommune offeruatione, e prattica,è, che fi centi con 1 indice-*. Quanto poiallaltro,chelofporgere,chefihà da fare del ferro fuori Qu»" Pa- delle dita .-tra' SpagnuoIi,& altri molti, fi coftuma tenerti ferro lungo in ?£' fctrr?ri manierale quafi tutto fijcuopra. Queftvfo non par, che fia da commen- Wr». dare : perche oltte,che potrebbe vacillar la mano colferro,il braccio del pa- ziente ftà a più pericolo d'effere finiftramente punto per qualche improuifo moto. Però (a mio giuditio) flimo s'habbia da tener tanto in fuori, quan- to è tutta la parte,che faglia con alquanto forfè di più ; percioche tutta con- forme all'opportunità ci potrà feruire. E tanto ho voluto dire dell appa- recchio douuto nella perfona del Barbiere, e dell'Lìruraento • Del modo cfaprire ciaf una vena . Cap. X I V. Ouendo complir l'ordine del noftro dire ne* prece- denti difcotfi cominciato ; hauendo di già detto del primo tempo,e de i preparamenti della fagnìa,fiegue hora, che pattiamo al fecondo tempo di quella, e più (lettamente alla perfettione di efsa,ch e l'aprir la ve- na ; così dell'atto fuo proprio, come delle fue circo- ftanze. Onde dirò prima di tutto quello, ch'vniuer- falmente conuiene al taglio delle vene iftefse faueila^ re Acciò dunque ben comprenda tutto ciò lo ftudiofo dell'Arte,prima_ij Primi d'ogni coU «cu ,tr_ todelfagu*. re, quante, e qiuù cut- debba hauer iamnu °ìi ch'egli il ferro adopri, intender gli conuiene pienamente la natura del fog getto in cui opera. Pofciache l'operationi (fecondo il Filofofo) fono in- torno del foggetto ben difpofto. Et oltre ciò anco la conditione della ve- na , e ddk parri,che la circondancnnelle quali inrendo la cute,la carne, e la pinguedine . In ambi due generi de' già detti corpi s'hanno a confiderare occhi n jL,. molce,e varie loro qualitadi. E perche afsai a pieno detto habbiamo del bicro* foggetto ne* precedenti noftri difeorfi: refla, che della conditione hora fa- uelliamo delle vene,e de fuoi congionti,ò pure circoftanze. E quanto alle vene confideraremo in cùe la foftarìza,e gli accidenti. La foftanza è l'iftef- fa tunica,ò grofsa,ò dura,ò fornicò molle, ch'ella fi fia :gli accidenti, faran- no la picciolezza,la tortuofità,Ia mobilità, i'efsere piane, de vguali con ia_. pelle ; le varieofe, e fuoi contrari] ; che fono la grandezza, la rettitudine, la viabilità,& il folleuamento della carne . Ddk congionte poi,ò pure circo- ftanze j confideraremo altresì la grofsezza, e la durezza con fuoi contrari} j cioè la fottigliexza, e la mollezza. La durezza in due modi confiderar la pofliamo,ò natiua,ò accidentale. Natiua diciamo, perche naturalmente^* Oa fia io8 X 1:Bìr lO fia dura. Accidentaje,che nata-fia dalle fpefsecicatrici,lafciate dalle prece- denti aperture. Quefte conficjejtationi date,tanta delle congionte,rome-> delle vene,diftinguerò anco per l'apertura due altri modi; cioè che quella, è farà diflkile,ò pur facile: de'Ia facile non occorreragionare, perche ad ogni vno può effere pronta : fi che refla della difficile a parlare. Hor dunque per difficòuiper dar di leile regole opportunefcdiciamoK:he quanto alla foftanza delle vene» ordine ha da quattro qualità fono quelle,che le occupanojcioè la groffezza,Ia fottigliez* darn il fuo 2a i ^ durezze la mollezza :di quefte qualitidue,e non più d'effe fi pofc fono accoppiannfieme>mentre l'altre due fi à di fe fono contrarie;onde da Differenze talaccoppiamento quattro diuerfi generi d'apertura fi vengono a formare ; S'il* folrfaZa c*0^ c^e *a vena ^ &T ^*r me§*'° *a ^ua tun»ca) ò ^a grcin,e dura; ò fottile* e dura; ò gtoffa>e molle, ò finalmente fóttile, e molle. Delfi detti generi, Quai tagli à dUc fono al tutto fra fe contrarij, e due infieme fi compatifcono . Onde quai foittze feconcj0 laloro varietà a ciafeuno di effi partitamente il fuo proptio taslio fi conuiene. Percioche alla vena grofla,e dura rupondera il taglio profon- do^ gagliardo : alla fottile,e dura (acciò non profondi) il fofpefo,e gagliar- do : alla grotta, e molle il profondo, e lento : alla fottilce molle il fofpefo* e lento, come per più chiarezza dalla feguente figura da me propofta ocu- larmente veder fipotrà^ f L ■• :': ?.. ~ ;".-,^ '!*' GroJpu>i SECONDO. 109 j s b f» 5 » _<*» b -3 SS .Ci a. Grojfa > & dura. 1 ili 1 1 1111 • • ■ ■ Profondo > &* gagliardo V. ......* Contrarij. ■ t -> - Co SS, ti*. «* «* ih Sofpefo , ^ Unto . Sottile f f$» molle. 4 «il A. Quanto no L I B R O tv eommu QHant0 a 8»' accidenti delle vene, che come diceuamo fono la grandez- ni accidenti* za, la tortuofitàja mobilità, fvguaglianEa con la carne, & i fuoi contrari] : delle vene. deu0nfi auertire due differenze,pereioche,ò palefi>ò pur profonde clfer po- tranno le vene. Onde fecondo quefte differenze,cufferente anco fuccedcrà, che fia la forma del taglio ; non già come nc*generi delie tuniche poco fa affegnati,diceuamo, diftinguendo tra profonda, gagliarda, folpcfa, e lenta ; ma tratti folo della figura, la quale in tre fpecie G diuide » cioè retta, obli-. qua,e tranfuerfa. Secondo la Hor quando tutte quefte differenze di vene palefi,e pronte faranno>con figura foia. qUeftj tagii s'hanno a trattare. Alia grande (che groffa ancora chiamiamo) dadJgerin & alla varicofa (ch'in altro modo nodofa chiamar polliamo) conuiene ii fa- tagli ne gii glìo retto più dogn altro; percioche deltranfuerfo,e dell'obliquo ne i dub- uerffdeìieÌ b'Jca** vafcrfi» e più commodo,& opportuno. Similmente aquelle,che-/ ycne_?. con Ja carne vanno vguali, s'adatta ii retto ; perche fono gli altri tagli meno ficuri dal dolore. Et in fine alla piccola torcuola, e mobile s appartiene il tranfuerfo ^perche a ferire col ferro corali vene fono men tìcure dell'al- tre • Non niego però, eh a tutti quefti cafi l'obliquo anche talliota G con- uiene, né fuor di propofitàr; perche fra gli due tagli è il mezzano, che par- tecipa d ambidue, e niuno d'elfi egli è. Se poi occulte fiano le vene, non è modo migliore del taglio profondo, moderato però,trà'I più ci meno/e- condo ricercai! bifogno • Ma perche gli effempi fanno affai più chiaro, e-, lucido quel, che G difeorre in dar delle regole : però ho ftimato opportuno il tutto proporre nella feguente figura, acciò quafi con luminofo torchio nel buio illuftri la mente dello ftudiofo a vedere in vn tratto quanto nelle date regole ftà regiftrato. Refla SE C ONDO. &H Refta per còmpimctìtcche delle congiontc, o drcoftanze, o pure partì vicine fauelliamo ; ma perche fra quefte, principale G cqnofce la cute, & effa ne i quattro già fopra attignati geni fi diuide, còme della tunica delle vene diceuamo , ticeue ella gl'iftefli modi d'apertura, ch$ di quelle detto habbiamo, onde ad effi rimettendo il Lettore per non attediarlo , qui dia- mo fine a quefto difcòrfo. Della prattica da ojferuart intorno ali*aprir te vene. Cap. XV. §Sjj| Eriche la fcienza non de' particolari, ma degli vni- Dette parti- uerfali fia j pure è 1 offeruatione de* cafi particolari. "£" "rf^ Onde hauendo; ne' precedenti difeorfi in genetale le determi. dato le regole, e modi dell'apertura delle vene , fe- n*tc vcne- condo le formè>e da gli antichi, e da' moderni offer- | nate : fiegue che fucceffiuamente dìfeendiamo a ra^ "gloriare delle particolari regole da offeruarfi nel- J'apnmento diiiafeuna vena. E prima per non tra- Delu v hfeiare l'ordine da noi fopra introdotto, dicendo di quella della fronte ; della fronte! l'offeruatione farà ; che figatafi, e ftretta la fronte al modo, che diceuamo ne* precedenti difeorfi, pongafi la finiftra mano in tal guifa fopra del capo, ch'il deto groffo di lei ben fermo ftia fopra della vena, acciò quella ferma- ta^ non vallante, libero fia con la delira lo colpire, aprendo la vena-i con vnadellaffegnatefigure-^. Secondariamente per le vene della lingua, auertir G deue allo ftato del Me vene foggerò ; impercioche fe nel letto giacente eg'i fia; tutto che altri feder Io dcluilngu*- facciano fu'I letto ifteffo ; pure., perche ciò non fenza graue difagio riefee^. dell'operante mano, onde facile gli è il temere incontro d'errore periglio- fo i affai più commodo ftimo, e per lo foggetto ifteffo,e per l'Artefice 3che coricato egli fe ne ftia. Ma però col capo fopra de' guanciali appoggiato in modo,che atto fi renda per riceuere col taglio della maeftra mano il benefi- cio della falure. Niente vietando che fatta l'apertura3fi folleui alquanto più di tefta per impedire il flutto del fangue nelle fauci, onde foffocatione fe- guir ne poffa j ch'era quanto di ripugnanza recaua ad alcuni di noftr'arte^ intendenti, per non ammettere cotal fito . Ma fe pure fuori di Ietto egli fi fia, deue anco mirarfi,che feduto ftar fi faccia in fedia, in tal guifa bàfsa, che commodo fi renda anch'egli all'operatione dell'induftre mano; fecon- do quel!o,ch altroue dell'allogar del foggetto afsai diffafartìente ne' prece- denti difeorfi detto habbiamo . Quanto poi al modo dei ferire,già che Ja_» lingua è membro,che non così fti efpofto-all'officio dell'apertura, come gli altri (ftando ella riftretea nel paIato)an; orche gli altri intendenti commune^ * mente--» fili L I B R O Delle vene éel braccio. mente vfirio con le dita della mano per mezzo-d'vn pannolino fpengerla in fuori(qqale vfo ho anco io per l'ad- dietro,& approuato,& yfato^ nienfce- dimeno, perche il giuditio ha porro materia di miglior modo tentare, de approuare ; intanto quello p:opo- ,^;/: nendo (fecondo la figura,che qui pre- _ fente ho pofta,per maggior chiarezza, '. .. oltre 1 esperienza, che afsai felice me fuccedura, perche ha facoltà quefto tale inftrumento di far comparire le vene) dico, the molto commodo fi rende anco al patiente r perciOvhe fol-' ieuandofi, o pure rouerfciandoli la lingua conquefip inftromcnto (che Giofsolabio chiamare ho ftimato per l'effettcth egli fa, canato dal Geco) fenza che quella fi caui fuori, folo curi fpingeria l'infermo con alquanto di violenza vetfodel detto itti omento , °per.a in moda, che le vene a meraui- glia appaiano,e confeguentemente^, che l'Artefice a fuo beifagio fer x pof- fa, aprendo prima il ramo della deftra, e pofcia quello deila finiftra. La ma- teria di quefto iftromento ftimo aliai più migliore effere di legno , che di ferro, ò pure d'argento, ò d'aìtro me- tallo , percioche la materia predetta^ lignea affai meglio confente con ia^* molle , e fpongiofa foftanza, della., quale è la lingua comporta. Che pe-. rò più atto fi renderà per ritenerla.^ acciò non vacilli nell'effetto, che s'ha- ucràdadfeguire con la lancietta^. rù.A ? ??°° fucce(fono k vene dd braccfo * que altrimente conuer- rà accommodarfi al miglior modo, che fi potrà . Nel quarto luogo fono le vene della mano; Hor dunque tratta che fa- Delle rà quefta fuori dell'acqua calda, il primo auifo fia, che la pelle (che in que- della mano fte parti è molto arrendeuole) non fi dimoua dal luogo fuo, oue natural- mente ftà pofta fopra la vena,mentre quella fi ferifce. Il che ageuolmente fi farà, quando che la mano del patiente fi prenderà, comprendendo tutte le dita di quella dentro la propria mano , e lafciando , ch'egli l'incurui al- quanto fopra quella dell'agente, che la foftiene. L'altro auifo farà, che la punta del ferro s'imponga nelle parti caue delle dita j acciò non fi dia in er- rore toccando alcuno de* nerui, ò pur tendoni, che dir vogliamo. 11 terzo auifo fia d'aprir bene la vena, tanto più, che partendola tutta (per cosi dire) come vogliono Albucafi,& Arnaldo, niuno pericolo porta;e facendofi pò Lib-de chi- ca apertura ne feguirebbe l'ecchimofi ; che a' piccioli tagli feguir fuole—;. capavi" * Fatto dunque il taglio , di nuouo rimettali la mano dentro dell'acqua, & iui quella hor diftenda, de hor chiuda il patiente, fecondo più acconcio gli fia per i'vfcira dd fangue; il quale , fe per auentura immantinente non fe- guifse,non perciò fi fpauenti l'Arteficcnè voglia tentar di nuouo l'apertura; pofciache quantunque per notabile fpatio di tempo non efca il fangue;tut- taUia poi col calor dell'acqua largamente correrà,come a me è accaduto di veder molte volte, e quefto fuole auuenire ; perche le vene fono picciole, e fontane dal centro. Fannofi ncifvitimo luogo le più eftrem: parti del corpo, che fono i pie- Delie vene di. Quefti dunque fciugati,che faranno dairhumtdo dell'acqua calda doue dc' p»edi. ftauano, prendendo con la finiftra mano il Iuogo,che s'hauerà d'aprire, fer- mili quanto poflibil fia la vena,acciò non fia vaciilante,ma falda ;imperoche fe in tutte 1 altre parti conuiene, che falda;e ferma ftia, in quefta è oltre mo - do neceffaria. Ma perche in tre luoghi del piede sVfa di cauar fangue,cioè nel malleolo ; fopra iiconueffo del medefimo piede; e fopra del groffo do- to ;in ciafcheduno di effi conuiene vfar diligenza efquifita, per non dare in tano. Nel malleolo due maniere di comprendone (ò diciamo raffermamelo) vfar fi poffono. L'vna è,che con tutto l'arco del pollice^ dell'indice fi pren- da il piede,e nella fine de' due lati di effo verfo giù fi tiri piegando la putirà di quello inuerfo terra ; l'altra, che con l'ifteffo deto pollice G comprima^ P la- 4 ,114 L;I B R Q Ja vena, che s'haurà da tagliare . E ciò farà quando le vene faranno appa- renti ; Conciofia cofa che all'hora non fi ricerc\ tanta efattezza d\ corr pief- fionepereuitarle a manifeftarfi. Se poi nel conueffo del.piede s'hauera d'aprire la vena, conuerrà con la palma della finiftra mano in tal guifa di {orto pigliare il piede, ftringendo verfo in giù li Iati d'effo, che la pelle fi furi di fopra ; accio commodamente tagliar fi poffa . Quefta foggia d'ap- prendere il piede, fe in vlo fia appo de gli akri,non faprefben'approuare»^. Holla io fibenejcon honor mio particolare^ commodo del patiente, elpe- nmentata fouente > come fpero fuccederà achiefperirnentare anch'egli la vorrà. Ma perche accader fu ole bene fpeffo,che né meno con quefta forte :• M di compreflione la vena tal'hora fi manifefti; fia neceffario, che fe per vna volta ciò fatto,queli'afcofa anco fe re ftia ; fi rallenti alquanto la mano, fif- fando ben bene l'occhio nel luogo della vena,e ciò fatto, quella col ferro fitoipifia: facendo intanto al patiente tenere le punte delle dita verfo in g»ù. Douendofi finalmente nel deto groflò fare la fagnìa > accioche la ve- na ftia ferma, di meftieri fia in giù fvltimo articolo di quello piegare, tor- cendo il deto tutto a delira, ò pure a finiftra ; colpendo poi ficuiàmentc-* fubico, che la vena fi manifefti. Auertendo peiò, the non laici 1 eflecucore delia fagnìa col tocco del deto (fecondo, ch'alaoue detto habbiamo) fem- pre via.più ficuro renderfi,e certo della vena,e del luogo,c'haurà da ferire, >. •' e quando puie affai timido fcorgefse il patiente della punta del ferro , fac- ; clalo raffermare da altra perfona. Accioche nel timore,ritirandp a fe il pie- * de, non porga mateiia, & occafione d'errare, con afsai pip fuq danno,che vergogna dell'Artefice, il quale ha da operare sima nel patiente ben difpo- fto. lJure deue l'operatore auertire da prima tutto ciò, che la perfetta fua operatione impedir pofsa, per rimouerlo ; fendo che non giouarebbe po- fcia lo fcufarfi di non a hauer penfato,fecondo quel dtito>TurpeeH dtcere non putaram. Molti altri auertimenti, emodi per ritrouar le vene potreb- bono addurfi ; ma perche l'opra,e'1 difcorfo molto in lungo andrebbe, e_-> con tedio de' Lettori, lafciojche l'induftria delli ftudiofi di quell'Arte hab- bia anco il fuo iuogo,per ritrouare delle nuoue inuentioni,e modij mentre che,fecondo i'inuecchiato prouerbio, Facile eli inuentis adderei. . Della 'Zì SECONDO. nj Della figura y e della quantità delli tagli. Cap. X VI. Ouendo in quefto difcorfo della figura, e quantità del taglio, ragionare, e quafi certa regola ftabilire circa quello ; non alieno dal propofito noftro ho ftimato, prima riferire, quanto da gli antichi in vfo fufse in- torno ciò. Pofciache (come ben riferifce Gio.Batti fta Seluatico , più volte citato, togliendolo da Aui- cenna) vfarono quelli fcarificare la cute , e quefta al- zata, con gli vncini poi fcourire la vena di fotto,qua- le pungendo cacciauano il fangue3non folo vna volta, ma due3e te & infi- no a quattro. Ma perche quefto modo pareua afsai abomineuolce crude- le, fu internrefso. E ritrouati migliori iftrumenti ; pofero in vfo tre manie- re di tagli famofi, e celebri fra tutti Greci (come Antilio, Oribafio, Paolo, Aetio,e molti altririferifcpno) quali fono il rettoci tranfuerfo,e l'obliquo, nel modo, che nell a f egu ente vena fcolpite fi feorgono. Antichi,*-/ primi modi di fai'il ti- glio. Lib. de fedi. ven. Nuoui.e più artihciofi . modi di far' il taglio. Di quefti parlando Oribafio,& Aetio dicono; ch'il tranfuerfo fi fà,quan- do non s'hà da riaprir la vena iftefsa , perche curuato il gomito fubito fi ri ferra. Ma l'obliquo per Io contrario fi fa quando s'hà da riaprire l'iftefsa vena. Percioche nel piegar ad gomjto,non così bene gli orli dell'apertu- ra G raggiungono. 11 retto poi è atto per coloro ne'quali non folo vna volta , ma più s'hà da ritentare i'vfcira del fangue. Percioche curuato il go- mito,fubjto le labbra della ferita fi^ifgiungono,e ciò più, che in altra ddlc fopradette maniere. Quefto è quanto dice Oribafio . Nel qual detto ritro- uo due difficoltà ; l'vna delle quali è,che Vidio parlando di quefti tre modi djtperture,dice ; che la tranfuerfa più lungo tempo ftà aperta j alquanto più la retta; e l'obliqua finalmente,che fia di mezzana natura. Dunque tra que- fti Scrittori (antico rvncmoderno l'altro) fcorgefiefserecontradittione fo- pra ia tranfuerfa. Et in vero io mi marauiglio,come il Vidio,che fu de i Gre- ci Scrittori ofseruantiffimo,ònon leggefse Oribafio, òfepure loleggefse, come da lui di fcordafse fenza farne memione vetuna,né apportando ragio- ne , per ia quale così a bello ftudio da luì deuiafse. Ma quanto di ciò ne P a fiai Cclletf.lib. cap. n. Vfi delle_> diuerfe figu- re del taglio Lib.ró. e./. Difficolti, e cótradittjo. ne d'Oriba- iìcediVidio ii* LI B R O ncdc* ? *d °" **a ' ^imo con ^^*n"one Potcrfi tonciliare*e fvno > e l'alerò^ parere; Cioè, tffcriuorj?" cnc il Vidiointenda,tenendofi il braccio libero per tutti moti ; & Oribafio intenda folo tenendoli il braccio piegato .L'altra difficoltà è l'efperienza, Vn'altra-. che hauendonoi aperta la vena per retto, ò per obliquo, rariffime volte è traOnbafio^ auuenuto,che fenza di nuouo pungerla G fia diftaccata. Eccetto però quan- ' do l'apertura foffe ftata ampia,e la vena molIe,e da carne difcompagnata-«5 fi che non vedo,come poffa ftar fodo quel tanto che Oribafio di fopra rap- portato,riferifce. Che perciò (con fua buona pace) direi io (fe pure per- meffo mi viene,che frà'I numero d'huomin'Illuftri poffa comparire col mio parere) che non in altro modo poteffe pratticarfi quel, che'l detto Oribafio dice,eccetto che con tenerli alquanto al largo nel fare l'apertura^ò tranfuer- fa,© retta, ò pure obliquagli'ella fia, che così potrà fuccedere fenz'altr'aper- Lib.p, prafl. tura di dar luogo all' vfcita del fangue. Lo che pare approui anco Aliabba^ ■EfcbcS'.7' C te>e Gordonio,che cita il detto Aliabbatc. Aggiungerei a quefto,che bifó- gnarebbe bagnare il piumaccietto nell'oglio, qual'hà proprietà' di tenere—» l'orificio aperto,acciò poteffe darli l'vfcita al fangue fenza miftiero di toccar più con ferro la già fatta apertura, eccitando folamente con vna fpinta di deto l'vfcita di effo sague.Di quefti tre modi già riferiti d'aprir la vena,qua- li così dalla fcuola Greca,come anco dall'Arabica ammeffi végono,fcorgo, Inftanza de' che i noftri Barbieri Cittadini sfuggono al poffibile il trafuerfo,come quel- rnodemiBar io,che non folo dolore arreca, ma pericolo-altresì non picciolo porta di battere ne i nerui, ò pure neirartericcha tutto noftro potere euitar fi con- uiene; come altroue detto habbiamo. Però non vedo, che ciò con molto fondamento facciano j non effendo a noi lecito al tutto deuiare dalli pre- cetti datici da' maeftri, così Greci, come Arabici, che non fenza gran fon* damento,é ragione moffi fi fono a ciò determinare. E quanto al dolore-., non so per me vedere,donde nafca,che Io trafuerfo taglio arrechi folamen- te dolore più de gli altri. Se forfi perciò (com'effi dicono) che G tagliano rS Rifpolta a' le fibre per tranfuerfo. Rifpondó,che la cute non ha fibre rette,ma fi bene S«iC,rwBar confufe,come apertamente l'Anotomiahe dimoftra . E fe pure replicaran- no fauellàre effi delle fibre delle vene,effendo in quefte ogni genere di fibre, come habbiamo dimoftrato nel quinto capo di quefto fecondò libro ; Re- pIicarò,ch'etiandto facendofi il taglio per lungo,per neceffità fi fagliaranno Je fibre per tranfuerfo, fi che vedono da fe fteffa rifutarfi quella ra°iont_> del maggior dolòre,che nei tranfuerfo taglio effere diceuano'. Quanto poi, che pericolofo fia vfar quefta figura di taglio per caufa di non offendere^ Altra fodif- i nerui,ò pure l'arterie; A ciò rifpondo,che quefto periglioso auuiene Sodcr^ar q^ndo ^vena apparerò purequando ella non appare; fe°quandoabpa- bieri • ■■ ■ re 5 udentemente fi conuincono più d'imperitia>che di trafeuragine, men- tre al chiaro,& appareriteoccorre commetterli fallo. Sarà dunque il peri- co!o,quando ia vena non appare. Ma tal'hora non più pericolo vi porrà effere,vfando quefta figurarne vfando iaitra>meritre in ogni modo-fi tocchi l'arte- SECONDO. n? I arteria, ò pure il neruo, che quefto era quanto s'hauéa da sfuggire-/* ♦ Anzi che meglio fia (battendoli in tal'errore^toccar l'arteria col tranfuerfo, Pofciache migliormente fi confolida, fecondo riferifce Arnaldo di Villano- ua. Né tampoco cotal pericolo (perche tranfuerfo fia il taglio) accadere-, puote in quanto a i nerui,come appreffo dimoftraremo, dopò c'haurcmo p^ag, ^e detto,che le vene in tre modi fono per lo corpo diffeminatei cioè per. }e vh le vene va- feere, per le parti carnofe,e per di fotto ia pelle. Nècon altre ragioni,ere- jfearn° df£. cfo,che la prouida natura ciò voleffe (che fenza ragione cofa alcuna non fajt nemifcópa- fe non per cuftodire meglio ii detti vafi, che per altro più^nobili, e più fog- 8nate SJJ p*5* getti a' pericoli fono j fi come tal volta il Gioielliere delle pietre più pregia- c racm "' te far fuole,che con maggior diligenza ferbandole, ne' luoghi più repoftt dell'arca le riferra. Hor le vene,che fotto la pelle vanno fono chiaramente da' nerui difcompagnate,e dall'arterie; perche così nemoftpafAnOtomia-ij come ciafi un'intendente potrà chiaramente vederlo, de io pur l'ho veduto; de attentamente confiderato. Oltre che teftimonio n'habbiamo Galeno, il Lib.T7.devr. qual'infegna, che non mai la vena fi patte dall'arteria, ma doue quefta fi ve* P*"»^1** dcjiui neceffariamente fi troua quella,e fe pur in pochi luoghi fitroua la ve- na dell'arteria diuifa,queftoè in quelle parti,the fono fotto la cute fuierfi. ciale. E i'ifteffo altroue dice,che alle vene, che fono nelle gambe, ridica Lib- de feci. mani,nel ventre inferiore,nel dorfo,e nel collo, de in quelle finalmente, che vcn& *rlcr" per la fuperficie fi ftendono,niun'arterìa fiafottopofta. Il che anco il Lau- xb^.c.7. renzo afferma dicendo ; che il ramo profondo della bafiiica nel braccio , cornipondente al cutaneo(dicui precifaméteparliamo)dentroimmergen- dofi,s'accompagna col terzo paro de nerui,e con l'arteria affiliare .Né d'al- tre arterie, né de nerui fa mentione. Teftimonio parimente ri'habbiamo il Borgaruccio nella fua prefatione anatomica : fi che fi vede da quefte addot-'Ljj, j.c.i*. te autorità 1 che le vene fuccutanee difeompagnate vanno da'nerui, &arte- • rt rie. Che quelle poi,che per le vifeere, e per le parti carnofe ftanno> come che al meftiero noftro non facciano, perche non fono fottopofte al taglio della lancietra per l'effetto della fagnìa, nulla difficoltà a quel* che diciamo; arreccar pofsono. Efsendo dunque dette vene da' nerui difeompagnate j doue refta hora la difficoltà per prima propofta da' noftri del periglio del taglio tranfuerfo ? In vero,che dileguata, de a fatto annullata G vede. Né gioua altresì, fe alcuni facendofi più oltre ricerchino da.noi : fe nullo peri* colo dunque ftà nell'ape! tura ddk vene;perche feompagnate fiano da ner- ....... ui,e daII'arterie,donde nafee, e tal'hor fi vede,e pur tante volte auuiene, che così graue dolore per pungimento de nerui, & irremediabile anco vfci- ta di fangue per 1 apertura dell'arteria fucceda,come ne' precedenti difeorfi afsegnato habbiamo ? A così fatta oppofitionerifpondiamo,che ciò accada Rifpoiu ai- per accidente,conciofia cof*,ch alcuna volra la natura, ò altra potéza forma robicttlonc- trice della fabrica animale nell'ordine varia, sì, che non fempre a puntino in vn'iftefso luogo fono gli fporgimenti 4e i vafi, quale a punto è la ramifica*.. tione riti LIBRO tforie di quelli ; E così f arterie, & i nerui molte volte variano la comrrru* ne norma,e fonò irregolati. Si come veggiamo della vena Sinepan ; la qua- le ordinariamente (come il nome fuona) di fua natura è fenza compagna»*, e pure mólte volte accompagnata fi ritroua, fecondo fcriue il Veffalio, de il Siluio. Variano l'offa ne iproceffi> ne!numero,neI fito,neirhabito,nelIe naturè,riella quantità,e nella forma,e figura. Variano in quefte medeftmc còfe,enellecommiffureie cartilagini : variano i mufcoli ; variano l'vnghie, con cui molti non naf:ono,variano in fomma tutte le parti del corpo,come il Siluio dice, ch'à'lungo ciò moftra nella prefatione delle fue inftitutioni anatomiche. E noi tutto'l diveggiamo le vene in fito,habito,ecceffo, e di- fettOjgrandezza,e figura variare ; G che bene fcriue il Siluio,riferendo delli Popoli Fafiani a* quali per l'immenfa grandezza de i corpi, né le vene, né tampoco le giunture dell'offe appaiano. Che dunque l'arterie, de i nerui tal volta ouenon debbano,!! facciano fuori,e doue noi il ferro per le vene mettiamole più in vno,che in vn'altro G moftrino,& appaiano ; quefto non è da prenderti per regola certa a condannare la tranfuerfa fettione; mentre che le regole fi formano dalli cafi frequenti,& offeruàtioni ordinarie,non„, dall'eftraordiaatie,daliequali più tofto l'ecccttioni, e fallenze delle regole ' £ deriuano. Oltre che quanto a i nerui,non ammetterò giamai, che il ner- uo per fe fia offefo, ma fi bene le fue fibre,& i filamenti da' nerui difeefi, e generati ; e tutto che ad alcuni paia molte volte toccar chiaramente con le mani il neruo,ò fia nella piegatura del gomito,ò in altre parti;quello(dirò io) che fia tendone,ò pur corda,e non propriaméte neruo,come più lungamen- te ne' precedenti difeorfi moftrato habbiamo . Si che da ciò, affai probabil- mente parmi hauer fodisfatto alle difficoità,che dagl'intendenti di noftr'Ar- te , ne G moueuano . Dei!a quatì. Onde refta,che fodisfacciamo, à quato alla feconda parte, della quantità tà del taglio del taglio j quale in due modi G diuide,cioè tra piccioIo,e grande. De' qua- Lib.de med ^ ritfouo,ch'Hippocrate comanda,che l'apertura, ò pur taglio fi faccia ftret- ' to,quando però Conofciamo douer'effere pronto il fluffo del fangue,fi co- mprìmici» me ne luoghi arteriou>aricofi,& a Magnar difficili. Auicenna dìce,che ne* deboli fi faccia picciola la ferita : perche fe bene efce il fangue fottile , è più però atto a conferuare la virtù : ma ne' gagliardi fi faccia larga ; perche fe be- ne vi è fofpetto di fincopa, è nondimeno più acconcia per modificar e_>. tib. 7. col- Oribafio vuoicene ne* corpi, chan bifogno di piene euacuationi l'apert u- *•&- rafia grande. Ma quando s'hà da diftornare il langue,chei Medici chiama- no teuulfione, fi faccia l'orificio picciolo : perche bada folo torcere il cami- no . Oltre a ciò ammonifecche s'offerui la ftagione deli'annojonde perché meno fi diffipa la foftanza il Verao, che la State, più ftretta nell'Eftate,e più «.98 com.in larga nel verno^fi faccia. Ma Arnaldo ama, che fi faccia larga in tutti i tem- fcoi Saiern. pi,e molto più Bernardo Gordonio, perche dice3retà noftra è corrotta, e ' clj.7. della gola amica. Onde in conferenza è ii fangue più eferementofo, s_, craiìo. SECONDO. 11-9 Graffò. Et a quefti due Autori confento più volentieri,'per cagione, ch'il tL/qr^;°dftc™ mondo così gli ama,e ftima. Eccetto peróne i deboii,e di poco fangue, e due maglio- ne i fanciulli. Ne temo altresì afferire, che douendofi dare ne gli eftremi, rc^u u: meglio è fempre far'il taglio largo,sì per l'vtile dell'infermo, come per l'ho- gn *" nore del fagnatore;& in vero fempre più fono i danni dell'apertura piccio- Ia,che delia grande. Mettanfi in vna bilancia rapoftemeM'ecchimofi; cioè il fangue morto, il fangue furfogato,e che viene a itilla, à ftdla, rimanendo il groffo, che più pefaranno quefti danni, che da ritenuto fangue,e foffocato nafcono ; che la femplice rifolutione degli fpiriti, la quale non tantofto fuccede,che 1 huomo non la fenta ; e non tantofto fi fente3che non fia faci- le à recargli rimedio. Perche ad ogni modo la fagnìa è in potere delle_> mani noftre , correttaci (come bene notò Galeno) de gli errori occorrenti. Onde non difficile fia col ferrar dell'apertura, impedire I vfcita delli fpiriti. Er^àito Né deue ciò intenderli, che l'apertura debba dare tanto nel largo, ch'ecce- da li luoi termini, ma che debba hauer del moderato, e fra gli eftremi, che per ordinario fon vitiofi,douendofi dare in vno d'effi,cioè della ftrettezza, fi declini più iofto (ma fi bene moderatamente) nella larghezza ; pofto però the la compleflione del foggetto, come detto habbiamo,altro non ricerchi; pòfciachccomc altroue diceuamo , il foggetto è quel,che primieramente fi deue attamente contemplarle mirare dall'artefice . E tanto detto fia per quefto difeorfo. Lib. de veti. feét. adu. c.7. Che cofa far fi debba dopò l'apertura della vena 3 perche habbia buona v/cita il /angue . Cap. XV li. L fine dell'apertura della vena è l'vfcita dd fangue, E certOjche cofa compiuta faremo noi, fe hauendo r trattato de i modi dell'aprir ddk vene,non trattare- rr o etiandio come porta fpedkaméte vfeire per quel- le il fangue * Quefto dunque è ciò,ch'al prefente vo- gliam moftrare * Percioche non vna,, ma molte fono le cagioni>che poffono impedire il corfo di effo fan- gue . Le quali (s'io non erro per quello, che ho nel- l'ai te olle» uato) infino alnumero di dodici afeendono ; benché molte altre annouerate fiano dal peritiffimo Tarducci Salui da Macerataalcap.15.dei fuo libro, intiroJaro il Miniftro del Medico,fette,ch al corpo fi riferiìcono, vna folamente a ragion fecretaje quattro al fagnatore. Diremo ordinata Numero dei mente di tutte,a ciaf e una quanto fi piò pofgendo il fuorimedio.Lecagio- ^aufe.cjie ni,che dal corpo dipendono fonojla prima il timore, la feconda il manca- ^u^i^pc- mento d'animo, ouero fincopa, la tei za il raffreddamento,Ia quarta il fan* pcdifcono. Ito LIBRO gue sgrumato ; la quinta la molta pinguedinejla fefta la molta pienezza, la fettima, & vltima il molto fpirito racchtufo col fangue. Al timore dunque, JMmedij a^ perche nafce egli daU'apprenfione d'vn'imminente ma!e,come fe già fuife l'appro uà Galeno;& anco Paolo Egi- Lib.tf.c 40. neta, ò pur l'oglio con l'aceto mefehiato fecondo il confeglio d'Oribafio ; Coiiec.iib.7. qUa|e miftura io non poffù fe non lodare ; fendo che in molti così fatti acci- denti felieiffimamente mi è n'ufeita.». Se per la molta pinguedine il fluito s'impedifse del fangue, perche occupa l'apertura già fatta vfeendo in fuori; /.parte c.20 Auuicenna vuole, che dentro fi rimetta . Ma Oribafio è di parere, che con Ja forbicina Tiragli. A me,nèrvna,nèfaltra opinione piace. Sì perche^» fenza ciò fare fi può hauer l'vfcita del fangue, (cichein molte gurte il brac- cio fi pieghi,e moua: perche con quefto(conciofìa cofa.che ifgraflo è lubri- cò di fua natura) faciltnéte fi dava luogo all'vfcita del fangue. Se per la pie- nezza^ ci afftzza il fangue non viene , fatta prima l'apertura larga ; pongali tib.j.inft.c.9 talvolta il deto fopra ; rerche (come dice l'Autor Germano dannato^ va- leràa fmouere,efeparare il fangue groffo dal fottiie. Se per la copia de gli fpiriti (òpure fìato^ l'impedimento auuiene, fopra metteremo il deto, e faremo,chemaftKhivnpocodj cannella,ò di anilo$& intanto fre^aremo SECONDO. 1*1 U parre,mcttcndoui fopra vn panno ca!do,ò fronde di cauoIi,ouero vn fac- chetto d'amfi, d'herbe, e femenze difcutienti,cheper taleffetto opportuno ia à s'il lavatore appreffo di fe pronto lo ritenga. Di quefta cagiona tì impecim>ento faremo certi (quando per altro, iecondo tutte le nonne fa- ta f:tto la fagnìa ) che da niun'altra cagione habbia potuto auueuire^. L quefti fono 1 i imedij dell'impedimento del fangue per ragion dd corpo. Ma sèrer Ccgcn fecreta s'impedifce il fangue: in pronto è ii confeglio Traodo, dd buon Guidone; che-fi dimandi all'infermo fe tiene ferirti, q caratteri, ^^.ic.i. } iet- c,,.ofc alrre vegetali, ò animali fopra,che virtù,ò forza habbiano dirite- mentre d» ideò ferma1 'il far;£ue~;imperoche fubito fi deuono togliete. Oltre di que- cauta fccrc- fteiagoni d'irr;edimento aggiunge Magnino Milanefe la pochezza del JV: . fangue, e la groflezza del medemmo : Ma quefte forfi, pur alle noftre fi uligu n»fc. riducono. Oltre alle predette cagioni, che difturbano l'vfcita del fangue,. in»PcdiiIiéti ve nt fono dell'altre ; p-ima per la mala preparatione, ò amminiftratione del dei bmSm'o Baib ciò, nt n aprendo bene la vena, ma folamente la carne taghando. òccondo che la %aiura malaméte ftia fatta fuolgendofi troppo la pelle,in mnt.u cht eia quefta feio!ta> ia vena ina fa fi copia ; ouero che con le dita—. e Ila riniitri mano la pelle di fotto tioppo a fe fia tirata. Terzo,che l'aper- tua fia ftata-pitcoia, emendo la vena grande : e per contrario effendo la ve- vn. p-ccio-a fa pt tru rafia troppo grande. Quarto perche ottufò,e mal'aguz- 2, l'i rup nto i na, anzi l'o tuio ferro cagiona l'apoftema,fecondo il ci- i«'t<; Magnino. Per cosi fatte cagioni dunque non vfeendo il fangue, per- ciu nanamente fia fa ta i'apertura,dubitafi,eponilin queftionefe fihab-, bia vii nuouo a picca e la vena / Et Oribafio, de Albucalì accennano di sì, e,Lio-7.c.r». la ragione G è (ft\ on Jo il mio auifo) perche effendo pure neceffaria la pie. ■•desà2à mifi* na tua. uatione del fangue, né con atro potédofi rimediarcene con l'aper- tura della vena : non eiiendo nel primo colpo quella fornita, fia neceffario, che i-i nuouo fi colpifca»,. Quefta ragione è chiara,e la prattica,e l'vfo è tale. Ma fono di quelli,che Che non fi pur rnenterifpiarmiano, né il teizo,nè il quarto taglio; la qual cofa a me deciltcrzo* moUqicmua fi réde ; anzi ffmo coftoro degni di molto biafimo, mentre |uo téurcl per cupidigia forfi di gloria, e portar Ihonore dell'opera , maggiormente Io f ( rdono, contendendo con la ditfkoltà,ch'effi non arriuano . Affai me- gi.o 'ai voira è cedere al pericolo, e penfàr, ch'in quefto fcoglio ancora^ osmio t tiì\y ori : né nuouo è, th'm tal giornata ciò accada ad alcuno, an- tenne ai.a. gerito , de auueduto neil'Arte fe fìa,chVgli non ben difpofto fe inroui>òper pafiione d'arumo,ò pure per fouerchio patimento del corpo, in modo, he ci lenii oifukaJ ne itiano^he però meglio affai ftìmo il cede- te v the'Ifeguue . Mentre per corali accidéti affai più s'abbarbagliano non folo i fenfi ,-na finieileno iftelfo. Né alieno dal credere, che tal volta per ind che occorra nonritrouar quella> che colpir brama. Cap. XV III. " Acilc affai G renderebbe l'eflercitio non folo dell'Ar- ti tutte, ma delle feienze parimente ; fe non vi fuffe"' ro gl'intoppi, i quali sfuggir conuiene, per quello perfettamente efier citare. Perche dunque varij gli impedimenti fono, ch'in queft arre del fagnare s op- pongono5hauendo noi di fopra determinatole pu- re lecito ila più d'vna volta picchiare la medcrnma_# vena, fiegue hora di non lafciar'infopita vn'altra-» difficoltà , di non minore importanza > cioè; fe eonuenga aprire vna vena per vn'altra, ogni volta, che quella ricerchiamo, non appare ? E la cagio- ne di quefta dimanda nafce dalla molta varietà delle vene nel corpo huma- no . Imperoche alcune fono paleG , & altre afeofe; alcune grandi, de altre piccole, ò fia per ragion del temperamento del fegato più, ò men caldo ; ò pure Ila per l'habito più graffo, e magro ; e finalmente perla cagione^ della prima formatione. Perche tal volta in vn Iato appare quel che nell'al- tro fi à afeofo j ò fia per ragion dell'età, ò del feffo. La qual varietà alcuni Medici non mirando, ordinano determinatamente aprirli tal vena; prefup- ponendo,che appaia ; benché altri ciò mirando tal volta non determinano della vena precifajma che quella fi apracene più appare^ . Perche dunque non a tutte l'hore, né in tutti i luoghi il Medico hauere, ò il fuo confìglio chiedere fi può; quindi par nccefìario determinare, fe^ polliamo noi, quando vna vena non appare, l'altra apparente per quella aprire £ Et in vero parrà a molti, che non fi debba vfeir dall'ordine del Me» dico. Conciofia cofa che niuno più d'elio intende, e conofceil male; e^> Ragioni» perciò meglio i mezzi della fanità troua per le indicaticni curatiue,ch'a lui ^legnata-. appartengono,ch'il fagnatore:effendo quefti effccutore,doue quegli è mae- diiN^dico, ftroje però a lui ftà l'ordinare . PerciòGalenoaffomiglìòil Medico al Ca- * dlbbf1™ Potano d'effeiciti, & all'Architetto, ma il miniftro Chìruigo,al fante, «Se al pr:re_-. fabro muratore . Gota! penfiero vnicamente fauorì, e feguì Pietro Paolo frEuncf!G'r M2SniinoomiucS0• la& SECONDO. ti} tento ofleruante del detto del Medico, che a me pare più tofto adulatione 1* fua,che vbbidienza. Onde alcuni per la ftrettezza di più oltre difcorre- te,ogni cofa farebbono, fuor che d'vfcir dalla linea loro allignata ; limili à , Quei fanciulli, òferui,di così poco trafcorfo, che tenendo l'ordine dal pa- drone,che del folito cibo gli G apparecchi, quefto eglino in piazza non tro- ttando; né di quefto, né d'altro fan prouifta. Deue dunque 1 artefice ptu- dentemente vbbidire al Medico,& offeruare quanto egli comanda per gio* uamento dell'infermo ; ma in tal guifa però, che ciò far fi polla ; altrimente non farà difdiceuole,che trafgredendofi nel modo il precetto del Medico, s'offerui nel rimanente Ja fua foftanza, che di tecare la falute all'infermo con l'vfcita del fangue iuperfluce nociuo, fecondo quelcommun prouer- bio, altroue da noi accennato, de affai trito,che non molto (limar fi deue il modo,pure che s ottenga l'intento : oltre che nella medicina per lo più Top- Che fi porta portunità è momentanea,e precipitofa,come difse Hippocratesche però per ^t™1^*1 volerli Ilare in ofseruanza del precetto materiale dd Medico,!! trasfugge—» Medico non l'occafione,e l'infermo per Io vigore del male ne vien'opprefso in guifata- p«g udican le,che con la morte perdendo egli la vita dà perdita al Medico, & al fagna- vn'altra re- tore. Comanda tal'hora il Mcdico,che la vena del fegato s'apra nel braccio j* ap"*^--. ( ò fia per vacuare la pienezza in vna fquinantìa, ò pure per leuar l'arfurà in pi ap '*' vna febbre ardente) auuiene,che cotal vena non appare,e con molti ingegni non fi può far pakfe;ftaremone noi (a cauar'il fangue chiamati) mentre l'in- fermo ftà così opprefso di non cauarlo,afpettàdo pure, ch'il Medico com- para^ th altrimente comandi? E per auuentura in tanto prima saggraua il male, ch'aiuto habbia ii pouero infermo; E di quefto danno chi n'haurà colpa altrcche il Sagnatore,ch'a gli ftretti cafi non sa da fe prender confe- glio ? Aprali dunque la commune per quella del fegato, ch'in tal guifa non folo a fe ftefso,ma al Medico farà honore , non pregiuditio , ò difubbi- dienza,& ali infermo giouamento notabile. Ma fe pure né quella del lega- tene la commune apparifsero ? Aprati quHIa della tefta : irnperoche (se il vero quel che l'Anatomia c'infegna) non iolo quefte tre vene indifferente- mente aprir poffiamo ; ma in luogo di ciafcuna d'efse anche quelle della Ampiiation» mano prender fi pofsono ; pur che largamente il fangue fiegua. E'vero'J^J^g1^!® pero,chiI volgo altrimente crede, immaginandoi che fia grand'errore ciò Umano per fare ; tutto per imperitia dell'anatomia; la quale a tempi noftri parche fmar- J^cdo pof rita, ò in pochi per miracolo sadditi da quelli di noftr'Arte. Et io appref- fumo aprii fo del peritiflimo Marco Aurelio Setierino ne' publici Hofpitali, ho ofser- **-" uato,che tutte le dette vene del braccio da vn tronco dell'axillare deriuano. o(Teru.anat Come moftra anche bene il dottifsimo Falloppio nelle fue ofseruationi tom.i. anatomiche, e vien confermato quefto parere altresì con dottrina di Gale- Ij* Meth°d- no,e di Celfo,e tra'moderni da Orario Augenio, quale dice, che quando le ub.». de r« maggiori vene non comparono nel braccio-ò quando il gomito è trauaglia- morb.acutis to da qualche morbose minori vene ù deono aprire. Con gli antichi con- l^c!,». (^ a cordano " ni L I B R O lib? e % &° refipela,ò puntura, òaltro tal male, nella parte deftra (per effjtn- pio) fare la fettione nel braccio finiftro, fe per auentura niuna ddic tre nd detto braccio fe ritroui,in qual guifa guidar fi deue ii Sagnatore? Percioche s'egli alla deftra ricorre, tutto che la vena apra, non pero farà la diuerfìone del morbo, che molto più fi bramaua nella fagnia,e farà cauta,, che concor- rendo iui maggiormente il fangue, s'auanzi,non fi diminuifehi la cagion del Rifolut'one male i Rifpondojche deuefi in così fatto accidente attendere ri confegiioi dei Medico ; ma quando ciò hauer non fi poffa, ricorrati alle vene della ma-- no dell'ifteffo braccio finiftro : pofciache quefte dall'ifteffo ramo difeendo-* ncihele fuperiori del braccio jcome altroue più diffufamente dicemmo ne' fuperiori difeorfi. Cefferà poi quefta difficoltà, quando non vi farà vr- genza di diuerfione,percioche non apparendo levene d'vn braccio, potrai hauer ricopio nell'altro per fare 1 apertura a prò deli'infermo,che per mezo dell'euacuatìone dei fangue fupeifiuo, attende ralleuiamento del raai, che l'opprime^;. Del SECONDO. 11* Del modo dì riceuere il fangue dopo aperta la vena > e come allacciar fi debbia la ferita per tal'apertura fatta. Cap. XIX. Odisfatto habbiamo fin qui ne* precedenti difeorfi a due delii tre tempi, che allignammo per la fagnìa^, reftahora il terzo. In quefto dunque tre colie dvltm- gueremo; la prima fi è l'vfcita del langue: la fecon- dai! fermar Ia,e terminarla : e la terza è i'allacciamen- tOi-t riftrettura della ferita. Quanto all'vlcira,io non intendo qui fe|&to della fagnìa; imperoche di ciò habbiamo ampfàmente trattato nel cap. 1.7. ma fi be- quale riceuere s'habbia : e'pereto cuifìngueremo il ne il modo vcol luogo donde quello G caua, e fecondò eflo determinàremo ; cominciando prima dalia vena della fronte^ • ; ?v _"* • - T. ^ \" Per lelegantia diquefta fagnìa a me non piace,che ftaridoilcapo rifopi- Ncm fagnìa noffeorra ilfangue per i capelli, la quali cofa apprezz^|iif laccntino : né che £[}* ™^ anche pofta vna carta fopra li capelli ift^del Sìnci{|^ttlla^quafi canale, come s'hab- faccia ftt ada al corrente fangue, pofciache bagnata^^p^c»|||a che iara la ^e*c*/In- carta, i capelli anch'elfi bagnati di fatigu%,& abbfUttatf neije&ànno. Però gu^,!, aa" affai più conueneuole ho filmato di far fi vnia^lamina dolio tòrtile > come^. appunto per le notturne lanterne G lavorano:, ò pure d'argènto, ò d'altra,. materia» che per tal'effetto atta ne fia ; di larghezza tanta.che cinga buona.. parte della fronte, onde conuerrà, che la concauità al conueffo della fronte corrifpondì ; lunga vn terzo di palmo, pére;fia da' laóconcauaa guifa di te- gola di tetti ; la quale forma facilmente acquiftarà la lamina dolio col cal- do del fuoco , come nella feguente figura feorgere oculatamente-» i fi potrà. ■•-•.■ mm ■ ■ ..m:- .::,::^!:;: -X' -y S* ■ <<<&■■■ * v. ,£.: ..... !Ì_ "ri " *W: Per 126 L I h R O rz i-k : *,-*&, .ii/ui -I ::f ti A i r! SECONDO, i»r : Per riceuere il fangue della lingua à me pur ancone difpiacduto Ivlb nsjguedei. Commune, che lafcia verfare il fangue su la barba, non fenza indecoro dei- I» *««* dell» 1 arte; la quale con rvtik(comc nel primo libro diceuamo) la politezza an- ilJj1e8U* ^ coauenoe, Perciò non fia difdiceuole, ma opportuno i'vfodeli'iftcffa la- uers>u;Jj~ immtta>che pct la fronte poco anzi notammo, adattandoli però al modo» die nella feguente figura anco ftà notato • Mi ii8 LI B R O . , : f r/ Ma fe in ciò occorreffe all'vfcita?del fangue impedimento 5 che rion Bene , . ''/;'■; L'. egli ii fuo corfo teneffe, ò.fia per gli fpefh grumi,ò pure per ?;tro arceidcrth -^ ^ * t$ in quefto cafo.pioueggafi>chel'infermo pigli *n boccone d'acqua calda, "V,:*. .7, V.'l e.quellaalquantotitenga verfendoper la boera ; òpureJa'l'rtgua variarne»- té muoua; e finalmente al palato i'appoggi,cfnn tal guifa ■■violenza aifvfcitft del fangue farà. , u>> ..." ■:■■* " •■ < -■ ^ «Usague del- Dalle braccia fogliono tutti communemente in picciolo fcudellino ricc- ie braccia-, uere il fangue, nei quale fcudellino per la picciolezza non abbattendoli ceTal/1 "" Per ventura lo fpillo di effo fangue ; le più fiate le vcftì e- qucfto,c di quel- l'altro affiftenteò dell'infermo,ò del letto fondamente fr i^ta. Perciò par- mi afsai piùconueneuole,ch'il medemmovafetto in vnde'noftri bacinetti fi ponga5o altiOjfecondo l'opportunità. Anzi io più lodojchequel vafetto, ch'il fangue riceue fia di limpido vetro: accioche per tutto pei la foftanza del fangue raffi eddato, vedere, & ofseruar fi poi sa. li sàgue del. Quanio poi al r iccuere ii fangue dalle mani,e da' piedi corrente ( poiché le ™*n'' •. *-i a tutti i modi è necéfsario nell'acqua calda verfarfi) sùuo non occorre dire, rLqua 'n ° folcne s'auuertifchi bene alla quantità, che dd fangue vfeire deue, non paf- confonde->. fandofi il termine dal Medico prcfifso, nel qual'errore>ac:io non s'inciam- pi, guardarli dee da'lunghi auuiluppi di ragionam \ìti,e da altre occupatio- nid'occhio,o di mente,che dall'opera dilungano; douedofi pa1 ticolar men- te hauer mira alla quantità.del taglio,perche fe l'apertura fu g andein me- no tempo conuiene chiudere la vena ; e fe fù picéiola , più . wrmpo a f m»le Regole on. quantità G richiede. Hora,accioche la quantità di qi«attro5òfcionuegiu- fi'poffa0!^!! dicar pofsalWtefice,conuierie,che laqùantiradel fangue dalle-mani, o da quàtita del piedi fluente, con quelle delle braccia agguagli ; giudicando il tutto, e dal «angue, che tempo nei fluire,é dalla grandezza,o picciolezza dell'apertura, e dall'ofser- dallamano, .r » « • r . /*♦ « r. ,». t 1 •/- -~ ~ «■. o dai piede uatione ne precedenti falaffi; de anco dall hauere altre volte milurato,o pu- caui. re bilanciato il fangue,che nell'officina s'è cauato ; per formarne poi vn ret- to giuditio nelle feguenti fagnfe ; dipendendo da quefta offeruatione non_* poco l'ytile, ò il danno dell'inférmo. Onde perciò parmi non douerfi cosi Della qaatì. di leggiero paffar quefto ponto. Comandano] Medici nella noftra Città tìtà dei fan. ^ Napoli, tre fpecifiche quantità di fangue (s'io non erro) hora di due, tal gue pm e at ^^ ^ ^ Q ^ qUattro ^ e Éaj v0|u fa fò oncje ^ j)^ quefte quantità due ne fono ]'eftreme,& vna mezzana ; la prima per li deboli huomini, o per li molli fanciulli ;Tvltima per li robufti,e di fangue pieni;la mezzana per quel- Ji,che di mediocre ftato fono. Hora è d'auuertire,che l'oncie communi de* Barbieri non fono eguali a quelle de' Spetiali, e però è neccfsario, che da_* fe tur^ii Baibicro appari di formar'vn retto guidine noi bilanciare la quantità del iangue, Òi5ciuanuw rvmpic i intentione del Medico. Impero- che afoi più ofseruante ftar fi deue di non eccedere nell'tftrema per i de- boli , che neii eftrema per corpi gagliardi, e che di fuperfiuità patinano. Percioche in quella l'eccefso (ancorché picciolo) puolefsere di molto no. ~ì4 cumcnto SECONDO. 1*9 cumento all'infermo perla fua debolezza, doue in quefta tal volta l'eccefso potrebbe efser cagione di maggior falute. Benché e nell'vno, e nell'altro cafo meglio fia ofseruare il piecetto del Medico • Date già 1 ofseruationi, che hauer fi debbono circa l'vfcita del fangue-/, pafsar conuiene alla feconda parte del noftro difcorfo, cioè di chiudere le vene . La chiufura dunque con quattro particolari atti fi contiene. II pri- mo fi è nell'efprimere il fangue della ferita; il fecondo nell'addurre infieme le labra diuife ; il terzo in mettere per l'apertura il piumacciuo'o che ttftef- fa vnitàconferui ,il quarto,e l'vlcimo nell'auuolgere le fafeiette, ch'effi piu- mazzi ritengono. Per compire dunque li prenarrati atti, primamente do- Del chìude- pò che'l fangue a fufficienza farà vfcito , facciafi tenere fo; temente tefo il jf fi^e dde^ braccio,cefsando ogni mo:o della mano, la quale aperta, e dtftefa andi'ella lavngue, pre. dourà ftare: dopò con le pnmedue dita premefi baftcuolmcnte il ian ceuì.cre- gue,cbe tra de' lati della ferita è rimano ; apprefso con le dita d'ambedue g01^* le manL come configgo del Principe Auicenna,ladiuifacute in vno s'ag- giunga, di in vn medefimo tratto vn piumaccietto rotondo,e di mediocre groisezza di panno lino fottilc in acqua frefea bagnato,& efprefso(fi come vuol Cello) commodamente fi coIlochi,guardando bene tutto ciò, che può dar doio\e,come fono gli oA\ ò cociture del piumaccetto, che però doma- no efser tolte via ; riponcndoui oltre ciò vn'altro fopra radoppiato di figura quadra per maggior cautela : conciofia cofa che fono alcuni di natura co*ì 4par.U. fanguigna.& hanno ii fangue cosi fl jido,che facilmente corrono ad cu den- te pericolo fe li fatta apertura non bene s'allaccia,e ftringe ; Io che partico- larmente auuertir fi deue ogni volta, «.he occorrerà fuor de' tempi /tabuliti, ijb4,.c.i©, & ad hore dìfufate aprir le vene, pofÀa. he fuccedendoui ia notte ; mentre tumdal fonno opprelfi fensftanno,fa:ile, & afsai pronto è il periglio di dislegarfl il fatto ligamento , sì «.he nel filentio del fonno bene fpelso puole accadere>che'J foggetto in eterno filentio della morte ne rimanga , fi come fe ne fono veduti a' tempi noftri fucceffi più d'vno. Onde ben ha ne- cefsario,che gli allaccciamcnti fi riduplichino ; adattando con afsai accurara diligenza le labra della ferita , acciò non fi feompongano. Denun laudo parimente al patiente, che fi faccia hauer cura fopra la fua perfona,tenendo per quella notte la lucerna accefa,fchiuando al poffibile di fupporfi i] brac- cio iotto,accrò dal pelo, e premura non venga a dislacciarli, con effutìone di fangue. Fuor di quefta regola è la vena aperta della lingua, la quale in quefto modo faldar fi dee sfacciali che'l patiente prenda in bocca vn boc- cone d'acqua frefea ò neuata,ò pure d'acqua, &aceto> e quello dimeni per akun fpatio di tempo : O pure prendali l'acqua di mortella con le polueri di boloarmeno.òd'incenlo. Buono è anche il fucco della portulaca, o del- l'ortica,© pure della panerà: ia. Però non lafciarò adietro vn rimedio da_j me offcruaro>& efperimentato affai volte; quando gii altri già detti non ba- ftaffero . Piglili vn bacinetto d'acqua di alterna ben fredda, e con quella K bagnili 130 L I B R O bagnili più volte fpeffo fotto la lingua nel luogo della ferita, che imman- tinente refterà riftretto il fangue . La materia della Iigaccia communemente s'offerua di panno lino, per la fua commodità ; pure non vietai! che di fera e Air poffa, quando però il pa- tiente la voglia. La larghezza bafterà che fia di due dita, e mc-zo. La lun- ghezza tanta , che bafti a formar tre croci fui membro fagnaio ; oltre del nodo per ftringere;e peròftimoeffer baftanti quitno palmi, ò poco più. II termine (he non fia Iaffa, ne coftretta ; cioè che faccia l'cffeuo di ritenere Della manìe colligate le labi a dell apei tura, & infieme i piumazzetti ,ma di modo ,che Il ele'fir* non affl c8a i] foggmo di dolore ; fi come bene diftinfe Hippocrate par- coftan"^". landò delle Iigature,e dopò lui Galeno dicendo .-Edere tre forti di hgature, cioè vna iitentiua, l'altra invarnanua , de vn'altra cfpulfiua. Ma in quefto pai ticolare giouerà folamente la ritentiua, & m^a.natiua • Lo che fi racco- glie anco d Auicenna n^l luogo per prima citato . Il modo d'auuolgere fl piglia dalle diuerfe pani del corpo,che s aprono, lib. de offic. le quali communemente fono ia fronte,le bracciale mani, de i piedi. lri__» J"^d tutti qucfti luoghi, o femplice, o comporta la ligatura fi fa . Nella fonte i . braccio. nulla> differenza potrà efsere tra queite vltime, e ie fopra afsegnate ; Fareb- be dunque moltiplicare gli en.i lenza caufa ( cofa dannata da' filofofì) lq reiterare di nuouo, con l'iftefse figure, il medeauno giro di cofe, e di paro» le ; con tedio non picciolo de' Lettori • Dei SSE C O N DO. 131 De i Sintomi, ouero accidènti> e de i danni dell arteria > § del neruo offtfi. Cap. X X. Ome che fofse per noi di fopra conchiufo, ben nre volte auuenire,che 1 arteria,ò il neruo in luogo della vena fi rocchi ; purcperche in tutto al noftro orfùio fi fodisfaccta,fiamo apparecchiati in quefto luogo di- re de i Sintomi allenenti dalla percofsa dell'arterie, òde'nerui. Per dired un que del taglio dell'arteria, t/arteró v che Arteriotomia fu da gli antichi Q eci nominata, *chW "*'; quefta a' primi tempi fu molto in vfo, e niente me- delle vene no, che ia flebotomia (fi come apptefso d'effi Greci appare) con quefta ec- *'*p^«°- certione però,ch'vfarono quella nella tefta propriamente ne* mali d'efsa,del cerebro, e de gli occhi per pienezza, e cagion ealida. E in vero furono gli Lib. de c*. antidii cosi arditi d'aprir l'arterie , perche toccauano folamente i rami pio rindi rat.de yfi/Mt satfe ^tv \Sjg l'X**^ il W ''', 'jsh ^■M 1% ÌS|p ^•*§? sjfcfA Sfes de_j ctru_# cioli, come ben fu notato da Nicolò Ruggerio. E gli Egitti), che folo hogf u^TL gì fono vii ad aprir l'artericicome noi le vene,, (e teftimonio è di ciò Profpe- med,ctru_ ro Alpino) non altroché i piccioli dinanzi narrati rami'dell'arterie aprono^ ^J^^* Ma altro negotio è nel braccio .-percioche iui fono vali grandi fenza com- ub.de cu- paratione, in modo eh? Co.nelio Ceffo dice, che non s ynifeono, né fifa- *"• "* P« nano. E Ga'eno raccoata ; alcuni efserfi morti per la fola cagione dell'ar- e**™! "°* teria fenta. tf oltre ciò narra,ch'ef$endo a.fuoi tempi fiate toccate ad vno. Lib.rmeth. l'arterie del braccio da inesperto Chirurgo, egjiquiui capitando, tofto fece* £*££'apee fe^mar'd fangue,e fu di lui buona ventura,che G po:è così rimediare; mercè' te qiui daiu all'ottima olse; uatione di sì perito Medico. Altre volcefcorne riferifee Aui- "Pechino. cenna;n'èfeguita.gangrena perla ftretta,e necefsaria ligatura,non dico del- 4#p c '*" l'infiammacipne3apoftema,(5c aneurifma;, la quale come infegna Galeno vie- Libaci». ne a farli, perche la cute fopra pofta all'arteria fi cicatrizza, e chiude ; e da. quella che refta aperta vfeendo fempre il fangue,alza la pelle,efa il tumore, che fi vede. Il qual sì facto tumore (come narra Ambroflo Pareo) volendo : tal volta vn'afsai poco accorto Chirurgo curare col cauftìco,condufse ii po- llerò infermo al fin della fua vita/olo per lo continuo flufso del fangue,che Lib t. fu* non fi porè giamai ftenare. Hora volendo noi guardare di non abbatterti ctwurg. nell arteria,quan Jo ,'a vena non ben fi moftri ; fa meftieri, che prima col tat- i^rtelja l todifeerniamo il battimento naturale dell'arteria, e da quefto ci difeoftia- gumando mo quanto poflìbd fia ; ma quando pure (quefta regola non ballando) fil- sUArdl- lifse la mano (come del fallimento i fegni faranno : prima fe il fangue efehi e Pcr qua purpureo>chiaro,e rlauo;aguifa dd rolfo papauero, e non fenza fpumarfe - fe.?;n con condo, s'efchì a falto, a falto ; però che è dal battimento vibrato : terzo, fe [^lco hjV^ a ftagnarlo vi corra gran difficoltà , e fatica) bifogna effere molto accorro a teru. darui fubito gli opportuni rimedij • Ma primamente co'l ferrare 1 apertura :,., R a già 13* 1/ l B R O già fatta, per nòti fere diffondere gli fpiriti vitali, come me£!fo a^preflb Oc idanni diremo • Non minorici quelli fono i pericoli, & i danni del ferito neruo: del ferito anzj (fe buon conto facciamo) di quelli fono di gran lunga maggiori,elien- "Ua * do quefto per fua natura proprio organo del fenfo,e però piùcapace di do- Ioie,acuto>e graue; di modo che tofto né fiegue l'infiammationé, & apd- fterrta, e gangrenà. Io non dico i rigori, e la febbre, perturbatione di ra- gione , e fere intollerabile, ne anche la conuulflonc, ch'è frequentifhma in toc dt. quelli ; ficome benelo moftraronò Ceffo,- e Galeno in molti luoghi. e piti Au. medie, tbfjuo ce io propone Ambròfio Pareo per vna nobii'hjftoria, che narra di 5eVflS?odt: Carlo 1X. Rè di Francia. Impercioche douendo egli cauar fi fangue in vna rome. c*p.*. fua graue infermità, hauendo fatto chiamare vn famofo Chirurgo di que chirurgia tempi, quello perla vena il neruo gli punfejonde perla percoli* ientert- *' doli grauemente offefò, pel gran dolore fu coftretto ad alta voce gridare» egliperfeuetò per tre meli continoui il male, fino che fu dal detto Pareo curato. Sfugga dunque l'Artéfice quanto poffibil fia da quefti sì fatti or- gani 5 facendo ch'il tatto gli ila guida. Percioche fi trouerà bene fpefio co- me vna corda tefa, maffimamente nella piegatura del braccio, nel fito della mezzana vena,e ndIematli,tne'pi(Efdi* Onde auuifato da sì fatta loro i naturalezza, culti al poffibile il colpirgli: Conciofia cofa che fe per impe* •u tìtià il danno occorre, la colpa è affai euidente ch'imperito fi fia pollo ad t f.ereitare opra di momento, e ch'egli non fappia. E fe pure ciò fa per da- pocagginé ; non è che caftigo affai più feuero non meriti, mentre in cofa \'t di tanto momento,così fuor di sè>& inauertito ne ftia. In vero,che fe i com- profeftori dell'Artcquando pròpofti fiano alfóffèruationi de gli altri(comc più periti) offeruaffero feùerartiénte gli erróri,che da inefperti di fimii'effer- cftió fi commettono (mentre fertza nulla auucrtenza giouani inefperti fi pongono ad éffercitàte òpra così pericolofa^ e quelli di condegno càftigo * puniffero ;farebbohb, che gii akri pofcia aprifsero gli occhi per farli auue- duri in limili cali '. Imperoche riiunddeue darfi ad effercitare arte, ch'egli molto bene non fappia .Che fé ciò poi accada, perche il foggetto s'hab- bla egli eletto inefperto artefice ; della mala elettione > fendo in colpa,hai> bis il pentiti! per penitenza-,. VP ' :U'i i ■ ■«•.,<-., ,,;■{..-'-" i », . .'. Zi Oj...";ì-j."- iZ{, *.. .'^j'ìi ì'*:!"''-ì!" vr.- ,;, , !,-.,„ .■iJ c:J 1 ' ■'" ' r L lr\Zi ,;i':l:f) "■"■':':ì •'. ì i.; : L V ; . . '. »...:'■■,., . . OìM * .j-iì ìi SI :-Uz. , ' - r.? L'ILI ;.• : ;I i i- ■■ ■/. • ■•■•■■• '-']■] ''">-"■' ; :\-V:-ì Uijì'i ':. ., :i:»',c-. •' ' ^M «M , .'.1.' ;. ■.- .1 -v.,-,. •,., ■•"j-ji y>.>i\ i\'ir~i:^ *;)£.. "à {-^Jt; ,. voJb- r; ..- . • ■.. »-f e* " • -.•; e ' ''-■ ■ ■ :>z ■■ • : e* . '-ir r^ii.n-o ,■, 4 .u^%\rz\ , -;;o: o:;-. . -.-«v?. Dti SECONDO. m De i rimedi) channoaporgere all'arteria,^ al ntrùooffèfié Cap. XX7. Occa (non è dubio) all'Artefice della Sagnia fapere^ gli modi, e le vieycome égli rimediar poffa, quando che finiftro alcuno accidente gli occorra, che nell ar- teria, ò in alcuno de'nerui habbia inauedutamente^ colpito ; Sendo che io più delle volte occorre effere lontano per all'hora dalla prefenzà del Medico. On- de non deue pofcia che errato habbia sì fgomentarfi, Rimedio - che fenza opportuno rimedio lafci l'infermo. Laon- de cominciando dall'arterie. Subito ch'egli s'auucda.che quella fia colpita, e non la vena, come pretendete; vi ponga il deto, impedendo con quello l'vfcita del fangue,indi bagnato vn piumazzetto nell acqua, & aceto, dopo che premuto fhaurà,Io metta fopra dd luogo: & ottimo farà le tal rimedio s'applichi freddo quanto più poffibile fia , ancorché l'acqua aghiacciata ne fufse. Perche maggiore forza haurà di condenfare, de impedire 1 vicita del fangue. Potrà anco pomi fopra la poluere della galla arfa fpenta nel vino auftero>o agro, o pure aceto, (come dir vogliamo) ouero la /poluere della confolida vellicando co'l bianco deil'ouo j-fafdfi pofaa .ftrettamente^ con vna fafeia fattile, e quella s'auuolght fopra dell iftefsotaglio ben eh quattro, o cinque volte,acciò slmpedifchìa beilo ftudio, & al poffibile^ l'vfcita de gli fpiriti vitali, aflìeme col fangue. Gli Egitti) (come riferifce *.iib.de della feriti dell'arteria. Profpero Alpino) perche auuezzi fono a tagliar l'arterie convella ficurta, *™*/£ che noi apriamo ie vene, ageuolmente, e fenza fpargimento di fangue più di quelJo,che fi propongono, chiudono efse arterie in quefta guifa. Prima vnifeono le labra dell'arteria, indi vi metton fopra del cottone a baftanza,e fopra di quello vn pezzo di moneta di rame* falciando ftretto, e ferma te* nendo la ligatura, né fciogliendoJa,fe non dopò il terzo dì. Altri poi (dice efso A Ipino) mettono fopra il taglio vna piattina d'ineenfo ribaldato aj lu- me della candela, epoifieguonó con l'altre cole già dette. Galeno infe- Lib/.meth. gni anch'egli vn'altro rimedfo,il quale colta d'vna parte d'incenfo,e di mez. cap 4. za di aloè, applicate con tanto di bianco d'ouo frefeo, quanto che bafti a farloconfiftentefimiie alla gròfsezza dd mrelcinuolgendolo poi neimoi- liffimi peli di iepore5s'appIichi fopra della ferita, in modo chea torno vi fe ne ponga abbondantemente. Stima ,egli quefto rimedio migliore degli altri ; in modo che prefuppone non poterli ritrouare altto più efficace di quefto. Ho io ragionato di-tal rimedio con valentiffimi,e periti/fimi Medi, ci di quefta noftra Città , de alcuni hanno defiderato}che ne i corpi più duri l'aloè vi fi ponga in maggior quantità. Ma ne i corpi più molli ecceda la quantità dell'incenfo. Douiafsi ben « auuenire di non'fcjo&licre pofaau la_« 134 L I B R O la ligatura fe non dopò il terzo giorno, come l'iftefso Galeno vuole la già detta ofseruanza de gli Egittij manifcftà, the afsai pei in furo in quefti me- ftieri , dc^hi per tanto fono,!bedano imitati.. Et in vero conuienfi in tutti i modi al Sagnatore (che teforiero chiamar fenza fallo fi può del fangue-* humano , pofcia ch'cfso par che la chiaue habbia di queIIo,óV a lui ftà l'apri* re,& il ferrare per l'vfcita di cfso) hauere afsai pronti gli rimedij per raffre- nare lo fgofgamento di lui, ogni volra,c he fuor di douere ftrauafàr fi veda; Modo di fta^Et il primo, & afsai pronto rimedio è quello dell'acqua fredda, quale ag- |uer deiic!!^'ghiacciata (quando hauer G pofsa^ applicata intorno a quel luogo, onde-» vert_-. il fangue viene ( fi come comanda Hippocrate^ tiene virtù afsai gagliarda.* lab. aj?hor. pCr i^agnare il fangue. Ho intelò peto racconrare da bocca propria del Pa- dre Fra Tomafo da Stilo dell'Ordine de' Padri Predicatori huomo noto, che ritcnelse egli lungo,& inordinato flufso di fangue dal nafo nella Madre Badefsa del Monafteno di Stilo,.on l'acqua fredda applicata a i piedi icioè hauendo fatto porre gli piedi dentio di vna conca di acqua fredda; tutto che per prima, con altri molti rimedij non hauefse potuto comprimerle^ tal flufso. imperoche ha molta virtù l'acqua fredda per oprare limile com- pulsione .Come all'incontro, pari virtù ottiene l'acqua calda per dar fiuf- io al fangue cemprefso, à guila che di fopra i rimedij dati n'habbiamo per sgeuolare l'vfcita di quello. Opportuno rimedio altresì farà il bagnare i telticoli con l'acqua fredda nat u/ale ,ò pure rofaceacon l'aceto tofato,e sbianco d'ouo dibattuto. Sono anche proportionati per quefto ftagnamen- lo \ ftmplicijepolueri, che communemente s'applicano alia patte offefaw. I empiici de' quali ampia felua appo gli Autpri tutti G troua,fono la bon> bace arfa i la fpogna bagnata di aceto, e premuta i il fangue di drago, l'in- cenfojò le fue feorze,. l'aloè, la farcocoila, il bolarmeno,la terra fogeilata* il gefscle tcledi ragno,i peli di lepre minutamente tagliatici fangue huma- no fecco,la.bruttura, òdiciamofuligine della caldaia, la farina delle faue, ouero di formentó con acqua impaftate, la poluere dd feme di agatìa^. (quale ho io afsai volte efperimentato particolarmente nel flufso del nafo^J il fucco della confolida,della portulaca, della piantagine, della lingua pafsa- * rinaja lanugine del falico, ò di cotogno, la bombagia,ò lanugine, ò pure il + no; e del pioppo,che la pnmauera cader fuole. Tra ii mefehi vi è in parti- colare quello di Auicenna (che da gli Scrittori viene anco approuato)qua* Je tofta di bolo armeno, di fangue di drago, d'incenfo, e d'aloè, fuccotrina ana parti eguali, fatti in polueri fottilifsime. Non Jafciandodi ricordare che (deue 1 vicita del fangue non fia da corrofiqne di parti putrefatte^ fem- pre fi deuono anteporre imedicamenti emplaftrici(comequelli,che han- no virtù d'incollare, per cesi.dà e, e di generar la ca:nc^ à quelli, che fan- no crufta,come quelli che la generano all'eliquatione delia carne fottopo- fta ,e però cadendo dette crufte, vien'a reftare bocca più ampia, e per con- seguenza maggior' apertura al/vfcita del fangue^. E per- soa c'Orni) o. ìn E perche fogliono fpeffo (quando male aperti fonò gli vafi) fopraueniré d^nfi.^t! i gonfiamenti à guifa d'anneuedi fieno greco, con poluere di bcttomca,d'ar ero, Se rnehloto bolliti nel brodo di caltrato. Il Gordonio loda molto vn'altro cataplafmo farro di molliche di pane ba- iniiiiomed, gnate nel vino . E quando quefto non baftaffe (dic'egli) facciafi miftura di trcmentina,d'euforbio,edaloèse-fimetta fopra. Anzi per eftremo rimedio propone il fuoco attuale, purgato prima il corpo ; e credo arfia di disecca- re l'humor raccolto. Iacomo Siluio loda il terebinto con l'olio rofa?o,oue- Lib< de cur< ro lumbrici viui,feu vermini terreftri(che in noftra fauella,ifcoli,chiam!amo) mur.ap de à modo di cataplafmo. Similmente pane caldo con latte cai io.Co i anche conuulf- il pane ammollito nel decotto del papauero bianco . Oltre à quelli >g an- de è la klua de'rimcdii, che fecondo le diuerfe opportunità potranfi vfare per aiuto de' nerui tocchi. Quefti fono folio roiato,o pure il laurino,in cui fiano bolliti 1 già detti vermi terreftri minuzzati prima, e leuat» con buon_j vmo,ouero con oho vecchio bollito con aneto,ruta, e zarfarano, olio di te- rebinto con acqua vita,& euforbie ouer folio d'bipeiko, o pure quello di camomilla, di gigli, o/anero, ouer grano mafticato ; come an-:o lo fterco di colombo fcluaggio? E quefto ci bafterà per rimediar quarto a noi toccaj« alla ferita dei ntiuo. he mancheranno d'altri moki iimed;j a chi dei idioti) del 13* LIB R O del giouamento altrui, vorrà affaticarli, e con Io ftudio affiduo di buoni li- bri, e con 1 offeruarione di Medici periti, cercarà di faperejnon effendo co- fa (ancorché difficile, e maiageuole^ che con l'affiduo trauaglio non s ap- pari , de arriui. Del modo di fòccorrere alle Sincopi, che auuengono prima > ò dopò la fagnìa i Cap. XXII. Lle Sincopi molto debbiamo auuertire . A .ridente sì terribile,che per la lua atrocità è chiamata fembian- za della Morte, & via, che mena a quella, come bene Io moftra Galeno, nanando, che a fuoi tempi, cafeati due, otre in fincope, mai p'ù ritonarono in vita-.. Moftralo an he Pietro Paulo Magni noftro compro- fefìore pei itiffimo, narrando dimoiti ,che non folo per l'atto della iagnìa,ma per la femplice rimembran- za di lei, poco meno che morti fono rimarti. In modo,che tai volra ciò do- pò la fagnìa auuenendo,porta infamia al iagnatore appretto de volgari, co- me fe di ciò egli fuffe cagione • Per tanto a noi conuerrà hora, che il modo di ripararla moftriamoj prima adducendo le cagioni,' he recar ia fincope fo- cagionidel. gliono i fecondo quefto preuedendo,& togliendo. Le cagioni dunque fo- le fincope . np quattro, delle quali altre feguono all'apertura dd,a vena, e quefte fono lo fpargimento di moki fpiriti,& il dolore>& altre prece Jorio a quella, cioè l'abbondanza de gli humori colerici ne Lo ftomaco,& il timore. Il timore^ veramente è cagione frequentifsima ne'pufdìanimi ,che apprendono per terribil cofa la fagnìa. Percioche rn hiamati gli (piriti per guardia del cuore, che è lor fonte, reftano le parti di fuora fredde : onde queiie ron foftenen- do il corpo,l'huomo vien meno: La pienezza degli humori biliofl apporrà fincope. Penne quefti perturbati, e n olii perla tuibatione del fangue, & alterarion del corpo, tal volta fi riducono alla bócca dello ftomacoj quale per effere di fenfo cfquifito,quella moidcndo,e pizzicando,offendono la-. natura ; fi che titano per contento il cuore. L altre due cagioni rimanenti, come che facil cofa è à ciafeuno conofeere la ragione, difsipando ambedue la noftra foftanza, lafcio, che da per fe ogn'vno l'auerta. Sincope ca. H modo poi da notarfi in fimili occorrenze farà; quanto al timore,cono- gìonata dai fccndo la per fona di colui per pufillanimità nmta^ imperché dalla folaimma- mTa'tcìga0" ginatione viene il male iella fola umilmente auenaerafsi con altra contra- e proueda, ria à diuertire, come di perfuadere,che'I falaffo fia cofa affai facile,e checo- lui,che l'efleicita auueduto,elpeno,e deftro ne fiaj& oltre ciò dando a cre- dere al paticnte,che per viriù occulta d'heibajòdi pietra, quali forza otten- gono di corroborare il cuore, faci! cofa fia impedire ogni timore, è ch'e°Ii fia, 9.Meth,e.io SEGO N;D O. r37; fia, che tàfherba,ò pietra apptefso di fe habbia, come in quefto modo ho io più volte ritenuto alcuni,che in fìncopa non accafcaffero,a'quaIi foleano per puma abbattere da puerile timore fopraprefi in guifa,che da quelli fono più volte anco flato richiedo a manifeftarli ia qualità della pietra, ò herba di sì efficace,e potente virtù occulta:. Ma la virtù è nella immaginatiua,clie altet- «na,e volge l'huomo tutto. Cofa mirabile è a chi non sa le proprietà della .naturatolo a i Filofofi, de inueftigarori di quella note. Quefto modo valerà Delie perlone facili a credere. Ne gii altri poi vfaraifi vn'altro quafi ftrata- £> mma,che a me pur anche felice, e conhonoreè fucceduto : Attendendo *ia occupar l'animo di co!ui,aI quale.deue aprirli la vena con noui ,curioil, e da lui preggiati ragipnamenn (porgendoli però fpefsi,e continuati)infieme ?, , con energia^ facondia, talmente che diquefto inuaghito ad altro per alino- • • • - ra non badi, & intanto facciaglifi volgere altroue la faccia i acciò non auue- , v wr, ° co, come lì ci Ji,& a vomitar pronti>& tn tempo di atate(come e precetto d Hi ppocrate) ripàri. mettedo.(i folo le dita,o pure vna penna in gola.ivta fe non fiano f oliti a vo» LitM-aph. .':■ .-.., , lì rimedio del dolore farà,che vedendoli la perfona effere molto delica? ta,e molle, preuedaiì la diale ulta, e s adatti l'ingegno ad effere di mano fol- ^dolore" leuata,trauagIiandola il meno,che fi può. Ma fe pure per difauentura fiegua per -ual li fiacagione l'importuno dQlore,chea\fuienimento adduca; s'arre- chi fubito il conforto con buoni odori,e lenifcafi il dolore con acqua,obo, 13* L I B R O Se vin caldo, facendofi in contraria parte fregagioni,e fe ralTetti in buona , e naturai figura la parte offefa. Altri aiuti anco G potranno porgere, che nel neruo offefo fi fono propofti. prouìdcnza Finalmente quanto alla rifolutione degli fpirti, fé innanzi G poffa proue- tione'dc gli dere,facciafi (lare l'huomo coricato,e mettagli*! in bocca vn pochetto di vi- ipiriti. no fptritofojò in quefto bagnate alcune fette di pane bruftolato, e quando pure l'infermo teneffe febrej intingati* prima il pane nell'acqua rofa, e poi nel vino. Gioueri altresì ii pane ammollato col fucco d agrefta, di granato acetofo,di narancio o di cedro con zuccaro afperfo. Io più di tutti dò lode (come ho in vfo) al buon vino, Io che approua la Scuola Salernitana, & il c»p*j. commentatore Arnaldo. Anzi fe quefti Autori,& il Leuino Lennio,& gH iùi-clp!*1' Egi"*! [come riferifce Profpero Alpino] feguir vogliamo ; non farà anche h\b. x. fuor di ragione etiàdio prima,che a cauar il fangue fi véga a cibare la perfò- Aegypt.mc. j,a con vn'ouo frefco,o qualche bocconcino con alquanto di vino. Perche K* c*v' così non auaramente le vene riterranno il fangue, ma quello cortefemente lo renderanno . Con quefte cofe confortato il patiente facciafi l'apertura_i della vena,ma piccio!a,e ftretta. Io no dico qui (per riuocare li diftufi fpirti) gii fpruzzamenti dell'acqua infaccia,o fia pura,o nanfa,gli odoramenti del* l'aceto, e delle fpecieodorofe, non le Jigature ddk parti eftreme, non i ti- ramenti de'capelli,e dell'orecchie > perche fon cofe a tutti note, & vfare—/. Né penfo di più lungo trauagliar il Lettore, fendo di già tempo ( hauendo fodisfatto a le parti tutte di fopra da m e promeffe per lo meftieri del falaffo) di dar compiménto a quefti difeorfi, come fò fempre. Rendendo però Iodi all'Onnipotente Dio,alla Beatifsima Maria fempr e Vergine, de a'Sàti Cofmo, e Damiano noftri Protettori,dell aiuto portomi in quanto detto fin'hora G è,confidando nell'ifteffc aiuto(fe pure quanto fin qui habbiamo ferino co-^ nofeeremo effere a commun prò,ebeneficio) di douere appreffo difcorrere' altre cofe a quefto effercitio pertinenti,che non meno vrih fiano delle pre- fenti # Ifcufino dunque i benigni Lettori gli erróri, che forfi troueranno , tanto nel modo del dire,come nelle cofe ifteffepropofteimentredouranno penfare,che io huomo fia,eche però,come tale,hò facilméte potuto errare,* mafe pure cofa di buono troueranno,diano le lodi all'Onnipotente Dio, di cui èì tutto,che buono fia j E quando pure,huomo fe ritroui,che niente—» efferui d'offeruatione,contendajricordifi,che non a tutti è conceffo l'andare aCorinto3comerinuecchiatoProuerbio vuoieimettendo in parte di feufa fe'l talento conceffomi, ho più tofto eietto darlo,al miglior modo m'è ftato pofsibiIe,a trafico,che da vile,e codardo lafciarlo marcire nell'otio. Et il tut- to ha fatto i chi quanto può fa • Il Fine del fecondo Libro. I L 139 BARBIERO DI TIBERIO MALFI DA MONTESARCHIO» BARBIERE NAPOLITANO E Confule dell'Arte/. LIBRO III. DeH'Amminiftratione Chirurgica di tu'ti i rimedi/, che alla diligenza, e fapere del Maeftro ii rimettine proemio: L Medico per commune confentimento è ì guifa d*vn Architettotche per al^ar sà> efor* nire la fabrica daluidifegnata\ di pia &> di' uerft fabri ha di meftiero: a quali commanda9 £9* ordina tutto ciòcche di punto in punto per lo lauoro firichiede. A quefia maniera al Me- dì co,eh e l'altrui fanità procura, ferue £cp il cuoco per apparecchiar le viuandejty9 feffercitator Maefirotfbe i corpi non lafci marcire^ ^l'huomo daBagniyche imedefimimondilelaui^e Ìvngitore%cbe gli vnga:&>ciò nel tempo della profper mole JaniCa \ ma nel finiftro fiato poi l'aiuto de fiderà di takahe iftmphci à fuo tempo colti pre- parile mefehi ; le coppette imponga; la cotenna incidale quel che ri- mane. Quelli vltimi vffici hoggiJì fono tutti rime/si m mano del diligente narbiero y che ftddn>triti gii ordini dal Medico impofii e]fegui/ca}amminifirando)Zp> applicando i rimedi) a tuttoché 0 per S 1 tua- 14® LIBRO euacuareyò per alteràre^ò per indolcirei per attrarremo .-per rihui* tare in dentro fono. Dìemmo noi', quanto la bimgmta del nume ci concernei fecondo libro di quf.fiOperaci vero modo che aliamminifiratione Chirurgica fi conuiene . Hora prenda (ficome edouere)in grado la mia fatica ciafeuno profeflore, ^ il mio fiudio a altrui gwuare humanammte com* mendi. "no» m„i^m li . t=* Sin da qua* do furono v- late le Cin- guefughe>& àeommod* dì chi. '4par del i. lib. del can. Chi prima fi aualeffe d?'- l'applicar le mignatte a'* le vene he- morroidalì • Delle Mignatte > ouero Sanguisughe, Cap. I. E Mfgaattcche Sangucfughe volgarmente, dall'ef- fetto della loto operationevhìamate vengono, fu-* rono fin da'tempi de'periti Medici Greci» in vlo fre- quentiff;mo,ptr rimedio aitai opportuno alla falute del corpo humano, come memoria fe ne ritroua ap- po d'AntilIóiMenemaccGaleno^Orihafio, de altri. E benché il beneficio d'effe non folo pari, ma fupe- riore ancora alle coppette ftimaione ventile, come non ofeuramente G raccoglie d'Auicennaj pure da' Greci ad oprate non fu- rono» fuorché à commodo di coloro , a* quali fincifione dille vene per mezzo del ferro, e timore, de horrore recaua ; ò pure per la picciolezza, ò gibbofità delle parti, era loto vietata,^ impofhbile gli fi rendeua l'appli- cai ione delle coppette. Ma gli Arabi, c'han l'empie piofelTato far con nuo- ue inuentioni, e nuoui rimedij,ricca,e nfplendtnte la facoltà della medici- na, fumati vengono primi inuentori dell applicatione delle mignatte nel- le vene hemorroidaIi,per cauare da quelle la radunanza dell'humore malin- conico, feccia del fangue, che per effere di parte terrea,e graue, mai fem- pre tcnde,e s auuìa all'ingiù. Et à ciò fare, hebbeto guida, e maeftra la_j natura iftefta,che aliai bene fpefto da quelle vene tentar fuole fimili euacua- tioni. Né de' Greci (tutto < he appo loro in vfo fuffero le mignatte, come diceuamo) fi legge, che quelle appiicafìero alle già dette venej fuor che di Attuario, che ville ne gli ultimi tempi dell'Imperio Greco. Comunque pe. rò fi fia, non è poflibilt negacene tale inuentione>e taf vfo;& in molto preg- gio, terzo; J4* |io,& ofTcruanza,non meriti elTerc,& in molta lode, mentre feco fteffo vti- Vt)!e gr£cle iitadi reca grandiflime, e merauigliofe, vedendoli per efperienza giornal dell'vfo dei- mente , fuori d'ogni fperanza, de opinione humana fottrarfi dalle fauci dei-lc m,Sn*ue la morte,huomini,che per alti o fepolti,non che difperati, per i oppreflìonc ad male, G ftimauano. Hor dunqucperche non è cofa che buona, e prò- Danno dei'* fitteuole pet fe fia,che malamente application arrechi tal'hora danno i e m*\* Ri- dalla cattiua applicatione di tal rimedio, non effendo quell'animaletti ben i"medeamé |>urgati,e preparati, poffono fuccedere, e nelle parti dd feffo jnriammatio- ni, de cchimofi,e tal volta anco vlccri,e gangtene, e per io fpargimenro lar- go del fangue,mancamemo d animo,e fincope, con altri sì fatti danni, de accidenti ,• fcguendo,comc ho fatto ne' due antecedenti libri, di dare la per- fetta idea del barbiero; ho ftimato neceffario, quelle regole qui raccorre, e quegli auuertimenti dare, che nella pt attica, & efperienza di molti anni > buoni,& opportuni,hò ritrouati,per isfuggire gl'intop pi,cbe rimedio si va- le, e si preggiato, ponno rendere all'infermo uanncuole, & all'aiteficc-^ vituperofo. Il primo dunque auuifo fia, quanto alfelettione di quefti animaletti, Quali mi- che quelli fi prendano, (fecondo l'opinione tanto de* Greci, come de gli fen^e£"Ja Arabi) che in quelle a«.que G generano, e nafcono, oue parimente na( e^ iVvfo del l'herba nomata lente paluftre,ò pure il mufeo t & oue le ranocchie G gene- *«*"« afra* rano • Ma per li migliori quelli eliger fi deuono , che nel colore tirano al ^Z"J ' verde» con due linee tefe per la fchena in colore d orpunento,ò pure tiran- ti al color rofso à guifa di fegato. Deono parimente quelle fanguefughe-" preggiarfi,che fono di corpo tondo,dÌ coda fottile,e di picciolo capo .• So- pra tutto di quefte,che la fchiena hanno tirante ai verde,più atte fono quel- le,che nell'acque correnti G ritrouano. Come al contrario sfuggir fi deuo- ~ ^ - ^ no quelle,c he di capo grande fono, e di colore fimili all'antimonio, e nella banj ictu- J fchena dVna certa quafi lanugine couerte fi vedono,con alcune linee di co- u"e • lore azurro j pofciache la maggior parte di quefte fogliono efseredi natu- ra velenofe j ma fopra tutto quelle, the in acque fangofe, e putride fi nu- drifeono. Auuertifcafi ancoraché per le venehemorroidali non folo fi de Quali fi deb nono fciegliere le migliorila le più grandi; conciofiacofa che'l fangue, che b*™r^s*- jn quelle concorrc,per efsere di qualità grofsa,per le miftioni dell Immote „eep hemorw malinconico ten eo.ricerca apertura più larga all'vfcita fua ; altrimente cotal rendali, rimedio non recarebbe quel frutto per la falute del foggetto, che da lui G defiderartbbc_j. Il fecondo auuifo farà in quanto al modo di purgare, e preparare quefti c«me r deb animaletti. Imperoche non poco riguardo hauer ti deue, che quelli da-, bino Purs - luoghi tali, non vengan prefi,oue s'inducono gli animali,come caualli,& al- "j* fcrcJ^ tri,a purgarfi con le morficature, e fucchio di effi.fi come qui nel noftro fiu- gnatte, ie- micelio òebeto fatò j jmpercioche mai fempre fatolle fi vedono di quel fan- n^j-0^ guaccio puuido,e nero di totali animali, che poco prima han nicchiato j e uerfiAutori. tutto i42 LIBRO tutto che In vfo fia tra Spedali di purgar quelle nell'acque frefche,non e pe- rò che non ne fentano poi il danno i poueri infermi,a' quali s'attaccano , non hauendo quelli totalmente digerito tutto quel fanguaccio,che da fimi- li animali per prima fucchiato haucano. Onde fauifo fia di purgarle nel modo c'hò io efperimentato ; cioè,che tutti quefti animalucci fi vei fino in-. vn vafo grande fecondo la quantità,ò di crtta.o pui e di rame,come meglio s'habbia>& iui G ponga vn pochetto di fale pefto, ò di cenere, percioche in breue fi vedranno vomitare quel fangue putndo,e nero, di che per prima.» cran (atolli ; fi lafcino in quefto modo per vn quarto d'hora, fe pure nella cenere fi porranno ; ma fe nel fale , per minore fpatio di tempo ; impei cio- chè il fale, fendo più violente della cenere, potrebbe loro cagionar morte, non ammettendoli naturalmente fenza alteratione la muratone fubitanea da vn eftremo ad vn'altro i com'è il fangue de gli animai i>è'l fale ; t larà me- glio reiterare quefto modo di purgamento in due volte pian piano, che-, con violenza in vna fola volca date in periglio d veciderh tutti in vn a atro. Ciò fatto, poi c'haueranno in cotal guifa vomitato, G pori anno neil'ac- qua frefea— • Altri graui Autori vogliono che per purgare quefti animaletti,!! mettano nel fangue d'agnello ò pure d'altro animale, acciò per vomito venghmoad cfpurgarfi dal veleno , ^he feco tengono. Altri vogliono che fi i iniettano in vafo ampio, e netto con acqua tepida, e con vna fpongia fi purghino dalle mucofità,e fozzure dell'acque paluftrì. Opinione E poi nell acque fiefche, mutandole bene fpefso. Ottimi fono tutti que- fnwrno^Ua tó preparamenti. Però per mio au uifo ,ftim oche l'Artefice, come quello *»edcfima_^ al quale ftà l'operare, debba appo fe hauere aLuna quantità di querVanimali ■»*««"» del. pepatati, per auualerfene pomelli bifogni,e non ttarfene à mercè delli j* «ignatte. 5^^ qUajj raj vojca all'utefs'hora, che gli hàno hauuti,li ripongono ne i vafi dell'acque frefhe, e fenza hauer punto mira, le purgaci fiano, li dilpen- ùno ; onde fe ne veggono pofcia gli effetti della mata qualità dì elfi , ne gli infermi,a* quali fono itati attaccati. Però fogliono alcuni auueduti non pri- ma metterli in opeiatione,che per vn mefe al più non fiano purgati nell'ac- que, e nd modo poto fa laccontato • Del- TERZO. Deltapplicatione delle Sanguejugbe . 143 Cap. Iegue dopò il preparamento delle Sanguefughe, che deffapplicatione di quelle fauelliamo. Hor dunque, acciò ordinatamente proccdiamo,diftingueremo in-. quella tre tempi ; cosi come della fanguigna ragio- nando , fatto habbiamo. E quanto al primo tempo, ho ftimato opportuno mquanti, e in prima i luoghi annouerare, ne* quali fi dee,ò può ?u^D^°ns0hl fare 1 applicatione di quefti animaletti; Imperoche,fe bene in ogni luogo applicar le doue s'apra la vena, come della fanguigna diceuamo,fi poffono anco le mi- mignatte. gnatte applicare (come con diligenza moftra il Magni)pure tre folamente-* tra' principali Juoghi s'annouerano, che per l'applicatione di quefti anima- letti proportionati G rendono, e giornalmente frequentati fi fcorgono. Cioè le narici; dietro l'orecchie ; e levene hemorroidali. Delle narici non altre yene che le capillari fi nominano. Dietro l'orecchio vna folamente-* fe ne raccontarne è ramo della iugulare,e contigua con l'offa petrofe,così da Anotomifti chiamate . Nella parte fondamentale, cinque rami di vene ritrouarfi affermano grintendenti,quali perTinteftino rettàda vno folo ra- medetto mefentericojdalla vena porta difcédono, fecodo vuole il Laurézo. In quefto primo tempo,auanti civajlatto fi vengadelI'applicatione,acciò ^bhbea "^ quefti piccioli animaletti più fàcilmente la loro cocchina adattino a morde- prima che re il luogo per nicchiarne il fangue, e lafciare pofcia aperto l'adito alla prò- ^u^' af)i- ^ portionata vfcita di quello, fecondò che'l perito Fifico haurà comandato, penino aP* opportuno fia,non che neceftario,forbire il luogo da' peli,ò pure brutture, luoghi ric- che iìngombrano,e rédono inetto all'adattamento di tali animaletti ; e però ceff,ini- deuefi pulire, e nettare il nafo, de anco il luogo dietro l'orecchio, ma affai piùcffattàmente'il luogédi baffo, lauandoui con acqua calda, e radendo col rafoio i peli, ch'iui fono, accio impedimento alcuno non rechino all'ef- fetro dell*opeta,che G tenta, ribagnando, e Iauando di nuouo con acquai calda,acciò appaiano più e udentemente le vene, al che gioùerà iti patien- te da ie ftefib fi premerà , conciofia che con tal premura appariranno ie ve- ne denigrate,e gonfie, e di quelle èlégérà l'Artefice le più interne, che più ai baffo,e dentro ftanno, effendoui l'interne, e 1 efterne, ma atte affai più fono l'interne, e di maggiore giouamento ai foggetto. Nel fecondo tempo poi mirar fi dee che'l patiente in tal guifa s adatti^ Come colio. che commodo ne fi renda alla man deftra, e però fia bene locarlo alla fpon-' car fl dcbb* da dd letto in guifa tale, che'l Iume,o naturale, o pure artificiale,che fi fia, ncKuoovi così proporrionatamen r 5eriica,che facile fi renda loffcruanza delle vene, replicargli cosi come della tei^uigna fauellando nel precedente libro diceuamo. ^""g"**: Giouarà 144 L I B R O Giouarà dunque,che il patiente non diftenda le gambe, ma quelle più to- fto ritiri, e chele parti dì baffo aperte ne ftianò,ciò pròcurando,e da fe ftcf- fo con la propria mano, e con faiuto altresì di quella d altrui, acciò elacta far fi poffa la, fcouerta delle vene»./. Vfod'appro Douendofi pofcia venire all'applicati one degli animaletti, feouerte a pucaretoi bell'agio le vene, fono di quelli, che con le proprie, mani ii appropriano ai fi animaletti Iuogo,& altri, (benché tal'hora con non picciolo difagio dell'agente, per la , lubricità, per non dire inconftanza, di fimili animaletti ) ciò"fanno con pan- rAuto°rcin. no lino. Ma ftimando io,che pure altro modo ritrouare s'haurebhe potu- ucntatcnei- c0) chc più atto perciò ftato fuffe* tentai inuentarne vno a mio difegno , li nfc^ciTefaS; quale conferitolo con huomini intendcnti,& apprquato dà queliteipofto* guefughc. " lo poi nell'effecutione , proportionato affai, non che aìto,c commodo l'ho ritrouato ,che però ho ftimato cóueneuole publicarloà commun beneficio. Nèmerauiglia recar deue ad alcuno intendente, comprofeffore particolare mente di quell'afte ,fe dopò tanto fpatio di tempo habbia voluto io pro- porre modo fin qui occulto, & ifeonofeiuto, pofciache fi vede tal volra,-. $ che Iddio Signor noftro, authore d'ogni bene >G compiace per perfona, ancorché per altro vili,& abiette, manifestale le grandezze de' fuoi fegreti;, acciò maggiormente appaia la bontà fua con noi, % la; grandezza del fuo potére, che non ftàaftretto alla qualità de' fogetti,per jbperatione di quel? lo ch'à lui aggrada :. Strano adunque parere npn dpurà fev a' goffri tempi ha voluto per mezzo mio manifestare quefta forte d'inftrumemo a bene- ficio commune^ . ;; M> .,,> Vedi e5 qua Sarà per tato l'inftruméto in cotal fogia.yn legno(atto perp all'aprir fi, & le iftrumen- a| ferrarfi)voto di détro per tata capacità^quatp ftare attamente vi poita vnq di quefti animalettijnel luogo poco più fatto douerilecleràil fuo, capo,con alquàto dimpedimento,acciò coftringer G pofsa,npn già nel capo,ma fotto di lui, in guifa che dimenar non fi pofsain quà,& in ià,e fentendofi afflige-» re per ia ftrettezza di quel poco impeditneto co maggior empito s'attacchi alle vene,e mordajeome per <|fto effètto, quadp fràje dita li teniamo/fogli a* mo quelli con fvnghiepremere . II coramodooltfe ciòcci quefto inttro* mento fera ; non folo che a noftra pofta, non potendo l'animaletto yagare, lo collocaremo su la vena che bramiamo s'apra ; ma altresì, impediremo il perigIio,che taivolta.hàfoluto,accadere^d'e.fsere quelli entrati, o per den< tro le narici, o pure dentro rinteftino retto,che non. picciolo difturboha recato poi al rniferp patiente. Óltre che in noftra libertà farà di laiciarli IU Beri ì con 1 aprir Tinftrumento, tofto che hauremo conosciuto efsetfi eilt attaccati su la vena» la%urade|qualeinftrumeiuo qui nellafeguentefac- .'T'. ciàtaeffigiare ho ftimato ojpportuno, cpme fi vede^. _, _.. f l Però terzo; *4f £&^ Però ritrovandomi in quefto fatto, non ho tan-> to freno di celare l'abufo delli noftri comprofeffb- ri Cittadini di quefti tempi, li quali volendoli con-, fe ire à gl'infermi, per applicare le Sanguefughe-;* portano quelle dentro le carte, auuoke,delIe quali «-r ■*•'•*. non tantofto poi ne tolgono vna per applicarla, che v:;1 ■ l'altre , fuggendo per la cafa, fi veggono- difperfe > : • ' con non poco indecoro dell'Axreie danno de gl'in- fermir. Perciò à tal Vfo fi potranno prouedere di due vafetti,fatti alla forma del calamaro da fcriue- re,con il cappelletto che'lcuoprà, e bene l'otturi, della g adezza,e capacità di dieci,ò-quindici sàgue- fughe arghe di bocca,- in modo che le dita dentro vi g ugano per préiere gli animali:la.mareriad'effipuò e fiere vetro,rame,argéto,o altra cofa,l vno de'qtfali farà buono a portare le Sangucfughe cònferuate> e l'altro da poi ui quelle, che volendole applicare, .... faranno renitenti a mordercmettendoleiui in dif- .-. ; parte , acciò non fimefehino, e confondino con^ quelle che non fono prouate , poiché come bene-* dall'efperienza ciafcun sà,per applicarne due,ò tre, fia neceffario fare la proua di moke; Leon quefto; modo fi viene à prouedere a sì fatti inconuenienti. E peiche tal volta ne an.he premuti con la ftret* tczza deH'infuumenri quefti animaletti fogliono R^ImredVI, v > • r ... vl>*ni affin- attaccare,pero non e,che lenza opportuno rimedio che le mi- fi lafcino,per farcene fubitamenre s'appiglino alle -€na"e s'at, vene. Il che feguirà con I'allettamemovcheloro fi ieCvenc0p*r proporrà ; conciofia cofa che effendo cui auidi del fucchiame dolce, com'egli è l'humano fangue, fia bene prò- lIfanSue- porre nel luogo della vena alquanto di fan- gue , che fia di pollo di colombo, che noi piccio-1 ne chiamiamo, o pure con la puntina della lan- cietta percotendo la cute , eccitare qualche—/ goccia di fangue dal luogo doue s'hanno d'attacca-^ re : e quando ciò non pareffe opportuno , per rifpetto del patiente, che ti- " morofo fia, fi potrebbe fregare il luogo con l'vgne ;o pure col nitroso- < me è configlio d'alcuni intendente quali voglioncche così s'attraha il fan- gue nella cute . Altri fon di parere che con l'applicatione della liquida ere- ì ta nella vena fi prouochino all'attaccare, fendo che quefti animaletti nelIaL* creta, e nel fango paluftre fi nutricano. Approuano parimente altri l'acqua frefea per l'iftefla ragione^ch'in quella nafchino, e s'alleuino. Alcuni final- T mente 14* LIBRO mente han giudicato ottimo il Iatte,o pure il zucchero, per la dolcezza,pro- porrionata alla natura loro . Miri però l'Artefice di far prima attaccale que- fti animaletti nelle parti più inferiori, e pofcia nelle fuperiori, acciò gli vni, gli altri non impediscano. Altri rime- Attaccati che faranno,Jaftiaremo eh a loro pofta fucchino, e s'empiano, Aij per diftor fa che gonfij, e fatolIi,da loro fteffi G diftacchino; e fe pure farà neceffario, maìettì *dai c^e 'afcino di fucchiar prima, opportuno rimedio è riporre il fale nella lor piuiucehia. bocca, il che viene approuato così da' Greci, come anco da gii Arabici Me- r ^p -" bagnando il luogo con l'acque calde per [mezzo ddk fpoghein quelle' tuffate j ma quefti modi fono però poco prorìtteuoli, percioche non repri- mono il fangue dai congelarli, e confeguentemente inefficaci, a confeguire l'intento. Però buone faranno le frondi di bieta su le ceneri calde rifcalda- re,e quelle pélte dentro vna pezzolina fi-:polleranno su le vene , perche vi farà il caldoin atto per Io foco , & 1 numido in potenza per la virtù della.. fronda, oue il fangucà bell'agio ageuolmente vfeirà . Pvoporrò io adunque nel quarto luogo vn modo da me inuentato,quale deUVAuto"* afsai commpdo, e profitteuole mi e fòrtito per feruitio de^gftfifermi , de nei riceuere è vn vafo di creta, o pure d'alba materia, che più atta fià*cotnj ftagnè,ra ,10s^iu0cI,acdh| me,argento,& altra fimile , il tjuate ho ftimato chiamare Peitcàno dettemi u^ne*per gnatte, per la fomiglianza cjeì Pdicano de gli Akhirntfti. Qoefto vafo dun te dalie mi- que ripieno d'acqua caIdatmerìtre,corne diceuamo,quefte vene hcmorroi- SnaUe* dali dal caldo humido vengono mantenute aperte) applicato nel luògo; fa- cendo ftare il patiente alquanto efpofto nella fpònda del ktto,vei|édo det- to Peiicano foftentato dalle mani dell'iftefso Arteficco pure^attri, fenza che'l detto patiente fi lem da Ietto,riceuerà commodamente il fangucch?—» dalle vene hemorroidalf gocciola. E'dunque quèf|o vafo.^ fettrùélianzio d'vna fiafea da viandanjte,dalia parte, che s'applica su le carni piaga, acciò ben feda con quelle,e dall'altra tonda ; voto di dentro, dicap^c|jj| almeno j |i d'vna caraffa d'acqua ; le fue maniche d'vna parte,e l'altra faxèéfmvote, ma con ifpondenti alla parte di dentro di detto vafo , aeciòil càÌOff§j£eiracqua alle vene'aperte riportino; Ja bocca, ò pure la canna,far%ffi8fàjM non vota mentre feruirà per riceuere il fangue3che gocciola dalle^ vene-,6jjiurà anco vn \ forame nUl'infjrsore parte , acciò da quello nell'altro vaìettojr lui foctopo- j v fto fi riceuari fangue, come nella ieguente figura per maggior chiarezza-» dell'cfpofto, CuTdentcrnèQ'ie fi può vedere-^.v. '-■.., v * ì? :-»e--^v^v T z Auer- 148 LIBRO MMMHMIBUMéM tfjacatB3aaMr. .. ,^r.. ■ ..._.- ^ TERZO- 149 Auertafi però che l'acqua deue efsere ben calda,e muta fi ogni volra che Altro modo raffrtdara fia, acciò aperte levene fi nantenghino alfvfcita del fangue. per l'ululò h quando pure quefto modo non piaccfse ad alcuno, piacerà forfi il fe- cffett0- guente, & è che fi prenda vna ventola ; ma che fia però pm lunga dell'ordi- narie, pc co tortuofa, & allogato il patiente nella fponda del letto, quel- la s'appluhi alle vene aperte: ma dentro ripoftain vn altro vafo d'acqua calda , quale verrà dalle mani de! J'ftef so Arte ficcò d'altro, foftenuto,o pure potrà i iporfi fc pra d'vno fcabello proportionato all'altezza del letto. E volendoli valere d'vn poco d'acqua calda dentrolifteffaventofa potrà ciò arnhe fare, oue il fangue gocciolerà, con che fi mantenga effa calda con l'altra ai qua fotto,come vedi . beruùanno particolarmente qucfti modi, & atti afsai fi ritrouaranno per quelli infermi, che grauati molto fiano di tefta, o d'altra indifpofitio* ne, che fuori di letto Mare non pofsano fematb & accioche del modo di quefto vhimo vafo. e ventofa non accada efsei ui equiuocationi, ho (lima- to qui fotto la fua figura proporre. /r.^c . -j.fb.-Crj^.-, '■'•..■'. :vsìv Nel IJO LIBRO TÈRZO. fin Nel terzo , di vltimo tempo,dato compimento alfvfcita del fangue, inChemod« «egue vedere in che modo pofsanfi conferuare le Sanguefughe, facendoli fi debbano vomitare quello fangue del quale di già fatolle fi fono ; imperoche fono al- ^"^mlÌ* cuni che poco curandofi di ciò le buttano via,o pure per mezzo le taglia- dopo c'ha- no ; ma perche buone anco fono per altre fiate, farà meglio quelle per la_* «ranno ut. coda piendendo con vn pannolino, riponendo loro alquanto di fale nella bocca, col premerle all'ingiù coftringerle a vomitare il già fucchiato fangue; e fe pure né così totalmente faranno fcarkhe,con riporle fu le fredde cene- ri,affatto fi fcaricaranno del tutto, onde come prima nell'acqua frefea po- tranno riferbarfi per altra occafione^ . Ma per rifermare l'vfcita del fangue particolarmente dalle vene hemor Rimedij da roidali, oltre le ligature di panni lini,acciò componi, quando il fangue in_» ^fnn*cMUs£ larga copia vfciffe, farà bene con le tele d'aragni, aflìeme vnite su le venc^ ghifucchiatì ripofte, reprimerlo ; come anco la bombace brugiata ; così parimente l'efca dalie mignat della quale all'accialino per accendere il foco ne feruiamo ; né di poco ef- fetto , oltre ciò se Io carniccio di cuoio concio, come di quello di fcarpe; a propofito anco farà I herba parietaria chiamata, contufa però. Q pure in_* cafo di molto profluuio di fangue l'applicatione de poluerbcome l'aloè fuc- cotrina, o l'epatica ; il boi armeno jpoluere della galla ; farina di faue. Spon- ghe marine brufeiate ; G bene prima di bruftolarfi douranno intingerli nel* Ja pece liquida. E fe pure né anche in tal modo l'vfcita del fangue s'arreftaf- fe,fi potranno applicare alcune pezzette di pannolino bagnate nell'acqua-i fredda , acciò dal freddo (come altroue detto habbiamo) fi ripercuota, e raffreni il fangue, o pure ii piumaccetti bagnati nell'acqua,& aceto facendo* ui anvhe lempiaftro di bianco d'ouo; con fpargerui delle già foprano- minate polueri, e pofcia diligentemente fare Ja ligatura,quale farà con cin- gere al patiente nel cinto vna cinta, o altra cofa proporrionata ; alla quale 5 appoggeranno i capi della ligatura, o inuolgiraento di pannolino tanto dalla parte di dietro, come dinanzi ; auertendo di lafciare la borfa de' tetti- co h libera, acciò non patifea in quella il patiente > de in cotal guifa farà com- pito il rimedio delle Mignatte. DelleJ Scarifica- tioni. rft LIBRO D £ L L E SC A RI FI C AT I O N h »<» e modo di farle. Cap. III. Rà glimodi del falaffare,riabbiamo annouerato ne' precedenti difeorfi le Scarificationi, per le quali, per mano de'Barbieri,fi caua il fangue nociuo foprabori- dante da' corpi humani ; però (hauendo fin qui detto de' diuerfi modi con quali quello fuori fi caui con le mignatte) fiegue hora, che delle Scarificationi anco breuernente,per quanto al Barbiero fia neceffario,aI- ^ cuna cofa difeorriamo. Però prima d'entrare a dar- le regole, e modi come quelli-fi^facciano, non fuori di propofito ho ftima- to dire in che dirferifeano le Scarificationi dalle coppette a fangue ; mentre per quefte anche fcarificandofi, & aprendoli il corpo humano ,il fangue de?Pcarda. "da quello ficaua fuori. Imperoche fono ftatrdì quei Medici (fra quali è no, & altri il dottiffimo Cardano) c'hanno "rimato in niente a punto differire le Scari- co^ctte^à ^ca"om dalle coppette a sague,ma che fia folamete diueriìfìcat ione, o rnol - SgPuc%fca- tiplicatione di vocaboli, mentre voglionoi'rftefTo effetto, e l'iftefla opera- rificationi • tjorie effere delle coppette,che delle Scarificazioni. Ma in vero,fe ben con- fiderà. emo,moka differenza tràquefte due operationi trouarerno effere > Scarifica- come G raccogl e non ofeuramente da Galeno, il quale diuerfamente,delle tioni, e cop- 5carificationi,edeik coppette a fangue fcriue,lo che non farebbe fe vn'iftef- Puetrà (cài ^ c0^a ^vn^ e-f altre eflère haueffe-e onofeiuto .Oltre che le Scarificationi ferfeono, & dagli antichi ìftèflrèguaii còl* fakffo fono ftate giudicate. Conciofia cofa in quat* mo--^ hanno eJJe e più, per quanto da Oribafio fi raccoglier , mentre narra di fe fteffo hauerfi fatto cauare per via di Scarificationi in_* tempo di pefte, quafi due libre dì fangue ; Io che non fuccede neIte_-> coppette, le quali d ordinario fi fannoxon incifure picciole, e nella cute fo- lamente,non profonde,come.nelle fcarificationi firichiede . In oltre alle fcarificationi precedono nelle parti fearifleande l'afperfìoni dell'acque calde, per l'effetto d'afTottiglìare il fangue,acciò più facilmente^ habbia fuori l'vfcita; ma le coppette folamente per mezzo del Iino,ò ftoppa accefa fanno l'attrattione del fangue nella pelle, il quale raffreddato , de in grumi condcnfato,dopò fmorzato il fuoco,aprendofi leggiermente la pelle di nuouo a sé attraggono. Si che feorgefi euidentemente quanta differenza fia T E R ZvO. 1/3 fia tra le coppette a fanguce le fcarificationi ; benché di quefte fia 1 inuen- scar fica. tione de gli antichi, oue le coppette a fangue inuentione fono de' Medici tione.inuen- modcmi. Ma delle fcarificationi da gli antichi ritrouate ( per quanto da», c^i/copl Anfillo appreffo Oiibafio fi raccoglie) s'auuagliono hoggidì gli Egitti), co peite a fan. me riferifce parimente Profpero Alpino, e noi anco appreffo diremo . &£* modcr- Pe:ò lafciando a'Medici(de'qualiè!a fpeculatione)quefte differenze, Neii.icb.dei e quciie varietà d'opinioni, tra le fcarificationi, e le coppette, t trà'l modo Um*d £dc delie scarificationi fià moderni,& antichi,approffimandofi a quello, cht^> 8 ! perla prattica dell'Artefice fa meftieri,è neceffario faperfi li luoghi ne'qua- li le fcarificationi far fi conuengono, acciò non accada errare . Qucfti dunque fono l'orecchi,!! nafo la barba, o pure il mentode gengi- scarificati©. .1 • • r 1 t • -j i* • r i Za n ,n °Iual« uc ne lati,in calo dt pIeuntide,o pontura,come diciamo voIgarrn^nte,e nel- partì ^i cot fmfTammatione dei polmone ; nel deftro hipocundrio per rinfiammarione pò e p quali del fegato ; nel finiftto per la milza, ne' dolori della podagra; ne' tumori » g debLmo" neH'vlceri,nelle macchie della cute, ne' morfi de' Scorpioni, e d'altri ani- mali velenofi, e finalmente tutte le parti che fiano fortemente erifipiiate>& infiammate,particoIarmente quando vi fia fofpetto,che f infiammarono palfi in cancrena. E' vero M>che tra' Med.ci Egitti) s'vfa di non prima giun- gere afcaiificare la pai te affetta, fe precedute non fiano leuacuationi ge- nerali . :•.■■■.. In due maniere quanto alla prattica,fecondo il noftro modo di fcarifica- Scar ficatìo- re,far fi poffono le fcarificationi. Conciofia cofa che, o con ferri fi fanno, J^^* o pure fenza ; ma trattando prima di quelle che fi fanno con ferri, come più r0)C fcnZa. j tra noi vfica. e, lafciaremo per J'Wtimo quelle,che lenza ferri s'oprano. Fannofi dunque con ferri prima nelle fure, ouero polpe delie gambe, ef- Cornee do- fendo qucfti luoghi più principali per l'euacuationi,e peròpiù approuate. «« fi faccia. Prendali per tanto vna canna lunga di due palmi, e con quella G diano catl0ni coj alquante battiture fopra dei luogo,che s'haurà da fcarifùare, finche rofteggi ferro. la pelle ; che però farà bene» de a propofito rompere in più parti per lungo la detta canna,acciò più tliìcacemente opri l'effetto che fi brama. In tanto s'apparecchi vn vafo d'acqua dolce, efìcàfi nfcaldare,acciò in quella ripon- ga l'infermo li piedi, facendolo riuolgerecon le fpalle in uer l'artefice in_^ modo che poffa reggerli in piedijfecondo che qui dalla figura efpofta veder fi puole oculatamcntew V Indi */4 LIBRO D:9B 5730�943958279�200 TERZO. ij; Indi da i peli, che la parte fcarificanda ingombrano, co'l rafoio fi mondi ; pofcia fi freghino le fure, ò polpe delle gambe ,IauandoIe be- ne fpcffj con la detta acqua calda.,. E continouifi le battiture con Ia_» detta canna, fin che roffeggi la cute, pofcia fi facci la ligatura ordinaria fot- to il poplite nell'inflcffura del ginocchio,acciò gonfiandoli la fure,il fangue à biffo fi ritiri . Così vedendoti che ftupida quafi dalle battiture fia fatta la catne,diafi di piglio al rafoio,o pur lancietta ferma per fare l'jncifioni, o tagli; quali co- mincieranno non già dalla parte fuperiore in giù, acciò il fangue non impe- dita l'operatione , ma dalla inferiore in su, cioè da fopra i malleoli tirando all'insti, fecondo la lunghezza de'muf oli. Douranno però l'incifioni non effere tanto fuperficiali,che nulla vagliano per leffetto,che fi tenta del fan- gue ; ma che paffino li termini della cute, dilatandoli in ordinanza vna do- pò l'altra, fecondo la Iarghezza,& ampiezza della gamba ; però fincifioni douranno fatfi,ò col rafoio,ò pure con la Iancietta,vna dopò l'altra, a guifa de' pìcchi di giubbone,odi calzone,nó tiràdo vn taglio folo in lungo, ma in ordinanza a fila, a fila ; e compita vna tirata, incominciare l'alcra,airi(teua_* guifa della prima fin che fi facciano cinque,ò pur fei ordini di tagIi,come—9 nell'aflìgnata figuia fi vede chiaramente.Fatti di già i tag]i,continmfi l'afper- fìone dell'acqua calda con le mani fopra quelli, acciò l'vfcita del fangue più libera fi faccia, Oc in quantità,e quando i grumi di fangue condenfati impe- difTero l'egretta, frequentili tanto più falperfione dell'ai que calde;fnodan- dofi anche il naftro della ligatura. Auertafi però al numero de' tagli; con- Taglio nella ciofia cofa,che non mai fempre egualeffer dee,& vn iftefta,ma variarli con- fcarificatio- uiene» fecondo l'età deirinfermo,e fecondo la profondità dell'incifioni ; Yg^^ Pofciache all'età perfetta potranno ben farfi final numero di trenta ta- gli , fe pure la profondità di quelli facendo maggiormente adito ali Vfcita-* del fangue,nonricercafleminor numero; ma all'età mnore baftar po- tranno vinti tagli, opure meno, fecondo la compleffioné, e bifogno del patiente^. Queft'ifteffa offeruanza potrà tenerli ne gli altri luoghi, che tagliar fi do- Che cofaha- ueranno,acciò prima precedano le fregationi; eMpertioni fuflegnano del- JJjjg'^^ l'acqua calda, e pofcia all'atto fi venga del tagliare ; offeruando mai fempre to delie fe*. in quàlfiuoglia luogo la rettitudine, e proportione delle membra, il corfo nficationi. delle vene, de anco il moto de' mufcoli. Ma fopra tutto auertir G dee nel Auertimft l'jncifione dell'orecchi, quale gli Egitti; fare fogliono ( fecondo l'Alpino nciufcarifi. narra) per le febri, de affati del capo. Imperoche quefte fare G poffono, o catione de di dentro,o pure nel di fuori,nelIa parte eftrema,che le circonda,onde pre- 8 * *rc ! cedere anco debbono l'incifionce le fregationi, e gli foti dell'acqua calda, e fuffeguire vltimamente il tagliare con quattro, o pure cinque fregi di lan- cietta, e non oltre, facendo però la ligatura al collo nel modo, eh altroue oetto habbiamo nei fecondo libro • ì)\ quefto rimedio G vallerò gli fopra- V a narrati ijf LIBRO narrati Egitti) nel voler foccorrere a* bambini moleftati da infiammationi di tonfille, de altri mali della gola. Né minore auuertimento hauer fi conuiene adoprandofi quefto rimedio mlTo p« u nelle narici, per foccorrere a gli affetti del cerebro,di deIirij,fouerciue vi gì* fcarificatio- jiej& altri dolori, come anco al fouerchio roftare d'effo nafo, che da'Medi- ne delie na- d chirugicj Barbari nomata viene Gutta Kofacea ; benché altri, tra' quali fi annouera Amato Lufitano,hó confineifionema co l'applicatione delie mi- gnatte,han tentato porgerui foccorfo ; pure douendofi quefta parte ^rarifi- care, conuerrà fare precedere i fomenti dell'acque calde, e poi all'atto ve- nire dell'incifione,quale in due luoghi foli far potra(fi,cioè nelle parti inter- ne^oueronel partimentodi lui, con due, o tre fregi folamente. Succedono non con minore attentione alle fopranarrate, le fcarificatioT ^Jfcaìta! ni delle labbra, e delle gengiue; imperoche, fi come quefte fi fcarificano cationi delie cal'hora,che per fouerchio influffo di fangue faftidio,e dolore eccitano nel-» Ubbra.c gen j»numan0 foggetto ; così parimente quelle, nell'infiammationi della bocca, S,UC e della gola altresì, e nelle aperture di effe labbra,!! percuotono,e ferifeono leggiermente con ia punta delle.lanciette,per dare facile l'egreffo allo fopra- bondame nociuofangue,che.dicotaIiinfeftationi,mutato dalla fua purità, è cagione. Però auertir fi conuiene di percuotere più facilmente il labbro di fotto,che quel di fopra,e nell'interiore parte di elfo più che nell efteriore, sì per effere più commoda l'operatione, riuerfandofi più facilmente , sì per- che più larga ftrada G fa alfvfcita del fangue. Rimedij per Compita che farà l'euacuatione del fangue per le già fatte fcarificationi le parti kaii non fi deuon lafciare fenza rimedio le parti fcarificate ; ma diligentemente iìcate_-. curar £ conU€ng0no. Douranno per tanto quelle attamente ftringerfi, e comprimere con Ie_> piante delle mani, vntc però prima che quelle faranno d'oglió di fefamo , o pure giorgiolea,fecondo il commune noftro vocabolo,fendo il primo noto appo de gli Egittij folamente,o pure con feuo, e pofcia a cotal modo com* preffe,& adattate,o pure ftrinte,accomodarui fopra della bombace, e con_* piumaccetto di panno lino ftringerle, e ligarle con fafeia, lafciandole còsi per tre giorni continoui, fin che fi faldino le fatte incifure. Lo che dettò fia delle gambe, de altre parti che legar fi poffono ; ma nell'orecchio ,& al- tre parti lieuemente fcarificate bafterà, dopò l'afperfione , o intingimento delloIio,o feUo, come di fopra,imporui alquanto di bombace, o pure alcu- na pezzetta di panno lino tattile intinta nei bianco dell'ouo,e ciò detto fia delle fcarificationi,che con ferri fi fanno. Scarificati© Senza ferri fannofi le fcarificationi,per quanto narra Amato Lufitano ni lenza fer- grauiffimo Medico Hebreo^t è quefto modo vfitato appo Medici Spagno- hccìlno. l li,mentre non di rafoio,nè di Ianciette,come nell'antecedenti fcarificationi, Centur.,, & ma di canne in più partiaperte fi feruono, per ferire la pèlle fu per ficialmen- mcd.Cur* tebattendo con quelle fopra delle fure,aaltre partiifinche detta cute feri* T E R Z O. *57 *a,verfì fuori del fangue. Strano però non dourà parere quefto modo di fcarificare, a' noftri, quando pure dal perito Fifico ordinato venga. E ciò detto fia delle fcarificationi. Ben sì lafciare indietro non parmi di rifponder ad vna obiettione,che in dottrina di Galeno fare mi fi potrebbe, mentre^/ vederi Galeno non fare altrimente mentione delle fure in materia di fcarifi- cationi , ma folamente de' malleoli, fiche fi potrebbe veder .di differire il modo di fcarificare di Galeno ; dal fopranarrato de gli Egittij. Ma fe auer- tiremo diligentemente a quanto l'ifteffo Galeno ne racconta, ritrouaremo l'vn modo da l'altro non differirete non che Galeno narra de' malleoli, co me principio dal quale s'incominciano le fcarificationi,e gli Egittij, comc-i fine,e totale operatione3facendo(i le fcarificationi propriamente nelle fure, ancorché di malleoli a loro fi dia principio , tirando all'insù, come di ta- pi a detto habbiamo, per non fare 5 che f vfcita dd fangue impedimento re- chi all'Artefice-,. Delle Coppette > b Ventofe . Cap. I V. Si rifponde tvd vna taci- ta obiettio. ne, che po- trebbe farli all'Autore con la dot- trina di Ga- leno intor- no alla ma- teria delle fcarificatio- ni . Ouendo ragionar delle Coppette, altrimente vento- fe nominate,per diftintaméce la prattica dare di quel- Icche in quefta parte all'operante Barbiero fi ricerca, non iftimo neceffario con giro di parole prender fa- tica , per dimoftrar l'antichità d'effe ; mentre niuna_. fetta di Medici fi ritto ua,cosìantichÌ,come moderni, che di loro i'vfo non approui,è neceffario,non che—» vtile,& opportuno non lo ftimi ; vedendoli oltre ciò in frequentifsimo vfo appo le nationi tutte dd circolo della terra, che none chi non ne fenta il beneficio . Lafciando per ranto di ciò fauellare, ragione- rò folamente in quefto difeorfo dd modo d'vfare,de' luoghi del corpo hu- mano , ne'quali applicar lì debbano,e poffono ; e finalmente delle condi- tioni per quelle profitteuolmente applicare, e di ciò che s'haurà à fare di- ftaccate che faranno. Non parmi peròtralafciare d'alquanto difcorrere,prima d ogn'altra cofa, della materia,della quale debbano5ò efìer pofsonò le coppette.Impercioche apprefso gli antichi fi legge efser ftate adoperate diuerfe forti di materie per la forma delle coppette ; come ii rame,il bronzo,il corno, de il vetro . Ciò fi raccoglie dà Paolo Egineta, e da altri Scrittori ; auuenga eh e Cornelio Celta faccia folamente memoria ddk coppette di corno, e di rame-,. Oribafio nel libro,ch egli fcriue delle raccolte medicinali, riferifce delle.-» coppette d'argento, tutto che I'vfo di tal materia rifiutato fi ritroui, come di quella,che gagliardamente infocandoli ritiene per lungo tempo il calo- re^, Vfo delle coppette an tichiflìmo. Materia del- le coppette qual* effere debba,o pof- la.,. Lib.5jC.4i. Lib.z.cn. iy8 LIBRO re,e però atta più à danneggiare, che giouare,per l'aduftione,chepuò cagio- narfi nella parte,nella quale s'applica. Apprefso gli antichi fu frequente per materia ddk coppette il rame, fi perche maggiormente ha virtù attrat- tiua ; sì anche perche foffie maggior fiamma dell'altre: cucile di verro rare volte s'vfarono appo de' detti antichi,per la fragilità della materia,atta facil- mente à frangerti. L'vfauano fi bene nelle Scarificationi. Conciofia cola che efsendo corpo diafano per la loro traf^arenza più commodamente di- moftrano il fangue in loro raccolto , Io che non auuiene in quelle d'altra materia,come il corno,rame,bronzo,argenco,& altro. Quelle poi di corno s'applicauano da effi per Io più ne gli affetti del capo. Perche tra_. A' tempi noftri è totalmente bandita dall'vfo la materia del rame per le tutte le ma- coppette ; sì perche affai gagliarde fono nel tirare ; in modo che facilmente coppette V Druttura contraggono, e men polite fi conferuano ; sì anche perche difficili la foia di ve- fono al diftaccarfi, e perciò atte a cagionare effetto d'abborrimento in per- fta°in vfo"1*" *°ne Part'colarmente di natura timide,e che d'ogni minima cofa pauentano. Quelle di corno à pena hoggidì conferuano qualche vfo nelle flufe . Onde rimafte fono,& in vfo frequentate quelle di vetro; e per la politezza di effe, e perche hanno le labra mezane tra acute, & ottufe, e finalmente perche—» nel tirare fi trattengono nella moderatione . Oltre anco la trafparenza,che di fopra diceuamo per i'vfo delle fcarificationi, e che faciliffime anco fono nel diftaccarfi. Forme delle Ma perche con la materia viene (tongionta la forma , dirò parimente qui coppette di- della forma , della quale fi fogliono fare le coppette, Imperoche quella^ effer fuole differente; mentre altre tengono forma lunga,&puata,à guifa di pero,ouero di picciole zucche,nel fondo ampie,e rotonde', tirando poi, & à proportione rìftringendofi verfo la bocca in foggia di piramide—?. E di quefta forma vfualmente i noftri hoggi giorno s'auuagliono . , Altre poijbenche ferbino la figura di zucche grandi,crefcédo, e dilatan- doli in ventre;terminano nientedimeno in collo lungo,e ftretto, fenza pro- portione veruna. Altre fono di figura quadrangoIare,con collo però al ri- ftretto tirante ; Che chi da curiofità mofta, la diuerfità delle figure vorrà vederne (mentre a me, ciò non è permeilo, tirato dalla neceffità di fodisfa- re a cofe più importanti per la prattica del noftro Barbiero) potrà hauerne cap.i*- ricorfo al libro della medicina de gli Egittij, raccolto da Profpero Alpino doue di ciò à fodisfatrionflfaifcorre ; onde potrà da lui a pieno fodisfaci- mento riceuere.*. Né fuor di propofito, e fenza ragione fi fa,che diuerfifichmo tra di sé le coppette nella qualità del collo, aìto,ò pure breue,ch'egli fi fia ; mentre di- uerfi fono gli effetti,che da quelle fi cagionano per lo tirare,o più,o meno. Conciofia cofa che quelle,le quali di ventre fono ampice collo lungo, ten- gono vehemenza maggiore nel tirare; come all'incontro quelle,le quali ha- no breue il co!Io,e più riftretto il ventre,ottenendo minor capacità, hanno confeguentemente minor forza di tiraro. Per TERZO. xS9 Per quell'effetto umilmente del tirare , & attaccarti nel luogo, offeruafi Auertime»- vn'altro auuertimento appreffo d'Oribafio in quanto alla forma de gli orli, J^iSorn» o labra delle coppette ; de è che quelle, che hanno le labra piane,facilmente alle coppct- s'atraccano, nei corpi gradì, ma all'incontro quelle,che gli orli tengono al-tc • quanto riuoltì, con agilità maggiore s attaccano ne'corpi gracili, e cutui. Così quelle,che di labra fono acute, tirano con vehemenza maggiore di quelle, che ottu fe le tengono. II modo dunque , nel quale le coppette al corpo humano s'attaccano, Due mame- per feguire l'ordine da noi propofto nel principio di quefto difcorfo,trouo £r fccJJjL che di due manie e fia. Impercioche,o falli per o pera,& interuento di ho pette. co,o pure fenza del fuo interuenimento. Senza fuoco in duealrri modi c^£pe$"et. faffi l'applicatione : fvno per via di fucchiamento, applicando la coppetta tacchino sé* fopra la parte del corpo,doue s'ha dafarel'effettce tirado poi con la boc- z*tuoco • ca fucchiando l'aria.ch'in quella ftà racchiufo per mezo della fiftola in effa fuperiore,come fi fa per fucchiar'il latte foprabondante nelle donne di fref- co partorite. Quefto modo d'applicare le coppette fu in vfo appo gli-Egit- tij,come l'Alpino riferifce. Deuefi però in effo auertire ,per otturare l'ori- ficio della fiftola,compito che farà l'effetto del fucchio , acciò s'jmpedifca_j 1 ingreffo di nuou'aria,col fuétarfi la già racchiufa,d adattarui in vn tratto al- quanto di molle cera,e ciò cauafi altresì da Celta nel capo da noi fopra no- tato. Lo che rendei! più facile di quello faceuano gli già detti Egittij,! quali con membrana,o pelle ammollita nell'acqua, hauendo quella appreftata, e fpedita nelle mani,tog!iendo in vn tratto ia fiftola dalla bocca, otturauano il buco delia coppetta. L'altro modo è con l'acqua calda, del quale fa mentione AIbucafi,& al- tri Autori parimente, che ripongali la coppetta dentro dell'acqua caldaie- ciò quella rifcaldata,e vota dell'acqua, col calore folamente dd fumo di lei, Parte r. dei- deftramente s applichi nella parte, imperoche l'aria rarefatta dal caIore,vie- i* fa*chiru- ne per fuffocatione a condenfarfi, e confeguentemente, non dandoli il va- g,a c"' cuo a fare l'attaccamento su la parte, e l'attrattione dopoi attaccata. Col fuoco fannofi le ventofe,prima con lino molIe,e ben di!atato,o pu- coppette in re ftoppa,ripofta dentro di lci,e poi facendouifi attaccare la fiamma con_-# 3"*n''"Ì0: * * * * i/*\t* ti* oif c come si candeletta di cera,o altra,ma più commoda iara di cerajauertendo di non_» attacchino far' infiammare le labra della ventofa, e poi deliramente quella aggirando co1 fuoco • Gn che la fiamma fia toIta,sù la parte IocarIa,ch'attaccherà in yn tratto. Secondo con porre vn miccetto di candeletta di cera su d'alcuno pezzet- to di rame,o d'argento,o altra materia,nel che farà commodo alcun pezzo di monera,e quella riporta su la parte accefo il detto miccietto fopraporuì la ventofa,o coppetta con alquanto di vehemenza,acciò fuffocandouifila-. fiamma,non concedendoli il vacuo nella natura,s'attacchi,& applichi su la». parte. Quefto modo d'applicatione riefee affai piaceuoIe,e commodo par- ticolarmente per quelle perfoncche così effeminate fono, che pauentano fopra l6o LIBRO fopra modo del vederli cadere su le carni quel pochettino di lino, ò ftoppa infiammata. Aggiungo io a quefti il terzo modo affai opportuno per sfug- gire I'aduftione,o pure tema di lei, che cagionar fi poffa dalla ftoppa, ò lino infiammato di porre su le parti vna pezzetta di carta bagnata dt tara larghez- za quanta farà l'orificio della coppetta, acciò cafcando pure la fiamma su quelle dia non nella carne, e s'haurà pure l'ifteffo effetto. 4 particella L'vfo di quefto rimedio delle coppette è diuerfo, fecondo G raccoglie hb.i.cai. fa Auicenna, conciofia cofa che,ò noi ragioniamo delie coppette leggieri, f vfo var^0 de a véto,o pure delle coppette a fangue; Se delle prime l'vfo è vano gran- delie coppet demente, mentre altre volte quelle feruono per diuertire gli humori da-t u a_ vento, qUe]]a parte,che da elfi offefa G ritroua, comeaccade anche per diuertire»^ mali, ' il fouerch'o, e fmifurato fluita delle meftrue purgationi nelle donne, appli- Nei y.de gii candofi loro nelle tette per confeglio d'Hippocrate vna coppetta, ocn sì Aphonro. grande,acciò maggiormente tirando habbia vigore di raffermare quel lopra- Nd 13. del bendante fluita. Altre volte s'applicano per ti arre fuori le matene,che fo- meth# no nel profondo del corpo,come dice Galeno. Altre volte s'adattano, ac- ciò lìnfiammatione cagionata in alcuna parte, o membro pù nobile fi diuer- ta,e transferifea in parte,e membro di minore nobiltà. G.ouano altre volte per le membra raffreddate, e derelitte dal calore, acciò fi riuo hi in loro at- trahendou'il fangue ; ch'è cagione di quello. l'ai volta altresì piofìtreùoli fono per difeutere la ventofità,& acquetare i dolori dal flato generati. talhora per reftituire le membra fmofte à i Ioio propnj Ori. Alerà voltai (come infegna Galeno nel loco fopra citato) per i dolori colici,actaccandou! all'vmbilico vna coppettajquale però dourà effere per due,o tre volte alme- no più grande dell'ordinario. Finalmente gioueuoli fono per ifueghare_> l'appetito,e corroborare Io ftomaco debole ; per torre il mancamento del- l'animo ; per difturbare le fiufTìoni,prouocare il meftruo alle donne,acque« tare il rigore, fuegliare dall'opprimente fonno ; de a^gerire le membra»*, Lib.7;c.i7. come tutto c'° infegna Onbafio, che da Herodoto io tolfe ; & affai dìffufa- mente ne fcriue 1 efattiffimo Carducci Salui nel lìbro ch'ei fa della fkboto- par 2 c.8. mia. cne pero a iui p0tr£ naucre ricorfo chi curiofo brama vedere quanto Coppette a ^accìa intorno di quefta materia.». fàn?ue m Se poi delle coppette a fangue noi fauelliamo, tutto che l'iftefta vfo di na udka 9ue^ePar CDC ^a >che delle leggieri, de a vento ; nientedimeno ( fecondo vento* e a Paolo Egineta) ottengono di vantaggio dalle prime, che più efficaci fono, e Quanti lue. per i't fLlatione degli humori,e per l'euacuatione,e del fangue, e de gli hu- libacasì2 a".' mpri fteffi ; e ciò molto più fe con fiamma copiofa fiano attaccate,onde vica- l'appi c.4tio- rie ftimare vengono dei falalTo iftefta. Albucafi quattordici luoghi affegna, pe«-la fa°nP re(ìuan Ie C0PPette a fangue applicare G pollano per trarre dalle vene mag- gue;& m ii" gtari il fangue nociuo; che però vguaghate ne vengono alfeuacuationi, che medio_ ò\ tol ferro fi fanno dalle vene. Il primo luogo è la nuca per fcaricare la gra- Sudi1.0*"" uuza dd capo, ciglia, & impecHreie fluffioni a gli occhi ; e dar «medio al* tresì TERZO. iti iresì al fetore della bocca, fecondo che nana Auicenna. Quefta euacuatio- nc in quefto luogo Mimata viene vguale a quella, che per Io falaffo G fa nel braccio dalle vene delia tefta, e commune fecondo il parere d'Auicenna, e d'Albucafi. Il fecondo luogo é il mezzo del collo ; e vale tanto,quanto il falaffo nel- la vena commune, e bafiiica : è gioueuole alli morbi dell afma della toffe^, & alla repletione de gfinftì umenti della refpiratione-/. Il terzo Iucgo,& il quarto fono la parte deftra, & anco la finiftra del col- lo,nel mezzo delie quali fi ritroua il canale. Quefte vagliono per dar foc- corfo nell'infiammationi de gli occhi, e ne* dolori del capo, ò che tutto egli do!ga,ò rnezo. Così anco al dolore, de alla petforatione de' denti. S'vgua- glia f effetto dì quefto rimedio a quefto luogo al falaffo della vena del fegato. Ai quinto luogo nouerafi fotto la barba, ne'mali delie puftule della», bocca, putì edine delle gengiue , & altri mali limili di detto luogo. Nel lètto., e nel fettimo luogo annouerate fono le fpatule. L'effetto è fo- iniglisnte al falaffo della vena del fegato. Con quefta applicatione dimi- nuii! vengono i dolori,e delie fpatule,e della gola . AJl'ottauo luogo fuccede il codione volgarmente detto la codoIa_#. L'effitto di quefto iuogo s'eguaglia a quello che dalle vene hemorroidali fi fpera ; e gioua per li mali d'vlcere inferiori . li nono iuogo, & il decimo fono le parti interne de' gomiti. L euacua- ione d\ quefti luoghi corrifponde a quella che col falafìo faffi dalla vena». dd fegato, e commune . Neil vndecimo,e duodecimo luogo fi mettono le polpe delle gambe-» - Leff-tto è,che toglie ii dolore antico delle reni,deIl'vtero,e delia vellica^. ; prouocai meftrui, e conferifee alIVlcere. L'euacuatione di quefti luoghi corrrfponde a quella che fi fa dalla Safena ne' piedi. Finalmente nel decimoterzo, e decimoquarto luogo annouerate vengo- no le gau iglie,che eguali fono all'antecedenti delle gambe. Auicenna non contento di quefti quattordeci luoghi, annouera anco i lombi, le natiche, le cofeie, i popliti, o piegature delle ginocchia ; de altri luoghi, i quali potendoli hauer'in effo, io qui per breuità tralafcio. Qucfti ifteffi luoghi, che delle ventofe a fangue annouerati habbiamo , coppette à poffono parimente effere per le ventofe a vento: a* quali aggiungonil le tet- vèto in quan teper Io fluita foprabondante ne' meftrui donnefchi.L'vmbilico per fouue- tì^uo^1 aP" ni mento dd compoilo humano ne' dolori colici, e ventofità dell'vtero,co- fan". &°in me io ora anco detto habbiamo . Sono ftari anco di quei Medici,che non_> dalla., milza. Finalmente non inutile, né importuno luogo viene ftimato perle^, coppette quello fpario,chefi ritroua dalle reni infìno alla vellica ; tacco il quale fono i vafi *dell'vrina5derti vretini. In quefto luogo applicate le cop pette giouano non poco a coloro,che patifeono dolo.i di pietra nelle reni; Ub. i. della e gioua per dare fmoffa alla pietra già fpiccara daile reni,per condurla con cap 47. preftezza alla cauirà della veifìga, come di ciò memoria ne fanno Gio. M'- lib. /.d-L_> cnele Pafthalc» e Mudo Catdeo ne' commenti, ch'egli fa d'Hippocrate ne' \ mah donnekhi. ndratuc011 *-e conditioni per profitteuolmente far' attaccare le coppette, ( che per cat delle, compimento di quefto difcoifo nel principio noi proponeuamo) fono pri- coppette. lllal'adattamento del foggetto,fecondo lepreparacioni delle coppette—» iftcfsc, e terzo fiftefso atta camento . Come debba L'adattamento, o aIlogamer.ro dd foggetto farà, ch'egli fe ne ftia cori- adattarfi u cato,e con le mani diuefe in giù fecondo la iorrghezza del corpo; né fi vieca riuo^d'at. che fecondo l'opportunità alcuna volra quelle fblicuace fiano fu'l capo; at- taccargli finche le palette delle fpalle atto luogo porgano.alle coppette applicando; le coppette. n^ ^ trajaf, j intanto far porre vn cofanetto focto dello ftomaco del fogget- to,acciò più agiato egli ne ftia_,. farfi , &àp- Le preparationi faranno,prima, che precedano le fregationi su le parti- parecch.ariì con panno lino, come altroue habbiamo detto. Secondo, chs douen- KrTaif'atto doG aPr*re *e Pam Per dare i'cffiro al fangue d'attrarii con le vétofcquelle deirattac- col rafoio fi difgombrino da' peli,fe pure ve ne faranno . Terzo,che fecon- car le cop- ^Q j ^ppiìcationeje'l modo fi douranno applicare le coppette , fi preparino le cofe neceffanejacciò nelfifteffo atto,con difagio del patiente, non s'hab- bia da mendicare quel che Ha necelfario per elle .. E però ò con acqua,ò con foco,o pure con interuento di ferri , quando le ventofe faranno a fangue_,, quelle s'hauranno a fare ; fi prepari tutto ciò che per quell'opra fi richiede, come farà l'acqua calda ; la ftoppa ò pure linoyle candelette, de altro, come di fopra diceuamo. Auertafi però che doaen io fi col fuoco, ò fiamma ap- plicare, li vafi delle dette ventofe,non fiano bagnate, perche poco prima,o all'hora ifteffa fiano ftate Iauate, ma bene afeiugate, acciò non faccino dimo- ra alla fiamma,e così anco auuertir fi dee,che'l lino, ò ftoppa non fiano hu « midi, ma ben fecchi. tionf ne"*' Nell'atto iftefta dell'applications mirare ben auuedutamente deue l'ope- farie neli'at- rante di sfuggire le parti dure dell'offa, e de' nerui, e fopra ogni altra cofa_. to deirattac ^j^ fpjnaj midolla, tenendofene mai fempre da quella ben per yn deto , e pette^vX pìù.difcofto. Tanto maggiore,ò minormente gagliardo fa à fattaccamen- 10 • to,quanto che con minore, o più deftrezza di tempo per la fiamma accefa aggirando la coppetta, fi portarà l'operante, pofandola su la parte.-». Attaccate che faranno cuopranficon vn panno,e G lafcino per alquanta fpatio TERZO. i6j fpario di tempo . Quefte fono le conditioni quanto alle ventofe a vento, che far sì Ma couendofi quelle a fangue buttare, altre conditioni, oltre le dette, G ca^fècop! ricercano. pette. Oribafio , Auicenna, & Albucafi corrifpondono col commune noftro Altre con- modo d'applicarle, cioè che prima s'attacchino su la parte le ventofe a ven- sìd«ationi to, teme fin'hora detto habbiamo,acciò le carni,e roffeggino,e fi gonfino, car L cop. & atte maggiormente fi rendano per li tagli,acciò mortificata la carne mi- pette àfan- normente fenfitiua faccia al patiente l'incifione del ferro. Fatta l'incifione 8Ue di nuouo vi s'adattano fopra le ventofe, acciò attragganoli fangue nociuo, e foprabondante. Li fudetti Autori fon di parere,che prima d'applicare-. le ventofe s'vngano le parti, acciò per quefto la pelle s'aftattigii, & atta più fi renda all'incifione^ . Paulo Egineta è di parere poterli fare l'incifione della parte,ancorcht_i Opinioni di per prima non vi fiano attaccate le ventofe. Lo che potrebbe hauere luogo PaoljE1f.irc" ne' corpi pieni dicarne,e graffi, ne' quali facile puol'effere l'vfcita del fan- tore.intomó gue ; ma non così ne' corpi magri ; oltre che non mortificandoli per prima all'incisione la carne, più fenfitiua fi rende l'incifione ; peròapprouarei io affai più il pri- p^madat- ino modo, oltre che già communemente nell'vforiceuutofia_j. taccamisi Nel fare de* tagli, non approuo volentieri la moltiplicatione di effi, co- lc vcntole- me à prò d'alcuni ftà in prattica, né Iafciano anco altri de' Scrittori dirlo ; Autore rL conciofia cofa che profondando alquanto ne' tagli, facile fia da tre, o quat- proua la moi tro al più di quelli>trarne tre, o quattr oncie di fangue, come ho io off$ruà- J^JlS}10"^ to,che però non trapafta dare più di tre, o quattro piccate al più con la lan- regnandone cietta, ben sì che profondo l'incifioncpaflando ambedue le cuti,e penetran- i»"gione- do in parte dentro le carni tal vo!ta,fecondo l'opportunità,aIzando le carni con le punte delle dita,e taffiandoui fopra con la bocca, conforme l'vfo or- dinario; acciò meno fenfitiua per lo forno l'incifione fi renda,e meno acerba: Ne motiuo far deue ad alcuno nouello dell'Arte fe ne'Iibri della profeffio- he,che vanno a torno,negli effempi, e figure dagli Autori addotte, altri- mente efprefta venga, mentr'effi fino a trenta incifioni,o tagli efprimono : Imperoche l'efperienza foprauanza l'auttorità de'Scrittorijnè difdice quan- ., '. J d o Ja dottrina,che s apportala fondata in ragione viua,difcoftarfi anco dal co mmun parere; lo che afferma il dottiffimo Martino Nauarro in cofe—» Nel manua. maggiori, de anco nelle materie morali, né ritrouar fi puole cofa,che più ucap'*7, ftringa della efperienza , la quale non fenza cagione madre, e maeftra chia mata viene delle cofe ; e Paolo Egineta approua anch'egli vn taglio tata. Né merauiglia fia, fe fecondo la varietà de gli accidenti, G varij tal'hora^ l'operatione. Imperoche ritrouataffi foggetto di tale difpofitione , e tem- perie , che con vn taglio folo,che fe li faccia, ampia vfcita darà al fangue ; de altro che né di cinque,ò fei contento,né così opportuna occafione darà al- fvfcita . Si che fi rimette la cofa al giuditio del prudente Artefice, il quale fecondo la varietà del foggetto, variar potrà il numero de' tagli, i quali X 2 maggi ori i«4' L J B R O maggiori douranno effere, effendo il fangue groffo ; e minori nel fangue-» lottile. Giouarà però mai Tempre il profondare l'incifione, non tata per l'vfcita del fangue, ma altresì (come dice Auicenna) acciò feuacuatione fi faccia dalle parti interne, e confeguentemente più penetri l'effetto del me- dicamento per euacuatione degli humori peccanti. Non nego sì bene-» che la mediocrità farà, che l'opcratrone fucceda più felice, fecondo il detto del Poeta_j. Mediatutijfimusihis.EGfchiuerannodiùcikalcuniintop- pijch'in quefta operationèjCorae in altre detto habbiamo altroue, poffono cap.tf7.8tf8. interuenire ; come afferma Giujbjlio. Mauro di Torre Sabbina nel trattato , ch'egli fa delle coppette, riferendo di due per tane, che malamente capita- rono per l'inrifioni a loro fatte , mentre in vna , per la troppo fouer- chia profondità penetrante nell'interno con anguftezza dd ragligli acca- de dar d'intoppo nel tiro; e nell'altra per effere ftate fatte con ferro ottufo, e non ben forbito, infTammatione,e cancrena. Modo da te- Effendo poi fiate le coppette per opportuno fpatio dì tempo,& hauen- facettle '" do fatto 1'operatione, o che a ventole femplici, o che a fangue ftate elle fi coppette. fiano, conuienfi nel diftaccarle tenere anco il modo opportuno,acciò non con violenza fi diftacchino, ma deliramente» lo che faraìsi con la finiftra^ mano, fmouendo pian piano la coppetta, e con la ddìi a diftendendo, di ac- canendo la carne, o fupponendo tatto della ventofa deliramente alcuna^» tefta di fpilletta, acciò venendo ad vfeire la racchiufa aria dentro di lei > fa. cilmente quella-fi diftacchi. Ma perche nelle ventofe a fangue puoi fuccedere di facile, che quello fi trauafi, e per confeguenza s'imbrattino non folo le caini del patiente, ma i panni del letto parimente, per tanto ho penfato (ancorché ciò per addie- tro da' comprofeffori offeruato non fi fia)d'altro modo oprare deli'ordina- inftrumento rio, e però ho fatto fare vn'inftrumento d'ottone (che potrà anco effere^ j^0^ d'altra materia,comeargento,ftagno,vetro,e cofa fimile) di lamina piana à fer trauaYa. pari delle carni, con gli orli in giro, acciò non trauafi il fangue, ma però che re u fangue ja parte anteriore,che alla ventofa dourà venire fotto,refti piana,e libera da u coppette, gli orli,e potrebbe anco effere nel piano àguifa di mezza luna,acciòmeglio con la ventofa s'adatti > come dalla qui fotto pofta figura chiaramente fi può vedere^. Riceuuto terzo; s6ì 166 LIBRO RIceuuto il fangue nel detto inftrumento, potrafsi rifondere ne' vafi ordinari) per conferuarfi > accioche dal Fifìco offeruar fi poffa. Tiene queft'Inftromento non picciola proportione con quelli da gli an- tichi vfati, de' quali fa mentione il dottissimo, de eminentifsimo Medico Fifico de'noftri tempi Girolamo Mercuriale nel primo Iibro,ch'egIi fa del- l'Arte Gimnaftica,chcStrigili riferifceelferechiamatile' quali nelle Terme eglino fi valeuano per cauar fuori del corpo, mentre fi Iauauano,e la polue- re,e I olio, de il fudore,& altre tazzure contratte per prima, conciofia cofa che vfarono gli antichi, mentre alle ftufe andauano,vngerfi, e pofcia impoi- uerarfi, de indi con ii detti ftrigili mondarli ne' bagni d'acque calde. si deb? **do ^n*t0 ciò,per compimento di tutta quell'opra, refta che s aftringano le pò l'effersi" parti dalle già fatte ferite nell'incifioni. Inoltri comprofeftari per ordina* «ìiftaccate le rj0 fogliono quelle linire con olio. Però Albucafi non così di leggiero la_* Stte^ncì^ P«uTa,ma con diftintione, la quale ftimo degna d'offeruarfi ; Imperoche egli «orò. fa differenza delli foggetti;che fe le carni,e pelli dure fiano,e groffe, e nere con li pori conftipati,e ftretti,bifognaofferuare la variatione de'tempi;cioè d'Eftate,vngerle con olio di violette amariglie,che cheire nomate vengono, o pure di violejmammole dette, o di mandole dolci,o pure di feme di zuc- che é E d'Inuerno vngerle con olio di narciffo,di giglio, o di camomilla—. Ma s'all'incontro fia il corpo di pòri radi, e carni tenere, e morbide , lauar fi deono con acque di rofe roffe,o pur acque di foIatro,o di porcellana,che-> porchiacca diciamo in NapoIi,o cofe fimili. Ne' corpi humidi dic'egli effe- re opportuno Iauarle con aceto ,o pure con acqua di mortelle, o di fum- machi. Et in quelli, che fiano abbondanti d'humore crafli, & eferementofi, fia bene Iauarli con vino vecchio, o con acqua di perfa, altrimente detta ma- iorana; o pure con decotto d'anetco di camomilla. Io allo fpciTb valuto mi fono di bianco d'ouo dibattuto con acqua rofa , tapraponendoui poi vn panno lino, ò pezzette di quello, ch'è quanto dir fi poffa in quella— materia delle coppette,per quello,che alla pratrica del Baibierofiaraiftieri. Dt£ TERZO. i67 DELL'OPERATIONI DE L FFOCO, per quanto dal Barbiero trattate vengono. V. Cap. Ipfr- Arij,e diuerfi, in cento, e mille modi, fono i morbi, da' quali la mifera vita humana viene oppi effa, G come l'efperienza giornalmente ne dà a vedete: che t*\!*m ìW/')5uM però varij, e diuerfi ancora in cento, e mille altre_> * ^!%^\^l^y!'Ì| man^rc>efter deuono irimed-j. per li quali da peri- | ' |l^\^^iS9' to, & induftre Fifico, per taccorta della vita huma- f A^f^Mzi^^ na> à (luelii fi occorra, pretendendo dalla diuerfi- i^zzz^^^i^^ì tà,e contrarietà delle qualità de' rimedij I occafioni, e radici de' morbi, de' quali altri da fredde intemperie, altri ali incontro da calde qualitadi cagionati vengono ; che però con la contrarietà de' rimedij opporli di qualità a gl'infeftanti morbi,quel!i difeacciar fi deono . La onde fi feorgeritrouarfi morbi sì fatti, che non altrimente guarir fi poffono,fe^ non con la forza del fuoco; il quale perche da' Barbieri viene applicato, di ragione m'ha parta non lafciare indietro quefto modo d application^. In due modi dunque il fuoco confiderare li puole, per quancoairelfer Dae manie. citio del Barbiero fa di mdlieri; imperoche ò attuale ,ò pure potentiaI*_> dea.j00?'1" egli è prefo . Nel modo attuale comprefi vengono gli cauterij, le padelle, intorno a'ri. o pure altre lamine di ferro infocate,l'acque ardenti accefe,& altre cofe tali. mediidl &** Nel potentiaìe fi comprendono i finapifmi, i vefcigatonj, gl'hidropacifmi, Barbiero fi ouero picationi;& icauftici, & altre fimili cofe. Quanto all'opcrationi dd hAn™ da ef- fuoco attuale particolarmente col ferro focato, de acque ardenti, ritroua(ì c5CiUrc* effere ftate inuentioni de'Medici Arabi per quanto (ì ;a coglie da Rafi,co- Operationi sì anco da Auicenna,e da Serapione .Conciofia cofa che ne' morbi gagliar- del fj»°co ar- di di goccia,e propriamente in quelle, che da grofli humori flemmatici ca a"' Barbieri gionati vengono,doue altri medicamenti leggieri non hàno luogo per feua- ne gi'infcr- cuatìone,e i italutioni d'elfi humori,fi fuóle da periti Filici a quefto medica- "ed^Me^ mento del fuoco, come a ficuriifima Anchora,dar di piglio, applicando le-» ci Arabi. lamine di ferro, ouero di rame,o d'ottone infocati, o pure laftre di creta,,, altrimenti tefte dettecorae eornmunia tutti,o altrimente le padelle infoca- ^0^ nli te , per le quali con la grauezza dei calore, e qualità attiua del fuoco, viene cap. deiia_ rintuzzata la vehtmenza di tali affezioni, & influenze . goccia*.. Ma perche a così fatto rimedio fenza preparatione venir non fi deuepe- ròdi lei ragionar prima conuiene. E quanto al luogo notar conuienfi,che egli è'I capo, tutto che difnudato non venga da'capelli,pur che a luis'ap- protfimino l'infocate padelle in guifa tale,che con li capelli la cute anco ven- ga ad abbrucciarfi,fi come d'antichi Medici è ftato penfiero. Però de* mo- derai x« fL I B R O p"eyc df derni (J parere, (quale a me fopra modo piace) è,che fi tolgano totalmente cbJ,eiCmoderl capellini perchemaggiormente il varco rifaccia alli craflihumoriragunati, ni neii'vfare e condenfati,e per virtù del fuoco disfattile rifoluti, G anche, acciò non G deHuocol°e Pat'^ca la noia del cattino odore degli arficapelli. Quanto poi all'iftru- quai più piac mento,quefti farà fartagine,o pure padella, come dir la vogliamo, o altra», eia all'Amo- iam jna & ferro,o rame, o pure ottone che G fia, e quando ciò non fi ritro- Quai fia l'in, uaffe opportuno, baderà anche laftra di creta, o couerchio di caIdaio,pur- ftrométo coi cne atto fia per maneggiartene danno feguir ne poffa all'operante. E fe pu- a^irfi^Huo re l'infermo dalla vehemenzadel fuoco defto, defle fofpetto di ftrepitare^, co aii'infer. potrà ben farfi fermare per mano di chi fodamente Io ritenga . inguai -*- Infocato ttnftrumenro al fuoco di carboni ben viui,& accefi, fi che diue- te dell'inferi nutone fia fiammeggiante, applichili deliramente sù'I capo del patiente^, mo habbia-. j] quale in quefto atto dourà ftar erto, e folleuato, perche la virtù del n ^rfmedio fuoco à comunicar s'habbia alle future; ma con alquanto fpatio, sì chs.^ dei fuoco, e non in vn tratto la cute bruggiata ne venga ; ma pian piano. Non dourà come. peròsìecccfiiualadiftanza,e fpatio effere,che non bene l'effetto foitifca, che fi brama, ma con tale giuditio temperata, che-riè l'effetto fi diifenf- ca, né per la prefiezza , difturbato ne venga ; mentre per altro fra due_> efiremi viene locata la virtuofa operatione, acciò nò aJfvna, ne all'al- tra parte G difietta , ma nel mezzo fi ftia, mi quale Mi Ja ficurezza del- l' operante,fecondo il già riferito detto dd Poeta . Medio tutiflìmus tbts. Ch'ir! quefto modo, & il calore communicaraffi temperatamente alle parti interne,e diiToluerafli il freddo de'tenaci humori ragunati, liberi lafciando i ventricoli del cerebro per le funtioni naturali,& humane, quali dall'ottufi- tà de' freddi humori impedite veniuano. E per ia proportione del caldo non verrà a patire ii cerebro,ch'aItrimente potrebbe bruggiarfi, & in ogni h r co mot*0>e Per qualunqus via danno al patiente G farebbe,che però conuieniT nofoiiW- ritrouare molta diferetione neIl'Artefice,acciò l'operatione felice fucceda-. no effetto COn lode di lui,& vtile dell'infermo^. Il fegno dunque quando al fuo pro- dei fu<5cod.'° Pouco l'operatione fuccedutafia, farà vedere.la cute roffeggiante > e cht_> ., folleui sii qualche tumoretto della pelle, volgarmente chiamate vefeighe* Rimedio da e fe nella prima fiata l'effetto non fi farà hauuto, ben fia ripeterli. SrdoiójcIS- Cid &"0 Pcr no fafciare,che l'infermo dell'abbruciamelo habbia a fentir- nnfermodp ne dolorce trauaglio ; fia bene pigliare del butiro , e ben bene lauarlo dttopii!°C° con 'acclua ff e^ca **n tanco>cte bianco diuenga, quafi candida bombace,e_-> pofcia nellefrondi frefche di biete ripofto,con pezzette di lino su la tefta-. applicarle, acciò Tartara G tempri, e la cute fi fuppuri.- DEL- TERZO. 169 DEL LAPPLICATION E dell'Acque ardenti* Cap. VI. L rimedio dell'acque ardenti, che nel modo del fuo- co attuale eflère comprefo di fopra diceuamo, non è molto antico, mentre di effo non fi troua fatta men- tione appreffo de' Greci, de Arabi, onde ben fi può credere,che fia ftata inuentione de'moderni prattici; ma non però in poca ftima hauer fi dee per l'effetto di riiucgliare i tapiti fenfi ne gli affetti freddi del ce- ubro,onde cagionato fia letargo nell'infermojmen tre dall'efperienza opportuno fi riconofce,e gioueuok; e però non incon ueniente,che di lui fi tratti, venendo egli dal Barbiero minifttato, come gli altri del fuoco, così attuale come potentiale. Per fare in tanto la fua applicatione due fono i modi ; e quanto al primo fono di quei Fifici,che comandano raderfi il capo dell'infermo da'capelli, acciò più viuace fia l'operatione, pure non mancano anco de gli altri,che_j quefto radimento non approuano ; mentre de' capelli iftefli mintftri fi fan no per l'appiglio del fuoco/pruzzando quelli dell'acqua vita,acciò con effa vietamente bruggiati vengano ; e maggiormente l'effetto del rifuegliamen- to ne' tapiri, de addormentati fenfi dell'huomo cagionino. Ma non dourà l'Artefice effecutore de' precetti del Fifico,da' fuoi commandamenti trama- re . La onde preparando della ftoppa tattilmente àguifa di fcuffiotto,cap- pellctto,o berettino (come dir Io vogliamo) fi che commodamente feder polla nella tefta dell'infermo , farà che nella fommità di lui alquanto della ftoppa folieuata ftia a guifa di cerro, per doue con can deletta di cera accefa fi poffa dar fuoco, e fomminiftrare materia dell' accendimene. Auertendo però che la ftoppa predetta fia ben'afciugata,e d'ogni humidità fecca, pofcia fpruzzata quella dell'acqua vita, fi porrà nella tefta dell'infermo, dandoui del fuoco con l'accefa.& ardente candeletta di cera; e G lafcierà fin tanto bruggiare,che da fe confumata,& eftinta venga; il che compito farà,fe li ca- pelli afsieme bruggiati fi feranno ; mirifi d'vngere pofcia il capo con l'olio dUino ; acciò fi faciliti la nafeita nuouamente de'capelli > e non fi rattenghi alquanto di tem po,per caufa del fuoco predetto. L'altro modo fia, che nella fommirà della tefta G faccia vn riparo con vn poco di palla fatta di farina, circolata di maniera, che ferui per riparo, acciò fia fu tifi riente a fermar vn poco di acqua vita,& in quella ponendo il fuoco fi lafciarà bruggiare fin che diftrutta ella fia. L'ac qua vita, benché d'ogn'altra materia di vino fatta,buona fia per que- fto r .mcdio,nulladimenc farà ottima quella di greco, e che bene sflemmata fia a eoo maggiorméce vigor'habbia d'imprimere il fuo calore, dettare i fen- fi , de ifpedirfi pretto di brugiaro . Y II Rimedio del l'acque ar- denti à che gioui. Primo modo d'applicar'il rimedio del. l'acque ar- derai . Secondo modo. 17° L I B R O Come fi prò- ui la buona acqua vita. Cappelletto di che fi fac- cia lu la te- fta dell'infer mo.applica- to.chc vi fa- rà il rimedio dell'acqua—. ardente . Auci ti men- to al Barbie- ro accioche il fuoco non offenda l'in- fermo , dato che glie_-> inaura. II modo di prouatla, Ch ottima sla,è, che si prenda vna pezzetta di lino, e quella nell'acqua vita bagnata> fi dia al fuoco , e fe afsieme con l'acqua fi bruciarà ,farà ottima. òono di quelli,che'l cappelletto non già di ftoppa, ma di bombace tattilmente acconcia,lo fanno,Io che non ftimo totalmente cfa difprezzarfi ; e molto più quando l'opportunità altro non fomminiftraf- fe; e pollo che quefta , e quella mancaffe, potrebbe adoprarfi tela mol- to fottiIe,come Cambraia, & Olanda, ò altra cofa fimile, e fmoi zarft fubito dettandoli l'infermo,o pure quando altro non vi fuffe, non farebbe fuor di propofito la carta, per effer'ella cofa tenue_/. Non dourà peto dimenticarli l'Artefice, acciò che'l fuoco non rechi noia, de offenda l'altre parti inferiori, di proucderui, auuolgendo vn panno lino 9 ò benda intorno la fronte fopra l'orecchie, bagnando prima quella nell'acqua ,& aceto. De j Cauterij, ouero Fontanelle. Cap. VII. Cauterio co me intcfo da gli antichi. Come da' moderni. Cauterio p qual e agio ne da alcuni venga detto Fontanella. Per quali fi- ni fi faccia no i cauterij I ^-^^^TJr^l ®uer*mo d* fopra tra i modi del fuoco attualef Cau- Ì\^wJ^p®^ fe I terÙ,m^tre dell'operarioni del fuoco ragionamo;che ^ ^Nl^Gi WI però douendo in quefto luogo di quelli fauellare^, neceffario parmi prima d'altra cofa,dire ; Ghe diuer- famente intefa fu quefta voce (Cauterio) da gli An- tichi, di quello che da' moderni sa pprende. Impe- roche gli Antichi fotto la di lui dinominarione non altro intefero, che'l femplice fuoco,applicato con__« ferri all'indi fpofte membra,edagraui infermità oppreffe,come alle cancre- ne far fi fuole tal volta- . Ma appreffo de'medemi ( fendo , che quefta-. voce Cauterio appo de'Greci altro non dinota,che brugiamento, aduftio- ne,infocatioriè) viene prefa per quella pieciola vlceretta, che per mezzo del fuoco, ò altra matèria di calda temperie , viene fatta in alcuno de' membri, per apriruifihocca,acciò da quella, come da riuolo, la natura mandi fuori quell'influenza di maligno humore, che per altro non ritrouando efito, operatione cattiua,e pefsimo effetto Cagionarebbe nel foggetto humano, ri- tenuto,e rafTerrato ; che però ben'à ragione da alcuni Fontanella nomata». viene,mentre à guifa di fontana gocciolando quel fuperfluo d'humore, che'l corpo graUaua, viene a folleuare l'indiuiduo humano da graue pefo d'in- fermità . Il fine, de intento de'Cauterij è prima d'inibire la putredine che per le membra con graue loro pregiuditio va talhora ferpendo con impedimento del libero effetto. Secondo di corroborare, de inuigorirc le parti •■ Tctzd T ERI Z O. 171 Terzo , di correggere l'intemperie fredda contratta in alcuna delle parti ad corpo humano. Quarto , di diffoluere le materie corrotte inbeuutc > e ragunatc in alcu* ne delle parti del fuppofito dell'huomo . Quinto, di fermare, e trattenere il fluita del fangue. L'vfo di quefti cauterij è affai opportuno ne' morbi lunghi, che dall' ab- Cauterij a bondanza di tauerchia humidità, de influenza di lei fi cagionano . gì^ùcuT, e Onde l'effetto farà euacuare, riueliere, deriuare , & intercipere gli detti loro effetti. cattiui humori, e l'influenza di quelli, acciò fermandoli in alcuna delle parti del corpo,non cagionino oppreffione , de alle volte totale perdimento del- l'effetto , de operatione di effe. Le conditioni che fi richiedono , accioche regolatamente, e con efficacia Tre condì. fuccedanctano tre,per quato ne ritrouo fcritto da'dotti,e periti moderni. !ioni necel- Lz prima che fi faccino in luogo doue le mani commodamente giunga- ilto vro^de* no per operare, e gli occhi opporrunamente fcorger poffano per mirare—; cauterij, fe- l'operatione, douendofi quelli nettare, e gouernare ; sì perche non generi- c^^aio' no naufca, e puzzore ; sì anche acciò non pallino in fpecie d'vlceri ferman- douifi per lungo tempo quella materia putrida, e corrotta, che per effi loro sefpurga. E però sfuggir fi deuono le parti troppo rccondite,e pofteriori, non effendo quelle così facili per gouernarii. La feconda che fi faccino vicino alle vene maggiori > o alle propagini di effe, acciò per la refudatione di quelle, fi vengano ad euacuare in maggior copia gli peccanti tumori : non douranno però farli fopra del corpo delle vcne5che ciò farebbe affai intollerabil'errore con danno euidente del foget* to, e vi farebbe continuo fluita di fangue-;. La terza,che fi sfugga il farli ne' capi de' mufcoli, onde deue eleggerli il vacuo tra quelli,acciò fermi ftar pollano fenza muramento ; ne tampoco fo* pra de* net ui, ò tendoni deono fatili cauterij, altrimente affai.dolorofi riu- fcirebbono,e per fe ftefli, e molto più per la compreffione» e ligatura fopra del cece,ò altra ballottale he viii riponga, e per l'apertura della bocca,e per attrattione della materia, che per quefta inàuertenza tal volta fi vede effere così dogliofamente moleftari da' cauterij malamente aperti, imiferi patien- ti, che quafi in difperatione{perdire così) addotti,forzati ne vengono, con grandiffimo loro difaggip> e della propria loro falute, à quelli chiuderfi,re-: ftando priuidi rimedio così fingolare, per l'imperitia,& inauertimento del- l'operante_>. ,.-.•..., I luoghi ne'qualigli cauterij far fi.poffono>generaImentc fono tutti quel -■In ^l luo- li,doue fia il vacuo tràl'vno,e l'altro mufcolo , onde perciò poffono J3lhumcano aprirfi in ogni luogo del corpo humano, pur che quello commodo fia,& at- far n debba. to per legatfi , ch'altrimente per quefta incommodità folamente inetto fa- ™ $%"' rebbe per apriruifi con faduftione il cauterio . fiai. Ma in particolare fono il capo, gli orecchi, il collo ; le braccia, le cofeie, Y 2 eie caute- quai * v 17^ L I B R O e le gambe,nè mancano di coloro, che le fpatule anche per luogo opportu- no de' cauterij affegnano. Se pure eglino intender non voleffero delladu- fticni,ò dei fuoco applicato nel corpo, ch'in ogni iuogo di quello oppor- tunamente s'adatta, quando che'l bifogno il richieda, come e da Paole Egi- neta,e da Galeno ifteffo,~e da gli altri dopò effi fi raccoglie. E propriamen- te per far arredare il proffuuio del fangue dalle vene. E talhora per impe- dire il concorfo de gli humori più oltre nelle cancrene, e nelle fiftole,e ne gli morfi velenofi de gli animali, de altri così fatti morbi, che dall'aduftioni trattenuti vengono ad oltre non procedere ferpendo . Vfitatifsimi fono nell'Italia, e particolarmente nell'Alma Città di Roma gli cauterij nel capo, per la riuulfione delle materie catarrali ch'afcendpno in effo . Nel collo hanno eglino tre fini. L'vno è diuertire da gli orecchi le cattiue affettioni di ehi. L'altro per riuellere da gli occhi le flufsioni,ac- ciò in efsi fermandoli, non impedifeano il paffaggio de' fpiriti vitali, per li quali fi fa chiara la potentia vifiuà. II terzo finalmente è d'interc/pere,chè dal capo nelle parti di giù feorrendo vengano gli humoti,e le flufsioni. Ne gli orecchi, e propriamente nelle penfté di efsi.fl coftuma da' noftri periti Fifici di farui vn forame, come G fuole nelle donneper porui i loro pendenti d'oro, ò d'altra vaga materia > de in quella porui alquanto»ò della corteccia del tronco , ò pure de' rametti di quel femplice chiamato Sanamunda, Sanamunda., che vnigenere di Thimelea, annouerata da Giulio tra le pian- iempiice, e te più rare nel'cap. 58. & in quefti noftri paefi nafce in tutto quel tratto di fiia virtù. Pozzuolo ,per doue fi va al lago Auerno ; pofciache quefto femplice tiene non picciola forzadi.efpurgare da quel forame, e riuellere la materia di jfiuuido humore ne gli occhi concorta.Sarà però affai più gioueuole quefto femplice quando che frefeo pofta hauerfi. E'parimente di giouamento > quando di quefto femplice copia non vi fia, nel detto forame portare vn_* pendente, ò anelletto, acciò per quello efpurghi la materia dei ragunato humore nella parte de gli occhi. Nelle braccia fi adattano li cauteri per euacuare, ò deuiare > e riuellere le j flufsioni nelle parti inferiori correnti. Nelle gambe G fanno i cauterij per euacuare i mali affetti del fegato, e_> della milza; ma però con quefta differenza, che per gli affetti del fegato fannofi nella parte deftra,per quelli della milza nella finiftra. E perche da gli effempi più facilmente fi rende l'apprendere quanto ne' precetti del di- re s'addita ; ho ftimato profitteuole ciporre qui fotto le figute di tutti i luo- ghi finhora raccontati, acciò niente fi Iafci di quello > che giouare poffa ai comprofeffori dell'Arte-'. Ma T fl R Z O. 173 ìjt *w In Lobo auricul&. InUr Eam- et-i*muerttfr*m. Inter -^f** fr£ ? 1^ >' y A'';.' if4 L I B R O M A per paffare dalle cofe generali alle particolari ,e riftiingere nel particolare la materia,che trattiamo,mentre,così come delle coft-^ Difparer€__> generali è ia fcienza ; e de i particolari accidenti l'efperienza : Dourà auuer- intorno6*? «^chenel fareglicauteiij nelle braccia, non s accordano infieme egual- cauterio dei mente gli Medici. Conciofia che alcuni d efsi fono flati di parere,che quelli le braccia. aprjr fi douefsero nella parte pofteriore dei braccio, nella fine del mufcolo Epomide,e del Toide da gif Anatomici detto,per la fomiglianza ch'egli ha col Delta lettera Greca. Altri poi hanno voluto che nei mezzo del braccio s'apriftero gli cauterij, e nella parte anteriore, oluperiorc, o pure inferiore ch'ella fi fufte. parere del jj sjon0r Geronimo Fabritio d'Acqua pendente Prencipe de gli Anato- Fabritio nel .0. ,°> n . . ... *"..- f. . . ,. . . \n ,,. & • raprir'icau mirti de noftri tempi, con migliore guidino degli altri,ha ftimato aliai terij nelle-» più atto luogo per l'aprire delli cauterij il mezzo tra del mufcolo Toidc_> raccu ' poco fa nominato,e delf aItro,pefcetto chiamato,che piega il gomito. Im- percioche quetto luògo facile fi vede,e maneggia affai commodamente ; ftà tra de' mufcoli,e preflo ia vena dellatefta, & ha finalmente affai commoda, de atta Iigaturàtlo che non fuccede nefla parte pofteriore del braccio apren- doli . Cauafi anco cuidentcmente da ciòinon effere così buono, e commo- do il luogo già detto nel mezzo del mufcolo Epomide ; Perche in lui man- ca la cauità,che fi ritroua nel toide, sì che ne tampoco profumo rifiede alle vene, onde minormente proficuo fi rende per 1 euacuarione, de attrazione de gii humori peccanti ; sì finalmente, che non volentieri vi fi ferma la liga- tura ; onde gli accade transferir fi in vno,& in vn'altro luogo, hora nel di fo- . pra,& hora nel di fotto del braccio,con affai incommodo, e tanfo altresì di neìlf3farfiUil dolore nel patiente . Né minore di quefta è la din!coltà,che fi ritroua, fa- cauterio nel cendofi il cauterio nella fine del mufcoIo,come di fopra diceuamo,concio. dCf Cufolo ^a c°k c^e non pUÒJungo tempo fermo tenerfi,che non fcorra anch'egli, e nell'in giù ,& in sùffécondo ia diuerfità della ligatura, feguendo la grauez- za del cece, ò ballottarne vi s'adatterà, tormentando i mufcoli, e tendoni con dolore non picciolo del patiente, che però conuiene per ogni douere accommodarfi col parere così buono di detto Signor d'Acqua pendente, come ho veduto approuarfi da più valent'huomini de' petiriffimi Fifici >e-> Chirurghi della noftra Città. Auertìmétol Nel formare de gli cauterij pejle gambcauertir fi conuiene,che quelli far neifar'icau fi poffono, e fopra» e tatto elei ginocchio , così nell'interna parte, come gambel?"* anco ndl'efterna, ben sì che in quefta di fuori non vi fi ritroua così pronta la vena grande,come in quella di dentro,doue per Io paffaggio,che vi è del- la Safena,fà più proficua l'apertura de'cauterij,per l'euacuatione più abbon- . . ^ dante,e però più approuata da' Medici,ò che fia nella cofcia, ò pure nella ti- Ifcwu;^ ^ia • ■Ben s,,che Scipione Mercurio,nel libro ch'egli fa de gli errori popula- €uo parere, ri d'J.taIia,ummonifce gli Artefici de' cauterij,di sfuggire il luogo fuperiore al ginocchio^ accio che gli humori iui profluenti,non facciano refldenza_# alcuna TERZO. *7* alcuna ne gli fuoi articoIi,e gionture, con pericolo afTai eoidente di finiftro accidente,per Io graue doIore,che feco apportarebbono ; e però approua-t vìa più il luogo tatto di lui nella tibia, conciofia cofa che gli humori pò- trebbono fpar^erG per lo mufcolo della gamba fenza tanto pericolo, e con più facile via d efpurgarli da gli pori, o in altro modo alla natura più atto. Gioueuole alfai anco è l'auucrtimento d'altri intorno ciò ; che nelle donne Cauterij più più fi rende commodo lo formare li cauterij nella parte interna delle cofcie, unlT^Jl o tibie ; sì per ragione delle meftrue efpurgationi, sì anco pergli affetti del- coicie, o ù- Tvterccome che altresì dalla parte di fuori vengano impedite dalla grauez- „cc Cerche. za delle loro gonne ; così come ne' mafcoli le parti di fuori fi rendono più " commode almeno quando non per altro, per Io caualcare,che nella parte interna fuccederebbe per quefto effetto, e fcommoda, e pericolofa di dolo- re , o d'altro cattiuo accidente, particolarmente per coloro,! quali per prò■• pria profeifione hanno quefto effercitio. Nel collo,luogo affai frequente per li cauterij, è tra la prima, e feconda ^£er,° ncl vertebra,o pure fra la feconda, e terza. Ben sì che da Michele Gauaffeto nel libro ch'egli fa della natura de' cauterij, affai più approuato viene il Se- taccicene la Fontanella ; nientedimanco non è.che commoda non fia altre* sì per la fontanella,facendofi però nella fecondai terza,come l'è per Io Se- taccio, sì perche atto fi rende il luogo per Ja ligatura, sì anche che più facile le f occu!tarfi,acciò non véga a notitia di quàlfiuoglia vn così fatto manca- mento ,che facendofi poi tra la prima, e feconda vertebra, per neceffità la ligatura dourebbe farfi tranfuerfa per la tefta, fi che palefe fi renderebbe a tutti il difetto del cauterio. Nel capo formanti li cauterij nella Sotura coronale; quale ritrouar fi pò- cauterio nei tra con ageuoIezza3facendo porre la radice della mano del patiéte nel mez- capo, e fuo zo delle ciglia, e ieuando la roano fui capo, notando il luogo doue giunge Pcncol°- il deto di mezzo di lei,sù quello,ch'iui farà opportuno per formarui,il cau- terio : Deue.però auuertirfiiche quefto luogo non è fenza qualche perico- lo d'infiammatione,per 1 efquifitezza del fenfoidelle membrane,o ligamen- ti,che nellaSotura firitrouano,da Greci dette le Meninge. E però meglio farebbe formarle ne* lati d'effa fotura3 che così G sfuggirebbe di premerei su la parte del cerebro. Il modo pordi formare li cauterij affai vofgare,e commune, e frequenta Modi diuerfi to altresì,è quello del bottone di ferro infocato, e rouente. Ma mancati "*Jt" IC*U non fono di quelli,ch'altrà ftrada hanno tenuta per formarfijcome dell'inci- fioni alcuni, altri del fumo, e dell'olio, altri de' cauftici : alcuni oltre del bottone già detto, valuti fi fono de' pezzetti di legni di quàlfiuoglia fpetie, ma particolarmente dell'origano,delmirto,del buffo, & anco delle viti, ac- cefi però,& infocati;«& attuffati nella parte da cauterizarfi,propoftoui prima il riparo al folito, acciò non diuagaffe l'aduftione oltre dell'intento. Da coloro,che dei cauftico s'auuaglio&Q> perche par loro di fare feruitio alle__> 17* LIBRO Auertiméto -alle perfone timorofe del fuoco, auertir fi conuiene non poco al modo co- neU'adoprax me l'adoprano . Conciofia cofa che fi dilata tal'&ora la materia cantica-. > fiilcauftico. s^jeca rm-} mufcoli, tendoni, e nerui,sì oltre dell'intento, che fufcitando atrocifsimi dolori nel fogetto, è cagione in lui d'infiammatione,e cancrene, e tal volta G profonda talmente, e s'interna neilecarni il cautlico , che ren- dendoli difficile la feparatione delI'Efcara.tarda per molto tempo,onde ac- caduto n'è in alcuni, che fono flati neccftìtati a fai fi incìdere le proprie^ membra, e col cercare rimedio di pattare meglio,& acquetare falute hanno procacciatoti la morte, e per quella sfuggire, e prolongare, l'hanno mag- giormente ageuolata, & affrettata. Che far fi Sono però flati altri, che per non lafciare coterie perfone paurofe del fcbbirFedif- *uoco, e DOttone infocato fenza rimedio, e per isfuggire altresì gl'intoppi ficokà del" del cauftico, hanno ftimato opportuno auualerfi delia bombace aifa, in co- cauftico, fer tal guifa : Prendono della bombace,e quella auuolgono ad vn pezzo di le- codo a cum. gncttocome potrebbe effer vn fufo;formano di detta bombace così auuolta come vn picciol digitale di dóne,che fiavuoro di détro,pofcia l'adattano fo- pra la parte doue s'hà da formare il cauterio, per la parte di fotto vuota, e di fopra nel fuo cappelletto accendono col fuoco, o candeletta, e Iafciano oprare a poco a poco sì,che'I fumo penetri nella carne ; onde iui forma,e^ folleua vna veifighetta,o ampolla^quale atta cagione fi fa deli apertura della fontanella. Auertafi però prima, che totalmente fia confumata detta». bóbace,che quella con vn forfietto fi ùcci balzare dal Juogo,oue ftà iocara, acciò dilatandoli non s'eftenda più oltre dell'intento, de aobruggi più di quel che fi pretender. Dì che fi Alcuni altri, oltre ciò, vi fono ftati,che valuti fi fono dell'olio feruente-» auuagiiano per l'apertura della fontanellairiponendo per prima su la parte locale il foll- are i^foiu t0 riparo, e pofcia gocciando su quella vna goccia dei detto olio, così fer- tanella. uente come gli è, conciofia che cagionando quello per Ja potenza del fer- uore,e caIore,neI quale G riti oua,fopra della pance leuamento d'ampolla, o veffica (come dir la vogliamo) in vn tratto ripongono la balla, o cece, per apriruicon effo la bocca della fontanella, & a quefta foggia formano li cauterij. Sono flati finalmente aItri,come affegnauamo di fopra, che dell'inciflo- nefi fono valuti cagliando alquanto della cute nei/a parte oue s'haurà d aprire il cauterio con forbicine,© pure altro inftrumento, e poi su quella riponendo la ballotta» o cece. Quefto modo, oltre che affai doloolo rie- Modo vtato fee J è anco vguale nel timore a quel!o,che col bottone infocato fi fa, anzi dall'Autore chetal'hora di maggior tema ; E niente di manco non lenza periglio d'in- neii'aprire.e fiammatione, od altro cateiuo influita. r^fenzadol *° Per non tacere il modo da me con I aiuto Diuino, vfato , ambendo iore,o peri- fopramodo di giouare al proffimo,e propriamente a gli comprofefTori di Sente!1 **"■ qwft'honoratoeffercidódel- Aubiero 9 produrrò a commune vtile il mio fegreto, TERZO. i7f fegreto finhoraj'efperimento con giouamento non piatalo de' patienti, e con approbatione, de applaufo di peritiffimi Fifici di quefta nobililfima-. Città, hauendolo più, e più volte nelle loro prefenze fperimentato, fenza_j niuno fentimento di dolore nel fogetto, né tampoco pericolo di quello , non facendoui né meno bifogno dì difenfiuo, mentre non cagiona altera- tone alcuna, operàdo in fpatio di otto hore, o poco più> piaceuolmente-i il fuo effetto, fenza cagionare efcara, fi che paffato Io detto fpatio di hore liberamente vi G ripone la ballotta di cera, de indi a poco fpatio di tempo fe ne fente il giouamento. Il modo dunque farà.che G prenda della palla de' vefigatorij, della qua- le a fuo luogo gl'ingredienti daremo nel fuo proprio difcorfojnè più fe ne tolga di quella,che fia della groffezza d'vna fàua,formifi vna pezzetta di pannolino ritonda a forma d'vn pezzo di moneta d'vn tarì,fi facci in quella vn buchetto nel mezzo quanto vn cece,s'intinga pofcia nell'vnguento rofa- to nel butiro, de altri fimili vnguenti refrigeranti, s'applichi su la parte doue s'haurà da formare il cauterio, nel qual luogo giouarà fregarui prima con- l'vnghie per ageuolare l'operatione,fi riponga pofcia nel vacuo di quella la già detta palla sì che vrti la cute, e fopra di lei s'adatti vna fronda di cauolo, acciò per la fua caldezza aiuti l'operatione della detta palla, ch'altamente ponendouifi di qualità ref igeratiua,fminuirebbe l'operatione • E quando pure hauer non fi poteffe la fonde di cauolo,lafcifi la parta folaghe fe bene p od urrà l'effetto in più fpatio di tempo,come di qujndeci,o pure vent'ho- re, niente di manco non verrà rintuzzata da contraria qualità la fua virtù ' operar:uà; farà effa folleuare in tanto vna viflighetta su la cute, per dare in quella atto luogo per formaruifi la bocca della fontanella. E leuata che-* fa à la veilighetta,e rotta coti puntina di forbici, o Iancietta>s adatti in quel- la vna ballottina di cera quanto vna lente > ben sì rotonda, e fopra vi G ri- ponga vna pezzetta di panno lino intinta nell'vnguento rofato, o butiro,& pò fop~a vnafronda di bieta,o lattuga, o altra herba refrigerante, e su que- lla v.ia piaftretta di piombo, acciò col fuo pefo maggiormente fpinga Ia_. ballotta a formare la bocca del cauterio, e vieti con la fua qualità refrigera- tiua ogni periglio d'infiammatione ; s'auuolga pofcia con lafolita fafcia_,, auertendo però a ligare giuftamente, acciò nel mezzo fi fermi, e non deuij riè alfvna, né all'altra parte del braccio, o luogo doue s'apre la fontanella^; quando quefta ballottina s'haurà formato bene il fuoluogo,fl farà l'altra*» di maggiorgroffezza,e cosi G varierà la terza volta , fin che venghi aperta Is bocca a quefta forma, e mifura ; de in quefta guifa ho io adoprato fin'hora il modo di formare li cauterij con facilità affai grande > vtile del fogetto, e lode anco mia; hauendo quelli aperti in tempi d'Eftate quando maggior- mente vengono prohibiti per confulta di periti Medici, e giouamento del fogetto/enza che temuto u fia d'alteratione veruna in quello ; lo che tutto Z fife: 5«o LIBRO riferifce a lode della Maeftà Diuina, acciò nel tutto fia egli Iodato,comc_> Autore d'ogni bene-/• toUoaCcomc ^e^a Per compimento de* modi di formare li cauterij» a narrare anco il fi formino. modo di formare gli Setacci al collo. Preparafi per tanto, prima di venire all'apertura, il detto Setaccio,quaIe farà di fera cremefìna, o pure di peli di cauallo, o altresì di canape filato, che fpago noi diciamo,ma incerato> però il meglio parmi,che fi faccia di feta cremefina,quale G potrà mutare quando che fi vegga il già pollo ridurli a termine d'infracidirfi per f humido della materia purgante. Dopò quefto, fegnifi la parte del collo nel concauo fra la feconda, e terza vertebra,che facilmente G ritrouara' col moto, che farà* il fogetto,hor calando,hor folleuando il capo,iui fi fegni con finchioftro, facendoui anco due altri fegni ne' lati, vn dal deftro, l'altro dal finiftro del detto fegno di mezzo, nel modo che qui per maggior chiarezza dell'ope- rante fi dimoftra : O + O Tengali intanto l'ago ( o pur* altro ferro atto a quefto ) nel fuoco, ac- ciò infocato fi faccia, e con la tenagliola fi prenda la cute nella parte fegna- ta, sì che li fegni de'iati battano a liuello con li forami di lei, per ii quali G paffa l'infocato ferro, o ago,e per lui anco il fetaccio. Sono alcuni Chirur- ghi , per quanto ho io offeruato, che fenza valerli del commodo della te- raglioIa,con le proprie dita prendono la cute folleuata del co!lo,& indi per li fegni fatti per prima trafiggono l'ardente ferro ; fe bene a me pare quefto modo affai trauagliofo per l'huomo, oltre che anco è perigliofo5mentrc dal moto,ch'egli può fare sfuggendo il fenfo dell aduftionc, facile materia può dare all'errare, e però meglio affai farà1 valerli della già1 detta tenagliola.. $ »■ quale oltre che re nde l'operatione più ficura, fa parimente *che meno fi tan- ta l'aduftione dell'infocato ferro, mortificando la carne per la premura^ ch'in quella fa . Sono altri che fi vagliono del ferro ardente prima nel paffare la cute_/3 fendo 9 che in alcuni è quella così fattamente dura, che non fl conten- ta di femplice ferretto ,o ago per forarla, come offeruai vna volta ioap- MarcoAure. prefta del dottiihmo,e pentimmo Marco Aurelio Seueiino,che'l ferro lioSeuerino (j piegò in si fatta guifa , che di nuouo fu bifogno infocarlo , c-j pofcia fatto ii forame paffarui l'ago col fetaccio ; quefto però fi rimette^ al giuditio;dell'auueduto operatore,quak fecondo che vedrà* la difpofitio- ne del fogetto^egolara' lafuaopcratione. Il fetaccio predetto doura* efler così lungo, che polla facilmente Iigarfi in giro nel colio fotto la gohu. Spprajdopò chepaffato fera, tolto via la tenagliola vi fi porrà* del bianco dell ouojfacendoloui dimorare per lo fpatio di ventiquattr'hore ; d'indi in poi fi gouernara* col butiro, intingendo diquello ii fetaccio ne' lati,e G eira- ra1 pofcia in qua1, & in la1, accioche dentro penetri anco per rinfrescare,^ lenire^ TERZO. isi lenire la parte adufta,io che s offeruara* per quattro, o fei giorni, riponédo fopra delle frondi di lattuga, ò altre herbe refrigeranti. Tolta poi che farà farfara del fuoco ne' detti giorni,fi gouernarà con le fiondi dcll'hedera, ti- rando fempre il cordone,o fetaccio per li Iati, acciò G poffa nettare dalla-t bruttura della materia purgatiua,e bifognando Icuare quefto,per maggiore politia , vi fi paffarà l'altro nuouo,accoppiandolo deliramente con la tìne,o orlo dell'altro, e tirandolo pian piano fin che farà paffato per li buchi. Tutto ciò a quel che dir fi pcfTì del modo di formare li cauterij,per quanto fa per la prattica, fi che altro non mi refla dire—>. Ben sì che per maggior chiarezza del tutto ho ftimato non inconueneuole foggiungere alcuni auer- timcnti di quelli,ch'offeruar fl deuono,e prima di formarli,e dopò d'hauer- li formati, accioche profitteuoli fi tendano per la falute nellbprare. Prima dunque di formare li cauterij, s'haurà d*auertire,che fi preparino Auertimenti tutte quelle cofe,, he neceffarie fono,accioche l'operatione felicemente fue da offeuarfi ceda;come fono il fuoco3il ferro,li difenfiui da porli su la parte d'acqua ro Prima<}ifar{ì r ,, r , ,,. ,, . r c r s. f il cauterio. ia,e d aceto roiato,del bianco douo,e le pezzette perrorate,come ai lopra diceuamo, e tutte l'altre cofe neceffarie,fecondo il modo col quale s'h mrà da formascacciò non nell'atto di formarli mancando alcuna delle dette co- fe neceftarie,con incommodo del patiente s'habbianoda richiedere , ch^ dinotatebbe,óltreciò,affai poca accortezza,e prouidenza nell'operatore-;. LI fecondo auertimento è,che s'olferuino con accuratezza fi' aordinaria-. gli vacui, e gli concaui nelle parti tra la diuifione d'vao mufcolo all' altro, sfuggendo ad ogni potere le parti dure,come fono l'offa,i mufcoli,gli ner- ui , de i vali delle vene__, . Terzo.che s offerui in tal guifa la modeftia, particolarmente nelle don- ne,che niente però fi lafci di quella libertà,che fi conuiene per offeruatione delle parti, e però fl faccino feourire attamente le membra, neceffarie parti per formarmi! li cauterij, come le braccia, in modo che parte dell humero appaia, le gambe, il ginocchio», le cofeie >& altri luoghi limili,acciò , non per ofleruai e molto la modeftia di quefte parti,fi dia inciampo nell'inolfer- uanza della parte da formaruitì il cauterio,!! che G faccia in luogo, onde_> habbia a fentirne la pena affai grauemente il patiente, per l'efquifitezza del dolore , che fi cagiona dal toccamento di cofa prohibita,come di neruo, di mufcolo, tendone , de altra cofa fimile^. Quarto,che ritrouandofi la parte impedita/da peli, di quelli,fi difgom- brt, e mondi col rafoio . Quinro, che fl facciano prima fare dalle membra diuerfi motiior diften- dendoie, hor rannicchiandole, fi che l'offernatione riefea affai accurata, te- nendo però mai fempre il deto fopra delia parte,mentre fi fanno gli già det- ti moti ; e ritrouato il luogo vi G formi fopra il fegno con 1'inchioftro . Setto, che l'occhio fegua anch'egli il tatto,acciò vedendo,& offeruando Z 2 il ,s* L I B R O il moto pofta migliormente formare il giuditio della parte doue haurà d'aprirli il cauterio ; ch'altrimente farebbe operare a cafo . 1 che haurà Formati che faranno li cauterij, gli auertimenti faranno, che per lo fpa- & offeruarfi tf0 ^ ^ue me^> P°n v* s'apponga altra forte, o fpecie di ballotta fuor che doppo fatto di cera, né s'alterino con la mutatione di quelle, tutto che nelli principij i il cau eno. profluuìj de gli humori affai pronti effer fogliono; conciofia cofa che fa- cilmente poftano dare nel generare erefipelco pure altri mali ; e ciò tanto vie più fe vi fi porrà il cece naturale, quale in quefto particolare per la fua-. falfedine ha qualche parte velenofa, oltre che parimente ineguale conferua la cafuccia fabricata per prima del cauterio, hor grande , hor picciola, ren- dendola,fecondo che più, o meno s'imbeuerà della materia purgante, e fe- condo che più, o meno farà egli gioita; onde affai volte fuole cagionare—* pruriti, de indi dolori ecceifiui nel patiente, che però io a fatto ho sbandito taf vfo da coloro a' quali ho formati gli cauterij. E cosi vedo anche ch^. tuttauia sbandito venga da tutti : oltre anco che meno polito fi conferua, e fa che facilmente fi fenta puzza della materia purgante,corrompendofl egli per quella, particolarmente quando non più di due volte il giorno fi netta- re ne' eempi eftiui,che per quefta cagione folamente, quando non per altre molte , rende affai noiofo rimedio così falutifero; fi che hauendofi f inten- to, de aeque bene per dire con termini hiofofici, fenza l'operare il cece na- turale, non so vedere, onde nafcer poffa,che non debba a fatto sbandirli il fuo vfo. Quali fpet' ^a onc*e Per non Pauarne feccamente intorno a quefto particoIare,dico, di ballotte^ che tre forti,o fpetie di ballotte fi poffono adoprare per li cauterij, altre di fi habbiano qyelle,che leggieri fono, altre mediocri, & altre gagliarde^. ne* camera Tn k leggieri,delle quali ci vagliamo ne'prineipij d'efli,e quado che ba- fteuolmete purgano,annouerati fono glifilacci di pano lino,auuolti in bal- lottini, Io midollo di fambuco, la carta mafticata, la cera, quale ri la fta, e_> mollifica, e però io di quefta mi auuaglio più,che d'altra fpecie,ne' principe particolarmente ;& oltre ciò perche rilavandoli il fluire nel modo comin* ciato,faciIe fi rende il prouocarta,con altra ballotta di fpetie più gagliarda, che cominciando su 1 bel principio ad opraruifi li gagliardi,ceffando poi il fluire, non par, che refti altra cofa, per la quale ftuzzicare si poffa, e parmi ciò effere corrifpondente al principio Ariftotelico, che afaciliortbus eli in- chocndum, douendosi fempre dar principio alle cofe da' termini più facili, come anco la natura ifteffa n'infegna_i. Nel fgppndpgtacjodi mediocri nouerati vengono,li frutti de'pifelli, quali tuttoché poffano patire l'iftefla difficoltà, che de gli ceci dette hab- biamo , pure fono di quelli affai più dolci, e meno fpongiosi,e per confe- guenza meno dannosi . Li frutti di paliuro,che pi uni feluaggi da altri chiamati vengono, de altri, per fopra nome , cortesie dell'Apruzzo appel- lano., TÈRZO. 183 kno,fcndo l'albero di effi fpinofo ; quefti affai prontamente le materie al di fuori auuiano>e fenz# alteratione veruna. Li ballottini di Carabe, o ambra gialla , e quefti affai nobili ftimati vengono, e fopramodo commendati, in- ducendo poco callo nella cafuccia del cauterio, oltre che i attrattiua otten- gono facile,e foaue . Tra di quefti nouerar fi poffono gli mifti,commenda- ti da Scipione Mercurio ; comporti di cera, trementina, e maftice. Ottimo luogo fortifcono anco gli altri deferitti da Giulio Cefare Claudino, Medi- co, e Profeffort ne gli Studi di Bologna, nel libro ch'egli fa de'Contagli medicinali. Comporli di colloquinoci a ben po!uerizata,cera, & agarico, in- fieme podi,de ammaffati. Jmpercioche quefti per la proprietà dell'agarico a merauiglia ottengono forza d'attrarre I humore pituitofo . Nel terzo grado di gagliardi numeranti quegli d'edera,di filato crudo ri- uolto in ballotta, radici d'irios, altrimente gigli celefti, li bottoncini di melo arancio,che nella Primauera da gli alberi cafcano,qua!i hanno forza grandif- fima di attrarre le materie^. Vi fono oltre ciò altri rimedij, quali oprar fi poffono in cafo di bifogno, Rimedij p« per auuiare le fluffioni d'humori, acciò habbiano l'effito per le fontanelle—> flu&ioni dì a quefto effetto aperte , come fono gli fomenti di maiua bollita-, • -hùmor^ ne* Le ballotte ifteffe del terzo grado ,che poco fa dette habbiamo, o pure cautcr,J' quell'iftefle che vi fi ritrouano, intinte nell'olio d'effe mandole dolci. Auertire ben fi conuiene, che oprando da fe la natura per le fontanelle, non fi deue quella fpronare ad oprare violentemente, come alcuni fanno , th'in vece di fontanella, par che feco portino vn continuo falaffo, che di giorno, e notte featurifea ; qucfti in vece di curarti ; s accelerano più tofto la morte, quale a gran giornata appreffo ne fiegue, per occuparne quefto picciolo fpatio di vita, concettane da Dio Signor noftro, perche Io feruia- mo, & amiamo, per goderlo pofcia eternamente nella Patria Celefle—>. Rimane per compimento di quefto difeorfo di fodisfare ad alcuni, ch*_> Come hab; grandiffima noia prendono per la carne , che tal'hora s accrefee intorno de" \ì\lme che cauterij, e ne fentono tanto trauag!io,chepar loro d'hauere vna fiftola, non talhora s'ac- che'l cauterio ; però faper deuono,che ciò fi genera dalla materia purgante, J" Joutc- e per confeguenza è loro gioueuole, mentre che quel humore,ch'aItrimen- tij. te per lo corpo diffondendoti cattiuo effetto generarebbe , dandoti in fare quella carne, è loro caufadi falute; facendo quella maggiormente purgare le materie^. Per tanto non deuono darli a cosi fatta noia ; e quando pure di quella-» toglier vorranno, ciò facile fi renderà con Io fpargerui fopra la poluere di allume di rocca bruggiata, della rutia,precipitato, poluere di melo granato della fua corteccia, o della fauina ; de altri fimili polueri di virtù corrofiua. £ ciò a baftanza detto fia de' cauterij, e del modo di medicarli. Di1 184 LIBRO De'Veficatorij. Cap. Vili. Veficatorij, rimedio an tico a" mor. bi gsauiflìmi Rimedio de' Veucatorij ., falutifero le- eone Tppi- nione di moi ti, & in par ticoiare del- l'Autore- , Trattato del le febri, con petecchie, Ome che tal'hora così ecceffiui fono i morbi,che i mife- ri mortali afHiggono,nel tépo,ch'in quefta valle di mi ferie dimorano,ha voluto anco la ragione,foiIecita in* ueftigatrice de'fecreti di natura>per foccorfo dell'hu- mano foggetto, eh ecceffiui anco fuffero i rimedij co' quali l'eccello de' morbi abbattere G poteffe a folle- uatione della medefima natura ; e però fin da'tempi antichi vfarono i famofi Medici il rimedio de' Vefica- torij , per foccorrere a'grauiflìmi morbi di delirij, conuulfioni, fonnolenze, che al letargq tirano, goccie, & altri cento , e mille fimili; come ancora». alle febri maligne y ma particolarmente a quelle,che Jipirie fono da' Medici appellate, nelle quali ancorché pel di fuori le parti del corpo fredde, e quafi aghiacciate ne ftanno, fi bruggiano nientedimeno, non che ardono l'interne. E tutto che tra' moderni Medici fiano flati di quelli » che non-. folo non approuino , ma riprouino più tofto t otai rimedio , come contra- rio nelle febri ; tra' quali capo de amefignanoè ftato Aleffandro Mattana Vicentinq,fol per contradire al fuo emulo Ercole Saflonio Par ouano ; pu- re non fono mancati, come non mancano di q e:\h ebe aiutati cnila mae- ftra delle cofe, l'efperienza, non folo vtile, & opportuno, con euidenza». dì dottrine, han prouato efiere vn si fatto medicamento, ma nelleffercitio dell operatione,nella cura, e ricouerata falute di diuerfi infermi, di già per l'acutezza del morbo a certa morte condotti, falutifero l'han fatto vedere. Tra' quali di molta lode degno è flato Ottauio itoboieto da Trento» e pri- ma dì lui Paolo Egineta,Marfi|io Ficino,Giacomo de Partibus,Rafi Moysè, Aleffandro Benedetti, Michele Sauonarola, Pietro Saluio, Giulio Alefian- drino, Girolamo Mercuriale, Capiuacca, Emilio Campilongo, Albertino Bottone, Girolamo Fabritij d'Acquapendente, & altri molti. Et io ancorché femplice prattico, ho veduto nell'efperienza di molt'an* ni della mia profeflìone, huomini dell'vno, e l'altro feffo quafi preda fatti della morte, con tal rimedio effere non che alla falute, ma a nuoua vita ri- uocati. Si che è hormai ben a ragione frequentato l'vfo di rimedio così profitteuole non folo in quefta noftra Città, ma per quanto intendo,anco nell'Alma Città di, Roma, da dotti/fimi Medici di queIia,pofto in operatio- ne, mentre ai bel principio de' morbi, quando che feorgono le febri mali- gnarti , con moka prudenza, e prouidenza l'impono da farli a febricitanti, come in quefto prefente anno intendo effere flato adoprato nella perfona delI'IIIuftriffimo, eReueiendifsimo Signor Cardinale MagaIotto,per graue morbo di febre, che l'opprimeua , effendo gratie à Dio Signor noftro per tal rimedio alla primiera falute ritornato . Furono TERZO. ì8j Furono dunque affai celebri ne' tempi antichi i Veficatori/, e comprefi Vefica?JJ fotto il generico nome de' medicamenti Methafincritici, cioè che virtù ot- ^Antichi tengono di trarre dal di dentro fuori ; o pure fotto nome di rubificanti, 0 tr» » racdi" d'vlceranti ; fi come, e preflo Galeno,& Oribafio, e Paolo Egineta chiara- SSncritiS mente fi legge ; fiche la loro virtù,e natura,eonfifte in vneccelfo di calore al quarto grado profumo, hauendo forza di feparare la pelle,a cui s'appli- virtù» c.na- ca, dalle proprie carni ,che fotto li giacciono, facendo quella gonfiare* £"<$•'.vc- guifa di vefliga,onde per non darli il vacuo nella natura, quella fi riempio d'humore tattile icorofo,e di maligna qualità,ch aperta pofcia,o pure pun- zicata,con punta d'ago, o di forbici,a lui dà l'vfcita, e finalmente fiaccata to- talmente la pelle faffi a guifa d'viceré, per Io quale gran portione della pef- fima materia, e qualità, che'l motbo nutriua, fi euacua,onde ia natura folle-? uata, vincitrice fi fa del male, e l'infermo alla primiera falute ne ritorna. E' la materia di fare i vefigatotij affai differente da quella de cauftici, im- Materia de peroche come di quefti la materia e/Ter douendo di calore in ecceffo, deue ^"é^da altresì effere di parti groffe,acciò non folo la cute s'alzijfacendo le velfighe, queUa de i ma parimente fi brugi la carne di fotto facendo efeara : eosì all'incontro di «uftici* quelli ; tutto che dell'ifteffo calore in ecceffo effer debba ; deue niente di manco quella delle parti tattili formarti ; acciò alzi la cute, ma lafci però nello fuo ftato la carne fotto pofta ; donde nafce, che non fapendofi quefta differenza ,equiuocandofi tal'hora l'vn rimedio per l'altro, non poca noia fi cagiona ne gli affannati infermi,e doue dal rimedio folleuamento fperauano ottenere, indi cagione fortifeono di maggior incommodo, e trauaglio per l'inauuertenza dell'artefice^. Ritrouafi per tanto la matteria de' veficatorij nel ranunculo, nella flam- Doue fi ri- mula Iouis, nella clematide fecondaceli aglio, nella fenape, nell'euforbio, Jj^de've! fandaraco/quamma di rame, rame bruggiata,vitrioIo,elleboro bianco, eia* ficatorij.e^» terio,fcarnmonea,cantaridi,& altre cofe fimili,delle quali copiofo è ii nume- Jd" ppUcar- ro appreffo de gli approuati Scrittori. Dì quefte narrate materie, altre, co- ti. me il ranunculo,fiammula Iouis,eIematide feconda,agIio, elleboro bianco, & elaterio, conciofia cofa che da fe fteffe habbiano fuiticiente humidità,ba- fterà che pefte folamente, s'applichino per l'effetto di folleuar la pellet • L'altre poi, perche di natura aride fono, farà meftieri, che loro s'accompa- gni alcun liquore, per lo quale poffano renderli atte ad ammaffarfi per più commodamente attaccarli al luogo. Di quefti liquori, buoni faranno, l'ace- to femplice, ma gagliardo, lo fquiliitico, foramele femplice, il leuito , ò fermento. Ma perche in quefta guifa di liquefare dette materie fi ritroua alcuna^ contrarietà, mentre l'aceto effendo correttiuo della malignità deHVno,c-i l'altro elleboro, facendo il fimiie effetto nelle cantaridi; e l'ifteffo dir fi puole dell ofsimele ; de il fermento mefcolato con le pomeri delle materie in tal guifa s'indura, che in vece d attaccarli alla pelle da quella anzi G fiac- ca; iU LIB R u ca ; Ma non così opera apponto la noftra pafta,che op2riarno,quale per la facoltà d'ingredienti rintuzzata non viene per la contraria qualità loro, ma fi conferua altresìlungo tempo, fi che in ogni occorrenza hauer fi puole_* pronta, &efpedita»i. Tre forti dì Sarà dunque la pafta;che fi potrà fare di tre forti, per differire , fecondo veneatorij 1 fàcompleffione de gl'infermi,concio fia che, così come quelli noi eguali ta * ilo di temperamentOiCosì parimente ineguale effer dee il medicamento ; ch'appena applicandofi il rime- dio la pelle lor fi gonfia, e veffiga ; & altri fono per terzo,che fra temperata qualità* G reggono, e così di temperato medicamento fa' loro neceffario . Per li primi, per tanto, acciò commoda riefea la palla. Prendi di ventri delle cantaride, fenza l'ali, e piedi mez'pncia : d'euforbio, e di leuìto vec- chio dramme due pet ciafeuno, d'aceto fquillitico, o pure d'ofsimde quan- to balli, mefcola, é fa palla. Per li fecondi,comeifono i putrii donne, de huomini nobili, e delicati ; Prendi cantaride preparate, come di fopra dramme due, di fenape dramme tre, leuito^frefco mtz'oncia, dofsimele femplice quanto bafti, ii tui to G mefehi per farne pafta. Per li terzi di mezana temperatura. Dì cantaride preparate,e fenape dramme tre dUeuito dramme due, ofsimele a fofncien- za ; mefcolaye.fa pàfta. Né merauigliarechi ad alcunq,che detto habbia de ventri delle cantaride prenderfi,tolto l'ali, e piedi; impero^ he quefti antidoti fono e correttiui del- ia facoIta\e qualità* de ventn>intuzzàndo la qualità' di trarre fuori il vele- ndper. fomiglianza di foftanza, impedendo la principale operatione di efsi. Auetùrnen^ auertafi in oltre, che l'euforbio fia fce!to,e fano,& ancofrefeo al pofsi- «deliecofe bile; & il limile auuertir fi conuiene nell'elèttione delle cantaride,quali fi^ neccfrarìt-i nonfaranno frefche non operaranna l'effetto, che da effe fi defidera. ■aftllf13"' ■'"%"rMapervenire all'atto prattico diqueflo rimedio,ben fia per prima hauer notitia de' luoghi ne' quali quello amminiftrato viene nel corpo humano • veficatorij Quelli dunque fono il caperne' Iati, però delle future dietro l'orecchie,nei- humano fi Le braccia,ma ne luoghi ne quali fogliono farfi i cauterij nel fine del facciano. gnufcpfo epomide, e nella fine de'mufcoli nella parte di dentro delle brac- cia predetteima attcrtafi,che ciò fia difeofto almeno per quattro dita da'polfi. Le cofcie,fopra però il poplite quattro dita di fopra nella parte di détro. Le gambe nella fine de' mufcoli per quattro dita di fopra li malleoli; co- me per maggior chiarezza di tutto ciò efpofta n habbiamo la feguéte figura; .nella quale, perche G veggono alcune lettere dell'Alfabeto, fimili, così dal- l'vna,come dall'altra partc;perciò habbiamo ftimato cóueniéte dichiaracene le fudette lettere altro no dinotando lignificar; vogliono,fe nó,che il luogo d'vn iato doue s applicano i rimedij de veficatorij, e ì'ifteffo dell'altro . Ne TERZO. 18; fT*??Saprr!- >Jìiturd3. Sur ce rute e. Aa ist LIBRO Au-rtiroé o T^T^ tant0 deve fere applicato quefto rimedio de' vefigatorij nella Gnc intorno ai- J_^ de' muf-oli (conforme che'l perito Fifìco ordinare) che non pollai l'appiicatio- anc0 participarfi in qualche patte di effi, accioche dalle vene maggiori via_> rimedi"1* più venir poffano efpurgate le materie de gli humori cattiui, che'l morbo cagionano, e ciò con minor dolore del fogetto, conciofia cofa che gli ten- doni, che da' mufcoli deriuano, fenfitiui fopra modo fìano,onde fono atti a cagionar nell'infermo intenta dolore; guardar fi dourà ancora d'applicarli su l'offa della tibia, de altre parti per l'iftefla cagione , e però deue fchiuar G al poffibile il toccamento di quelli. che n debba Prima d'applicarti ne' già detti luoghi la tapranominata palla, fia necef- far prima-- fari0, col rafoio, le parti difgombrare da i fopra crefeiuti peli, acciò impe- paìiT per u dimento non arrechino, e che pofda il luogo predetto con panno lino, o veficatorij , pUre di jana fi freghi, sì che ne roffeggi la cute, altrimente inetta farebbe^ l'applicatione del rimedio, né attuartbbe al defiato effetto ; eccitandoti il calore per quello con le fregationi. Ma douendofi applicare nel capo, ba- llerà il radere in luogo di fregationi •>• Tre cagioni Alle fregationi predette preceocre douranno tal'hora gli foti di vino, ò Pfr lc q?*1* pur d'aceto caldo, che ha gran forza a Ieuar la craflezza della cute, e rarifi- Topcratione catla,partico!armente quando conofeeremo le parti efsere pouere di calore, dei rimedio & ajcre v0|ce buono farà applicarui delle ventofe,per fimile occafione, d'in* de vcficatc ^ucere ca[ore a]ja parte . Imperoche per tre cagioni (come bene confi- derà Tarducci Salui da Macerata>nel fuo Miniftro del Medico) impedita^ viene quefta operatione, che l'effetto non fortifca,per Io quale li tentaua-. : sì per la penuria,e mancheuolczza del calore ; come fecondariamente,per la pafta non buona ; ò pure finalmente per le diligenze,che precedere doueua- no a preparare il luogo, intermeiTe^. Compire le preparationi fi potrà venire all'applicatione della pafta,quale Come dourà dourà fai fi con alcune pezzette di panno Iinograndi,& ouate, alla larghez- paftl^e^gn z* d'vn ducato incirca, e d'intorno ne gli orli di quelle porui alquanto di veficatorij. gomma, clami, ò pure di diaquiione, acciò via più fi fermino,nè col moto occafione rechino all'infermo, di trausglio j quefte diligenze valeranno fo- lo ne' luoghi incommodi a ligare, come alle fpatule, de altri. La quantità Quanta do- di l'a Paua> nc^c pezzette diftefa, farà tanta, quanta pofta capire fu la Iar- uerà eiTeria gh< zza d'vn tari ; quale prima doura hauer veduta vna femplice faccia di quantità. fuoco, acciò s applichi calda, per migliormente attuarli ; ripofte nelli luo» Frondi à\ ghi> s'applicaranno delle fiondi di cauli fopra, ma non d'altre herbe;ri,per- cauio, e non che il caulo è di natura fua caldcsì perche materrà humide le dette pezze, neSrie^ *° che tutt0 che *"or"frc Per ItorbejO frondi d'altra qualità* méte di manco, all'applica- fe quelle di natura fuffero frefche, diftemperarebbono la compoGciont-> tione deve cjciJa pafta, onde non attuarebbe fecondo il defiderio,& effetto, che fi bra- pwquaHci nrìa ; fiche non bifognarà vfeire dalle frondi di detto cauta ; e pofto ch'in gionì. Ite go fi ntrouafìe f infermo,doue non fu/fero frondi di cauta ; opportune fareb- TERZO. lfl-7 farebbono quelle di viri, fe pure a fuo tempo ciò fuffe, ó pure d'altta qua- lità , ma dì natura calda, e che numide mantener poffano le dette pezzette della pafta, fopra di quelle pofcia fi ligaranno i piumaccietri, e così fi fa- gleranno ftare per ifpatio di dieci, o dodeci, o pure quindeci hore, fecon- do l'abbondanza, ò mancamento del calore , o del mancamento dellc-i preparatìoni debilmente precedute : e quando la pafta fi diffeccaffe, po- craili ammollire col porui fopra del butiro ; o pure per fine, tornare di nuouo a riporui dell'altra, facendolaui ftare per alquanto più fpatio di tempo, fin tanto che fiano folleuate le veflìghe fopra della pelle ; quali poi romper G potranno , o con le punte delle forbici, o pure di lanciette; facendo efpurgare l'humore nelle veftìghe accolto in alcuno pano lino,acciò polla effere dal Medico offeruato. Fatta l'efpurgatione, fi medicaranno le Fattal, f piagnette f ite dalle vt ffigbe aperte con altre penzoline di butiro bagnate, gauone.che e fopra di que Ile diftenderui delle fondi di biete,o pure di lattughe, o al- f°k d,ourà r .. 7 r .. -i/i • i • j- • ia.rh nel me. tre, ma di rteko temperamento > come il lolatro,o cinque nerbi,endiuia_,> a car ic pja. farnbuchi» & atre cofe fimili ; de in quello modo fi cureranno per fpatio dighe de' veli» giorni qumdea,o pure più, fecondo la temperatura della compleffione^ cator,j ' dell'infermo, o pur e.del bifogno, & ordine delSigUQr Rfjco,rinouan- dole per due volte il giorno , Ma quando poi tara compita l'efpurgatione per detto tempo , dourà autiertire 1 artefice di toglierevia quelle pellicule rimafte di tapra, incar- nando le dette piaghe,., e ligiUandole con l'applicatione dell'vnguento bianco, o di tutia , p pure di piombo, quale fumo il migliore i de in que- lla guifa farà compito il rimedio de' Veficatorij • ; OM"j»' :.\ V. ?. . V.'.VVÀ r-.ursi" L. A » t Del- w 188 LIBRO Dell'*vfo de' galli i piccioni > cagnolini^ ^ altri ani tn ali negli affetti del cerebro. Cap. IX. Galli - e fuo jimedio in—* quali forti d'infermità adoperati. L'vfo de?galli frrqneme boggidì fra'Medici negli affetti confirmati del capo, e del cerebro, come fre- nefie j cathochi, de altri affetti taporofì, ne' quali ha per ifcopo il Medico il rjfoluere infenfibilmence là concorfa materia 3 e confermata di già in quella parrei onde nafcono affetti così fproportionati,come alla-. giornata veggiamo ; di fienefie, & altri preternatura- li affetti, p benché a quefto propofito non fi legga» che gli Antichi cotal rimedio in vfo haueffero ; l'bebbero nientedi manco né gli morii da* velenofi animali frrti, mentre per lafchiena diuifi, alle parti offefe l appHcauano, attrahendo fuori,col calore dell'animale diùìta,quel- la velenofa qualirài per la mor(Satura alla parte offefa communicarà,come chiaramente fi vede in Diofcoride, GalenO,Celfo,Pljnio, Aetio, Paulo Egi neta,&altri ;e per queft'efletto applicauano> fenza diftintione alcuna, cosi li galli, come anco le galline,polli,piccioni> cagnolini *& altre fpetie d'ani- mali • Ma a1 noftri tempi per gli affetti del capo non folo nelfapplicatione s'hà wsognifor- rnira alla diftintione del feffo, e della fpetie, ma pa imente tra la fpetie de* "ta1 fu vf* 8am iftffsi, "imperoche non ogni forte di galli (come i poco inrendenti di qu#fto ri fanno) atti fono per tal'vta, ma deue fri quelli farti l'dettionce fcielra de* m* ufi dèV B^ouan^ ^a' vecchi>a*quali,come che ii calore è meno , e peiò declinano banò W- alla qualità più fredda > e fecca, meno atti fi rendono alla rifolutione degli gìiere_j, humori fei mati alle parti del cerebro, e del capo ; benché le carni di limili Differenza ga*u veccDI> Pcr la loro nitrofila > lodate fono, acciò dal brodo loro raedi- tragaiii vec cato,fi rechi rimedio ne'dolori coJici,e ventofità,in euacuare gli humori pec- c^c\\]0\oi~ cant*ima^ galli giouama'tfc'quali è copfofò il calore natiuo ,e proportio- quaTiu, *' riato all'humano. affai più efficaci fono a cagionare l'effetto, che il dcfidera in morbi,così incitati nella parte più pirmcrpaìejcom eli cerebro, Acciò dunque la pratica àifegniamo qui, fècoifdo il noftro inftituto; diuideremo quefto difcorio nelli treter^jde'qiaàli di fopra auualuti ci fiamo ' aueitendo, che quanto de' galfofliciamo, il tutto fimilmente atten- dere fi dourà nelfapplicatione de gli altri animali di fopra da noi numerati, che far fi Nel primo tempo dunque della preparatione de'galli difeorreremo, *[j conuenendo prepararli la materia, acciò atta fi renda per l'effetto, ai qua- ii 7wdCo le fi delfina. Prendili per tanto, fatta l'elettione de galli, vno di quelli, e de' galli. fi pel» tutta la parte del dorfo, acciò fi fcuopra la parte d'apritfi, e prima., fe li dktfkìno legferdente alcune battiture, con vna verga, acciò maggior- mente il de (li il catare ; pofcia preparili l'infermo, difgombratogli il capo da' TERZO. 189 da' capelli col rafoio , o pure baffamente con le forbici, e quello tapino Doue.e co- f piumazzi appoggiato, fupponendoui alcuni panni Jini,acciònon fi btutti meli'dourà |l letto ; e fe pur'il patiéte infermo faccia moto ftrauagatcfacciaglifi tenere *" q^oaf' il capo ; indi poi G venga al l'applicatione, ia quale (nel fecondo tempo de* p " tré) dourà farli vicino il letto, e con molta accuratezza,e diligenza,acciò in- dugiandoli, quei feruidi fpirti animali non efalino, onde non così pronco riefca il rimedio per l'infermo. Neil aprirlo fogliono alcuni porre il col- Gallo come cello nel dorfo, e poi col battere il detto coltello tirare fino a fine l'apertu- fi dtbba a- ra ;ma io ftimo, che non men commodo effer debba,fe poggiandoti fopra Pnre-'" vna tauola il gallo, frapponendoli fotto Pali, e facendolo fermare anco da altri, per linea retta del dorfo, con ben forbito coltello, fi tiri l'apertura ; slarghili pofcia con ambedue le mani, tanto, quanto capace fia per la tefta, e ferriti, acc'ò intanto non s'cfahno li fpiriti, de in vn tratto s'applichi su L capo, nella fagittale, e coronale futura, de iui fi ritenga fin tanto, che raf- freddato fia il calore dell'eftinto animale, auertendo sì bene, ch'intanto l'olla di lui non rechino trauaglio al partente sì,che fia per difturbarfi in im- pedimento dell'applicato rimedio. Altro modo anco tener potraflì per fare l'apertura del gallo ; prendati, e ripongali su l'ali il capo, de accoppiando co'piedi,fi riftnngano con la fini- Itra rnano,e co la deltra,cokello hauédo in quella,che aguzzo ben fia al fuo meftieri, fi tiri veloce dalla nuca in giù-, cominciando per lo fpino insino ali'ellremo , e facilmente farà compita la diuisione di lui. II terzo tempo è, finita l'opra del gallo, raffreddato, che farax, come di- Che fi dou* ceuamo,che però deue attendersi a nettare il capo dell'infermo dalia brut- [aare£™*£ tura del fangue cagionato dal gallo ifteifo, il che farafsi lauandola col vino ne del Gaù bianco caldo, facendoui poi l'vntioni, fecondo lo chi haura'il perito Fisi- lo • co ordinato; quali in ogni modo elfer douranno tali, che facoltà' natura- no di rifoluere gli humori nell offefa parte raunati,fe bene quefto a Medici tocca*non a' Barbieri,quali effecutori fono de'comandamenti de' Medi- ci , come altroue detto habbiamo. Siegue sì bene dopò l'vntioni, che su 1 capo fi ponga della ftoppa,o pure de'panni lini ben caldi riftretti, com^-> vno iludiotto, acciò non G rilafcino . Quefta jftefla prattica,che de' galli data habbiamo,offeruar fi conuiene-* ,^ altresì, nelfapplicatione de gli altri animali. Ma qui opporre mi G potrebbe ; com'è,che per lo fchieno aprir fi debba- oppofmone no gli animali, e non più tofto dalla parte anteriore ì Kifponderò. Prima quanto all'opportunità, perche più larga è la fuper- Rifpofta. ficie per h parte del dorta> e più sbrigata,per l'effetto d'applicarli al capo . £>econdo,per l'efficacia, mentre le parti fanguigna adherifcono maggior- mente al dorfo,e però maggior calore è in loro, onde più pronto è l'effètto per la rifolutione de gli humori peccanti nella parte offefa. Terzo;cpc le budella declinano maggioimente su l'apertura fatta,e però A a 1 via 190 L 1 B R via più fomentano il calore, e confeguentemente l'effetto della rifolutione, che non fortirebbe fe dall'anteriore parte fi fa:effe l'apertura, oltre che 1 of- fo del petto non s'aprirebbe commodamente, de oltre ciò i piedi de gli ani- mali recarebbono> de al patiente trauaglio, & all'operante difturbo . E fi- nalmente , perche la parte anteriore fi vrtarebbe col ferro, nelle parti più principalijcome il cuore, de il fegato, onde fi darebbe addito alla rifolutio- ne delli fpiriti,& indi allo fuanimento del calore, e l'operatione riufeirebbe imperfetta^ . Del Rimedio de' Pulmoni. Cap. X. Vantunque Iddio Signor noftro permette talhora_» , che trauagliato per maggior fuo bene ne fia fhuo- mo da varice diuerfe infermità ; non è però, che di- uetfi, e varij rimedij dati non gli habbia, per po- terli da quelli folleuare ; che perciò, tutto che otti- mi fiano per gli affetti del capo ne gli ecceflìui calo- ri delle febri, donde le frenetidi G cagionano,li ri- medij de' galli, de altri animali, come ne gli antece- denti difeorfi dimoftrato habbiamo, non è che non ve uè fiano anche de»^ Rimedio de' gjj z\tt^ fra'quali non in picciolo preggio è quello de' Pulmoni: Quale_* pumonian- fùancne ^ 0|j ant|chiMedici riconofluto , de adoperato , ritrouandofi di lui fatta memoria non folo da Plinio , e da Teodoro Prifciano, ma da_, Quinto Sereno parimente Medico, che la Medicina in verfo ridurle, mentre e°Ii della frenetide ragiona ; e fi caua altresì da Gordonio,da Gilberto An- glico, da Gerardo, de altri ; quali vogliono, ch'effendo la frenetide confir- dì quali ani- mata, per rifoluerla vi fia bifogno l'applicarui i pulmoni ,o dell'agnello, o effireii^u? del montone > o pure del caftrato; eciò,o perche più facile l'vfo fia di mo^e.ch^' quelli animali, o pure, come conferma Gentile, perche taprauanzino ìil. s'applica a_ gracj0 jj caIore da gli altri, e per confeguenza più atti fi rendano alla rifo- gì m ermi. ^Qnc ^ cofaj morb0 # £ quella è la cagione (per quanto a' pofteriori fi raccoglie) per la quale in morbo tale di frenetide il primo luogo G dona a* pulmoni delli agnelli, e montoni ; il fecondo a' cagnolini, il tetzo a' galli,& il quarto a' colombi; fecondo Ja graduatione del caloriche ne gli animali è. in quai mo- Per applicare poi quefto rimedio, quanto alla prattica, douraffi prima il do far^ do- patiente preparare colraderglifi il capo, o pure li capelli, togliendoli bak cUatk>nePde' famente con le forbici, come di fopra detto habbiamo,acciò tolto l'impedi- puhnoni. mento de' capelli per le future, fecondo l'opinione de' Medici Arabi, più atta fi faccia la via alla rifolutione della confirmata frenetide. Secondaria mente pofcia fare la preparatione de' pulmoni, quale fecondo la fentenza ce* T E R Z O. 191 de' iopradetti A abi, dourà farfi, che da' viui animali immediatamente cftratrl gli pulmoni, fumanti dal natiuo calore ancora , s'applichino su' 1 ^po, nelle future parricolarmente, acciò dall'attuale calore più preflo fi cagioni l'effetto della rifolutione; benché non manchino di coloro , che^ filmano ballarne effere, fe fi prendano i pulmoni di quefti animali, ancor- ane freddi, & affai per prima morti, e nell'acque calde preparati, (come app! effo diremo) fi rifcaldino , de indi s'applichino sù'I capo dell'infermo. Ma negare non fi porrà,- che maggior vigore haurà il naturale calore, del- l'artificiale , e però più efficace fi renderà il primo modo,di quefto fecondo; quale dannare non fi dourà, ogni volta, che l'opportunità non vi fia per eftrarfl caldi i pulmoni da' viuenti quafi animali ; e così offeruare G conuer- rà,douendofi repetere il rimedio, raffreddati i primi applicati. Dourà però auertirecolui,che dell'eflrattione de'pulmoni farà mini- ftro, di ciò fare così profumo all'infermo, che per la diftanza non fi perda punto del calore naturale, acciò tanto maggiormente vigorofa diuen^hi l'operatione ; e però non dourà parere ftrano, (non effendoui altroché ciò opri) fe l'ifteffo Barbiero con le proprie mani, l'eflràttione faccia, inci- dendo deliramente nella parte del torace dell'animale, facendo l'incifione trauerfa fotto le cofte mondofe prima, e poi l'altra per lungo il petto, di- uidendo le cofte, e cauandone in vn tratto i pulmoni,con il cuore infieme, troncando l'aipra arteria, com'io ho fatto, che per fpatio di mezz'hora i fpi- riti viui, fi fono mantenuti, effendo il cuore fede de' fpiriti vitali, e fubita- menrequelii sul capo dell'infermo applicando, non lafciando l'apparec- chio de* panni caldi parimente per manutenerli fopra. Ma fe pure per i'inhabilità dell'infermo , che così pronti gli animali Auertimen- hauere non polla , neceffario fia gli raffreddati pulmoni d'animali morti *? 'ntorno oprate ; auertafi,chc quelli nelle acque calde fi rifcaldino ; pur che prima-, freddi1 de°gfi in effe habbiano bollito infieme i fiori di camomilla, fien greco,malua,me- animali per lìioto, con altre herbe annodine, e rarefattiue, e ch'i pulmoni ( fendo pnma mortl effi poro(i,& atti a riceuere l'impre/fioni peregrine) imbeuuti vengano del- la vittù di cotale decottioneper communicarlapofcia applicati alla parte—» offefa-.. La repetitione di quefto rimedio dourà effere più d'vna voka,per quan- Rimedio de' to Gilberto fcriue ; che loda la repetitione più volte, per hauerne l'erfica- avna^oha eia ; onde fecondo il parere di quefto perito Fifico,conuerrà tenere pre- far fi deue» parato più d'vno di quefti pulmonimella decottione predetta3acciò toglien- doli via il raffreddato, vi s'applichi l'altro già caldo , fenza indugio di tempo, e compita poi l'opra s'offerui quel che ne gli altri difeorfi s'è ragio- nato , perche non refti l'infermo imbruttato dal rimedio fattogli. De Cagione.per laquale s'ap- plica il rime- dio delk__j ranocchie a gli affetti delcerebro. Acqua diftil- lata di ra. mcchie.che virtù habbia Qual fu la__j tv^-o ne, per- che la Chie- fa permette il mangiar carne di ra- nocchia, e_j tartaruga-,, ne' giorni di vgilia. Virtù attrat t uà delle ra- nocchie , Qual forte di ranocchie fi debba fcer nere e qiul fuggire. x9i LIBRO Delle Rane > ò Ranocchi. Cap. X h » Ome che ecceffiui fono tal'hora gli affetti preter na- ' turali, che nel capo, e particolarmente nel cerebro > fi cagionano,per rifpettodelle febri fenctidi,fo- prabondando fopramodo il calore ; onde con reme- dij contrarij,&oppoftial morbo,conuien curar li fe- condo il vulgato Aforifmo, Contrari]* contraria curantur, comendandofì per tanto da' periti Fifici, in così fatti morbi, & affetti da dette febri fren::i- di, o pure dall'oftinate vigilie,chc da quelle fogliono cagionarli, il rimedio de ranocchi, quali fopramodo giouano per tor via l'intemperie calda dal cerebro, e ributtare parimente l'influenza del fangue colerico a quello dal- l'altre parti delle vene tranfmeffo, conueneuole ho (timato ,a:ciò munaj parte refti adietro di quello ,che per leffercitio del BVbiero è necelfario,la prattica di cotal rimedio applicate* qui breuemente aggiungere . Se bene giouami prima raccontare la cagione,per la quale cotal rimedio fogliono in sì farti affetti del cerebro applicare i Medici; quale a mio giù ii- tio,altra non è,che per lacomplelfione fredda, & humi ia di quefti an.mali non folo nelle carni di effi, ma nel fangue parimente 1 oro ; che però a gli Etici non per altro fi fomminiftrano > e fotto ragion di Jbo, non che am.o di medicamento, eccetto che perla freddezza, & humidttà loro atta a de- bellare la caldezza, e liceità riabituale del corpo a cotal mo bo fottopofto j così come l'acque diftillate dalie carni di quefti animali, fingolare virtù ot- tengono per vincere ogni calda intemperie in qualunche parte del cotpo humano, ch'ella cagionatali fia. Onde quefta ftimo fia la ragione fonda- mentale, e potiilìma, per la quale quefte carni, non entrino nel diuieto,co- me de gli altri animali terreftn, ne'giorni di digiuni da fanta Chiefa coman- dati, come ancora quelle delle tartaruche terreftri, perche il loro fan- gue è freddo,onde volontieri entrano nella fpecie de' pefei. Né folo per quefte rag'oni della freddezza, de humidità, a*già narrati affetti, qucfti ani- mali conuengono, ma parimente per la virtù,che ottengono attrattiua , at- ti ahendo dal di dentro nel di fuori gli humori caldi, quelli, ancorché infen- fibiImente,difIipando, refiftendo altresì alla maligna, e velenofa natura di effi,corae così Greci,come Arabi Scrittori Fifici haueiofTeruato i loro fcrit- ti e infegnano. Però dalla fpeculatiua pafsiamo alla prattica del rimedio : e primiera- mente deli'elettione de'ranocchi : imperoche deuefi anco in quefti hauer mira diligere i migliori, mentre non tutti egualmente fono buoni per lo diffegnato effetto, effendone fra li paluftri di quei, che velenofi fono, con -.e afferma il dottifsrmo Guglielmo Rodoletio, de altri antichi Scrittori mài TERZO 193 umilmente . Fuggire pertanto deonfi i ranocchi piccioli di colore verde,- così jl rofpo aquatico,che Corrado Gifnero chiama Rubetam Paluftrem_. Deuonfi parimente fchiuare die ranocchi piccioli, che fi ritrouano in terra, Sangue de' quelli di color verde, e che tra cannuccie viuono,che però da Scrittori ca* l^L Iti Jamiti chiamati végonedi quefti ranocchi il fangue pofto fu le parti pelofe» rettn, cq rio folo ha proprietà di far quelli cadere,ma di prohibir'anche, che più no vi {• ^cU rinafeano. Però gli ottimi per Jo noftro vfo fono quelli» che communemen- te anche per cibo s'ammettono; quefti o fiano di color verde > e grandi di corpo jo pure di colore,che tiri al cenerino» fenza fcrupolo s ammettono : tralafcinfi però quelli, ch'in acque paluftri,e fangofe viuono, e che ftagn^^ fono ,nè hanno eflìto, come all'incóntro s'ammettano quelli;ch'in acquai correnti di fiumi > o pure ftagni > ma limpide,fi ritrouano. FattaTelcttione de'migliori di quefti animalijdee venirti alla preparatio- iie,& applicatione di effi,ch'è fecondo 1 ordine della noftra prattica il pri- mo tempo. La preparatione farà*,che fi prenda vna dozina almeno di quefti animali, Preparano - quali,acciò vacillanti non fiano,effendo effi di natura fdrucciulofa,farà bene c^one^dei ie leghino,© pure cuciano in vn pezzetto di panno lino tre, o ben quattro rimedio dei- di efsi> in rnoldQjche la paficià refti t'occata col panno, e la fchiena Iiberà,ac-lc r*uoccl»« ciò fi poffa aprire, intanto tolganfi dal capo del patiente i capelli baiamente con le .forbici, o pure coi rafoio totalmente fi radano per tutta la fagittale, e cofóhal futura, preparandoci fottoVSino panno Iiuo,acciò da gli anima- li non fi fporchi ii letto ; de efiendo il patiente di moto Violente per la fre- netiche .facciali teriaefcrtnoie pofcia s'applichino quei pezzetti di panno li- no couirànnQcchieu^tjv .. , ^: , -•'■;.-,:., ^ ./ L'apertura de ranocchi ( eh e quanto confiderar fi poffa nel fecondo Aperturadei tempo) far fi conuiene nel dorfo, con coltellino ben forbito, ch'in vn trat u ranocchie to il fuo effetto compifea, acciò non s'indugi, de intanto il fangue fi trauafi {£"'££ *£" di quefti animaletti,ma fubito fatta l'apertura s'applichino su 1 capo nel mo- u do già poco fa detto nel primo tempo,& in quel mentre, che viui fi man- terranno gli applicati, G preparino intanto gli altri, e gii altri 1 fin che farà compito il rimedio ; auertendo, che i pannetti lini doue ftaranno attaccati quefti animaletti, fiano bagnati nell'acqua frefea «acciò maggiormente re- frigerino , Non fono mancati però di quei Medici, c'hanno voluto, che l'applica- op-nioneJ tioncdi quefti animali fi f3c effe fenza aprirli, ma viui invn pannettolino d'alcuni Me* acconci riporli fu'l capo con la pancia d'efsi su quella ripofti,come fi legge ^^ £ appreffo Gentile da Foligno, riferito anco da Nicolò,quale affegna hauer- 00cchi viui li egli applicati viui, benché dica effere Itati da altri applicati aperti; de in ^f™0t^ vero quefto modo d'applicarfi aperti, e più approuato viene communi Sjmendau. mente, e più atto altresì fi rendejconciafia che il fangue diftillando su la_, parte orfefa,maggior vigore, & efficacia ottiene per l'operatione, che fi de- r ° fiderà? 19 LIBRO fiderà,e le carni ifteffe più vigore hanno ; che applicando fi viuc,con la pan- c ia fu'l capo, dal calore di quello vengono a difeccarfi»& ad impedirli con- fluente mente l'effetto del rimedio ; Però laviamo, che co ^Ji periti Tìfi- ci determinino; ballando a noi i loro precetti eiTeguire; non dourà per tan- to poco ftimarfi l'auuertimento dato. . Compito che farà il rimedio, refta nell'vltimo tempo il nettare la tefta^» da quelle brutture^ che dalli lanocchi le fi fono cagionate, però faraffi con panni lini, e bifognando,parimente Jauarla con acqua d'orzo, o di pianta- dio delle ra gine, o finalmente pura, applicandoui altresì IVntioni, fecondo fintenf/u- nocchic. ne, che fi brama di mitigare lecceftò del calore,come fono l'olio rofato , o pure di viole, fecondo che dal perito Fifico farà ordinato ,* mentre l'vffido del Barbiero, come altroue detto habbiamo , è d'eiTegujre di lui i coman- damenti, ma ciò riferire ho anche profitteuole ftimato jhaucndolo di già da' Medici appparato, acciò io fappia anco 9 per quanto più gli fia lecito, il noftro Prokiiore^f. Che cofa_. s'haurà a fa- re dopò fini- to il ripie- ni : Kt i IH '-'.' ....—-,ì^..... „,, i ILFÌNE^^ '};', "'l'<" .fi .(! ;. 'jL.-.,L- ;■&:■:.■ 'W;.: jtjii'. "• '• zdj^iAo'i • ■ ,, ■,.' ' •. :•;:•:■ «.-PiJ '• •' '. 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